delatre - numero 9

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2 LUGLIO - SETTEMBRE 2008 Delatre Delatre La rivista del P iccolo T eatro della V ersilia S eravezzateatrofestival III a Edizione Mercantia XXI a Edizione ABC festival La Versiliana ragazzi L’estate del PTV In villa IV a Edizione

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L a r i v i s t a d e l P i c c o l o Te a t r o d e l l a Ve r s i l i a

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N° 2 LUGLIO - SETTEMBRE 2008

DelatreDelatreL a r i v i s t a d e l P i c c o l o Te a t r o d e l l a Ve r s i l i a

SeravezzateatrofestivalIIIa Edizione

Mercantia

XXIa Edizione

ABC festival

La Versiliana ragazzi

L’estate del PTV

In villa

IVa Edizione

DELATRE N° 2 EDITORIALE

Numero 2 Non prendiamoci troppo sul serio, nella vita, nel teatro, in ogni cosa! Anche su questa rivista. Entusiasmo e disciplina lavorano bene insieme, perché, pur sem-brando agli opposti, possono far comporre melodie e permettere di sorriderci sopra; invece troppa e sola serietà porta alla mancanza dell’uno e/o dell’altra, può divenire fanatismo. Rolando Macrini direbbe.... easy! Così cominciamo questo numero 2, un numero estivo, che esce quando ormai la scuola è chiusa, che giungerà agli allievi chissà quando, magari al Seravezzateatrofestival, forse a qualche appuntamento con Le Disavventure di Pinocchio, forse qualcuno lo troverà per strada nelle mani di qualcun altro... Insomma, la rivista del Piccolo Teatro della Versilia in questi mesi darà continuità al lavoro svolto nell’anno 2007/2008: sarà memoria di ciò che è stato e preparerà a ciò che sarà. Per questo troverete al suo interno per lo più articoli sulla scuola, alcuni scritti da allievi (adulti e ragazzi) sulle loro esperienze, altri scritti da me e Serena sui seminari estivi appena conclusi. Scrivere di noi non è cosa facile, c’è il rischio di diventare autoreferenziali, speriamo di no... voi fatecelo sapere ed eventual-mente sbizzarritevi in critiche e in proposte per il prossimo numero.Tanti gli appuntamenti estivi: Ser Durante a Mercantia, Seravezzateatrofe-stival IIIa Edizione, Le Disavventure di Pinocchio a La Versiliana, ad ABC! Apriti Borgo... (vedi retro). La scuola riaprirà alla fine di settembre! Accorrete numerosi! Buona estate e buona lettura. Claudia

Nel dicembre 2006, da un’idea di due allieve della scuola, Clau-dia Sodini e Viola Giannelli, nasce “Delatre”1, rivista del Piccolo Teatro della Versilia. L’intento è di fornire uno spazio dando voce agli allievi (adulti, bambini, ragazzi, disabili) e descrivere il mondo del teatro sia attraverso il contributo di grandi pedagoghi e persone di spettacolo sia attraverso lo studio delle mag-giori personalità teatrali del passato e del presente. La rivista è parte di un disegno più ampio che rientra nella politica del PTV: la scuola di recitazione segue infatti un modo di procedere per cui l’evento teatrale, spesso visto come semplice occa-sione di divertimento e di evasione dalla quotidianità, diventa strumen-to di educazione nell’interesse della comunità (come accadeva nella po-lis greca). Lo sviluppo di una rivi-sta, di uno spettacolo, dell’incontro congiunto sul palco di adulti, bam-bini, disabili divengono strumento per accomunare differenti linguaggi nell’universo del teatro e quindi della cultura e dell’arte. Ecco la necessità di far maturare un’esperienza critica del Teatro sia per chi è attivo all’in-terno della scuola sia per il pubblico stesso. Fare teatro infatti non si esau-risce nell’andare in scena, ma com-prende anche una capacità di riflet-tere sul teatro stesso, sull’educazione teatrale, sulla rappresentazione, sulla ricezione da parte del pubblico e sul rapporto del teatro con la società. La rivista ha ottenuto il finanzia-mento da parte della Provincia di Lucca e della Fondazione Banca del Monte di Lucca per l’anno 2007 e 2008 grazie alla vincita del bando “Uno spazio per le idee 2007” e “Uno spazio per le idee 2008”.

1 Il nome deriva dal Teatro “Dela-tre” sede della scuola, sito in via Delatre a Seravezza

STORIA DEL DELATRE

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Per chi fosse interessato ai numeri arretrati, sono ancora disponibili i numeri:-3 Aprile 2007 / -2 Giugno 2007 / -1 Luglio 2007 / 0 Ottobre 2007 / 0Bis Gennaio 2008/1 Marzo 2008

Per richiederli: [email protected]

Volete intervenire anche voi? Scriveteci a [email protected]

A proposito di Yager pg. 3 L’angolo di Federico... pg. 3 ...e di Francesco pg. 4 - 5 Il Teatro dei Ragazzi pg. 5 - 9 Boris Ruge pg. 10 Il Nostro lavoro: voce agli allievi pg. 10-12 Recensioni pg. 13 Il Nostro lavoro: i seminari * Dante, il V° Canto pg. 14 - 15 * Arlecchino e i suoi dilemmi pg. 16 - 17 * La Grande Improvvisazione pg. 17-18 Cosa è stato e cosa sarà pg. 19

I n d i c e

3

FedericoLE

I

che cosa rimane oggi

Rim

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sem

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E oggi

Barsanti

Alla

Fin

e...

di q

uello che ero quarant’ anni fa?

Tutto quel che restaAlla fine di tuttoè sempre lei...OrmaiChi ci crede più...?Vorrei dire “io non c’entroio mi dileguoio me ne vadoprovo a sparire...”Alla fineTutto quel che restaÈ sempre lei...

Il passatoè come vino invecchiato

F RYDYR YCYAGE R

Rimane sempre leiAlla fine...

Tutto quel che restaAlla fine di tutto

è sempre lei...Ormai

Chi ci crede più...?Vorrei dire

“io non c’entroio mi dileguoio me ne vado

provo a sparire...”

Alla fineTutto quel che resta

è sempre lei...La poesia l’hanno trucidata.

Il passatoè come vino invecchiatol’han messo in bacheca.

Rimane sempre leiAlla fine...

E oggi che cosa rimane oggi

di quello che ero quarant’ anni fa?Il calzino sbiadito dalla forma angelica

si è preso un posto introvabilenel ripostiglio della memoria.

Andati gli anni

come schiumasu lembi di fiume

tra cannetiimpenetrabili;

non c’è più ricordo

Cadutoil tempo

sullo sfondo degli annicome giorni di calendari da appuntamenti.

Restanoorme languenti

dimenticatecome foglie in pozze d’asfalto.

La vitaÈ deflagrazione.

Alla finetutto quel che resta

è sempre lei...

Federico Barsanti

Foto

C. S

odin

i

DELATRE N° 2 L’ANGOLO DI FEDERICO...

A Proposito di “Frydyryc Yager in concerto”Sull’anteprima del working progress diretto e interpretato da Federico Barsanti

“Possiamo dare solo ciò che abbiamo già dato”(Jorge Luis Borges)Pre-annunciato dalle note di Joahnnes Sebastian Bach, questo “nuovo uten-sile” ci racconta di quest’epoca, di solitudine e smarrimento epilettici, di eu-foria nevrastenica, “di persone che guardano su nel cielo trapuntato di stelle, anzi di bombe intelligenti”, di servi e padroni inetti, di quel senso d’inquie-tudine speciale che avvolge tutta la nostra vita. Non serve un nuovo o un vecchio testo, non serve un attore né gargarismi per preparare la voce. Non serve l’esecuzione, basta con le esecuzioni. Frydyryc Yager è davvero incazza-to: fa regia, ma non dirige, fa l’attore, ma non recita, si contorce, parla senza parole, passando da una vita all’altra, da un urlo munchiano ad un girasole ridente e sbigottito di van Gogh, il trucidato dalla società. Uno svenimento artistico. Collasso attoriale. Teatr’altro. Senza mezzi termini.“Possiamo dare solo ciò che è già dell’altro” (Jorge Luis Borges)

Yager, che nel corso della sua carriera ha cambiato nome innu-merevoli volte, proporrà il suo show interpretato da un an-

tiattore. “Infatti – dice Yager – non ha più senso parlare di fare o essere teatro: semplicemente mi piace pensare

l’artista come un costruttore, un demolitore di idee, un funambolo alla ricerca di qualcosa che non

potrà mai comprendere”. Mr Yager si augura che alle prossime elezioni politiche decidiate

di appartarvi in un luogo al sicuro dalle malattie veneree importate da tv, media e non media. “Frydyryc Yager in concerto” è composto, diretto, interpretato, dire-zionato, morto e vissuto dall’ alterego di Frydyryc Yager

tinomia del Maggiordomo non deve considerare questa un’opera fine a se stessa ma una concreta manifestazione dell’Arte. Quanto magnifico sarebbe far partecipare il pubblico ai processi creativi degli artisti!! Ultimamen-te c’è una curiosa esplosione di film che raccontano e fanno vedere in forma cinematografica la vita di famosi artisti: Klimt, Caravaggio, Modigliani… riscuotendo consensi dal pubblico. Non sono le opere ad affascina-re, ma l’Arte espressa da tali artisti. Quanti sono capa-ci di realizzare Antinomia del Maggiordomo? Nessuno. Certamente nessuno. Non ha precedenti né potrà avere imitatori futuri, è nata dalla fusione di tre entità artisti-che e morirà con l’esaurimento delle stesse. Il miracolo è nella coesistenza. Antinomia del Maggiordomo è una torre di Babele incompiuta. Qualsiasi Arte rimane eter-namente incompiuta. Ora cercherò di evidenziare gli elementi esemplificativi dell’operazione. Martinelli, Barsanti, Macrini hanno dimostrato quanto importante sia la pratica del confronto. In una società, come quel-la attuale, che utilizza strategicamente le attitudini di ciascuno all’individualismo per eliminare ogni contra-sto organizzato al potere indiscriminato, favorendo le pratiche illegali ed i circoli viziosi, s’è dimostrato che, pur rimanendo individui, siamo riusciti a coagularci in una forza temeraria che rivendica la matrice comune di come siamo. Tra gli artisti oggi vige la pratica individua-le fine a se stessa: il monologo, l’assolo jazz, la personale di pittura e scultura, la biografia… non esistono luoghi di confronto; gli artisti vivono lontani in provincia tra i monti, i mari e i muri. Nonostante tutto, noi abbia-mo sperimentato un modo per confrontarci, per saldare la nostra Arte e farla diventare una proposta. Non pre-

