disturbo antisociale di personalita’: tra detenzione e
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Università degli studi “G. d’Annunzio ”
CHIETI - PESCARA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
TESI SPERIMENTALE IN PSICHIATRIA
DISTURBO ANTISOCIALE DI
PERSONALITA’: TRA DETENZIONE
E TENTATIVI DI CURA.
Relatore: F. M. Ferro Laureanda: d’Orio Michela
ANNO ACCADEMICO 2005 - 2006
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A mio padre,
la Passione, la Forza,
la Testardaggine, il Coraggio,
l’Amore.
Grazie
“Ai momenti di pazzia si alternavano lunghi momenti di lucidità che mi erano divenuti
insopportabili.Durante questi attacchi d’incoscienza assoluta bevevo e solo Dio sa quanto
e con quale frequenza. Ovviamente i miei amici imputavano la pazzia al bere e non il bere
alla pazzia.”
EDGAR ALLAN POE
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INDICE
Indice ………………………………………………………pag. 3
Capitolo 1: Definizione del disturbo di personalità………... “ 4 Capitolo 2: Disturbo Antisociale di Personalità……………. “ 6 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività….. “ 15 Disturbo della Condotta………………………... “ 18 Capitolo 3: Disturbi di Personalità del Gruppo B…………… “ 22 Disturbo Borderline di Personalità…………….. . “ 22 Disturbo Istrionico di Personalità……………… “ 23 Disturbo Narcisistico di Personalità……………. “ 25 Capitolo 4: La Doppia Diagnosi e i pazienti difficili………. “ 29 Un esempio di approccio integrato biopsicosociale ed educativo nel paziente con Doppia Diagnosi.. “ 31 ASI……………………………………………... “ 38 Scid…………………………………………….. “ 40 Capitolo 5: Programmi integrati nel trattamento a lungo termine del paziente in Doppia Diagnosi……………. “ 43 Capitolo 6: La realtà sul territorio………………………….. “ 53 Capitolo 7: Conclusioni……………………………………. “ 59 Bibliografia…………………………………………………. “ 64
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Capitolo 1
DEFINIZIONE DEL DISTURBO DI
PERSONALITA’
In Psichiatria il disturbo di personalità riguarda gli individui i cui tratti di
personalità sono maladattivi in modo pervasivo, inflessibile e permanente, e
causano una condizione di disagio clinicamente significativa.
La definizione di disturbo di personalità compare per la prima volta nel DSM-
IV, sebbene i disturbi di personalità siano stati descritti in un asse specifico (II
asse) nel DSM III. Un disturbo di personalità è definito come un modello
abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla
cultura in cui l'individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle
seguenti aree: esperienza cognitiva, affettiva, funzionamento interpersonale e
controllo degli impulsi.
Il pattern deve presentarsi in un'ampia gamma di situazioni sociali e
comportare una condizione di disagio personale, sociale, lavorativo
clinicamente significativa.
Insorge nella prima metà della vita adulta, è stabile nel tempo, presenta un
carattere inflessibile e pervasivo nelle diverse aree della vita e comporta
conseguenze in termini di sofferenza soggettiva e di limitazioni a relazioni e
lavoro (Ammaniti, 2002; APA, 1995).
Classificazione dei disturbi di personalità (DSM IV)
Secondo la quarta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorder (DSM IV) dell'Associazione degli Psichiatri Americani (APA), vi
sono tre gruppi principali in cui si possono classificare i disturbi di
personalità:
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Gruppo A
• Disturbo paranoide di personalità
• Disturbo schizoide di personalità
• Disturbo schizotipico di personalità
Gruppo B
• Disturbo antisociale di personalità
• Disturbo borderline di personalità
• Disturbo istrionico di personalità
• Disturbo narcisistico di personalità
Gruppo C
• Disturbo evitante di personalità
• Disturbo dipendente di personalità
• Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità
• Disturbo di personalità non altrimenti specificato (NAS)
I disturbi di personalità si distinguono per semplicità in tre grandi gruppi
("cluster") A, B e C, in base ad analogie puramente descrittive, non teoriche
nè eziologiche. Il gruppo A - che include i disturbi di personalità paranoide,
schizoide e shizotipico - comprende individui che più frequentemente
appaiono strani o eccentrici. Al gruppo B appartengono individui la cui
personalità appare amplificativa, emotiva o imprevedibile; comprende i
disturbi di personalità antisociale, borderline, istrionico e narcisistico. Il
gruppo C comprende i disturbi di personalità evitante, dipendente ed
ossessivo compulsivo. Gli individui con questi disturbi appaiono spesso
ansiosi o paurosi.
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Capitolo 2
DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITA’
Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità frequentemente
mancano di empatia e tendono ad essere indifferenti, cinici e sprezzanti nei
confronti dei sentimenti, dei diritti e delle sofferenze degli altri. Possono
avere un'autostima ipertrofica ed arrogante (per es., pensano che un lavoro
ordinario non sia degno di loro, o mancano d’ interesse realistico per i propri
problemi attuali o per il proprio futuro), e possono essere eccessivamente
testardi, sicuri di sé o presuntuosi. Possono avere un fascino disinvolto,
superficiale, e possono essere piuttosto volubili e compiacenti verbalmente
(per es., usando termini tecnici, o un gergo che può impressionare chi non ha
familiarità con l'argomento). La mancanza di empatia, l'autostima ipertrofica,
e il fascino superficiale sono caratteristiche comunemente incluse nelle
concezioni tradizionali della psicopatia, e possono essere particolarmente
distintive del Disturbo Antisociale di Personalità in ambito carcerario o
forense, dove di solito gli atti criminali, delinquenti o aggressivi non sono
dirimenti. Questi individui possono anche essere irresponsabili e sfruttatori
nelle relazioni sessuali. Possono avere nella loro storia numerosi partner
sessuali, e possono non avere mai sostenuto una relazione monogama.
Possono essere genitori irresponsabili, come evidenziato dalla malnutrizione
di un figlio, da una malattia di un figlio che deriva dalla mancanza di
un'igiene minima, dalla dipendenza di un figlio dai vicini o da familiari non
conviventi per quanto riguarda cibo o riparo, dall’incapacità di trovare
qualcuno che si occupi di un bambino piccolo quando è fuori casa, o dal
ripetuto spreco del denaro richiesto per le necessità domestiche. Questi
individui possono ricevere un'espulsione con infamia dai servizi militari,
possono non riuscire ad essere indipendenti, possono impoverirsi o anche
diventare dei "senza-tetto", o trascorrere molti anni in istituzioni penali. Gli
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individui con Disturbo Antisociale di Personalità hanno maggiori probabilità
rispetto alla popolazione generale di morire prematuramente per causa
violenta (per es., suicidio, incidenti, e omicidi).
Possono presentare disforia, lamentele di tensione, incapacità di tollerare la
noia, e umore depresso. Possono avere Disturbi d'Ansia, Disturbi Depressivi,
Disturbi Correlati a Sostanze, Disturbo di Somatizzazione, Gioco d'Azzardo
Patologico e altri disturbi del controllo degli impulsi. La probabilità di
sviluppare un Disturbo Antisociale di Personalità nella vita adulta è aumentata
se il soggetto ha presentato un esordio precoce di Disturbo della Condotta
(prima dei 10 anni) accompagnato da un Disturbo da Deficit dell'Attenzione
e/o iperattività. Abusi o incuria da bambino, genitori instabili o imprevedibili,
o disciplina incoerente da parte dei genitori possono aumentare la probabilità
che il Disturbo della Condotta evolva in un Disturbo Antisociale di
Personalità.
PREVALENZA
La prevalenza complessiva del Disturbo Antisociale di Personalità nei
campioni comunitari è circa il 3% nei maschi e circa l 1% nelle femmine.
DECORSO
Il Disturbo Antisociale di Personalità ha un decorso cronico, ma può diventare
meno evidente o andare incontro a remissione man mano che l'individuo
diventa più adulto, particolarmente dalla quarta decade di vita. Sebbene
questa remissione tenda ad essere particolarmente evidente per quanto
riguarda l'essere coinvolti in comportamenti criminali, è probabile una
riduzione dell'intero spettro di comportamenti antisociali e dell'uso di
sostanze.
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FAMILIARITA’
Il Disturbo Antisociale di Personalità è più comune tra i consanguinei di
primo grado di individui con il disturbo che nella popolazione generale. Il
rischio per i consanguinei di femmine con il disturbo tende ad essere
maggiore del rischio dei consanguinei di maschi con il disturbo. Nell'ambito
di una famiglia con un membro affetto da Disturbo Antisociale di Personalità,
i maschi hanno più frequentemente il Disturbo Antisociale di Personalità e
Disturbi Correlati a Sostanze, mentre le femmine presentano più
frequentemente il Disturbo di Somatizzazione. Comunque, in tali famiglie, vi
è un aumento nella prevalenza di tutti questi disturbi, sia nei maschi che nelle
femmine, in confronto alla popolazione generale. Studi sull'adozione indicano
che fattori sia genetici che ambientali contribuiscono al rischio per questo
gruppo di disturbi. Sia i figli adottivi che quelli biologici di genitori con
Disturbo Antisociale di Personalità hanno un rischio aumentato di sviluppare
il Disturbo Antisociale di Personalità, il Disturbo di Somatizzazione e i
Disturbi Correlati a Sostanze. I bambini adottati assomigliano ai genitori
biologici più che ai genitori adottivi, ma l'ambiente familiare adottivo
influenza il rischio di sviluppare un Disturbo di Personalità e la
psicopatologia correlata.
CARATTERISTICHE
Il Disturbo Antisociale di Personalità sembra essere associato con uno stato
socioeconomico basso e con gli ambienti urbani. Il Disturbo Antisociale di
Personalità è molto più comune nei maschi che nelle femmine.
La caratteristica essenziale del Disturbo Antisociale di Personalità è un
quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si
manifesta nella prima adolescenza, e continua nell'età adulta. Questa modalità
è stata anche denominata psicopatia, sociopatia o disturbo "dissociale" di
personalità.
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Per porre questa diagnosi, l'individuo deve avere almeno 18 anni, e deve
avere in anamnesi alcuni sintomi del Disturbo della Condotta prima dell'età di
15 anni. Il Disturbo della Condotta comporta un quadro ripetitivo e
persistente di comportamenti che violano i diritti basilari degli altri o le
norme o regole sociali principali appropriate per l'età. I comportamenti
specifici caratteristici del Disturbo della Condotta cadono in una categoria
delle quattro seguenti: aggressione a persone o animali, distruzione di
proprietà, truffa o furto, o grave violazione di regole.
