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Anno 114 DOMENICA 16 OTTOBRE 2011 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 36 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 CONTIENE I.P. IL RITORNO DI KEYNES La tesi dell’economista britannico, che intendeva correggere il capitalismo sfrenato dopo la crisi del 1929, torna ora alla ribalta nel pieno della grande crisi che coinvolge il capitalismo occidentale PAGINA 2 BENEDETTO XVI IN CALABRIA Un invito al co- raggio e alla spe- ranza e anche un’esortazione a riprendere in mano il pen- siero sociale della chiesa e a partecipare attivamen- te alla vita politica PAGINA 4 CRESCE LA PROTESTA DEGLI “INDIGNADOS” Si tratta di una ribellione agli schemi capitalistici di oggi, per cui l’1% di persone riesce a manipo- lare la ricchezza del 99% che pagano duramente gli effetti della crisi PAGINA 6 nterventi clamorosi di rappresentanti del potere economico e industriale in campo politico, come anche la più volte annun- ciata “discesa in campo” di altri rappresentanti della stessa categoria ripropongono alla nostra attenzione un problema su cui non si è mai riflettuto a sufficienza: a chi spetta il primato nella gestio- ne della cosa pubblica, alla politica o ad altre forme di presenza nella società, come il potere economico, il potere mass-mediale o altre for- me ancora, comprese naturalmente quelle dei cosiddetti poteri forti? Un problema vecchio, come vediamo se ci soffermiamo a considerare la storia del nostro passato, in partico- lare quella delle grandi rivoluzioni moderne che hanno segnato e in- fluenzato profondamente gli ultimi secoli dell’umanità: la rivoluzione comunista e la rivoluzione francese. La prima si è levata, in nome del pro- letariato, contro lo stato borghese, dominato dai gruppi economici e fi- nanziari emergenti, che detenevano i capitali e controllavano le banche e gli altri istituti in cui si concentra la ricchezza produttiva; la seconda, a sua volta, è nata contro l’antico regime feudale, dominato dalla no- biltà e dall’alto clero, in nome della borghesia soffocata e negletta nelle sue enormi potenzialità, cominciando da quelle economiche: la cosiddetta rivoluzione del “terzo stato”. Un discorso che attraversa l’in- tera storia dominata da sempre dal potere economico per la incom- mensurata forza che possiede l’ar- gent: già Socrate poteva dire che le guerre avvengono normalmente per “la cupidigia di denaro”. Oggi, con la rivoluzione industriale, le grandi concentrazioni di capitali, i monopoli solidamente assestatisi nella nostra vita associata, l’economia la fa da padrona, perpetuando un disordine istituzionale che è tanto sotto gli occhi di tutti, fino al punto da darlo ormai per scontato. Il potere mass- mediale, che si unisce normalmente I La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it Il primato spetta alla politica a quello economico, ha aggravato ulteriormente la situazione. Si ripensi senza pregiudizi a quanto è successo anche nel nostro paese negli ultimi decenni. Allora, niente di male (anzi!) se gli attuali detentori delle ricchezze e del potere finanziario scendono in campo con patrimonio delle loro esperienze e delle loro conoscenze, a una condi- zione però: che si svestano della loro mentalità pregressa per assumere quella che si conviene al politico, il quale, per definizione, è alla ricerca del bene comune. Altrimenti è bene che rimangano fuori. Di confusione del genere ce n’è anche troppa. Il gruppo (qualunque sia il suo rag- gio d’azione), infatti, per natura sua, è sempre particolaristico, pensa agli interessi privati, persegue le sue pre- occupazioni e i suoi intenti, mentre l’autorità politica deve comporre in un ordine più ampio gli interessi e le preoccupazioni di tutti, molte volte, anzi ordinariamente, andando contro il proprio stesso tornaconto, in nome della giustizia e dell’uguaglianza so- ciale, che sono le leggi fondamentali di ogni convivenza umana. L’econo- mia, l’informazione (oggi sempre più potente e influente), in genere gli scopi per cui i gruppi si sono costitu- iti, comprendendo anche i sindacati, non possono essere lasciati in balia di se stessi, col pericolo, piuttosto immediato, di una vera e propria la- cerazione e distruzione della comu- nità. I fini dei singoli raggruppamenti vanno assunti e superati nell’interesse generale, cioè nella ricerca del bene comune. Mezzi e non fine. Il fine è esattamente quello della politica. E’ a essa che appartiene il primato, tutto subordinando all’adempimento del suo mandato. Se questi principi fosse- ro stati sempre osservati, il neoliberi- smo non sarebbe mai nato. Un pensiero che i cattolici hanno da sempre fatto proprio da quando si è cominciato a riflettere sulla natura e i fini della società. San Tommaso ha qualcosa da dire ancora ai nostri tempi. La cosa più sorprendente è poi il fatto che egli dipendeva sostanzial- mente dal filosofo pagano Aristotele. Dunque, un discorso della ragione, prima che della rivelazione. Paolo VI, nell’Octogesima adve- niens, ha aggiornato autorevolmente questo insegnamento. L’attività eco- nomica, egli dice, è necessaria e può essere anche sorgente di solidarietà e di fraternità; tuttavia, se eccede, ri- schia di divenire una cappa di piombo che assorbe le libertà comuni e mette a repentaglio la coesione del corpo sociale. “E’ la ragione per cui si pale- sa necessario il passaggio dall’econo- mia alla politica. E’ vero che sotto il termine ‘politica’ sono possibili molte confusioni che devono essere chiari- te, ma ciascuno sente che nel settore sociale ed economico, sia nazionale che internazionale, l’ultima decisione spetta al potere politico”. Conclusione? La stessa di sempre: è proprio un peccato che i cattolici non conoscano per niente il pensiero sociale della comunità alla quale di- cono di appartenere. Non si spiega al- trimenti il loro comportamento nelle ultime vicende del nostro paese. Giordano Frosini Ritorna con forza l’insegnamento sociale di Paolo VI COMINCIA LA SCUOLA DI TEOLOGIA Martedì 18 ottobre, con la prolusione di Andrea Vaccaro, iniziano i corsi della Scuola di formazione teologica PAGINA 7

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Page 1: D.L. 353/2003 (conv. in DCB Sped. in a.p ... - La vita · ... è nata contro l’antico regime feudale, ... la cosiddetta rivoluzione del “terzo stato”. ... re la crisi e cioè

Anno 114

DOMENICA16 OTTOBRE 2011

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

36VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10CONTIENE I.P.

IL RITORNO DI KEYNESLa tesi dell’economista britannico, che intendeva correggere il capitalismo sfrenato dopo la crisidel 1929, tornaora allaribaltanel pienodella grandecrisi checoinvolge ilcapitalismooccidentale

PAGINA 2

BENEDETTO XVIIN CALABRIAUn invito al co-raggio e alla spe-ranza e anche un’esortazione a riprendere in mano il pen-siero sociale della chiesa e a partecipare attivamen-te alla vita politica

PAGINA 4

CRESCE LA PROTESTA DEGLI “INDIGNADOS”Si tratta di una ribellione agli schemi capitalistici di oggi, per cui l’1% di persone riesce a manipo-lare la ricchezza del 99% che pagano duramente gli effetti della crisi

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nterventi clamorosi di rappresentanti del potere economico e industriale in campo politico, come anche la più volte annun-ciata “discesa in campo” di altri rappresentanti della

stessa categoria ripropongono alla nostra attenzione un problema su cui non si è mai riflettuto a sufficienza: a chi spetta il primato nella gestio-ne della cosa pubblica, alla politica o ad altre forme di presenza nella società, come il potere economico, il potere mass-mediale o altre for-me ancora, comprese naturalmente quelle dei cosiddetti poteri forti? Un problema vecchio, come vediamo se ci soffermiamo a considerare la storia del nostro passato, in partico-lare quella delle grandi rivoluzioni moderne che hanno segnato e in-fluenzato profondamente gli ultimi secoli dell’umanità: la rivoluzione comunista e la rivoluzione francese. La prima si è levata, in nome del pro-letariato, contro lo stato borghese, dominato dai gruppi economici e fi-nanziari emergenti, che detenevano i capitali e controllavano le banche e gli altri istituti in cui si concentra la ricchezza produttiva; la seconda, a sua volta, è nata contro l’antico regime feudale, dominato dalla no-biltà e dall’alto clero, in nome della borghesia soffocata e negletta nelle sue enormi potenzialità, cominciando da quelle economiche: la cosiddetta rivoluzione del “terzo stato”.

Un discorso che attraversa l’in-tera storia dominata da sempre dal potere economico per la incom-mensurata forza che possiede l’ar-gent: già Socrate poteva dire che le guerre avvengono normalmente per “la cupidigia di denaro”. Oggi, con la rivoluzione industriale, le grandi concentrazioni di capitali, i monopoli solidamente assestatisi nella nostra vita associata, l’economia la fa da padrona, perpetuando un disordine istituzionale che è tanto sotto gli occhi di tutti, fino al punto da darlo ormai per scontato. Il potere mass-mediale, che si unisce normalmente

I

La Vita è on lineclicca su

www.settimanalelavita.it

Il primato spettaalla politica

a quello economico, ha aggravato ulteriormente la situazione. Si ripensi senza pregiudizi a quanto è successo anche nel nostro paese negli ultimi decenni.

Allora, niente di male (anzi!) se gli attuali detentori delle ricchezze e del potere finanziario scendono in campo con patrimonio delle loro esperienze e delle loro conoscenze, a una condi-zione però: che si svestano della loro mentalità pregressa per assumere quella che si conviene al politico, il quale, per definizione, è alla ricerca del bene comune. Altrimenti è bene che rimangano fuori. Di confusione del genere ce n’è anche troppa.

Il gruppo (qualunque sia il suo rag-gio d’azione), infatti, per natura sua, è sempre particolaristico, pensa agli interessi privati, persegue le sue pre-occupazioni e i suoi intenti, mentre l’autorità politica deve comporre in un ordine più ampio gli interessi e le preoccupazioni di tutti, molte volte, anzi ordinariamente, andando contro il proprio stesso tornaconto, in nome della giustizia e dell’uguaglianza so-

ciale, che sono le leggi fondamentali di ogni convivenza umana. L’econo-mia, l’informazione (oggi sempre più potente e influente), in genere gli scopi per cui i gruppi si sono costitu-iti, comprendendo anche i sindacati, non possono essere lasciati in balia di se stessi, col pericolo, piuttosto immediato, di una vera e propria la-cerazione e distruzione della comu-nità. I fini dei singoli raggruppamenti vanno assunti e superati nell’interesse generale, cioè nella ricerca del bene comune. Mezzi e non fine. Il fine è esattamente quello della politica. E’ a essa che appartiene il primato, tutto subordinando all’adempimento del suo mandato. Se questi principi fosse-ro stati sempre osservati, il neoliberi-smo non sarebbe mai nato.

Un pensiero che i cattolici hanno da sempre fatto proprio da quando si è cominciato a riflettere sulla natura e i fini della società. San Tommaso ha qualcosa da dire ancora ai nostri tempi. La cosa più sorprendente è poi il fatto che egli dipendeva sostanzial-mente dal filosofo pagano Aristotele.

Dunque, un discorso della ragione, prima che della rivelazione.

Paolo VI, nell’Octogesima adve-niens, ha aggiornato autorevolmente questo insegnamento. L’attività eco-nomica, egli dice, è necessaria e può essere anche sorgente di solidarietà e di fraternità; tuttavia, se eccede, ri-schia di divenire una cappa di piombo che assorbe le libertà comuni e mette a repentaglio la coesione del corpo sociale. “E’ la ragione per cui si pale-sa necessario il passaggio dall’econo-mia alla politica. E’ vero che sotto il termine ‘politica’ sono possibili molte confusioni che devono essere chiari-te, ma ciascuno sente che nel settore sociale ed economico, sia nazionale che internazionale, l’ultima decisione spetta al potere politico”.

Conclusione? La stessa di sempre: è proprio un peccato che i cattolici non conoscano per niente il pensiero sociale della comunità alla quale di-cono di appartenere. Non si spiega al-trimenti il loro comportamento nelle ultime vicende del nostro paese.

Giordano Frosini

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COMINCIA LA SCUOLADI TEOLOGIAMartedì 18 ottobre, con la prolusione di Andrea Vaccaro, iniziano i corsi della Scuola diformazione teologica

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2 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVitaprimo piano

l volume di Luigi Pa‑sinetti, recentemente pubblicato da Laterza, ripropone le teorie di Keynes perché queste siano portate al loro compimento.

Il titolo La rivoluzione “incompiu-ta” trova la sua puntuale espressio‑ne nel sottotitolo del volume: Una rivoluzione in economia da portare a compimento. Si tratta di una ripresa degli schemi teorici rivolu‑zionari di Keynes, che seguirono la grande crisi economica del 1929, una spiegazione più convincente della instabilità delle economie capitaliste rispetto a quella fornita dalla teoria economica tradizionale.

