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ARACNE Sanguine tumulus madet Devozione al sangue dei martiri delle catacombe nella prima età moderna Massimiliano Ghilardi

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Page 1: Devozione al sangue dei martiri delle catacombe nella prima ...grande copia di sangue fresco poté notarsi nel sepolcro incorrotto, quasi il decesso fosse avvenuto lo stesso giorno

ARACNE

Sanguine tumulus madet

Devozione al sangue dei martiridelle catacombe nella prima età moderna

Massimiliano Ghilardi

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1602–2

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio 2008

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Indice del volume Premessa………………………………………………….. 7 Capitolo primo – Ossa omnia integra, sanguinis plurimum 1 – Le più antiche inventiones ematiche. Gli antefatti di età patristica……………………………………………

23

2 – Vade Romam ubi platee strate sunt auro et sanguine sanctorum rubricate.…………………………

27

3 – Nepi 1540. Scoperta del corpo di san Tolomeo martire.…………………………………………………

28

4 – 20 ottobre 1599. Torna alla luce la tomba di santa Cecilia.…….……………………………………………

30

5 – Sanguine terra madet.……………………………… 34 6 – Un fiume di sangue sotterraneo.…………………… 36 7 – La riscoperta delle catacombe romane: cisterne di sangue.…………………………………………………

37

8 – Il sangue bianco.…………………………………… 40 9 – Vascula plena sanguine vel cineribus et capillis Martyrum.………………………………………………

44

10 – Mabillon e i vitra sanguinis maculis adhuc rubentia.………………………………………………..

46

11 – La scienza in soccorso della fede: Leibniz e Fabretti.…………………………………………………

48

12 – Elementi per una tipologia dei reliquiari di sangue 51

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Capitolo secondo – Il sangue dei martiri tra devozione e ammirazione artistica 1 – Reliquie da venerare o reperti da collezionare?……. 55 2 – Si rigidius olim actum fuisset ……………………… 64 3 – La necropoli vaticana: «terreno mescolato e tinto con ceneri et sangue di martiri»………………………...

66

4 – Appunti per una iconografia del martirio ….……… 69 5 – Santo Stefano Rotondo ……………………………. 70 6 – Antonio Gallonio e il Trattato de li strumenti di martirio ………………………………………………...

73

7 – Santi Nereo ed Achilleo …………………………… 75 8 – Santa Pudenziana ……………………………….…. 76 9 – Madonna della Clemenza e sant’Aniceto in Palazzo Altemps …………………………….…………………..

80

10 – Semen est sanguis christianorum ………………… 82 Bibliografia………………………………………………... 85 Indice dei personaggi e degli autori moderni……………. 103

Indice

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Ossa omnia integra, sanguinis plurimum 1 – Le più antiche inventiones ematiche. Gli antefatti di età patristica

Il 20 giugno dell’anno 386 d.C., in una celeberrima epistola inviata alla sorella Marcellina, il vescovo di Milano Ambrogio si soffermò a descrivere, in modo decisamente dettagliato, il rinvenimento casuale – avvenuto tre giorni prima – dei corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio1. I resti ossei dei due antichi testimoni della fede, stando al racconto ambrosiano, dovettero presentarsi ben conservati agli scopritori e, particolare senza dubbio di grande interesse, molto sangue ancora fresco si riconobbe nella tomba:

Inveni signa convenientia; adhibitis etiam quibus per nos manus imponenda foret sic sancti martyres imminere coeperunt ut adhuc nobis silentibus arriperetur ulna et sterneretur prona ad locum sancti sepulchri. Invenimus mirae magnitudinis viros duos ut prisca aetas ferebat. Ossa omnia integra, sanguinis plurimum. Ingens concursus populi per totum illud biduum2,

1 Ambr., Ep. LXXVII (22) = CSEL LXXXII, 3, 126-140. Sui due santi, in

sintesi, si rimanda a A. Rimoldi, s.v. Gervasio e Protasio, Bibliotheca Sanctorum VI, Roma 1965, 298-302.

2 Ep. LXXVII 2 = CSEL LXXXII, 3, 127-128.

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prima di essere raccolto e deposto in reliquiari poi donati a chi ne avesse fatto richiesta per consacrare nuove chiese3. Con grande pathos, e rievocando un toccante passo virgiliano4, Ambrogio – oltre a descrivere alla sorella i molti prodigi verificatisi al momento della scoperta delle sacre reliquie – notò ancora come il sepolcro, inviolato, fosse completamente intriso di sangue:

Eruuntur nobiles reliquiae e sepulchro ignobili, ostenduntur caelo tropaea. Sanguine tumulus madet, apparent cruoris triumphalis notae, inviolatae reliquiae loco suo et ordine repertae, avulsum humeris caput5.