Gli individui con il Disturbo Antisociale di Personalità non riescono a
conformarsi alle norme sociali secondo un comportamento legale. Possono
compiere ripetutamente atti passibili di arresto (che siano arrestati o meno),
come distruggere proprietà, molestare gli altri, rubare o svolgere attività
illegali. Le persone con questo disturbo non rispettano i desideri, i diritti o i
sentimenti degli altri. Sono frequentemente disonesti e manipolativi per trarre
profitto o piacere personale (per es., per ottenere denaro, sesso, o potere).
Possono ripetutamente mentire, usare false identità, truffare o simulare.
L'impulsività può manifestarsi con l'incapacità di pianificare il futuro. Le
decisioni vengono prese sotto l'impulso del momento, senza previdenza, e
senza considerazione delle conseguenze per sé e per gli altri; questo può
determinare cambiamenti improvvisi di lavoro, di residenza, o di relazioni.
Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità tendono ad essere
irritabili ed aggressivi, e possono essere coinvolti ripetutamente in scontri
fisici o commettere aggressioni fisiche (incluso picchiare il coniuge o i figli).
Questi individui mostrano anche di non curarsi della sicurezza propria o degli
altri. Questo può essere evidenziato dal loro modo di guidare (ricorrenti
eccessi di velocità, guidare in stato di intossicazione, incidenti multipli).
Possono coinvolgersi in comportamenti sessuali o in uso di sostanze con
elevato rischio di conseguenze dannose. Possono ignorare o non curarsi di un
figlio, in modo tale da mettere il bambino in pericolo.
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Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità tendono anche ad essere
spesso estremamente irresponsabili. Un comportamento lavorativo
irresponsabile può essere indicato da periodi significativi di disoccupazione
nonostante la disponibilità di opportunità di lavoro, o dall'abbandono di molti
lavori senza un piano realistico per ottenere un altro lavoro. Può essere
presente anche una situazione di assenze ripetute dal lavoro non giustificate
da malattie proprie o dei familiari. L'irresponsabilità finanziaria è indicata da
azioni quali inadempienza ai debiti, incapacità di provvedere al supporto dei
figli, o incapacità di supportare altre figure dipendenti in modo regolare. Gli
individui con Disturbo Antisociale di Personalità mostrano scarso rimorso per
le conseguenze delle proprie azioni. Possono essere indifferenti, o fornire una
giustificazione superficiale dopo avere fatto del male, maltrattato o derubato
qualcuno (per es., "la vita è ingiusta", "i perdenti meritano di perdere",
"doveva accadergli"). Questi individui possono biasimare le vittime per
essere pazzi, senza risorse, o perché meritano il loro destino; possono
minimizzare le conseguenze dannose delle proprie azioni; o possono
semplicemente mostrare completa indifferenza. Generalmente sono incapaci
di scusarsi o di riparare al loro comportamento. Possono credere che ognuno
si debba sacrificare per "aiutare il numero uno", e che non ci si dovrebbe
fermare di fronte a niente per evitare di essere sottomessi.
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CRITERI DIAGNOSTICI DEL DISTURBO ANTISOCIALE DI
PERSONALITA’ (DSM-IV)
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, IVa edizione (DSM-
IV, 1994) definisce la personalità antisociale come caratterizzata da "un
quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri che si
manifesta fin dall'età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti
elementi:"
A. Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri
che si manifesta fin dall'età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei
seguenti elementi:
1) incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il
comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di
arresto
2) disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri
ripetutamente, per profitto o per piacere personale
3) impulsività o incapacità di pianificare
4) irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti
5) inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri
6) irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di
sostenere un'attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi
finanziari
7) mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal
razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro
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B. L'individuo ha almeno 18 anni
C. Presenza di un "Disturbo della Condotta" con esordio prima dei 15 anni di
età
D. Il clinico deve inoltre valutare che il comportamento antisociale non si
manifesti esclusivamente durante il decorso della "Schizofrenia" o di un
"Episodio Maniacale"
Il clinico dovrà sempre tenere in considerazione che il paziente antisociale è
spesso in grado di mentire, falsificare, ed addirittura simulare altre patologie
fisiche o psichiche. Avendo comunque una scarsa capacità di pianificare ed
un'estrema impulsività è necessaria una valutazione intensiva a lungo termine.
Il tratto peculiare che contraddistingue il paziente antisociale è la mancanza di
rimorso, ovvero, da un punto di vista psicodinamico, egli non ha potuto
introiettare la "norma". Vediamo quindi un paziente spesso freddo nel
racconto dei dettagli anche di eventuali atti violenti se non addirittura di
omicidi singoli o seriali. La mancanza di empatia e un "Io" grandioso
riflettono il continuum con il disturbo narcisistico. Sembrerebbe che,
utilizzando una comprensione psicodinamica, ciò che distingue un paziente
antisociale da un paziente narcisista sia proprio la carenza, nel primo, del
senso di colpa.
Occorre comunque essere molto cauti, soprattutto per chi si occupa di perizie
per i tribunali, nel definire la carenza di rimorso, poiché il paziente con
disturbo antisociale di personalità, in virtù della capacità già accennata di
mentire, falsificare e simulare, può operare una simulazione anche del "senso
di colpa" e del rimorso, mostrando anche una "non genuina" commozione e
pseudo-sentimenti che, l'occhio non esperto, difficilmente sarà in grado di
valutare. In virtù del fatto che spesso i cosiddetti "criminali" evidenziano un
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disturbo antisociale di personalità, la questione della patologia si fa più ampia
ed interessa non soltanto l'ambito psicologico e psichiatrico ma anche il
campo della giustizia e della pubblica sicurezza.
Se pensiamo agli istituti carcerari, essi dovrebbero essere, almeno dal punto di
vista giuridico, degli enti non solo di pena ma soprattutto di riabilitazione.
Una perizia è quindi necessaria per valutare anche il reinserimento sociale di
detenuti con disturbo antisociale di personalità.
Il dilemma è se tali pazienti siano reintegrabili, in altre parole "curabili"
oppure non vi sia possibilità di recupero. A tale proposito Gabbard (Gabbard,
G.O., 1994) propone una serie di fattori predittivi della risposta terapeutica
positiva o negativa al ricovero in un reparto di psichiatria.
Riportiamo lo schema:
Risposta negativa
anamnesi positiva per arresti di reato
anamnesi positiva per menzogne, falsità, raggiro
pendenze legali da definire al momento del ricovero
anamnesi positiva per condanne per reato
ricoveri obbligatori come alternativa all'incarcerazione
anamnesi positiva per violenze verso terzi
diagnosi sull'asse I di alterazione cerebrale organica
Risposta positiva
presenza di ansia
diagnosi sull'asse I di depressione
diagnosi sull'asse I di una psicosi che non sia depressione o sindrome
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cerebrale organica
Ogni Disturbo di Personalità è un' esacerbazione di tratti normali che
divengono patologici proprio per un meccanismo di amplificazione.
Le Personalità Antisociali vengono viste come patologie del Super-Io, cioè
della struttura psichica depositaria dei valori morali “erede del conflitto
edipico” (Freud, L’Io e l’Es, 1922) e basata sulle introiezioni dei valori delle
figure genitoriali e delle norme sociali: mancando il Super-Io, che
nell’individuo normale funge da guida per il comportamento sociale, essi
sono privi di sensi di colpa e di valori morali come una sorta di “afasia
semantica” (Cleckley, 1941).
Fu il famoso psichiatra francese Pinel (1801) ad intuire che certi
comportamenti antisociali potevano essere causati da una malattia mentale.
Egli descrisse un caso di “manie sans dèlire” in un contadino che buttò la
moglie nel pozzo.
Questo fu il primo resoconto del Disturbo Antisociale di Personalità della
storia della psichiatria.
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DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE/IPERATTIVITA’
1) Sei (o più) dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno
6 mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il
livello di sviluppo:
Disattenzione
a) Spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di
distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro o in altre attività;
b) Spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività
di gioco
c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente
d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le
incombenze o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento
oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni)
e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti o nelle attività
f) spesso evita, prova avversione o è riluttante a impegnarsi in compiti che
richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa)
g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per es.,
giocattoli, compiti di scuola, matite, libri o strumenti)
h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei
i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane;
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2) sei (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti
per almeno 6 mesi con un’intensità che causa disadattamento e contrasta con
il livello di sviluppo:
Iperattività
a) spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia
b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui
ci si aspetta che resti seduto
c) spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui
ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a
sentimenti soggettivi di irrequietezza)
d) spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo
tranquillo
e) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”
f) spesso parla troppo
g) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate
h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio numero
i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per es., si
intromette nelle conversazioni o nei giochi)
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B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che
causano compromissione erano presenti prima dei 7 anni di età
C. Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più
contesti (per es., a scuola o al lavoro e a casa)
D. Deve esservi un’evidente compromissione clinicamente significativa del
funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un
Disturbo Generalizzato dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo
Psicotico, e non risultano meglio attribuibili a un altro disturbo mentale (per
es. Disturbo dell’Umore, Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo o Disturbo
di Personalità).
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DISTURBO DELLA CONDOTTA
A. Una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti
fondamentali degli altri o le principali norme o regole societarie appropriate
per l’età vengono violati, come manifestato dalle presenza di 3 (o più) dei
seguenti criteri nei 12 mesi precedenti, con almeno un criterio presente negli
ultimi 6 mesi:
Aggressioni a persone o animali
1) Spesso fa il prepotente, minaccia, o intimorisce gli altri;
2) spesso dà inizio a colluttazioni fisiche;
3) ha usato un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (per es.,
un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola);
4) è stato fisicamente crudele con le persone;
5) è stato fisicamente crudele con gli animali;
6) ha rubato affrontando la vittima(per es., aggressione, scippo, estorsione,
rapina a mano armata);
7) ha forzato qualcuno ad attività sessuali.
Distruzione della proprietà
1) Ha deliberatamente appiccato il fuoco con l’intenzione di causare seri
danni.
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2) ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso da appiccare
il fuoco)
Frode o furto
1) è penetrato in un edificio, un domicilio, o una automobile altrui
2) spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè,
raggira gli altri)
3) ha rubato articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furto nei
negozi ma senza scasso; falsificazioni)
Gravi violazioni di regole
1) Spesso trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori, con
inizio prima dei 13 anni di età
2) è fuggito da casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei
genitori o di chi ne faceva le veci (o una volta senza ritornare per un lungo
periodo);
3) marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età.