Da un punto di vista storico è di grande interesse la descrizio‑ne delle vicende che portarono Keynes ad allontanarsi dalla teoria economica tradizionale, di cui era un protagonista di primo piano, per progettare e costruire la sua nuova teoria generale. Pasinetti illustra non soltanto i fondamenti e i tratti caratteristici del nuovo paradigma keynesiano, ma anche il clima cul‑turale nel quale si sviluppò. E’ sor‑prendente l’analogia dei contenuti e delle posizioni nelle discussioni di allora rispetto al dibattito di oggi. La crisi compromette gli equilibri dei bilanci pubblici, produce disoc‑cupazione, amplifica gli squilibri tra importazioni ed esportazioni.

La terza viaOggi, come allora, secondo

la teoria economica tradizionale, apparentemente, solo politiche restrittive possono correggere tali squilibri. Ma gli effetti immediati di tali politiche sono quelli di aggrava‑re la crisi e cioè ridurre le entrate fiscali insieme al reddito nazionale, accrescere la disoccupazione e indurre a svalutazioni competitive del tasso di cambio della moneta. Il problema diventa dunque quello di percorrere una strada alternativa e di trovare il coraggio politico di adottare vere misure anticicliche keynesiane. Come sappiamo, tali politiche prescrivono di rallentare la crescita e di sgonfiare le bolle speculative nelle fasi di espansione eccessiva e di aumentare la do‑manda aggregata e la spesa pubbli‑ca (nonostante il deficit di bilancio) nelle fasi di recessione. Si tratta di una posizione intermedia (la co‑siddetta terza via) tra il liberismo di chi crede che i mercati trovino in ogni caso il loro equilibrio, po‑tenzialmente al di fuori di ogni re‑golazione, e l’interventismo di chi pensa alla pianificazione economica e sociale come alternativa al siste‑ma di mercato. Keynes è un libe‑rale, difensore del capitalismo, ma è anche convinto che l’intervento dello Stato sia necessario al fine di indirizzare il sistema economico e correggerne la naturale tendenza a provocare fluttuazioni cicliche eccessive e una concentrazione del reddito e della ricchezza so‑cialmente inaccettabile. Paradossal‑

I

mente tuttavia, tre quarti di secolo dopo la pubblicazione della Teoria generale, a Keynes è riconosciuta soltanto la funzione commissariale di salvare il capitalismo nei suoi più gravi momenti di instabilità e di crisi. Non appena il paziente mo‑stra segni di recuperare la salute, la spiegazione keynesiana del funzio‑namento del sistema economico e delle sue criticità viene accantonata e deliberatamente ignorata a fa‑vore della spiegazione basata sulla presunta tendenza di mercati ideali a trovare il loro equilibrio unico e stabile dimenticando ogni rischio reale di instabilità. Pasinetti si chie‑de dunque quali siano le ragioni di una simile situazione e, da eco‑nomista puro, avanza la tesi che la rivoluzione keynesiana non sia stata portata a compimento dagli econo‑misti che hanno cercato di svilup‑parla dopo la morte di Keynes, con l’inevitabile conseguenza di rendere possibile il riassorbimento e la sterilizzazione dei suoi contributi innovativi all’interno della teoria economica tradizionale. L’interesse di queste analisi va oltre i confini della economia ed offre rilevanti

spunti di riflessione anche per gli studiosi dell’evoluzione del pensie‑ro scientifico. La seconda parte del volume offre un approfondimento dei contributi della scuola keynesia‑na di Cambridge e del suo modus operandi che passa attraverso una serie di saggi biografici dedicati ai protagonisti originari della scuola. Si tratta di pagine scritte magistral‑mente dalle quali emerge la grande affinità dell’autore con la meto‑dologia, i risultati, gli obiettivi e i limiti del lavoro scientifico di quel formidabile ed eccezionale gruppo di pensatori. È possibile ‑ammette l’autore nella sua introduzione‑ che l’inevitabile coinvolgimento emotivo di chi ha partecipato a un’esperien‑za abbia influenzato, nel bene o nel male, il mio giudizio su quella stessa esperienza…» Ma il giudizio non è affatto apologetico. 1 saggi biografici sono preceduti, intercalati e seguiti da commenti talvolta molto critici, eppure di grandissimo interesse per chi voglia cercare di capire il modo in cui la rivoluzione keynesiana si è andata evolvendo fino ad ora e sia interessato a coglierne i possibili sviluppi futuri.

Il recente libro di un economista italiano ripropone la teoria rivoluzionaria di cui

si fece portatore l’economista inglese Keynes dopo la grande crisi

del capitalismo del 1929, con l’invito a portare a compimento un pensiero rimastoincompiuto per rispondere alla gravissima

crisi che sta attraversando il mondocapitalistico occidentale.

Gli economisti e i politici di ispirazionecristiana sono chiamati a prendere atto

di questo aggiornamento, ricordandoche le teorie di Keynes furono adottate

negli anni del dopoguerradai politici cristiani del tempo

di Paolo Virri

netti è ampio, convincente e molto utile per il lavoro dell’economista e dello storico del pensiero. Di tali caratteristiche due appaiono particolarmente significative anche ai non economisti: l’instabilità e il disequilibrio considerati, non già come circostanze patologiche, ma come caratteristiche normali che contraddistinguono i sistemi eco‑nomici reali.

Una prima fonte di instabilità di un sistema economico moderno era già stata individuata da Keynes nella possibilità che il potere di acquisto astratto non si traduca in domanda effettiva riducendo i livelli di produzione. La seconda fonte di instabilità viene dal processo di crescita economica che, nella trat‑tazione di Pasinetti, comporta una continua evoluzione strutturale del sistema economico, modificando continuamente i livelli di produ‑zione e di occupazione dei diversi settori produttivi. La terza parte del libro presenta quella che Joan Robinson definirebbe la genera‑lizzazione della Teoria generale di Keynes ovvero la schematizzazione di un sistema economico ideale che evolve nel tempo realizzando la piena occupazione delle risorse (lavoro e capacità produttiva degli impianti), la stabilità dei prezzi, salari crescenti come conseguenza del progresso tecnico, un livello dei profitti corrispondente al volume degli investimenti capaci di assicurare livelli di produzione coerenti con la domanda di beni e servizi espressa dalla dinamica della popolazione, un livello dei saggi di interesse che renda possibile la compatibilità dei rapporti di credi‑to e debito.

È questo il contributo di Pa‑sinetti al completamento della rivoluzione keynesiana. Il metodo adottato è quello di andare oltre la considerazione del livello delle va‑riabili economiche, nel momento in cui sono prese in considerazione, e di tener conto anche dei loro saggi di variazione nel tempo.

La rivoluzione «incompiuta»di John Maynard Keynes

instabiLità e disequiLibrio

Nei suoi commenti Pasinetti descrive le vicende recenti della scuola keynesiana di Cambridge ricordandone le caratteristiche e le singolarità, i punti di forza, ma anche gli elementi di debolezza. Ne esce una rappresentazione con luci ed ombre a sostegno della tesi generale del libro, secondo la quale la Teoria generale di Keynes avrebbe dato luogo ad una rivo‑luzione incompiuta di cui siamo ancora in attesa del compimento. Prendendo serenamente atto dei difetti e delle carenze individuali e collettive, Pasinetti non si sottrae al compito di raccogliere gli elementi caratteristici più importanti e signi‑ficativi del paradigma keynesiano, cercando quelle complementarità e convergenze nei contributi teorici degli allievi di Keynes che possono fornire i fondamenti sui quali co‑struire il completamento della ri‑voluzione keynesiana. L’elenco delle caratteristiche, che distinguono l’impostazione keynesiana rispetto a quella tradizionale, fatto da Pasi‑

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316 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa cultura

l 10 ottobre 2011 il poeta Andrea Zanzotto, parente del pittore pistoiese Corrado Zan‑zotto, di Pieve di Soligo, patria del tenore Del Monaco e della cantante Toti Del Monte, compie 90 anni.Si celebra in questa occasione uno tra i maggiori poeti italiani viventi, che è rimasto

legato alla sua terra : il meraviglioso angolo della Marca Trevigiana tra la pianura e la collina, prima dei con‑trafforti dell’altipiano dei narcisi, amato dallo scrittore Dino Buzzati.In questa terra il poeta Andrea Zanzotto “Si è cinto intorno il paesaggio come nella trasposizione in ‘Filò’, che è un itinerario in cui è nata anche una meditazione”. (Carlo Ossola)Secondo il poeta Zanzotto ‘Filò’ ha richiesto “l’uso quasi multilinguistico dei luoghi‑luogo dove egli è nato e sempre vissuto”.A Pieve di Soligo, in un incontro in casa della Toti Del Monte ho notato l’assenza del poeta solighese, in quel momento indisposto, ma, invece, a breve distanza di tempo, ho potuto incontrarlo a Feltre con lo scultore Murer e il pittore Zancanaro. Mi sorprese lo sguardo profondo e l’espressione dolce del dialetto della Marca che a Soligo sembra meno cadenzato, ma questo è un problema ambientale.Piace ritornare su ‘Filò’, perché Filò, nei dialetti veneti ci ricorre frequentemente per indicare una riunione tra vicini di casa, nell’abitazione di essi o all’aperto, la sera dopo cena, per “stare insieme” e scambiasi opinioni su fatti e situazioni.“In ‘Filò’ il dialetto è nutrimento e metafora di ogni ec‑cesso, inimmaginalità: sovrabbondare sorgivo e stagnare ambiguo del fatto linguistico nella sua più profonda na‑tura” (dalla postfazione a Filò).

Da “Filò” si estrae la poesia:(mentre la testa comincia ad emergere – due voci con‑trapposte)vox coelestis vox populi‑ Anadyoméne ‑ Gira la caéne‑ Spuma del mare ‑ Ttira, compare‑ Arca d’alleanza ‑ Imbraga co creansa‑ Fulgore amante ‑ Forse con le mànteghe!‑ Luce al suo primo vagito ‑ Fé leva, go dito!‑ Seno e sogno dell’alga ‑ Òcio, che la bala.

Traduzione: Gira le catene/Tira, compare/Imbraca con garbo/Forza con le manovelle!/Fate leva, ho detto!/Attenti, oscilla.

Da “Dietro il paesaggio”OrmaiOrmai la primula e il coloreai piedi e il verde acume del mondo

I tappeti scopertile logge vibrate dal vento ed il soletranquillo baco di spinosi boschi;il mio male lontano, la sete distintacome un’altra vita nel petto.

Qui non resta che cingersi intorno il paesaggioQui volgere le spalle.

“La storia della poesia di Zanzotto è dunque brusìo della lingua, filigrana di scrittura, e primaria vocalità: «glorie di glottidi/…/un chiuso si – si significare / nem‑meno infantile ma / adulto occulto nella sua minimità» ( Subnarcosi, da Pasqua)”, così Ossola in Poesia italiana‑Novecento.

I 90 anni del poetaAndrea Zanzotto

di Mario Agnoli

I

D’un tratto si fece buio come per il temporale.Io ero in una stanza che con teneva

tutti gli istanti.Un museo di farfalle”.

L’oscurità, il tempo, gli spazi della quotidianità me‑scolati al mistero dell’esi‑stenza, le creature che attra‑versano il nostro cammino, il silenzio sono tra i motivi fondamentali della poesia di Tomas Tranströmer, premio Nobel 2011 per la letteratura. La motivazione dell’Accade‑mia reale svedese afferma che “attraverso le sue immagini dense e limpide ha offerto un nuovo accesso alla realtà”, e i versi che abbiamo citato in apertura ne sono un esempio, con l’accostamento di ele‑menti e nature diverse, come a suggerire non solo un modo nuovo di vedere le cose, ma soprattutto di viverle.

Il suo nome ha colto di sorpresa un po’ tutti, soprat‑tutto perché è svedese: i giu‑

Tomas Tranströmer, poeta svedese colpito da un ictus

di Marco Testi

VoleròVolerò in alto,con grandi ali, robuste e forti,e da lassù il mio sguardo,spazierà lontano.

Camminerò sicura,con buone gambe robuste e forti,arriverò dovunquee il mondo, mi si aprirà davanti.

Amerò la gente,con grande cuore, robusto e forte,accoglierò in me le gioie e i doloridi chi mi sta vicino.

Vedrò cose mai viste,con questi occhi, sempre curiosi,che sanno vedere, un poco oltre,le false facciate.

