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DISLESSIA IN ETÀ ADULTA: IL QUESTIONARIO DI VINEGRAD IN UNA RICERCA
ESPLORATIVA CON STUDENTI UNIVERSITARI
Roberta Cursi, Counselor, pedagogista e Presidente dell’Associazione ARIMP (Attività di Ricerca
e Intervento Musico-Psicopedagogico) della sezione di Brindisi, esperta dei DSA.
Stefania Pinnelli, docente di Didattica e Pedagogia speciale presso l’Università del Salento
Abstract
Il presente contributo è il risultato di un’indagine statistica avviata presso l’Università del
Salento in collaborazione con la prof.ssa Stefania Pinnelli, docente di Didattica
Speciale. L’esperienza di screening, che ha visto partecipe un notevole campione di
studenti universitari della città di Lecce, è stata finalizzata, da un lato, a rilevare la
“possibile” presenza del disturbo della dislessia negli adulti e, da l’altro, a misurare la
validità e l’attendibilità dello strumento di screening utilizzato nell’indagine esplorativa,
ideato da M. Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist/ADCL.
L’Indice di Discriminazione, nell’analisi dei singoli item, è servito a misurare validità e
attendibilità degli stessi.
Abstract dyslexic adults
The present contribution is the result of a surveying statistics at the Salento's University,
in collaboration with Pinnelli stefania, a professor of Special Education.
The experience of Screening, from which was collected from large participant of students
of Città di Lecce (Lecce City) University. It was finalized to find the side of "possible"
presence of the disorder of dyslexia in adults, from the other measurement of the validity
and reliabity of the screening tool used in the exploratory surveying, designed by M.
Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist (ADCL).
In order to measure the validity and the reliability, the index of Discrimination is being
used to proceed with the analysis of individual items.
Capitolo 2
La dislessia nell’adulto: un’ esperienza di
screening
Capitolo Primo
Aspetti clinici della dislessia
1.1 Verso una definizione
La dislessia è un disturbo settoriale della lettura che si manifesta in bambini normalmente
scolarizzati, con normale quoziente intellettivo, in assenza di deficit intellettivi, neurologici o
sensoriali e con adeguate condizioni socioculturali, altrimenti definita in termini neuropsicologici
come difficoltà nell’automatizzazione della identificazione di parole scritte, che si sviluppa con
grande difficoltà ed avviene in modo incompleto (DSM- IV).1
L’International Dyslexia Association nel 2003 ha rielaborato e proposto una definizione univoca
della dislessia evolutiva, circoscrivendo il campo relativamente alla specificità del disturbo:
“La Dislessia Evolutiva è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica.
Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarsa abilità
nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella
componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e
alle garanzie di un’adeguata istruzione scolastica.
Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta
pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale”.2
La frase d’apertura identifica la Dislessia come una disabilità specifica
dell’apprendimento e non come una disabilità dell’apprendimento generale, altrimenti
si parlerebbe di Ritardo Mentale. Già nella formula definitoria della Dislessia
Evolutiva del 1995 il concetto di specificità era bene evidenziato, mentre era meno
descritto il ruolo della componente “fonologica” del linguaggio.
Il concetto di ”specificità” vuole segnalare che il disturbo non interessa il sistema
cognitivo nella sua globalità, ma è circoscritto ad una porzione più limitata e
1 www.pinguini.net/convegni/2000/disless.htm.
2 D.IANES ET AL. (a cura di), La Dislessia, Erickson, Trento 2007, p. 11.
identificabile del suo funzionamento. Il difettoso funzionamento del sistema cognitivo va a
pregiudicare severamente la capacità di lettura, lasciando tuttavia indenne l’intelligenza del
soggetto, per questo la difficoltà riguarda una sola funzione e non tutte le capacità.
E’ tuttavia importante riconoscere che molti soggetti dislessici presentano deficit in comorbidità
nelle altre aree cognitive e scolastiche come l’attenzione, la scrittura e l’aritmetica.3
Giacomo Stella - università di Modena e Reggio Emilia, fondatore dell’A.I.D.- in un’intervista
rilasciata a Dario Ianes nella collana “facciamo il punto su…la dislessia”4, afferma che la
comorbidità rappresenta una condizione sufficiente per alcuni aspetti, ma non sempre necessaria: le
attività di lettura, scrittura e far di conto, prevedono processi di transcodifica, ossia di passaggio da
un codice verbale ad un codice scritto, da questo si deduce perché il soggetto che si affatica
nell’apprendimento dei meccanismi di conversione fonema-grafema, talvolta presenterà notevoli
difficoltà nei meccanismi di conversione tra la forma fonologica e la forma scritta di un numero.
Da un punto di vista epidemiologico, più ricercatori concordano nel sostenere che è più frequente
il coesistere di sintomi associati, piuttosto che la presenza di un sintomo isolato.
Tuttavia, queste osservazioni di comorbidità non tolgono nulla alla definizione operativa di
specificità della dislessia, poiché le caratteristiche cognitive dei deficit nell’attenzione e nella
matematica, sono abbastanza diverse dalle caratteristiche cognitive, associate ai deficit nelle abilità
basilari di lettura.
Per la maggior parte delle persone l’acquisizione della lettura avviene una sola volta, per il
dislessico si tratta invece di un apprendimento sempre nuovo perché viene a mancare la fase
dell’automatizzazione. Per esempio: impariamo da piccoli ad andare in bicicletta. I movimenti, che
all’inizio richiedono molta attenzione (mantenere l’equilibrio, pedalare, guardare avanti…), con
l’esercizio diventano automatici e, anche se non dovessimo andare in bici per moltissimo tempo, ci
ritornerebbero comunque naturali.
Ciò non avviene al dislessico nel momento in cui legge: la difficoltà consiste proprio in questo,
anche da adulto per lui sarà come approcciarsi alla lettura per la prima volta.
Quindi possiamo affermare che la dislessia non è una malattia o un handicap ma solo un disturbo o
una problematica che può essere compensata con le giuste misure.
Ma quanti sono i Dislessici? La Società Europea di Dislessia afferma che nella media dei paesi
europei, complessivamente l’8% della popolazione è interessato dal problema.
3G. STELLA, E. SAVELLI. Dislessia. Giornale italiano di ricerca clinica e applicativa.
Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, pp. 265-275.
4 D.IANES ET AL. op. cit., DVD.
Fortunatamente, in presenza di un’ortografia semplice, in Italia il problema si manifesta in misura
meno rilevante: 2,5% - 3,5% della popolazione. Si stima, secondo i criteri più severi, che in Italia
esistano 1.500.000 dislessici. Seppure da un’indagine epidemiologica risulti una percentuale di
dislessici pari al 7% circa, rimane vero che, nel corso della scolarizzazione, la forma lieve del
disturbo scompare, dunque, al termine della scolarità obbligatoria, la percentuale di soggetti
portatori di questo disturbo è pari al 3% della popolazione.
In particolare, una recente ricerca di Agronmedia, condotta per conto dell’Istituto di
Ortofonologia di Roma stima il 10% di bambini dislessici nelle regioni del Sud5.
Spesso sui giornali o sulle riviste specializzate si leggono cifre nettamente diverse da far pensare
che non si stia parlando dello stesso fenomeno. Questa mancanza di consenso è un elemento
pericoloso in quanto rafforza la tendenza a sottovalutare il problema. Rispondere alla domanda
“quanti sono?” non è sempre così facile, poiché la possibilità di contare la frequenza di un
fenomeno dipende dalla chiarezza della sua definizione. E’ necessario essere concordi circa gli
strumenti da utilizzare per identificare la dislessia, il modo in cui vengono proposte le prove e i
criteri statistici, infine è necessario considerare l’epoca in cui il problema viene rilevato. Tuttavia,
anche quando tutti questi elementi sono utilizzati dallo stesso ricercatore per studiare un gruppo in
anni diversi, si ottengono numeri diversi.
Una ricerca svolta da G. Stella su bambini esaminati nel corso dei cinque anni della scuola
elementare, ha evidenziato un andamento variabile nei diversi anni. In prima, i bambini dislessici
sono un numero minore poiché la variabilità è più ampia e dunque, più precoce è il periodo in cui si
cerca di identificare il disturbo, più ampi sono i margini di variabilità e quindi di tolleranza. In
seconda i dislessici aumentano un po’, ma in terza raggiungono il loro picco, che rimane stabile in
quarta per cominciare a calare nell’ultimo anno. Tale diminuzione in quinta elementare esprime il
recupero delle forme lievi. Dunque il numero dei bambini dislessici varia nel corso della scolarità
obbligatoria, il suo andamento traccia una sorta di arco, con un incremento nel corso dei primi anni
e un progressivo decremento negli anni della scuola media, quando l’accumulo di esercizio e di
esperienza porta il massimo dei vantaggi al bambino con disturbo di lettura. Alla luce di quanto
detto, si può concludere che il disturbo di lettura cambia nel corso dello sviluppo, questo permette
di spiegare la diversità dei numeri a misura dello stesso fenomeno.
La percentuale del 2,5%- 3,5%, costituisce una media prudenziale che tuttavia dà una dimensione
di quanto ampio sia il fenomeno della dislessia evolutiva in Italia6.
5 www.aiditalia.org/upload/pdf
6 G.STELLA,La dislessia, Il Mulino, Bologna 2004, pp.48-50.
E’ in corso una ricerca epidemiologica nazionale, coordinata da Roberta Penge non ancora
pubblicata, ma i cui primi dati confermano il 2,5%-3.5%.
1.2 Comorbidità psichiatrica e DSA
Come sopra indicato, i Disturbi specifici di apprendimento “possono” presentarsi in associazione
a sintomi/disturbi psichiatrici. In alcuni casi, il disturbo psichiatrico “può” mascherare la presenza
di un disturbo specifico di apprendimento.