B. L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente
significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
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C. Se il soggetto ha 18 anni o più, non sono soddisfatti i criteri per il Disturbo
Antisociale di Personalità
CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DISTURBO DELLA CONDOTTA
Specificare il tipo sulla base dell’età all’esordio
Tipo ad Esordio nella Fanciullezza: esordio di almeno un criterio
caratteristico del Disturbo della Condotta prima dei 10 anni di età.
I soggetti con il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza sono di solito maschi,
mostrano di frequente aggressioni fisiche contro altri, hanno relazioni fisiche
disturbate con coetanei, possono aver avuto un Disturbo Oppositivo
Provocatorio nella prima fanciullezza, e di solito hanno sintomi che
soddisfano pienamente i criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità
rispetto ai soggetti con Tipo ad Esordio nell’Adolescenza.
Tipo ad Esordio nell’Adolescenza: assenza di tutti i criteri caratteristici del
Disturbo della Condotta prima dei 10 anni di età. Rispetto a coloro che sono
affetti dal Tipo ad Esordio nella Fanciullezza, questi soggetti hanno meno
probabilità di manifestare comportamenti aggressivi e tendono ad avere
relazioni con i compagni maggiormente nella norma (sebbene essi mostrino
spesso problemi di condotta in compagnia di altri). Questi soggetti hanno
meno probabilità di avere un Disturbo della Condotta persistente o di
sviluppare da adulti il Disturbo Antisociale di Personalità. Il rapporto tra
maschi e femmine affetti da Disturbo della Condotta è minore per il Tipo ad
Esordio nell’Adolescenza che per il Tipo ad Esordio nella Fanciullezza.
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Specificare la gravità:
Lieve: pochi o nessun problema di condotta al di là di quelli richiesti per fare
la diagnosi, e i problemi di condotta causano solo lievi danni agli altri (per es.,
mentire, marinare la scuola, stare fuori la sera senza permesso)
Moderato: numero di problemi di condotta ed effetti sugli altri intermedi tra
lieve e grave (per es., rubare senza affrontare la vittima, vandalismo)
Grave: molti problemi di condotta in aggiunta a quelli richiesti per fare la
diagnosi oppure i problemi di condotta causano notevoli danni agli altri (per
es., rapporti sessuali forzati, crudeltà fisica, uso di armi, furto con aggressione
alla vittima, violazione di proprietà, scasso).
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Capitolo 3
DISTURBI DI PERSONALITA’ DEL GRUPPO B
Al cluster B appartengono individui la cui personalità appare amplificativa,
emotiva ed estremamente imprevedibile. Questo gruppo comprende i disturbi
Borderline, Istrionico e Narcisistico che verranno brevemente descritti.
DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’
Il Disturbo Borderline di Personalità è un disturbo di personalità che deriva il
suo nome dall'antica classificazione dei disturbi mentali, raggruppati in
nevrosi e psicosi, e significa letteralmente "linea di confine". L'idea originaria
era riferita a pazienti con personalità che funzionano "al limite" della psicosi
pur non giungendo agli estremi delle vere psicosi o malattie gravi (come ad
esempio la schizofrenia). Questa definizione è oggi considerata più
appropriata al concetto teorico di "Organizzazione Borderline", che è comune
a tutti i disturbi di personalità, mentre il disturbo borderline è un quadro
particolare.
Le formulazioni del manuale DSM IV e le versioni successive, come pure le
classificazioni più moderne internazionali (ICD-10) hanno ristretto la
denominazione di disturbo borderline fino a indicare, più precisamente, quella
patologia i cui sintomi sono la disregolazione emozionale e l'instabilità del
soggetto. È stato proposto perciò anche un cambio di nome del disturbo.
Il disturbo borderline di personalità è definito oggi come disturbo
caratterizzato da vissuto emozionale eccessivo e variabile, e da instabilità
riguardanti l'identità dell'individuo. Uno dei sintomi più tipici di questo
disturbo è la paura dell'abbandono. Si osserva in questi pazienti la tendenza
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all'oscillazione del giudizio tra polarità opposte, un pensiero cioè in "bianco o
nero", oppure alla "separazione" cognitiva ("sentire" o credere che una cosa o
una situazione si debba classificare solo tra possibilità opposte; ad esempio la
classificazione "amico" o "nemico", "amore" o "odio", ecc..). Questa
separazione non è pensata bensì è immediatamente percepita da una struttura
di personalità che mantiene e amplifica certi meccanismi primitivi di difesa.
La caratteristica dei pazienti con disturbo borderline è, inoltre, una generale
instabilità esistenziale. La loro vita è caratterizzata da relazioni affettive
intense e turbolente che terminano bruscamente, e il disturbo ha spesso effetti
molto gravi provocando "crolli" nella vita lavorativa e di relazione
dell'individuo.
Il disturbo viene descritto sinteticamente come: patologia grave caratterizzata
da instabilità pervasiva dell'umore, delle relazioni interpersonali,
dell'immagine di sè, dell'identità e del comportamento, e una più generale
anomalia nella percezione del senso di sè.
DISTURBO ISTRIONICO DI PERSONALITA’
Il Disturbo Istrionico di Personalità è caratterizzato da un’emotività eccessiva
e dalla continua ricerca di attenzione. Gli individui con disturbo istrionico,
infatti, si sentono a disagio quando non sono al centro dell’attenzione.
Percependo l’approvazione degli altri come unica ancora di salvezza,
avvertono una pressione costante ad utilizzare l’aspetto fisico per ricercare
questa attenzione. Di conseguenza, si preoccupano eccessivamente di essere
fisicamente attraenti, di impressionare gli altri per il loro aspetto e spendono
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un’eccessiva quantità di tempo, energia e denaro per gli abiti e per le cure
personali. Spesso temono l’invecchiamento e la degenerazione fisica, in
quanto potrebbero far perdere loro l’unico strumento che conoscono per
attirare gli altri a sé.
L’aspetto e il comportamento degli individui con disturbo istrionico di
personalità risultano spesso provocanti o apertamente seduttivi, al di là di
quanto sia appropriato dato il contesto sociale.
Si percepiscono soggettivamente come socievoli e piacevoli. In effetti,
possono inizialmente affascinare le nuove conoscenze per il loro entusiasmo e
la loro apertura. Quando la relazione continua, però, queste qualità tendono ad
indebolirsi, poiché questi individui sono considerati come eccessivamente
esigenti e bisognosi di continue attenzioni e rassicurazioni. Nei loro tentativi
di ottenere l’accettazione e l’approvazione degli altri possono usare approcci
indiretti come la manipolazione, ma fanno ricorso anche a coercizioni o a
minacce di suicidio, se metodi più sottili non sembrano avere successo.
Le emozioni dell’individuo istrionico sono espresse intensamente e inoltre
sembrano esagerate, prive di spontaneità, false; chi sta loro vicino ha la
sensazione di assistere costantemente ad una recita. Spesso rispondono a
eventi minimi con pianti incontrollati, rabbia, scoppi d’ira o collera.
L’espressione esagerata delle emozioni da parte di tali pazienti può condurre
gli altri ad accusare l’individuo di simulare questi sentimenti.
Sono individui esageratamente bisognosi di affetto e attenzioni, poiché spesso
ne sono stati deprivati in tenera età. Vivono con un costante timore di essere
abbandonati e mantenere una relazione con loro richiede molta pazienza e
disponibilità.
25
IL DISTURBO NARCISISTICO DI
PERSONALITA’
Il Disturbo Narcisistico di Personalità è un disturbo della personalità il cui
sintomo principale è un deficit nella capacità di provare empatia verso altri
individui. Questa patologia è caratterizzata da una particolare percezione di sé
del soggetto definita “Sé grandioso”. Comporta un sentimento esagerato della
propria importanza e idealizzazione del proprio sé - ovvero una forma di
amore di sé che, dal punto di vista clinico, in realtà è fasulla - e difficoltà di
coinvolgimento affettivo. La persona manifesta una forma di egoismo
profondo di cui non è di solito consapevole, e le cui conseguenze sono tali da
produrre nel soggetto sofferenza, disagio sociale o significative difficoltà
relazionali e affettive.
La nozione di disturbo narcisistico di personalità è stata formulata da Heinz
Kohut nel 1971 e introdotta dietro sua proposta nel manuale Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders (DSM). Il quadro clinico che descrive
è una particolare forma di disturbo del narcisismo. Ciò che distingue questi
pazienti, ovvero la struttura psicologica ipotizzata da Kohut per la quale coniò
il termine “Sé grandioso”, è una sorta di “falso io” o “falso sé” che conserva
alcune delle caratteristiche primitive dell’io infantile, una immagine interiore
eccessivamente idealizzata e "onnipotente" che l’individuo percepisce come il
vero “io”.
In ambito teorico, le diverse scuole di psicologia hanno dato interpretazioni e
spiegazioni varie di questa famiglia di disturbi. Il concetto di narcisismo è un
termine teorico che nella psicanalisi indica un meccanismo o funzione
primitiva del sè, precisamente è la funzione che distingue il "sè" dalla realtà
26
esterna nelle prime fasi del suo sviluppo. Si ritiene generalmente che il
narcisismo, cioè il suo malfunzionamento, abbia un ruolo centrale nell'origine
di molte patologie psichiatriche. Il disturbo di personalità narcisistico è una
manifestazione di narcisismo patologico particolare, oggi generalmente
considerata come un quadro riconoscibile a sé stante, e codificata dall'esame
oggettivo dei sintomi.
IL CRITERIO DIAGNOSTICO DSM-IV TR
La diagnosi secondo i criteri del DSM IV richiede che almeno cinque dei
seguenti sintomi siano presenti in modo tale da formare un pattern pervasivo,
cioè che rimane tendenzialmente costante in situazioni e relazioni diverse:
1. Senso grandioso del sé ovvero senso esagerato della propria importanza
2. È occupato/a da fantasie di successo illimitato, di potere, effetto sugli altri,
bellezza, o di amore ideale
3. Crede di essere "speciale" e unico/a, e di poter essere capito/a solo da
persone speciali; o è eccessivamente preoccupato da ricercare
vicinanza/essere associato a persone di status (in qualche ambito) molto alto
4. Desidera o richiede un’ammirazione eccessiva rispetto al normale o al suo
reale valore
5. Ha un forte sentimento di propri diritti e facoltà, è irrealisticamente
convinto che altri individui/situazioni debbano soddisfare le sue aspettative
6. Approfitta degli altri per raggiungere i propri scopi, e non ne prova
rimorso
7. È carente di empatia: non si accorge (non riconosce) o non dà importanza
a sentimenti altrui, non desidera identificarsi con i loro desideri
27
8. Prova spesso invidia ed è generalmente convinto che altri provino invidia
per lui/lei
9. Modalità affettiva di tipo predatorio (rapporti di forza sbilanciati, con
scarso impegno personale, desidera ricevere più di quello che dà, che altri
siano affettivamente coinvolti più di quanto lui/lei lo è)
Nota: le tabelle diagnostiche dell' Organizzazione Mondiale della Sanità
(ICD-9 e ICD-10) non riportano il disturbo narcisistico nè un equivalente di
questa patologia.