“Pazza idea, folle speranza, assurda pretesa, discorso esagerato, atteggiamento esaltato, irresponsabile de-cisione, inspiegabile sensazione, incapacità di spie-gare… Oh penosa Antinomia del Maggiordomo! Sei il luogo della selva oscura dove ci si sperde nel mez-zo del cammino di nostra vita artistica, sei l’arena dove attendono i leoni, sei il principio delle umane conquiste, sei l’infinita sequenza di immagini silen-ziose dell’incipit del film di Stanley Kubrick 2001 Odissea nello spazio in cui si muovono scimpanzè che hanno in comune solo il pelo e la forma, sei il gioco ancestrale e segreto di tre artisti contemporanei che cer-cano apparentemente la modernità”. Scrivere sull’ espe-rienza fatta con il maestro Barsanti e il maestro Macrini è cosa ardua. Ora proverò ad evidenziare l’originalità dell’impresa. Insieme abbiamo realizzato ben 50 minu-ti di esibizione senza conoscerci, senza copione, senza prove, senza allestimento scenico, senza regista, senza attori, senza teatro e senza soldi. Risultato dell’operazio-ne: il pubblico ha visto: uno spettacolo con testo, scene, costumi, adoperandosi alle consuete critiche rispetto la recitazione, la regia, e ai piacevoli commenti sulle scel-te musicali. Dicono: “Interessante, brutto, bello”. Ma nessuno si chiede onestamente: “Cos’è l’Antinomia del Maggiordomo?”. È come aver costruito un edificio tea-trale con un campanile ed una croce. Tutti coloro che passano da quel posto dicono: “Oh, guarda una nuova parrocchia!”. Tante sono le aspettative dei fedeli che si apprestano ad entrare; ma quando sono dentro si accor-gono che quel posto non è una chiesa, bensì un teatro costruito in modo strano. Molti dicono: “Ma è modo questo di costruire teatri? Che c’entra il campanile e la croce!”. Altri astutamente osservano: “Sicuramente era una chiesa che è stata sconsacrata, ed ora ne hanno fatto un teatro. Meritevole!” Forse nessuno riterrà l’edificio teatrale costruito appositamente così, nessuno si chie-derà: “Perché è stata adottata simile forma architetto-nica? Chi ci recita? E cosa?”. L’Antinomia del Maggior-domo è il tentativo di distinguere due concetti: l’Opera d’arte e l’Arte. L’Arte è il pensiero, il percorso creativo, l’incontro, la risultanza dei conflitti, la reminiscenza di essenziali fatti quotidiani traslati in sublime altro, è la filosofia che sta alla base dell’operare. Chi assiste all’An-

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DELATRE N° 2 ...E DI FRANCESCO

Sopra la panca la capra canta, sotto la panca la capra crepa.

di Francesco Martinelli(direttore della Scuola delle Arti della Comunicazione di Corato (Ba))

Franecsco Martinelli

R

olando

Macr

ini

Federico B

arsanti

abbiamo passiva-mente accettato in questo momento storico: sindacati degli operai, partito operaio, sale opera-torie, operatori del settore, presidente operaio… e final-mente trastullarci sui triclinii dell’Olimpo.

Questo è l’Antinomia del Maggiordomo, il trastullo degli dei.Ora questo è, se pur prima non era.

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DELATRE N° 2 ...E DI FRANCESCO / IL TEATRO DEI RAGAZZI

foto di Mariangela G

raziani - Corato 2008

bambini/ragazzi del PTV). Lo scorso anno la serata si era svolta presso il Teatro Jenco di Viareggio e i bambini che terminavano lo spettacolo erano stati (quasi tutti) subito portati via subito dai genitori, come se la serata non fosse stata importante, ma lo fosse stato solo la presenza del proprio figlio sul palco. Peccato. Quest’anno non è accaduto così, anche se molti genitori, spettatori, finito di guardare il “proprio attore” se ne uscivano tranquilla-mente dalla sala per fumare o dialogare, probabilmente non di teatro. Pec-cato.Difficoltosa è stata la gestione da parte degli insegnanti, Federico, Mirtilla, Luca: per presentare gli spettacoli dovevano fare la voce grossa per zittire i genitori in sala. Cosa piuttosto fastidiosa. Per quanto riguarda gli spettacoli: il “Pinocchio” dei disa-bili ha regalato come al solito grandi emozio-ni con passi di danza improvvisati accolti con fragorosi applausi dal pubblico. Gli spettacoli dei bambini sono stati a mio parere sotto tono, non posso evitare di dire che mi aspettavo di più: in scena, soprattutto ne “Le seppie con i piselli”, il testo è emerso solo in parte ed è stato difficile da seguire. Come al solito i ragazzi avevano un gran senso della disciplina teatrale... ma in alcuni passaggi lo spettacolo sembrava più il risul-tato di un esercizio di stile che una vera e propria rappresentazione teatrale.

Claudia Sodini

...E LASCIATECI DIVERTIRE. IIa edizione.Lunedì 2 giugno si è tenuta a Vittoria Apuana (Forte dei Marmi - Lu) una serata dedicata ai bambini, ai ragazzi e alle persone disabili del PTV. Per l’occasione tre spettacoli: in prima battuta “Pinocchio” (regia di F. Barsan-ti) con i disabili della Cooperativa Arcobaleno con cui il Piccolo Teatro della Versilia collabora dal 1997, poi “Dove sono le Parole?” con il gruppo propedeutico dei bambini di Vittoria Apuana, ed infine “Le seppie con i piselli” con il gruppo intemedio dei bambini di Camaiore, entrambi per la regia di Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini (insegnanti di tutti i corsi

Per informazioni sui corsi ragazzi: 3290685985 / 3387716795 www.piccoloteatroversilia.it

tendiamo di essere premiati per questo, ma vorremmo assistere ad un onesto processo di riconoscimento ri-spetto all’Antinomia del Maggiordomo. Ora cercherò di esprimere delle amare considerazioni. Probabilmente i miei maestri colleghi si dissoceranno da questa perso-nale e ultima osservazione, ma non posso nascondere una forte delusione rispetto ai commenti sterili e a volte banali degli allievi delle rispettive scuole. Ci può essere ancora tanta immaturità? Se pur le riflessioni contenu-te in questo articolo sono difficilmente comprensibili, la cecità che c’è a monte mi lascia sconvolto. Il greg-ge potrà un giorno divenire popolo? Queste operazio-ni uniche e coraggiose possono essere percepite come spettacoli teatrali sottoponendole a banale e comune critica? Dobbiamo liberarci dall’identità di operai che

7 scuole pubbliche 300 allievi dai 5 ai 18 anni

7 spettacoli replicati 14 volte (Esempio La gab-bianella e il gatto, scuola elementare di Lido di Camaiore, 84 attori dai 6 ai 10 anni, 30 ore di

laboratorio. Cime nude, scuola media di Vittoria Apuana, 90 attori, 21 ore totali di laboratorio).

stages intensivi durante l’anno e durante l’estate.

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DELATRE N° 2 IL TEATRO DEI RAGAZZI

...due rassegne regionali, due rassegne nazionali: il giro del mondo in 365 giorni...

60 iscritti alla scuola, 5 corsi attivati (avanzato e semiavanzato a Seravezza, semiavanzato a

Camaiore, propedeutico a Forte dei Marmi (Lu))

Duemiladuencento kilometri percorsi

4 spettacoli: 1. Perquè no?, con i ragazzi del cor-so avanzato, replicato 2 volte; 2. Petrolineide, con i bimbi del corso semianvanzato di Seravezza, replicato 3 volte;3. Le seppie coi piselli, con i bimbi del corso semiavanzato di Camaiore, replicato 2 volte;4. Dove sono le parole?, con i bimbi del corso propedeutico, replicato 1 volta.

CRONACHE DALLE RASSEGNE

Alla Rassegna di Teatro per le Scuole di Bagni di Lucca ‘07, gli spettacoli dei ragazzi della scuo-la media di Marzocchino e dei corsi avanzato e semiavanzato del PTV sono stati segnalati: questo ha significato trasferta, nella primavera 2008, a Ferrara e a Serra San Quirico (AN), due rassegne di livello nazionale di teatro per ragazzi. Tutti e tre gli spettacoli sono poi stati di nuovo segnalati: vittoria di altre trasferte l’anno 2009.

ANCONA Spettacolo: PETROLINEIDE.Partenza ore 5 del mattino, Esselunga, caricate scale di legno cilindri e rose, 14 attori, Alfredo a casa con la febbre (“poche sere prima eravamo an-dati a cena fuori insieme ed eravamo così contenti di fare questa cosa insieme” rimpiange Leonardo), tutti tristi ma con la memoria già pronta per tappare i buchi come una vera compagnia di attori, duran-te il viaggio i ragazzi ripetono in coro lo spettacolo, alle dieci la Sofia mangia un panino con la porchetta, arriviamo a Serra san Quirico, accoglienza, collarino multicolore è il presidente, Matteo impara a rifarsi il letto o quasi (lo stesso dichiara “era bello perché do-vevo fare tutte le cose che a casa non faccio mai, tipo mettere a posto”), alle tre dipingiamo con le mani e le spugne (sorrisone corale di tutti gli intervistati, contentissimi di questa esperienza imbrattante), vediamo spettacoli su spettacoli (i bimbi lamentano la poca pulizia scenica), Nicola in cima al suo letto a castello si addormenta col sorriso e si sveglia col sorriso, problemi notturni tra Matteo e Tommaso,

il primo fa cigolare il letto, il secondo parla nel sonno, la mat-

tina alle otto siamo in teatro (Mir-tilla in ansia per ben 5 minuti di ritardo),

puntamenti luci, prove, bimbi at-tenti e concentrati, alle nove in scena, bloccage perfetti, aria frizzante, bimbi diver-titi, commento del giornali-

sta della rassegna ‘piccolo ma grande gruppo’ (Mattia spiega:

“Ormai quello spettacolo ci vie-ne naturale e quindi ci possiamo

veramente divertire a farlo!”), gita cultural-turistica per non perde-

re nemmeno un minuto ma siamo stremati, laboratorio con un gruppo

di Cagliari (tutti i bimbi ne parlano con grande entusiasmo, ricordando il divertente accento sardo, Anna raccon-

ta “è stato bello confrontarsi con altri gruppi” e Alessio apprezza lo spettacolo della compagnia isolana “trattava del bul-lismo e anche a me piacerebbe affrontare argomenti più impegnativi”), ore 23.30 tutti i maschi capeggiati da Luca percor-rono i corridoi dell’ostello coperti da plaid e armati di cuscini irrompendo nella ca-

mera delle ragazze, la guerra a cuscinate comincia, per calmare l’agitazione

raccontano storie dell’orrore, i ra-gazzi finiscono per avere paura a

dormir da soli, ultimo giorno, salotto teatrale per confrontarsi

sull’esperienza trascorsa con un

Per informazioni sui corsi ragazzi: 3290685985 / 3387716795 www.piccoloteatroversilia.it

a cura di Serena Guardone

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DELATRE N° 2 IL TEATRO DEI RAGAZZI

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operatore della rassegna, altro viaggio, più breve per qualcu-no, più lungo per altri, di nuovo a casa (“è stato bello essere così vicini a loro e vederli in atteggiamenti più quotidiani che qui a scuola non abbiamo tempo e modo di vedere: la cosa più bella è stata quando durante una pausa pranzo, in una piazza, li ho trovati tutti in cerchio che giocavano allo scerif-fo; sono un gruppo meraviglioso!” chiude Mirtilla). (Luca Barsottelli e Serena Guardone (quest’ultima ha intervista-to i ragazzi al ritorno dalla rassegna)).