Sia in età infantile che in età giovane-adulta un disturbo mentale può essere la manifestazione di
un disagio correlato ad un DSA non riconosciuto. Al clinico può essere proposta la valutazione di
un sintomo psichiatrico, anziché la difficoltà sottostante.
Tra le associazioni più frequenti rientrano:
I Disturbi d’ansia (DA). Da uno studio epidemiologico di Carrol e al., condotto nel 2005 su
un campione composto da bambini e adolescenti (9-15 anni), è emerso un alto tasso di
disturbo d’ansia di separazione e disturbo d’ansia generalizzato7.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è una delle manifestazioni più
documentata nell’infanzia. Due studi trasversali, svolti da Carrol e al., hanno certificato la
presenza di associazione tra DSA in pre-adolescenti e sintomi co-occorrenti di ADHD8.
Depressione. Associazione scarsamente conosciuta, documentata nell’infanzia.9
Disturbo della condotta10
.
Abuso di sostanze. Goldstan e al. nel 2007 hanno rilevato una associazione statisticamente
significativa di abuso di sostanze nei soggetti con DSA, rispetto ai controlli11
.
Adolescenti e giovani adulti con difficoltà di lettura possono sperimentare difficoltà di
adattamento in diverse aree, da quanto emerso delle osservazioni di Maughan nel 199512
.
Alla luce di quanto detto, vengono di seguito riportati i dati di alcune casistiche raccolte nei
diversi studi, condotti nell’ambito della Psicopatologia dello Sviluppo.
Sono stati esaminati sette casi clinici di soggetti con disturbi psichiatrici, in cui è stata ricostruita
una storia di fallimenti scolastici che ha portato, dopo la valutazione neuropsicologici (scala WAIS,
Matrici di Raven, Reading test, spelling test) alla diagnosi di dislessia.
7 Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19 Aprile 2008, Reggio Emilia.
8 Ibid.
9 Ibid.
10 Ibid.
11 Ibid.
12 Ibid.
W. A Saunders e M.G. Barker, nella rivista scientifica British Medical Journal, affermano:
“Tutte queste persone avevano ricevuto un’educazione convenzionale…presentavano alcune
caratteristiche di personalità in comune: erano tutti estremamente sensibili riguardo alla loro
difficoltà e negli anni, si erano allontanati dai familiari, dagli amici e dai compagni di lavoro,
evitando situazioni in cui emergesse la loro difficoltà”.
“Alcuni pazienti possono essere di normale intelligenza ma avere difficoltà di lettura, scrittura e
spelling, queste difficoltà costituiscono il principale fattore precipitante di un disturbo psichiatrico.
In sette pazienti, queste difficoltà sono emerse solo dopo una valutazione intensiva”13
.
In un'altra casistica sono stati analizzati gli ultimi cento pazienti in cui si rilevava, mediante il
Sistema Boder, un Quoziente di Lettura inferiore a 90, afferenti gli anni 2006-2007. Il campione
comprendeva 36 femmine e 64 maschi, di cui 49 adolescenti. Di questi, trentaquattro avevano
un’età compresa tra gli 11 e i 13 anni, i restanti quindici 14 e 17 anni.
Per ciascun soggetto sono stati raccolti i seguenti dati:
motivo e fonte d’invio della consultazione;
Pattern Dislessia -Test diretto di lettura e scrittura - (TDLS);
Prova n.4 e n.5 della Batteria per la Valutazione della Dislessia e Disortografia in Età
Evolutiva;
valutazione cognitiva mediante la classica scala di Intelligenza per bambini- riveduta
(WISC-R) e attraverso le Matrici di Raven;
dati ricavati dalla somministrazione delle Child Behavior chechlist (CBCL) e dalla Children
Global Assessment Scale (C-GAS) tuttavia non utilizzati in tutti i pazienti.
I risultati sono relativi al motivo della consultazione, che può prendere avvio dalla difficoltà della
letto-scrittura, o da sintomi diversi, come mostra la tabella n. 1.
13
Cfr. W.A. SAUNDERS, M.G. BARKER, Dyslexia as cause of Psychiatric Disorder in Adults,in “British Medical
Journal, 1972, n. 4, pp. 759-761, cit. da C. Ruggerini, Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19
Aprile 2008, Reggio Emilia.
Tab 1- motivo della consultazione: letto- scrittura
Si nota che nell’81% dei casi, il motivo della consultazione, prende avvio dalla difficoltà della letto-
scrittura, e che solo l’11% di soggetti richiede una consultazione per la presenza di altri sintomi.
Tuttavia, la tabella che segue, approfondisce nello specifico quali sono i sintomi, diversi dalla
difficoltà della letto-scrittura, che conducono alla consultazione, tra i quali ritroviamo le balbuzie,
l’iperattività, oppositività, sintomi fisici, tic e disturbo d’ansia.
Questi dati confermano la tesi argomentata inizialmente secondo cui i DSA possono presentarsi
in correlazione a sintomi/disturbi psichiatrici, e che in alcuni casi un disturbo psichiatrico, motivo di
richiesta di aiuto, può manifestare la presenza di un disturbo specifico di apprendimento non
riconosciuto.
Tab 2- Tipo di sintomo (diverso dalla difficoltà della letto-scrittura) che conduce alla
consultazione.
Si noti bene che, relativamente all’ultima tabella, sei soggetti su undici erano preadolescenti-
adolescenti14
.
14
Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19 Aprile 2008, Reggio Emilia.
Motivo invio % soggetti
Letto-scrittura 81
Letto-scrittura più altro
(comportamento, attenzione)
8
Altri sintomi 11
Motivo invio N° soggetti
Balbuzie 1
Iperattività 2
Oppositività 1
Sintomi fisici 4
Tics 1
Isolamento/ ansiosi 2
1.3 Come si manifesta
Nel bambino dislessico, le difficoltà scolastiche compaiono già nei primi anni di scuola e
persistono negli anni seguenti. Le prime difficoltà osservabili riguardano l’incapacità a mantenere la
stabilità delle acquisizioni, come l’associazione fonema e grafema.
La dislessia si riconosce per la presenza di caratteristiche che impediscono o ostacolano il
processo di decodifica come:
L’inversione di lettere nell’ambito di una sillaba (dal/lad, di/id, in/ni, al/la, cra/car,
cavolo/calovo);
L’incapacità di distinguere lettere simili per la forma (m/n, b/d, b/p) o per il suono (d/t, b/p, f/v,
t/d, l/r);
L’omissione di lettere o sillabe (domani-doni, fonte-fote, tavolo-volo, tavolo-talo);
La sostituzione d’intere parole nel corso di una prova (auto al posto di aereo).15
Nei soggetti dislessici vi è inoltre, una maggiore prevalenza della componente intuitiva: il
soggetto privilegia, infatti, l’uso di processi intuitivi a scapito del processo di decodifica della prima
parte della parola, talvolta anche del primo grafema o della prima sillaba, e procede inventando la
restante parte. La parola contenuta nel testo è così trasformata in un’altra, di significato affine o
completamente diverso.
Queste difficoltà favoriscono:
La lentezza e scorrettezza nella lettura;
La perdita della riga e il salto di una parola durante la lettura;
La difficoltà a ricopiare dalla lavagna;
La difficoltà a memorizzare i giorni della settimana, i mesi, le filastrocche e le tabelline;
La difficoltà nella memorizzazione di sequenze e di orientamento spaziale;
La difficoltà nel calcolo mentale e nella conta in senso regressivo16
.
Al momento della lettura una parola o una non parola viene analizzata visivamente nelle sue
componenti strutturali che comprendono:
l’identificazione della forma complessiva della parola o del suo parametro esterno,
la segmentazione grafemica della stringa che avviene a più livelli e che riguarda
15
R. MILITERNI, Neuropsichiatria infantile, Idelson-Gnocchi, Napoli 1999, pp. 344-345. 16
http://www.aiditalia.org/upload/pesaro_gozio_1.pdf
1. l’identificazione delle singole lettere, ossia la conversione grafema-fonema che come già
affermato per i bambini dislessici risulta difficoltoso;
2. la categorizzazione delle lettere;
3. la codifica della posizione relativa ad ogni lettera all’interno della stringa, ad esempio la
parola RAGNO può essere scomposta con l’anagramma grano, oppure con raggio.
Tra gli errori più frequenti nei dislessici adulti con Dislessia Acquisita si ricorda la sostituzione
della consonante “r” con la consonante “b”, ossia bagno al posto di ragno o addirittura con un
qualsiasi insetto che ne ricorda l’aspetto semantico.
Anche al termine della scuola primaria, nel bambino persistono lentezza ed errori nella lettura che
ostacolano la comprensione del significato del testo. I compiti e gli esercizi scritti richiedono un
dispendio di tempo e di energie e di risorse attentive, che rendono il bambino disorganizzato nelle
sue attività, non concentrato e distratto. Spesso il bambino dislessico perde la fiducia in se stesso e
può avere alterazioni del comportamento.
1.4 Ipotesi Eziopatogenetiche
Le cause della dislessia non sono ancora chiare e il dibattito fra specialisti del settore è ancora
aperto. Tuttavia, le basi neurologiche della dislessia sono oggi universalmente riconosciute.
Gli studi condotti con l’ausilio della RMF (Risonanza Magnetica Funzionale) hanno rilevato un
disfunzionamento di alcune aree cerebrali. Evidenze convergenti, ottenute con le neuroimmagini
funzionali in lettori adulti dislessici, mostrano il mancato funzionamento di alcune zone
posteriori dell’emisfero sinistro durante la lettura e il coinvolgimento del giro frontale inferiore.17
Si ritiene che le differenze nell’architettura neuronale siano di natura eredo-familiare. Gli studi
condotti sui gemelli, dimostrano che nelle coppie di monozigoti la percentuale del disturbo di
lettura è maggiore rispetto alle coppie di gemelli dizigoti. Questi dati confermano il ruolo del fattore
genetico nella dislessia evolutiva.18
Già Herman nel 1959, in una ricerca svolta su 20 coppie di gemelli aveva trovato un’incidenza
per i monozigoti del 100% e per i dizigoti il 33%.
