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GIUSEPPE BROCCHINI ENTI COMUNITARI Lineamenti organizzativi e contabili Appunti su argomenti per la preparazione all’esame di dirigente di comunità

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GIUSEPPE BROCCHINI

ENTI COMUNITARI

Lineamenti organizzativi e contabili

Appunti su argomenti per la preparazione all’esame di dirigente di comunità

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 2 CAPITOLO 1 CALCOLI COMMERCIALI pag. 3 CAPITOLO 2 LA CONTABILITÀ AZIENDALE pag. 11 CAPITOLO 3 LA PROGETTAZIONE DI UNA

STRUTTURA COMUNITARIA pag. 29 CAPITOLO 4 LA RILEVAZIONE STATISTICA pag. 34 APPENDICE Esercizio svolto su preventivo di

competenza e di cassa di un’azienda erogativa pag. 42 La logica strategica delle strutture pag. 44 Comunitarie

BIBLIOGRAFIA pag. 46

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- INTRODUZIONE - Scopo del presente lavoro è fornire ai frequentanti i Corsi per Dirigenti di Comunità una trattazione organica degli argomenti in materia contabile. Il programma ministeriale per il conseguimento del Diploma di Dirigente di Comunità contiene, infatti, una serie di argomenti diversi l’uno dall’altro, tesi ad offrire una conoscenza generica della disciplina contabile, dalla contabilità pura e semplice a nozioni generiche di economia aziendale passando per la normativa sul lavoro per arrivare alla contabilità pubblica e alla statistica, dopo aver analizzato le leggi varie sull’igiene e sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Si arriva, in tal modo, ad avere un’ampia preparazione su varie tematiche che obbliga, però, il candidato a consultare vari testi. Per tale motivo ho raccolto in un’unica dispensa appunti da me redatti che ho utilizzato nel corso delle lezioni tenute in varie scuole, cercando di creare uno strumento di studio sintetico e chiaro per coloro che si avvicinano per la prima volta alla contabilità l’intera materia cercando di creare uno strumento di studio sintetico e chiaro per coloro che si avvicinano per la prima volta alla contabilità. Nel corso della trattazione si esamineranno i documenti contabili più comuni (assegno, cambiale, fattura, mandato di pagamento ecc.) per giungere ad illustrare la logica che guida la redazione di documenti contabili in una realtà non profit. Compilazione di una fattura, elaborazione di una busta paga, formazione di un bilancio, tenuta di libri contabili sono concetti che un operatore di comunità, pur chiamato ad altre attività di tipo socio - assistenziale, deve comunque conoscere, seppur marginalmente. Un minimo di abilità nei calcoli commerciali costituisce utile integrazione alle conoscenze di base in questa disciplina. Ecco, quindi, una breve esposizione delle tecniche di computo più frequenti (percentuale, interesse, sconto), utili nel lavoro quotidiano. Ho voluto arricchire, poi, il lavoro con un approfondimento sulle varie tipologie di comunità in modo da far capire l’essenza e la struttura di tali aggregazioni umane: dalle terapeutiche a quelle religiose fino a quelle politiche come le Comunità Montane. Il Dirigente di Comunità deve avere, quindi, una conoscenza sintetica dei vari aspetti che caratterizzano l’Azienda di Erogazione, in special modo Comunità e Asili Nido; per questo motivo gli esempi riportati, spesso, vertono proprio su asili o case di assistenza. A completamento della trattazione, alcune nozioni base di Statistica. Sarà fornita una breve spiegazione di alcuni concetti fondamentali (probabilità e frequenza) e di metodologie d’indagine che offrono una visione d’assieme su come porsi di fronte a determinate problematiche usando indicatori come la media, moda e mediana. Per concludere, questo breve e semplice lavoro è stato ideato non tanto per riempire di nozioni gli studenti e lettori in genere, ma per sviluppare una mentalità “contabile” nella gestione di un’organizzazione non-profit e di una comunità in particolare. Obiettivo non velleitario, spero, che il sottoscritto si pone, convinto, peraltro, che è sempre la pratica (unita però ad un minimo di teoria) la migliore maestra del futuro operatore di comunità! L’autore

GIUSEPPE BROCCHINI

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CAPITOLO 1 - CALCOLI COMMERCIALI Sezione I - Tecniche di calcolo base In questa sezione accenniamo ad alcuni concetti base di calcolo commerciale (la percentuale, l’interesse e lo sconto), offrendo alcuni esempi pratici. 1) OPERAZIONI CON IL CALCOLO PERCENTUALE

a) Calcolo percentuale

Un venditore cede una partita di merce a € 413,16 praticando un sconto del 20%. Qual è il prezzo di vendita?

Il calcolo della percentuale deriva dall’impostazione di una proporzione così strutturata:

100 : 20 = 413,16 : x 413,16 x 20 = € 82,63 100

Abbiamo applicato la regola fondamentale delle proporzioni: il prodotto dei medi (20 e 413,16)

deve essere uguale a quello degli estremi (100 e x).

Dal calcolo risulta che l’ammontare dello sconto è pari a € 82,63 quindi il prezzo di vendita è

pari a € 330,53 (€ 413,16 - € 82,63).

b) Calcolo di sopracento e sottocento

Durante il trasporto una merce che aveva in partenza il peso di t.450 ha subito un calo del 2%.

Determinare la quantità arrivata.

100 : 98 = 450 : x 98 x 450 100

In breve, partendo dalla base 100, abbiamo tolto l’aliquota 2 per arrivare a 98. Dal calcolo

risulta che la merce arrivata a destinazione è di t 441.

c) Problema delle percentuali successive

La regola fondamentale è la seguente: “quando le diverse percentuali si riferiscono allo stesso importo base, le aliquote vengono calcolate sulla stessa grandezza e i diversi risultati ottenuti sono, poi, sommati fra loro; quando le diverse percentuali si riferiscono a importi base diversi, le aliquote si applicano sui diversi risultati”. Tale definizione verrà chiarita in seguito con esercizi strutturati.

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2) INTERESSE

È il prezzo che bisogna pagare per aver preso in prestito una somma di denaro; tale prezzo è

espresso in percentuale.

a) Interesse semplice

Capitale dato in prestito: € 5.164,57

durata (n): 10

tassi interesse (i):15%

Formula :

c x i x t = 5.164,57 x 15 x 10 = € 7.746,85 100 100

L’interesse da pagare matura sul capitale iniziale. Aggiungiamo gli interessi al capitale e otteniamo il montante

5.164,57 + 7.746,85 = € 12.911,42

C + I = M

b) Interesse composto

La differenza tra il interesse semplice ed interesse composto non è solo quantitativa ma anche

d’impostazione di calcolo. Infatti in quello semplice a maturare è il solo capitale iniziale,

prestato all’inizio; in quello composto l’interesse matura sul montante formatosi nel periodo

precedente. Alla fine, quindi, l’interesse matura su una somma già comprensiva degli interessi.

Con gli stessi dati dell’esercizio precedente impostiamo la seguente formula:

M = C ( 1 + i)n

M = 5.164,57 (1 + 0,15)10 = € 20.893,57 (montante composto).

Il montante composto, per il motivo suddetto, è maggiore di quello semplice.

3) SCONTO

Se l’interesse è il prezzo per aver preso in prestito una somma di denaro da restituire ad una certa

scadenza, lo sconto è il compenso per aver restituito in anticipo una somma precedentemente

presa in prestito.

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Nel calcolo dell’interesse parliamo di “capitalizzazione” (si aggiunge una somma, l’interesse, ad

un’altra, il capitale di partenza); nello sconto si parla invece di “attualizzazione” (togliere una

somma da un’altra per aver restituito prima una somma di denaro). Le tipologie principali di

sconto che esamineremo sono le seguenti: mercantile, commerciale, composto.

a) Sconto mercantile: è quello che viene concesso per aver pagato in

contanti una somma di denaro per l’acquisto di una merce

(è l’unico sconto in cui non si considera il tempo).

Costo del bene = € 361,52

Pagamento = in contanti

sconto = 5%

361,52 x 5 = € 18,08 361,52-18,08 = € 343,44 100

b) Sconto commerciale: è quello che viene concesso al debitore per aver pagato prima un

debito.

Importo del debito: € 2.065,83 (montante)

Tasso di sconto: 10%

Anticipo rispetto alla scadenza: 3 anni

2.065,83 x 10 x 3 = € 619,75 100

Il risultato è pari € 619,75 e rappresenta lo sconto applicato per aver pagato in anticipo. Quindi la somma rimasta da pagare è € 1.446,08 (Valore attuale).

c) Sconto composto: ad esso si applica la seguente formula, che riprende quella dell’interesse composto, con esponente negativo in quanto ci troviamo nel campo del valore attuale:

Va = € 2.065,83 (1+0,10)-3 = € 1.552,08

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Sezione II - Applicazioni pratiche.

Vediamo alcune applicazioni dei concetti sopra esposti

In data 01/09/2003 un commerciante ha acquistato una partita di merce per € 1.000 ricevendo una fattura da pagarsi entro il 15

dicembre 2003. Se volesse anticipare il pagamento al 15 novembre, quanto dovrebbe versare, sapendo che il creditore applica un

tasso di sconto pari al 4%?

Il pagamento avviene con 30 giorni di anticipo; si applica quindi lo sconto commerciale, esprimendo il tempo con i giorni.

Sc = 1.000 x 4 x 30 = 3,33 Va = 1.000-3,33 = 996,67 36.000

Un’altra applicazione interessante, relativa al problema del sottocento, è lo scorporo dell’I.V.A. In genere nelle fatture, l’I.V.A.

si applica a parte sull’importo della merce 8detto imponibile). Può capitare, talvolta, che il prezzo della merce sia già

comprensivo dell’imposta. Il calcolo utilizzato per separare l’importo del bene dall’I.V.A. si chiama “scorporo”.

Prezzo della merce: € 1.500 I.v.a. compresa (aliquota al 20%)

Scorporo: 120 : 100 = 1.500 : x dove x (incognita) è il prezzo senz’I.v.a.

x = 1.500 * 100 = € 1.250 120 Per verificare che il calcolo sia corretto, basta applicare sull’importo di € 1.250 l’aliquota del 20%

/--------/ /-------/

Torniamo, ora, al problema delle percentuali successive vedendo i due casi in cui le diverse percentuali si riferiscono:

1. allo stesso importo base

2. a importi – base diversi

I problemi delle percentuali successive Le percentuali successive si possono calcolare sulla stessa base percentuale oppure su basi diverse. Vediamo il primo caso in cui le percentuali si riferiscono allo stessa base. Una partita di merce è stata acquistata al prezzo di € 15.121,86. Determinare il costo complessivamente sostenuto per detta merce sapendo che ad un intermediario è stato versato il 2% del prezzo, che le spese di trasporto sono state pari all'8% del prezzo e che quelle di assicurazione sono state pari allo 0,60% del prezzo.

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Risolviamo questo problema calcolando singolarmente le varie percentuali sulla stessa grandezza (prezzo di acquisto della merce) e poi addizionando i risultati ottenuti. Prezzo di acquisto della merce € 15.121,86 + 2% per l’intermediario 15.121,86*2 = € 302,44 100 + 8% per il trasporto 15.121,86*8 = € 1.209,68 100 + 0,60% per l’assicurazione 15.121,86 X 0,60 = € 90,73 100 Costo complessivo della merce € 16.724,71 Vediamo, ora, il secondo caso in cui le percentuali si riferiscono ad importi base diversi. Un impiegato gode dello stipendio lordo mensile di € 852,15. Su tale stipendio vengono effettuate trattenute previdenziali pari all’8,65% dell’importo lordo e trattenute fiscali pari al 25% della somma residua. Determinare lo stipendio netto percepito. Risolviamo questo problema osservando che le due percentuali si applicano ad importi diversi poiché le trattenute fiscali devono essere calcolate sull’importo che rimane dopo aver tolto le trattenute previdenziali. Stipendio lordo mensile dell’impiegato € 852,15 8,65% per trattenute previd. 852,15 X 8,65 = € 73,71 100 stipendio al netto delle trattenute previd. € 778,44 25% per trattenute fiscali 778,44 X 25 = € 194,61 100 stipendio netto € 583,83 I riparti I problemi di riparto servono a distribuire una somma di denaro in proporzione a determinati criteri (ore lavoro, capitale apportato ecc.). Essi si suddividono in problemi di riparto diretto ed indiretto (a seconda che la ripartizione avvenga con criteri direttamente o indirettamente proporzionali). Casi pratici di riparto (riportati di seguito) sono, ad esempio, la distribuzione

dell’utile aziendale oppure il pagamento di premi aziendali.

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Una società commerciale ha realizzato nel corso dell’anno un utile netto di € 14.729,35. Tale utile viene ripartito fra i tre soci in proporzione alle seguenti quote di capitale che ciascuno ha conferito nella società: socio Biscaldi, quota di capitale conferita € 15.493,71; socio Gìbelli, quota di capitale conferita € 12.911,42; socio Ricci, quota di capitale conferita € 28.405,13. Determinare l’utile spettante a ciascun socio.

Anche in questo caso si tratta di effettuare un riparto semplice diretto. E' semplice perché la suddivisione dell’utile si compie in proporzione ad un solo gruppo di grandezze conosciute, rappresentate dalle quote d capitale dei tre soci. E' diretto poiché il riparto dell’utile avviene in modo direttamente proporzionale rispetto alla quota di capitale conferita da ciascun socio: infatti più è elevato il capitale apportato da un socio, maggiore è la parte di utile che gli spetta.

Calcoliamo per prima cosa il coefficiente di riparto: S _____________ a+b+c 14.729,35 _________________________________________ = 0,259 272 708 (coeff.di riparto) 15.493,71 + 12.911,42 + 28.405,13

Moltiplichiamo ora il coefficiente di riparto ottenuto per le quote di capitale conferite dai singoli soci: socio Biscaldi 0,259 272 708 x 15.493,71 = € 4.017,10 quota di utile per Biscaldi socio Gibelli 0,259 272 708 X 12.911,42 = € 3.347,58 quota di utile per Gibelli socio Ricci 0,259 272 708 X 28.405,13 = € 7.364,67 quota di utile per Ricci

Per verificare che i calcoli siano esatti, basta sommare le singole quote di utile spettanti a ciascun socio. Dovrà risultare di nuovo l’utile iniziale di € 14.729,35

Il caso ora presentato, riguardante il riparto dell’utile di una società commerciale, viene tradizionalmente indicato come riparto di società. Un professionista destina a fine anno la somma di € 516,46 come premio straordinario per le sue tre segretarie, da ripartire in proporzione inversa al numero dei giorni di assenza effettuati nell’anno (Elena 4 assenze, Adriana 7 assenze, Claudia 5 assenze). Determinare l’ammontare del premio spettante a ciascuna segretaria.

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E' evidente che si tratta di un riparto semplice inverso. E' semplice poiché la suddivisione del premio si compie in proporzione ad un solo gruppo di grandezze conosciute rappresentate dai giorni di assenza delle tre segretarie. E' inverso poiché il riparto del premio avviene in modo inversamente proporzionale rispetto alle assenze effettuate da ciascuna segretaria; infatti più alto èil numero delle assenze compiute da una segretaria, minore è la parte di premio che le spetterà.