E dirò grazie a chi mi ha donatole ali, le gambe, il cuore e gli occhi,ma soprattutto gli dirò grazieper non avermi mai abbandonato

Marisa Gerini Soldi

Poeti Contemporanei

Nobel letteratura

Votato al silenziorati sapevano di tirarsi addos‑so accuse fin troppo scontate, ma hanno deciso di premiarlo lo stesso. Nato a Stoccolma nel 1931, Tranströmer si è laureato in psicologia e per un certo periodo si è dedicato a disabili e a tossicodipendenti. Ha iniziato piuttosto giovane a pubblicare: aveva infatti 23 anni quando nel 1954 uscì “17 poesie”, libro che attirò subito l’attenzione della cri‑tica. In Italia, strano a dirsi, è stato tradotto fin da tempi non sospetti (nel 1996 in un’antologia di poeti svedesi e nel 2008 con “Poesia dal silenzio”) dal benemerito editore Crocetti, che si sta accingendo a pubblicare una raccolta di aiku – brevissimi componimenti di tradizione giapponese – del maestro scandinavo, dal titolo “II gran‑de mistero”. Quando si rende noto il nome del Nobel per

“la letteratura, si scatena la fantasia – e soprattutto l’ego – degli addetti ai lavori: risate di scherno e di compatimen‑to, indignazione più o meno composta, alte grida di coloro che giurano che per protesta si disinteresseranno di premi letterari – e sai che sofferenza –, denunce di trucchetti e di geopolitica. Il problema è uno solo, e che cioè il Nobel si dà ad una persona, e perciò una marea di critici, storici della letteratura, poeti e scrittori rimane delusa a fronte dei pochi che esultano.

Però, stavolta, non è che le cose siano andate male. Tran‑strömer non è conosciuto in Italia, ma in Paesi dove la po‑esia è tenuta in grande consi‑derazione – si veda la Polonia dove anche Giovanni Paolo II è stato poeta –, sì. Alcuni hanno addirittura confessato la loro ammirazione spintasi fino alla “ripresa” di temi suggeriti poeticamente dallo svedese. Se lo confessa un grande come Walcott allora è segno che Tranströmer tanto sconosciuto e scarso non è. Sempre che in poesia – e in arte in generale – si possano dare patenti buone per tutte le stagioni. Quello che salta all’occhio è la vita del poeta, funestata da un ictus che lo ha privato della voce e dell’uso di una mano: un’esistenza tutta giocata in tonalità minore, ma non avara di grandi rico‑noscimenti internazionali, in perfetta simbiosi con la sua poesia: sguardo su un mondo che non è conoscibile, e che lascia trapelare talvolta baglio‑ri di mistero e di bellezza, fin dalle piccole cose e dai mi‑

nimi atti quotidiani: “Guarda, sto seduto/ come una barca sulla riva/ qui sono felice”. Lo hanno accusato in passato di non cantare i problemi del suo tempo, di non essere impegnato, come se uno per essere poeta non dovesse seguire la propria ispirazione, ma cercarla dove essa non c’è. Secondo questi censori, la poesia non è dentro l’uo‑mo, ma la si sceglie come in un supermercato, ignorando che quando c’è, essa parla comunque dei tempi. Magari i nomi di Montale e di Eliot po‑trebbero suggerire qualcosa a questi signori. Tranströmer è il poeta della perplessità e della ricerca di segni laddove non sembrano esserci, che non esclude nulla, né la ter‑restrità della creatura né la possibilità di altre rivelazioni: “A volte la mia vita apre vio‑lentemente gli occhi nel buio/ un sentimento di folle trasci‑nate nelle vie,! tra la·cecità e l’angoscia, lungo la strada verso il miracolo,! mentre io invisibile rimango fermo”, il che richiama per assonanza e per adesione al medesimo spirito del tempo (il che non vuoi dire debito di citazione) la “Waste land” di Eliot, con il suo accenno alla folla che si riversa nella via, all’attesa del prodigio in Montale e all’im‑mersione nello spirito della natura in Bonnefoy.

Un Nobel meritato, quin‑di, a patto di ricordare che ci sono molti poeti di sicura levatura che lo avrebbero parimenti meritato per altre e diverse ragioni. Ma intanto ci si può consolare con la constatazione che la poesia ritorna ad essere premiata dall’Accademia reale dopo molti anni, una poesia non roboante, ma tesa quasi al silenzio e all’ascolto del vero linguaggio del mondo.

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4 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVita

All’emergenza, voi calabresi avete saputo rispondere con una pron‑tezza e una disponibilità

sorprendenti, con una straordi‑naria capacità di adattamento al disagio. Sono certo che saprete superare le difficoltà di oggi per preparare un futuro migliore. Non cedete mai alla tentazione del pessimismo e del ripiegamen‑to su voi stessi. Fate appello alle risorse della vostra fede e delle vostre capacità umane; sforza‑tevi di crescere nella capacità di collaborare, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico, custodite l’abito nuziale dell’amo‑re; perseverate nella testimonian‑za dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione. Cari amici! La mia visita si colloca quasi al termine del cammino av‑viato da questa Chiesa locale con la redazione del progetto pasto‑rale quinquennale. Desidero rin‑graziare con voi il Signore per il proficuo cammino percorso e per i tanti germi di bene seminati, che lasciano ben sperare per il futuro. Per fare fronte alla nuova realtà sociale e religiosa, diversa dal pas‑sato, forse più carica di difficoltà, ma anche più ricca di potenzialità, è necessario un lavoro pastorale moderno e organico che impegni attorno al Vescovo tutte le forze cristiane: sacerdoti, religiosi e laici, animati dal comune impegno di evangelizzazione. A questo riguardo, ho appreso con favore dello sforzo in atto per mettersi

n Calabria per condivi‑dere gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa terra. Poco più di dodici ore tra Lamezia Terme e Serra San Bruno per

dire la necessità di uno stile nuovo di presenza nel sociale e nel politico; per chiedere di non cedere alla tentazione del pessimismo.

Celebra la messa nell’area ex‑Sir, da domenica sarà chiamata con il nome di Benedetto XVI, auspicio di un cambiamento e di uno sviluppo che finora non c’è stato. Così il Papa ricorda che non mancano, a Lamezia e in tutta la Calabria, difficoltà, pro‑blemi e preoccupazioni. E auspica la formazione, da parte dei cattolici, di “una nuova generazione di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune”.

Parla di “terra sismica” il Papa, non solo dal punto di vista geologico, “ma anche da un punto di vista strut‑turale, comportamentale e sociale”; “una terra, cioè, dove i problemi si presentano in forme acute e desta‑bilizzanti; una terra dove la disoccu‑pazione è preoccupante, dove una criminalità spesso efferata ferisce il tessuto sociale, una terra in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza”.

Nelle parole del pastore della città, monsignor Luigi Antonio Can‑tafora, e del primo cittadino Gianni Speranza, sono proprio i giovani la prima preoccupazione. Così il vesco‑vo parla di una “primavera” attesa dai giovani affinché possano rimanere in questa terra e trovare un lavoro dignitoso. Anche per il sindaco è la disoccupazione giovanile il primo male da curare: se tutti i giovani di questa città rimanessero qui una volta terminati gli studi, Lamezia non avrebbe nulla da invidiare alle migliori città italiane.

Terra di emergenze, diceva, dun‑que, il Papa. E alle emergenze questo popolo ha saputo rispondere “con una prontezza e una disponibilità sorprendenti, con una straordinaria capacità di adattamento al disagio”.

Di qui l’invito a superare le attuali difficoltà per costruire un futuro migliore; a non cedere mai “alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi”. A crescere nella capacità di collabora‑re, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico. Siamo di fronte a una nuova realtà sociale e religiosa, “diversa dal passato e forse più cari‑ca di difficoltà, ma anche più ricca di potenzialità”. Per questo Benedetto XVI evidenzia la necessità di un la‑voro pastorale moderno e organico che “impegni tutte le forze cristiane”. Loda, il Papa, le iniziative in atto nella Chiesa locale come la scuola di dot‑trina sociale e incoraggia la nascita, attraverso queste iniziative, di una nuova generazione di laici che s’im‑pegnino per il bene comune. Perché, spiega ancora all’Angelus, “i problemi sociali più gravi di questo territorio e dell’intera Calabria, specialmente quelli del lavoro, della gioventù e della tutela delle persone disabili” ri‑chiedono una “crescente attenzione da parte di tutti, in particolare delle Istituzioni”.

Temi che il Papa affronta par‑tendo dalle letture della liturgia domenicale, e in modo particolare dalla parabola del banchetto di nozze

Iattualità ecclesiale

Benedetto XVI

L’emergenza e la speranza

Un brano dell’omelia del Papa

a Lamezia TermeInvito al pensiero sociale della chiesae alla partecipazione alla vita politica

Calabria:il coraggio di una terra spesso ferita

di Fabio Zavattaro

in ascolto attento e perseverante della Parola di Dio, attraverso la promozione di incontri mensili in diversi centri della Diocesi e la diffusione della pratica della Lec‑tio divina. Altrettanto opportuna è anche la Scuola di Dottrina So‑ciale della Chiesa, sia per la qualità

articolata della proposta, sia per la sua capillare divulgazione. Auspico vivamente che da tali iniziative scaturisca una nuova generazio‑ne di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune. Desidero anche incoraggiare e

benedire gli sforzi di quanti, sacer‑doti e laici, sono impegnati nella formazione delle coppie cristiane al matrimonio e alla famiglia, al fine di dare una risposta evange‑lica e competente alle tante sfide contemporanee nel campo della famiglia e della vita.”

cui molti sono gli invitati. L’immagine del banchetto: la festa, la gioia di par‑tecipare nell’abbondanza dei doni. La festa indica la volontà di “porre fine alla tristezza”, di “asciugare le lacrime su ogni volto”.

Ma cosa accade: molti rifiutano di partecipare alla festa, anzi “mo‑strano di disprezzare l’invito” del re. Di fronte a un Dio generoso, che ci offre amicizia, doni, gioia, noi spesso “mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi”. Di fronte al rifiuto di alcuni a partecipare, il re non viene meno alla sua generosità e manda i suoi servi a invitare altre persone ai crocicchi delle strade, cioè la dove l’uomo vive e lavora quotidianamen‑te. Una seconda immagine: l’invitato che non indossa l’abito nuziale e che per questo viene allontanato dalla festa.

Proviamo a leggere queste due immagini: da un lato troviamo un re che non si ferma davanti al primo

rifiuto e che continua a invitare le persone al banchetto. A chi entra nella casa per festeggiare è chiesto solo d’indossare la veste giusta. Com‑menta il Papa: “Tutti noi siamo invitati ad essere commensali del Signore, ad entrare con la fede al suo banchetto, ma dobbiamo indossare e custodire l’abito nuziale, la carità, vivere un

profondo amore a Dio e al prossi‑mo”. Ecco perché viene allontanato chi non indossa la veste giusta. Ed ecco la chiave per essere artefici dei cambiamenti, anche in questa terra di Calabria: l’amore per il prossimo, la solidarietà, la condivisione. Dice il Papa ai calabresi: “Fate appello alle risorse della vostra fede e delle

vostre capacità umane; sforzatevi di crescere nella capacità di collabora‑re, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico, custodite l’abito nuziale dell’amore; perseverate nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.

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516 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa

e qualcosa passa della Parola attraverso queste poche pa‑role in termini di comunione, forse posso consentirmi lo stesso saluto di “Paolo, Sil‑vano e Timòteo alla Chiesa

dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace”. Ringraziando Dio per tutti voi presenti nella preghiera e avendo presenti “l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra cari‑tà e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro”. E col vivo desiderio che la parola del Vangelo arrivi a ciascuno di voi non “soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”. È il sentimento di fondo che ci accomuna ed è sempre e solo il vangelo del Regno, da cercare al di sopra di ogni altra cosa, sapendo di non poter servire insieme Dio e mammona (cfr Lc 16,13). E sapendo che la condizione del discepolo nel mondo ripete quella del Maestro quando dice: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mon‑do, per questo il mondo vi odia” (Gv 15,18‑19). Qualcosa che andrebbe messa in conto!Questo odio verso Gesù traspare nel brano

odierno del vangelo, dove i farisei si raduna‑

no in consiglio per vedere come coglierlo in fallo, e trovano il punto più delicato e controverso per tendergli un tranello: il rapporto tra Cesare e Dio, col pretesto del tributo! La lapidaria risposta, prima di diventare sentenza per tutti gli usi – forse la più nota di tutto il vangelo – pone una que‑stione di verità! Gli emissari del partito dei farisei, affiancati opportunisticamente da esponenti del partito degli erodiani, prima di porre cap‑ziosamente l’interrogativo si lasciano andare ad un riconoscimento che possiamo fare nostro: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”. Da destra e da sinistra ci si aspetta che Gesù si comprometta: un sì sarebbe suona‑

to come approvazione del dominio romano

agli occhi del partito teocratico di indipen‑denza; un no avrebbe significato contesta‑zione agli orecchi dei sostenitori del potere imperiale straniero. In ogni caso sarebbe stato colto in fallo! Non sembrava ci potes‑se essere via di uscita, come sembra non sia facile uscire dalle ricorrenti polarizzazioni storiche tra religione‑politica, chiesa‑stato, l’essere nel mondo senza essere del mondo: come dare concretezza anche sociale, e non solo interiore, al fatto che il Regno di Dio non è di questo mondo, anche quando Gesù afferma di essere veramente re e di essere venuto nel mondo per rendere testimonian‑za alla verità (cfr Gv 18,37).Ed in effetti, la sua risposta riguardo al tributo a Cesare non è un sì o un no di schieramento, quasi che Cesare potesse equipararsi a Dio, come volevano alcuni, e Dio dovesse essere chiamato in causa come volevano altri. Bastava fare verità e

rimettere le cose al loro posto. In questo senso, con la sua inattesa risposta Gesù enuncia in maniera inequivocabile un prin‑cipio di laicità, di non confusione tra i due ordini in sé distinti, per quanto indivisi e inseparabili. Riconoscere la diversità delle due sfere “Cesare e Dio” e saper mante‑nere un equilibrio dinamico tra di esse è il compito di una “Chiesa nel mondo” che nel Vaticano II ha ritrovato questa tensione, per non rischiare di diventare mondo separato a sé o di assumere forme di mondanità che la rendono senza sapore. Ma davvero una coscienza di chiesa è tale da saper stare al mondo profeticamente?Ogni Cesare – come dimostra il passo di Isaia che parla di Ciro – è egli stesso nelle mani di Dio e rientra nei suoi disegni come del resto nelle vicende umane: basta non sacralizzarne il potere, magari in nome di un potere sacro. In un tempo di rilancio dei “cattolici in politica” o di esumazione di un “mondo cattolico”, è bene sentirsi ripetere parole come queste: “Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’orien‑te e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri”. E’ un Do che non teme concorrenze e che opera laicamente nella storia!