DIFFUSIONE
Secondo i dati riportati dall'American Psychiatric Association (APA) il
disturbo narcisistico di personalità è diagnosticabile in circa l'1% della
popolazione adulta. Esistono tuttavia stime più elevate, che collocano il dato
tra il 2% e il 4%. Tra i pazienti ricoverati, la diffusione del disturbo aumenta
molto (tra il 2% e il 16%).
La diffusione di questa patologia non sembra ubiquitaria, bensì fortemente
influenzata – per lo meno nelle modalità di manifestarsi - dai contesti
culturali. Secondo alcuni osservatori, essa è diffusa (con queste
caratteristiche) quasi esclusivamente in paesi capitalistici occidentali.
Il disturbo sembra avere una componente sessuale o di genere per cui la
diffusione non è uguale fra i due sessi: i maschi affetti sono più numerosi
delle donne, di una quota compresa tra il 50% e il 75%.
Alcuni tratti narcisistici appaiono nel corso dello sviluppo dell'individuo e in
un certo grado sono normali. Questi tratti del carattere sono molto diffusi tra
28
adolescenti e teenagers, senza che necessariamente l'esito sia una personalità
patologica in età adulta.
Recentemente un numero sempre più alto di pazienti presenta un quadro
clinico caratterizzato da disturbi psichiatrici, associato all’utilizzo di sostanze
psicotrope come la Cocaina, l’Ecstasy, l’Eroina e l’Alcool.
Questi pazienti presentano certamente alcune caratteristiche proprie dei
tossicodipendenti “classici”, ma sussistono sintomi psicopatologici propri di
disturbi mentali preesistenti o che si associano alla condotta di dipendenza.
29
Capitolo 4
LA DOPPIA DIAGNOSI E I PAZIENTI
DIFFICILI
I servizi sanitari coinvolti, il Ser.T. e il D.S.M. hanno cercato un percorso di
collaborazione purtroppo non sempre attuabile per la complessità di presa in
carico dell’utenza, i cui fattori non sono ancora chiari agli addetti ai lavori.
Nel processo diagnostico sussistono notevoli difficoltà, perché ci troviamo a
trattare soggetti che sono portatori di diversi disturbi mentali, che potrebbero
essere conformi ai criteri descrittivi delle patologie psichiatriche come i
Disturbi dell’Umore, i Disturbi di Ansia, i Disturbi di Personalità e i Disturbi
Psicotici. In altri termini i comportamenti tossicomanici sono distribuiti su
tutto lo spettro delle patologie psichiatriche suggerite dal DSM-IV.
Allo stato attuale dei lavori appare pertanto necessario una rilettura
“biopsicosociale” delle patologie di abuso e di dipendenza nella ricerca del
rinnovamento di un programma, che non può prescindere da una stretta
collaborazione tra Agenzie di trattamento e rete sociale.
Essi sono ambiti ricchi di esperienze, interventi sperimentali, ricerca empirica,
che permettono il “costruire una pensabilità e una ricerca che parta
dall’esperienza” (Bion).
Le particolari caratteristiche della personalità dei soggetti detti a “doppia
diagnosi”, pongono agli operatori che li hanno in carico una serie di problemi
complessi trasversali ai territori biologico, psicologico e sociale. Essi
presentano, oltre alla sintomatologia più chiaramente psichiatrica, difficoltà
maggiori nell’organizzazione personale, nelle relazioni familiari e sociali,
nella gestione di condizioni stressanti, nel condividere le regole, nel
rispondere alle richieste dell’ambiente e nel mantenere un lavoro e
un’abitazione.
30
Nel percorso di trattamento in regime residenziale il soggiorno deve
articolarsi nel favorire momenti esperenziali e di integrazione delle tre aree
biopsicosociali di ogni soggetto (area della capacità abitativa,area della
capacità lavorativa, area della capacità relazionale).
Per i pazienti a doppia diagnosi ossia in quell’utenza dove sono più presenti i
meccanismi di funzionamento di natura psicotica, come la regressione, la
scissione, lo svuotamento psicotico che si traduce in anedonia ed apatia, un
percorso collaudato delle comunità “lavorative” comporta un collasso delle
risorse del soggetto che vede non corrispondere il proprio modo di
relazionarsi con gli altri alle aspettative di comprensione e spiegazione degli
ambiti più problematici del proprio sé. Pertanto è necessario che il paziente si
sperimenti prima nell’area della capacità relazionale, punto di maggior
fragilità, che ha permesso in modo forte la richiesta di dipendenza patologica
da sostanza.
Il percorso di trattamento in regime residenziale deve essere interpretato come
una soluzione temporanea, un percorso di comunità, che non diventa “grembo
molle”, in cui “…il paziente può rannicchiarsi evitando le conflittualità
esterne: ancora una via di fuga dalla fatica e dalla responsabilità di
crescere…” (Gustavo Pietropolli Charmet).
Recentemente un numero sempre più alto di pazienti presenta un quadro
clinico caratterizzato da disturbi psichiatrici, associato all’utilizzo di sostanze
psicotrope come la Cocaina, l’Ecstasy, l’Eroina e l’Alcool.
Questi pazienti presentano certamente alcune caratteristiche proprie dei
tossicodipendenti “classici”, ma sussistono sintomi psicopatologici propri di
disturbi mentali preesistenti o che si associano alla condotta di dipendenza.
31
UN ESEMPIO DI APPROCCIO INTEGRATO BIOPSICOSOCIALE
ED EDUCATIVO NEL PAZIENTE CON DOPPIA DIAGNOSI
La P.A.R.S. (Prevenzione Assistenza Reinserimento Sociale)è una
cooperativa sociale che ha sede nelle Marche e opera nel campo
dell’educazione dei giovani problematici e delle tossicodipendenze dal
1990.Il suo scopo è quello di riunire l’aspetto educativo più classico con le
risorse offerte dalla medicina, dalla psichiatria e dalla psicologia.
La cooperativa è convenzionata con le ASL di competenza territoriale e
possiede tre centri residenziali, due centri diurni e numerosi centri giovanili di
aggregazione.
Organizzazione interna dei centri
Il personale:
• Educatori professionali (laureati)
• Educatori riconosciuti (non laureati)
• Laureati in psicologia
• Diplomati in direzione di CT
• A.D.E.S.T.
Il personale psicoterapeutico è costituito da:
• Psicologi e medici, di diversa scuola a seconda della formazione
personale.
Il personale medico è costituito da:
• Medici di base della zona di competenza
• Medici psichiatri e psicoterapeuti.
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I laboratori:
• Laboratorio di “animazione corporea” guidato da un insegnante ISEF,
riconosciuta in campo di attività educative attraverso l’uso del corpo.
• Laboratorio di “counseling musicale” guidato da un insegnante di
musica riconosciuto in campo di attività di sostegno attraverso mezzi di
espressione musicale.
• Laboratorio di “arte counseling” guidato da un insegnante diplomato al
liceo artistico, con anni di esperienza in questo campo.
Attività ludiche e culturali:
• Giochi, films, intrattenimenti vari, lettura di libri, ascolti musicali
guidati, piccoli lavori di decorazione si svolgono grazie anche all’aiuto fornito
da diversi volontari.Sono previste uscite culturali come visite di città, musei,
mostre e visite di luoghi di interesse naturalistico.
La struttura:
• Grande attenzione viene posta alla cura dell’ambiente, al bello ,
all’ordine, alla sicurezza.
Il lavoro educativo:
• Il lavoro educativo viene fondato sulla responsabilizzazione
progressiva e mirata degli utenti, ognuno secondo le proprie possibilità. Gli
ospiti vengono seguiti dagli operatori 24 ore su 24.
• L’andamento del lavoro educativo viene verificato nella “riunione
tecnica” con cadenza settimanale, in presenza degli educatori, con lo scopo di
33
portare alla luce le difficoltà o gli obiettivi raggiunti negli utenti attraverso la
verifica delle loro responsabilità quotidiane.
L’attività terapeutica:
Il terapeuta si avvale di diversi strumenti:
• colloqui individuali settimanali,
• gruppo terapeutico settimanale, al quale partecipano anche gli
educatori,
• gruppi espressivi, per facilitare l’utente che ha più difficoltà
all’approccio verbale,
• counseling familiare: le famiglie possono partecipare alla vita dei
centri una volta al mese, trascorrendo una giornata con i propri figli, venendo
coinvolte in un momento educativo e terapeutico pensato appositamente per
il loro sostegno. Questo permette in seguito un rientro degli utenti sul
territorio di provenienza il meno traumatico possibile.
L’attività medico – psichiatrica:
• Il medico – psichiatra, attraverso colloqui clinici, stabilisce la necessità
o meno di una terapia farmacologia, grazie anche alle osservazioni riportategli
dagli altri operatori.
• Il medico si occupa di verificare l’andamento della terapia
farmacologia, e risponde a tutte le altre esigenze mediche.
34
Formazione e integrazione delle diverse figure professionali:
I luoghi di integrazione delle diverse figure professionali su descritte
comprendono
• èquipe: ha caratteristiche multidisciplinari e simbolicamente cerca di
rappresentare un modello di funzione genitoriale “sano” capace di trasmettere
affettività, accogliere la persona nella sua interezza e contenere le soggiacenti
dinamiche trasgressive, manipolatorie, aggressive o dissociative. L’èquipe
rappresenta anche il punto di sintesi ed integrazione di tutte le figure
professionali ed un momento formativo.Qui vengono discusse le
problematiche riguardanti i casi, monitorati i progressi terapeutici e le
difficoltà circa gli obiettivi posti. Inoltre vengono affrontate tutte le questioni
più pratiche di andamento del centro.