Calcoliamo per prima cosa il coefficiente di riparto:

S 516,46 ______________ = _________________ = 871,14

1 1 1 1 1 1 _ _ _ _ _ _ a b c 4 7 5

Moltiplichiamo ora il coefficiente ottenuto per il reciproco dei giorni di assenza delle singole segretarie:

1 871,14 * _ = € 217,78 premio spettante alla sig.ra Elena

4 1 871,14 * _ = € 124,45 premio spettante alla sig.ra Adriana

7 1 871,14 * _ = € 174,23 premio spettante alla sig.ra Claudia

5 Per verificare che i calcoli siano esatti, basta sommare i singoli premi per riottenere la somma iniziale che è l’ammontare totale del premio, pari a € 516,46.

Riparti composti Nei riparti composti, la somma di denaro viene ripartita sulla base di due o più grandezze. I riparti composti possono essere diretti o inversi. Vediamo, ora, due esercizi di applicazione, l’uno con il riparto diretto, l’altro con quello inverso. Riparto diretto Si deve suddividere fra tre piani la spesa per il funzionamento dell’ascensore, pari ad € 300. Il riparto viene effettuato sia sulla base del piano occupato sia al numero dei componenti il nucleo familiare. Famiglia A 1° PIANO 4 componenti Famiglia B 2° PIANO 3 componenti Famiglia C 3° PIANO 5 componenti

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Coefficiente di riparto:

_________300___________ = 12 (1 * 4) + (2 * 3) + (3 * 5) 12 * 1 * 4 = 48 12 * 2 * 3 = 72 12 * 3 * 5 = 180 Come si può notare, la famiglia che abita all’ultimo piano e ha più componenti, pagherà di più, in quanto usufruisce di più dell’ascensore per un maggior numero di persone.

Riparto inverso

Un Comune intende elargire un contributo di € 3.000 a tre famiglie in proporzione sia al reddito complessivo dichiarato sia al numero dei componenti in grado di lavorare.

Famiglia A reddito complessivo € 4.000 n° lavoranti 2

Famiglia B reddito complessivo € 5.000 n° lavoranti 3

Famiglia A reddito complessivo € 6.000 n° lavoranti 4

Coefficiente di riparto:

3.000 ___________ = 12 86 44 93

1/(4.000 * 2) + 1/(5.000 * 3) + 1/(6.000 * 4)

1/(4.000 * 2) * 12 86 44 93 = 1.608,06

1/(5.000 * 3) * 12 86 44 93 = 856,77

1/(6.000 * 4) * 12 86 44 93 = 535,16

Il contributo verrà elargito in misura superiore a chi ha più reddito complessivo e maggior numero di persone lavoranti.

Riparto misto

In questo modello di riparto, una somma viene distribuita secondo due o più grandezze seguendo un criterio di proporzionalità sia diretto che inverso. Ecco un esempio. Il titolare di due negozi ha sostenuto spese di pubblicità in un anno pari ad € 2.000. Decide di ripartirle in modo diretto in base alla superficie di ciascuno dei due negozi (un negozio più esteso ha bisogno di maggiore pubblicità) ed in modo indiretto in base agli anni di attività (da quanto più tempo un negozio è presente sul mercato tanto meno ha bisogno di pubblicità).

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negozio A 300 mq 3 anni di attività negozio B 500 mq 7 anni di attività _________2.000__________ = 11,67 (300 * 1/3) + (500 * 1/7) (300 * 1/3) * 11,67 = 1.167 (500 * 1/7) * 11,67 = 833,57

CAPITOLO 2 – LA CONTABILITA’ AZIENDALE Sezione I - I documenti contabili Ogni azienda (di cui più avanti svilupperemo meglio il concetto) intrattiene rapporti con l’ambiente esterno tramite una serie di transazioni, diverse fra loro, che, per legge, devono essere giornalmente annotate, in modo da tenerne memoria nel tempo e consentire la costruzione del bilancio di fine anno (che permette di quantificare l’utile o la perdita subita e verificare la situazione patrimoniale). Si parte dalla tenuta di una contabilità elementare (registro di cassa, delle cambiali, la prima nota ecc.) per arrivare alla redazione del libro giornale (ove si annotano le singole operazioni svolte dall’ente) e del libro degli inventari (ove si evidenzia il patrimonio dell’azienda). Tutto ciò presuppone, però, la conoscenza dei documenti contabili fondamentali che provano l’esistenza di transazioni commerciali. Ecco una breve rassegna: FATTURA: viene emessa in occasione della vendita di un bene e ha due funzioni: 1) documentare l’avvenuto passaggio del bene dal venditore all’acquirente, evidenziandone la quantità, il prezzo, la qualità, le clausole di consegna, gli imballaggi usati; 2) evidenziare l’IVA. L’IVA è l’imposta sul valore aggiunto che colpisce l’incremento di valore che si forma quando un bene passa da un operatore all’altro; in particolare tale incremento è la differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo d'acquisto. Vengono applicate tre aliquote - 4%, 10%, 20% - sulla differenza suddetta chiamata “base imponibile”. Gli elementi che deve contenere per essere valida sono i seguenti: -Parte descrittiva:

* generalità del venditore, generalità del compratore, data della fattura, numero della fattura, riferimento al documento di trasporto -Parte gabellare:

* importo della merce venduta, sconti, oneri accessori a carico del compratore, importo dell’IVA, interessi per dilazione di pagamento e di mora (se ci sono).

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La fattura si distingue in: immediata e differita. Nel primo caso la fattura viene emessa subito e ha, anche, il valore di documento di trasporto (nonché di scontrino fiscale o ricevuta quando viene rilasciata al momento della prestazione). Nel secondo caso essa viene emessa entro il mese successivo a quello d’emissione della bolla.

SCONTRINO FISCALE: documento comprovante la spesa, emesso dal venditore-dettagliante: può essere documento valido per dedurre i costi quando contiene l’operazione svolta e il C.F. e P. IVA dell’acquirente.

RICEVUTA FISCALE : ha la stessa funzione dello scontrino ma viene emessa da alcune categorie di operatori commerciali (parrucchieri, estetiste, ristoratori, meccanici).

RICEVUTA BANCARIA: è un documento che viene emesso dal creditore- venditore verso il debitore-compratore ed ha una funzione di riscossione. In esso sono contenuti: le generalità del venditore, quelle del compratore, l’importo del credito (in cifre e in lettere), la data di scadenza, la banca d’appoggio, l’importo dei bolli. La ricevuta bancaria viene ceduta alla banca che provvederà a spedirlo al domicilio del debitore per la riscossione del credito. Se non viene pagata, ritornerà di nuovo al venditore, insoluta.

CONTABILE: nelle operazioni bancarie, le aziende di credito rilasciano delle “ricevute” sulle quali è annotato il tipo d’operazione, l’importo e la data. La funzione è quella di documentare l’effettuazione dell’operazione (ad esempio un versamento oppure un accreditamento sul c/c).

BOT (BUONI ORDINARI DEL TESORO): è un titolo di credito di massa emesso dallo Stato, la cui durata va dai tre mesi fino ad un anno. Con esso lo Stato s'impegna a rimborsare alla scadenza un importo rivalutato a favore del risparmiatore che l'ha acquistato.

CCT (CERTIFICATI DI CREDITO DEL TESORO): come il Bot è un titolo di Stato, ma ha una scadenza da due a quattro anni. Lo Stato s’impegna a rimborsare il valore capitale del titolo alla scadenza e, periodicamente, le cedole d’interesse.

BTP (BUONI DEL TESORO POLIENNALI): come i due precedenti è un titolo di Stato la cui scadenza va dai due ai nove anni. Come i CCT, frutta periodicamente gli interessi e il capitale alla scadenza. CERTIFICATI DI DEPOSITO: sono titoli al portatore o nominativi, rappresentativi di depositi vincolati a scadenza fissa a breve o a medio termine; il tasso d’interesse può essere fisso o variabile. Viene emesso dalle banche, che non possono rimborsarlo in anticipo rispetto alla scadenza o riacquistarlo.

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CERTIFICATI DI PARTECIPAZIONE: sono titoli che attestano d'aver investito una somma di denaro in un fondo comune d’investimento. I titoli pubblici hanno queste caratteristiche comuni: sono titoli al portatore (non sono nominativi e si trasferiscono con la semplice consegna), hanno un valore nominale (l’importo scritto sul titolo), d'emissione (il prezzo di vendita), di mercato (si forma in borsa), di rimborso (l’importo pagato alla scadenza). I titoli suddetti sono al portatore.

AZIONI: sono titoli privati emessi dalle società di capitale (s.p.a., s.a.p.a., s.r.l.), che danno ai legittimi proprietari il diritto di: riscuotere l’utile, partecipare all’assemblea ed esprimere il proprio voto, riscuotere il capitale nel caso di recesso dalla società. Come i titoli pubblici, possiedono anch’essi un “valore nominale”, “un valore d'emissione”, “un valore di mercato” e un “valore di rimborso”. Si suddividono in ordinarie, privilegiate, di godimento e di risparmio. L’azionista è un socio che partecipa al rischio della società. Le azioni sono titoli nominativi.

OBBLIGAZIONI: sono titoli emessi dalle società di capitale per ottenere dei finanziamenti in alternativa a quelli della banca o dei soci. I legittimi detentori sono “creditori” della società e non soci; quindi non partecipano al rischio aziendale e la società, in ogni caso, dev’essere sempre pronta a pagare sia gli interessi sia il capitale al risparmiatore.

ASSEGNO: è un titolo di credito che rappresenta denaro. Può essere di due tipi: bancario e circolare. L’assegno bancario viene emesso nel caso in cui ci sia un c/c bancario; consiste in un ordine che il titolare del c/c da alla propria banca di pagare un determinato beneficiario. Se A paga B con un assegno, B si reca in banca per cambiarlo ed ottenere la somma di denaro. L’assegno deve contenere: le generalità del beneficiario, luogo e data d’emissione, l’importo in cifre ed in lettere, la parola “assegno”, la firma dell’emittente. Talvolta ci può essere la clausola “non trasferibile”: l’assegno non può essere trasferito a nessun terzo se non alla banca tramite “girata all’incasso”. E’ un titolo che si trasferisce tramite “girata”, cioè con una firma posta dietro il titolo. Da ricordare che, con l’assegno bancario, è l’emittente che si obbliga nei confronti del beneficiario. Il conto corrente è un contratto che interviene tra un privato e un’azienda di credito, nel quale il privato si obbliga ad alimentare il conto e la banca a tenerlo. Consente la domiciliazione delle bollette telefoniche, del gas, della luce. L’assegno circolare funziona diversamente rispetto a quello bancario: per ottenerlo è necessaria una richiesta formulata, tramite distinta bancaria, all’azienda di credito con contestuale deposito della somma di denaro necessaria. Con l’assegno circolare è la banca che si obbliga. Per essere valido, l’assegno circolare deve contenere gli stessi elementi di quello bancario.

CAMBIALE: è un titolo di credito con cui il creditore riscuote un credito. Può essere di due tipi: cambiale pagherò e cambiale tratta. Nella cambiale pagherò abbiamo 2 persone: il creditore (prenditore)e il debitore (emittente).

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Quest’ultimo s’impegna a pagare una determinata somma di denaro ad una certa data. Gli elementi che una cambiale deve avere per essere valida sono i seguenti: data e luogo di emissione, l’importo in cifre e in lettere, la banca d’appoggio, le generalità del debitore e la sua firma, l’importo del bollo (12%). La cambiale pagherò si trasferisce con girata, che può essere in pieno o in bianco. Si usa di più quella in bianco e consiste nella firma apposta dal solo girante, cioè dalla persona che intende trasferire ad un altro l’effetto. Nella cambiale tratta abbiamo tre persone: il traente, il trattario ed il beneficiario. Il traente è debitore del beneficiario e a sua volta creditore del trattario. Il traente ordina, quindi, al trattario di pagare il beneficiario; in tal modo con un solo atto di pagamento se ne evitano due (quello dal trattario al traente e da quest’ultimo al beneficiario). I requisiti che la cambiale tratta deve contenere per la sua validità, sono gli stessi della cambiale pagherò; in più dev’esserci la firma d'accettazione del trattario. La scadenza della tratta può essere a certo tempo vista (si parte dalla data in cui il titolo, in caso di cambiale tratta, è stato accettato dal debitore- trattario), a certo tempo data (si parte dal momento in cui la cambiale è stata emessa) e a vista (la cambiale è esigibile dal momento in cui il debitore ne ha preso visione). L’emittente-traente e il trattario sono definiti “obbligati principali” in quanto il creditore che non riceve il pagamento del titolo, si rifarà, in “primis” su di loro; il traente e l’eventuale avallante o garante del debitore sono definiti gli obbligati “di regresso”, in quanto il creditore si rifarà su di loro se la cambiale non verrà pagata. La cambiale ha i seguenti requisiti: - è un titolo di legittimazione: da diritto a riscuotere la somma di denaro; - è un titolo esecutivo: nel caso in cui il debitore non paghi, l’esecuzione nei suoi confronti si può fare senza la necessità di una sentenza; - è un titolo astratto: da esso non figura il rapporto che sta sotto e che ha originato l’emissione del titolo; - è un titolo all’ordine: può essere trasferito mediante girata; - è un titolo formale: deve avere determinati requisiti per potere essere valido. Se la cambiale non viene pagata alla scadenza, dopo un certo periodo di tempo viene protestata.

MANDATO: è un documento con cui si autorizza l’addetto alla tesoreria di un ente pubblico a pagare un certo importo.

REVERSALE: a differenza del precedente, è un documento che autorizza l’ente a riscuotere una somma di denaro.

ESTRATTO CONTO: è un prospetto che viene inviato dalla banca ai clienti per evidenziare i movimenti in aumento (in DARE) e in diminuzione (in AVERE) del c/c e gli interessi creditori (sui saldi in DARE) e debitori (sui saldi in AVERE), le spese di gestione del c/c bancario o postale. Ha una cadenza, in genere, trimestrale. Tale documento viene utilizzato nei rapporti con i fornitori per avere un’informazione sulle eventuali pendenze nei loro confronti.

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BUONI DI CARICO E SCARICO: servono a documentare l’immissione o l’uscita di beni dal magazzino dell’Ente. Sono utili per la contabilità di magazzino che va tenuta nel modo seguente: Data Causale Merce Codice Carico Scarico 01/03 Quantità in. Fustini detersivo 1/A 1 03/03 Acquisto “ 2/A 20 04/03 Prelievo “ 7/B 16 06/03 Acquisto “ 8/G 5 16/03 Prelievo “ 7/H 4 31/03 Cons.finale “ 6

PRIMA NOTA: è un registro dove vengono annotate le operazioni di pagamento o di riscossione, emissione o ricevimento di fatture o altri documenti per poi essere scaricate in contabilità.

MASTRO DELLA SPESA: è il libro giornale dell’Ente di erogazione dove vengono annotate le uscite, i mandati da cui risultano le somme impegnate (stanziate) e quelle effettivamente spese nonché la rimanenza disponibile.

MASTRO DELL’ENTRATA: ha la stessa funzione di quello precedente, però è da riferire alle entrate.

BUSTA PAGA: è il prospetto che documenta la somma di denaro percepita a titolo di corrispettivo per la prestazione lavorativa resa. In essa è possibile vedere le voci singole che formano la retribuzione. Ecco una breve sintesi.