Un altro dato a sostegno di un’ipotesi genetica riguarda la differente incidenza del disturbo in
soggetti maschi rispetto alle femmine, per un rapporto di 4 a 1.19
Vi sarebbe, infatti, una sorta di
“dimorfismo sessuale” tale per cui i maschi sarebbero più vulnerabili a questo genere di disagio20
,
anche se non tutti gli studiosi sono concordi con questa ipotesi.
Da quanto enunciato si può affermare che la corteccia cerebrale dei dislessici non presenta
lesioni in senso lato, ma una variante individuale dello sviluppo, all’interno di un sistema
complesso quale è il cervello. Nella figura n. 3 sono rappresentate le immagini ottenute mediante
l’utilizzo della RMF, la quale permette di evidenziare nei dislessici un ritardo ed una minore
attivazione delle aree temporali sinistre. In questi soggetti, alcuni compiti di elaborazione
fonologica non sono svolti dallo stesso circuito utilizzati dai normolettori, ma utilizzano vie
alternative con tempi e modalità di attivazione differenti.
Tra le diverse ipotesi, alcuni autori, spiegano l’origine della dislessia, attraverso teorie basate sul
sistema visivo, le quali evidenziano la difficoltà, da parte del soggetto, di inibire gli stimoli visivi e
di orientare l’attenzione in modo selettivo da sinistra a destra. Secondo gli studiosi, il ragazzo
dislessico presenterebbe un campo visivo attentivo troppo ampio per il quale gli stimoli periferici
17
G. REID LYON ET. AL., Una definizione di dislessia, in “ Dislessia”, Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, p.
267.
18
G. STELLA (a cura di) La Dislessia. Aspetti clinici,psicologici e riabilitativi, Franco Angeli, Milano 1996, p. 10. 19
G. STELLA, Le origini biologiche della dislessia, in “Dislessia”, Marzo 2004, vol 1,n. 1, Erickson, Trento p. 11.
20
www.airipa.it
andrebbero ad interferire con la discriminazione visiva, creando un problema di affollamento di
stimoli.
Bekker, dal canto suo, ipotizza una mielinizzazione (ricopertura delle cellule nervose)
incompleta, che non permetterebbe un’attenzione focalizzata verso gli stimoli visivi con
conseguente difficoltà di discriminazione e decodifica degli stimoli visivi che sono alla base della
lettura.21
L’ipotesi della dislessia come disturbo prevalentemente visuospaziale, è oggetto di discussione da
parte di quegli studiosi che spiegano l’eziopatogenesi del disturbo mediante i fattori fonologici.
Diverse ricerche empiriche hanno rilevato una relazione tra la DE e il disturbo del linguaggio. Il
linguaggio permette di creare un numero pressoché indefinito di parole, attraverso la combinazione
di segmenti fonologici (consonanti e vocali). La trascrizione alfabetica (la lettura) richiede la
connessione di caratteri arbitrari (le lettere) ai rispettivi segmenti. La consapevolezza che tutte le
parole possono essere scomposte in fonemi, consente al lettore di decifrare il codice di lettura. Ne
segue che, la difficoltà ad effettuare una lettura fluente, e la scarsa abilità nel processo di decodifica,
ravvisabili nei soggetti dislessici, derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica
del linguaggio.22
I ricercatori dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Istituto Santa Lucia
di Roma, sono invece concordi nel riconoscere all’origine della dislessia una disfunzione del
cervelletto, secondo quanto è emerso da una recente ricerca. Il risultato dello studio è stato
pubblicato col titolo " Implicit learning deficits in dyslexic adults: an f MRI study " sulla prestigiosa
rivista scientifica NEUROIMAGE.
Lo studio è stato condotto su pazienti adulti con accertata dislessia, e su un gruppo di controllo.
Grazie all’utilizzo della RMF, è stato possibile analizzare il comportamento dei pazienti di fronte
ad una sequenza motoria che appariva su di un monitor. La sequenza inizialmente procedeva in
maniera del tutto casuale, successivamente secondo un ordine prestabilito. Nei soggetti senza
dislessia il cervelletto si “accendeva” solo durante la fase di apprendimento, nel gruppo dei
dislessici restava sempre acceso. Come ha rilevato il Dottor S.Vicari - responsabile dell’ Unità
Operativa di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù, Roma - questo indica che nel primo
gruppo di persone il cervelletto lavorava soltanto nel tempo necessario ad apprendere, quindi le
informazioni venivano trasferite e immagazzinate in un’area del cervello chiamata “nucleo
21
www.iprase.tn.it/prodotti/materiali_di_lavoro/dislessia/p3.asp
22
G. REID LYON ET. AL., Una definizione di dislessia, in “ Dislessia ”, Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, pp.
268-269.
caudato”. Nel gruppo dei dislessici, invece, il cervelletto continuava a lavorare senza sosta, senza
mai “spegnersi”, impedendo alle nuove informazioni di essere immagazzinate. Questi risultati,
come ha osservato il Dottor Vicari, promettono di modificare la diagnosi della dislessia, tenendo
conto dei problemi legati alla “memoria inconsapevole”, oltre che a quelli di linguaggio e visivi23
.
Come risulta evidente, la dislessia evolutiva è un disturbo molto complesso, determinato da cause
concatenate fra loro. Questo ipotizza che nel patrimonio genetico del bambino dislessico siano
presenti molto spesso alcuni cromosomi, geni e marcatori genetici che possono essere considerati
portatori di dislessia e che causano la formazione di anomalie e il malfunzionamento di alcune aree
del cervello che, a loro volta, sono responsabili dei deficit fonologici, uditivi e di memoria a lungo
termine. Inoltre, l’ambiente familiare e non, in cui il soggetto vive determinate situazioni o realtà,
può influire positivamente o negativamente da un punto di vista psicologico, su problemi che
caratterizzano la vita del dislessico.
23
www.orizzontescuola.it/orizzonte/article12788.htm
Fig. n. 3- alcune aree del funzionamento del cervello sono organizzate in modo diverso dal solito,
creando difficoltà nell’elaborazione del linguaggio, in particolare dei fonemi.
1.5 I modelli di lettura
Il modello “a due vie” per la lettura, detto anche modello a doppio accesso, è stato proposto per la
prima volta da Coltheart nel 1978 e successivamente confermato da un gran numero di ricerche
condotte da autori diversi, che lo hanno definito come "modello standard".
Secondo questi modelli le parole possono essere lette attraverso due vie, una lessicale ed una
fonologica, che operano in maniera indipendente. I primi due stadi di elaborazione, comuni alle due
vie, sono costituiti dall'Analisi Visiva e dal Riconoscimento delle Lettere.
La via fonologica, dall’identificazione astratta delle lettere passa alla conversione grafema-
fonema (il grafema è il simbolo, la lettera scritta, mentre il fonema è il suono corrispondente alla
lettera) e raggiunge il sistema articolatorio. Attraverso questa via vengono lette le non parole e le
parole non familiari secondo le regole di pronuncia.
La via lessicale denominata anche “via diretta” permette il recupero della pronuncia della parola
attraverso il lessico mentale. La via diretta passa direttamente dal riconoscimento delle lettere ad un
sistema di riconoscimento delle parole recuperando il sistema semantico.
La via lessicale, non passando attraverso il livello di conversione grafema-fonema, garantisce una
migliore velocità permettendo di leggere correttamente le parole con eccezione di pronuncia, ed è
quella generalmente utilizzata dai lettori adulti, anche nelle lingue in cui le irregolarità di pronuncia
non ci sono o sono rare. Infatti, le parole familiari sarebbero immagazzinate in un lessico dell’input
visivo che permette ai lettori esperti di riconoscere la parola e di comprenderla senza doverla
pronunciare.
Talvolta le “non parole” pur passando dall’Analisi Visiva non hanno sempre un riconoscimento
equivocando un “falso riconoscimento”, come nel caso della non parola TENTE che potrebbe
essere letta erroneamente TENDE se riconosciuta come una parola semantica.
E’ dunque possibile arrivare al Sistema Semantico attraverso due vie alternative:
La prima via utilizza il Lessico Visivo di Input che consiste nel registrare e accumulare
informazioni sulle caratteristiche ortografiche delle parole stampate. Ad esempio per la parola
TAVOLO verranno prima identificate solo le lettere T A V O LO o le sillabe TA-VO-LO
identificando le parti in comune con altre parole come TA di TASCA o LO di VELO, aggiungendo
nell’impianto lessicale sempre più informazioni, fino a quando non si raggiunge la soglia di
attivazione della parola TAVOLO. Nel Sistema Semantico viene così attivato il codice
corrispondente e la comprensione del significato della parola.
L'accesso tramite la via visiva, più veloce ed automatizzato, è comunemente utilizzato dal lettore
fluente, poiché permette di leggere una parola collegando immediatamente la sua rappresentazione
grafica con la corrispondente entrata lessicale, attraverso l’utilizzo della memoria visiva, senza
nessuna mediazione del suono del fonema. La via diretta consente un accesso più rapido alle parole
conosciute.
La seconda via, più propriamente denominata "via fonologica prelessicale"o “via indiretta”
permette di leggere le parole utilizzando le regole di conversione grafema-fonema. Infatti, dopo la
fase di Riconoscimento delle Lettere e la loro successiva Identificazione, la parola viene scomposta
nelle sue componenti sublessicali (singoli grafemi, sillabe o gruppi consonantici o vocalici) e,
mediante la Conversione Grafema-Fonema, viene attribuito ad ogni componente il suono
corrispondente. I diversi suoni vengono quindi assemblati per ottenere il suono finale della parola
che accede al Sistema Semantico ed attiva il significato corrispondente. L'accesso tramite la via
fonologica è più frequentemente utilizzato dal lettore adulto nel caso di parole poco ricorrenti
oppure da bambini che non hanno ancora imparato a leggere fluentemente. I primi due stadi di
elaborazione, comuni alle due vie, sono quelli dell'Analisi Visiva e del Riconoscimento delle
Lettere. Relativamente alla via fonologica, dallo stadio di Conversione Grafema-Fonema è possibile
accedere al Sistema Semantico, ma l’articolazione fonologica può essere ottenuta anche senza la
comprensione del significato.