FERRARA Spettacolo: PERQUÈ NO?Partiti… sul rumore delle rotaie e con la musica sparata ne-gli orecchi finalmente siamo partiti per Ferrara. Tre giorni che sono volati. Come se tutto fosse passato in un secondo. Questa esperienza mi è piaciuta tantissimo, non solo per il nostro spettacolo, ma anche perché ho socializzato con i miei compagni e con altre persone. Il paesino di Migliarino, che all’inizio sembrava un paese sperduto fra le campagne emilia-ne, si è rivelato un bagaglio pieno di sorprese e di emozioni che non mi dimenticherò mai. Resteranno per sempre nel mio cuore. Un segno incancellabile. E nonostante mi sentissi la più piccola e quindi un’intrusa, ho capito che l’amicizia e quindi il teatro va al di là dell’età, perché tutt’e due sono forze che riescono a guardare l’aspetto interiore, la creatività, la fantasia, che mi hanno aiutato a “consumare” questa espe-rienza. Mi è piaciuto soprattutto il ritrovo chiamato “Il caffè della Beppina” dove fra canti e risate tutti siamo riusciti a bal-lare e ritrovare quei bambini dentro di noi… per non parlare delle bici “schiantate” nel muro e Luca che si sbiaccicava… quante risate! Mi è piaciuta anche l’organizzazione: tutto ‘no problem’, Wanda era simpaticissima, riusciva a infonderci un’aria allegra che tirava su il morale ad un leone affamato col suo modo di fare così “involgente” che non potevi essere triste. Da Ferrara un saluto con amore a Borgio Verezzi con furore! :-)! (Sofia Olobardi, 13 anni, allieva del PTV da 3 anni)

Essendo stato il mio primo spettacolo con questo gruppo, mi sono divertito molto. Questo perché mi sono amalgamato molto bene con tutti quan-ti: infatti, mi dispiacerebbe se il prossimo anno il gruppo venisse diviso.Riguardo a Ferrara, mi sono divertito veramente tanto perché ho potuto fare nuove amicizie e co-noscere nuove persone. Lo spettacolo è stato me-raviglioso perché eravamo tutti tesi e ancor più quando ci hanno detto che saremmo andati in TV. Spero davvero di rivivere un’esperienza così e mi dispiace che durante l’estate non potremo continuare a fare teatro e vederci.Sono molto soddisfatto perché quello che ho vis-suto a Ferrara e durante l’anno era proprio quello che mi aspettavo da questa scuola. Non vedo l’ora di andare il prossimo anno a Borgio Verezzi per rivivere un’esperienza simile a quella passata quest’anno. (Luca Dragà, 15 anni,

allievo del PTV da 1 anno)

BAGNI DI LUCCAAnche quest’anno Luca e Mirtilla hanno portato un gruppo di allievi-attori alla rassegna regionale per le scuole: in lizza i bimbi della scuola elementare di Azzano con lo spettacolo ‘Il piumone giallo di Sesè’. Abbiamo chiesto agli allievi di raccontarci la loro esperienza di un anno di teatro. Ecco le loro parole.

Ciao, sono Jonathan. Ho nove anni. Noi siamo della scuola primaria di Azzano. Siamo fortunati perché abbiamo degli insegnanti meravigliosi: Luca e Mirtilla. Durante lo spettaco-lo ho fatto errori ma sono soddisfatto di quello che abbiamo fatto. (Jonathan Olivi, 10 anni)

Ciao sono Federica. A me il teatro piace. Dovreste provarlo. Imparerete a stare con gli altri e a recitare. I miei insegnanti sono stati Luca e Mirtilla, molto simpatici. Questi cinque anni di teatro mi hanno insegnato che non devo avere paura e dovete provarlo, ve lo consiglio. (Federica Giannini, 10 anni)

Sono un bambino di nome Samuele. A me mi sono garbati tutti gli spettacoli che abbiamo fatto, però il più che mi è garbato era quello che si intitola ‘Sopra il piumone giallo’. Per me stata una bella esperienza e penso che sia bella ancora per un po’. (Samuele Vietina, 9 anni)

Ciao, sono Hind. Quest’anno è cinque anni che faccio teatro con Mirtilla e Luca. È stato ogni anno più bello. Io ho anche un sogno: fare uno spettacolo o musical. Questo sogno mi è venuto recitando. Io vorrei fare alle medie il teatro non come hobby. Voglio realizzare il mio sogno e spero che, se farò tea-tro, lo farò con due professionisti come Luca e Mirtilla. Spero di aver dato qualcosa mentre ho recitato. L’importante è che ai miei genitori sia piaciuto molto. (Hind Arbaoui, 11 anni)

Corso Ragazzi 2007/2008Fo

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DELATRE N° 2 IL TEATRO DEI RAGAZZI

GLI STAGES PER RAGAZZI AL PTV“IL REGALO DEL VENTO TRAMONTANO”

Siamo già alla terza edizione degli stages estivi che Luca e Mirtilla organizzano nel mese di Luglio per tutti coloro che non riescono a star lontani dal teatro oppure per chi è troppo curioso di fare la sua prima espe-rienza e non riesce ad aspettare le iscrizioni a Settembre. Quest’anno, alla scuola è stato fatto un esperi-mento: stages invernali, della durata di un giorno. Una domenica pomeriggio, su Improvvisazione teatrale e Scrittura creativa: un’impresa difficile e divertente. L’idea era dare ai ragazzi un copione ‘incompleto”, ossia mancante di alcune parti: lo scopo degli esercizi era arrivare ad integrarlo tramite improvvisazione e riscrivere e illustrare l’intero copione. Il testo, “Il regalo del vento tramontano” è tratto dalle “Fiabe italia-ne” di Italo Calvino.

Per informazioni sui corsi ragazzi: 3290685985 / 3387716795 www.piccoloteatroversilia.it

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DELATRE N° 2 IL TEATRO DEI RAGAZZI

Tutti dentro il pentolone (eccetto Arlecchino)Sesta e ultima puntata

Ecco l’ultima puntata della favola! L’epilogo è curato da Roberto Panichi del corso di Formazione attoriale, allievo del PTV dal 2002 e Geppetto/Mangiafuoco/Civetta/Contadino/Narratore nello spettacolo “Le Disavventure di Pinocchio”. Un piccolo riassunto: Arlecchino, scampato all’ira del patron, decide con le 5 maschere (personaggi dello spettacolo “La vita è una Pacchia”) di andare a Roma in bicicletta. Nel bosco l’allegra brigata incontra Piadino Gianduiotto e Arlecchino, a causa dei suoi debiti, gli vende due maschere. Per scappare alla pioggia Arlecchino si nasconde con le maschere rimaste in una catapecchia. Alla mattina le maschere sono scappate e Arlecchino scopre da Piadino Gianduiotto che si trovano alla locanda “La Pentolaccia” sul lago Pacchia. Così decidono di andare a cercarle...L’autrice dello splendido disegno (e di tutti quelli che trovate sulla rivista) è come sempre Elena Buono, nostra disegnatrice ufficiale!!!!

Personaggi: Narratore/ Spazzolino - Niurinuu - Swindolè - Oppà - Sciua / Arlecchino /Beccuccio/ Piadino Gian-duiotto.

Narratore: La strada era sempre più stretta e la radura si infittiva mentre una nebbiolina si insinuava nel cuoio delle due maschere. Arrivati davanti ad una quercia enorme Arlecchino disse:

Arlecchino: Oicchellè quel burattino che me sembra de vede da qua? Mi so stanco, senò anderei a vede!

Piadino: Ti ci porto io. Sono proprio curioso di saper cos’è.

Narratore: Arlecchino montò sulle spalle di Piadino Gianduiotto e vide con terrore che quel burattino gonfio dall’umido, pieno di farina di termiti, era stato impic-cato con un robusto cordone di raso nero. Piadino Gianduiotto lo aiutò a slegarlo, ma, appena poggiato a terra, come una manciata di segatura si polverizzò e venne assorbito fra le foglie; intanto la notte calava e la luna piena risorgeva mentre un gufino dalla cima della pianta ridacchiava perché la sua mamma gli aveva portato

due grilli freschi da mangiare. Arlecchino tacque per ben trentasei minuti dopodichè si addormentò assieme a Piadino Gianduiotto che, appoggiata la testa su un sasso liscio, iniziò il “concerto 32 k bis di Otorinolaringoiatria per gola aspirato in mi settima” tanto che il gufino smise di ridere e se ne volò via . Al mattino presto, le due maschere riprese-ro il cammino verso il lago “Pacchia”. Arlecchino però era ancora molto stanco, non aveva dormito bene a causa del compagno rumoroso e si rotolò per terra inveendo contro Piadino.

Arlecchino: Mi no poso sperar de andare avanti. Gho le gambe che non se movono. Se sò adormentate. Beate lor. Maledetto Piadino russone! Appena me se svegliano te do delle bele rintronate! E in più mi gho fameeeeeeeee!