Sezione II – La struttura di una busta paga

Tra gli aspetti contabili più importanti da considerare, nella gestione di un’organizzazione “non profit”, c’è la corresponsione della retribuzione. È indispensabile conoscere, quindi, le singole voci che compongono la retribuzione, così schematizzabili:

MINIMO TABELLARE +

INDENNITÀ DI CONTINGENZA +

SUPERMINIMO +

EDR = STIPENDIO LORDO +

LAVORO STRAORDINARIO =

IMPORTO COMPLESSIVO -

TRATTENUTE =

IMPORTO NETTO

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Il minimo tabellare rappresenta la retribuzione minima, riconosciuta dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), per un determinato comparto. L’indennità di contingenza è un ulteriore importo riconosciuto al dipendente per tenere conto del costo della vita e va aggiunto al minimo tabellare. Dal 1992 la contingenza cessa di essere rivalutata in caso di variazioni del costo della vita. In busta paga possiamo trovare anche l’indennità di funzione collegata allo svolgimento di determinate mansioni. Un esempio è dato dall’indennità per lavori nocivi, per situazioni di pericolo ecc.

EDR (Elemento distinto della retribuzione): tale elemento retributivo è stato inserito grazie all’accordo Governo - parti Sociali. Il superminimo è quella parte di retribuzione individuale frutto della contrattazione personale e rappresenta idealmente le capacità professionali del lavoratore. Allo stipendio lordo in tal modo ottenuto, si aggiunge l’importo del lavoro straordinario; tale somma si ottiene calcolando una percentuale sulla retribuzione oraria, crescente man mano che il monte ore straordinario aumenterà. Le trattenute sono di due tipologie: fiscale e previdenziale. Le prime si dividono a loro volta in ritenute a titolo d’acconto e ritenute a titolo d’imposta. A titolo d’acconto quando l’Ente, datore di lavoro, effettua trattenute sulle buste paga dei dipendenti, recuperate da questi ultimi in seguito quando, nella dichiarazione dei redditi, si dovranno togliere dall’imposta da pagare. A titolo d’imposta quando le trattenute si effettuano una sola volta, costituendo già imposta assolta e pagata (si applica, ad esempio, sui redditi derivanti da interessi sui titoli). Le ritenute previdenziali fanno riferimento ai contributi INPS che in parte sono a carico dell’impresa ed in parte del dipendente. è’ in quest’ultimo caso che gli verranno trattenute le somme di denaro e in busta paga. I contributi INPS sono in parte a carico del dipendente ed in parte a carico del datore di lavoro. I rapporti con l’INPS da parte dell’azienda cominciano quando viene fatta richiesta all’Istituto tramite apposito modulo con, allegata, l’iscrizione alla Camera di Commercio. Da quel momento in poi, l’azienda avrà una posizione assicurativa rappresentata da un codice. L’ente, mensilmente, dovrà presentare all’INPS una denuncia delle retribuzioni con l’indicazione delle somme a debito e a credito dello stesso. Medesimo discorso per l’INAIL, con la sola differenza che i premi (variabili per settore di attività come per l’INPS) sono integralmente a carico del datore di lavoro. Fra le trattenute bisogna considerare anche la quota mensile accantonata al TFR (Trattamento di fine rapporto) la quale va ad alimentare un fondo che verrà liquidato al lavoratore al termine del rapporto.

Elementi accessori della retribuzione

Altre voci possono essere presenti in busta paga; esse prendono il nome di “elementi accessori della retribuzione”. Ecco, in breve, un elenco:

Indennità: somme riconosciute per motivazioni varie come lavori pericolosi e attività rischiose e hanno natura compensativa.

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Mensilita’ aggiuntiva: somma aggiuntiva riconosciuta al dipendente a titolo di gratifica. La liquidazione di mensilità aggiuntive determina un conguaglio di fine anno dovuto al fatto che l’imposta trattenuta è intera, senza considerare le detrazioni mentre le aliquote fiscali applicate sono calcolate considerando le detrazioni. Di conseguenza le ritenute operate nel corso dell’anno sono inferiori all’imposta complessivamente dovuta sull’intera retribuzione annua.

Premio di produzione: somma riconosciuta occasionalmente per compensare un aumento di produzione.

Provvigioni ed interessenze: compensi riconosciuti percentualmente per stimolare maggiormente i lavoratori.

Ferie: periodo annuale di riposo retribuito.

Festività: i lavoratori hanno diritto ad una giornata di riposo settimanale.

Assegni per il nucleo familiare: corrisposti all’azienda sulla base del reddito e del numero di componenti familiari.

Diarie e trasferte: hanno natura di rimborso spese e vengono erogate quando il dipendente viene inviato a lavorare presso sedi di lavoro diverse da quella corrente.

Trattamento integrativo: somma di denaro riconosciuta per cause particolari come la malattia, la maternità oppure congedo matrimoniale.

Premi e gratifiche: somme elargite per garantire un miglioramento economico.

/-------/ /-------/ Le aziende erogatrici che hanno, alle loro dipendenze, personale con contratto di lavoro subordinato devono tenere, da un punto di vista contabile il “libro paga” ed il “libro matricola”. Nel primo vanno inseriti tutti i dati relativi al singolo dipendente (le generalità, la matricola e la qualifica) e tutta la contabilità relativa alla retribuzione (paga base, contingenza, scatti, straordinari ecc.). Nel secondo libro vanno inseriti i dati relativi ai dipendenti soggetti all’Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (il controllo sulla regolarità delle registrazioni è quindi svolto dall’INAIL). Il datore deve, poi, tenere ulteriormente il libro degli infortuni in cui annotare le generalità del dipendente, il reparto in cui lavora, la natura della lesione e le circostanze in cui è avvenuta nonché gli effetti dell’infortunio ed il grado di inabilità subita. Sezione III - L’azienda Per capire il concetto di azienda è necessario effettuare un confronto con quello di impresa.

IMPRESA: è un concetto rilevante da un punto di vista giuridico. S’intende, con esso, l’organizzazione di macchine e persone, coordinata dall’imprenditore, che instaura rapporti giuridici contrattuali con i terzi per lo svolgimento della propria attività. AZIENDA: è un concetto rilevante sotto un profilo economico ed indica l’insieme dei beni a disposizione, di diritto e di fatto, dell’imprenditore.

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CLASSIFICAZIONE DELLE AZIENDE

1° classificazione – in base all’obiettivo: AZIENDE DI EROGAZIONE: producono beni e servizi non destinati allo scambio cioè al mercato. Esse soddisfano le esigenze dei soggetti di una collettività o dei membri di comunità o associazioni; il lucro o profitto è solo un mezzo per realizzare il loro obiettivo. AZIENDE DI PRODUZIONE: producono beni e servizi destinati allo scambio. Il loro obiettivo è quello di ottenere un profitto. 2° classificazione – in base alla natura del soggetto giuridico ed economico:

Tale classificazione necessita di un chiarimento sulla figura del soggetto giuridico ed economico. Con il primo concetto intendiamo colui che si obbliga nei confronti dei terzi (l’amministratore delegato, il titolare dell’impresa, i soci che compaiono nella denominazione della società) e che compare in giudizio. Il soggetto economico è colui, invece, che gestisce l’organizzazione senza che il suo nome compaia nei rapporti con i terzi ma, semmai, nell’organigramma aziendale (ad esempio i manager aziendali oppure i vari responsabili di settore in un’azienda). AZIENDE PRIVATE: in esse il soggetto giuridico e quello economico è privato.

AZIENDE PUBBLICHE: il soggetto giuridico e quello economico è pubblico.

3° classificazione – in base al tipo di attività svolta:

AZIENDE INDUSTRIALI: acquistano la materia prima e la trasformano per ottenere, alla fine, il prodotto finito (aziende casearie, automobilistiche ecc.). AZIENDE MERCANTILI: acquistano già il prodotto finito, senza trasformarlo, per poi rivenderlo (ad esempio i supermercati). AZIENDE AGRARIE: hanno una connessione con la terra, che viene, così lavorata per poi ottenere, alla fine, un prodotto rivenduto alle aziende industriali. AZIENDE MINERARIE: sfruttano, soprattutto, il sottosuolo per estrarre minerali da rivendere alle aziende industriali. AZIENDE DI SERVIZI: non operano per ottenere un prodotto finito ma erogano un’attività, un valore aggiunto per la collettività (ad esempio l’impresa di pulizie). 4° classificazione – in base alla natura giuridica: AZIENDA INDIVIDUALE: soggetto giuridico ed economico è l’imprenditore individuale AZIENDA COLLETTIVA: soggetto giuridico ed economico sono i soci. L’azienda collettiva, a sua volta, si distingue in società di persone (responsabilità illimitata dei soci) e società di capitale (responsabilità limitata dei soci al solo capitale conferito, limite minimo di capitale sociale), che hanno fine lucrativo, e società cooperativa che ha uno scopo mutuativo (venire incontro e, quindi, operare solo a favore dei soci, almeno in quelle pure).

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Sezione IV - Le aziende di erogazione Le aziende di erogazione hanno l’obiettivo di soddisfare bisogni collettivi. La distinzione per noi più importante è quella fra aziende di erogazione private e pubbliche. Tra le aziende di erogazione private troviamo le corporazioni, le fondazioni e le associazioni; in esse il soggetto giuridico ed economico è un organo collegiale privato. Tra le aziende di erogazione pubbliche abbiamo gli “enti pubblici territoriali” come le Regioni, le Provincie e i Comuni, quelli “parastatali” come l’INPS e l‘INAIL, enti sussidiari come l’ASL (Azienda Sanitaria Locale) oppure l’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) La corporazione - di storica memoria quelle di Arti e Mestieri sviluppatesi all’epoca comunale, vengono utilizzate oggi in pochi casi, soprattutto per rappresentare una categoria o una professione molto specifica, tutelando interessi particolari (ad esempio politiche tariffarie). La fondazione - ente destinato da un fondatore (singolo o collegiale come una società) al raggiungimento di uno scopo tramite l’amministrazione di beni ad esso destinati. Esiste, quindi, una prevalenza del capitale sull’elemento personale. La fondazione è, dunque, fortemente capitalizzata nel senso che la sua esistenza è subordinata alla presenza di beni in denaro o in natura. Alla base della fondazione esiste un negozio unilaterale, detto “negozio di fondazione” con cui si destina uno o più beni ad un determinato scopo. L’associazione

- ente formato da due o più persone per il perseguimento di uno scopo comune di natura non lucrativa (culturale, sociale, di volontariato ecc.). A differenza della fondazione, nell’associazione prevale l’elemento personale. Alla base dell’associazione esiste l’atto costitutivo e lo statuto. Con il primo si individuano gli associati, l’oggetto dell’attività dell’ente, la sede ed altri elementi fondamentali, con il secondo si stabiliscono le regole interne. Sezione V - Aspetti contabili dell’azienda d’erogazione Quali sono gli strumenti contabili fondamentali che un’azienda erogativa utilizza? In sintesi possiamo così distinguerli: inventario, bilancio di previsione, rendiconto finanziario, piano esecutivo di gestione. Inventario: è un prospetto suddiviso in “attività” e “passività”. Dalla loro differenza otteniamo il patrimonio netto cioè i mezzi a disposizione dell’azienda. Per “attività” intendiamo tutto ciò che l’azienda ha di proprio, sia da un punto di vista patrimoniale che reddituale (l’immobile, le attrezzature, i crediti, le scorte, le disponibilità di cassa e di banca); per “passività” tutto ciò che esce o, comunque, l’insieme degli impegni dell’ente (i debiti a vario titolo contratti). Bilancio di previsione: l’azienda di erogazione utilizza denaro pubblico e di esso deve svolgere una gestione oculata e responsabile. Ecco allora che, a differenza delle aziende private, assume importanza vitale la costruzione di un bilancio di previsione. Con esso l’azienda erogativa formula una previsione su quali saranno le entrate e le uscite di denaro nell’esercizio successivo (per “esercizio” intendendo l’anno solare in cui l’azienda compie e rileva le operazioni contabili). Il bilancio di previsione si suddivide in “bilancio di competenza” e di “cassa”. Nel primo si evidenziano le entrate e le uscite teoriche (quelle previste ma che non avvengono monetariamente o, meglio, sono in attesa di avvenire), nel secondo le entrate e le uscite effettive (quelle che hanno manifestazione monetaria). Dalla differenza fra entrate teoriche di competenza e quelle effettive di cassa abbiamo il “residuo attivo”; all’opposto per le uscite abbiamo il “residuo passivo”.

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Chiariamo, in breve, con un esempio Entrate previste di competenza 100 - Uscite previste di competenza 80 = Avanzo di competenza: 20

Entrate previste di cassa 70 - Uscite previste di cassa 40 = Avanzo di cassa 30 Per i residui avremo la situazione seguente:

Residuo attivo 30 Residuo passivo 40 (Entrate di competenza – Entrate di cassa) (Uscite di competenza – Uscite di cassa) Il bilancio di previsione, che viene formulato in termini finanziari (entrate ed uscite), deve prevedere sempre il pareggio. Le risorse finanziarie a disposizione dell’ente devono essere impiegate, tutte, per soddisfare i bisogni della collettività; un eventuale avanzo finanziario previsto, infatti, non può rimanere inutilizzato ma piuttosto investito nel benessere della collettività. Una situazione di disavanzo può essere tollerata purché esistano adeguate politiche di copertura. Da quanto visto sopra si può dire che se, ad esempio, si hanno entrate previste di € 232.405,60 (teoriche) e poi di € 154.937,07 (effettive), si ha un residuo attivo di € 77.468,53. All’opposto se abbiamo uscite previste pari a € 67.139,40 (teoriche) e poi di € 61.975,83 (effettive), il residuo passivo conseguente sarà pari a € 5.163,57. Può capitare che un residuo attivo formatosi nell’anno o negli anni precedenti, sia riscosso nell’esercizio; in ogni caso se esso permanesse, rimarrebbe come credito. Per quanto riguarda il residuo passivo, se esso rimane a lungo in bilancio e la corrispondente uscita non si è verificata, dovrà essere prima o poi eliminato come un normale debito. Tale operazione si chiama “perenzione”. Nel caso in cui, poi, l’ente riceva un contributo e questo non viene utilizzato, si parla di “economia”, in seguito riutilizzabile. Altre operazioni sono possibili, inoltre, in un’ottica di previsione; esse sono l’assestamento, la variazione e lo storno. Si ha l’ “assestamento” quando si considerano voci contabili appena stimate o presunte in sede di redazione (ad esempio residui attivi) che, in origine, non erano di sicura stima. Le “variazioni” si hanno in caso di inserimento di entrate o uscite non previste nella prima stesura del documento di bilancio, che modificano il risultato prima previsto. Lo “storno” si ha quando vengono spostati fondi da un capitolo all’altro. Il rendiconto finanziario è un prospetto che evidenzia le entrate effettive riscosse e le uscite effettive sostenute al termine dell’esercizio finanziario. Viene anche chiamato “consuntivo” e da esso otteniamo tre tipologie di risultato: l’avanzo finanziario, l’avanzo economico e l’avanzo di amministrazione. L’avanzo finanziario implica che le entrate siano maggiori delle uscite; si divide in avanzo di “competenza” e di “cassa”. Il primo fa riferimento alle entrate teoriche maggiori delle uscite teoriche, il secondo alle entrate effettive maggiori delle uscite effettive. L’avanzo economico si ha quando i ricavi dell’ente sono maggiori dei costi. L’avanzo di amministrazione è dato dalla somma algebrica seguente:

fondo di cassa iniziale dell’ente-

residui attivi riscossi nell’esercizio trascorso + nuovi residui attivi formati-

residui passivi pagati+ nuovi residui passivi formati =

Avanzo o disavanzo di amministrazione

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Il piano esecutivo di gestione, secondo una recente normativa, è un documento che ha la funzione di dettagliare la previsione contenuta nel bilancio di previsione. Strumento tipicamente usato nei Comuni, è previsto dal D.Lgs. n°77/95 e consente di eseguire e dettagliare i programmi approvati collegialmente dal Consiglio. Vediamo ora lo schema seguente che illustra le entrate e le uscite di un ente pubblico: ENTRATE USCITE Tributi Spese correnti Contributi Spese in conto capitale Rendite patrimoniali Rimborso di prestiti Vendite di immobili Partite di giro Mutui, prestiti ed operazioni creditizie varie Tot. Entrate Tot. Uscite Lo schema tracciato sopra rappresenta il bilancio di un ente locale territoriale (Provincia o Comune). Tale struttura si applica anche al bilancio dello Stato. Lo schema di cui sotto evidenzia le entrate e le uscite di un ente erogativi più piccolo, ad esempio un’Associazione. ENTRATE USCITE Tesseramenti Contributo Sede Centrale Contributi enti Gestione sede Contributi soci Arredi e attrezzature Proventi vari Biblioteca Attività commerciali Diverse Tot. Entrate Tot. Spese Il prospetto tracciato sopra rappresenta il bilancio di un’Associazione a carattere culturale. Le esigenze ed i contesti diversi in cui tale Ente opera si possono vedere dalle diverse voci esistenti. In ogni caso lo schema di bilancio di un’azienda di erogazione è diverso a seconda del settore in cui essa opera.