Lessico
Ortografico
Di input
Conversione
Grafema/Fonema
Lessico
Fonologico
Di output
Buffer
Fonemico
Analisi
Visiva (parola
scritta)
Sistema
semantico
Parola letta
VIA DIRETTA
VIA INDIRETTA
1.6 Individuazione precoce e diagnosi
Durante la scuola dell’infanzia, già in età prescolare, è possibile effettuare una diagnosi precoce
orientata al trattamento individualizzato. Gli insegnanti e i genitori possono svolgere un ruolo
fondamentale nell'individuazione e nella gestione dei DSA.
Benché la diagnosi può essere effettuata solo a partire dalla classe terza, età in cui l’automatismo
si ritiene già consolidato, è possibile, tuttavia, svolgere anche un’attività di screening precoce
durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia e i primi due anni della scuola primaria.
Lo screening non è uno strumento diagnostico ma solo d’indagine e valutazione, che permette di
evidenziare alcuni segnali di rischio, indicatori di una possibile dislessia o di altri disturbi specifici
di apprendimento.
già durante la scuola dell’infanzia si possono riscontrare difficoltà di linguaggio, inadeguatezza
nei giochi fonologici, difficoltà nella copia da modello e disordine nello spazio del foglio, difficoltà
nell’utilizzo della memoria a breve termine, difficoltà ad imparare le filastrocche.
All’atto sono presenti diversi strumenti di screening da somministrare a bambini a partire dai
cinque anni sino ai sette, per la rilevazione di difficoltà nella competenza metafonologica e delle
difficoltà di lettura e scrittura. Tali strumenti indagano la discriminazione visiva, il lavoro seriale da
sinistra a destra, la memoria sequenziale e la discriminazione uditiva e il ritmo.
Alcuni ricercatori hanno proposto un nuovo test costruito e standardizzato sulla popolazione
italiana per effettuare una valutazione più accurata non solo nei bambini a sviluppo tipico, ma
anche in quelli a sviluppo “atipico”, valutando i punti di forza e di debolezza dell’impianto lessicale
in bambini tra i 2 anni e mezzo di età e i 6. Il Test fono-lessicale (TFL) può essere impiegato in
diversi contesti e dalle rispettive figure professionali: educatori, pedagogisti, pediatri, psicologi.24
La letteratura internazionale, è concorde nel riconoscere le abilità matafonologiche come requisiti
necessari per l’apprendimento della lettura e scrittura. La competenza metafonologica infatti è stata
descritta come la “capacità di percepire e riconoscere per via uditiva i fonemi che compongono le
parole del linguaggio parlato”25
.
24
S. VICARI, L. MAROTTA, A, LUCI, TFC.Test fono-lessicale,Erickson , Trento 2007,
pp. 13-14.
25
U. BORTOLINI, Lo sviluppo fonologico, in “Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva”, Zanichelli, Bologna
1995.
A riguardo, è stato elaborato un test volto a valutare lo sviluppo delle competenze
matafonologiche (CMF), promuovendo nel bambino la consapevolezza della discriminazione di
suoni, il riconoscimento di rime, la sintesi sillabica e il riconoscimento di fonemi. 26
Tuttavia la valutazione della prima infanzia pone particolari difficoltà metodologiche sia perché i
bambini nei primi anni di vita sono poco collaborativi, sia perché ragioni pratiche ed etiche
impediscono una valutazione accurata delle loro competenze.
Anche l’Associazione Italiana Dislessia ha messo in campo uno screening che è possibile
adottare in prima elementare per individuare, con un buon grado di affidabilità, bambini con
difficoltà significative dell’apprendimento della letto-scrittura. L’equipe coinvolta nella valutazione
è costituita da Neuropsichiatra per la visita neurologica e per la valutazione dell’efficienza
intellettiva; psicologo; logopedista e psicopedagogista per gli apprendimenti specifici.
Il protocollo diagnostico dell’AID dispone di alcune prove standardizzate per valutare:
la lettura nelle componenti di correttezza e rapidità di un brano;
la correttezza e la rapidità nella lettura di liste di parole e non parole;
la scrittura nella componente di dettato ortografico;
il calcolo nella componente del calcolo scritto e del calcolo a mente, lettura di numeri e
scrittura di numeri.27
Una precoce rilevazione suggerisce e permette di progettare una metodologia di insegnamento e
apprendimento maggiormente rispondente alle richieste del bambino, limitandone i danni rilevanti
dalla frustrazione per l’insuccesso, con conseguente perdita di motivazione ad apprendere, basso
livello di autostima, problemi emotivi e relazionali.
26
C. MAROTTA ET AL.,CMF.Valutazione delle componenti matafonologiche, Erikson, Trento 2004, pp. 13-14.
27
www.aiditalia.org
1.6.1 Sillabe al secondo o secondo per sillaba? I parametri tempo e velocità.
Secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, può essere diagnosticata una
dislessia evolutiva se le abilità di lettura di un soggetto, misurate con test standardizzati, si
collocano almeno due deviazioni standard al di sotto della media di riferimento ( ICD-10;
WHO,1992).
Tuttavia, la scelta del test e del parametro adottato, può variare in relazione al contesto clinico. In
primo luogo è cruciale la scelta della prova di lettura; per esempio la lettura di un brano offre
maggiori possibilità di applicare strategie cognitive compensative, rispetto alla lettura di liste di
parole semanticamente slegate.
La rapidità di lettura può essere misurata attraverso due metodi differenti. Tra i più comuni, il
primo metodo è quello di specificare la “velocità”, cioè il numero di sillaba letta al secondo
(sill/sec). Un secondo metodo è invece quello di misurare il “tempo” espresso in secondi, impiegato
per leggere una singola sillaba (sec/sill).
Gli autori Lorusso, Taraldo e Cattaneo, che hanno approfondito la questione metodologica circa
la misura che meglio descrive la rapidità di lettura, affermano che l’uso di una misura o dell’altra,
per scopi diagnostici, può condurre a risultati differenti. Difatti, le analisi condotte, risultano
incongruenti a causa della non linearità che lega le due misure. Tale fenomeno è dovuto al fatto che
la scala della velocità è “chiusa” nella direzione della patologia (non si può essere meno veloci di
zero) mentre la scala del tempo è illimitata nella stessa direzione.28
P. Tressoldi e C. Vio, alla luce di questa considerazione, sostengono che il problema non si
presenterebbe qualora tutti gli esaminatori applicassero la misura indicata dal test. Si eviterebbero
così quelle situazioni in cui per alcuni la prestazione risulti deficitaria e per altri no. Finché non si
giungerà ad un accordo univoco sulla scelta degli strumenti da adottare per effettuare la valutazione,
il dibattito sarà ancora aperto.29
28
M. LORUSSO ET AL., Parametri “tempo e velocità” per la misurazione della rapidità di lettura, in “Dislessia”,
Ottobre 2006, vol. 3 n 3, Erickson, Trento pp. 263-265.
29
P. TRESSOLDI, C. VIO, Sillabe al secondo o secondo per sillaba: Qual è il problema., in “Dislessia”, Gennaio
2007, vol. 4, n 1, Erickson, Trento, pp. 7-8.
1.7 La comprensione del testo
La comprensione del testo può essere considerata come criterio diagnostico? Questa una delle
domande alla quale ha risposto il Prof.re Cesare Cornoldi - Università di Padova - nell’ intervista
rilasciata a Dario Ianes, direttore del Centro Studi Erickson, nella collana “facciamo il punto su…la
dislessia”30
.
La capacità di comprendere un testo costituisce probabilmente l’abilità trasversale fondamentale
per il processo di apprendimento, dal momento che offre gli elementi necessari per l’interpretazione
e l’utilizzazione di qualsiasi forma di messaggio. Essa è inoltre in relazione con la comprensione del
linguaggio orale e con il ragionamento, con cui costituisce un nucleo significativo del processo
intellettivo. Il rapporto fra comprensione e intelligenza non significa però che quest’ultima sia
scarsamente modificabile e che quindi sia inutile un lavoro educativo e rieducativo su di essa. Si è
anzi osservato che, fra le abilità implicate negli apprendimenti scolastici, la capacità di comprendere
un testo scritto è una di quelle più sensibili al trattamento, soprattutto nei casi in cui essa sia stata
precedentemente trascurata.
È ormai sempre più condivisa l’idea che i problemi di apprendimento della lettura possono essere
suddivisi in due categorie distinte:
1) disturbi della decodifica,
2) disturbi della comprensione.
La comprensione e la lettura tecnica o decifrata sono aspetti sostanzialmente dissociati, si tratta
semplicemente di una questione terminologica. Tradizionalmente, dinnanzi ai due differenti
profili, il disturbo di lettura è associato all’aspetto della decodifica, da qui la proposta di utilizzare il
termine dislessia per gli aspetti più tecnici della lettura, mentre per le altre problematiche si fa
riferimento ai disturbi della comprensione del testo scritto.
Sono molto frequenti i casi di bambini e studenti che, pur possedendo sufficienti capacità
decifrative e discreta intelligenza, incontrano difficoltà nella comprensione del testo e in un lavoro
organizzato di analisi su di esso. Questi studenti vengono identificati attraverso la proposta di prove
di comprensione che mettono a disposizione un testo e richiedono di analizzarlo al fine di
rispondere a domande su di esso. In questo ambito sono state effettuate numerose ricerche che
hanno evidenziato gli aspetti che tipicamente caratterizzano questi studenti, fra cui problemi di
memoria di lavoro, basso livello metacognitivo, difficoltà di inferenza, processi carenti di
organizzazione del proprio lavoro personale e di pianificazione.