Alberto Simoni

La Parola e le paroleXXIX DomenIca Del Tempo orDInarIo anno aIs 45,1.4-6; Sal 95; 1 Ts 1,1-5b; Mt 22,15-21

attualità ecclesiale

s

enticinque anni dopo i leader mondiali delle religioni torne‑ranno ad Assisi “Pellegrini della verità. Pellegri‑

ni della pace”. A indire l’incontro ancora una volta un Papa. Il 1° gen‑naio scorso, al termine della pre‑ghiera dell’Angelus, Benedetto XVI ha annunciato di voler solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invi‑tando nuovamente ad unirsi a que‑sto cammino i fratelli cristiani delle diverse Confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà.

iL temaLa Giornata avrà come tema:

“Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Sono stati invitati ad Assisi i rappresentanti delle comu‑nità cristiane e delle principali tra‑dizioni religiose e alcune persona‑lità del mondo della cultura e della scienza che, pur non professandosi religiose, si sentono sulla strada della ricerca della verità e avverto‑no la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo nostro mondo. L’immagine del pellegrinaggio riassume il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al tempo stesso, si volgerà lo sguar‑do al futuro, con il proposito di continuare, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a cam‑minare sulla via del dialogo e della fraternità.

iL programmadeLLa giornata

Le delegazioni partiranno da Roma, in treno, la mattina del 27 ottobre, insieme con il Santo Pa‑dre. All’arrivo in Assisi, ci si recherà

V Assisi 2011

Pellegrini di paceVerso la Giornata di preghiera per la pace

(27 ottobre)

presso la basilica di Santa Maria degli Angeli, dove avrà luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfon‑dimento del tema della Giornata. Interverranno esponenti di alcune delle delegazioni presenti e anche il Santo Padre prenderà la parola. Seguirà un pranzo frugale, condivi‑so dai delegati: un pasto all’insegna della sobrietà, che intende esprime‑re il ritrovarsi insieme in fraternità e, al tempo stesso, la partecipazio‑ne alle sofferenze di tanti uomini e donne che non conoscono la pace. Sarà poi lasciato un tempo di

parteciparono 50 rappresentanti delle Chiese cristiane (oltre ai cattolici) e 60 rappresentanti delle altre religioni mondiali. Per la pri‑ma volta nella storia si realizzava un incontro come questo. Circa 200 invitati speciali, provenienti da tutto il mondo, li accompa‑gnarono condividendone scopi e programmi. Trentamila persone accorsero da ogni parte d’Italia per unirsi nella preghiera. Oltre un miliardo di persone ebbero la possibilità di seguire l’incontro per televisione, trasmesso in diretta da 36 Paesi. Circa 800 giornalisti, corrispondenti di tutto il mondo, diramarono l’evento ai quattro angoli della terra. L’intuizione di Giovanni Paolo II era semplice: partiva dalla consapevolezza che “la preghiera e la testimonianza dei credenti, a qualunque tradizio‑ne appartengano, può molto per la pace nel mondo”. L’appello fu ascoltato e per un giorno intero tacquero le armi.

Le paroLe di giovanni paoLo ii

“Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autentica‑mente religioso e il grande bene della pace. Che peso tremendo da portare per le spalle dell’uomo! (...) Qui noi stiamo agendo come gli araldi della coscienza morale dell’umanità come tale, umanità che aspira alla pace, che ha biso‑gno della pace. Non c’è pace senza un amore appassionato per la pace. Non c’è pace senza volontà indomita per raggiungere la pace. La pace attende i suoi profeti. Insieme abbiamo riempito i nostri sguardi con visioni di pace: esse sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni eredi‑tate dalla storia o generate dalle moderne ideologie”. (Assisi, 1987)

si snoderà verso la basilica di San Francesco. Sarà un pellegrinaggio, a cui prenderanno parte nell’ultimo tratto anche i membri delle dele‑gazioni; con esso s’intende simbo‑leggiare il cammino di ogni essere umano nella ricerca assidua della verità e nella costruzione fattiva della giustizia e della pace. Si svol‑gerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale. All’ombra della ba‑silica di San Francesco, là dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, si terrà il momento finale della giornata, con la rinnovazio‑ne solenne del comune impegno per la pace. In prepara‑zione a tale

Giornata, Benedetto XVI presiede‑rà in San Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della diocesi di Roma. Le Chiese particolari e le comunità sparse nel mondo sono invitate a organizzare momenti di preghiera analoghi.

La storiaIl 27 ottobre 1986, fu convoca‑

ta da Giovanni Paolo II una Giorna‑ta mondiale di preghiera

per la pace, ad Assisi, a cui presero parte i

rappresentanti di tutte le grandi

religioni mon‑diali. Vi

silenzio, per la rifles‑ sione

di ciascu‑no e per la pre‑ghiera.

Nel po‑

meriggio, tutti i presenti in Assisi parteci‑peranno a un cammi‑no che

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ccupazione di Wall street, una protesta iniziata a New York il 18

settembre scorso contro gli effetti devastanti della crisi, è la rivolta nata spontaneamen‑te, contro una democrazia distorta, da parte di coloro che non accettano più le po‑litiche liberiste. È un presidio continuativo in Lower Man‑hattan, il cuore finanziario del mondo, luogo simbolo dove quell’1% di persone riesce a manipolare la ricchezza del 99% che pagano duramente gli effetti della crisi.

Molti pensavano fosse una protesta momentanea, invece, con il passare dei giorni, il dis‑senso è andato intensifican‑dosi fino a coinvolgere, nella settimana scorsa, tra gli 8 ed i 12mila manifestanti. Non era mai successo che dei semplici cittadini, tra cui reduci di guer‑ra e professori, occupassero il ponte di Brooklyn a New York. Per questo motivo oltre 500 dimostranti pacifisti sono stati ammanettati e portati in carcere, mentre alcuni giorni prima, durante gli scontri con la polizia erano state arrestate circa 25 persone. Si tratta di un gruppo consistente di cittadini che non accettano la ricapitalizzazione delle banche con i soldi pubblici e non ci stanno a pagare il costo di una crisi che non hanno generato.

“Siamo il popolo”, è scrit‑to sugli striscioni; “un’onda di protesta che pulirà il paese”; “l’unica cosa che abbiamo in comune è che siamo il 99% e non tollereremo oltre l’avari‑zia dell’altro 1%”.

Le assemblee, i sit‑in e le manifestazioni si susseguono, organizzate via internet. Per settimane la grande stampa e le TV hanno completamente ignorato la protesta, nessuno ne ha parlato. Al contrario attraverso il web il tam‑tam si diffondeva coinvolgendo sempre più giovani e persone di tutti gli Stati Uniti. Fino a creare una rete di città mo‑bilitate.

Vi è una consapevolezza che unisce queste persone di colore, idee, provenienze ed età diverse: il disprezzo per i meccanismi finanziari causa delle crescente crisi economi‑ca. Essi non sono d’accordo nel pagare, con la perdita del posto di lavoro, dell’assisten‑za sanitaria e dell’istruzione gli errori commessi da altri. Dicono basta alle manovre che salvaguardano gli interessi delle grandi banche a discapito dei lavoratori e dei giovani. Si definiscono come un movi‑mento spontaneo e pacifico di resistenza. Si ricollegano idealmente con i giovani nord africani della Primavera Araba, con gli Indignados spagnoli, con le proteste nelle piazze della Grecia e quelle scono‑sciute del Cile, per raggiun‑

Gli “indignados” di New YorkUn crescente gruppo di persone

da alcune settimane occupapacificamente le piazze nelle città

di Marinella Sichi

gere l’obiettivo di contrastare un mondo dove lo scopo è l’avere e non l’essere e dove l’ingiustizia sociale crescente non è più tollerabile neppure dai ricchi.

Al movimento, ormai de‑finito “l’autunno newyorkese”, si sono uniti i maggiori sinda‑cati e alcune celebrità. La scor‑sa settimana è intervenuta Naomi Klein, autrice del famo‑so “No Logo” scritto contro la cultura corporativa delle multinazionali nel 2000. A lei si è aggiunto il Premio Nobel dell’economia Paul Krugman dichiarando che l’accusa dei manifestanti contro Wall Stre‑et è completamente giusta e può essere considerata un

punto di svolta. “Una delle ac‑cuse rivolte al movimento, dai signori in giacca e cravatta che in realtà non detengono il mo‑nopolio del sapere ‑afferma il professore‑ è la mancanza di idee ed obiettivi specifi‑ci”. Invece è chiaro ciò che vogliono: istruzione, lavoro, cure sanitarie adeguate e aiuto agli immigrati. Saranno poi gli intellettuali che daranno le risposte. Su questo punto la Klein sottolinea: “A domande così complesse, come il crollo multiplo dell’economia globa‑lizzata, non siamo in grado di dare risposte semplici, non possiamo riproporre formule del passato, ma qualcosa sap‑piamo con certezza: vogliamo

abbattere il WTO e il Fondo Monetario Internazionale”.

Il sogno americano è stato defraudato. Adesso ai lavora‑tori non è consentito avere cure mediche, alloggio e cibo. I giovani non hanno diritto ad un lavoro, e saranno in debito per il resto della loro vita, senza la possibilità di dichiarare fallimento. Oggi chiedono di esprimere il loro diritto di cittadinanza e pro‑testano contro una politica

economica miope. Il divario tra i pochi superricchi ed i molti che si impoveriscono, non è più tollerabile. Alcuni miliar‑dari, addirittura, dichiarano di pagare meno tasse dei loro dipendenti, pur avendo redditi più alti. In questo mondo a rovescio le tasse sono pagate più dai poveri che dai ricchi, e attraverso meccanismi di sostegno a determinati settori si favoriscono prezzi agevolati a servizi ai quali accedono le

fasce più alte di reddito (Paul Krugman, La coscienza di un liberal). Tipico l’esempio del contributo al teatro. Riducen‑do il prezzo del biglietto si avvantaggia la fascia sociale che più consuma quel bene.

Occorre tornare all’es‑senziale, questo chiede a gran voce la gente che sfila nelle strade, cioè fornire i servizi di base per consentire a tutti di realizzarsi in piena libertà.