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In generale gli Enti tengono un registro di contabilità elementare dove annotano le somme di denaro in entrata ed in uscita e le relative voci di ricavo e di costo (ad esempio entrata 100 dovuta a versamento rette e uscita di 80 dovuta a pagamento materiale di pulizia) in modo da poter costruire, alla fine dell’esercizio, un rendiconto finanziario che permetta di effettuare un confronto con il bilancio di previsione. È importante considerare che ogni ente, inoltre, tiene delle schede intestate ai singoli fornitori e clienti in modo da poter ricostruire i movimenti contabili per ognuno di essi. S’instaura, in tal modo, un rapporto di conto corrente che consente evidenziare tutti i saldi a debito e a credito. Si può definire tale rapporto come un controllo contabile incrociato fra due soggetti in continuo rapporto d’affari. Da notare, inoltre, che le registrazioni sono effettuate con l’ottica della contabilità finanziaria; ad un costo, quindi, corrisponde un’uscita finanziaria e ad un ricavo un’entrata finanziaria. Sia per la colonna della cassa che per quella della banca viene rilevato un saldo che esprime costantemente le diminuzioni o gli aumenti conseguenti alle operazioni di acquisto o di vendita (in quest’ultimo caso, ad esempio, riscossioni di rette).

Approfondimenti

Le Scuole Materne sono un esempio concreto di come gestire una comunità. Uno dei documenti fondamentali è il rendiconto riassuntivo delle entrate e delle spese, redatto con criteri finanziari; in esso viene evidenziata con chiarezza la formazione dei residui attivi e passivi. In particolare al fondo di cassa alla chiusura dell’esercizio si aggiungono i residui attivi. L’inventario, invece, è molto semplice e dettagliato. Non dimentichiamo, infatti che il consegnatario (cioè colui che ha il materiale possesso dei beni) è responsabile della loro integrità e presenza. Sarà tenuto a risponderne in caso di smarrimento o perdita. Chi redige questi documenti, quando la scuola è comunale, è un funzionario del Comune. Sezione VI - Entrate ed uscite di un ente pubblico - fasi principali di svolgimento In un ente pubblico le entrate (costituite da tributi, alienazione di beni, riscossione di rendite ecc.) sono costituite dalle seguenti fasi: � accertamento; � riscossione; � versamento. Nella prima fase (accertamento) si riconosce il diritto a riscuotere la relativa entrata sulla base di idonei documenti. Nella seconda fase (riscossione) si ha l’introito materiale delle somme di denaro; ciò avviene tramite il tesoriere e gli agenti autorizzati alla riscossione. Nella terza fase (versamento) si ha il materiale versamento delle somme nella cassa dell’Ente. La differenza tra l’insieme delle entrate accertate e quelle riscosse da il residuo attivo.

Le spese seguono anch’esse, ma al contrario, la stessa trafila. Ecco, in breve, le fasi relative: � impegno; � liquidazione; � ordinazione; � pagamento. L’impegno è la fase in cui l’ente accerta l’obbligo del pagamento individuando il nominativo del creditore e la natura della spesa. Ricordiamo che la spesa deve trovare la sua naturale capienza negli stanziamenti di bilancio e deve, inoltre, essere legittimata da atti regolari. La fase successiva è la liquidazione che consiste nell’esame della documentazione dei titoli che comprovino il diritto del creditore a riscuotere quella somma di denaro.

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L’ordinazione coincide con l’emissione del relativo mandato di pagamento che verrà controllato dal Tesoriere dell’Ente. La fase successiva è il pagamento. La differenza tra l’insieme delle uscite accertate e pagate forma il residuo passivo. In Appendice ho inserito un esempio di come vengono redatti il bilancio preventivo ed il rendiconto di un’azienda di erogazione pubblica Sezione VII – Aspetti giuridici dell’azienda d’erogazione

L’azienda di erogazione, nello svolgimento della sua attività istituzionale, instaura una serie di rapporti con altri soggetti che

fanno parte dell’ambiente in cui essa opera. Tali rapporti vengono regolati da un strumento giuridico importante, il contratto o

negozio giuridico bilaterale. In esso abbiamo due parti che si obbligano reciprocamente ad eseguire prestazioni, tra loro legate

da un rapporto sinallagmatico nel senso che una parte si obbliga e pretende dall’altra la prestazione corrispettiva. In questa

sezione della dispensa, cercherò di enucleare alcune forme contrattuali tipicamente usate da un struttura comunitaria – azienda di

erogazione nello svolgimento della sua attività.

IL CONTRATTO DI COMPRAVENDITA Per contratto di compravendita s’intende un negozio giuridico bilaterale ove abbiamo due parti: da un lato il compratore e

dall’altro il venditore. Il compratore s’impegna a pagare il bene acquistato (in contanti, con assegno bancario o circolare, con

cambiale, con ricevuta bancaria, con Bancomat oppure con carta di credito) mentre il venditore si obbliga a cedere la proprietà

del bene all’acquirente e a consegnarlo nel luogo e con le modalità concordate. Il venditore, inoltre, s’impegna a fornire le

garanzie sulla qualità del bene nonché sulla sua integrità; egli inoltre deve garantire che sul bene non ci siano controversie in

corso. Le parti fondamentali del contratto di compravendita sono quattro: la volontà delle parti, la forma, la causa e l’oggetto. La

volontà si forma con la sottoscrizione del contratto e dev’essere esplicita. La forma può essere orale oppure scritta; in

quest’ultimo caso si possono avere tre tipologie: scrittura privata, atto pubblico e scrittura privata autenticata. La scrittura

privata viene formata tra le parti e ha valore solo fra queste ultime, non anche nei confronti dei terzi. Affinché possieda

quest’ultimo requisito è necessario che il contratto sia fatto autenticare presso l’Ufficio del Registro, acquisendo, così, la veste di

scrittura privata autenticata. La forma dell’atto pubblico si ha quando il contratto viene formato alla presenza di un pubblico

ufficiale (notaio, segretario comunale o altra persona fisica alla quale venga riconosciuto lo status di “pubblico ufficiale”).

Quand’anche la forma scritta non fosse obbligatoria, tale adempimento viene richiesto dall’Amministrazione Finanziaria che, ai

fini della normativa sull’Iva, richiede l’emissione della fattura per ogni transazione stipulata. La causa rappresenta l’obiettivo

principale della stipula del contratto (in caso di vendita di un immobile, la causa è la riscossione di una somma di denaro).

L’oggetto è il bene che viene ceduto dietro corrispettivo. Senza l’oggetto e la forma valida il contratto si dice che è nullo.

Quando, invece, a mancare è la volontà, oppure quest’ultima si è formata in modo non corretto, allora il contratto è annullabile.

In ambedue i casi, gli effetti del contratto si bloccano, ma nel caso della nullità ciò avviene da subito mentre nel caso

dell’annullabilità solo nel caso in cui la parte danneggiata eserciti il proprio diritto. Con la normativa Bassanini, al tradizionale

concetto di documento cartaceo, si è affiancato quello di documento informatico (legge n°59/97). Con quest’ultimo s’intende la

rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Il documento informatico, con la registrazione su

supporto informatico e la trasmissione con gli strumenti telematici è ritenuto valido a tutti gli effetti di legge. Il contratto di

compravendita, accanto alle parti fondamentali (soprattutto volontà e oggetto), può prevedere clausole accessorie relative alle

modalità di consegna, alle forme di pagamento e alla ripartizione delle spese accessorie. La cessione di un bene può prevedere

anche l’effettuazione di una serie di attività collaterali come il trasporto, l’imballaggio e l’installazione (in caso di un bene ad alto

contenuto tecnologico). Tali attività comportano spese, definite accessorie, che possono essere ripartite proporzionalmente tra

compratore e venditore. Esempi di tali clausole sono “franco magazzino compratore” e “franco magazzino venditore”. Nel primo

caso il compratore viene affrancato da ogni tipo di spesa che viene così sostenuta dal venditore per intero, nel secondo caso

abbiamo l’opposto. Ecco altri esempi di clausole:

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imballaggio gratis, imballaggio fatturato a parte, imballaggio a rendere

consegna immediata, consegna pronta, consegna differita

pagamento anticipato, pagamento immediato, pagamento posticipato.

L’informatica ha, poi, introdotto il contratto di compravendita realizzato via Internet, il cosiddetto e-commerce. In pratica, il

compratore che intende acquistare un bene si rivolge ad un “negozio virtuale”, un esercizio commerciale posto in un sito Web. Il

sito di quel determinato negozio on-line offre tutta una serie di servizi (acquisto, contatti ecc.) che vengono evidenziati sul video.

Tramite una funzione chiamata “carrello” l’acquirente acquista il bene, inviando l’ordine al fornitore e pagando con carta di

credito

oppure con le “smart card” (carta prepagata). Il fornitore provvederà, poi, ad

inviare la cosiddetta “fattura elettronica”, equivalente a quella cartacea. Le transazioni che avvengono via Internet hanno

l’indubbio vantaggio di essere

rapide anche da un punto di vista burocratico. Basti pensare al fatto che il

fornitore estero non ha più bisogno di effettuare tutta una serie di adempimenti doganali, prima necessari con gli scambi

tradizionali. Nel commercio elettronico l’importanza della firma elettronica è notevole soprattutto ai fini della stipula e

conclusione del contratto.

/----/ /----/

Altri contratti che l’azienda di erogazione instaura nel corso della sua attività sono il contratto di locazione ed il contratto di

comodato. Nel primo una parte (locatore) concede all’altra (locatario), dietro pagamento di un canone mensile, l’utilizzo di un

bene con l’obbligo di utilizzarlo senza danni e di restituirlo così come l’ha ricevuto. Il comodato ha la stessa situazione della

locazione (il comodante - proprietario cede gratuitamente il bene al comodatario – utilizzatore) con la differenza che l’utilizzo è

gratuito.

Altra tipologia contrattuale utilizzata è il contratto di lavoro subordinato, di cui abbiamo già parlato a proposito della busta

paga.

Sezione VIII – Le operazioni in valuta - Il cambio

Il cambio è il prezzo da pagare, in moneta nazionale, per acquistare una certa quantità di moneta estera. Ad esempio, prima

dell’Euro, se 1 Marco valeva £ 980, voleva dire che per acquistare un’unità di moneta tedesca dobbiamo spendere £ 980.

Distinguiamo due regimi di cambio:

� cambio a regime fisso (come attualmente con l’Euro) � cambio a regime flessibile (come prima dell’avvento dell’Euro) Nel primo caso è un’Autorità pubblica esterna (la Banca Centrale interna oppure la Banca Centrale Europea) che stabilisce l’equivalenza tra moneta nazionale e moneta estera. Nel secondo caso l’equivalenza dipende dal mercato e, in generale, dalle condizioni interne ad ogni singolo paese. Nei paesi che fanno parte della Comunità Europea, con l’avvento dell’Euro, sparisce la suddetta distinzione in quanto l’Euro si può spendere indifferentemente nei singoli paesi aderenti. Cambia il valore con la moneta di riferimento nazionale preesistente. In Italia, per esempio, 1 € equivale a £ 1936,27. In tal modo nessun paese, perlomeno quelli della CE, potranno ricorrere ad aggiustamenti nel cambio per compensare la tenuta della propria moneta. Infatti un regime di cambio flessibile, determina, negli operatori commerciali, operazioni speculative.

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Se, riferendoci all’esempio precedente, oggi un marco valeva £ 980 e domani £ 975, il venditore all’estero (esportatore) avrebbe incassato £ 5 di meno e quindi avrebbe subito una perdita; viceversa l’acquirente all’estero (importatore) avrebbe avuto un guadagno di £ 5, valendo di meno il suo debito. Per questo motivo, per difendersi dai rischi dovuti alle oscillazioni del cambio, venivano stipulati contratti commerciali con meccanismi tali da non ritoccare la valuta entro un certo periodo di tempo oppure a modificarla quando si supera un certo limite stabilito inizialmente. In ogni caso quel meccanismo è ritornato nei rapporti tra l’Euro, moneta ufficiale della CE, e le valute di paesi appartenenti ad altre aree economiche (Stati Uniti, Giappone, Paesi non aderenti alla CE)

Un’altra distinzione è tra

� cambio manuale � cambio traiettizio Il primo riguarda le operazioni in valuta effettuate dai turisti , il secondo le operazioni svolte dagli operatori commerciali. Gli strumenti che vengono utilizzate in queste ultime sono le “divise”, cioè l’insieme dei titoli usati nei traffici commerciali (tratte documentali, lettere di credito, polizze fidejussorie ecc.). Il cambio presuppone l’utilizzo della moneta come strumento di scambio. Ciò rappresenta il punto di arrivo di un lungo cammino che parte dall’uomo primitivo. Quest’ultimo non conosceva la moneta ma praticava il baratto, che consisteva nello scambio in natura di un bene contro un altro bene. In pratica l’individuo A cede, ad esempio, pecore (che ha in eccedenza) all’individuo B, per ottenere grano (posseduto in eccedenza da B). Il problema del baratto è la trasportabilità dei beni ed il fatto che ci dev’essere una corrispondenza puntuale tra quanto richiesto da A e da B. Se, ad esempio, A non avesse avuto le pecore che peraltro B ricercava, l’incontro non sarebbe mai avvenuto. Ecco allora il successivo passaggio alla moneta-merce. Quest’ultima presuppone che A e B comunque s’incontrano perché si scambiano un bene riconosciuto da tutti come valore (nelle civiltà antiche era, ad esempio, il grano). La moneta-merce pone comunque problemi legati alla trasportabilità e all’ingombro del bene merce. Si passa, allora, alla moneta metallica. Le monete sono più piccole, più facili da portare e spesso hanno un valore intrinseco (relativo al metallo con cui vengono coniate) alto in quanto sono fatte con metallo prezioso. Successivamente alla moneta metallica si affianca quella cartacea . Con l’avvento delle banche abbiamo una proliferazione di strumenti di pagamento; basti pensare all’assegno e alle carte di credito con cui noi disponiamo il trasferimento di somme di denaro da una persona all’altra sulla base della fiducia accordata al documento ed al valore che esso rappresenta.