Circa dieci anni più tardi, in un ristretto arco di tempo

compreso tra la morte dell’imperatore Teodosio6 e la morte dello stesso vescovo nativo di Treviri7, un nuovo sensazionale recupero di reliquie insanguinate – quelle di san Nazario in questo caso – dovette verificarsi nuovamente a Milano e

3 È ad esempio il caso del vescovo di Brescia Gaudenzio che, al principio

del V secolo, annotò che: habemus post istos Gervasium, Protasium atque Nazarium, beatissimos martyres, qui se ante paucos annos apud urbem Mediolanensem sancto sacerdoti Ambrosio revelare dignati sunt, quorum sanguinem tenemus gypso collectum, nihil amplius requirentes; tenemus enim sanguinem, qui testis est passionis (cfr. Tractatus XVII, Die dedicationis Basilicae Concilii Sanctorum 12 = CSEL LXVIII, 144).

4 Il rimando è al libro XII dell’Eneide: sanguine terra madet (cfr. Verg., Aen. XII 691). Sull’uso frequente di citazioni classiche nelle lettere di Ambrogio, si veda quanto raccolto da S. Charles, The classical latin Quotations in the Letters of St. Ambrose, «Greece & Rome» 15, 2, 1968, 186-197.

5 Ep. LXXVII 12 = CSEL LXXXII, 134. 6 17 gennaio 395 d.C. 7 4 aprile 397 d.C.

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nuovamente instinctu Ambrosii. Il merito della testimonianza spetta questa volta a Paolino, biografo di Ambrogio, che narrando le gesta del santo vescovo milanese segnalò il recupero da quest’ultimo effettuato del corpo del martire Nazario8, del quale però si ignorava completamente la data e le circostanze del cruento martirio (qui quando sit passus usque in hodiernum scire non possumus). Anche in questo caso, come accennato, grande copia di sangue fresco poté notarsi nel sepolcro incorrotto, quasi il decesso fosse avvenuto lo stesso giorno (vidimus enim in sepulcro, in quo iacebat corpus martyris…, sanguinem martyris ita recentem, quasi eadem die fuisset effusus), e un soavissimo profumo, stando alla testimonianza di Paolino che sembra farci intendere di essere stato testimone oculare del miracoloso prodigio, pervase ogni cosa (etiam odore tanto repleti sumus, ut omnium aromatum vinceret suavitatem):

Vidimus enim in sepulcro, in quo iacebat corpus martyris – qui quando sit passus usque in hodiernum scire non possumus –, sanguinem martyris ita recentem, quasi eadem die fuisset effusus, caput etiam ipsius, quod ab inpiis fuerat abscissum, ita integrum atque incorruptum cum capillis capitis atque barba, ut nobis videretur eodem tempore quo levabantur lotum atque compositum in sepulcro. Et quid mirum, quandoquidem Dominus hoc in evangelio ante promisit, quod capillus de capite eorum non peribit? Etiam odore tanto repleti sumus, ut omnium aromatum vinceret suavitatem9.

8 Sul santo, trovato assieme al corpo di San Celso, si veda quanto raccolto

da A. Amore, s.v. Nazario e Celso, Bibliotheca Sanctorum IX, Roma 1967, 780-784.

9 Paul., Vita Ambr. 32 = PL XIV, 38.

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Se i racconti di Ambrogio e Paolino rapidamente evocati sembrano trovare numerosi confronti nella coeva letteratura d’età patristica – l’immagine di nobili matrone che con spugne e vasi aspergono dal sangue versato dai martiri le arene dei circhi è oltremodo frequente nella produzione letteraria della prima età cristiana10 –, nella letteratura e nella trattatistica della prima età moderna allo stesso modo frequenti sembrano essere le testimonianze di ritrovamenti di «reliquie di sangue». In qualche modo, cioè, le tombe dei martiri delle prime persecuzioni, in risposta alle veementi pressioni dei riformatori protestanti che tentavano di far vacillare il mandato apostolico della coeva Chiesa di Roma, tornarono miracolosamente a stillare sangue copioso. Cercare di recensire in modo dettagliato tale genere di documentazione è oggi, per la diffusione che assunse il racconto topico sin dal tardo medioevo, certamente impossibile. Piuttosto, ed è lo scopo che si prefigge tale breve indagine, vale la pena di tracciare a grandi linee una sintetica storia delle reliquie di sangue, per coglierne analogie nei racconti e apologeticità nei fini11.