L’

fonte:occupywallst.org.“Arrestato sabato. Liberato oggi. Questa onda pulirà la nazione. Noi siamo il 99%”

Ci siano trovati l’un l’altro”. Que‑sto sentimento cattura la bellezza di ciò che viene

creato qui. Un ampio spazio aperto per tutte le persone che vogliono un mondo migliore e vogliono trovare l’altro. C’è una cosa però, l’1 per cento ama la crisi. In questo momento di panico e dispe‑razione solo essi sembrano sapere cosa fare. Questo è il momento ideale per far passare le politiche a favore del liberismo: privatizzare l’istruzione e la sicurezza sociale, tagliare i servizi pubblici, eliminare gli ultimi ostacoli al potere delle mul‑tinazionali. Grazie alla crisi economica, questo sta acca‑dendo in tutto il mondo. E c’è solo una cosa che può bloccare questa de‑riva, e per fortuna, è una cosa molto grande: il 99 per cento. E che il 99 per cento scenda in piazza, da Madison a Madrid, per dire: “No, noi non pagheremo la vostra crisi”. Slogan che esordito in Italia è rimbal‑zato verso la Grecia e la Francia e l’Irlanda e, infine, è approdato qui a New York. “Perché stanno protestan‑do?”, chiedono gli esperti, sconcertati, in tv. Nel frat‑tempo, il resto del mondo chiede: “Perché ci hanno messo tanto tempo?”. E so‑prattutto: “Benvenuti”. Occupy Wall Street non ha stabilito alcuna data per la fine sulla vostra presenza qui. Solo quando si può restare, si possono far crescere radici. Questo è fondamentale. Il movimento e voi stessi vi siete impegnati alla non violenza. Vi siete rifiutati di

No, noi non pagheremola vostra crisi

Parte dell’intervento di Naomi Kleina Occupy Wall Street

fonte: gadlerner.it. “Salvare la scuola non le banche”

non ci fossero limiti rigoro‑si e immodificabili. Il compito del nostro tem‑po è quello di cambiare questa situazione. Possiamo costruire una decente, in‑clusiva società e al tempo stesso, rispettare i limiti reali della terra.Questa volta il nostro mo‑vimento non può distrarsi, dividersi, bruciarsi o lasciar‑si spazzare via dagli eventi. Questa volta abbiamo tutto per avere successo. E non sto parlando di imporre regole alle banche e di au‑mentare le tasse ai ricchi, anche se questo è impor‑tante. Sto parlando di cam‑biare i valori di base che governano la nostra società. Ed è difficile farlo adat‑tandosi a porre un’unica domanda comprensibile dai media. Ed è anche difficile capire come farlo. Ma non è meno urgente che difficile. Questo è quel che vedo ac‑cadere in questa piazza. Nel modo in cui vi state inco‑raggiando a vicenda. Il mio cartello preferito dice: “Mi importa di te”. In una cultu‑ra che addestra la gente ad evitare lo sguardo dell’altro, per spingere a dire: “Lascia che muoia”, quella è una di‑chiarazione profondamente radicale.

offrire ai media immagini di vetrine rotte e di scontri di strada che essi deside‑rano disperatamente. E il controllo ha fatto sì che, ancora e ancora, la storia sia consistita nella brutalità vergognosa e gratuita della polizia. Quel che abbiamo visto solo la scorsa notte. Nel frattempo, il sostegno a questo movimento cresce e cresce la consapevolezza.Abbiamo sottolineato che

la deregolamentazione che abbiamo alle spalle ha pre‑sentato il conto, attaccando i diritti al lavoro e quelli ambientali. Le multinazionali sono diventate più potenti dei governi e questo è sta‑to un danno per le nostre democrazie. Ma il sistema economico basato sull’avi‑dità si è frantumato, almeno nei paesi ricchi. Quello che resta è un bel po’ di gente ricca. Quelli che si sono

Le cose checontano per noi

l Il nostro coraggiol La nostra bussola moralel Come ci trattiamo l’un l’altro

Abbiamo scelto di lottare contro le forze economiche e politiche più potenti del pianeta. Questo fa paura. Facciamo in modo di trattare questo bel movimento come se fosse cosa più importante del mondo. Perché lo è. Lo è per davvero.

arricchiti con il saccheggio dei beni pubblici ed esau‑rendo le risorse naturali in tutto il mondo. Il punto è che oggi tutti possono vedere come il sistema, profondamente ingiusto, sia fuori controllo. L’avidità senza freni ha di‑strutto l’economia globale. Ed ha distrutto il mondo naturale. Facciamo una pesca eccessiva nei nostri oceani, inquinando la nostra acqua con perforazioni in acque profonde, cercando le più sporche forme di energia sul pianeta, come il catrame nelle sabbie del Canada e l’atmosfera non riesce ad assorbire la quan‑tità di carbonio che stiamo emettendo, creando così un riscaldamento pericoloso dell’atmosfera. La nuova normalità sono i disastri in serie: economici ed ecolo‑gici. Questi sono i fatti reali. Ci comportiamo come se fonte: forclosewallst.org

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PistoiaSetteN. 36 16 OTTOBRE 2011

on la prolusione di Andrea Vacca‑ro sul tema “Dio oltre il pensiero debole”, si apre, martedì 18 ot‑tobre, alle ore

21, il nuovo anno della Scuola diocesana di Formazione teologica. Come avvertito in sede di presenta‑zione dei corsi, quest’anno la Scuola è impreziosita dalla presenza del nostro vescovo, monsignor Man‑sueto Bianchi, che nel periodo tra gennaio e febbraio terrà il Corso di Sacra Scrittura, con una presen‑tazione dei libri biblici di Isaia e Giona. Le lezioni di Sacra Scrittura si inquadrano in una cornice che, nella sua sintesi essenziale, delinea sostanzialmente l’intero quadro della disciplina teologica. Al primo anno, i corsi assumono un carattere prevalentemente orientativo con lezioni di introduzione alla Teologia fondamentale, alla Sacra Scrittura, alla Liturgia, alla Morale, alla Cristo‑logia. Uno sguardo all’Antropologia contemporanea e alla Storia della chiesa antica completa il quadro dell’anno iniziale. Al secondo e al terzo anno, saranno offerte lezioni

C al 1977 il Cen-tro Cultura le “Jacques Mari-tain” rappresen-ta per Pistoia un punto di incon-tro, di riflessione

e di dialogo su questioni che il dibattito culturale contemporaneo fa emergere o riconduce all’attenzione.

L’esplicita ispirazione cristiana a cui il Centro si richiama, anziché essere se-gno di esclusivismo, costituisce piuttosto il requisito per un sincero scambio im-prontato sui valori dell’apertura e della ricerca comune diretta verso la verità.

Al di là dell’introduzione del relatore di turno, infatti, è il dibattito che segue - solitamente caratterizzato da vivacità

e vigore – a contrassegnare gli incontri del “Maritain”.

Ed anche quest’anno la selezione dei temi - dove problematiche di natura sociale si intersecano con questioni di più teorica connotazione filosofica e teologica - unitamente alla riconosciuta qualità dei relatori, dovrebbe essere in grado di garantire e sollecitare l’interes-se e la partecipazione di un folto novero di interlocutori.

Questo è stato l’impegno del gruppo organizzatore in sede di programma-zione e questo l’augurio che il gruppo stesso rivolge agli amici consolidati del “Maritain” e a tutti coloro che gradiran-no partecipare di bel nuovo alle serate nell’Aula magna del Seminario Vescovile.

R.

D

Al via i corsi

Scuola di formazione teologica diocesana

Progetto Policoro

AAA animatoredi comunità cercasiLa Caritas, la pastorale giovanile e la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Pistoia hanno firmato un bando per cercare, attraverso colloqui, un giovane cui affidare un incarico triennale come “animatore di comuni‑tà” all’interno del “progetto Policoro” (esperienza della Chiesa italiana per promuovere, fra i giovani e con i giovani, una nuova cultura del lavoro). Sul sito della diocesi è pubblicato il bando con i requisiti che dovrà avere la persona da scegliere. Fra questi un’età fra i 23 e i 35 anni, esperienza eccle‑siale, diploma di scuola media superiore, patente automobilistica, conoscenza di computer. Nel bando sono anche indicate le modalità per presentare la domanda e fissato il termine di sabato 22 ottobre 2011.L’incarico, triennale, sarà retribuito il primo anno con una borsa di studio e gli altri due anni con una collaborazione a progetto. Nel bando sono indicate le ore settimanali presupposte dal progetto nonché il compenso.INFO: www. progettopolicoro.it e www.diocesipistoia.it.

Centro Culturale Maritain

Il programma del prossimo

anno

l 5 ottobre 2011, presso la Sala Sinodale del Palazzo dei Vescovi di Pistoia, è stato presentato il sito web dell’Archivio capito‑lare di Pistoia (www.ar‑chiviocapitolaredipistoia.

it). L’obiettivo del progetto, avviato nel 2010 e interamente finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, è quello di offrire agli studiosi una panoramica sulle collezioni dell’Archivio attraverso la possibilità di consultare online gli strumenti di corredo (sono disponibili in rete tutti gli inventari antichi e moderni) e i principali studi a stampa, dal XVIII secolo ad oggi; il sito ospita inoltre alcune sezioni, che presentano i nuovi progetti in corso (digitalizzazione e catalogazione dei frammenti di manoscritti medievali; digitalizzazione ed edizione delle

ipergamene del fondo diplomatico) e permettono di accedere ai materiali digitalizzati del patrimonio documen‑tario e librario dell’Archivio: questa sezione, destinata ad un rapido incre‑mento, ospita al momento alcuni ma‑noscritti medievali, rarissime stampe musicali del XVI secolo e lettere autografe di personaggi illustri.

Sono intervenuti all’evento il vescovo di Pistoia, monsignor Man‑sueto Bianchi, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Ivano Paci, Gabriela Todros per la soprintendenza ar‑chivistica per la Toscana; al fine di presentare la varietà e l’importan‑za dei materiali digitalizzati, oltre al direttore dell’archivio, Stefano Zamponi dell’Università di Firenze, hanno curato la presentazione il pro‑grammatore informatico, Massimo Mariani, Natale Rauty della Società

pistoiese di storia patria, Umberto Pineschi dell’Accademia d’Organo “Giuseppe Gherardeschi”, Giovanna Frosini dell’Università per stranieri di Siena, Michaelangiola Marchiaro dell’Università di Ancona e Corinna Mezzetti dell’archivio storico del Comune di Ferrara.

Al termine dell’evento sono stati presentati da don Romano Lotti, responsabile amministrativo del pro‑getto per il Capitolo della Cattedrale, e da Simone Martini, direttore dei lavori, le teche che ospitano i reli‑quiari dei santi Jacopo e Zeno nella restaurata cappella di Sant’Atto e il lapidario collocato nel corridoio del chiostro della canonica adiacente alla Cattedrale. Anche questi due ultimi interventi sono stati realizzati con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

Michaelangiola Marchiaro

“L’Archivio Capitolaredi Pistoia nell’era digitale”

Mercoledi 5 ottobre in occasione della giornata sono stati presentati la ricollocazione nella cappella di San Atto dei reliquiari

dei Santi Jacopo e Zeno e il lapidario del chiostro dei canonici

di approfondimento su libri biblici sia del Nuovo che dell’Antico Testamen‑to, nonché di Patrologia, Ecclesiologia, Morale sociale e Bio‑etica, Storia della Chiesa. Ad ogni disciplina sono dedicate tre‑quattro incontri, con le‑zione frontale e dibattito finale. Tutto sommato, una Facoltà teologica in piccolo, capace di fornire le coordina‑te fondamentali per poter vivere con un grado maturo di consapevolezza i contenuti e gli approdi più recenti della nostra fede. Proprio per questo motivo, oltre a rivolgersi a tutti colo‑ro che spontaneamente sono attratti da questi obiettivi, è di particolare premura la costante sollecitazione rivolta a tutti i parroci nell’invitare i propri catechisti a munirsi, per così dire, dell’equipaggiamento teologico necessario ad un responsabile svol‑gimento del proprio compito.

Una menzione speciale va anche al tema del corso del Quarto anno della Scuola, che intende tratteggiare una poliedrica rappresentazione della figura di Gesù Cristo, con i colori che i vari continenti sono soliti offrire. Immagini della cristologia africana, asiatica o sudamericana verranno a mescolarsi con quelle che la nostra cultura occidentale contemporanea è tesa a proporre. Testimoni diretti o esperti di tali cristologia arricchi‑ranno la veridicità delle descrizioni.

Per i neo‑iscritti, la prima lezione di Teologia fondamentale sarà tenuta martedì 25 ottobre da monsignor Giordano Frosini; per gli studenti del secondo e del terzo anno, nella stessa data, don Cristiano D’Angelo aprirà il corso di Scrittura neotestamentaria con l’introduzione al Vangelo di Luca.

R.

Questo il programma:Giovedì 27 ottobre 2011 alle ore 21Arturo Carlo Jemolo, riforma religiosa e laicitàCarlo Fantappiè, Università di UrbinoGiovedì 24 novembre 2011 alle ore 21Teilhard De Chardin, l’evoluzionista cristianoLudovico Galleni, Università di PisaLunedì 6 febbraio 2012 alle ore 21La figura di Gesù nella cultura buddistaRoberto Carifi, saggistaVenerdì 23 marzo 2012 alle ore 21Le città sono viveGiordano Frosini, Facoltà Teologica dell’Italia centrale(Saranno invitati i candidati alle elezioni comunali)Giovedì 26 aprile 2012 alle ore 21Il modernismo ieri e oggiAnnibale Zambarbieri, Università di PaviaIn data da destinarsi La vergognosa situazione delle carceri

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8 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVitacomunità ecclesialeMONASTERO DELLA VISITAZIONE

Festa di Santa Margherita Maria AlacoqueDomenica 16 ottobre, festività di Santa Margherita Maria Alacoque, nella Chiesa del Monastero della Visitazione di Pistoia in Via delle Logge 3, alle ore 17 sarà celebra‑ta la Messa da don Paolo Palazzi, vicario generale della diocesi.