Sezione IX – I rapporti con le banche

Altro settore importante del nostro studio è il rapporto che le aziende erogatrici hanno con il mondo bancario. Vedremo, in breve, come funziona un’azienda di credito e quali rapporti intervengono con un’azienda.

La banca ha quattro funzioni fondamentali:

1. creditizia; 2. monetaria; 3. soggetto attuatore di impulsi di politica monetaria; 4. erogazione di servizi.

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Funzione creditizia La banca svolge un’attività di intermediazione tra coloro che offrono capitali e coloro che li richiedono. A richiedere capitali sono i seguenti operatori economici: famiglie, imprese e Stato. La banca svolge contemporaneamente attività di raccolta ed impiego di fondi. Con la prima l’azienda di credito raccoglie risorse finanziarie con strumenti peculiari come i c/c bancari, i depositi a risparmio liberi e vincolati, i certificati di deposito e i prestiti obbligazionari. I fondi raccolti vengono impiegati in attività finanziarie come mutui, aperture di credito, sconto effetti ecc, attivando, in tal modo, un’erogazione di risorse. Le risorse finanziarie raccolte non appartengono, però, alla banca ma sono versate in custodia dai risparmiatori. La banca può riutilizzarli in mutui, prestiti ecc. ma deve, poi, rimetterli a disposizione dei risparmiatori. E’ necessario, quindi, che le operazioni d’impiego coincidano con quelle di raccolta da un punto di vista temporale. Ad esempio per concedere mutui a lungo termine è necessario utilizzare non i fondi tratti dai conti correnti bancari, che hanno una scadenza temporale troppo breve (in quanto da tenere costantemente a disposizione) ma risorse ottenute con l’emissione di titoli a medio lungo termine. Le Banche operano in vari settori del credito: mobiliare, immobiliare, alberghiero, all’esportazione, agrario ecc. Funzione monetaria Le banche creano una moneta diversa da quella legale, l’assegno. Quest’ultimo rappresenta la moneta bancaria in quanto viene emesso solo quando viene aperto un conto corrente. Il correntista che deve effettuare un pagamento, emette l’assegno impegnando materialmente i propri fondi, senza dover trasportare somme di denaro da un luogo all’altro. Soggetto attuatore di impulsi di politica monetaria Le banche svolgono un ruolo trainante nel diffondere quei provvedimenti di politica monetaria diffusi dallo Stato che poi raggiungono la generalità dei risparmiatori. Il panorama delle aziende di credito è dominato dalla Banca d’Italia, la Banca di Stato. Le banche ordinarie, quando, hanno la necessità di acquisire risorse finanziarie, si rivolgono alla Banca d’Italia la quale pratica un tasso d’interesse a titolo di corrispettivo. In particolare le banche ordinarie cedono la massa di titoli in loro possesso per farsi anticipare risorse finanziarie; tale operazione ha un costo, rappresentato dal tasso che la Banca pratica, il tasso ufficiale di sconto. Il tasso d’interesse praticato dalle banche dev’essere agganciato, in qualche modo, al tasso ufficiale di sconto. Attualmente non possiamo parlare di tasso di sconto nazionale ma europeo in quanto con l’avvento dell’Euro, le singole Banche di Stato hanno un loro diretto superiore, la Banca Centrale Europea. Se le autorità monetarie decidono di limitare le operazioni di prestito, aumenteranno il tasso di sconto in modo da provocare un innalzamento generale del tasso d’interesse e scoraggiare il ricorso al credito. Erogazione di servizi Le banche, negli ultimi anni, si sono specializzate nell’offerta di servizi particolari come il leasing, il factoring, la gestione dei patrimoni, le carte di credito ecc.

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Da un punto di vista giuridico, la banca è considerata un’Azienda Speciale, in quanto ha un’attività propria diversa da quella di qualsiasi altra azienda, in quanto maneggia una merce tutta particolare che è il denaro. Una buona gestione è, quindi, un requisito indispensabile che si realizza non solo rispettando il principio di concordanza tra attività di raccolta e di impiego ma anche tre condizioni indispensabili: liquidità, solvibilità, redditività. Criteri di gestione di un’azienda di credito L’azienda di credito, per la particolare funzione svolta, è il fondamento dell’attività economica di un paese. Per questo, nella sua

attività, deve rispettare i seguenti parametri:

Liquidità: con tale parametro s’intende la capacità dell’azienda di credito di fronteggiare i rischi relativi ad una richiesta di disponibilità liquida legata ai depositi e ai conti correnti bancari (che per la banca rappresnetano impegni). Ricordiamo che per la banca, aumentando l’importo dei depositi e dei conti correnti, aumentano anche le passività e, quindi, gli impegni. Solvibilità: il valore delle attività dev’essere sempre superiore a quello delle passività. Solo in questo modo la banca può garantire il rispetto degli impegni presi Redditività: il risultato economico dell’attività svolta dev’essere positivo, quindi in utile, per remunerare il capitale raccolto (la banca offre dei rendimenti sui conti correnti, sui libretti di deposito, sui certificati di deposito ecc.). La banca offre, alla generalità dei risparmiatori, una sostanziale fiducia. La sicurezza dell’intero sistema bancario è garantita dalla costituzione di riserve di liquidità: le risorse finanziarie raccolte non vengono impiegate tutte, ma destinate a riserve di prima linea (attività infruttifere) e di seconda linea (attività fruttifere). La banca, inoltre, può mantenere un’adeguata liquidità effettuando investimenti finanziari in titoli e valute di largo mercato e di sicuro valore. E’ necessario, poi, analizzare continuamente le caratteristiche dei depositi raccolti, della loro dinamica e della loro evoluzione nel tempo. Per la banca si pone anche il problema di un adeguato frazionamento dei rischi, così attuabile: - contenimento dei fidi, che si realizza concedendo prestiti a poche e sicure aziende; - eterogeneità della clientela, operando con imprese appartenenti a settori produttivi diversi; - estensione territoriale dell’attività operando su aree territoriali sempre più vaste; - ottenimento di una redditività soddisfacente. L’azienda di credito, nel suo operato, deve rispettare alcuni vincoli, di seguito elencati: Tasso ufficiale di sconto: il tasso a cui la Banca d’Italia sconta i titoli di altre banche. A tale tasso si devono attenere anche le altre banche quando erogano somme di denaro a titolo di prestito. Operazioni sul mercato aperto: sono costituite da cessioni e riacquisti di titoli e valute effettuati dalla Banca d’Italia. Tali operazioni sono effettuate per regolare la liquidità del sistema bancario. In caso di acquisto di titoli, la liquidità dell’intero sistema aumenta; in caso di loro vendita la liquidità diminuisce. I tassi d’interesse, a seguito di acquisizione di mezzi liquidi, s’alzeranno a causa di un aumento del tasso di sconto, mentre s’abbasseranno in caso contrario. La sottrazione di liquidità al sistema bancario è importante in caso di alta inflazione: troppa liquidità induce i risparmiatori ad acquistare molto, causando un innalzamento generale del livello dei prezzi.

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Vincoli amministrativi: si tratta di una serie di strumenti posti dallo Stato per garantire il buon funzionamento del sistema bancario. In breve sono i seguenti: - imposizione di una riserva obbligatoria in contanti consistente in una percentuale

dell’incremento mensile dei depositi raccolti; - imposizione di un vincolo di portafoglio cioè di un investimento obbligatorio in titoli a

reddito fisso per garantire un rendimento minimo (la percentuale è calcolata sull’incremento dei depositi raccolti);

- massimale sugli impieghi delle banche: non si possono concedere prestiti oltre un certo ammontare.

Il panorama bancario italiano è costituito da varie tipologie di aziende di credito. Ecco, in breve, uno schema esemplificativo: casse di risparmio: in genere hanno la struttura di un sodalizio. Sono state abrogate in seguito

all’introduzione del T.U. bancario (D.Lgs. 385/93). Esse avevano il compito di esercitare il credito ordinario, di raccogliere risparmio a medio termine con l’emissione di buoni fruttiferi o con l’accensione di conti di deposito. Essi venivano utilizzati per l’erogazione di mutui e in altre attività bancarie.

banche popolari: in genere hanno struttura cooperativa e ha come scopo la raccolta del risparmio

e l’esercizio del credito. banche di credito cooperativo: ex casse rurali, hanno struttura cooperativa, soprattutto con

l’emanazione del testo unico in materia bancaria e creditizia del 1993 e svolgono attività bancaria a favore dei propri associati

I rapporti contrattuali più frequenti che un’azienda di erogazione può avere con la banca sono la tenuta di un conto corrente, il contratto di mutuo e la tenuta di un servizio di tesoreria. Il conto corrente viene aperto dopo la stipulazione di un contratto di conto corrente ove la banca s’impegna a gestire i flussi monetari in entrata ed in uscita e ad effettuare tutte le operazioni ordinate dal cliente (emissioni di assegni, domiciliazioni bancarie ecc.). Il contratto di mutuo prevede che una parte, la banca mutuante, eroghi una certa quantità di denaro al beneficiario mutuatario per un certo periodo di tempo e quest’ultimo la restituisca in un’unica soluzione o a rate, comprensiva degli interessi. Il servizio di tesoreria vine utilizzato, soprattutto dalle strutture pubbliche piccole che non hanno un loro ufficio e ha lo scopo di avere un soggetto esterno che provvede ad eseguire riscossioni e pagamenti dietro delega dell’Ente.

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CAPITOLO 3 – LA PROGETTAZIONE DI UNA STRUTTURA COMUNITARIA Sezione I – Normative igieniche

Nella progettazione di una struttura destinata ad attività no-profit, in particolare case di cura e di riposo, comunità terapeutiche ecc., è importante tenere conto di alcune normative fondamentali che comunemente si dicono d’igiene (per rispetto della materia a cui fanno riferimento) ma in realtà fanno riferimento a settori diversi. In questo breve scritto, è mia cura riportare quelle fondamentali.

Igiene degli ambienti destinati a soggiorno

Vale premettere che per ambienti destinati al soggiorno si intendono abitazioni, case di cura, case di riposo, ricoveri ed altre comunità che prevedono l’accoglimento di ospiti. Ecco alcuni aspetti da tenere presente.

disposizione degli ambienti: si terrà conto, nella costruzione dell’edificio, dell’esposizione rispetto ai quattro punti cardinali Nord, Sud, Est ed Ovest. Gli ambienti a Nord sono esposti al freddo, quindi utilizzabili per scale, corridoi e servizi generici; quelli a Sud hanno il vantaggio di non essere troppo freddi in inverno e troppo caldi in estate. Le stanze esposte ad Est sono soggette alla luce solare dell’alba e, quindi, saranno utilizzate per le camere da letto e per i bagni; gli ambienti esposti ad Ovest sono freddi durante l’inverno (in quanto il sole difficilmente vi batte) e caldi durante l’estate. Non sempre è possibile costruire un edificio rispettando i canoni suddetti (basti pensare allo spazio a disposizione e ad eventuali vincoli edilizi); sarebbe quindi preferibile disporre le stanze nei punti intermedi della cosiddetta “Rosa dei Venti”. Le stanze non dovranno essere umide; l’edificio deve sorgere in luoghi ricchi di vegetazione in quanto quest’ultima filtra i rumori e agisce da scudo contro polvere e pulviscolo. Ogni edificio destinato ad accogliere piccini, bambini, anziani e altre categorie socialmente bisognose, dev’essere costruito con canoni particolari. L’edificio dovrebbe sorgere in zone particolari della città, lontane da rumori o emissioni inquinanti. Intorno al fabbricato dovrebbe sorgere un prato che funziona come termoregolatore, limitato ai bordi da alberi. iIluminazione degli ambienti: l’edificio deve avere il maggior numero possibile di finestre in quanto ciò favorisce la penetrazione della luce naturale. L’illuminazione naturale consente di prosciugare ogni ambiente e, in tal modo, di disinfettarlo. Lo stato psichico dell’individuo ne è influenzato; una stanza priva di finestre influisce sia sul comportamento sia sul rendimento. L’illuminazione artificiale è, poi, necessaria per dare luce in giornate senza sole o di notte; oltre all’illuminazione a lampadina esiste quella a neon, fondata sulle proprietà del gas rarefatto di generare una luce e diffusa senza ombra. Le lampade a muro offrono un’illuminazione riposante in ambienti di servizio come i corridoi, le entrate e le sale di riunione. S'utilizzano, attualmente, le lampade a fluorescenza che hanno il vantaggio di poter subire una graduazione nell’intensità della luce. La disposizione interna degli istituti dovrà essere tale da consentire lo svolgimento di percorsi educativi per i bambini.

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Brevi cenni alle normative igieniche La progettazione di una struttura ricettiva destinata ad ospitare una comunità di individui, deve rispondere a precise norme igieniche. Sono norme, queste ultime, che disciplinano le modalità con cui deve funzionare un’organizzazione di tipo ricettivo (case di riposo, comunità terapeutiche ecc.); esse riguardano la disposizione degli ambienti, la preparazione degli alimenti, ed in generale la salubrità degli ambienti. Ho voluto trattare, in questa sezione, anche l’organizzazione dell’ufficio, convinto che un buon lay-out di una segreteria ed in generale, di un ufficio amministrativo, possa agevolare la serenità con cui l'attività quotidiana viene svolta. In breve ecco le sanzioni comminate nel caso in cui siano commessi reati che violino normative igieniche: frodi alimentari: si punisce con la reclusione chi: 1. avvelena acque e sostanze alimentari e con ergastolo se provoca morti (art. 439 Cod. Penale); 2. adultera o contraffà sostanze alimentari o altre cose in danno della pubblica salute (art. 440

Cod. Penale); 3. commercia sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442 Cod. Penale); 4. commercia o somministra medicinali guasti (art 443 Cod. Penale); 5. commercia sostanze alimentari nocive (art 444 Cod. Penale); 6. somministra medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445 Cod. Penale).

Normative sulla sicurezza sul lavoro (D. Lgs 626/94) Il D.Lgs 626/94 ha stabilito nuovi obblighi per i datori di lavoro in funzione di un ambiente lavorativo più salubre per il lavoratore dipendente. A monte ci deve essere un‘analisi del rischio d’affaticamento fisico e mentale, della ripetitività del lavoro, la visita medica preventiva per individuare malformazioni, mezzi informativi che illustrino come prevenire e tutelarsi dai possibili effetti negativi del rischio, piani di evacuazione, ambiente lavorativo ben dimensionato, allestito, spazioso, illuminato, climaticamente ben sfruttato, assenza di fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature, software accessibile, schermo con caratteri leggibili, senza tremolii fastidiosi. Gli obblighi per i datori di lavoro (tali intendendo anche le comunità nella persona dei dirigenti che le gestiscono) sono i seguenti: designazione del responsabile e degli addetti del servizio prevenzione e protezione dei rischi; nomina del medico competente; valutazione del rischio; individuazione delle misure di miglioramento; predisposizione di un piano di sicurezza. Si va attualmente verso la redazione di un Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che allarghi la platea dei soggetti tutelati a coloro che sono titolari di contratti diversi da quello di lavoro dipendente.