Narratore: Piadino lo ascoltava e sapeva che in fondo quella bizza di Arlecchino non era altro che disperazione per aver perso al gioco della vita le sue amiche maschere e che la vera fame partiva dal rimorso di non averle tenute e che in verità anche lui, loro, sarebbero finiti nel pentolone che rimescola il cosmo. Tutto quello che hanno vissuto non sarebbe bastato per fermare un solo attimo della loro storia, strampalata sì, ma che appartiene ad ognuno di noi, alla vostra immaginazione, la decisione astratta della vera fine di tutte le maschere del mondo.

Roberto Panichi

Per informazioni sui corsi ragazzi: 3290685985 / 3387716795 www.piccoloteatroversilia.it

Gli attori dello spettacolo di Matteo Destro si sono fermati, insieme con Giovanni Fusetti, per una settimana presso la nostra scuola a fare uno studio sulla morfologia e sull’uso delle maschere costruite da Matteo. Uno dei tre attori, Boris Ruge, ci racconta in poche righe il suo lavoro. Boris lavora come musicista, attore-creatore ed insegnante di teatro/musica in Italia e all’estero. Si forma al “Conservatorio Richard Strauss” a Monaco di Baviera, all’“Ecole Internationale de Théâtre Jaques Lecoq” a Parigi e alla “Scuola Internazionale di Creazione Teatrale Kiklos” a Padova, dove è stato allievo, assistente pedagogico e infine insegnante di voce e musica. È stato premiato tra l´altro al “Festival Tollwood” a Monaco e allo “Scharfrichterbeil” di Passau. Ha ricevuto una borsa di studio al “Banff-Center-for-the-Arts” in Canada. Approfondisce la sua ricerca ogni giorno fondendo creazione teatrale e musica in un unico gesto pieno di follia, amore e umore.

LA VOCE DEL CORPO di Boris Ruge ( [email protected] )

Nel mio lavoro come insegnante di voce è importante per me accompagnare i partecipanti lungo un per-corso che parte dalla riscoperta del respiro organico e dal riconoscere la voce che vibra nel proprio corpo, per poi lanciarsi nel gioco con i suoni del nostro universo vocale. In gruppo e individualmente si rielabora gli elementi base dell’espressione vocale: aria, nota, vocali, consonanti, melodia, etc. Durante questi esercizi e improvvisazioni va sempre cercato l’ascolto intimo che segue il semplice e pieno flusso vitale. I parteci-panti sono invitati a rianimare la propria espressione e a riavvicinarsi con curiosità alla forza degli elementi del nostro linguaggio vocale. Ogni parola, testo, ritmo, melodia deve essere riempito di senso e sensualità. Aprendo la voce poi all’esterno e a chi ci ascolta, il potenziale evocativo della voce viene fuori, la voce rim-bomba nello spazio e incontra il pubblico. Passo per passo si entra nell’avventura di essere l’attore: di essere colui che crea nel centro del mondo con la propria voce e che ci fa vibrare, sognare, ridere e piangere.

Il GRAMMELOT - La voce dell´attore nel gioco creativo con l’universo della lingua

Il Grammelot è una forma di teatro inventata dai comici della Commedia dell’arte, le cui origini, nella cultura europea, vengo-no fatte risalire al XIV secolo. Si tratta di una forma di recitazione di tipo onomatopeico, che usa suoni privi di significato, che richiamino però le sonorità di una lingua o di un dialetto riconoscibili, riuscendo, quindi, a comunicare attraverso sequenza foniche che non sono parole stabilite e convenzionali. (fonte: Wikipedia). Per me come attore è una grande lezione andare in profondità nel mondo meraviglioso del grammelot che permette di giocare con tutte le forme della lingua, che sia umana, animale, oppure fantastica. È importante che il grammelot ci trasmetta tutta la sua urgenza, la sua follia, la sua poesia... e che ci faccia sognare..ridere e piangere. Il grammelot permette di liberarci dalla logica del testo intellettuale per entrare pienamente nella comunicazione corporea, emotiva e musicale in modo estremamente creativo. L’attore diventa autore, e gioca con gli elementi della comunicazione a suo gusto, seguendo il suo istinto e la sua intuizione in forte contatto con il tema che sta servendo.

Buon divertimento

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DELATRE N° 2 FUORI DAL PTV: BORIS RUGE / IL NOSTRO LAVORO: Voce agli allievi

Le impressioni sul saggio conclusivo del corso di Educazione al Teatrodi Milena Cupisti, allieva del PTV da 5 anni

Quando ho deciso di propormi come assistente alla regia a Federico per il saggio conclusivo dell’anno del Corso di Educa-zione al Teatro avevo già un’ idea di cosa mi avrebbe aspettato. Sono sempre stata incuriosita dalla “cabina di regia” e questa era una piccola grande opportunità di sbirciarci dentro. Risultato: un’esperienza esaltante e faticosa allo stesso tempo... Ma le cose più belle sono quelle che ti fanno sudare! Mi sono preparata con penne, lapis (più di uno e tutti appuntati per non perder tempo) e un bel pacco di fogli bianchi dove segnare le indicazioni che Federico avrebbe dato agli allievi-attori: dall’intona-zione al movimento di ogni singola parte del corpo, ai movimenti coreografici, le posizioni di partenza, i bloccage, le pause... In verità avrei dovuto condividere il lavoro con Serena e Alessandro, ma la prima si è ammalata e il secondo ha osservato il metodo con cui Federico preparava la messa in scena, per cui abbiamo collaborato per la sola parte coreografica e scenografica. Durante il lavoro la mia attenzione è stata massima per non perdere niente di quello che veniva fatto o detto, ed ho abbas-sato la tensione solo quando ho visto che lo spettacolo stava andando bene e tutto filava liscio - con un occhio e un orecchio sempre a Federico, se avesse avuto bisogno di qualche cosa durante il lavoro al mixer. Ma anche questo è teatro. Anzi. Questo è il teatro: sia l’attore che il regista, che ogni altra figura che ruota dentro e attorno ad uno spettacolo teatrale, tutti sono chia-

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DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: Voce agli allievi

The Way We Were di Vanessa Tonarelli, allieva storica del PTV

Come eravamo. Claudia e Serena mi hanno proposto di parlare della Scuola del Piccolo Teatro della Versilia alle origini. Sì, perché io a quei tempi c’ero! E lo dico con una punta d’orgoglio, in qualità di unica e sola supersti-te! “Devi essere obiettiva, non scrivere solo cose positive”, mi viene riferito. Questa frase me la ripeto tipo cantilena, in modo tale da auto-convincermi. Vi spiegherò che cosa ren-de questo compito così difficile. Innanzitutto, si tratta di… quanti? Ve-diamo: all’incirca tredici anni fa! Ed io avevo… no, non lo dico! Meglio non svelare la proprio età, diciamo che ero molto giovane, una ragazzina! Quindi, la prima cosa che mi sovviene, ripensando a quei momenti, è un grande senso di leggerezza, o spensieratezza. Ricordo tantissime risate che già allora non erano “permesse”, ma erano, data l’età, un pochino più “tollerate”. Ricordo la sensazione di essere coccolata da tutti e la Panichi1, un’artista grandissima che mi faceva restare senza respiro non appena apriva bocca, ricordo anche quando ci disse che avrebbe lasciato la scuo-la, la delusione e l’amarezza che accompagnarono quel momento. E poi ricordo Federico (il nostro Federico!) e quanto era… “come adesso”! Ora spiego in che senso (Federico non ti preoccupare!). Lo ricordo “folle” (nel senso più bello del termine), Frydyryc Yager per intenderci! Federico è una di quelle persone (per come lo vedo io, sia chiaro!) che rimane fedele a se stessa, perché è così, una persona buona, ricca di principi e valori e adesso, come allora, “folle” ed “artisticamente imprevedibile”. Quando la Panichi gli affidò la scuola, lo ricordo muovere i primi passi con gran-de responsabilità e serietà, nonostante fosse molto giovane e alla ricerca di un proprio stile d’insegnamento. Avendo poi smesso la scuola subito dopo quell’anno (accidenti a me!) e avendo ritrovato Federico quasi dieci anni dopo (con il rientro nella sua scuola), ho notato innumerevoli dif-ferenze nel suo metodo di educazione al teatro. L’unica costante rimane la disciplina, quella è sacrosanta, ma i modelli sono cambiati, il distacco dall’impronta della Panichi è molto evidente. Adesso definisco e parago-no lo stile di Federico “onirico”, “surreale”, “unico”, come un quadro del grande pittore Marc Chagall, dove tutto può accadere. La domanda successiva da parte di Claudia e Serena è stata: “Come ti sentivi? E come ti senti ora?”. Ehm… com’è difficile rispondere, sono cambiate così tante cose, c’è così tanto vissuto nel mezzo, sono stati anni intensi, ricchi di eventi belli e brutti, partenze ed arrivi, e, come rispon-dere? Mi sento diversa, sento che negli anni in cui non ho fatto teatro ho avuto un vuoto, la mancanza è stata pesante, è stata talmente forte che, quando capitava, andavo a vedere gli spettacoli mal volentieri, con il cuore gonfio, dandomi della deficiente, insomma, non è assurdo non fare una cosa che si desidera fare, potendola fare? Evito di parlare della mia anima complicata per non tediarvi, ma rispondo così alle mie care colle-ghe: “Mi sento sicuramente diversa, ma a teatro provo la stessa identica sensazione di benessere… AMORE…”.