CENTRO MONTEOLIVETO

Massimo Braccesi, 10 anni dopoL’ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Pistoia, in collabo‑razione con il Movimento per la vita italiano e Collegamento so‑ciale cristiano, organizza per do‑menica 23 ottobre 2011 alle ore 9 presso il Centro Monteoliveto (Via Bindi zona Monteoliveto) a Pistoia una mattinata dal titolo: “Massimo Braccesi 10 anni dopo. La fede e le opere: ieri e... doma‑ni”. Questo il programma: ore 9: Messa, con la partecipazione della Corale Polifonica Pistoiese, diret‑ta da Riccardo Cirri e accompa‑gnato al piano da Kuniko Konishi; ore 10: riflessioni a cura di Gior‑dano Frosini, teologo, Angelo Pas‑saleva, presidente collegamento sociale cristiano e Carlo Casini, presidente Movimento per la vita italiano. Ore 11: Testimonianze: si confrontano amiche e amici che con Massimo condivisero qualche tratto di cammino nella chiesa e nelle istituzioni, nella politica e nella società; ore 13: pranzo. Quota minima 15 euro. Sarà pos‑sibile devolvere un’offerta al Cen‑tro di Aiuto alla Vita di Pistoia.

CHIESA SANTONUOVO

Concerto d’organo in occasione del 150° anniversariodell’unità d’ItaliaDomenica 16 ottobre alle 16.45 presso la Chiesa di San Germano a Santonuovo si terrà il concerto del maestro Matteo Venturini che eseguirà un interessante programma sull’organo storico Filippo Tronci‑ Nicomede Agati (1885), recentemente tornato al suo originario splendore dopo il restauro eseguito dall’organaro Samuele Maffucci. Nella prima parte dal titolo “L’organo del Granducato di Toscana” saranno eseguite musiche di Gaetano Rigoli, Francesco Valenti, Antonio Botti e due anonimi, da poco riscoperte in un inedito mano‑scritto custodito nella Biblioteca del seminario vescovile di San Miniato. Nella seconda parte sarà protagonista “L’organo risorgi‑mentale” con musiche di P. Davi‑de da Bergamo.

Ancora un ricordo affettuoso

Don Mauro Baldi,primo parroco a Oste

aro don Mauro,sei arrivato nella nostra parrocchia prima come cappellano di don Furio

Fabbri e successivamente come primo parroco residente, in una realtà allora piccola, ma in con‑tinua crescita. Ai pochi abitanti locali si aggiungevano continua‑mente nuovi arrivati, immigrati da molte zone d’Italia, in particolare dal meridione, richiamati dalla crescente richiesta di manodo‑pera da parte della limitrofa zona industriale tessile, allora in conti‑nua espansione.In questa comunità di Oste, in continua crescita, ti sei speso senza risparmio di energie, con un intenso lavoro pastorale, per amalgamare e far crescere nella fede la nostra difficile realtà.La parrocchia, con il tuo impegno, ha fatto molti passi in avanti: ha creato nuove strutture, ha co‑struito la nuova chiesa, e non è mai venuto meno il tuo impegno e la tua attenzione al sociale, agli ultimi, ai poveri. Non a caso, da 25 anni, a Oste opera la “Caritas parrocchiale” da te fortemente voluta. Non possiamo dimenti‑

care la Società sportiva “Jolly” per i nostri ragazzi, la pastorale del tempo libero, soprattutto nel periodo estivo; così come è stato grande il tuo impegno per far nascere e crescere la locale sezione della Misericordia, punto di aggregazione per i giovani e di educazione al volontariato e alla solidarietà.Ai vari gruppi di giovani che nel

corso degli anni hai creato e se‑guito con tanto amore, ricordavi: dovete coltivare la vostra fede aprendovi alla società, mettendovi al servizio del bene comune. Ci hai lasciato l’esempio di una forza interiore che proveni va dalla cura della vita spirituale: la fedeltà alla preghiera, l’amore per la parola di Dio, l’amore per l’Eu‑carestia, presenza di Gesu risorto

C

l 22 ottobre, per la prima volta nel Santuario della divina misericordia, si fe‑steggia la festa del beato Papa Giovanni Paolo II. Questo giorno è parti‑colare perché arrivano

da Cracovia delle reliquie del beato Papa. Per questo avvenimento ci prepariamo con la novena che avrà inizio il 14 ottobre e terminerà il 23 ottobre con la Messa di ringra‑ziamento.

Il 4 giugno 2011 ha avuto luogo l’inaugurazione della nuova Chiesa e monsignor Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia, aveva affidato tutti noi alla divina misericordia. Da quel giorno la comunità di Masotti ha una nuova chiesa dedicata alla Divina Misericordia e al beato Papa Giovanni Paolo II. Questo piccolo santuario è uno dei primi in Italia e nel mondo a portare questo nome.

Con questa opera abbiamo re‑alizzato i desideri di tante persone, anche di quelle che non sono piu con noi, lasciando il segno concreto della nostra fede per le generazioni che verranno.

Nel nostro santuario, tutti i gior‑ni viene recitata la coroncina della divina misericordia. Per la preghiera vengono anche persone da fuori e stranieri.

i

Vediamo e sentiamo ogni gior‑no notizie di guerre, di violenze, di persone che non sanno come vivere, dove andare, di persone che perdono il senso della vita e vivono senza speranza.

Gesù Cristo è la nostra pace, la nostra forza e il nostro futuro.

La nuova chiesa è uno dei segni dei tempi di oggi. Ci aiuta a riscoprire di nuovo la nostra identità.

Programma della Novena della

Festa di Beato Papa Giovanni Paolo IIIn occasione del arrivo delle

reliquie del Beato Papavenerdì 14 ottobre ore 15: coroncina della Divina Misericordia e lettura del Diario di S. Faustina, missionaria della Divina Misericordiasabato 15 ottobre ore 17.45: coron‑cina della Divina Misericordiaore 18: Messadomenica 16 ottobre ore 9.45: coroncina della Divina Misericordia

Masotti in festa L’arrivo delle reliquie del Beato Papa Giovanni Paolo II

ore 10: Messalunedì 17 ottobre ore 15: coroncina della divina misericordia, esposizione del santissimo sacramento e adora‑zione eucaristica fino alle 21 e Messamartedì 18 ottobre ore 15: coroncina della divina misericordia, esposizione del santissimo sacramento e adora‑zione eucaristica fino alle 21 e Messamercoledì 19 ottobre ore 15: coron‑cina della divina misericordia, espo‑sizione del santissimo sacramento e adorazione eucaristica fino alle 21 e Messagiovedì 20 ottobre ore 15: coroncina della divina misericordia, esposizione del santissimo sacramento e adora‑zione eucaristica fino alle 21 e Messavenerdì 21 ottobre ore 15: coroncina della divina misericordia, esposizione del santissimo sacramento e adora‑zione eucaristica fino alle 21 e Messasabato 22 ottobre ore 17.45 coron‑cina della divina misericordia; ore 18: Messa domenica 23 ottobre ore 9.45: co‑roncina della divina misericordia; ore 10: Messa del Ringraziamento

Stanislao Jakubcczak

on una lettera in‑dirizzata ai fedeli di Quarrata, Buria‑no, Lucciano, Vio‑lina, Santallemura, il vescovo mon‑signor Bianchi, ha

comunicato ai fedeli la nomina di don Fausto Corsi a parroco di Quarrata.

Don Fausto, sacerdote dal 1998 e finora parroco di San Felice, Le Grazie e Saturnana, succede al com‑pianto Mauro Baldi, recentemente deceduto. L’impegno che aspetta il giovane sacerdote, è di tutto rilievo: da una parte, la successione a don Mauro implica una continuità affetti‑va con cui la popolazione della par‑rocchia ha seguito il suo ministero

cpastorale; dall’altra, Quarrata è in continua espansione sia di popolazio‑ne che di attività ed è ormai arrivata a livello di città. Certamente per que‑sto i problemi non mancano: quello dell’occupazione, dell’emarginazione, del precariato, della secolarizzazione che ormai ha colpito anche le comu‑

nità più tradizionali della nostra terra. In particolare, il nuovo parroco, che sarà aiutato da don Ippolito e da don Marius (l’ultimo sacerdote ordinato nella nostra diocesi) è atteso per un’attività efficace in favore dei gio‑vani che sono stati, fino da ultimo, il pensiero fisso di don Baldi.

C’è da ricordare anche che Quarrata è ormai il centro di una vasta zona vivace e operosa che dalla comunità centrale attende la testimonianza di un cristianesimo coerente ed esemplare.

Ai sacerdoti incaricati dal vesco‑vo va il nostro augurio affettuoso.

Quarrata

Don Fausto Corsiè il nuovo parroco

Da 13 anni era parroco a San Felice, Le Grazie, Saturnana.Sarà affiancato da don Ippolito e don Marius

in mezzo a noi, nostro Maestro e Buon Pastore,Via, Verità e Vita, la devozione alla Madonna, alla quale avevi voluto dedicare la nuova Chiesa col titolo di “S. Maria Ma‑dre della Chie sa”, che hai reso visibile anche con il tuo pellegri‑naggio annuale a Lourdes.Nello spirito di servizio e di ob‑bedienza alla Chiesa Locale dopo 26 anni di presenza a Oste, sei stato chiamato a un nuovo impe‑gno pastorale nella parrocchia di Quarrata, e hai detto il tuo sì. Sei partito ma non ci hai abbandona‑to, ci hai seguito con la discrezio‑ne che hai sempre avuto, ma non sono mancati i tuoi consigli e le tue preghiere. Ora ci precedi nel‑la casa del Padre dove un giorno tutti ci riuniremo e da lì, siamo certi, intercedi per tutti noi.A nome della tua parrocchia di Oste, grazie don Mauro.

Marino Marini

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916 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa comunità ecclesiale

autorità per le garanz ie ne l le comunicaz ion i (Agcom) ha no‑minato Isabella Poli, membro del nuovo consiglio

nazionale degli utenti (Cnu) che si è insediata a Roma presso l’Agcom lunedì 10 ottobre. Il consiglio na‑zionale degli utenti, che resterà in carica per i prossimi quattro anni, è composto da 11 esperti che si sono distinti nell’affermazione dei diritti e della dignità della persona e delle particolari esigenze di tutela dei minori. “Il Consiglio nazionale degli utenti esprime pareri e formula pro‑poste all’autorità, al Parlamento e al

l’Governo e a tutti gli organismi pub‑blici e privati, che hanno competenza in materia audiovisiva o svolgono attività in questi settori su tutte le questioni concernenti la salvaguardia dei diritti e le legittime esigenze dei cittadini, quali soggetti attivi del pro‑cesso comunicativo, promuovendo altresì iniziative di confronto e di dibattito su detti temi”.

Isabella Poli vive a Pistoia, è laureata in lingue e letterature stra‑niere presso l’Università degli Studi

di Firenze, è stata docente di ruolo di lingua inglese nella scuola media di I° grado. Giornalista pubblicista dal 1989, ha collaborato con testate televisive e di carta stampata. Già presidente del distretto scolastico di Pistoia, membro del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e dell’Ucsi, delegata per l’Italia del Bureau international catholique de l’enfance, organizzazione non governativa internazionale di tutela e promozione dei diritti dei minori.

Isabella Poli è stata membro del Consiglio nazionale degli utenti dal 2000 al 2004 e successivamente, dal 2003 al 2009, è stata membro del Comitato Media e Minori presso il Ministero dello sviluppo economico.

Attualmente è direttore scien‑tifico del Centro studi minori e media che svolge attività di ricerca in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze.INFO: cell. 348 2639642 e‑mail: [email protected].

Agcom: Isabella Polinel consiglio nazionale utenti

BIBLIOTECA DEL CENTRO MONTELIVETO

La poesiadi Danilo Breschi

Sabato 22 ottobre alle 18, la Biblioteca del Centro Monteoliveto orga‑nizza il primo Incontro Olivetano della Stagione 2011‑12, dal titolo“Evocare spiriti di carne, la poesia di Danilo Breschi” .Nato a Pistoia nel 1970, Danilo Breschi è filosofo e politologo, con una grande passione per la poesia. Docente presso la facoltà di Scienze politiche della libera Università Luspio di Roma, Breschi è membro del comitato scientifico dell’Istituto storico per il pensiero liberale e del comitato di direzione della “Rivista di politica”. Collabora regolar‑mente a”L’indice dei libri”. Della sua produzione poetica fanno parte: “Congiunzione carnale, astrale, relativa”(Libreria Chiari, 2004; finalista Premio Carver) e “La cura del tempo” (Firenze Libri, 2005). A condurre l’incontro sarà la critica concittadina Milva Maria Cappellini che illustrerà aspetti e temi della produzione poetica di Breschi e presenterà anche alcuni inediti. Il lavoro e l’impegno di Milva Maria Cappellini nell’ambito della critica letteraria sono noti e apprezzati, è perciò appena il caso di dare qualche cenno bio‑bibliografico. La sua attività ha spaziato dalla lessicografia, alla didattica e all’editoria scolastica. Ha curato edizioni di autori soprattutto otto‑novecenteschi, tra i quali Gabriele D’Annunzio, Giovanni Boine, Renato Serra, Geno Pampaloni e della scrittrice pistoi‑ese Leda Rafanelli. Collabora a diversi periodici letterari. Ha attualmente in preparazione un volume di saggi sulle fonti di D’Annunzio e una rac‑colta di novelle di Leda Rafanelli. Durante l’incontro le letture dei testi poetici saranno a cura del Gad “Città di Pistoia” .Seguirà, alle 20, una cena a buffet in beneficenza a favore del Centro Monteoliveto (costo euro 15, prenotazioni tel.0573/ 975064 o 975098).

i è chiuso con un giorno di festa (l’8 ottobre), a Treppio, l’anno giubilare del 150° anniversario del la Fondazione delle Suore Mantel‑

late Serve di Maria, che prese vita proprio in questo piccolo centro della montagna pistoiese il 6 ottobre 1861. Le fondatrici furono due ter‑ziarie dell’ordine dei servi di Maria, Filomena Rossi e Giovanna Ferrari. Della vita e dell’opera preziosa di queste due suore si parla nel libro «Due donne e un paese» uscito nel 2009 scritto, dopo anni di ricerche, da suor Philomena Spidale. La festa, che conclude un percorso durato un intero anno, è iniziata nel Con‑vento delle Suore Mantellate con

sl’inaugurazione delle opere in terra cotta policroma dell’architetto Tino Sartori raffiguranti le due madri fondatrici e altre opere simboliche, a seguire nel campo sportivo è stato effettuato il lancio di 150 palloncini con messaggi di pace. Alle 17 nella chiesa di San Michele Arcangelo è stata celebrata la Santa Messa solen‑ne officiata da Padre Angel M. Ruiz Garnica, priore generale dell’Ordine Serve di Maria ed infine alle 18 nel Convento delle Suore Mantellate si è tenuta la cena di fraternità.