30
D. IANES, op.cit.DVD.
Sono stati proposti numerosi programmi volti a promuovere le abilità di comprensione del testo
ed è stato evidenziato come essi possano ottenere discreti successi, superiori a quelli ottenibili con il
trattamento di altre difficoltà scolastiche, con un esito tipico di miglioramento comparabile a poco
meno di una deviazione standard stimata sulla popolazione. In Italia, in particolare, sono stati
predisposti un programma fondamentalmente focalizzato sulle abilità metacognitive e un altro
programma, di carattere più generale, finalizzato a promuovere le componenti fondamentali del
processo di comprensione, fra cui l’abilità di individuare gli elementi importanti del testo31
. Un
punto basilare di questi trattamenti è rappresentato dalla focalizzazione del lavoro educativo, volta
per volta, solo su una componente, evitando che obiettivi e processi richiesti siano confusi,
sovrapposti, talora addirittura in contraddizione fra di loro.
Gran parte dei modelli di comprensione del testo assumono che il lettore operi un monitoraggio
continuo del testo, riconoscendo la diversa importanza delle informazioni contenute e individuando
i passaggi più ostici o non ben compresi. Questo monitoraggio è in gran parte automatico, ma,
prima della sua automatizzazione e nei casi di maggiore complessità, richiede operazioni controllate
di vario livello. Si assume che il lettore tenga disponibili, in un sistema ad alta accessibilità della
memoria di lavoro, solo l’insieme delle informazioni più rilevanti, che gli offrono il contesto per
interpretare le parti successive del testo. Questo insieme potrà essere successivamente aggiornato,
se altre informazioni risultano essere di maggiore peso.
È stato più volte osservato che i normali esercizi su testi scritti possono demotivare studenti che
hanno accumulato esperienze di frustrazioni con la carta stampata.
La presentazione di esercizi via computer può sicuramente alleggerire l’esperienza e offrire una
sua attrattiva. Il programma “Highlighter” è volto a promuovere le abilità di comprensione del testo
esercitando lo studente in un lavoro attento di monitoraggio del testo. Al di là di questa operazione
generale di analisi fine che induce il lettore ad un lavoro più sistematico e approfondito sul testo, il
programma è più specificamente mirato a sviluppare:
a) la propensione a monitorare l’importanza degli elementi forniti dal testo,
b) la capacità di riconoscere l’effettiva diversa importanza di questi elementi.
Grazie ad un attento lavoro di programmazione è stato possibile creare un programma molto
flessibile che simula situazioni e modalità differenti in cui il processo di monitoraggio può avvenire.
Per esempio, è possibile mettere a disposizione poco o molto testo, simulando il caso in cui il
soggetto deve anticipare possibili seguiti (come può avvenire nella comprensione orale o nella
presentazione sequenziale) e il caso in cui ha a disposizione anche parti successive di testo. Anche il
criterio in base al quale si deve valutare l’importanza delle informazioni può essere modificato,
31
Ibid.
rendendo esplicito il principio che non esiste una rilevanza assoluta dell’informazione, ma che essa
è in relazione con le finalità del lettore. Un’altra opzione è rappresentata dalla comparsa del
feedback che avverte lo studente sugli esiti della prova e lo allerta nel caso in cui egli non stia
procedendo bene. Sono infatti previsti non solo una chiara tavola finale sintetica, ma anche
feedback che possono comparire, durante l’esecuzione del compito, secondo modalità diverse, da
scegliersi a seconda delle caratteristiche dello studente. Si consiglia comunque di proporre più
opzioni a tutti gli studenti, in modo da far loro apprezzare le implicazioni differenti ad esse
associate. Questa maniera di procedere renderà sicuramente lo studente più consapevole e flessibile
e, quindi, in ultima analisi, più competente32
.
È stato documentato che un lavoro specificamente volto a promuovere il monitoraggio della
importanza può avere effetti benefici sia specifici a questo aspetto, sia più generalmente interessanti
l’intero processo della comprensione, non solo per singoli allievi in difficoltà, ma anche per l’intera
classe . Il programma può quindi essere utilmente proposto anche ad intere classi. L’adattamento ai
singoli contesti è reso possibile anche dal fatto che ogni utilizzatore può introdurre i testi e i criteri
di importanza che più corrispondono alla sua finalità. Questo è utile, ma può aggravare il lavoro
dell’insegnante e dell’operatore e, per questa ragione, verrà costruita progressivamente una banca
testi da mettere a disposizione degli utilizzatori del programma (e cui potranno contribuire gli
utilizzatori stessi). Una modalità didattica valida e curiosa può essere quella del riscontro di
importanza per cui potrà essere uno stesso studente ad immettere un testo con le sue attribuzioni di
importanza e un altro studente, lavorando su di esso, potrà vedere se vi è un riscontro nelle
attribuzioni: per procedere in questo modo si consiglia tuttavia di scegliere testi, ove la
differenziazione dell’importanza (non sempre facile ed esente da discussione) risulti più chiara33
.
32
Ibid. 33
Ibid.
Capitolo Secondo
Un’esperienza di Screening con studenti universitari
Introduzione34
Il presente contributo è il risultato di un’indagine esplorativa attivata presso la cattedra di
Didattica Speciale dell’Università del Salento, finalizzata a valutare l’attendibilità di uno strumento
di screening per la rilevazione di problemi relativi alla dislessia negli adulti: il questionario di M.
Vinegrad. La ricerca, al contempo, intende rilevare la potenziale presenza del disturbo della
dislessia in un campione di studenti dell’Università del Salento.
L’attendibilità e la validità sono le due caratteristiche che permettono di contraddistinguere gli
strumenti di rilevazione e misurazione. L’attendibilità si riferisce alla stabilità con cui uno
strumento funziona: uno strumento di misura è attendibile se applicato al fenomeno produce
sempre gli stessi risultati. Tuttavia non basta dimostrare l’accuratezza e la precisione con cui uno
strumento misura qualcosa, poiché occorre verificare che quel “qualcosa” che abbiamo misurato
rappresenti un valido indicatore di ciò che vogliamo misurare.35
Possiamo pertanto affermare che uno strumento è valido nel momento in cui rileva
effettivamente la proprietà o gli aspetti funzionali che si vogliono testare, e lo fa in maniera
accurata.
Lo strumento utilizzato per lo screening è il Test di valutazione della dislessia in età adulta
(Adult Dyslexia Checklist/ADCL) - formulato da M. Vinegrad, esponente del gruppo
<<Educational Psycologist>> del Regno Unito, il quale ha pubblicato per la prima volta la sua
“lista di controllo” nel 1994 sulla rivista <<Educare>>.36
34 Parte di questo lavoro è stata pubblicata in S. Pinnelli e R. Cursi, Dislessia in età adulta: il questionario di Vinegrad in
una ricerca esplorativa con studenti universitari, in E. Genovese et al. (a cura di), Dislessia e università, Trento,
Erickson, 2010.
35
A. Fonzi, Manuale di Psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, 2001, p. 117. 36 Cfr. M. Vinegrad, A revised Adult Dyslexia Checklist, <<Educare>>, n. 48, Luglio 1994, pp. 21-23.
Per citare alcune delle sperimentazioni estere, l’Institute Dyslexia ha somministrato il Test di
Vinegrad a un campione di 679 adulti, di cui 32 soggetti diagnosticati come dislessici. I risultati
della ricerca hanno mostrato che il 10% della popolazione di riferimento ha risposto a 9 e più
risposte affermative, indicatore di <<difficoltà>>.37
Il Test di valutazione della dislessia di M. Vinegrad è stato inoltre somministrato, nell’anno
accademico 2004/2005, a un gruppo di 1.182 studenti frequentanti i corsi di Psicologia presso
l’University of Central Lancashine, la Northumbria University, l’University of Teesside e
l’University of Westminister, con il proposito di fornire supporto e servizi di assistenza agli studenti
dislessici, facilitando possibili situazioni di successo scolastico. Su un campione di 1.182 studenti,
il 12% ha presentato 9 o più risposte positive nel totale degli item; tra questi, 3 sono stati
individuati come dislessici certificati.38
Dal 1994 numerosi ricercatori del Regno Unito hanno divulgato on-line il test di valutazione
della dislessia, proponendo un servizio di autodiagnosi per tutti coloro che sospettano di essere
interessati da tale disturbo, per poi richiedere, in presenza di un’autovalutazione positiva, una
diagnosi specifica, attraverso un’apposita batteria da parte di specialisti referenti per la dislessia.
Tra le principali associazioni del Regno Unito che conducono on line lo studio di ricerca occorre
menzionare la British Dylexia Association/BDA), la Being Dyslexic, l’Essential Learning Institute e
la Xtraordianry People.39
Si tratta di un’iniziativa di beneficenza sostenuta dai più importanti centri
come la BDA e la PATOSS (Professional Association of teachers of student with Specific Learning
Difficulties), nata con l’intento di accrescere la consapevolezza di una dislessia nascosta, non
riconosciuta, che senza strategie educative e didattiche idonee può causare ansia da fallimento e
blocchi di apprendimento anche irreversibili.
Il Test di Vinegrad è uno strumento non diagnostico, ma di valutazione della problematica
legata alla dislessia, attraverso il quale è possibile misurare un’eventuale difficoltà nella lettura
negli adulti con dati sufficientemente attendibili. Il presente lavoro, pertanto, intende in primis
verificare tale proprietà del questionario divulgandolo nel contesto italiano.
37
Vedi http://www.dace-dyslexia.org.uk/A%20Revised%Adult%20Dyslexia%20checklist%201.pdf . 38
Vedi http://www.psychology.heacademy.ac.uk/docs/pdf/p20080225_62_Pope_et_al.pdf. 39
Vedi http://www.xtraordyinarypeople.com/x-factor/.