1 Raffaella Panichi ha fondato il PTV (nel 1982) n.d.r.

mati a far attenzione ad ogni dettaglio, senza lasciarsi sfuggire neanche una pausa o un si-lenzio. È chiaro che la bravura e il talento di attori e regista fanno poi il resto, ma prima di tutto questo c’è l’attenzione! Da assistente ho avuto l’opportunità di osservare attenta-mente ciò che veniva proposto agli allievi e come da un piccolo accenno a un movimento o a una intonazione potesse nascere qualco-sa che avrebbe cambiato completamente la recitazione di un pezzo. Merito di Federico, che, come disse il maestro Martinelli, “è uno scanner vivente”. Merito degli allievi, che non si sono lasciati sfuggire i suggerimenti. Io ho cercato di carpire ogni cosa, non solo per essere utile a Federico e ai miei colleghi, ma soprattutto, e sottolineo egoisticamente soprattutto, per me: a differenza degli altri, che si sono concentrati principalmente sul loro monologo, io ho lavorato con la stessa attenzione su tutti i pezzi e mi sono costruita un bagaglio di nozioni e spunti da poter riu-tilizzare in futuro. Ma credo che questo vada fatto sempre, non solo quando si è assistenti. Quando siamo chiamati a lavorare sul nostro pezzo siamo spesso troppo concentrati a “far bene” e perdiamo i momenti creativi che pos-siamo avere o che ci vengono suggeriti. “Par-tire dal silenzio”: lo sento ripetere da Federico da circa un anno, e quando mi è riuscito di farlo è venuto fuori qualcosa di buono. An-che se poi mi sono persa in quel silenzio. Nel-la preparazione del saggio ho visto allievi che si sono messi in ascolto di sé e del maestro e sono riusciti a fare delle belle cose che mi hanno emozionato; altri che, forse troppo presi dal voler “far bene” o emozionati o in-biti dal proprio rumore, hanno perso i sugge-rimenti propri e di Federico e sono andati in scena senza aver fatto tesoro delle ore di lavo-ro. Da osservatore-assistente questo dispiace, perché vedi che qualcosa è andato sprecato e

non torne-rà più. O forse se ci mettiamo in ascolto tornerà più forte di prima. Ma sta a noi.

DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: Voce agli allievi

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…with knapsack on back and from fear of one day arrivingdi Zarina Rafiq, allieva del Corso di “Educazione al Teatro” del PTV da 1 anno. Attrice.

About 15 years ago I found these words and they have stayed with me since. Actually I found a whole quotation and this is the only bit I can still remember. It was something a travelling French actor said at the turn of the 20th century about the life of an actor. It hit me between the eyes and every time I say or write or read or think of it I get a wave of something good move through me. It reminds me or confirms perhaps why I chose acting and keep doing it...what acting might be about. Over the years I have passed it on to others who I thought might connect with it and I’d like to pass it on to you now. It’s a tiny fragment of a longer speech, so I’ll try and fill in the sentiment of the whole piece and at the same time try and explain what it does for me. Make what you will of it – maybe something totally different from what I get from it, maybe nothing at all, maybe you’ll be irritated, bored or simply confused why I want to share it with you. But here goes…!!!!!! I get straightaway from the words the idea of a ‘journey’. In the beginning humans were nomads until cultivation stopped us in our tracks and we all settled down in static societies and civilisation kicked in. But I think the ‘moving on to better pastures ‘ thing stayed with us. The metaphor of life as a journey of experience is a cliché… the physical journey having become a metaphysical one linked to the idea of being progressively enriched. When actors act they step into the ‘panni’/clothes of another (or in English into the ‘shoes’ of another). Either way – clothes or shoes - they to try to see some aspect of life, that the text is dealing with, from the character’s perspective. In an article in Delatre ‘Che cosa è Teatro?’ by Serena with the PTV Ragazzi group, Leonardo said theatre is ‘ to live other lives with passion’. Yes! and ‘with passion’ because actually it’s not a matter of clothes or shoes afterall…it’s a bit deeper ! The actor tries to enter heart, mind, skin and soul of the character…he gets to exist beyond himself…to live life vividly through the character for a brief flash of time. It is blindingly refreshing, illuminating to get this new angle on life. Each time the actor goes into those flash moments he moves on and ‘understands’ a bit more about this business of living in so far as he experiences existence from a new place. The nomad in him is satisfied. But it’s not just that he learns about others. Maybe the bigger step the actor makes on that road of revelation is what he learns about himself in those flash moments. WHHOAAAA!!!! Stop. Go back Explain. Ok, this is what I feel when I act: At the same time as being totally that character, I am also totally myself. I get the view of the situation as the character and at the same time I can monitor the situation as me. I have not ‘become’ someone else and stopped being me. I don’t think any actor could survive ‘becoming’ Hamlet every night for a 10-month tour. The idea is absurd – he’d need a lifetime of therapy afterwards!!! No way is acting ever a form of escapism from being oneself. The opposite – it brings you face-to-face with yourself. It does so at the same time and as result of crawling into the character’s skin. There exists the most curious dua-lity, paradox almost. The actor holds himself and the other in eternity in those moments. It is the finest of operations getting to those moments of vision but I think they are the steps that move the actor along his road of life experience. Experiencing theatre- as either practitioner or spectator- encourages a certain anti-egocentric way of looking at life. Sure, people attracted to the theatre probably have a pre-disposition for this anyway. I’m not saying theatre creates it in a person…it just develops the reflex to be able to step outside your own existence. The ordinary business of living gets enriched…and so we get hooked on what theatre can do to the quality of our daily lives. So long as we are curious,

want to interact effectively with others on whatever level, want rich lives…we are keen to keep on this same experiential path of trying to see life through other perspectives. We only shut down that reflex if we lose our curiosity and the zest for new experience...a dark, fearful prospect, like a type of death. That for me is the ‘fear of one day arriving’ and when the journey along the road would stop. I like the ‘knapsack’(zaino) reference…travelling player...a life of material simplicity…all he has probably is in that bag strapped to his body…link that to the fact that the actor’s tool is his body.. no paint or pen or instru-ment… the body carries, contains, makes…the expression, the art… through its form, movement, senses… Well, that’s it. That’s why the quote does it for me. I don’t know if I’ve connected with you. It feels a bit like having a small piece of ancient ceramic pot and trying to tell you what the rest of it was like. Or in a joke, just having the punch-line! In a way it’s not particularly new or original or anything, I’m thinking now…guess I just like the combination of images and feelings the words give me…guess that’s all it’s about ...really…

Il solo vero viaggio, la sola immersione nella giovinezza,

si farebbe non con l’andare verso nuovi paesaggi, ma

con l’avere occhi diversi.

(Marcel Proust)

Sabato 24 maggio presso il teatro Delatre si è tenuto lo spettacolo di Matteo Destro SO-GNO DI UN APPRENDISTA RIVOLUZIONARIO. Dramma italiano per maschere con Alay Arzelus Makazaga, Boris Ruge, Matteo Destro1. Sul palco del teatro di Seravezza si è raccontato il viaggio di un trentenne di oggi, perennemente attaccato al telecoman-do, che si ritrova a vivere un sogno che lo proietta accanto ai giovani rivoluzionari degli anni 60-70. Il tutto attraverso il linguaggio delle maschere costruite in cartapesta dallo stesso Matteo Destro. Nella nostra scuola si è spesso parlato di quanto il teatro possa essere innocuo, di quanto certi spettacoli non lascino molto allo spettatore… Beh, viene da dire che la serata del 24 maggio non è stata innocua: il pubblico è rimasto colpito ed entusiasta dell’operazione e sono stati davvero tanti commenti positivi. Ma preferiamo proporvene due che sollevano alcune critiche e che possono essere da stimolo per tutti.

Ho pensato in questi giorni a più riprese allo spettacolo di Matteo Destro e devo dire che, se c’è una cosa che odio, è proprio quella di mescolare il teatro con la politica. Questi ragazzi, anche se tecnicamente bravi, hanno rievocato tempi che ben conosco. In quegli anni lavoravo al Policlinico di via F. Sforza a Milano, proprio di fronte all’ Università Statale e conosco bene anche via Festa del Perdono; di sampietrini ne ho visti volare tanti, cariche della polizia, manga-nellate con le mazze da golf. I più furbi sono riusciti a farsi dare il 18 politico, Mario Capanna siede in Parlamento, e tutti gli altri si sono divertiti a giocare a fare i rivoluzionari; ma che cosa hanno cambiato? Io so solo che iniziavo il mio turno alle 9 e finivo alle 14; alle 15 entravo a sbrigare pratiche in un’ agenzia di assicurazioni e dopo cena frequentavo la scuola serale per fotografi della Società Umanitaria. Dalla società, contro cui tanti figli di papà giocavano a far la rivoluzione, io ho avuto sempre molto, anzi moltissimo; ad un certo punto mi è stato permesso di entrare nel campo dei computer e, piano, piano, partendo da semplice operatore, sono diventato programmatore fino ad arrivare alla mansione di capocentro, che ho svolto fino all’età della pensione. Ritornando allo spettacolo di Matteo Destro, posso dire che ha rievocato con molta efficacia l’atmosfera di quegli anni e la delusione dei molti che oggi, tirate le somme, sono diventati dei piccoli e poveri borghesi delusi, senza spirito di iniziativa. Difficile trovare la serenità per scrivere due righe su quello spettacolo che ho fatto di tutto per rimuovere dalla memoria.

Rolando Abbarchi, 67 anni, allievo del Corso di “Educazione al Teatro” del PTV da 5 anni

Spettacolo interessante, ma ancora acerbo, a mio avviso. L’argomento, altamente drammatico e assai difficile da tratta-re (parlare di fatti che hanno lasciato una lunga scia di sangue richiede grande equilibrio e sensibilità), faceva oscillare lo spettacolo fra elementi tragici e spunti grotteschi, in un equilibrio assai precario e raramente raggiunto. Credo che il tema del terrorismo mal si adatti ad uno spettacolo caratterizzato dall’utilizzo di maschere chiaramente declinate sul registro grottesco e comico. Le maschere utilizzate (fra l’altro con alcune incompletezze nell’aspetto tecnico, con la nuca dell’attore parzialmente visibile, in modo tale da limitare l’effetto di credibilità della parte mascherata del volto del personaggio principale) sarebbero state, forse, più adatte ad uno spettacolo grottesco sugli eterni Peter Pan dei no-stri tempi. Ho apprezzato comunque il lavoro mimico di Matteo Destro e della protagonista femminile. Nell’insieme uno spettacolo da ripensare, soprattutto sul rapporto tra forma teatrale utilizzata e contenuti.

Giulio Marlia, 55 anni, allievo del PTV da 5 anni

1 È uno spettacolo creato in occasione del “Festival Resistance Existance” tenutosi a Ginevra nel febbraio 2007 organizzato da Le Théâtre de l’Usine.13

DELATRE N° 2 RECENSIONI

FEDERICO BARSANTI tiene seminari su:

“La Fonica e la dizione nella • Comedìa Dantesca”. Canti dall’Inferno“Arlecchino e Smeraldina: le dinamiche tra le due maschere”•

“Le relazioni tra i personaggi: il linguaggio dell’anima” (testi di autori moderni)•“L’improvvisazione teatrale: la scoperta della creatività”•

Per informazioni e per richiedere un seminario 3394336687

In S

cena

al Delatre.

