definizione di articolatezza · 2019. 10. 9. · basi semiotiche 3. non articolatezza vs....
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Basi semiotiche 3. Non articolatezza
vs. articolatezza
Definizione di articolatezza
Articolatezza (<- lat. Articuli, parti che compongono il tutto): indica il fatto che il significante
risulta dalla combinazione di unità minimali più piccole.
L’articolatezza conferisce economia e potenza al codice perché consente, attraverso la
combinazione, di generare segni ulteriori rispetto all’ “alfabeto di base” del codice.
Fra i codici (a significanti) articolati, le lingue verbali spiccano per la complessità dei loro
meccanismi combinatori. sono molto riccamente articolate; grazie a tale proprietà esse possono,
con pochi elementi, formare tutte le possibili parole (anche quelle non ancora entrate in uso o
solo immaginabili).
Occorre anzitutto distinguere i codici a significante NON articolato da quelli a significante
articolato. I primi sono normalmente codici elementari, con un numero piccolissimo (comunque
= o superiore a 2) di segni
Segni a s.te “non articolato” e segni a s.te
“articolato”
Esempio di codice con segni a s.te non articolato:
• il codice semaforico ha 3 segni
• /rosso/ /verde/ /giallo/
• ---------- ------------ ------------ •
• “fermati” “via libe” “sta per scattare il rosso”
• I diversi toni di colore sono inanalizzabili, cioè non possono essere
scomposti in unità minori
•
•
• Esempio di codice con segni a s.te articolato:
•
•
• Il sistema di cifrazione araba: 0,1,2,4,5,6,7,8,9 possono combinarsi
formando segni articolati come
•
• ≠123≠ ≠25≠ ≠ 18.721≠ ≠ 703 ≠ ecc.
•
•
• Ad es. /2 5 /
• -----------------------------------------------------------
•
• “due volte dieci volte l’unità e cinque volte l’unità”
La posizione in cui gli elementi compaiono è pertinente; infatti 25 ≠ 52
ATTENZIONE ALLE CONVENZIONI GRAFICHE:
/….. / DESIGNA UN SIGNIFICANTE “…..” UN SIGNIFICATO
QUINDI POSSO SCRIVERE CHE /ALBERO/ ~ “ALBERO”
PER INTENDERE CHE IL PRIMO è UN SIGNIFCIANTE E IL SECONDO UN SIGNIFICATO
Un altro codice a s.te articolato: il braille
• Inventato da Louis Braille (Coupvray, 4 gennaio 1809 – Parigi, 6 gennaio 1852)
• • •
• M Q G e 7 segnanumero “punto”
• • • • • • •
•
•
• il puntino in rilievo
• l’assenza di puntino
•
• i segni vengono disposti in uno spazio con 6 possibili posizioni
•
• dunque il codice ammette 2 alla sesta segni, 64 segni
Il codice utilizza due elementi di base:
Il codice funziona per opposizioni
• E’ importante capire che per funzionare un codice ha bisogno di un sistema di opposizioni: perché il puntino in rilievo acquisti valore deve differenziarsi dall’assenza di puntino. Se ciò non fosse, avremmo un codice di soli 6 segni.
• Dunque gli elementi minimi che formano il s.te dei segni di un codice non devono confondersi l’uno con l’altro, pena la perdita di valore distintivo.
I tratti pertinenti
Opposizione implica differenza. Un segno si costituisce come tale per differenza da altri segni. Ma:
Qual è il meccanismo con cui distinguiamo un significante (e quindi un segno) da un altro?
Sappiamo oggi che questo meccanismo non è specificamente semiotico, ma è un meccanismo più generale, insediato nelle nostre facoltà cognitive di base.
Nel suo nucleo essenziale ogni processo di identificazione/distinzione si risolve nella formazione di una coppia di classi, definite dalla presenza o assenza di un tratto distintivo.
Ad es. Se in una scatola di attrezzi cerco una vite (in mezzo a martelli, forbici, chiodi ecc.) devo di necessità istituire una classificazione
Dove il primo insieme include le viti e il secondo include tutti gli elementi che non sono viti. Una successiva classificazione ci aiuterà a individuare (nel primo insieme) le viti di misura adatta al nostro caso, distinguendole dall’insieme complemento (che contiene le viti di musra inadatta), e così via, fino alla identificazione dall’insieme con un solo membro (o più membri identici) che soddisferà le nostre esigenze.