10 Un’abbondante selezione di brani letterari sul martirio nei primi secoli

si veda in C. Noce, Il martirio. Testimonianza e spiritualità nei primi secoli, Roma 1987.

11 Molto più ricca, ma fuori del circoscritto campo della presente ricerca limitata ai martiri delle catacombe, dovette essere la venerazione del sangue di Cristo, tema sul quale la bibliografia è senza dubbio sterminata. Una buona sintesi recente sul tema, corredata da numerose interessanti illustrazioni, si veda in F. Strazzullo, Il sangue di Cristo. Iconografia e culto, Napoli 1999.

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2 – Vade Romam ubi platee strate sunt auro et sanguine sanctorum rubricate

A partire dai secoli finali del Medioevo, quando cominciò a

radicarsi profondamente la certezza che nelle antiche catacombe del suburbio romano fossero conservate esclusivamente le spoglie gloriose dei primi testimoni della Fede caduti nel corso delle persecuzioni anticristiane, l’immagine che il suolo della città di Roma fosse rubricato sanguine sanctorum prese a diffondersi tra gli abitanti della città e soprattutto tra i numerosi pellegrini che vi giungevano12. Esemplare in tal senso, è la vicenda della santa svedese Brigida. Nel 1349, trascorsi alcuni anni dalla morte del consorte Ulf Gudmarsson, assorta in devota preghiera nel cenobio cistercense di Alvastra il Signore ordinò a Brigida, come è noto da diverse fonti coeve, di recarsi personalmente a Roma in pellegrinaggio e di rimanervi sino a che non vi avesse constatato il ritorno del papa e dell’imperatore, ai quali si sarebbe poi dovuta presentare come messaggera privilegiata. Vade Romam – le ordinò una imperiosa voce divina – ubi platee strate sunt auro et sanguine sanctorum rubricate13. Il topos martiriale è già rivelazione divina alla metà del XIV secolo.

12 Si pensi, ad esempio, al canto dei pellegrini: O Roma nobilis orbis et

domina cunctarum urbium excellentissima, roseo martyrum sanguine rubea, albis et liliis virginum candida.

13 Per l’analisi dettagliata delle fonti letterarie sul soggiorno romano di Brigida e, più in generale, sul rapporto della santa scandinava – e di sua figlia Caterina – con il mondo dei martiri di Roma, mi permetto di rimandare al mio studio Brigida e Caterina di Svezia nei santuari martiriali del suburbio di Roma, in MEFRM 114, 1, 2002, 525-556.

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Non meno cruente, per quegli stessi anni, sono le immagini evocate dal poeta Francesco Petrarca, insospettabile frequentatore assiduo delle catacombe romane. In più di una occasione, infatti, nei suoi scritti l’aretino si soffermò a ricordare il copioso sangue dei martiri che, ancora ai suoi giorni, sembrava trasudare dalle pareti delle catacombe:

Osseus est paries illic, ubi terra cruentis / imbribus et sacra distillant tabe caverne14.

3 – Nepi 1540. Scoperta del corpo di san Tolomeo martire Se le citazioni tardo-medievali appena ricordate sembrano

appartenere sostanzialmente all’ambito puramente evocativo – si allude cioè al sangue dei martiri senza testimoniarne la sostanza materica – poco più tardi si cominciò a narrare l’esistenza tangibile di ritrovamenti ematici. Volendo credere al racconto dell’ecclesiastico romano Marcantonio Boldetti15, che scrive

14 Il passo evocato è contenuto in una celebre lettera inviata al pontefice Clemente VI; cfr. Ep. II 5, vv. 98-99. Per i numerosi rimandi del Petrarca alle catacombe romane, sia perdonato il rimando al mio saggio: Circuire sanctorum tumulos. Francesco Petrarca e le catacombe romane, MedAnt 7, 1, 2004, 407-418.

15 Su di lui, deputato dal cardinale Vicario Gaspare Carpegna ad assistere alle prediche forzate agli Ebrei nell’Oratorio della Trinità dei Pellegrini per via dell’ottima conoscenza della lingua ebraica e più tardi nominato Scrittore della Biblioteca Vaticana da Innocenzo XII prima di essere incaricato da Clemente XI «Custode delle Reliquie e dei Cimiteri», si veda quanto raccolto da A. Ferrua, s.v. Boldetti, Marcantonio, «Enciclopedia Cattolica» 2, 1949, 1771. Cfr. anche, per maggiore completezza, il più dettagliato ritratto di N. Parise, s.v. Boldetti, Marcantonio, «Dizionario Biografico degli Italiani» (d’ora in avanti indicato come DBI) 11, 1969, 247-249.