• La supervisione viene effettuata periodicamente da un consulente
esterno (medico psichiatra psicoterapeuta con competenze anche nell’ambito
degli interventi psico-sociali). Vi partecipano tutte le figure professionali e
vengono esaminati singoli casi, in tutti i loro aspetti, oltre alle dinamiche che
si sviluppano nelle relazioni tra le figure professionali stesse e nei rapporti
con l’utente.
Partecipazione ad eventuali attività formative esterne, scelte i base al bisogno
della struttura o personale del lavoratore.
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Tipologia dei destinatari e loro presa in carica:
Gli utenti vengono segnalati e inviati da diverse strutture pubbliche, quali
• Ser.T
• CIM
• Organi Giudiziari (carceri, OPG)
Le fasi della presa in carico:
• Contatto con il servizio con invio di una relazione;
• Invio da parte della comunità della modulistica specifica;
• Primo colloquio;
• Eventuale secondo colloquio, esecuzione test ASI (Addiction Severity
Index);
• Discussione in èquipe del caso e decisione della data di ingresso.
Approfondimento diagnostico, impostazione e monitoraggio del programma
terapeutico:
• Esecuzione test ASI all’ingresso e alla conclusione del programma,
esecuzione di altra testistica (MMPI,SCID,Rorschach);
• Monitoraggio attraverso l’èquipe e la supervisione;
• Monitoraggio di eventuale terapia farmacologia; interventi psico-
educativi;
• Relazioni trimestrali ai Servizi;
• Visite in CT da parte dei Servizi invianti.
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Il programma terapeutico è stato suddiviso in quattro fasi:
- che l’utente non introduca in comunità
droghe, alcool, farmaci, armi ecc.;
- primo adattamento e assimilazione alle
regole essenziali della comunità terapeutica
(es. pulizie personali, iniziale cura del proprio spazio personale);
- avvio di un rapporto partecipativo col
proprio terapeuta nei colloqui di gruppo ed
individuali;
Fase 1 ACCOGLIENZA
- assolvimento responsabile dei compiti
che gli vengono assegnati dall’equipe
terapeutica (sanzioni < 30 al mese);
- partecipazione attiva alla relazione con il
terapeuta nei momenti di colloquio
individuale e di gruppo;
- che l’utente segua con costanza e
regolarità le indicazioni e le prescrizioni
del medico;
Fase 2 RIABILITATIVA PRIMARIA
37
- l’utente assolve con diligenza le
responsabilità di settore che gli vengono
assegnate in comunità (Es. Responsabilità
della Casa, Responsabilità del Programma
Protetto, Responsabilità della Mensa,
ecc.);
- la relazione terapeutica ed educativa
matura obiettivi di reinserimento
familiare e sociale;
Fase 3 RIABILITATIVA SECONDARIA E STABILIZZAZIONE
- approcci graduali con l’ambiente esterno
sociale e lavorativo positivi;
- capacità di gestione del tempo e dello
spazio sempre più autonomo;
- capacità di legami stabili con gli altri;
- maggiore capacità di gestione delle
dinamiche familiari.
Fase 4 FASE DI REINSERIMENTO SOCIO - LAVORATIVO
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ADDICTION SEVERITY INDEX
L'Addiction Severity Index (ASI) è un'intervista semi-strutturata
relativamente breve costruita allo scopo di raccogliere informazioni sulla vita
di un utente che abbiano rilievo per la sua sindrome da uso di sostanze
psicoattive. Questo è il primo passo per sviluppare un profilo dell'utente
utilizzabile in un secondo momento da parte dei ricercatori e dei clinici. È
pertanto di particolare importanza che il probando comprenda lo scopo
dell'intervista. Se l'ASI viene impiegato soltanto come intervista clinica,
dovrebbe essere descritto come il primo passo nella comprensione dell'intero
spettro dei problemi per i quali l'utente fa una richiesta d'aiuto e come una
base per l'impostazione iniziale dei trattamenti. Se invece l'ASI viene
impiegato solamente a fini di ricerca, l'esaminatore dovrebbe spiegare allora
che l'intervista aiuterà a fornire una descrizione delle condizioni del probando
prima e dopo l'intervento o le procedure a cui verrà sottoposto.
L'intervistatore dovrebbe inoltre cogliere l'occasione per illustrare ogni
eventuale beneficio che il probando possa attendersi dalla partecipazione al
programma di ricerca.
L'intervistatore dovrebbe presentarsi e premettere brevemente che intende
rivolgere al probando alcune domande che riguardano la programmazione del
trattamento. L'intervistatore dovrebbe aggiungere che le stesse domande
vengono poste a tutti i soggetti che richiedono l'intervento e/o partecipano alla
ricerca, che l'intervista rimane strettamente confidenziale, e che le
informazioni raccolte non verranno utilizzate al di fuori del contesto clinico o
di ricerca. Si noti che questo concetto dovrebbe essere posto ripetutamente in
rilievo durante lo svolgimento dell'intervista.
39
L'intervistatore dovrebbe ora illustrare come è articolata l'intervista,
sottolineando le sette potenziali aree problematiche. Tali aree sono:
1.medica;
2. occupazionale / di sostentamento;
3. uso di alcool;
4. uso di altre sostanze;
5. legale;
6. familiare e sociale;
7. psichiatrica.
È importante che l'intervistatore sottolinei la natura del contributo del
probando. Il passo finale dell'introduzione è costituito dalla spiegazione delle
scale di autovalutazione (vedansi oltre le istruzioni specifiche). Questa scala
a 5 punti sarà utilizzata dal probando per rispondere a domande soggettive in
ogni area problematica, e sarà presentata a titolo di esempio a questo punto
dell'intervista. L'intervistatore, dopo averla descritta, dovrebbe verificare con
una prova la corretta comprensione da parte del probando. Ogni qual volta
l'interesse si sposta da un'area problematica alla successiva, è molto
importante che l'intervistatore introduca la nuova sezione e sposti l'attenzione
del probando da quella precedente.
In questo modo il probando verrà preparato a concentrarsi su ciascuna area in
modo indipendente. È particolarmente importante che il probando non
confonda i problemi specifici di una particolare area con difficoltà
sperimentate in un'altra area: ne è un esempio la confusione fra disturbi
psichici primitivi e disturbi dovuti ad effetti fisiologici diretti
dell'intossicazione o dell'astinenza.
40
Interviste di follow-up. Se si prevede di effettuare in seguito delle interviste
catamnestiche, ciò andrebbe specificato al momento della presentazione
introduttiva.
In conclusione ci si aspetta che - introducendo l'intervista in modo chiaro e
descrittivo, rimuovendo le incertezze o i dubbi del probando, e sviluppando e
mantenendo con lui un rapporto continuo - l'intervista possa fornire
informazioni utili e valide già nel momento della prima valutazione.
SCID: Structured Clinical Interview for DSM
Intervista strutturata finalizzata ad assistere il clinico nella diagnosi dei
disturbi mentali secondo i criteri del manuale DSM-IV
SCID-I
- Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders
SCID-II
- Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personality
Disorders
COMPONENTE OPZIONALE: Questionario di personalità
autosomministrabile (119 domande) preliminare
DESTINATARI: Adolescenti e adulti
SOMMINISTRAZIONE
- SCID-I: 45’-90’
- SCID-II: 40'-60’ (intervista), 20’ (questionario) Individuale
41
SCID-I
La versione clinica è suddivisa in 6 moduli autonomi:
modulo A per gli episodi dell'umore;
modulo B per i sintomi psicotici;
modulo C per i disturbi psicotici;
modulo D per i disturbi dell'umore;
modulo E per il disturbo da uso di sostanze psicoattive;
modulo F per l'ansia ed altri disturbi.
i 6 moduli andrebbero somministrati in sequenza, ma il clinico può in certe
circostanze modificarne l'ordine (od omettere un modulo ben determinato)
Materiale:
un protocollo per la somministrazione dell'intervista, riutilizzabile;
un protocollo per la raccolta dati, monouso.
SCID-II
Questionario di personalità (OPZIONALE)
Autosomministrabile, 119 domande.
Consente all'esaminatore di accelerare i tempi dell'intervista successiva
(permette di omettere le domande a cui il soggetto ha risposto
negativamente)
Da solo non ha alcuna validità, è nel corso del colloquio che viene
determinata la presenza dei diversi disturbi.
Intervista
Breve rassegna (che individua il comportamento e le relazioni abituali del
soggetto e consente di verificarne le capacità di introspezione)
Serie di domande a risposta aperta (volte ad individuare le caratteristiche
42
di base della personalità).
Nella fattispecie indaga i disturbi di personalità dell’Asse II, secondo un
ordine pensato per agevolare il rapporto con il soggetto:
1. disturbo evitante di personalità;
2. disturbo dipendente di personalità;
3. disturbo ossessivo-compulsivo di personalità;
4. disturbo passivo-aggressivo di personalità (app. B del DSM-IV);
5. disturbo depressivo di personalità (app. B del DSM-IV);
6. disturbo paranoide di personali
7. disturbo schizotipico di personalità;
8. disturbo schizoide di personalità;
9. disturbo istrionico di personalità;
10. disturbo narcisistico di personalità;
11. disturbo borderline di personalità;
12. disturbo antisociale di personalità;
12. disturbo di personalità non altrimenti specificato (NAS).
43
Capitolo 5
PROGRAMMI INTEGRATI NEL
TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE DEL
PAZIENTE IN DOPPIA DIAGNOSI
Gabbard (2000) ha recentemente proposto una concettualizzazione dei
disturbi di personalità che prevede l’interazione di quattro componenti:
1. un assetto temperamentale di base biologica e geneticamente
determinato,
2. relazioni oggettuali internalizzate,
3. una costellazione di meccanismi di difesa,
4. uno stile cognitivo specifico.
A partire da questo modello, sono ipotizzabili tre possibili ruoli dei farmaci
nel trattamento dei disturbi di personalità:
1. la modificazione dell’assetto temperamentale,
2. il trattamento di specifici sintomi “target”,
3. il trattamento di un’eventuale patologia comorbida di Asse I.
44
L’intervento farmacologico sull’assetto temperamentale
Allo scopo di valutare la possibile azione dei farmaci sulla componente
temperamentale della personalità, diviene essenziale chiarire preliminarmente
il concetto di temperamento e il suo ruolo all’interno delle più recenti
teorizzazioni sulla personalità e il suo sviluppo.
Uno dei più recenti e interessanti contributi in quest’area è riconducibile
all’opera di C.R. Cloninger (1987) che ha proposto un metodo sistematico per
la descrizione clinica e la classificazione delle differenze inter-individuali
nella struttura della personalità. La teoria di Cloninger (1993) concettualizza
la personalità come un sistema che si struttura attorno a sette fattori da
intendersi come dimensioni universali; di queste dimensioni, quattro sono
ricondotte al Temperamento e tre al Carattere.