2. Caratteristiche dello strumento
Il questionario presentato in appendice è composto da 20 domande, con item precodificati, alle
quali bisogna dare risposte negative o positive, finalizzate a riscontrare le difficoltà più comuni per
persone dislessiche, circoscrivibili nelle normali attività in cui è richiesto l’automatismo della
lettura.
Per la valutazione dei risultati, sono stati adottati i criteri disposti da M. Vinegrad, che possono
essere riassunti in due fasi:40
- Nella prima fase occorre selezionare i questionari che contengono almeno 8 risposte
affermative, tra le 20, come indice di una <<difficoltà>> o di un <<disagio>>. Questo
criterio, nelle numerose indagini condotte, ha presentato una percentuale di soggetti a
“rischio” pari a circa l’11% dei casi della popolazione esaminata.
La sistematicità con la quale questo dato si presenta costituisce uno degli elementi di valutazione
dell’efficacia allo strumento adottato.
- La seconda fase consiste nel confrontare i questionari selezionati, ossia quelli che
includono 8 o più positività, rispetto alle 20 domande. Secondo Vinegrad e altri ricercatori
che hanno applicato il test, tra le venti domande le più significative sono 12 (item 1; 4; 7;
10; 11; 13; 14; 16; 17; 18; 19; 20); l’indicatore di una possibile dislessia è dato dalla
presenza di 6 o più risposte affermative ai dodici item riconosciuti più discriminanti
(Vinegrad, 1994).
40
M. Turner, Psichological assessment of dyslexia, London, Whurr, 1997.
2.1 L’indagine condotta presso l’Università del Salento
In ragione di quanto esposto e a fronte del notevole uso del Test di valutazione di Vinegrad da
parte di numerosi ricercatori e associazioni, è stata avviata nell’anno accademico 2007-2008
un’indagine presso alcuni gruppi di studenti dell’Università del Salento, per valutarne un possibile
<<rischio dislessia>>.
Una delle ragioni che ha sollecitato questa attività è rappresentata dalla consapevolezza di quanto
l’abilità di lettura sia, oggi più che in passato, competenza fondamentale nel curricolo universitario,
non tanto per il percorso di studio previsto per l’esame, quanto per i momenti di verifica a livello
didattico. Oramai, in tutti i corsi di studio, sia nelle facoltà umanistiche che scientifiche, le lezioni
sono integrate con l’ausilio di slide ed altri supporti visivi che richiedono capacità di lettura veloce
a integrazione dell’ascolto e, pertanto, una capacità di gestione differenziata dell’attenzione per la
comprensione semantica e una capacità di concentrazione prolungata del tempo; tutto ciò rimanda
a un sicuro ed efficace automatismo della lettura.
Inoltre, molti degli esami universitari prevedono come sistema di verifica dell’apprendimento la
produzione di prove scritte. Sovente esse sono l’unica modalità di esame e prevedono dei limiti
temporali pensati per soggetti che non presentano difficoltà di lettura. Conoscere le caratteristiche
dell’utenza universitaria è essenziale per ottimizzare l’attività didattica e per differenziare per lo
meno i tempi previsti per lo svolgimento dell’esame scritto, migliorando la qualità della vita dello
studente e offrendo a tutti pari opportunità.
L’indagine qui presentata ha visto coinvolti 4 gruppi di studenti, per un totale di 278 universitari
iscritti nell’area umanistica e scientifica. Nella prima indagine il test è stato somministrato in modo
del tutto anonimo; le uniche caratteristiche socio-demografiche richieste sono state: sesso, età e
corso di laurea.
Il campione è risultato così composto da cinquanta adulti, tutti di nazionalità italiana, iscritti ai
Corsi di Laurea socio-psicopedagogica. L’età del campione preso in esame varia tra i 20 e i 40 anni
(come è ovvio attendersi, considerato che si tratta prevalentemente di una popolazione
universitaria); in particolare, l’86% ha un’età compresa tra i 20 e i 26 anni, il restante 14%
appartiene alla classe 30 anni e oltre. L’universo di riferimento è caratterizzato dal 90% di donne e
dal 10% di uomini.
I risultati di questa prima somministrazione mostrano il numero di risposte affermative agli item
per ogni soggetto ( vedi tabella 1).
TABELLA 1. Risultati relativi al primo campione di studenti
I 6 questionari che hanno ottenuto 8 o più risposte esatte sono stati confrontati con l’elenco degli
item discriminanti ordinanti nella scala gerarchica (vedi tabella 2).
Studente positività Studente positività
1 8 26 7
2 8 27 7
3 4 28 7
4 3 29 7
5 1 30 7
6 0 31 7
7 2 32 8
8 1 33 9
9 1 34 13
10 1 35 16
11 1 36 2
12 1 37 2
13 1 38 2
14 1 39 3
15 2 40 4
16 2 41 3
17 2 42 4
18 2 43 4
19 2 44 4
20 2 45 4
21 4 46 4
22 5 47 4
23 5 48 4
24 5 49 4
25 6 50 5
TABELLA 2. Risposte affermative agli item discriminanti
I dati che emergono dal primo campione confermano che il 12% della popolazione di riferimento
presenta una <<difficoltà>>, avendo risposto a otto o più risposte affermative; all’interno di questi
6 casi, 3 in particolare, ossia il 6% dei soggetti, risultano essere <<possibili dislessici>> avendo
risposto positivamente a 6 o più item discriminanti. Alla fine, pur nella consapevolezza della
ristrettezza dei dati si necessita, infatti, di un’ulteriore valutazione, attraverso una batteria di
diagnosi da parte di specialisti della dislessia.
Un secondo gruppo di studenti è stato oggetto di sperimentazione. Nella seconda
somministrazione sono stati ampliati i dati anagrafici del test di valutazione, inserendo oltre al
sesso, l’età e il corso di laurea, altre variabili quali il numero degli esami sostenuti, il numero degli
esami previsti dal piano di studio, l’anno di corso e la media degli esami, con l’intento di valutare
una possibile relazione tra i dati forniti dai soggetti e i risultati dello screening.
Il secondo campione di riferimento è costituito da 78 studenti della Facoltà di Scienze della
Formazione iscritti ai Corsi di laurea in area umanistica. Le unità facenti parte del campione hanno
un età comprendente i 21 e i 30 anni. Anche in questo caso è notevole l’incidenza del sesso per un
rapporto del 98,7% di donne verso l’1,3% di uomini.
I dati rilevati dall’analisi del secondo campione hanno permesso di identificare, in questa
somministrazione, un numero massimo di 3 soggetti che hanno presentato almeno 8 positività nel
totale degli item (vedi tabella 3).
Soggetto 1 Soggetto 2 Soggetto 32 Soggetto 33 Soggetto 34 Soggetto 35
Item 17 x
Item 13 x x
Item 7 X X x x
Item 16 X x x x x
Item 18 x x x
Item 10 X x
Item 19 x x x
Item 14
Item 20 x x x
Item 4 x x x
Item 1 X X x x
Item 11 x x x
Totale 2 4 6 4 7 10
TABELLA 3. Risultati relativi al secondo campione di studenti.
Soggetto n. positività Soggetto n. positività
1 7 40 2
2 7 41 5
3 6 42 4
4 7 43 0
5 7 44 3
6 7 45 4
7 8 46 3
8 7 47 1
9 7 48 0
10 7 49 1
11 10 50 2
12 8 51 0
13 2 52 3
14 4 53 3
15 2 54 5
16 3 55 4
17 2 56 2
18 5 57 1
19 0 58 1
20 0 59 2
21 4 60 4
22 5 61 2
23 3 62 2
24 6 63 2
25 4 64 3
26 4 65 2
27 5 66 5
28 1 67 4
29 5 68 6
30 2 69 4
31 3 70 1
32 2 71 4
33 0 72 3
34 2 73 1
35 1 74 1
36 2 75 4
37 2 76 3
38 6 77 2
39 2 78 3
I 3 casi sono stati ulteriormente analizzati mettendoli a confronto con le domande discriminanti di
M. Vinegrad (vedi tabella 4).
TABELLA 4. Risposte affermative agli item discriminanti
Dalla rappresentazione delle risposte dei 3 soggetti a <<rischio>> di questo secondo campione in
relazione agli item discriminanti, è possibile vedere come questo rischio scompaia o quanto meno
si è assestato su un livello al di sotto del valore ritenuto sufficiente, ossia massimo 4 item su 12 (si
ricorda che il valore indicatore di difficoltà è 6).
Tuttavia, se si controllano per quei 3 soggetti i dettagli relativi al loro curriculum universitario
(vedi tabella5), si può notare che il soggetto 11, ossia la persona che presenta un più alto valore nel
questionario, sembrerebbe quello più problematico, essendo iscritto al IV anno fuori corso, e
avendo la media più bassa (20/30).
TABELLA 5. Variabili studente
Soggetto 7 Soggetto 11 Soggetto 12
Item 17
Item 13 x
Item 7
Item 16 X x x
Item 18
Item 10 X
Item 19
Item 14
Item 20 X x
Item 4 x
Item 1 x
Item 11
Totale 3 4 2
Studente Anno di corso Media
Soggetto n. 7 Secondo 28/30
Soggetto n. 11 Quarto fuori corso 20/30
Soggetto n. 12 Primo fuori corso 29/30
Pur non avendo risposto a 6 o più domande discriminanti, indice di una possibile dislessia,
potremmo avanzare un’ipotesi di <<disagio>>, che viene confermata dal fatto di aver fornito 8 e
più risposte positive nel totale degli item.
La terza somministrazione è stata condotta su un gruppo di studenti dell’area scientifica per
vagliare il diverso tipo di risultati emersi e confrontarli poi con quelli dell’area umanistica.