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però solo nel primo ventennio del XVIII secolo in un chiaro clima di difesa apologetica del primato della Chiesa di Roma16, nel 1540 – durante il pontificato di Paolo III, come testimoniato anche da documenti recensiti negli Acta Sanctorum17 – a Nepi, nel corso dei lavori di demolizione di un’antica chiesa, si sarebbero rinvenute la tomba del martire Tolomeo e quelle dei suoi numerosi sventurati compagni di martirio:

Una tal verità fu manifestata anche l’anno 1540. nel Pontificato di Paolo Terzo allorchè nel distretto dell’Agro Romano, sulle porte di Nepi si scoperse il Cimitero di Sabinilla in occasione, che Pier Luigi Farnese, volendo ridurre in Fortezza quella Città, fe diroccare un antica Chiesa di S. Tolomeo primo Vescovo di essa, e Martire, situata in luogo alquanto elevato, ed allora fu scoperta la Grotta, e le Vie Cimiteriali a i Sepolcri, tanto nelle pareti, come ne’ Sepolcri inarcati al di sopra a modo de gli Altari già altrove descritti, al numero di 560., fra i quali si vide quello, ove riposava il Corpo del suddetto Santo Vescovo con l’Iscrizione in marmo, intorno al quale giaceano i Corpi d’altri dieci Martiri, ed in oltre si videro le tombe d’altri trentotto compagni di lui, co i loro contrassegni di Martirio, ed Iscrizioni anche scolpite in marmo; onde aperto il Sepolcro di S. Tolomeo, fu ritrovato il sagro Corpo, dopo quasi 1500. anni del suo Martirio, per anche intero, ed incorrotto con la ferita sul collo fresca, e col sangue liquido, siccome fu parimente osservato nella maggior parte de gli altri suoi Compagni; la fama dello scuoprimento di questi sagri Tesori trasse da Roma il Pontefice Paolo Terzo, che volle ocularmente vedere, e venerare quelle Sagre spoglie de i generosi Campioni di Cristo; ordinando, che dentro la città di Nepi si ergesse un sontuoso Tempio

16 Sui limiti dell’opera si veda il giudizio di Ph. Pergola, Le catacombe

romane. Storia e topografia, catalogo a cura di P.M. Barbini, Roma 1998², 39.

17 Cfr. Acta Sanctorum, Augusti Tomus IV, Parisiis et Romae 1867, 744-750.

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sotto l’invocazione di S. Tolomeo, come si riconosce da una sua Bolla colla data VI. Idus Januarii 154218.

4 – 20 ottobre 1599. Torna alla luce la tomba di santa Cecilia Alcuni dettagli del racconto della riscoperta di san Tolomeo,

il corpo incorrotto del martire, la ferita aperta sul collo e, soprattutto, la grande quantità di sangue ancora visibile nel sepolcro, immediatamente ci rimandano al recupero, ben più celebre e di pochi anni più tardo, del corpo della vergine romana Cecilia, ricognito alla vigilia della promulgazione del giubileo del 1600, nella basilica transtiberina a lei dedicata, per volontà del cardinale Sfondrato il 20 ottobre dell’anno 159919. Le reliquie della giovane martire, famula Christi secondo l’espressione da lei stessa comunicata in sogno al pontefice

18 Cfr. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri ed antichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti quelli che fino al presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti del mondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagre reliquie, Roma 1720, 100. Sulla presunta scoperta del cimitero nepesino – in realtà sempre visibile durante i secoli del medioevo –, cfr. V. Fiocchi Nicolai, I cimiteri paleocristiani del Lazio, I, Etruria Meridionale, Città del Vaticano 1988, 260; Id., La catacomba di Santa Savinilla a Nepi, Città del Vaticano 1992, 16. Sul valore e l’importanza della scoperta, inquadrata nel quadro religioso e politico del pontificato di Paolo III, si veda quanto da me proposto in Gli arsenali della Fede. Tre saggi su apologia e propaganda delle catacombe romane (da Gregorio XIII a Pio XI), Roma 2006, 19-21. Sul cimitero si veda ora anche quanto raccolto da R. Cometti, Nuove ricerche nel complesso monumentale di S. Tolomeo a Nepi, RAC 80, 2004, 115-133.