Il termine Temperamento, si riferisce in generale alle disposizioni
comportamentali presenti fin dalla nascita e che trovano espressione già nelle
fasi più precoci della vita; esse sono alla base delle differenze individuali
nella risposta agli stimoli ambientali e riflettendo una variabilità di base
biologica. Cloninger ritiene che il termine temperamento debba essere riferito
alle differenze fra gli individui nelle loro risposte automatiche agli stimoli
emozionali; esso segue le regole dell’apprendimento associativo o
dell’apprendimento procedurale di abitudini e abilità; i tratti temperamentali
sono quindi da intendersi come pattern di risposte emozionali basali.
Cloninger (1986) ha individuato originariamente tre fattori temperamentali da
considerarsi come dimensioni del tutto indipendenti fra loro ma interagenti
che possono combinarsi in tutti i modi possibili anziché essere mutuamente
esclusive (Cloninger et al., 1994); ciascuno di questi tratti temperamentali è
ereditabile (l’ereditabilità è stata stimata tra il 40 e il 60%), distribuito in
45
modo normale nella popolazione generale, altamente stabile attraverso lo
sviluppo e i contesti ambientali.
Tali fattori sono:
• Evitamento del Pericolo (Harm Avoidance): si riferisce a comportamenti
quali l’anticipazione apprensiva di problemi futuri, paura dell’incertezza,
timidezza nei confronti degli estranei ed elevata affaticabilità.
• Ricerca della Novità (Novelty Seeking): si riferisce a comportamenti
quali l’esploratività, l’impulsività nella presa di decisioni, evitamento attivo
delle frustrazioni.
• Dipendenza dalla Ricompensa (Reward Dependence): si riferisce alla
dipendenza dall’approvazione degli altri.
Cloninger (1987) ha inoltre ipotizzato che ad ognuna di queste dimensioni
corrisponda l’attivazione di uno dei principali sistemi neurotrasmettitoriali
(rispettivamente serotonina, dopamina e norepinefrina); al momento attuale,
tuttavia, esistono evidenze contrastanti a sostegno del loro legame con uno
specifico substrato neurobiologico.
In tempi più recenti (Cloninger et al., 1993) il modello originario è stato
integrato con una quarta dimensione temperamentale denominata Persistenza
(Persistence) che riflette la capacità di perseverazione nonostante la
frustazione e la fatica e predice la resistenza all’estinzione di un
comportamento a seguito di rinforzi intermittenti e incostanti (Svrakic et al.,
1993).
Inoltre, Cloninger e colleghi (1993), allo scopo di tenere conto dell’influenza
dell’ambiente sulla formazione della Personalità, hanno ulteriormente esteso
la teoria originaria in modo da includere tre dimensioni del Carattere. Il
termine Carattere, si riferisce alle differenze fra gli individui nei loro obiettivi
e valori che sono basati sull’apprendimento per insight di intuizioni e di
concetti. I tratti caratterologici descrivono le differenze individuali nelle
relazioni sé-oggetto che incominciano con l’attaccamento ai genitori
46
nell’infanzia, perdurano nella differenziazione sé-oggetto nei bambini e
continuano con una maturazione per l’intero arco della vita.
Le tre dimensioni del Carattere sono:
1. Autodirezionalità (Self-Directedness),
2. Cooperatività (Cooperativeness),
3. Autotrascendenza (Self-Trascendence).
Esse maturano attraverso un processo a gradini a partire dalla prima infanzia
e fino all’età adulta. Queste dimensioni sono concepite come tre possibili
modalità di sviluppo del concetto di Sé in funzione di quanto il soggetto si
identifichi quale individuo autonomo (Autodirezionalità), come parte della
società (Cooperatività) o come una parte di un “Tutto” trascendente
(Autotrascendenza).
Una delle più interessanti applicazioni della teoria di Cloninger riguarda i
disturbi della personalità; egli ha infatti sostenuto che le personalità normali e
disturbate condividono la stessa struttura tridimensionale del temperamento
con la differenza che gli individui che finiscono per manifestare quadri
patologici di personalità si caratterizzano per avere assetti temperamentali
estremi.
Le otto possibili combinazioni di temperamenti estremi (in cui cioè il soggetto
ottiene punteggi alti o bassi sulle tre dimensioni principali: NS, HA, RD)
trovano infatti una corrispondenza, secondo Cloninger (1987), con i principali
Disturbi di Personalità:
- Antisociale: ↑NS ↓HA ↓RD;
- Istrionico: ↑NS ↓HA ↑RD;
- Borderline: ↑NS ↑HA ↓RD;
- Narcisistico: ↑NS ↑HA ↑RD).
Più in generale, i pazienti con Disturbi di Personalità di Cluster A, B e C, si
caratterizzano rispettivamente per bassa RD, alta NS e alta HA e sono, a
47
prescindere dallo specifico sottotipo diagnostico, tutti accomunati da bassa
cooperatività e bassa auto-trascendenza (Svrakic et al., 1993).
Seppure tale modello abbia generato critiche e non tutti gli autori lo
condividano, il suo valore risiede nell’aver suggerito allo psicoterapeuta la
presenza di alcuni aspetti della personalità che in psicoterapia possono andare
incontro a remissione ed altri che non possono, per loro natura, rispondere a
questo tipo di intervento (Gabbard, 2000).
Alla luce di questa distinzione, l’intervento farmacologico può risultare utile
nel trattamento della componente temperamentale della personalità mentre la
psicoterapia si rivolge prevalentemente al dominio del Sé, delle relazioni
oggettuali internalizzate così come emergono dal racconto di vita del paziente
e come si manifestano nell’ “hic et nunc” della relazione con il terapeuta.
Il trattamento farmacologico e la psicoterapia possono quindi agire
sinergicamente nel trattamento del paziente con gravi disturbi della
personalità.
In questo modo, farmaci come gli SSRI o il Litio possono modificare le
variabili temperamentali come l’impulsività o gli scoppi di rabbia ma possono
essere ovviamente meno efficaci sul concetto di Sé o sulle relazioni oggettuali
che risponderanno invece all’intervento psicoterapeutico. D’altra parte, un
paziente con un grave Disturbo Borderline di Personalità può rispondere alla
Fluoxetina con un decremento della rabbia e dell’impulsività che può
contribuire a rinsaldare l’alleanza terapeutica permettendogli di essere più
riflessivo sugli elementi significativi che emergono nel corso della
psicoterapia.
48
L’intervento farmacologico per il trattamento di sintomi “target”
Considerato l’ampio e aspecifico spettro d’azione dei farmaci comunemente
utilizzati nei pazienti affetti da DP, diviene indispensabile individuare cluster
sintomatologici che possano divenire oggetto di terapie farmacologiche ad
hoc. Si assume quindi che non esista un trattamento d’elezione per i Disturbi
di Personalità ma piuttosto che differenti manifestazioni e costellazioni
sintomatologiche caratteristiche dei Disturbi di Personalità, richiedano
differenti agenti farmacologici.
Soloff (1998) ha proposto una tripartizione dei sintomi dei Disturbi di
Personalità in tre cluster:
1) Sintomi cognitivo-percettivi
2) Sintomi impulsivi
3) Sintomi affettivi.
All’interno di questi domini, è possibile osservare manifestazioni
sintomatologiche diverse riconducibili ai vari disturbi e che rispondono a
specifici agenti farmacologici (si veda tab. 1)
49
Tab. 1 Clusterizzazione dei sintomi dei Disturbi di Personalità secondo
Soloff e corrispondenti farmaci di prima scelta (Modificata da Gabbard,
2000).
Sintomi cognitivo-
percettivi
Sintomi impulsivi Sintomi
affettivi
Episodi psicotici
transitori, ideazione di
riferimento,
depersonalizzazione,
derealizzazione e altre
forme lievi di disturbi del
pensiero che si incontrano
nei pazienti con Disturbi
di Personalità di cluster A
e B.
Esplosioni di rabbia
immotivata, comportamento
impulsivo, scarsa tolleranza
della frustrazione, ricorrenti
gesti suicidari,
automutilazioni, aggressioni
fisiche e verbali, eccessi nel
cibo, acquisti, sesso e uso di
sostanze tipici dei disturbi di
cluster B.
Disregolazione
affettiva,
rapide
oscillazioni
dell’umore.
• Neurolettici tradizionali
a basso dosaggio;
• Neurolettici atipici;
• SSRI (fluoxetina) ad alte
dosi (80 mg/die).
• SSRI;
• Neurolettici a basse dosi;
• Carbonato di Litio;
• IMAO;
• Carbamazepina/Valproato;
• Naltrexone
• SSRI;
• Neurolettici a
basse dosi;
• Clonazepam;
• IMAO;
• Litio.
50
Tra i diversi quadri patologici di personalità, il Disturbo Borderline di
Personalità si può manifestare con un quadro clinico in cui ciascuno dei
tre cluster sintomatologici esaminati è preminente.
Il ruolo della personalità nell’eziologia del Disturbo da Uso di Sostanze
La consistente associazione tra DUS e DP assume rilevanza non solo al
momento dell’assessment diagnostico ma ha suggerito delle riflessioni sulle
possibili radici eziologiche comuni fra i due disturbi.
In effetti, oltre che dagli studi già citati sulla prevalenza di DP in abusatori di
sostanze, evidenze empiriche sul ruolo della personalità nella genesi del
Disturbo da Uso di Sostanze derivano da studi longitudinali che mostrano
come determinati assetti personologici possano associarsi al successivo
ricorso all’uso di sostanze e da studi retrospettivi che mostrano, in un numero
rilevante di casi, la presenza di disturbi psicopatologici precedenti all’onset
dell’uso di sostanze.
Verheul (2001), proprio a partire da queste considerazioni, ha proposto un
modello eziologico che prevede tre possibili percorsi indipendenti ciascuno
dei quali si associa a specifiche configurazioni di personalità e all’uso di
determinate categorie di sostanze di abuso (Tab. 2).