• giusto abbigliamento - Che c’entra in un seminario sulla fonetica? Leggere la Divina Commedia si avvicina a qualcosa di sacro e nel seminario lo si è fatto ogni giorno con un rito: spogliandosi e vestendosi di un personaggio vicino all’ intimità di ciascuno. Il teatro può essere visto come un tuffo verso la morte e allora andare in scena avvicina al mondo dei morti. Dal quotidiano all’ignoto, verso una zona d’ombra intoccabile nella vita quotidiana. E poi, il vestito fa un rumore? E che rumore fa? È giusto come costume di scena? Come fa muovere rispetto allo spazio, a ciò che sta scritto?

• Lo spazio del silenzio - Il teatro si costruisce nelle pause tra un gesto e l’altro. Lo stesso la fonetica nella poesia. Il suono nasce da tutto il corpo (compreso il vestito). Lo spazio del silenzio si crea con Dante attraverso i suoi versi.

• Intimità dell’attore - L’intimità è qualcosa di geloso da custodire, ma l’attore deve as-solutamente trovare la strada per regalare quegli spazi reconditi al pubblico denudan-dosi senza nessuna inibizione. Proprio per sviluppare il lavoro sull’intimità dell’attore viene richiesto di non fare niente di teatrale nei primi tentativi di lettura se non prestan-do attenzione a come i suoni fuoriescano dalla bocca, lavorando con laringe, faringe, palato superiore, inferiore ecc… su vocali, consonanti e quant’altro di incredibile si trovi sul cammino fonetico. Avvicinare il foglio al viso mentre si legge per venire in stretto contatto con il suono della nostra voce può essere di grande aiuto.

• Intimità del poeta - Si arriva a toccare l’intimità del poeta e a capire quali sono i punti in cui si rivela. Dante lo fa spesso, ci sono momenti in cui è molto intimo. Quando l’intimità dell’attore incontra quella del poeta nasce l’esplosione, un momento divino in cui l’attore si commuove. E qui non deve tirarsi indietro, è il momento di andare a fondo. È un’emozione da non reprimere. Tutto questo però è opportuno farlo durante il periodo di studio. L’attore va così incontro a Dante.

• Importanza del leggio - È parte della gestualità dell’attore: come guardarlo? Come mettere le gambe, le mani in rapporto al leggio? Viene valutato il rapporto tra la propria intimità, il collegarsi con il mondo interiore del poeta e il portare il tutto oltre il leggio, verso il pubblico.

• La voce tra il sé dell’attore e le parole del testo - Dopo il percorso sull’ intimità inizia l’ascolto della voce in relazione alle parole del testo. Si comincia per la prima volta a pren-dere in considerazione il pubblico, ma si tratta ancora di una fase intima del lavoro.

•Dizione - Imparare a degustare la parola in bocca e attenersi alle regole della finedicitura.

• La voce tra il sé dell’attore e il pubblico - L’attore sul palco fa una vera e propria confes-sione: metamorfosi dell’intimità che diventa teatro.

• Il gesto come orchestrazione - L’impalcatura della struttura corporea arricchirà la fonet-ica e il significato delle parole.

• Il gesto come silenzio fra il rumore o fra le parole - Nell’Inferno dantesco c’è tanto rumore, tanto frastuono e l’attore deve dare forza alla pausa e ai silenzi.

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DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: i Seminari

Cronaca di un seminario su Dante al PTVa cura di Claudia Sodini

“Non saremmo quelli che siamo se non fosse esistito Dante”Una ricerca sulla fonetica della Divina Commedia iniziata nel 1998 porta oggi Federi-co Barsanti a far parte di uno spettacolo da lui diretto e interpretato (assieme al Prof. Pietro Conti), “Ser Durante”, che sarà proposto alla XXI° Edizione di Mercantia, FESTIVAL INTERNAZIONALE DI TEATRO DI STRADA. Ser Durante andrà in scena in uno dei “Giardini Segreti”, luoghi suggestivi del borgo medioevale Certaldo (Fi) scelti per spettacoli rivolti a pochissimi spettatori. Federico Barsanti tiene inoltre seminari sulla Divina Commedia che approfondiscono gli aspetti fonetici dell’opera di Dante. Ad aprile 2008 presso il PTV si è svolto “Dizione poetica: la pietà e l’amore. Dal V° Canto dell’Inferno”.Con gli allievi del PTV Milena, Franca, Federico, Chiara, Mirtilla, Barbara, Camilla, Sandra.

“Io non

sono un

cantante,

sono un musicante

della mia voce”

“Il teatro, poiché è finzione reale, poiché è ribellione poetica, rivo-

luzione interiore

non può che partire da una rivoluzione della

nostra intimità.”

“In ogni parola che mettiamo quando recitia-mo deve esserci un rigore, una disciplina.”

Queste le tappe del seminario (durato 3 giorni) nelle parole di Federico: “Nel teatro c’è l’in-contro tra una forte sacralità e qualcosa di blasfemo, cose agli opposti che però si incontrano.”

F. Barsanti svolge seminari in tutta Italia. Se sei interessato chiama il 3394336687Le foto di questa pagina sono di C

. Sodini - Corato 2008

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DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: i Seminari

Il Dibattito al termine del seminario su Dante.

“Che cosa è la disciplina? Charlie Watts”

Tutti• : Perché il V° canto e perché Dante?Federico• : La Divina Commedia è un’amplificatore

dell’anima e dello spirito e, in particolare, il V° Canto ha in sé una sconfinata delicatezza che rende il lavoro mol-to impegnativo, pericoloso e pieno di tranelli. Dal punto di vista fonetico è davvero una sfida.

Mirtilla• : Un dubbio riguardo all’attore nella lettura poetica di fronte al pubblico: quando tu leggi la Divina Commedia il pubblico ti vede attore ma ti sente Dante.

Federico• : Prendi una recitazione alla radio dove senti solo la voce, poi prendi la stessa recitazione ma in video. Se dovessi recitare Dante alla radio avrei tanti punti in comune esteticamente con l’attore che recita “visto”, poiché ho trovato nella mia metodologia l’essenzialità del gesto. Il gesto calibrato fa sì che tu rispetti sempre il testo che stai recitando. Così non travalichi mai il Dante ma gli porti sempre rispetto. Non lo devi drammatizzare troppo altrimenti lo perdi. Non creo un vero personag-gio, ci sono io che mi siedo, mi approccio ai miei stru-menti e comincio a cantare la Divina Commedia. Quello che provo a fare nel mio teatro è un lancio continuo nel vuoto. Se il gioco diventa rischioso so che ho dei mar-gini per progredire. In un lavoro come questo divento autore di qualcosa che già è scritto.

Chiara• : Alla fine ci leggi il V° canto? Io non l’ho mai sen-tito da te.

Federico• : Approvo la tua proposta ma non so se lo farò. Devo vedere se sono pronto e se è il momento giusto.

Sandra• : Io sono sorpresa da quanto mi sta prendendo Dante. In questo V° canto, ci trovo spunti quasi per medi-tare, come un “mantra”. Me ne sono proprio innamorata. Mi piace molto questa cosa del vestirsi, dello spogliarsi di una pelle e di entrare in un’altra. Trovo molti parallel-ismi con le religione orientali.

Federico• : Dante ti emoziona, ti entra dentro perché parla di noi, a noi, per noi.

Franca• : È difficile preparare più personaggi da presen-tare in modo diverso: Dante, Virgilio, Minosse, Francesca. Come si potrebbe fare? Caratterizzarli prima?

Federico• : Facendo il meno possibile. Approcciandosi con la calma e imparando a modulare la voce. Chiaro che poi c’è il talento, l’esperienza, lo studio, l’ascolto verso te stesso.

Camilla• : Ho trovato difficile capire che per far emozionare il pubblico l’attore può provare certe emozioni dovendo però allo stesso tempo avere un forte controllo.

Federico• : A parer mio l’attore quando va in scena è glaciale. Non deve provare niente. Se non prima. Di-venti come musica scritta. Per es. l’ Adagio dal Con-certo per pianoforte e orchestra n. 23 di Mozart, che è una cosa sublime per il pubblico, ma che per te musicista è musica scritta che devi porgere. A volte, in scena, mi sono venute su anche grandi emozioni, ma rischio con me, gioco con me stesso fino ad ar-rivare al punto massimo senza dover andare oltre (tipo attore che piange in scena). Non deve acca-dere.

Chiara• : Ma quando il testo ti prende troppo come si fa? Come si fa a fermarlo?

Federico• : …si capisce. Fermarlo significa avere tanta disciplina, fare tante prove, applicarsi. Diger-ire, metabolizzare le emozioni per poi porgerle in modo pulito e chiaro al pubblico. L’attore diviene un gestore delle proprie emozioni. Quando sono in scena sono completamente padrone della scena poiché ho lasciato fuori le paure. Chiaro che sono pur sempre Federico in scena, con il suo passato, il suo presente, ma in scena bisogna lasciar fuori il tutto ed abbandonarsi al gioco insensato, scellerato e sconsiderato dell’arte teatrale.

Federico Simonetti• : Perché ho scelto di fare ques-to seminario? Perché mi attirava molto la dizione poetica. In realtà Dante l’ho apprezzato in questi giorni, non certo a scuola. Mi colpisce come delle semplici parole con un certo ordine abbiano un ef-fetto simile ad un quadro o a una musica. La cosa che più mi rimaneva difficile era capire come un at-tore potesse leggere una poesia. Il seminario mi è stato molto utile.