19 In ultimo si veda quanto raccolto da H. Economopoulos, “La pietà con l’arte e l’arte con la pietà”: collezionismo e committenze del cardinale Paolo Emilio Sfondrato, in I Cardinali di Santa Romana Chiesa. Collezionisti e

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Pasquale I nell’indicarle l’ubicazione della sua tomba, erano state traslate in Trastevere nell’anno 821 d.C.20 dal cimitero extramuraneo della via Appia intitolato a Callisto per volontà del predetto pontefice che, cum corpore venerabilis sponsi Valeriani, aveva trovato il corpo incorrotto di Cecilia in un sepolcro ancora pieno del sangue versato nel martirio:

Quod tribuente Deo, dum sollicite quereret, repperit in cimiterio Praetextati, situm foris portam Appiam, aureis illud vestitum indumentis, cum corpore venerabilis sponsi Valeriani, pariterque et linteamina martirii illius sanguine plena, quando ab impio percussa carnifice Christi domini martyr est regnantis in saecula consecrata. Quibus et linteaminibus sanguis sanctae martyris abstersus, involuta ad pedes illius corporis sacratissimo cruore plena, de trina carnificis percussione reperta sunt21. Lo stesso sangue, ancora miracolosamente fresco, poterono

apparentemente constatare coloro che furono presenti alla ricognizione del 1599, come testimoniato chiaramente dalle parole del cardinale sorano Cesare Baronio, testimone oculare della scoperta:

mecenati, I-V, Roma 2001-2002, III, M. Gallo (a cura di), “Veri cardines, et clarissima Ecclesiae lumina”, Roma 2001, 23-53.

20 Sulla data precisa del rinvenimento si veda quanto supposto da G.B. de Rossi, La Roma sotterranea cristiana, I-III, Roma, 1864-1877, II, 121. Sulle traslazioni di reliquie operate da Pasquale I si veda quanto proposto da C. Goodson, The Relic Translations of Paschal I: transforming City and Cult, in A. Hopkins – M. Wyke (eds.), Roman Bodies. Antiquity to Eighteenth Century, London 2005, 123-141.

21 Cfr. Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire a cura di L. Duchesne, I-II, Paris 1886-1892 (III a cura di C. Vogel, Paris 1957), II, 56.

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Capitolo I 32

Etenim ut a Paschali Papa inventum & reconditum fuisse legimus (& superius recitavimus) venerandum Caeciliae corpus, ita invenimus, nempe ad pedes ejus quae fuerant, madida sanguine vela; & serica fila auro obducta, quae visebantur, jam vetustate solutae vestis illis auro textae, cujus idem Paschalis meminit, indices erant22,

da una relazione del giovane archeologo di presunti natali maltesi Antonio Bosio23, non presente alla ricognizione24 ma specialista affermato di corpi di martiri in virtù delle ricerche catacombali da alcuni anni con grande successo intraprese

Intra hanc capsam B. Caeciliae Virginis corpus extabat serico, atque fusco coopertum velo, subterque velum vestes aureae virginei sanguinis notis respersae fugaci, tenuique fulgore translucebāt, cum quibus aureis indumentis (quibus etiam ipsa viuens vtebatur) idem sacrum Corpus à B. Paschale repertum fuisse25,

22 Annales Ecclesiastici auctore Caesare Baronio sorano e Congregatione Oratorii S.R.E. Presbytero Cardinali Tit. Ss. Nerei et Achillei et Sedis Apostolicae Bibliothecario una cum critica historico-chronologica P. Antonii Pagii doctoris theologi Ordinis Minorum Convent. S. Francisci, Tomus Decimusquartus, Lucae 1743, 16-17.

23 Su di lui, con bibliografia, si perdoni il rimando al mio saggio Le catacombe di Roma dal Medioevo alla Roma sotterranea di Antonio Bosio, StudRom 49, 1-2, 2001, 27-56.

24 A. Bosio, Historia passionis B. Caeciliae Virginis, Valeriani, Tiburtii, et Maximi martyrum, Romae 1600, 170: Haec sunt, quae in postrema Corporis B. Caecilia Virginis, Sociorumque Martyrum detectione, ac solemni repositione acta sunt, prout cùm oculis nostris nos ipsi conspeximus, tùm ex ipsius Cardinalis Sfondrati, qui his omnibus diligenter astitit, ac praefuit, fideli relatione cognouimus.

25 Ibid., 156-157. Un accenno alla riscoperta del sangue nel sepolcro di Cecilia è contenuto anche nell’altra, e maggiormente celebre – pur se pubblicata postuma –, opera di Antonio Bosio, Roma sotterranea, Roma 1632, 21: «Il corpo di Santa Cecilia fù ritrouato da Pasquale Primo nel Cimiterio della Via Appia, che haueua alli piedi i veli, e panni, ne’ quali era stato raccolto il suo sangue; li quali veli hauendoli riposti esso santo