51
Tab. 2 Modello eziologico della comorbilità tra DUS e DP secondo
Verheul (modificata da Verheul, 2001)
Pathway Caratteristiche Disturbi di Asse II Sostanze di abuso
Behavioural
Disinhibitio
n Pathway
Individui
caratterizzati da
elevata impulsività
e basso evitamento
del pericolo (HA)
Antisociale,
Borderline
Cocaina,
amfetamine
Stress
Reduction
Pathway
Individui che
presentano elevata
reattività allo stress
e instabilità
emotiva
Evitante,
Dipendente,
Schizotipico,
Borderline
Alcol, eroina,
benzodiazepine
Reward
Sensitivity
Pathway
Individui che
presentano elevata
ricerca della novità
(NS),elevata
dipendenza dalla
ricompensa (RD),
estroversione
Istrionico,
Narcisistico
Sostanze diverse
Inoltre, secondo l’autore, ciascuno di questi percorsi eziopatogenetici verso la
tossicodipendenza sarebbe riconducibile ad alterazioni a carico di specifici
neurotrasmettitori. In particolare:
- la disinibizione comportamentale (impulsività) è probabilmente
riconducibile a deficit serotoninergici;
52
- la reattività allo stress è riconducibile ad un decremento dell’eccitabilità
neuronale dovuta ad una ridotta inibizione del sistema recettoriale GABA-
glutammato
- la dipendenza dalla ricompensa (estroversione) può essere invece
ricollegabile all’iper-reattività dopaminergica o oppioidergica.
Implicazioni per il trattamento
Seppure abusatori di sostanze con disturbi di Asse II possano beneficiare di
un trattamento tanto quanto quelli senza diagnosi comorbida di personalità, il
profilo di personalità del paziente sembra giocare un ruolo significativo sui
problemi di dipendenza dopo la dimissione, soprattutto nel condizionare il
rischio di ricaduta. I tratti di personalità interagiscono l’uno con l’altro e con
altri importanti fattori (quali ad esempio la motivazione al cambiamento) nel
determinare il loro impatto sul processo di trattamento e sull’outcome
(Verheul, 2001).
La ricerca futura dovrebbe pertanto indagare ulteriormente i tratti di
personalità più predittivi dell’outcome e i meccanismi sottostanti
all’outcome stesso. Inoltre, potrebbe risultare proficuo l’ulteriore
approfondimento del “matching” tra specifiche caratteristiche di
personalità e tipologia di trattamento.
Ad esempio, pazienti antisociali sembrano trarre giovamento da approcci
altamente strutturati e a orientamento comportamentale (Project Match
Research Group, 1997). La terapia dialettico-comportamentale è un’ottima
opzione per i pazienti abusatori con gravi disturbi della personalità in
particolare quelli che presentano frequenti gesti (para)suicidari.
Inoltre, è stato suggerito che il farmaco anti-craving,il Naltrexone, possa
essere efficace per pazienti con elevata Reward Sensitivity o Novelty Seeking
mentre l’Acamprosato può risultare efficace per pazienti con elevata
reattività allo stress.
53
Capitolo 6
LA REALTA’ SUL TERRITORIO
Il seguente Lavoro esamina la realtà territoriale di una unità operativa del
Dipartimento di Dipendenze Patologiche (D.D.P.) di San Giovanni Rotondo (
Fg) con sede in Cagnano Varano, che copre un bacino d’utenza di circa
30.000 abitanti.
Vengono riportati i dati relativi agli utenti che presentano in diagnosi il
Disturbo Antisociale di Personalità.
Con il termine "episodio indice", si indica l'episodio per il quale il soggetto
richiede l'intervento mentre per “comorbile”, si intende quell'entità clinica che
precede o si presenta insieme, al disturbo indice sotto studio (Borghesi, Di
Mauro, 1998).
L'associazione causale tra uso di sostanze e disturbi mentali è complessa, si
può avere:
Tipo 1: Disordine mentale primario che provoca una tossicodipendenza
secondaria. Si ritiene che molti pazienti in questo gruppo, tentino di curare il
loro disturbo mentale da soli. In questo gruppo l'uso della sostanza è
subentrato in un secondo momento;
Tipo 2: Tossicodipendenza primaria che provoca una sintomatologia
psichiatrica secondaria. In questo caso il secondo problema deriva da
intossicazione acuta, da una grave crisi d'astinenza, o dagli effetti persistenti
del consumo prolungato da sostanza. La successione cronologica dei due
fenomeni conferma tale diagnosi. L'intensità e la durata delle reazioni
psicotiche sono determinate dal tipo di sostanza usata, dalla sua quantità e
dalla durata del consumo. Il trattamento delle conseguenze della
tossicodipendenza può ridurre o eliminare i sintomi psichiatrici;
Tipo 3: Disordine mentale combinato a tossicodipendenza con origini
distinte e separate. In questo caso i due problemi sono inizialmente
54
indipendenti ma spesso interagiscono aggravandosi a vicenda. Gli elementi
che permettono di individuare questo genere di patologia, sono periodi di
tempo durante i quali si manifestano disturbi psichiatrici senza assunzione di
droghe e viceversa, periodi durante i quali il paziente fa uso di sostanze, senza
per questo manifestare disturbi psichiatrici.
Il campione analizzato, composto da 26 Pazienti, tutti di sesso maschile,
presenta un’età media compresa tra 21 e 42 anni.
Il 40% del Campione esaminato risponde alla diagnosi di tipo 1, il 50% alla
diagnosi di tipo 2 e il rimanente 10% alla diagnosi di tipo 3 .
Queste diagnosi sono state formulate in seguito alla somministrazione
dell’ MMPI ( Minnesota Multiphasic Personality Inventory ), che rappresenta
il più frequente test di personalità impiegato per la valutazione della salute
mentale; il test viene utilizzato per designare problemi di personalità, sociali e
comportamentali nei pazienti psichiatrici.
Dall’anamnesi familiare del campione risulta una situazione genitoriale
caratterizzata nel 50% dei casi dalla presenza contemporanea della figura
materna e paterna; il restante 40% alterna una situazione genitoriale
caratterizzata dalla presenza fisica di una sola delle due figure.
Il campione presenta disturbi psichiatrici sull’asse I variamente associati quali
Sindrome Depressiva isolata, Fobie, Atteggiamenti Ipocondriaci o
Schizofrenia nel 10% dei casi; Manie, Attacchi di Panico o Ansia
Generalizzata nel 20% dei casi; mentre un rimanente 50% non presenta
disturbi psichiatrici associati.
Come riportato in Letteratura le pendenze legali sono molto frequenti in
questa categoria di pazienti. D’altronde, dal presente studio, emerge la
55
presenza di reati quali: furto, con o senza scasso (50%); minacce, semplici o a
mano armata (10%); reati contro il patrimonio (10%), spaccio (10%);
violazione delle norme di sorveglianza (10%); aggressione (20%); omicidio
(5%); mentre non vi sono pendenze legali in circa il 20% del campione
esaminato.
L’abuso di sostanze psicotrope rappresenta un altro importante criterio per la
complessa diagnosi di questo Disturbo. In particolare è stato rilevato l’abuso
di Eroina da strada nel 70% dei soggetti esaminati, Cocaina nel 20%; Alcol
nel restante 10% come sostanze primarie e abuso di Cannabinoidi, LSD ed
Amfetamine come sostanze secondarie. Importante rilevare l’età alla quale si
fa risalire il primo contatto con la sostanza d’abuso che nel campione risulta
essere tra 15 e 20 anni per il 60% dei casi; tra 20 e 25 anni nel 30%; superiore
a 30 anni nel restante 10%.
Un importante indice prognostico predittivo di outcome positivo potrebbe
essere rappresentato dal tipo di approccio alla struttura operante (Ser.T.) che
risulta essere, purtroppo, obbligato nel 50% dei casi.
Nel 20% dei casi è soddisfatto anche il criterio del DSM-IV caratterizzato
dalla
“presenza di un Disturbo della Condotta diagnosticato prima dei 15 anni di
età”
mentre nel 10% si ha “presenza di un Disturbo della condotta diagnosticato
prima dei 10 anni di età accompagnato da un Disturbo da Deficit
dell’Attenzione e/o Iperattività”.
56
Dallo studio emerge che l’80% dei pazienti è stato trattato in regime
ambulatoriale e solo il rimanente 20% in regime protetto presso le Comunità
Terapeutiche (CT).
Il trattamento farmacologico si articola in una terapia sostitutiva erogata
direttamente dalla struttura operante (Ser.T.) con farmaci quali: Metadone
Cloridrato (60% dei casi), Buprenorfina (Subutex) (10%), metadone e/o Sale
Sodico dell’ac.4-idrossibutirrico (Alcover) (10%), mentre nel 20% del
Campione non è stata necessaria la terapia sostitutiva; e una terapia
farmacologia strettamente psichiatrica prescritta dal C.I.M. ( Centro di Igiene
Mentale ) di riferimento, con famaci quali: Antipsicotici, in particolare
Aloperidolo(20%), Ac.Valproico(10%), Clozapina(10%), Tiapride
Cloridrato(10%); Antidepressivi come la Olanzepina(10%); Ansiolitici
Ipnotici come Benzodiazepine(20%); Antiepilettici come Orfenedrina
Cloridrato(10%); infine nel 50% del Campione esaminato non è stato
necessario alcun trattamento farmacologico psichiatrico.
DISCUSSIONE
La genesi multifattoriale del DAP sottende l’esistenza di fattori ambientali,
intesi come contesto familiare, nel quale è già presente tale disturbo –
indipendentemente dal grado di parentela – e fattori genetici riconducibili ad
alterazioni – non meglio specificate – dei circuiti della corteccia prefrontale e
orbitale.
L’alterazione organica segnerebbe il confine tra un quadro transitorio e
reversibile ed un quadro stabile e geneticamente determinato, il passaggio ad
una condizione di non ritorno che può essere solo plasmata o smussata nei
suoi spigoli più insidiosi, ma mai completamente eradicata.
57
Le condizioni psichiatriche a corollario della patologia preminente
complicano ulteriormente un quadro già di per sé ricco di sfumature.
La scarsità di strutture adeguatamente coordinate, la mancanza di protocolli
terapeutici collaudati sul territorio e le significative incongruenze tra la
Politica degli Istituti Detentivi e le Linee Guida nell’approccio a questo tipo
di paziente rendono la prognosi del DAP ancora oggi infausta.
Le condotte rigide e inadeguate comportano un estremo disagio nel paziente,
che tuttavia non attribuisce il suo status ad una condizione che necessita di
supporto psichico e farmacologico. Così questi pazienti entrano ed escono
dagli Istituti Penitenziari per scontare pene che contemplano reclusioni brevi,
quasi mai compatibili con i programmi di riabilitazione integrati.
Spesso è l’utente stesso a proporre la commutazione della pena detentiva
richiedendo il trattamento in regime residenziale protetto.