Sezione II - L’impostazione del lavoro d’ufficio

Organizzare un lavoro d’ufficio richiede una serie di conoscenze acquisite più dalla pratica che da nozioni teoriche. Con questo breve intervento voglio esporre queste regole empiriche in poche righe in modo da offrire una visione d’assieme che sarà, poi, supportata dalla pratica. Si può cominciare affermando che esiste l’esigenza di conservare e ritrovare sia i documenti che vengono redatti dall’ente (dalla semplice fattura o nota spese fino ai bilanci e registri contabili obbligatori) sia la corrispondenza in arrivo e in partenza. Per quanto riguarda il primo punto, la

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soluzione al problema è impostare una collocazione fisica dei documenti di tipo orizzontale o verticale e un’altra così riassumibile: alfabetica: si costruisce per nominativo dell’intestatario del documento oppure per argomento o per località; cronologica: i documenti vengono archiviati sulla base della data d’emissione o di ricevimento; numerica: si segue la numerazione dei documenti emessi e ricevuti Le tipologie viste sopra presuppongono un lavoro di programmazione prioritario. Fissato il criterio, si dovrà stabilire il “dettaglio”: ad esempio se una casa di riposo decide di archiviare il materiale cartaceo relativo ai dati sui degenti in base ad un criterio cronologico, all’interno di ogni contenitore, detto in gergo “faldone”, come verranno posizionate le pratiche relative ad ogni nominativo? Oppure nella cancelleria di un tribunale l’archivio verrà organizzato con una distinzione tra cause civili e penali (poi successivamente dettagliate in categorie e sottocategorie) oppure per valore pecuniario della causa? Le tecniche di archiviazione tradizionali, prevedono una suddivisione dei documenti in titoli, categorie, classi e fascicoli, ognuna con un grado di dettaglio diverso. La precedente distinzione non è vincolante per cui ogni Ente può organizzare l’archivio secondo le proprie esigenze. Diversa dall’archiviazione è la catalogazione che riguarda, più che altro, libri e non documenti. Sono state sviluppate, recentemente, tecniche informatiche che consentono l’archiviazione e il ritrovamento più veloce dei documenti. Un esempio sono i programmi applicativi Excel ed Access per archivi e protocollo e Sebina per la catalogazione. Alcuni Enti hanno, ormai, intrapreso con decisione la via dell’informatizzazione totale dei loro archivi tramite trasferimento di dati cartacei su supporti informatici (ad esempio su Cd-Rom). In breve ecco i problemi che l’informatica applicata all’archivio risolve a mio parere: a) Problemi di spazio

I documenti cartacei occupano enormi spazi, mentre i documenti archiviati elettronicamente possono essere conservati a migliaia su un singolo CD-ROM. b) Problemi di tempi e costi di gestione Il recupero di pratiche, specialmente se non recenti, comporta l'accesso all'archivio da parte di personale addetto, o comunque a conoscenza della dislocazione fisica dei documenti, con conseguenti tempi lunghi per il reperimento fisico e costi per la gestione dell'archivio stesso. I documenti archiviati elettronicamente possono essere visualizzati istantaneamente sul monitor di qualunque PC collegato alla rete aziendale da chiunque sia autorizzato all'accesso

c) Difficoltà di accesso all'informazione Le informazioni archiviate su carta possono essere recuperate solo sulla base di semplici codifiche, quali il protocollo, o il n° del documento, ecc.. Le necessità di ricerca sono spesso basate sul contenuto dei documenti, e la difficoltà aumenta quando la ricerca deve identificare gruppi di pratiche correlate fra di loro. Le tecniche di archiviazione elettronica sono una soluzione estremamente pratica, consentendo in frazioni di secondo l'identificazione di documenti sulla base di semplici parole In mancanza di una cultura informatica oppure in casi di uffici di dimensioni ridotte, è sufficiente tenere un registro di protocollo anche cartaceo per gestire la corrispondenza in arrivo e in partenza.

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A distanza di tempo, infatti, può essere utile sapere quando una lettera è partita oppure cosa conteneva la lettera pervenuta in una certa data o semplicemente se è arrivata. Nel registro si dovrà predisporre uno spazio per lettere in partenza e in arrivo, complete di data, contenuto e nome del protocollante (questo se non esiste una figura fissa o un ufficio preposto al protocollo); più in dettaglio bisogna inserire nel suddetto registro il numero progressivo, il destinatario, il mittente e l’oggetto della lettera.

Sezione III - Il regolamento interno

All'interno dell'ente per regolare le attività lavorative è necessario fissare un orario di lavoro e possibilmente dotarsi di un regolamento interno. Quanto sopra per consentire turni lavorativi stabilizzati. Questi ultimi riguardano, soprattutto, quelli principali vale a dire la cucina, il guardaroba, la pulizia dei locali e degli arredi nonché l’assistenza. I turni della cucina occupano la prima mattina, il pranzo e la cena, mentre quelli al guardaroba la mattina e il primo pomeriggio. E' più continuo, invece, l’orario per l’assistenza, soprattutto in comunità ospitanti persone anziane. Il regolamento deve anche prevedere l’osservanza di norme discrezionali sia nei rapporti con gli ospiti della comunità sia sulle notizie di cui si venisse a conoscenza su di loro (legge sulla privacy). Il regolamento deve prevedere norme di comportamento degli ospiti che saranno diverse, secondo la fascia d’età. Il regolamento deve prevedere anche gli orari di visita dei familiari, congegnati questi ultimi in modo flessibile. Deve esistere, per ogni dipendente, una cartella personale dove registrare eventuali infrazioni al regolamento, oppure modifiche contrattuali, note di demerito, avanzamenti di carriera.Ma in sintesi chi è il dirigente di comunità? Vediamone un breve profilo. I requisiti che un dirigente deve possedere sono i seguenti: capacità di comando, d’organizzazione, di programmazione, di controllo, di risoluzione istantanea dei problemi, carisma. Oggi l’autorità s'esercita non più con comandi “autoritari” (senza possibilità di discussione, anche in caso d’errore) ma con quelli “incitativi” (comandi aperti a possibili rilievi da parte delle persone che li subiscono). Da ricordare, poi, che il personale si forma tramite l’esperienza continua, la frequenza di corsi e tirocini e l’aggiornamento. Il rapporto con le famiglie deve essere improntato alla massima collaborazione, facilitando le visite presso gli istituti comunitari. Inoltre bisogna incentivare i rapporti con le istituzioni pubbliche locali come le autorità comunali e le Circoscrizioni. C’è sempre la possibilità di beneficiare di contributi, di patrocini gratuiti, di pubbliche sottoscrizioni per finanziare iniziative benefiche. Gli istituti di credito possono costituire un altro canale preferenziale per l’ottenimento di fondi.

Sezione IV - Alcune tipologie di comunità

Cosa s’intende per comunità? È un’organizzazione di uomini e mezzi che può assumere la forma giuridica di associazione o fondazione avente come scopo il raggiungimento di obiettivi mutualistici o comunque di benessere sociale. Gli obiettivi possono essere vari: reinserimento, rieducazione, assistenza, promozione di attività culturali e sociali. Oggi, poi, il panorama delle associazioni, degli enti e delle cooperative che operano nel campo del sociale prendono il nome di ONLUS “Organizzazioni non lucrative di utilità sociale”. Con tale denominazione si indicano strutture erogative con determinati requisiti:

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o essere enti privati e non pubblici; o fini solidaristici; o attività nel campo dell’assistenza, della beneficenza, dell’istruzione, della cultura,

dell’arte e dello sport; o destinazione dei beni, al momento dello scioglimento, a favore di altre ONLUS o

comunque di enti di pubblica utilità; o divieto di distribuzione degli utili; o applicazione di principi democratici nello statuto; o bilanci trasparenti.

Esempi di comunità sono le case riposo, le case albergo, le comunità terapeutiche ma anche le fondazioni create con il capitale di privati con varie finalità (soprattutto di promozione di attività sociali nonché di attività culturali). Vediamo alcuni casi. a) La comunità religiosa E’ comunità, a carattere locale, che sposa ideali religiosi ed intorno ad essi si aggregano individui “singoli”, come i giovani, oppure aggregati come le “famiglie” oppure strutture più complesse come le organizzazioni di volontariato, associazioni scoutistiche, gruppi vari e movimenti. Sono comunità orientate alla sfera spirituale – pastorale – missionaria che cercano di rispondere ai bisogni collettivi con elasticità e presenza sul posto. La forma giuridica assunta è l’associazione, riconosciuta o non. La partecipazione si fonda su una comunanza di intenti e prosegue solo se si è sulla stessa lunghezza d’onda. Da un punto di vista organizzativo le comunità religiose hanno talvolta un Presidente oppure un organismo esecutivo, in altri casi di nessuno di tali organismi. Il punto di riferimento è la parrocchia che rappresenta il substrato culturale da cui tale tipo di comunità ha origine. b) la comunità terapeutica Questo tipo di comunità ha lo scopo di educare gli individui, facendoli uscire da una condizione di disagio risolvendo anche conflitti interiori. Gli individui vengono ospitati per un periodo di tempo prolungato facendoli rivivere esperienze di vita quotidiana. Vengono forniti al residente, infatti, gli strumenti personali per maturare e gestire i propri bisogni con altri individui di cui non può fare sempre a meno e con i quali è necessario che cooperi in maniera appropriata nell'ambito della vita comunitaria. Nelle comunità terapeutiche il vivere assieme quotidiano fa sperimentare in ambiente protetto molti problemi e difficoltà personali che richiedono, da parte di tutti, riconoscimento e scambio di ruoli, nonché grado di maturità sempre crescente; inoltre, per chi proviene da situazioni di disagio, riprendere una vita di relazione caratterizzata anche da impegni lavorativi, all’interno della comunità di recupero, aiuta l’individuo a reinserirsi. o a colui che ha problemi di droga una situazione che possa andare incontro al suo bisogno di senso di appartenenza, bisogno di assumersi responsabilità, proporzionatamente alle risorse individuali; offrire protezione, cura e contenimento del suo agire, significa assumere in un certo senso il ruolo di gruppo terapeutico che si avvicina a quello della famiglia d'origine. La comunità terapeutica ha, quindi, una funzione riabilitativa non nel senso di riportare l'individuo ad una situazione di vita precedente al manifestarsi dello stato patologico, quanto quello di riabilitare il soggetto disagiato a rivivere esperienze maturative che, tramite la riattivazione di processi di apprendimento e sviluppo, lo aiutino a guarire.

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c) la comunità nido L'Asilo Nido e' un servizio di interesse collettivo, a carattere educativo e sociale, che garantisce a soggetti nella fascia d’età tra zero e tre anni, una crescita psico - fisica equilibrata e sociale che opera attraverso un intervento educativo e sociale di cui il bambino e' il vero protagonista. Da un punto di vista giuridico essi sono pubblici, ed in tal caso rientrano nel tessuto organizzativo delle Amministrazioni Comunali, oppure privati ed in tal caso sono gestiti da associazioni o società cooperative. d) la comunità montana

Le Comunità Montane sono strutture con profilo politico – amministrativo che esercitano funzioni attribuite dalla legge e pongono in essere gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione Europea e/o dalle leggi statali e regionali. Si parte dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 "Nuove disposizioni per le zone montane" che ha stabilito che la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell'art. 44 della Costituzione, riveste carattere di preminente interesse nazionale. Gli interventi sono vari come la tutela dell'ambiente montano, la valorizzazione economica, sociale e culturale, tutti tesi, comunque, ad eliminare gli squilibri tra determinati territori ed il resto del territorio regionale.

CAPITOLO 4 – LA RILEVAZIONE STATISTICA

Sezione I – La statistica: concetto di Probabilità e Frequenza

La statistica è la disciplina che si occupa dello studio ed interpretazione, in termini matematici, della realtà che ci circonda. In tal senso essa può essere applicata in tutti gli ambiti di studio (dalla medicina all’economia, dalla politica all’impresa). Ad essere esaminato è l’insieme di dati o fenomeni che chiameremo “popolazione” (intesa non solo nel significato fisico di “insieme di persone” ma anche di “insieme esteso di elementi da studiare”). In tal senso due sono gli strumenti che possiamo utilizzare per effettuare l’analisi: la variabile casuale ed il campione. È importante, però, partire da due concetti fondamentali per capire la statistica: la probabilità e la frequenza. Per probabilità s’intende il rapporto tra il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili o totali. Spieghiamolo con un esempio: si ha un’urna contenente 15 palline di cui: 3 rosse, 7 verdi, 5 bianche. Ci chiediamo: qual è la

probabilità di estrarre una pallina rossa? 3/15. E una pallina verde? 7/15.

I casi di cui sopra riguardano un’unica estrazione: supponiamo di estrarre due palline, ad esempio una rossa e una verde. Se le estraiamo insieme, avremo una probabilità composta altrimenti, nel caso di una estrazione fatta l’una dietro l’altra, si avrà una probabilità totale. Ad esempio se estraiamo dall’urna due palline e vogliamo che siano rispettivamente rossa e

verde, la probabilità sarà la seguente: 3/15 * 7/15 la probabilità composta è quindi una moltiplicazione Se invece estraiamo le due palline non insieme ma una dietro l’altra, avremo una probabilità totale così formata: 3/15 + 7/15 la probabilità totale è quindi una somma.

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La probabilità è una grandezza che, comunque, si esprime in termini percentuali. Nell’esempio di cui sopra, la probabilità di avere una pallina rossa è 3/15 cioè un terzo. Dividendo numeratore e denominatore avremo 0,3333 cioè 33,33%. La probabilità, in cifre, è quindi sempre compresa fra 0 e 1. Nel caso in cui sia 0 il fenomeno o evento è inesistente, nel secondo caso sarà certo. La probabilità è, comunque, una grandezza che noi determiniamo a priori, prima di effettuare l’esperimento sul campo; se, invece, vogliamo avere un risultato certo, supportato dalla pratica, dobbiamo allora introdurre il concetto di frequenza. Per frequenza intendiamo il rapporto tra il numero degli esperimenti fatti e quelli riusciti con successo. Ad esempio, nel caso della pallina rossa, se noi effettuiamo 50 estrazioni e solo 15 volte mi viene la pallina rossa, allora il rapporto sarà il seguente: 15/50 cioè 0,30. Quindi su 100 tentativi fatti, solo 30 volte ho ottenuto la pallina rossa. Il giudizio che do è quindi il seguente: sono stato più ottimista nel dire che la probabilità di avere la pallina rossa alla prima estrazione è del 33,33%; la pratica mi ha dimostrato, infatti, che la frequenza con cui avrò quel risultato è minore. Partendo, quindi, dai concetti di probabilità e frequenza, illustriamo brevemente in che modo posso studiare un fenomeno. Come già detto in precedenza, ho due percorsi di studio: il primo è quello di attribuire ad ogni fenomeno una variabile X detta “variabile casuale”. A quest’ultima associamo, poi, una probabilità. Il secondo è quello di utilizzare il “campione”, cioè una porzione della popolazione. Il campione deve essere “rappresentativo” cioè deve contenere il più possibile le stesse caratteristiche della popolazione di partenza. Il campione è l’oggetto sul quale s’incentra l’indagine statistica di cui parleremo nella pagina successiva.