VERSUS
Diremo dunque – nel caso considerato – che la struttura fisica e ingegneristica della vite è il tratto pertinente che adottiamo per costruire il sistema di classi.
Ma possiamo formulare infiniti esempi. Se sono in un ambiente rumoroso e i troppi decibel mi danno fastidio, cercherò automaticamente una stanza meno esposta. Nel fare ciò, senza consapevolezza starò effettuando una classificazione (fra ambienti troppo rumorosi e ambienti non troppo rumorosi) nella ricerca di una posizione più soddisfacente per passare la sera.
Il procedimento appena descritto non è specifico dell’essere umano, né solo degli animali superiori. La minuscola ZECCA, una sorta di robot naturale, per sopravvivere e riprodursi deve saper costruire almeno UN sistema di classi: quello che le consente di distinguere tra le fonti di acido butirrico e quelle prive di tali requisito. Perfino l’organismo unicellulare deve saper almeno distinguere fra un ambiente tossico e uno in cui può sopravvivere.
La nostra idea è dunque la seguente: la SEMIOSI (dalle elementari spie o segnali d’allarme alle grandi lingue verbali o segnate) presuppone questo meccanismo elementare, lo usa a piena mani proiettandolo sulle unità che costituiscono i segni e, coi segni, i codici.
Naturalmente, identificare una PAROLA comporta non uno solo, ma numerosi, sofisticati processi SIMULTANEI di classificazione.
Ricordiamoci di quanto spiegato in questi esempi nell’avvicinare il più complesso dei linguaggi a noi noto: quello delle lingue.
L’esempio della lingua italiana
• Prendiamo l’italiano: esso consta di 28
elementi fonico-acustici minimi, detti
‘fonemi’: 7 vocali e 21 consonanti
• Grazie alla combinazione, secondo certe
compatibilità, di questi elementi, possiamo
formare (e capire) le 120.000 parole e più che
compongono un buon vocabolario “scolastico”
(ad es. lo Zingarelli, il Devoto-Oli, il De
Mauro)
Genesi dei suoni linguistici Come si producono i suoni linguistici?
L’apparato respiratorio si è nell’uomo
riconvertito in apparato anche
fonatorioarticolatorio. Questa è una caratteristica tipica della specie
Homo sapiens e differenzia in modo decisivo
gli esseri umani dai “cugini” scimpanzé e
bonobo, mettendoli in grado di produrre il
linguaggio verbale.
Fonemi vocalici dell’italiano
Il cosiddetto triangolo vocalico
Diversamente da
quel che si dice, l’italiano ha sette vocali perché esistono una “o”
aperta e una chiusa, una “e” aperta
e una chiusa. Che si tratti di fonemi diversi (e non di semplici modi diversi
di pronunciare lo stesso fonema) si capisce da ‘coppie minime’ come
pésca (atto del pescare) vs. pèsca (frutto) bótte (recipiente) vs. bòtte (colpi)
Una differenza importante • Fonema
• Ogni volta dunque che una differenza di suono distingue un significato abbiamo a che fare con un fonema
• Coppia minima è una coppia di parole distinta da un solo fonema (es. pare ~ dare)
• Allofono
• In altri casi il grado di apertura della vocale cambia liberamente (es. bósco vs. bòsco) e dipende solo da preferenze regionali
• ’Allofono’ è un ‘altro modo’ di articolare il fonema; es. véro~vèro
Fonemi consonantici dell’italiano: si distinguono in base a (1) modo di articolaz.,
(2) luogo/punto di articolaz., (3) +/- sonorità (vibrazione pliche vocaliche)
Attenzione ai segni “strani”
ts come in azione
tʃ come in cena dʒ come in giro
k come in cane ɲ come in agnello
z come in rosa (fiore) s sonora
s come in asino s sorda
Abituiamoci a riconoscere opposizioni come
a ɲ ello vs. a n ello
Un fonema consonantico italiano • Un fonema consonantico si
distingue in base a tre
elementi:
• 1. modo di articolazione
(occlusivo, affricato o
continuo/costrittivo)
• 2. luogo o punto di
articolazione (bilabiale,
dentale ecc.)