In questa somministrazione, il campione ha visto partecipe un gruppo di 144 studenti della
Facoltà di Ingegneria, iscritti al primo anno del Corso di Laurea in Ingegneria dell’Informazione. In
tal caso l’età del campione comprendeva i 19 e i 21, trattandosi di matricole (vedi tabella 6).
L’universo scolastico risulta costituito dall’84% di uomini e da circa il 16% di donne. Anche nel
terzo campione sono stati selezionati i questionari comprendenti almeno 8 positività tra le 20
domande.
TABELLA 6. Risultati relativi al terzo campione di studenti
Soggetto n.
positività
Soggetto n.
positività
Soggetto n.
positività
Soggetto n. positività
1 5 48 5 95 1 142 3
2 4 49 3 96 5 143 4
3 3 50 0 97 0 144 4
4 9 51 5 98 4
5 7 52 2 99 2
6 4 53 4 100 3
7 2 54 2 101 1
8 7 55 3 102 2
9 2 56 5 103 4
10 4 57 4 104 7
11 5 58 4 105 3
12 4 59 3 106 2
13 3 60 6 107 6
14 2 61 1 108 8
15 2 62 2 109 1
16 3 63 1 110 1
17 1 64 0 111 4
18 3 65 4 112 2
19 2 66 3 113 5
20 0 67 4 114 5
21 1 68 2 115 6
22 1 69 5 116 4
23 1 70 5 117 4
24 1 71 4 118 5
25 4 72 5 119 2
26 3 73 2 120 4
27 3 74 8 121 5
28 0 75 1 122 2
29 1 76 1 123 0
30 4 77 1 124 3
31 1 78 2 125 8
32 6 79 2 126 1
33 2 80 1 127 3
34 1 81 2 128 0
35 5 82 2 129 1
36 2 83 2 130 5
37 4 84 3 131 2
38 5 85 2 132 4
39 4 86 4 133 1
40 6 87 2 134 5
41 7 88 3 135 2
45 5 89 3 136 2
43 4 90 4 137 5
44 0 91 3 138 2
45 0 92 4 139 0
46 3 93 3 140 2
47 7 94 4 141 0
Da questa prima osservazione sono stati rilevati 4 soggetti con una possibile <<difficoltà>>. I
soggetti selezionati sono stati messi a confronto con gli item discriminanti per valutare, un
possibile <<rischio>> di dislessia.
I dati rappresentati mettono in evidenza che, dei 4 casi, solo uno ha presentato 6 risposte positive,
indice di una possibile dislessia, secondo quanto enunciato nei criteri di Vinegrad. Inoltre,
analizzando nello specifico il soggetto n. 108, si può notare che ha dato 5 risposte positive agli item
discriminanti, di cui 2 sono in posizione molto alta nella scala gerarchica di Vinegrad. Di
conseguenza, anche in questi due casi potrebbe risultare utile un’indagine diagnostica specifica. La
media degli esami sostenuta da questo campione non costituisce un dato significativo, essendo
formato da studenti appena immatricolati( vedi tabella 7).
TABELLA 7. Risposte affermative agli item discriminanti
Nel quarto campione non è stato più presentato il questionario anonimo, ma è stato chiesto agli
allievi di specificare i propri dati anagrafici. Ciò è stato fatto con l’intento di recuperare quei
soggetti con riposte maggiori e procedere con un’indagine diagnostica specifica.
Il campione di quest’ultima somministrazione ha visto il coinvolgimento di 58 studenti iscritti ai
Corsi di Laurea socio-psicopedagogica.
Soggetto 4 Soggetto 74 Soggetto 108 Soggetto 125
Item 17 x
Item 13 x x
Item 7 x x x
Item 16 x
Item 18
Item 10 x x
Item 19 x x
Item 14 x
Item 20 x
Item 4 x
Item 1 x
Item 11 x x
Totale 3 6 5 3
Il campione risulta composto per il 99% da persone di sesso femminile. L’età è compresa tra i 19
e i 21 anni, trattandosi di studenti iscritti al primo e al secondo anno del corso di laurea. La tabella
che segue riassume le risposte positive( vedi tabella 8).
TABELLA 8. Risultati relativi al quarto campione di studenti
Da una prima scrematura è possibile notare che 4 soggetti presentano più di 8 risposte positive:
ciò rappresenta un indicatore di una probabile <<difficoltà>> (vedi tabella 9). La valutazione, come
per gli altri campioni, prosegue andando a vedere, per i 4 questionari selezionati, la quantità delle
risposte date agli item discriminanti.
Soggetto n. positività Soggetto
n.positività Soggetto n. positività
1 3 22 2 43 3
2 11 23 3 44 5
3 0 24 2 45 4
4 0 25 4 46 1
5 0 26 3 47 5
6 2 27 2 48 2
7 10 28 6 49 2
8 4 29 2 50 3
9 1 30 7 51 4
10 8 31 2 52 3
11 3 32 2 53 4
12 1 33 3 54 1
13 5 34 1 55 5
14 3 35 3 56 2
15 5 36 1 57 2
16 6 37 0 58 0
17 5 38 1
18 6 39 3
19 6 40 4
20 3 41 11
21 2 42 1
TABELLA 9. Risposte affermative agli item discriminanti.
Questo passaggio mette in luce che lo studente nella posizione 41 ha fornito 6 risposte positive
agli item discriminanti, livello ritenuto sufficiente per una <<sospetta dislessia>>. Gli altri 3 casi
presentano comunque punteggi globali molto alti.
Soggeto 2 Soggetto 7 Soggetto 10 Soggetto 41
Item 17 x
Item 13 x
Item 7
Item 16 x x
Item 18 x x
Item 10 x
Item 19 x
Item 14
Item 20 x x x
Item 4 x
Item 1 x
Item 11 x x x
Totale 4 4 2 6
2.2 Le indagini successive
Le indagini relative all’anno accademico 2009-2010 sono state svolte con il proposito di
recuperare i questionari problematici e di effettuare un’indagine diagnostica dello strumento.
Nell’indagine eseguita nell’ottobre 2009, il test ADCL è stato somministrato a una classe di 241
studenti, di cui si rileva una percentuale di donne pari al 96,27%, vs una percentuale di uomini pari
al 2,49% (l’1,24% di soggetti si è astenuto).
Nel presente universo scolastico il 94,19% degli studenti è iscritto al Corso di Laurea in
Pedagogia dell’Infanzia, mentre il restante 5,81% frequenta il Corso di Laurea in Pedagogia dei
Processi Formativi. I dati rilevati dall’analisi del campione hanno permesso di identificare un
numero massimo di 19 soggetti che hanno presentato almeno 8 positività nel totale degli item, pari
al 7,8% del totale (vedi tabella 10).
Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività
1 5 37 4 73 4 109 3
2 4 38 4 74 5 110 8
3 3 39 4 75 5 111 3
4 5 40 5 76 6 112 7
5 3 41 8 77 5 113 5
6 5 42 7 78 6 114 4
7 8 43 4 79 5 115 4
8 9 44 3 80 6 116 3
9 7 45 5 81 3 117 9
10 1 46 7 82 3 118 4
11 1 47 4 83 2 119 6
12 3 48 4 84 4 120 5
13 0 49 6 85 7 121 1
14 3 50 2 86 3 122 1
15 5 51 5 87 2 123 9
16 7 52 4 88 4 124 5
17 1 53 7 89 2 125 6
18 6 54 3 90 5 126 6
19 18 55 4 91 2 127 4
20 5 56 2 92 4 128 3
21 4 57 4 93 7 129 5
22 5 58 9 94 1 130 7
23 4 59 4 95 4 131 2
24 6 60 1 96 3 132 2
25 0 61 3 97 3 133 2
26 6 62 5 98 5 134 3
27 6 63 6 99 7 135 5
28 3 64 5 100 3 136 2
29 3 65 10 101 4 137 6
30 2 66 4 102 3 138 5
31 3 67 8 103 3 139 5
32 1 68 3 104 8 140 4
33 4 69 5 105 3 141 2
34 2 70 2 106 2 142 3
35 4 71 5 107 5 143 6
36 6 72 7 108 2 144 7
TABELLA 10. Risultati relativi al primo campione di studenti
Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività
145 0 170 4 195 2 220 7
146 2 171 10 196 2 221 4
147 2 172 7 197 1 222 5
148 2 173 6 198 4 223 6
149 5 174 4 199 4 224 2
150 2 175 3 200 4 225 5
151 7 176 9 201 8 226 7
152 7 177 4 202 7 227 8
153 6 178 5 203 4 228 6
154 8 179 3 204 7 229 5
155 4 180 6 205 5 230 5
156 7 181 5 206 7 231 6
157 8 182 3 207 4 232 2
158 7 183 6 208 6 233 4
159 3 184 9 209 3 234 2
160 7 185 8 210 0 235 5
161 6 186 3 211 0 236 1
162 2 187 7 212 2 237 5
163 3 188 6 213 6 238 7
164 2 189 1 214 6 239 5
165 7 190 6 215 4 240 7
166 12 191 4 216 3 241 7
167 3 192 1 217 3
168 7 193 1 218 5
169 4 194 2 219 3
19 casi sono stati nuovamente analizzati mettendoli a confronto con le domande discriminanti di
M. Vinegrad. (vedi tabella 11).
TABELLA 11. Risposte affermative agli item discriminanti
Sulla base della quantità di risposte agli item discriminanti, si può affermare che 3 soggetti fra i
19 già ritenuti a rischio nel nostro campione manifestano una maggiore percentuale di <<rischio>>
dislessia, per il fatto che presentano 6 e più positività negli item discriminanti, indicatore di una
probabile <<difficoltà>>.
Item
17
Item
13
Item
7
Item
16
Item
18
Item
10
Item
19
Item
14
Item
20
Item
4
Item
1
Item
11
Totale
Sog.
7
x x x 3
Sog.
8
X X x x x 5
Sog.
19
X X X x x x x x x x x 11
Sog.
41
x x x 3
Sog.