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DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: i Seminari

Di cer-to è ben nota la differenza fra Arlec-chino e Amle to . I dilem-mi della maschera non sono

certo i di-lemmi del personaggio moderno. Di fatto, come sappiamo, una delle gran-di differenze fra i due tipi di teatro sta proprio nello spostamento dell’inte-resse drammaturgico dai problemi di trama ai problemi interiori dei perso-naggi. Nel teatro di maschera ciascun personaggio ha una certa volontà che al più trova ostacoli nel mondo ester-no; nel teatro moderno invece è la volontà stessa dei personaggi che ha difficoltà a formularsi, diviene com-plessa, cade in contraddizione con se stessa ed è essa stessa a porre i propri ostacoli. La storia penetra dall’ester-no all’interno. Di chi allora questi di-lemmi? Ebbene: i dilemmi sono tutti dell’attore. Lo scopo del seminario non è infatti quello improponibile di insegnare ad interpretare Arlecchi-no, ma piuttosto quello di fornire un mezzo per capire alcuni meccanismi utili per l’arte della recitazione in ge-nerale, affrontando il dilemma del raccontare l’interiorità delle maschere. Espansione gestuale. Tutto comin-cia con la maschera: il viso è coper-to per metà, dell’attore si vede sol-tanto la bocca, non si può contare sull’espressività facciale, è il corpo a dover parlare. La maschera comporta l’attivazione di meccanismi corporei

ARLECCHINO E I SUOI DILEMMI di Serena Guardone

“Arlecchino e si suoi dilemmi”: questo il titolo del seminario che Federico Barsanti ha tenuto presso il Delatre dal 7 al 9 maggio ad un gruppo di allievi della scuola provenienti dai corsi propedeutico e avanzato. Più che un resoconto dell’esperienza, qui di seguito propongo una sintesi dei principali temi affrontati durante il seminario, durante il quale Federico ha cercato di passare molta della sua esperienza nel mondo della Commedia dell’Arte.

primitivi: aver paura è prima di tutto un sussulto del corpo e non una tra-sformazione dell’espressione del viso. Niente con la maschera può essere accennato, tutto è espanso e restitu-ito alla sua forma più forte: questo significa grande capacità di gestire il proprio corpo, sapendo compiere ogni gesto con completezza, poten-do scandirne inizio svolgimento fine, tanto che ogni movimento racconta qualcosa, un sentimento, un’ emo-zione. Solo così può diventare visibile la storia interiore del personaggio che si svela muovendosi.Vocalità. Punto primo: dare una voce ai personaggi. Infatti, sebbene lo sco-po del seminario non sia arrivare ad interpretare Arlecchino e Smeraldina (compito che richiederebbe anni di studio), è necessario passare da un approccio a questi personaggi per pe-netrare il senso del seminario: usare la commedia dell’arte come scuola di teatro in generale, avvicinandosi al mondo della maschera che, per le sue leggi interne così primitive, può valere anche da propedeutica teatrale. Punto secondo: seguire i gesti con la voce. Facilmente si pensa di saper dare una certa intonazione semplicemente per mezzo delle corde vocali, ma pre-sto si impara che un certo stato inte-riore non può essere restituito senza che tutto il corpo partecipi. Il lavoro sulla voce quindi prosegue quello sul corpo, ma ha anche delle dinamiche sue proprie: Federico (in questo al-lievo di Bonavera) distingue fra pen-siero leggero e pensiero pesante, voce che sale su in alto e voce che scende giù in basso, emozioni lievi allegre felici, emozioni gravi tristi dispera-te. L’alternanza di questi due registri

vocali verticali, assieme ad altrettante sfumature orizzontali, riescono a di-segnare l’alternarsi delle vicende in-terne della maschera, assieme all’altro fattore fondamentale: il ritmo. Acce-lerare, rallentare, seguendo le esigen-ze dell’intimità raccontata. Lo spazio. Come già Federico aveva insegnato nel seminario a Corato, lo spazio va immaginato come denso, pieno di qualcosa che viene spostato dall’attore in scena. Ecco che ogni va-riazione della distanza è un racconto: si può restare in silenzio e giocare solo sulle distanze, e il pubblico percepirà una storia. Combinata con lo spazio l’intensità della voce: c’è differenza fra alzare il volume della voce stando vi-cini o stando lontani.I dialoghi. La maschera consen-te di creare un doppio dialogo, fra personaggi tra loro e tra personaggi e pubblico. Il volto della maschera è guidato dal suo naso, col naso l’attore si rivolge all’altro attore in scena o al pubblico, parlando all’uno o all’altro o guardando l’uno o l’altro, potendo tessere una serie infinita di combina-zioni: mostrarsi impavido all’avversa-rio e rivelare la paura al pubblico e così via. L’emozione. Da tutto quanto detto, il risultato sembra un piano cartesia-no in cui vigono leggi fisiche, una matematica, una scienza. Eppure, in un gioco tanto esatto, si rivela la sem-plicità della vita primitiva, del tessu-to vitale che ci costituisce, l’intimità dentro l’intimità delle nostre vicen-de. Questo apparato tecnico è come un veicolo per recitare, le regole del gioco, un filtro per rendere tutto più esprimibile e leggibile; ma nulla pren-de vita senza la vita, senza l’abbando-

silenzio dell’allievo: nulla di mistico, intendo quel lavoro propedeutico che Federico sempre propone, che è la messa da parte della propria per-sonalità, del proprio apparato di tic, atteggiamenti fisici e psicologici, che interferiscono nell’apprendimento e nella interpretazione.

no, senza l’ascolto dell’emotività ogni volta messa in campo. Cosa prova adesso questo personaggio? Perché dice questo? E qui ciascuno trova le sue difficoltà: non ha senso propor-re una facciata di noi stessi, bisogna scendere, stare nelle nostre emozioni, scoprirle per poi saperle porgere. In fase di studio, si deve sostare, ‘agire aspettando’ nell’intimità nostra e al-trui, vissuta e veduta, compresa e non compresa. La pausa. Sebbene questo non sia un capitolo del seminario, tutto il lavoro di Federico non può essere compreso

senza mai ricorrere all’uso della parola. Come il corso di formazione cominciò con la ricerca del neutro, così questo seminario ha inizio dal silenzio: non è solo un fatto di disciplina, rispettata con più o meno convinzio-ne, è l’inizio che marca la distanza fra vita quotidiana e vita teatrale, la soglia attraverso la quale ci si libera, si comincia a togliere. Nel silenzio l’attore riesce a trovare maggiore presenza, talento centrale della recitazione: es-sere in ascolto, con tutti i sensi, anche stabilendo nuovi primati (oltre a quello ordinario della vista), aprendo la possibilità di sinestesie, percependo lo spazio e gli al-tri in maniera rinnovata, più piena. Al termine di que-sti viaggi ciascuno scrive su un foglio parole sparse su quanto ha visto, udito e provato. Ma non solo: se, infat-ti, il silenzio era il primo cardine del seminario, l’altro elemento centrale era il vissuto personale degli allievi. Quindi, sempre sullo stesso foglio, Federico fa scrivere altre parole, quelle importanti della nostra vita: gli atti mancati, i rimorsi, le offese per noi impronunciabili. Poi, ciascuno a casa sua confida ad una lettera le cose più belle e quelle più odiate della propria infanzia. L’in-domani ogni lettera diventa un testo che viene affidato, in completo anonimato, da ciascuno alla recitazione di qualcun altro, che successivamente lo integra aggiun-gendo frasi create dalla combinazione di alcune delle parole annotate il giorno prima. Risultato: degli insoliti monologhi che mescolano i vissuti dell’uno con frasi estranee, spesso di rottura. Per oggetti di scena sono fat-te portare le cose care dell’infanzia (messe a disposizio-ne dagli attori stessi), ciascuno usando quelle dell’altro. Ad interpretare questo composito materiale narrativo non dei personaggi qualsiasi: l’intento è costruire dei personaggi che ricostituiscano il nucleo familiare: un anziano, un anziana, un padre, una madre, un figlio, una figlia. Nel crearli, gli allievi si devono richiamare,

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DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: i Seminari

foto di C. Sodini - Mercantia 2007

senza il silenzio. Ad esempio: AR-LECCHINO: Son uno che more spa-sima e diventa matto per voi. \ SME-RALDINA: Ma io non vi conosco. \ ARLECCHINO: Sono un amante timido e vergognoso. Il punto non sta nell’arrivare a dire questa sequenza di battute, ma nel capire la vita che sta sotto, che sta fra-le-parole, il rac-conto che non può coincidere con nessuna spiegazione, una trama che vive di ciò che accade nelle pause. Di fronte al testo, il dilemma dell’atto-re è il silenzio del personaggio. E, di fronte ad un maestro, necessario è il

VIAGGIO AL TERMINE DEL SILENZIO1

di Serena Guardone

La Grande Improvvisazione: questo l’ultimo seminario tenuto da Federico Barsanti dal 20

al 22 Giungo, attraverso il quale gli allievi partecipanti hanno trasformato

in rappresentazione teatrale il proprio passato.

Qui di seguito il tentativo di un resoconto di quanto è stato.

“Per fare teatro non si parte dal teatro, ma dalla persona”Federico Barsanti

Sicuramente nella pedagogia di Federico ci sono due elementi centrali che in questo seminario trovavano unione: la persona e il silenzio. Il primo esercizio: un giro per Seravezza, semplicemente tacendo, per osser-vare il paesaggio e ascoltarne i rumori. A seguire, gli allievi vengono divisi in due gruppi: gli uni, bendati, sono guidati dagli altri nel giardino intorno alla scuola,

1 Traendo ispirazione dal titolo del celebre romanzo di Luis Ferdinand Celìne, Viaggio al termine della notte.

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Il PTVIl Piccolo Teatro della Versilia (PTV) è una Associazione Culturale senza scopo di lucro che svolge la propria attività in Se-ravezza (Lu) presso il Teatro Delatre e in Viareggio (Lu) presso il Teatro Jenco. La scuola, che gode dei patrocini dei comuni di Seravezza, Viareggio, Camaiore, Forte dei Marmi, Pietrasanta, della Provincia di Lucca e del Comune di Corato (BA), è gemellata con la “Scuola Civica delle Arti della Comunicazione”, Corato (BA), diretta da Francesco Martinelli.

Attività della ScuolaCORSO DI “EDUCAZIONE AL TEATRO” Aperto a TUTTI e NON richiede limiti di età né provino attitudinale. CORSO DI “FORMAZIONE ATTORIALE” È un Corso di livello professionale. Si accede attraverso provino. CORSO DI RECITAZIONE PER PERSONE DISABILI In collaborazione con la COOPERATIVA ARCOBALENO di Stazzema e Pietrasanta (Lu) dal 1997. CORSO DI RECITAZIONE PER BAMBINI (età 6-17) Suddiviso in gruppi distinti per età: 6-9, 10-13 e 14-17. I corsi ven-gono tenuti presso il Teatro Delatre e presso le succursali di Camaiore (Scuola di Musica “Il Preludio”) e Forte dei Marmi (Lu).CORSI TEATRALI PRESSO LE SCUOLE PUBBLICHE (di ogni grado). Corsi per gli studenti e per i docenti.