ESEMPIO

L’insieme dei fenomeni che vengono analizzati costituisce la popolazione; ad esempio in un Comune con una popolazione di 15.000 abitanti, qual è la percentuale di anziani, oppure qual è la fascia d’età delle persone che si rivolge alla A.S.L.? Sono tutti esempi di fenomeni statistici. Ognuno di essi può essere studiato come una “variabile casuale” (X) con essa intendendo una quantità a cui possono essere attribuiti diversi valori.

Variabile casuale X

Fenomeno indicato: gruppo di 20 persone

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 persone da n. 1 a n. 20

probabilità associata alla persona n° 1: 1/20

“ “ “ 2: 1/20

“ “ “ 3: 1/20

ecc. ecc.

In pratica si va a studiare ogni elemento del gruppo, senza estrarre campioni. La variabile casuale X viene studiata tramite i suoi parametri Media, Scarto, Varianza, Scarto Quadratico Medio.

Media: 1*1/20+2*1/20+3*1/20+...+20*1/20=10,5

Scarto: 1-10,5= -9,5

2-10,5= -8,5

3-10,5= -7,5

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ecc.ecc.

Varianza: grandezza statistica che si ottiene elevando al quadrato gli scarti

(-9,5)2= 90,25

(-8,5)2= 72,25

(-7,5)2= 51,84

Scarto Quadratico Medio: è la radice quadrata della varianza.

Lo stesso fenomeno “gruppo di 20 persone” può essere studiato anche tramite l’estrazione di un campione di dati (ognuno rappresentativo della popolazione di partenza) ottenuto con il procedimento di rilevazione statistica che va dall’individuazione del fenomeno all’elaborazione del dato, passando per la costruzione di tabelle. L’obiettivo è quello di ottenere un campione da studiare.

Sezione II - L’indagine statistica

Per indagine statistica intendiamo la procedura con la quale si procede allo studio di un fenomeno. Premesso che l’oggetto dell’indagine è il campione, ecco in breve, i passi da compiere per l’effettuazione dell’indagine: � individuazione del fenomeno;

� realizzazione pratica dell’indagine;

� spoglio dei dati;

� elaborazione dei risultati ottenuti.

I dati da studiare si dividono in “serie” e “seriazioni”. Le prime si hanno quando i dati statistici hanno un carattere qualitativo, le seconde in presenza di caratteri quantitativi. L’individuazione del fenomeno è la fase iniziale in cui si individua il “cosa” bisogna studiare. E’ qui che ci chiediamo se il fenomeno presenta o meno aspetti qualitativi o quantitativi, i costi ed i tempi dell’indagine, gli strumenti a disposizione ecc. L’indagine va poi ponderata anche in base alla fattibilità concreta: intervista, quiz, questionari a riposta sintetica, votazioni o altro? è questa, quindi, la fase più operativa dell’analisi di un fenomeno. Dopo aver condotto l’indagine si passa allo spoglio dei dati raccolti: un esempio concreto è rappresentato dalle operazioni compiute dagli scrutatori al termine di una votazione elettorale, quando si rovesciano le urne. L’ultima fase è quella dell’elaborazione dei dati ottenuti. Tale fase consiste nell’ordinamento dei dati in tabelle e alla loro elaborazione sia numerica che grafica. Per quanto riguarda l’elaborazione numerica si tratta, dopo aver formato le tabelle, di utilizzare strumenti come la media, la moda, la mediana ecc. (di cui parleremo fra breve). Per quanto riguarda la parte grafica, i risultati ottenuti si possono rappresentare sul piano cartesiano, laddove abbiamo due rette tra loro perpendicolari (l’ascissa e l’ordinata) che dividono il piano in quattro quadranti. Dal piano cartesiano è possibile ricavare altri grafici come l’istogramma. L’istogramma serve a rappresentare “serie” e “seriazioni” tramite rettangoli costruiti sul piano cartesiano aventi tutti la stessa base. Ricordiamo, ad ogni buon conto, che il campione dev’essere dimensionato sulla base dei costi, del tempo e della fattibilità sul campo in base alle persone da utilizzare.

37

Esistono, comunque, altri grafici che non sfruttano le opportunità offerte dal sistema di assi cartesiani, ma partono da impostazioni diverse, come il diagramma a torta ed il cartogramma. Il diagramma a torta consiste in un cerchio suddiviso in spicchi; ognuno di essi rappresenta in quanta parte più fenomeni caratterizzano la composizione di un fenomeno complesso. Il cartogramma esprime l’intensità di un fenomeno relativo a zone territoriali mediante motivi o colorazioni diverse. Ecco vari esempi di grafici.

Percentuale di laureati per facoltà

Medicina

Giurisprudenza

Biologia

Lettere

Scienze politiche

Economia

Diagramma cartesiano diagramma a torta

N° iscritti ad una Facoltà

0

100

200

300

400

500

600

700

anno

1997

anno

1998

anno

1999

anno

2000

anno

2001

Anni di riferimento

isc

ritt

i

N° iscritti per Facoltà

0 200 400 600 800M

edicin

a

Giuris

prud

enza

Bio

logi

a

Lette

re

Scien

ze p

olitich

eEco

nom

ia

isc

ritt

i

Facoltà

Grafico a barre

0

100

200

300

400

500

600

700

Med

icina

Giuris

prud

enza

Biologia

Lette

re

Scien

ze p

olitich

e

Econo

mia

Istogramma

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Nelle pagine che seguono esporremo brevemente gli strumenti fondamentali usati, in statistica, per elaborare i dati raccolti.

Sezione III – Gli indicatori statistici

Media: indica l’andamento “normale” di un fenomeno. Si divide in aritmetica e ponderata. Quella aritmetica si usa con dati semplici (media dei voti di un compito), quella ponderata con dati più complessi (reddito medio di un gruppo di famiglie, tenendo conto delle persone che lavorano). Moda: indica il fenomeno che si manifesta con la maggior frequenza assoluta. È un dato che viene osservato e non calcolato Mediana: indica il fenomeno in corrispondenza del quale abbiamo il 50% dei casi. Scarto: indica la differenza tra il singolo dato e la sua media (definizione di scarto semplice) Scarto semplice medio: è dato dal rapporto tra gli scarti ed il loro numero. Lo scarto, in se e per se, serve a controllare l’intensità con cui un fenomeno si manifesta rispetto alla media (ad esempio la media dei tempi di un atleta). Per eliminare il problema del segno, che potrebbe portare ad una media degli scarti negativa, si elevano al quadrato le singole differenze tra la media degli scarti ed il singolo dato e si estrae la radice quadrata. Si parla, in tal caso, di “scarto quadratico medio”. Varianza: serve ad esaminare le caratteristiche di due fenomeni che presentano problemi di misurazione in quanto esprimibili con unità di misura diverse. Ad esempio una popolazione può essere esaminata dal punto di vista dell’altezza e del peso, ma sono due concetti che si esprimono con unità di misura diverse (metro e kilogrammo). In tal caso si elevano al quadrato gli scarti e di essi se ne fa una media, sia nel caso dell’altezza sia nel caso del peso. In tal modo è possibile osservare dove si ha la maggior parte delle variazioni. Concentrazione: è un indicatore che serve ad evidenziare se l’evento si distribuisce in maniera uniforme o con disomogeneità. Correlazione: è l’operazione statistica con la quale si verifica se due fenomeni sono tra loro in relazione oppure no. Rapporti statistici: servono a confrontare nel tempo i fenomeni oggetto di studio oppure a mettere a confronto due fenomeni tra loro diversi oppure ad attuare operazioni di distribuzione. Grafici: sono di vario tipo ma molti partono dal sistema di assi cartesiani come già visto in precedenza. Servono a rappresentare visivamente due o più fenomeni in relazione fra loro. Nelle pagine seguenti abbiamo elaborato un esercizio strutturato che consente di applicare, in concreto, gli indicatori statistici visti in precedenza Obiettivo del presente lavoro è quello di partire da un gruppo di cinque famiglie, ognuna appartenente ad una categoria lavorativa, per elaborare dati ed ottenere informazioni che poi, via via, vengono evidenziate nel corso dell’esercizio. In ogni famiglia esiste almeno un membro lavorativo. L’ammontare di reddito percepito rappresenta un’ “intensità”, cioè un dato espresso in una dimensione quantitativa; la frequenza è il numero di volte in cui l’intensità si manifesta.

FAMIGLIA REDDITO (frequenza assoluta)

n°persone lavoranti (intensità)

Frequenze cumulate n° famiglie

A medico € 774,68 1 PADRE 774,68 B impiegato € 1859,24 2 PADRE E FIGLIO 2633,92 C artigiani € 2065,83 2 MARITO E MOGLIE 4699,75 D operai € 2788,87 3 MARITO, MOGLIE E FIGLIO 7488,62 E pensionate € 1549,37 2 FIGLIA E MADRE 9037,99

39

TOTALE € 9037,99 5 nuclei familiari Media Ponderata: 774,68*1+1859,24*2+2065,83*2+2788,87*3+1549,37*2 5 = € 4018,03 La cifra ottenuta esprime il reddito medio e tiene conto del numero di membri di ogni nucleo familiare. 774,68+ 1859,24+ 2065,83+ 2788,87+ 1549,37 Media Aritmetica: 5 = € 1807,60 In generale, quindi, la media esprime l’andamento generale di un fenomeno. Moda: è l’importo della tabella in corrispondenza del quale esiste la massima frequenza quindi in corrispondenza della frequenza assoluta 2788,87 è 3. Mediana: è il valore centrale della serie di dati considerati in tabella. Si ottiene calcolando la semisomma delle intensità (5/2) e controllando qual è il valore della frequenza cumulata in corrispondenza del quale il risultato della semisomma viene superato. Scarto semplice medio (774,68-4018,03)+(1859,24-4018,03)+(2065,83-4018,03)+(2788,87-4018,03)+(1549,37-4018,03) _____________________________________________________________________________ = - 2210,43 5

Indica la media aritmetica degli scarti semplici assoluti, presi in valore assoluto (che indicano lo scostamento del singolo dato-intensità dalla media). Per eliminare le conseguenze del segno negativo, si elevano gli scarti al quadrato. Scarto quadratico medio assoluto: s= (-3243,35)2+(-2158,79)2+(-1952,20)2+(-1229,16)2+(-2468,64)2 5 Indica la media degli scarti depurata dalle influenze del segno

INDICE DI CONCENTRAZIONE Utilizziamo, ora, l’indice di concentrazione, il quale ci dice se un fenomeno si ripartisce in modo uniforme o meno. In questo caso vogliamo vedere se i redditieri si ripartiscono in modo uniforme o se esiste qualche picco. Riprendiamo la tabella di cui sopra: FAMIGLIA REDDITO

(intensità) n°persone lavoranti Frequenze cumulate

progr. regr. diff. tra frequenze cumulate

prodotto fra differenze ed intensità

A professionista € 774,68 1PADRE 1 13 -12 - 9296,16 B dipendenti pubblici

€ 1859,24

2 PADRE E FIGLIO

3 12

- 9 - 16733,16

C artigiani € 2065,83

2 MARITO E MOGLIE

5 11

- 6 - 12394,98

D operai € 2788,87

3 MARITO, MOGLIE E FIGLIO

8 10 - 2 - 5577,74

E pensionati € 1549,37

5 FIGLIA E MADRE (PENSIONATE)

13 8

4 + 6197,48

Totale € 9037,99 13 Tot. –37804,56

40

2*37804,56 Calcoliamo, ora, la differenza media semplice: 13*12 = 484,67 Determiniamo, ora, la media aritmetica ponderata dei redditi, già calcolata, che è 4018,03 L’indice di concentrazione è raffigurato dal seguente rapporto: differenza media semplice 484,67 media aritmetica ponderata*2 4018,03*2 = 0,06 Il risultato mi dice che il fenomeno si ripartisce in maniera equilibrata. CORRELAZIONE La correlazione è uno strumento che serve a mettere in relazione due elementi che hanno carattere quantitativo. In tal caso la relazione può essere stabilita fra il numero dei componenti familiari (x) e il numero dei vani occupati (y) dalla famiglia. Nella tabella che costruiremo sarà necessario conoscere la media aritmetica dei componenti familiari (Mx) e del numero di vani occupati (My). Evidenzieremo lo scarto fra il numero dei singoli componenti familiari e la sua media nonchè il singolo numero dei vani occupati e la loro media. Inseriremo anche la quantità “prodotto degli scarti”

COMPONENTI FAMILIARI (x)

N° VANI (y) Scarti Scarti della x della y [rispetto alla Media della x e della y]

Quadrati degli scarti della: x y

Prodotti degli scarti della x et y

1 3 -2 -2,2 4 4,84 4,4 2 4 -1 -1,2 1 1,44 1,2 4 5 1 - 0,2 1 0,04 0,2 6 10 3 4,8 9 23,04 14,4 2 4 -1 - 1,2 1 1,44 1,2

Totale 15 Totale 26 Tot.0 Tot. 0 Tot.16 Tot.30,08 Totale 21,4 1+2+4+6+2 La media della x (componenti familiari) è pari a 3 5 “ “ “ y ( numero dei vani) è pari a 5,2 3+4+5+10+4 5 L’indice di correlazione s’indica con “r” ed è un rapporto che ha, a numeratore, la sommatoria del prodotto degli scarti e, a denominatore, la radice quadrata del prodotto fra i quadrati degli scarti. 21,4 r= 0,96 L’indice di 16*30,8 correlazione è compreso fra 0 e 1; quanto più si avvicina a 0 meno legati sono gli eventi; quanto più si avvicina a 1 più sono correlati gli eventi. Un altro strumento importante, utilizzato in campo statistico, è l’interpolazione; L’obiettivo è quello di rappresentare meglio un fenomeno graficamente; può capitare, infatti, che l’evento del fenomeno non si

41

possa ben rappresentare in quanto instabile; lo strumento utilizzato per migliorare la rappresentazione è l’equazione della retta rappresentata sotto.

y a x q= +

I dati statistici (cioè quelli dati dall’esercizio) sono di difficile rappresentazione; per tracciarli meglio su un grafico utilizziamo altri dati ottenuti con i calcoli evidenziati in fotocopia. In seguito mostreremo un esercizio strutturato.