58
X X x 3
Sog.
65
x x x x x 5
Sog.
67
X x x x x 5
Sog.
110
x X x 3
Sog.
117
x X x x 4
Sog.
123
X X x x x 5
Sog.
154
x x 2
Sog.
157
X X x x x 5
Sog.
166
X x x x x x 6
Sog.
171
X x x 3
Sog.
176
X x x x 4
Sog.
184
X X x x x x 6
Sog.
185
x x x x 4
Sog.
201
X x x x 4
Sog.
227
x x x 3
Un secondo gruppo di studenti è stato oggetto di sperimentazione nel mese di novembre 2009. La
totalità del campione è costituita da 58 donne, di cui il 98,3% iscritte al Corso di Laurea in
Pedagogia dell’Infanzia e il restante 1,7% al Corso di Laurea in Pedagogia dei Processi formativi.
Nella presente indagine, questo rischio si evidenzia solo nel caso dello studente nella posizione n. 4
il quale ha presentato 12 domande positive, (vedi tabella 12).
TABELLA 12. Risultati relativi al secondo campione di studenti
Il questionario selezionato è stato confrontato con le 12 domande discriminanti (vedi tabella 13).
Studente Positività Studente Positività Studente Positività
1 5 21 2 41 3
2 4 22 3 42 2
3 7 23 6 43 1
4 12 24 4 44 5
5 7 25 4 45 3
6 0 26 5 46 3
7 0 27 2 47 2
8 3 28 2 48 5
9 3 29 4 49 4
10 3 30 3 50 4
11 5 31 3 51 4
12 2 32 5 52 3
13 5 33 7 53 4
14 3 34 4 54 4
15 6 35 6 55 3
16 3 36 6 56 3
17 0 37 1 57 3
18 4 38 5 58 2
19 2 39 1
20 1 40 3
TABELLA 13. Risposte affermative agli item discriminanti
I risultati mettono in luce che la studentessa ha fornito 6 risposte positive agli item discriminanti,
livello ritenuto sufficiente per una <<sospetta dislessia>>. Questo passaggio consente di confermare
la validità degli item discriminanti. Tuttavia, per proseguire anche questo percorso volto ad
accertare la bontà dello strumento di Vinegrad, si è proceduto con l’analisi dei singoli item
utilizzando l'Indice di Discriminazione.
Item
17
Item
13
Item
7
Item
16
Item
18
Item
10
Item
19
Item
14
Item
20
Item
4
Item
1
Item
11
Totale
Sog. 4 X X X X X X 6
2.3 L’Indice D
Per calcolare questo valore è stato suddiviso il campione totale in due gruppi. Il primo gruppo
raccoglie i soggetti che si collocano al di sotto del primo quartile, con un punteggio compreso fra 0
e 2. Il secondo gruppo include, invece, i soggetti che si collocano sopra al terzo quartile, in
corrispondenza del punteggio da 5 a 18.
Per ogni gruppo è stata calcolata la percentuale di coloro che nell’item hanno indicato il punteggio
0. In particolare, per ciascuno dei due gruppi, tale percentuale è stata calcolata rapportando, per
ciascun item, la frequenza delle risposte 0 con il totale dei soggetti presenti nel sottogruppo.
L'Indice D è stato calcolato sottraendo, per ciascun item, la proporzione di 0 rilevati nel primo
gruppo (punteggi inferiori) dalla proporzione di 0 rilevata nel secondo gruppo. Sono considerati
discriminanti gli item che riportano un valore uguale o superiore a 0.35.
Il grafico rappresentato (fig.1) riassume i valori emersi dal calcolo dell’Indice D e, com’è possibile
notare, gli unici valori al di sotto dello 0.35 corrispondono agli item 6 e 9, che non rientrano tra i 12
item considerati significativi per il gruppo di lavoro di M. Vinegrad.
Considerando le domande significative, il valore di discriminazione più basso raggiunge il
punteggio 0.51 e quello più alto il punteggio 0.94. Valori ritenuti soddisfacenti che conferiscono
allo strumento di screening una buona capacità discriminativa, una buona capacità di indagine
rispetto a ciò che si vuole analizzare e una buona attendibilità.
Figura 1 – Indice di Discriminazione
Conclusioni
Il lavoro descritto è ancora in corso e, come detto in precedenza, ha l’obiettivo di verificare
l’attendibilità dello strumento presentato. Allo stato attuale, e con le piccole esplorazioni operative,
si può sostenere che l’ADCL ha una buona capacità di discriminazione che andrebbe ulteriormente
raffinata con maggiori dati sperimentali.
Lo strumento di Vinegrad è solo un primo passo per indagare possibili bisogni e ha il vantaggio
di essere poco invasivo e di fornire agli insegnanti una prima possibilità di valutazione facilmente
spendibile in un contesto classe; inoltre esso consente di operare una prima scrematura per poi
procedere a un’indagine specifica.
Tale strumento può essere migliorato e perfezionato anche in relazione alle differenze culturali e
linguistiche. In tal senso un primo passo è stato operato da Tim Miles e il suo gruppo di ricerca i
quali, partendo dal questionario di M.Vinegrad, ne hanno prodotto uno nuovo.41
Dott.ssa Roberta Cursi
Contatti: [email protected]
Bibliografia
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D.IANES ET AL. (a cura di), La Dislessia, Erickson, Trento 2007
Fonzi A. (2001), Manuale di Psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti.
G. STELLA, E. SAVELLI. Dislessia. Giornale italiano di ricerca clinica e applicativa. Ottobre
2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento.
G.STELLA, La dislessia, Il Mulino, Bologna 2004.
G. STELLA (a cura di) La Dislessia. Aspetti clinici, psicologici e riabilitativi, Franco Angeli,
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G. STELLA, Le origini biologiche della dislessia, in “Dislessia”, Marzo 2004, vol 1,n. 1, Erickson,
Trento.
G. REID LYON ET. AL., Una definizione di dislessia, in “ Dislessia”, Ottobre 2004, vol 1, n.3,
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M. LORUSSO ET AL., Parametri “tempo e velocità” per la misurazione della rapidità di lettura, in
“Dislessia”, Ottobre 2006, vol. 3 n 3, Erickson, Trento.
41
Vedi http.//www.city.ac.uk/studentcentre/learning-success/dps/screening_checklist_2008pdf .
R. MILITERNI, Neuropsichiatria infantile, Idelson-Gnocchi, Napoli 1999.
S. PINNELLI E R.CURSI (2010), Dislessia in età adulta: il questionario di Vinegrad in una
ricerca esplorativa con studenti universitari. in E. Genovese et al. (2010), Dislessia e
università,Trento, Erickson.
P. TRESSOLDI, C. VIO, Sillabe al secondo o secondo per sillaba: Qual è il problema., in
“Dislessia”, Gennaio 2007, vol. 4, n 1, Erickson, Trento.
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TURNER M. (1997), Psichological assessment of dyslexia, London, Whurr.
U. BORTOLINI, Lo sviluppo fonologico, in “Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva”,
Zanichelli, Bologna 1995.
Vinegrad M. (1994), A revised Adult Dyslexia Checklist, <<Educare>>, Luglio.
W.a. Saunders, M.G. Barker, Dyslexia as cause of Psychiatric Disorder in Adults,in “British
Medical Journal, 1972, n. 4, pp. 759-761, cit. da C. Ruggerini, Atti del Convegno “La dislessia
negli adolescenti e adulti”, 19 Aprile 2008, Reggio Emilia.
Sitografia
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http://www.aiditalia.org/upload/pesaro_gozio_1.pdf
http.// www.airipa.it
http.//www.city.ac.uk/studentcentre/learning-success/dps/screening_checklist_2008pdf
http:// www.dace-dyslexia.org.uk/A%20Revised%Adult%20Dyslexia%20checklist%201.pdf
http://digilander.libero.it/ProntoSoccorsoScuola/Dislessia/test_adulti.htm
http.// www.iprase.tn.it/prodotti/materiali_di_lavoro/dislessia/p3.asp
http.// www.orizzontescuola.it/orizzonte/article12788.htm
http://www.pinguini.net/convegni/2000/disless.htm
http:// www.psychology.heacademy.ac.uk/docs/pdf/p20080225_62_Pope_et_al.pdf
http:// www.xtraordyinarypeople.com/x-factor/
APPENDICE
Test di valutazione della dislessia negli adulti (ADCL)42
42
vedi http://digilander.libero.it/ProntoSoccorsoScuola/Dislessia/test_adulti.htm
1. Hai difficoltà a distinguere la destra dalla sinistra?
2. Ti confonde la lettura di una mappa o l’orientarti in un posto nuovo?
3. Detesti leggere a voce alta?
4. Ci metti più tempo del dovuto a leggere una pagina di un libro?
5. Trovi difficile ricordare il significato di ciò che hai letto?
6. Detesti leggere libri lunghi?
7. La tua ortografia è scadente?
8. La tua calligrafia è difficile da leggere?
9. Ti confondi se devi parlare in pubblico?
10. Hai difficoltà a prendere un messaggio telefonico e
trasmetterlo correttamente?
11. Quando pronunci una parola lunga, ti capita di avere difficoltà a ordinare i vari suoni nell’ordine
corretto?
12. Hai difficoltà a sommare mentalmente, senza usare le dita o un pezzo di carta?
13. Quando usi il telefono, ti capita di confondere le diverse cifre mentre marchi il numero?
14. Hai difficoltà a ripetere i mesi dell’anno uno dopo l’altro in modo scorrevole?
15. Hai difficoltà a ripetere i mesi dell’anno a ritroso?
16. Confondi date e orari e dimentichi appuntamenti?
17. Quando scrivi degli assegni ti capita spesso di fare degli errori?
18. Trovi che i formulari siano difficili e confondano?
19. Confondi i numeri dell’autobus come 95 e il 59?
20. Hai avuto difficoltà a imparare le tabelline a scuola?