Produzioni 2008“ESISTO ANCORA...” - Spettacolo vincitore del Premio Gemini d’oro Miglior Spettacolo e Miglior Regia a ROMATEA-TROFESTIVAL 2007, composto e diretto da Federico Barsanti, è un omaggio alle vittime di tutte le guerre e le persecuzioni.“FRYDYRYC YAGER IN CONCERTO” - Spettacolo interpretato da un antiattore. Di e con Federico Barsanti“SER DURANTE” - Lectura Danctis con Federico Barsanti e Prof. Pietro Conti, regia Federico Barsanti, presentato a vari festival, tra cui A veglia 2007, Mercantia 2008, Seravezzateatrofestival 2008. “LE DISAVVENTURE DI PINOCCHIO” - con Valentina Gianni, Roberto Panichi, Camilla Santini, Claudia Sodini. Diretto da Federico Barsanti. ADATTO ANCHE AD UN PUBBLICO ADULTO.“LA VITA È UNA PACCHIA” - Spettacolo di Teatro Visuale e Teatro-danza (presentato a Mercantia 2007). Composto e diretto da Federico Barsanti. “ANTINOMIA DEL MAGGIORDOMO” in collab. con CUT di Viterbo, Teatro delle Molliche (Ba), Regia di Rolando Macrini.

PER INFORMAZIONI SUI CORSI O PER RICHIEDERE UNO SPETTACOLO: Tel. 3394336687 [email protected] - www.piccoloteatroversilia.it

però, alle persone reali della propria vita, vestirne gli abiti e saperne raccontare la storia in prima persona. L’ultima tappa del seminario è la creazione di scene d’improvvisazione corali, brevi saghe familiari, i cui testi nascono pe-scando frasi dai monologhi stessi. Questa, in sintesi la struttura quasi scientifica del seminario. Ma cosa è stato? Fin dalle prime lezioni del propedeutico, Federico insegna che la nostra personalità rema contro il teatro, impedisce il dispiegarsi del processo creativo. Ma se la personalità, il nostro abito di atteggiamenti psicologici, posturali e motori, è qualcosa da mettere da parte in teatro, non lo è la persona: l’intimità è l’unica vera sorgente dell’attore in scena, deprivandola però di quello che la rende il bastione di un io orgoglioso e ingombrante e rendendola un flusso sempre disponibile di cose vedute, sentite, provate, conosciute. Il vissuto personale è tutto quanto l’attore può portare in scena: è la vita di cui nutrire una tecnica altrimenti sterile. Eppure non per parlare di se stessi, ma di tutti: non mettiamo in scena la nostra personalità quotidiana, ma il nostro materiale personale mediato dalla rap-presentazione teatrale. Le due cose sono diverse. Come diverso è il raccontare dallo spiegare: durante il seminario è stato frequente assistere ad esercitazioni di allievi che più che raccontare il personaggio di cui avevano deciso di vestire i panni, ne spiegavano la storia affastellando molti concetti. A questo livello, invece, avrebbe dovuto vivere il silenzio: un personaggio si racconta anche stando zitto, per quello che fa con lo sguardo, con i gesti, oppure per come la voce si rompe su una certa frase, per il ritmo con cui pronuncia la successiva: può arrivare a dire un testo che con lui non c’entra nulla (come ad esempio accadeva nel seminario) e riuscire a dargli la sua vita, la sua ritmi-ca, il suo respiro, rendendo sue parole non sue. Questo l’attore lo può fare se si concede, concedendolo anche al pubblico, di sostare nelle emozioni, nella propria intimità. Ma niente è incondizionato: un altro elemento centrale di questo seminario era infatti la mediazione. Nulla può accadere in scena senza la mediazione della logica della tecnica, l’apparato di strumenti attraverso cui un attore può rendere condivisibile un messaggio. Durante questi giorni, però, la mediazione è stata anche utilizzata ad un secondo livello, per uno scopo tipico del teatro terapia da cui questo seminario traeva ispirazione: nessun allievo ha mai pronunciato le proprie parole, che in bocca agli altri, intercalate a frasi estranee, si liberavano della carica emotiva iniziale, divenendo patrimonio libero di tutti: l’eterno gioco del teatro, che non cessa di essere, se e quando ce lo concediamo, un fatto liberatorio.

DELATRE N° 2 IL NOSTRO LAVORO: i Seminari

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Numero 2 - DELATREAutorizzazione del Tribunale di Lucca N.875

Registro Periodici del 25/01/08

Proprietario: Claudia Sodini Direttore Responsabile: Aronne Angelici Grafica e impaginazione: Claudia Sodini

Collaborazione: Serena GuardoneDisegni: Elena Buono

Fotografie: Gianni Di Gaddo - [email protected] Informazioni Tel 3281447868 - [email protected] www.piccoloteatroversilia.it

Cosa è stato...

...e cosa sarà... Vedi retrocopertina

DELATRE N° 2 COSA È STATO E COSA SARÁ

•Aprile-Maggio“Le Disavventure di Pinocchio”, regia di Federico Barsanti, con Valentina Gianni, Roberto Panichi, Camilla Santini, Claudia Sodini. Teatro Delatre, Seravezza (Lu).•Sab12Aprile“Lo Spazio della Quiete”, di e con Sandro Verdecchia. Teatro Delatre, Seravezza (Lu).•Ven18,Sab19eDom20aprile“Dizione poetica: la pietà e l’amore” dal V° Canto dell’Inferno. Stage con Federico Barsanti.•Mer7,Gio8eVen9maggio“Arlecchino e i suoi dilemmi: la mimica e la voce della maschera”. Stage con Federico Barsanti.•Mer7maggio“Petrolineide” - regia di Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini, con gli allievi del Corso bambini del PTV (spettacolo vincitore alla Rassegna Regionale di Teatro per le Scuole), RASSEGNA NAZIONALE DI TEATRO DELLA SCUOLA Serra S. Quirico (AN).•Sab10Maggio“Affabulazione allucinata intorno ad un pezzo di legno”, di e con Alessandro Gigli. Teatro Delatre, Seravezza (Lu).•Sab24maggio“Perqué no?” - regia di Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini, con gli allievi del Corso ragazzi del PTV, RASSEGNA NAZIO-NALE “PINOCCHIO IN VIAGGIO”, Migliarino (FE).•Sab24maggio“Sogno di un apprendista rivoluzionario” di e con Matteo Destro, Alay Arzelus Makazaga e Boris Ruge, Teatro Delatre, Seravezza (Lu).•Ven30,Sab31maggioeDom1giugno“Le relazioni tra i personaggi: la pausa e lo sguardo dell’anima” , testi di Luigi Pirandello e Carlo Goldoni. Stage con Federico Barsanti.•Mar3emercoledì4Giugno“FRYDYRYC YAGER IN CONCERT”, di e con Federico Barsanti, Teatro Delatre.•Lun2Giugno“E LASCIATECI DIVERTIRE... l’arte teatrale per l’infanzia, l’adolescenza e la persona disabile. 2a edizione”, con i ragazzi, i bambini e i disabili del Piccolo Teatro della Versilia, Presso Scuola Media Ugo Guidi, Forte dei Marmi (Lu).•Sab 8 giugno Ore 21 “Passaggi” regia Federico Barsanti, con gli attori del Piccolo Teatro della Versilia, Estate al Forte, Forte dei Marmi (Lu).•Ven13,Sab14eDom15giugno.“L’ antinomia del maggiordomo” regia Rolando Macrini, con Federico Barsanti e Francesco Martinelli, Rassegna teatrale “la primavera del teatro nascente” - Corato (BA).•Venerdì 13 giugno 2008, “Petrolineide” / “Perqué no?” regia Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini, con i bambini e i ragazzi del Corso ragazzi del Piccolo Teatro della Versilia, Estate al Forte, Forte dei Marmi (Lu).•Venerdì20,Sabato21eDomenica22giugno,“La grande improvvisazione”. Stage con Federico Barsanti.

In un attimo

Un raggio luminoso illumina il mio prato

Uno stormo di rondini svolazzando lo trapassa

Andrea Del Giudice, 17 anni, allievo del Corso Ragazzi del PTV da 9 anni

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DELLA POESIA

Il PTV

DELATRE www.piccoloteatroversilia.it

N° 2 LUGLIO - SETTEMBRE 2008

“Ser Durante”con Federico Barsanti e Prof. Pietro Conti, regia Federico BarsantiMERCANTIA, 21° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO DI STRADA, Certaldo (Fi) Festival organizzato da Terzostudio da Mercoledì 16 a Domenica 20 luglio.

SERAVEZZATEATROFESTIVAL 3a Edizione. 26-27 Luglio A cura del Piccolo Teatro della Versilia in collaborazione con Proloco e Comune di Seravezza.

Sabato 26 Luglio ore 21,15: * TEATRO ITINERANTE nella piazza Carducci con il PTV, a seguire al TEATRO DE-LATRE: Compagnia Palaquio (Fi) in “Commedia Necessaria”, con Lorenzo Berti, Filippo Frittelli e Enrico Noviziati, scritto e diretto da Filippo Frittelli.

Domenica 27 Luglio ore 21,15: * TEATRO ITINERANTE nella piazza Carducci con il PTV e con Tetraedro - CUT La Torre (Trampolieri - giocolieri - artisti di strada, Viterbo - Direzione Artistica Francesco Cerra, p.r. Margherita Vestri), a seguire al TEATRO DELATRE “Inferno di Dante” con Federico Barsanti, Pietro Conti, musiche dal vivo di Sandro Verdecchia. A chiusura buffet per tutti.

“Le Disavventure di Pinocchio” con Valentina Gianni, Roberto Panichi, Camilla Santini, Claudia Sodini, regia Federico Barsanti.

* Spazio Ragazzi Pineta Estate, Pineta di Ponente, Viareggio (Lu) - Sabato 26 Luglio Ore 17.

* Estate al Forte, Forte dei Marmi (Lu) - Lunedì 28 luglio Ore 21.

* Festival La Versiliana, Marina di Pietrasanta (Lu) - Lunedì 4 agosto.

* Teatro San Micheletto, Lucca - Venerdì 8 agosto Ore 21.

* Apriti Borgo! A B C Festival, IVa edizione - Festival di teatro di stra-da, Campiglia Marittima (LI)

Festival organizzato da Terzostudio Da lunedì 11 a Venerdì 15 agosto ore 21.

Piccolo TeaTro della Versilia

l e P r o s s i M e d a T e :