RAPPORTI STATISTICI Sono rapporti che ci consentono di confrontare i dati statistici rilevati. Eccone i principali: rapporto di composizione: s’identifica con la frequenza relativa rapporto di coesistenza: indica in quale percentuale 774,68 due fenomeni coesistono 1859,24 in tal caso, ogni 100 famiglie di dipendenti pubblici con € 1859,24 di reddito, ne esistono 42 di professionisti con un reddito di € 774,68 rapporto di derivazione: si usa con valori che hanno, tra loro, una certa dipendenza. Prendiamo il numero dei divorzi e il numero delle separazioni. In un anno, su 100 separazioni abbiamo 30 divorzi. Quindi:

100 = 3,3 30 su ogni 3 separazioni abbiamo 1 divorzio

rapporto di frequenza: stabilisce la frequenza di un fenomeno rispetto ad un altro fenomeno. Mettiamo in relazione il numero dei vani complessivi di un condominio con il numero di famiglie prese in considerazione nella tabella:

26 Il risultato mi dice che per ogni famiglia ci sono 5,2 vani a disposizione 5

rapporto di densità: 5

26 Il risultato mi dice che c’è un vano a disposizione ogni 0,19 famiglie rapporto di durata: è un rapporto che mi comunica le variazioni che il fenomeno subisce in un determinato periodo di tempo. Ad esempio, posso stabilire qual è il tempo di giacenza media di un euro in una famiglia prendendo in considerazione il 27/03 e il 27/04 per la corresponsione di una paga. Si suppone che il 27/03 si percepisca € 619,75 ed il 27/04 € 645,57. Nel mese di aprile si spendono € 516,46, ma entrano, grazie ad un altro lavoro, € 309,87. Qual è il tempo di permanenza medio di un euro in quella famiglia? Ecco i calcoli: 645,57-619,75 Il risultato mi dice che un euro, in quel 2 la famiglia, rimane meno di un giorno. 516,46+309,87

42

2 Basterà, infatti, moltiplicare il risultato dell’operazione (0,03125) per 30, che è il n° giorni in un mese e otteniamo 0,9375, che è meno di uno. Il risultato è compreso fra 0 e 1. Quanto più ci si avvicina a 1, tanto più intensa sarà la variazione, mentre, andando verso lo 0, la variazione sarà meno intensa.

APPENDICE

Esercizio svolto su preventivo di competenza e di cassa di un’azienda erogativa

Riportiamo, a titolo di esempio, un esercizio già svolto con i principali fatti di gestione di un’azienda di erogazione e il loro

inserimento in un preventivo di competenza e di cassa.

In un'azienda di erogazione avvengono, durante l'esercizio, i seguenti fatti amministrativi:

1) impegnate nel '96 € 51.645,69 per acquisti di beni, pagati per € 36.151,98;

2) impegnati e pagati nel '96 stipendi per l'importo lordo di € 129.114,22;

3) acquistato nel '95 un fabbricato per € 154.937,07, pagato per € 51.645,69. Nel '96 si pagano € 41.316,55;si prevede

nel '97, uno sconto del 20% sul residuo;

4) si prevede di riscuotere nel '97 rette del '96 per € 51.645,69 già riscosse per € 25.822,84;il totale rette del '96, am-

montava a € 41.316,55;

5) si pagano residui passivi relativi a bollette Enel non saldate dell'esercizio precedente '94 per € 309,87;

6) si riscuotono nel '96 € 154.937,07 per un fitto derivante da un terreno agricolo, di competenza del 1995;

7) un fondo di cassa iniziale pari a € 30.987,41;

8) un fitto passivo di € 5.164,57, viene pagato per il 30% nel 1995 e il residuo nell'anno successivo;

9) una rendita di € 154.937,06 viene riscossa per il 20% nel 1995 e per il 10% nel '96. Si prevede di riscuoterla nel '97

per il 30%;

10) si concedono contributi per iniziative varie per € 2.582,28;

11) si prevede di impegnare € 232.405,60 per l'anno '97;

12) si prevede per il '97 di accertare stanziamenti da parte della Regione per € 23.240,56;

13) si prevedono per il '97 contributi dallo Stato per € 7.746,85; Es.97

14) si prevede di vendere un terreno, nel '97, per € 5.164,57.

15) si prevede, per il '97, una flessione delle rette del 15%, rispetto al dato del '96;

16) si prevede, per il '97, una diminuzione delle spese d'amm.ne del 30%, rispetto al dato del '96 (pari a € 206.582,76);

18) sono state sostenute spese di manutenzione straordinaria per € 7.746,85; si prevedono spese per man.ordinaria

pari a € 1.032,91;

19) si prevedono interessi passivi per € 5.164,57.

Preventivo finanziario di competenza e di cassa: Entrate:

previsioni di competenza

Acc.ti ultimo Previsioni in aumento in diminuz. Somme Previsioni di Annotazioni

Risorsa esercizio definitive risultanti cassa

Cat. 1

Trasf. dallo Stato 7.746,85 7.746,85 7.746,85 Tutto riscosso

Cat.2

Trasf.Regionali 23.240,56 23.240,56 23.240,56 Tutto riscosso

Cat. 5

Altre Entrate

fitti terreni 46.481,12 46.481,12 46.481,12 Tutto riscosso

rette 5.164,57 5.164,57 10.329,14

Interessi:

43

su titoli

su mutui att.

Vendita beni 5.164,57 5.164,57 5.164,57 Tutto riscosso

Totale 5.164,57 87.797,67 82.633,10 92.962,24

Preventivo finanziario di competenza e di cassa: Uscite

Totale Impegni es. Previsioni in aumento in diminuz. Somme Previsioni Annotazioni

Interventi ultimo definitive comp. cassa risultanti di cassa

Stipendi. 232.405,60 232.405,60 232.405,60 464.811,20

Spese d'amm.ne 61.974,83 - 61.974,83 - 61.974,83

Spese per

fini dell'ente

Acquisti beni 77.468,53 258,23 - 258,23 77.210,31 sconto 20%

Gestione beni 1.032,91 1.032,91 1.032,91 1.032,91 man.ord.

Acquisto titoli

Versamento

ritenute

Int.su mutui pass. 5.164,57 5.164,57 10.329,14

Totale 316.071,62 238.603,08 491.408,73

Costruiamo, ora, un rendiconto finanziario:

Entrate

Acc.ti Previsioni Acc.ti Residui Cassa

Capitolo es.preced. definitive riscossi non riscossi riscossi non riscossi risc. non risc.

154937,07 46481,12 108455,95 15493,71 108455,95 15493,71

516456,90 516456,90 - 516456,90 - 516456,90

25822,84 15493,71 - 25822,84

Totale 671.393,97 588.760,86 123.949,66 531.950,61 108.455,95 557.773,45

Uscite

Impegni Previsioni Impegni Residui Cassa

Capitolo es.preced.95 definitive pagati non pagati pagati non pagati previsioni pagamenti

36151,98 15493,71 - 15493,71 36151,98

129114,22 - - - 129114,22

154937,07 92962,24 61974,83 41316,55 61974,83 41316,55

309,87 309,87 - 309,87 - 309,87

5164,57 1549,37 3615,20 3615,20 - 3615,20

2582,28 2582,28 - 2582,28 - 2582,28

7746,85 7746,85 - 7746,85 - 7746,85

206590,23 206590,23 - 206590,23 - 206590,23

Totale 377.330,88 - 311.740,85 65.590,03 262.160,99 61.974,83 262.160,99

Il Tesoriere compilerà un prospetto riassuntivo di questo tipo:

Residui attivi Accertamenti Riscossioni Residui pass. Stanziamenti Pagamenti competenza

precedenti definitivi in residui attivi competenza precedenti definitivi in residui pass

bilancio bilancio

44

La logica strategica delle strutture comunitarie

Gli Anni ’90 hanno visto il progressivo recepimento dei concetti di controllo strategico e di gestione, di derivazione privatistica, anche presso le Pubbliche Amministrazioni. Vale la pena, comunque, capire innanzitutto cosa si intenda, in generale, per “controllo di gestione” e “controllo strategico”. Con il primo si fa riferimento ad una forma di controllo interno all’azienda per il raggiungimento di alcuni obiettivi come l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’operato aziendale. L’efficienza è la capacità dell’Amministrazione di raggiungere un risultato giudicato massimo con una determinata quantità di risorse; in pratica è il rapporto tra le risorse utilizzate (input) ed il risultato conseguito (output). L’efficacia è il rapporto fra il risultato raggiunto e gli obiettivi in precedenza prefissati. L’economicità riguarda, invece, il rapporto fra risorse utilizzate e bisogni soddisfatti. Il controllo di gestione consiste, quindi, in un confronto continuo fra i risultati raggiunti e gli obiettivi in precedenza prefissati, effettuato per realizzare una gestione aziendale efficiente, efficace ed economica, alla luce anche di indicatori di risultato all’uopo creati. Il controllo strategico consiste, invece, in un’attività dell’organo di indirizzo politico e di vertice avente per oggetto la direzione di marcia che l’ente, sia pubblico che privato, sta seguendo. Negli enti pubblici i due controlli suddetti si affiancano a quelli, già previsti, di legittimità e di merito sugli atti amministrativi (Vd. artt. 125 e 130 della Costituzione). Tali controlli non riguardano l’ente complessivamente considerato ma solo il singolo atto o provvedimento. E lo sforzo maggiore è stato proprio questo: il passaggio da un controllo interno rivolto solo alla legittimità dell’atto ad un’altra tipologia ove ad essere osservato è lo scostamento fra quanto sentito e voluto dalla collettività e quanto realizzato. Per fare questo sono state necessarie varie norme a partire dalla legge 142 del 1990, ove si parla di efficienza, produttività, efficacia ed economicità e di distinzione fra organi elettivi (Consiglio e Giunta) ed organi della struttura (dirigenti e dipendenti). Norme successive sono il D. Lgs. 77/1995 ed il Testo Unico degli Enti Locali n° 267/2000. Normative che prevedono un controllo di gestione attuato per garantire il “buon andamento” e l’ “imparzialità” dell’azione amministrativa Ecco dunque la possibilità di costruire, all’interno dell’Ente Pubblico, una procedura con delle fasi ben distinte. Si parte dalla fissazione degli obiettivi, dettagliati numericamente nei singoli bilanci preventivi, per poi passare alla rilevazione dei dati relativi ai costi, ai proventi e al risultato finale. Il passo successivo è valutare i dati consuntivi in relazione agli obiettivi, utilizzando indicatori all’uopo esistenti. Il controllo di gestione così strutturato diventa strumentale del controllo strategico che comporta sempre un confronto con i programmi politici. Come ho già spiegato in una mia personale raccolta di appunti per lezioni di contabilità tenute in varie scuole ed intitolata Enti Comunitari: lineamento organizzativi e contabili, gia gli strumenti che l’Ente erogativo pubblico utilizza (bilancio preventivo, pluriennale ed annuale e conto consuntivo o rendiconto generale) potrebbero consentire un’applicazione non eccessivamente faticosa del controllo di gestione. Eppure esistono difficoltà dovute, a mio avviso, a vari fattori. In primis l’assenza di mercato; infatti i servizi offerti sono peculiari e non sarebbero erogati da nessun privato in quanto non hanno margini di profitto tali da consentire ad un privato di rischiare capitale proprio. L’assenza di mercato implica, poi, l’assenza di concorrenza e quindi di quei meccanismi che governano l’attività aziendale per farla tendere verso risultati sempre migliori. Spesso, poi, tali servizi non si misurano in termini monetari e ciò rende arduo ogni tentativo di quantificazione monetaria.

45

Ecco allora l’importanza di adeguati indicatori che costituiscono misure standard vale a dire modelli a quali riferirsi. Essi sono diversi a seconda dell’Ente erogativo pubblico considerato. In particolare gli indicatori che fanno al caso nostro sono quelli di risultato ma anche indicatori di qualità. Per esempio nelle Case di riposo per anziani un indicatore guida rappresentativo è la dipendenza dalla struttura cioè quanto viene richiesto al personale della struttura da parte dell’anziano per lo svolgimento delle sue funzioni personali e che richiedono alla Casa di riposo un dispendio di risorse umane e materiali. Lo stesso discorso si potrebbe fare anche per una Comunità terapeutica laddove il rapporto costo – beneficio è espresso sia dalla durata del trattamento che dal numero dei ricoveri dopo il periodo minimo ritenuto “standard” dalla struttura (che è di 18 mesi). Non dimentichiamo che già da tempo le Aziende Sanitarie Locali utilizzano strumenti come il budget e la contabilità analitica per centri di costo per controllare la propria gestione. Per un consultorio alcuni indicatori di risultato potrebbero essere il tempo di permanenza in struttura, la percentuale di reingressi nell’arco delle 48 ore, il numero dei reclami degli utenti. Per una fondazione bancaria si potrebbero utilizzare come indicatori le erogazioni deliberate durante l’esercizio per gli scopi statutari, gli impegni per future erogazioni e gli accantonamenti effettuati per il volontariato. Di indicatori di risultato si parla anche nel caso di progetti per il sociale, realizzati da organizzazioni non lucrative, quando si deve valutarne l’andamento. La quantità di soggetti coinvolti, il numero di coloro che aderiscono agli accordi, il contributo di ogni partecipante, la ricaduta sulla società sono alcuni dei parametri presi a modello per valutare la bontà del progetto. Altra struttura interessante, a mio avviso, ove riscontrare l’applicazione degli indicatori di risultato sono gli asili nido, di cui ho esperienza in quanto da me esaminati in un’esercitazione pratica effettuata con allievi di un corso per dirigente di comunità e di cui tratto nella mia raccolta di appunti Enti Comunitari: lineamenti organizzativi e contabili. Si parla di fattori di qualità come l’informazione puntuale alle famiglie, la facilità di accesso ai servizi, orari comodi, graduatorie trasparenti, il numero delle richieste di chiarimento. Reclami dei genitori, chiarezza dei moduli d’iscrizione, numero degli incontri per iscrivere un bambino, tempi di informazione rispetto all’iscrizione costituiscono, invece, indicatori di risultato. La presenza di un sistema informatizzato, di un calendario visite, l’assenza di barriere architettoniche sono invece indicatori di processo importanti ai fini di un controllo interno gestionale. Da quanto detto emerge che l’utilizzo, nelle aziende pubbliche erogative, ed in particolare in quelle comunitarie di cui mi sono occupato, degli strumenti del budget, degli indicatori e della contabilità analitica consente di attuare un controllo sulla gestione dell’ente che costituisce un valido supporto anche per il controllo strategico. Quest’ultimo ha una funzione importante in quanto permette di verificare costantemente la “mission” della struttura comunitaria dal consultorio all’asilo nido, dalla ASL alla comunità terapeutica. In conclusione, è solo dall’intreccio fra controllo di gestione e controllo strategico che l’ente pubblico, ed in particolare comunitario, può venire meglio incontro ai bisogni della collettività, realizzando la pura logica erogativa.

46

BIBLIOGRAFIA

1) I.R.PUCCI - LA CONTABILITÀ COMUNALE E PROVINCIALE –– MAGGIOLI

EDITORE, RIMINI, 1995

2) MINTZBERG - LA PROGETTAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE –IL

MULINO, BOLOGNA, 1996

3) T.H.WONNACOTT – R.J.WONNACOTT - INTRODUZIONE ALLA STATISTICA

FRANCO ANGELI EDITORE, MILANO, 1984

4) MONTANI, ROVETTA, REMONTI - MATEMATICA GENERALE –– SEI, TORINO,

1990

5) G. FARNETI – IL CONTROLLO ECONOMICO NELL’ENTE LOCALE – MAGGIOLI

EDITORE, RIMINI, 1992

6) P. TRIVELLATO – TECNICA D’UFFICIO E AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE –

TRAMONTANA, MILANO, 1994

7) ASTOLFI & NEGRI – CALCOLO COMPUTISTICO – TRAMONTANA, MILANO, 1995

8) G. PAGLIARULO – ATTI DEL COMUNE – MANUALE TEORICO – PRATICO PER

GLI OPERATORI NEGLI ENTI LOCALI – ED. SIMONE

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