• 3. presenza o meno di
sonorità (= vibrazione delle
corde vocali)
• Basta un solo elemento a
modificare il fonema, ad es.
•
• P-ere B-ere (la p è sorda, la b
sonora)
•
Oppure
F-ilo F-iglio (attenzione:
foneticam. è ‘f i ʎ o )
La “l” (consonante laterale) si
oppone a “ʎ” che è diversa solo
perché articolata come palatale,
anziché prepalatale
ʎ è un lambda “rigirato”
corrispondente al suono che
trascriviamo come gli
Altri casi Ma naturalmente le parole possono diversificarsi per due elementi,
ad es.
• B- ordo vs. T – ordo
Infatti
• B è occlusiva + bilabiale + sonora
• T è occlusiva + dentale + sorda
O per tutti e tre gli elementi, ad es.
F – reno D – reno (voce del verbo “drenare”)
F è costrittiva + labiodentale + sorda
D è occlusiva + dentale + sonora
Due sole eccezioni alla norma del 3
• In italiano di norma i tre tratti distintivi bastano per
differenziare tutte le parole, con due sole eccezioni, in cui
occorre un quarto tratto – la nasalità
B/M
D/N
Sono infatti identiche, tranne per il tratto “nasalità”
•
Cfr. M – ARE vs. B- ARE
D – ETTO vs. N – ETTO
Basi semiotiche n. 4: il concetto di ‘sistema’
• IL ‘SISTEMA FONEMATICO’ SI REGGE SU
OPPOSIZIONI A RETICOLO DI CIASCUN
ELEMENTO
CON TUTTI GLI ALTRI. QUESTO GENERA UNA
‘STRUTTURA’, CIOè UN INSIEME DI ELEMENTI
LEGATI DA OPPOSIZIONI DIFFERENZIALI.
• OGNI FONEMA SI DEFINISCE “PER DIFFERENZA”
DA TUTTI GLI ALTRI.
•
• NEI TERMINI DI SAUSSURE “NELLA LINGUA VI SONO SOLO
DIFFERENZE”.
M T G F
B D P R
L K N ʎ
Definizioni dell’articolatezza
linguistica
Nel linguaggio verbale possiamo dunque identificare due livelli di
articolazione:
(a) quello dei ‘fonemi’ forma la cosiddetta seconda articolazione: i fonemi sono
infatti le unità minime del significante che NON portano significato ma sono
indispensabili per differenziare i significati (ad es. pino/tino: p e t sono due
fonemi, cioè due unità di 2 articolazione).
(b) Quello dei ‘monemi’ forma la cosiddetta prima articolazione: i monemi sono
unità di rango inferiore alla parola (grafica) ma ancora dotati di significato.
Ad es. in tavolino abbiamo tre monemi: tavol porta l’informazione lessicale,
in l’informaziona grammaticale “diminutivo” e -o l’informazione
(anch’essa) grammaticale, “maschile singolare”. Tutte e tre queste unità sub-
lessicali (eesendo composte di un significante e di un significato) sono
dunque – per definizione – SEGNI.
Un altro esempio linguistico • #DISOCCUPATO# •
Dal punto di vista della 2nda articolazione questa parola è analizzabile come: 1/d, i, s, u, p, a, t;
2/o, c
•
Ma è analizzabile anche in I articolazione
•
• /DIS/ + /OCCUP/ + /AT/ + /O/
• ------ ------------ ------------------ -----
• “NON” “OCCUPARE” “PART. PASS.” “MASCH. SING.”
Esempi da altri codici
• Nell’aritmetica abbiamo
solo unità di I
articolazione
• le unità minime
dell’aritmetica che non
sono ulteriormente
riducibili, ma sono
dotate di significato: 3,
5, 9 ecc. sono dunque
monemi.
•
•
Infatti / 3 /
------
“tre volte l’unità”
Nel Braille abbiamo solo
elementi di seconda
articolazione
Infatti i suoi elementi di base
(puntini in rilievo vs. spazi
senza puntino in rilievo) non
recano significato
(diversamente dai monemi).
Acquistano significato solo
congiungendosi secondo certe
convenzioni.
Ad es. … ____ ….
Significa “SOS”