Suore Mantellate

Festa di chiusuradell’anno giubilare

i svolgerà venerdì 14 ottobre alle 21 pres‑so la parrocchia di Valenzatico, il conve‑gno “Apprendere e insegnare la legalità: Don Lorenzo Mila‑

ni”, un’occasione rivolta a tutti per approfondire la conoscenza di una delle personalità più significative del dibattito culturale del dopoguerra per l’attenzione che costantemente dimostrò verso le classi sociali più umili. Era sua convinzione infatti che la scuola e l’istruzione fossero il mezzo per dare la parola ai poveri, perché diventassero più liberi, eguali e consapevoli. Per questo motivo svolse una continua opera di denun‑cia verso la società di quegli anni, e in particolar modo nei confronti del sistema scolastico accusato di favorire l’istruzione delle classi più ricche lasciando nella piaga dell’anal‑fabetismo la maggior parte del paese.

Durante la serata verrà inaugu‑rata la mostra fotografica “Il silenzio diventa voce” dedicata al parroco e realizzata dalla fondazione don Lorenzo Milani che ha come temi centrali la vita del religioso e la sua esperienza nella scuola di Barbiana dove insegnò per molti anni, fino alla sua prematura scomparsa. La mostra rimarrà aperta da sabato 15 fino a domenica 23 ottobre da lunedì a venerdì dalle 16 alle 19, e il sabato

e la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 20. Unica eccezione domenica 23 ottobre giorno in cui sarà aperto solo al mattino.

Alla serata, insieme a Michele Gesualdi, presidente della Fondazio‑ne don Lorenzo Milani, interverrà il sindaco del Comune di Quarrata, Sabrina Sergio Gori che dichiara “E’ necessario ribadire l’importante ruolo rivestito dalla scuola nella formazione delle giovani generazioni. Don Milani questo lo aveva capito molto bene e il grido di accusa da lui lanciato sessanta anni fa è stato punto di riferimento per l’afferma‑zione dei principi costituzionali di uguaglianza e di promozione della cittadinanza. Alle radici della nostra Repubblica ci sono testimoni come don Milani che si sono impegnati per trasmettere a tanti giovani di allora i giusti valori, primo fra tutti l’impegno, necessari per cambiare la società e attuare una politica che si propone di perseguire il bene comune e non gli interessi particolari di singoli potenti. Rafforzare la scuola significa dare pari opportunità a tutti, educare i giovani a sentirsi davvero cittadini e rafforzare così la nostra democrazia.

INFO: Comune di Quarrata tel. 0573.771217 o 0573. 771266o inviare una mail all’[email protected].

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Parrocchia di Valenzatico

Il silenziodiventa voceMostra fotografica dedicata

alla figura di don Milani

UFFICIO CATECHISTICO

Tre incontri in SeminarioL’ufficio catechistico diocesano, guidato da don Cristiano D’Angelo, propone tre incontri. Sono rivolti ai catechisti, figure prevalentemente laicali, che svolgono in modo del tutto volontario un servizio fon‑damentale per preparare i bambini (e le famiglie) alla comunione, alla cresima e al cosiddetto “post cre‑sima”. In tutta la diocesi operano almeno 400 catechisti. Il primo incontro, rivolto a chi per la prima volta inizia a fare il catechista, si è svolto lo scorso mercoledì 5 ottobre. Il secondo è stato tenuto mercoledì 12 ottobre da Paola e Piero Pierattini, direttori dell’ufficio diocesano per la pastorale con la famiglia. Il tema è stato come coinvolgere i genitori negli itinerari catechistici.Il terzo incontro (mer‑coledì 19 ottobre) sarà tenuto da don Paolo Tofani, vicedirettore di Caritas diocesana, e affronterà il tema su catechesi e carità.

ConsigliodellereligioseDomenica 16 ottobre alle 15,30, presso l’Istituto delle Suore Man‑tellate in Corso S. Fedi, 23 a Pistoia, è stato convocato il consiglio delle religiose presieduto dal vescovo.Prima della convocazione occorre che ogni comunità invii l’elenco nominativo delle suore, segnalando coloro che potrebbero essere can‑didate all’elezione di questo organo così importante per la vita religiosa nella nostra Chiesa di Pistoia all’in‑dirizzo mail: [email protected].

“Parlareall’intelligenza,scaldare i cuori”Sabato 22 ottobre dalle 9,30 alle 12, presso il seminario vescovile di Pistoia in via Puccini si terrà un cor‑so di formazione dal titolo “Parlare all’intelligenza, scaldare i cuori”. Significati e valori nell’educazione. Riflessioni su: “Orientamenti pa‑storali dell’episcopato italiano per il decennio 2010‑2020, educare alla vita buona del Vangelo” L’incontro è organizzato dal coordinamento della scuola e degli insegnanti cat‑tolici di Pistoia Age, Agesc, Aimc, Fidae, Fism, Uciim. Il corso è diretto ai dirigenti scolastici, docenti, alun‑ni, genitori e animatori pastorali.Si rilascia l’attestato di partecipa‑zione su richiesta dell’interessato.Ordine del giorno: Saluto di mon‑signor Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia. Segue intervento di don Aldo Basso, assistente ecclesiastico nazionale della Fism su: “Viviamo in una società disorientata quanto ai valori che devono stare alla base della nostra esistenza”; “il documento della Cei non si limita a descrivere il fenomeno, ma offre parole di luce e di speranza e ri‑propone con forza i tratti distintivi dell’educatore cristiano”; “inter‑rogarci sulla ‘vita buona’ significa chiederci che cosa rende bella e gioiosa l’esistenza.” Dibattito e chiusura dei lavori

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10 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVita

iparte l’attività del call center ex An‑swers di Pistoia. Sono 250 i lavora‑tori assunti a tempo indeterminato che

riprenderanno servizio a partire da questo lunedì.

È il frutto dell’accordo raggiunto dalle organizzazioni sindacali con la società Call&Call di La Spezia, che ha acquistato dal Tribunale di Pistoia i beni materiali e strumentali ex Answers.

comunità e territorio

Provincia di Pistoia

Note statistiche congiunturali

a provincia di Pistoia ha recentemente illustrato tutti i dati statistici relativi al trimestre aprile giugno. Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione notiamo un incremento

rispetto allo stesso periodo del 2010 del 197,6% con flessioni di quelle ordinaria del 65,7% e in deroga con un ‑41%. In particolare si registrano rilevanti gli aumenti nelle industrie chimiche con un + 235% e tessili con un +91% per un totale di 721.235 ore nell’industria che corrisponde ad un incremento medio del 49,6%. Nell’artigianato invece gli incrementi hanno riguardato unicamente l’in‑stallazione di impianti per l’edilizia con un +56,2% per un totale com‑plessivo di 189.030 ore. In flessione infine le ore autorizzate nell’edilizia e nel commercio.

Notizie più positive invece per quanto riguarda il settore turistico

en tod i c i a s se t t e detenuti ospitati, a fronte dei 74 posti disponibili, quindi con un esubero di quasi un terzo, con‑dizioni di degrado

della struttura, corpo degli agenti di custodia sottodimensionato. È la situazione che il 18 luglio scorso una delegazione composta da esponenti radicali (la deputata Rita Bernardini, Matteo Angioli e Manila Michelotti) e dal presidente dei Verdi toscani, Lorenzo Lombardi, che è anche consigliere comunale a Pistoia, ha trovato visitando il carcere di Santa Caterina.

«Al momento della visita ‑ hanno spiegato in conferenza stampa Angio‑li e Lombardi ‑, nel carcere, costruito

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Carcere

«Troppi detenuti e pochi agenti di custodia»

Radicali e Verdi denunciano la situazione riscontrata nella casa circondariale di Pistoia

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Occupazione

Riprende l’attività al call center ex AnswersAssunti 250 dipendenti. Alla Ciet invecelavoratorisenza stipendio da tre mesidi Patrizio Ceccarelli

che rispetto allo stesso periodo del 2010 ha fatto registrare un +12,9% di arrivi e un +11,6& di presenze. In particolare in Valdinievole l’aumento è stato del 9 e 8% in quanto ad ar‑rivi e presenze con una permanenza media di 2,7 giorni mentre nel pisto‑iese gli incrementi superano l’11% in quanto ad arrivi e il 17% in quanto a presenze.

Per quanto riguarda i prezzi nella nostra provincia gli aumenti maggiori hanno riguardato i settori dei tra‑sporti con un +6,3%, di abitazione, acqua e elettricità con un +3,2% e di servizi ricettivi e di ristorante con +2,1% seguiti da incrementi minori in quanto a articoli per la casa, tabacco

e bevande alcoliche e servizi sanitari mentre in diminuzione risultano solo i prezzi della divisione delle comunicazioni che ha fatto registrare un ‑1,5%. L’ultimo settore preso in esame riguarda l’import export. I prodotti esportati con i valori più alti sono quelli relativi all’agricoltura, le calzature, i prodotti tessili e i cartari oltre a quelli alimentari mentre per quanto riguarda le importazioni sono in rialzo gli alimentari con un +23,8% per un saldo commerciale di ‑51,5, i prodotti agricoli con un +7,6% con un saldo di 29,5, le calzature di 28 per un saldo di +53,7% e i tessili con il 20,2 con un incremento dell’8,4%.

Edoardo Baroncelli

nel 1905 e attualmente in condizioni fatiscenti, erano presenti 117 detenu‑ti (70 in attesa di giudizio e 47 con condanna definitiva) a fronte di una capienza regolamentare di 74 posti».

Lombardi, che sulla questione, insieme al capogruppo dei Verdi Andrea Fusari, ha presentato una interpellanza al sindaco, spiega che le carenze non riguardano solo la parte strutturale, ma anche il corpo degli agenti di polizia penitenziaria.

«Rispetto ad una pianta organi‑ca che prevede 79 unità, gli agenti effettivamente in servizio ‑ dice l’esponente dei Verdi ‑ sono 45, di cui uno prossimo alla pensione».

«Tra gli eventi critici ‑ ricorda Angioli ‑ c’è da segnalare un suicidio, lo scorso anno e, quest’anno, 37 casi di autolesionismo».

Nell’interpellanza, Fusari e Lom‑bardi chiedono al sindaco «quali iniziative si intendano assumere, nei limiti del potere del sindaco e dell’amministrazione, per garantire civili condizioni di vita ai detenuti e agli operatori del carcere di Pistoia».

«A Pistoia ‑ dice ancora Lom‑bardi ‑ la situazione non si discosta molto da quella nazionale. È neces‑sario dunque intervenire per ridare dignità alle persone che si trovano all’interno delle carceri. Noi Verdi pistoiesi e toscani vogliamo essere vicini alla battaglia portata avanti a livello nazionale da Marco Pannella, perché la riteniamo giusta e credia‑mo che anche a livello locale vada fatto tutto il possibile per trovare un rimedio a questa situazione».

L’impegno prioritario, previsto nell’accordo, è quello di assumere tutti i lavoratori dipendenti in forza al fallimento della precedente gestione.

La restante forza lavoro sarà

progressivamente reinserita via via che scadrà il periodo di cassa in‑tegrazione straordinaria in deroga, decorsa dal 1 ottobre 2011 per la durata di 12 mesi.