Questo dato sarebbe incoraggiante se le statistiche non ponessero l’attenzione
sui ripetuti abbandoni de programma di riabilitazione nelle CT al termine
della pena.
A fronte dei dati ottenuti, sarebbe opportuna una revisione dei rapporti tra
Strutture Operanti e Rete Sociale. L’imprescindibile collaborazione con gli
Istituti di Giustizia arricchirebbe di significato il lungo percorso di
riabilitazione necessario quantomeno a restituire alla Personalità Antisociale
una buona qualità di vita e un giusto reinserimento nella società. Purtroppo la
spinta selettiva delle convenzioni sociali tende a tenere questi individui a
debita distanza, emarginandoli dal contesto comunitario della nostra cultura
moderna.
Pertanto, con i mezzi a nostra disposizione fin quando non sarà il sistema –
Stato a dare una nuova direzione ai poteri decisionali della Strutture Operanti,
solo la pazienza e la passione delle figure professionali impegnate possono
essere considerate il fattore limitante all’approccio a questo tipo di pazienti.
58
Uno Studio Osservazionale condotto da un’altra Unità Operativa del D.D.P.
di S.Giovanni Rotondo, pone in evidenza come il Disturbo Antisociale di
Personalità sia il Disturbo di Personalità maggiormente rappresentato
nell’Utenza che afferisce a tale struttura.Qui di seguito si riportano in forma
grafica i risultati di questo Studio:
Tab. 3 - DISTRIBUZIONE PERCENTUALE DEI SOGGETTI PER
CARATTERISTICHE DI PERSONALITA'
20%
24%
14%
12%
6% 6% 6%
4% 4%
2% 2%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
1
Assenza di caratterstiche psico-pat. Disturbo di personalità antisociale
Disturbo di personalità paranoidea Disturbo di personalità borderline
Disturbo di personalità schizoide Disturbo di personalità con ansia generalizz
Disturbo di personalità passivo-aggressivo Disturbo di personalità non specificato
Disturbo di personalità ipomaniacale Disturbo della condotta
Disturbo compulsivo-impulsivo
I risultati riportati in tabella sono ripresi integralmente dallo studio
condotto dal Dott. G. Villani (Direttore) e la Dott.ssa T. Lorusso (Psicologo)
del D.D.P. di S. Giovanni Rotondo e pubblicato su “Salute e Prevenzione” del
Febbraio 2004.
59
Capitolo 7
CONCLUSIONI
Le cronache dei giornali pullulano con sempre maggiore frequenza di
efferati delitti, di omicidi perpetrati spesso ai danni di vittime inermi e
purtroppo di innocenti bambini.
La Psichiatria riconosce e classifica strutture di personalità patologiche e
parla di un Disturbo Antisociale di Personalità (ASPD). La disonestà e
l’atteggiamento manipolativo sono paradigmi del Disturbo Antisociale di
Personalità.
Studi attuali instaurano un rapporto molto stretto tra la malattia mentale e la
criminalità e sostengono che la prima favorisca generalmente la seconda.
Sembra che la stragrande maggioranza dei criminali sia strutturata
geneticamente, cioè abbia una predisposizione biologica alla violenza e che
l’aspetto affettivo-ambientale di deprivazione d’amore o di violenze subite
non incentivi altro che una potenzialità innata.
A ciò approda la ricerca dell’ultimo decennio della psichiatria.
Nel 2002 all’Università del Wisconsin è stato studiato sul topo il gene
MAOA e si è valutato che l’assenza di esso determina un aumento
incontrollato di aggressività. Uno studio successivo condotto su 442 giovani
maschi che manifestavano tendenza a violare le leggi sociali ha riscontrato
che essi possedevano una variante del gene MAOA. Per così dire ciò
determinava un mal funzionamento congenito e determinava la
degradazione di due neurotrasmettitori, serotonina e dopamina che si
mantenevano su livelli abnormemente elevati.
Un campione di soggetti invece che presentava identica alterazione
60
genetica, ma che a differenza del primo gruppo campione non era stato
sottoposto a violenze o abusi, tendeva a non manifestare comportamenti
criminosi. Va da sé che la conclusione porta ad una coerente ipotesi, cioè
che è l’interazione tra un difetto genetico di base e un ambiente sociale
condizionante e slatentizzante a favorire il crimine.
Esiste anche una prospettiva neuro-anatomica che assegna agli ormoni
sessuali la capacità di favorire atti violenti. Bowlby nel ’52 compì una
ricerca su soggetti psicopatici rilevando un’alta incidenza di rifiuto familiare
nei soggetti che manifestavano il Disturbo Antisociale. L’esordio dei
sintomi antisociali sembra innescarsi più precocemente e frequentemente
nei maschi, mentre le femmine risultano più tardive. E’ indubbio che un
fattore ambientale o affettivo può essere condizionante, ma ad esempio più
del 50 % degli esaminati con Disturbo Antisociale manifesta tracciati
elettroencefalografici anormali, ciò si ritrova ad esempio in uno studio del
Centro Medico della prigione federale della Pennsylvania condotto da
Ostrow.
Stafford Clark scoprì che il 45% dei criminali presentava nelle anamnesi
episodi epilettici. Ogni parte dell’encefalo è stata studiata, come
l’ipotalamo, per valutare i comportamenti violenti. L’attenzione di alcuni
studi si è concentrata sulla corteccia frontale e nell’Università della
California Adrian Raine ha dedotto con la PET (Tomografia a emissione di
positroni) che i criminali posseggono una corteccia frontale che non inibisce
gli impulsi aggressivi provenienti dal sistema limbico.
Fattori genetici, biologici e la struttura di personalità congenita sono, quindi
determinanti nella propensione al male.
61
Allora c’è da chiedersi: quale gradiente di libero arbitrio può avere uno
psicopatico? Hanno già una predisposizione all’inferno un Izzo, un
Vallanzasca, un Totò Riina? Quale giustificazione può addurre la morale
cattolica all’esistenza di individui già programmati geneticamente alla
“geenna”, dalla quale invece risultano esenti i rappresentanti della “fraterna
societate”, la gente cosiddetta retta e proba? Come può Dio aver permesso
la nascita di uomini già condannati all’eterno fuoco, se è animato da infinita
misericordia d’amore?
Quando si pensa al mostro, credo si debba smettere di valutarlo come
demone, come essere il cui arbitrio ha scelto il male. Il male è la malattia
biologica, psichiatrica, è una tappa di un’evoluzione spirituale ancora
acerba. Come esistono delle malformazioni organiche congenite, così
parimenti si manifestano alterazioni psicologiche e animiche. Il censore
cattolico risponde che comunque hanno una sola vita per redimersi e per
uscire dal peccato. Se ciò fosse vero, esisterebbe un’infinita ingiustizia e
antidemocraticità dello spirito che separa gli eletti dai reietti, i santi dai
Disturbi Antisociali di Personalità. Rispettiamo questi nostri fratelli malati,
raccogliamoli dalla strada e dai loro bui nascondigli. Occorre che vengano
separati da una società che si propaganda civile e mantenendo la loro
dignità di uomini, che vengano messi in condizioni di non nuocere a sè e
agli altri.
Il criminale, l’omicida, il pedofilo sono esseri malati, deprivati della linfa
dell’amore. Vanno favoriti nel non permettere loro di reiterare l’errore,
l’oscurità, il karma.
Origene affermò che per ogni essere del creato Dio ha predisposto la futura
salvezza (apokatastasis), la restaurazione e riconciliazione in Lui: angeli,
uomini, ma anche peccatori, dannati, demoni.
Proprio per discutere tale tesi l’imperatore Giustiniano indisse il Concilio di
Costantinopoli nel 543 d.C. e tentò di recuperare le redini delle controversie
62
religiose per dividere i santi dagli empi e riedificare l’inferno pronto ad
accogliere in eterno i peccatori.
E’ terribile questo sillogismo della dannazione perpetua che non tiene conto
della malattia mentale, della condanna genetica, della deformazione
psicobiologica. Eretico è quindi il reprobo messo al rogo dall’Inquisizione,
senza indulgenza, senza perdono, senza cauzione.
Per fortuna che il Cristo credeva nell’apokatastasis quando ha graziato dal
karma il ladrone pentito che di certo potremmo paragonare ad uno
psicopatico ante litteram.
Il male è un fiume destinato a sfociare dopo il corso dell’evoluzione
nell’oceano dell’Amore. Siamo stati tutti Caino, Giuda, Barabba prima di
aver sconfessato l’ignoranza di trenta monete d’argento condotti dal vento
della evoluzione. Siamo stati tutti il karma dell’ultimo degli uomini prima di
esserci purificati nelle vite dalle tenebre della nostra primitiva coscienza.
In questo mondo di colombe e di ipocriti buonismi non è giusto che un
medico che si dedica al recupero delle anime disorientate non vi induca ad
una profonda riflessione: ricordate che i mostri siamo o siamo stati tutti noi.
Il Disturbo Antisociale di Personalità non è curabile se profondamente
radicato, ma penso che Dio abbia in serbo una piccola briciola di cielo
anche per chi per malattia mentale ha commesso i crimini più
efferati.(A.Bona, Buona Vita)
Viene riportato uno studio volto ad esaminare le relazioni tra lesioni
organiche e comportamenti aggressivi:
Per esaminare le relazioni tra impulsività, aggressività e disfunzione della
corteccia prefrontale mediale e orbitale, è stata misurata la performance
63
comportamentale di pazienti psichiatrici con un disordine caratterizzato da
aggressività e impulsività, il Disordine Compulsivo Intermittente (IED).
Attualmente non esistono prove per una lesione cerebrale localizzata in questi
soggetti. Comunque sulla base della localizzazione delle lesioni cerebrali che
inducono un quadro clinico di aggressività e impulsività acquisita, si è
ipotizzato che soggetti con IED potessero esibire test di performance
comportamentale simili a pazienti con lesioni della corteccia prefrontale
mediale e orbitale.
A soggetti con IED e ai Controlli sono stati somministrati tre test sensibili
alle lesioni del circuito prefrontale mediale e orbitale: l’Iowa Gambling Task,
e due test di controllo del lavoro della memoria.
Attraverso i test emerge che la performance dei soggetti IED ricalca quella dei
pazienti con lesioni della corteccia prefrontale, esaminati in studi precedenti.
Questi risultati depongono per un legame tra disfunzione del circuito
prefrontale e comportamento aggressivo e impulsivo.
Best M., Micheal J. e Emil F.Coccaro Evidence for a dysfunctional prefrontal
circuit in patients with an impulsive aggressive disorder.
64
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