Televisione

Switch-off tramille difficoltà

A novembre scatta il passaggiodall’analogico al digitale. L’impegno della

Regione per le zone montane e ruralil passaggio al digitale terrestre, il cosiddetto switch‑off, anticipato al prossimo mese di novembre (in un primo tempo in Toscana era previsto per la metà del 2012), sta creando preoccupazione e difficoltà, sia alle piccole emittenti locali, sia ai cittadini, spe‑cialmente quelli che abitano nelle aree montane o comunque rurali, che rischiano di trovarsi da un giorno all’altro senza poter vedere la televisione.Un problema che ha aspetti anche occupazionali, visto che le

emittenti regionali, che in Toscana sono in tutto una quarantina, danno lavoro a diverse centinaia di giornalisti, tecnici ed altre figure professionali.Per fare il punto sulla situazione, specialmente per quanto riguarda i riflessi sui cittadini, la Regione ha programmato una serie di incontri nelle province, con gli amministratori locali. Per il territorio pistoiese l’incontro si è svolto l’altra settimana, nei locali di Palazzo Balì, alla presenza della presidente della Provincia, Federica Fra‑toni, dell’assessore provinciale all’innovazione e ai servizi informatici, Lidia Martini, dei rappresentanti della Rete telematica regionale, della Regione Toscana, di Uncem Toscana e Anci, che hanno incontrato i sindaci di tutti i comuni del territorio. Fra le misure che la Regione intende attuare sono previsti il coinvolgimento delle associazioni di categoria degli antennisti, delle associazioni di tutela dei consumatori e di quelle di categoria degli amministratori di condominio, oltre a specifici accordi con l’ufficio scolastico regionale e Raiway per la formazione e l’informazione sui temi del digitale terrestre. «Il passaggio dall’analogico al digitale terrestre ‑sostiene l’assessore provin‑ciale Lidia Martini‑ rappresenta una opportunità per i cittadini, consentendo un aumento dell’offerta dei canali, migliori immagini e suoni e, in futuro, anche la possibilità di trasmettere contenuti interattivi. Come tutti i cam‑biamenti, però, comporta una fase di passaggio non priva di problematiche e di difficoltà da superare».«In vista dell’imminente Switch‑off ‑aggiunge Oreste Giurlani, presidente di Uncem Toscana‑ sarà effettuata anche un’attività di animazione direttamente sul territorio, con il contributo delle associazioni di volontariato, e un cen‑simento dei ripetitori presenti nelle zone montane, alle quali sarà dedicata particolare attenzione vista la maggiore problematicità».

il

previsto nell’accordo, di ricercare nuove commesse e nuovi clienti per la sede di Pistoia.

«È un accordo che ci vede sod‑disfatti ‑ commentano Cgil e Cisl ‑ , che consente il mantenimento occupazionale e la conservazione di un patrimonio di competenze e pro‑fessionalità che sono una ricchezza insostituibile per la nostra provincia».

A fronte di un probelma occupa‑zionale che si avvia a soluzione, ce n’è però un altro che si affaccia. Si tratta della vicenda Ciet, un’azienda che la‑vora per la Telecom e che nelle varie sedi del centro Italia occupa circa 900 dipendenti. Il cantiere di Pistoia occu‑pa una trentina di persone, che sono senza stipendio dal giugno scorso e che da alcuni giorni sono riuniti in assemblea permanente.

Nei giorni scorsi Telecom Italia ha revocato con effetto immediato il contratto di appalto afferente alle

aree del centro operativo di Pistoia «e i lavoratori ‑ fa sapere la Fiom‑Cgil ‑ hanno formalizzato la rispettiva messa a disposizione». In‑tanto alla Fiom di Firenze sarebbero arrivate dichiarazioni di interesse da parte della Sime Tel, che sarebbe disposta a rilevare cantieri e dipen‑denti in carico alla Ciet, ma su questo la Fiom di Pistoia dice di non avere conferme.

Tale intesa verrà monitorata attraverso incontri mensili, il primo dei quali già entro il 30 ottobre, per valutare l’andamento dello start‑up del sito e gli ulteriori inserimenti.

L’iniziale numero di assunzioni è strettamente legato alla commessa Enel, l’unica in questo momento in grado di sostenere il piano oc‑cupazionale.

Fondamentale, nell’ottica di supportare l’investimento previsto, con le conseguenti ricadute occu‑pazionali, è l’impegno di Call&Call,

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1116 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa comunità e territorio

on è stata una giornata sportiva e sociale come tante, quella che si è svolta a Pistoia giovedì 13 ottobre

in piazza Duomo. La nostra città ha avu-to l’onore di poter ospitare la Giornata nazionale dello sport paralimpico, il più importante evento sportivo legato alle discipline paralimpiche. Tali discipline, praticate da atleti diversamente abili, sono in costante evoluzione negli ultimi anni e stanno destando l’interesse di sportivi e non. Fra le undici città italiane, che hanno ospitato la sesta edizione dell’evento figurava quindi, anche Pistoia, unico comune toscano in cui si è svolta la manifestazione. La suggestiva bellezza di piazza Duomo e l’impegno degli spor-tivi, rappresentanti le diverse discipline, fra le quali wellchair hockey, tennis, basket, scherma, bocce, danza, calcio a 5, atletica, judo e altri ancora, hanno reso la manifestazione un importante punto d’incontro e di scambio all’insegna dello sport. Oltre alle massime autorità citta-dine, erano presenti alla manifestazione, circa duemila studenti di scuole medie e superiori del territorio provinciale (alcuni hanno potuto cimentarsi nei vari sport

paralimpici). Per facilitare lo svolgimento dei vari sport, piazza Duomo è stata dotata di tutte le attrezzature sportive necessarie per gli sport in questione. La giornata è iniziata alle 9, e dopo il saluto delle autorità, dalle 10 alle 13 si sono svolte le esibizioni sportive sui campi da gioco disposti nella piazza. Alle 13 si è svolto un “pasta party”, mentre nel po-meriggio sono riprese le attività sportive ed è iniziata una tavola di discussione sul tema “Sport, disabilità e integrazione” che ha concluso la giornata. E’ doveroso ricordare che, la giornata nazionale dello sport paralimpico è stata organizzata da CIP Toscana, in collaborazione con Comune e Provincia di Pistoia, ufficio scolastico provinciale di Pistoia e CONI-Comitato provinciale con il patrocinio della Regione. Lo sponsor ufficiale della manifestazione è stato Enel Cuore, mentre fra gli altri sponsor spiccavano Giorgio Tesi Onlus e Zanaga pavimenti per lo sport. La forza dello sport, il calore degli spettatori e la volontà degli sportivi che hanno preso parte agli sport pa-ralimpici hanno dimostrato come negli anni siano state superate molte barriere, che anni fa apparivano invalicabili.

Pistoia a fianco dello sport

paraolimpicodi Matteo Pieracci

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 ‑ Pistoia ‑ Tel. 0573.3633

[email protected][email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 ‑ Tel 0573 974011 ‑ [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) ‑ Tel 0573 93591 ‑ [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 ‑ Tel 0573 3633 ‑ [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 ‑ (PT) ‑ Tel 0573 557313 ‑ [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) ‑ Tel 0574 680830 ‑ [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) ‑ Tel 0573 570053 ‑ [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 ‑ Pieve a Nievole (PT) ‑ Tel 0572 954610 ‑ [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 ‑ Tel 0574 461798 ‑ [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C‑D‑ (PT) ‑ Tel. 0573 935295 ‑ [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 ‑ Tel. 055 890196 ‑ [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) ‑ Tel. 0573 947126 ‑ [email protected]

el solco della tradiz ione è iniziato il 12° Meet i ng su l florovivaismo, p r o m o s s o dal l ’Associa‑

zione produttori del verde Moreno Vannucci, che vanta anche quest’an‑no importanti patrocini, dalla Presi‑denza del Consiglio dei Ministri alla Regione Toscana. In questo ambito si colloca l’esposizione “Pistoia con‑tadina: storie, oggetti, miti e riti del mondo agricolo”, che si è tenuta con successo nelle Sale Affrescate di Pa‑lazzo Comunale dall’8 al 15 ottobre. All’inaugurazione hanno partecipato, tra gli altri, gli assessori comunali Barbara Lucchesi e Mario Tuci, il presidente della Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia Gabriele Zollo, il presidente del Distretto vivaistico Vannino Vannucci, il segretario gene‑rale dell’Associazione produttori del verde, Renzo Benesperi e i rappre‑sentanti delle associazioni agricole. La rassegna “Pistoia contadina” ha messo in mostra strumenti agricoli e utensili, usati nel passato, per il lavoro dei campi, ma nella vita fami‑liare. «In questa mostra ‑ ha detto Benesperi ‑ sono esposti dei reperti

Florovivaismo

Torna il Meetingdei Produttori del verde

Incontri, visite guidate e una mostra sulla civiltà contadina di Patrizio Ceccarelli

n

littano a fine anno i lavori a l l ’arg ine dell’ombrone a Castel di Fabbro a Ferruccia di Agliana, per quelli a Case Rossi e a Ponte

di Berlicche si dovrà, invece, atten‑dere il nuovo anno.

Tutto ciò è emerso nel corso dell’ultimo consiglio comunale quan‑do l’assessore alla protezione civile nonché vicesindaco, Italo Fontana, ha risposto all’interrogazione pre‑sentata dal gruppo consiliare Decidi anche tu in merito alla situazione degli argini fiume Ombrone, Calice, Brana e al cedimento dell’argine di via Castel di Fabbro.

“Servono interventi urgenti ‑ ha evidenziato Luigi Colangelo di Decidi anche tu ‑ passando vicino agli argini dei fiumi che attraversano il nostro territorio si notano ancora molti teli ormai usurati e zone piuttosto peri‑colanti. Devono essere completati i lavori al più presto in modo tale da

sevitare i gravi rischi corsi nell’inverno 2009‑2010”.

L’assessore Fontana ha sottoli‑neato che i teloni saranno verificati tutti con la massima attenzione e “in quasi ogni caso si provvederà alla loro sostituzione. Il Consorzio Om‑brone ha fissato in 38 gli interventi prioritari sulla zona di competenza per un totale di 15 milioni di euro di cui 5 sono destinati al territorio aglianese su cui sono già stati spesi 270.000 euro e finanziati progetti per 240.000 euro”.

“L’intervento di Castel di Fabbro ‑ ha evidenziato ancora l’assessore alla protezione civile ‑ sarà com‑pletato entro l’anno per quelli delle altre zone si dovrà, invece, attendere

il 2012. Tra gli interventi più signifi‑cativi c’è anche la messa in sicurezza dell’argine nella zona di Castel del Baldi”.

Secondo Fontana la situazione ordinaria è attualmente da conside‑rare “sotto controllo” ma lo stesso assessore si è detto “non tranquillo” stante la variabilità degli agenti atmo‑sferici ma ha garantito il massimo impegno delle autorità per la manu‑tenzione degli argini e per il costate monitoraggio delle aree a rischio.

Colangelo ha espresso soddisfa‑zione per le risposte ricevute ed ha auspicato un controllo costante sul problema da parte dell’Amministra‑zione comunale aglianese.

Marco Benesperi

N

preziosi, che raccontano la nostra storia». «Una mostra che riassume un po’ tutte le tradizioni ‑ ha sotto‑lineato il vicesindaco Mario Tuci ‑, in particolare quelle della civiltà con‑tadina, che per Pistoia hanno grande importanza». Dopo l’inaugurazione della mostra è stato presentato il libro di Stefano Baroni «Il gusto della tradizione ‑ Le antiche usanze pistoiesi». Quindi sono stati ricordati i 10 anni di attività dell’Associazione Moreno Vannucci.

«Dieci anni ‑ ha detto Vannino Vannucci ‑ in cui sono stati trattati

tantissimi argomenti riguardanti il settore del vivaismo, dall’acqua, allo smaltimento degli scarti verdi, fino alla formazione dei giovani. Filo con‑duttore di tutto è stato, e continua ad esserlo, Renzo Benesperi, cui va il nostro sentito ringraziamento». Infine, si è svolta la premiazione del concorso “Adotta un giardino” organizzato dal Liceo artistico di Pistoia. Le attività del Meeting 2011 proseguono fino al 30 novembre con varie iniziative, tra cui le visite guidate nei vivai, tutti i giovedì (per prenotazioni: 0573/380342).

naugurato a San Mommè, paese montano del Comune di Pistoia, lo spazio espositivo “Suoni & Sapori” nei locali interni dell’albergo‑ristorante

Arcobaleno: una nuova ‘bottega’, presso la quale vengono esposti prodotti artigianali del luogo, come i formaggi del pastore Tondini di Men‑garone, le castagne denominate “I 12 borghi di Pracchia”, ma anche i pro‑dotti delle aziende agricole “Betti” di Quarrata e “Tiberi”, di Casalguidi. I sapori locali sono accompagnati dalla presenza fisica attorno a loro di strumenti musicali, pezzi da collezio‑ne della Fondazione “Luigi Tronci” di Pistoia, che in questo ambito ha reso famosa Pistoia nel mondo: metallofo‑

A San Mommè

Suoni e sapori della tradizione

di Leonardo Soldati

I

ni di bronzo e ottone, quali campaneli da chiesa, piccole campane, tam, gong intonati inseriti in teche di cristallo tra un antico trapano a colonna e un tornio con trasmissione a cinghia, tra una forgia ed un’incudine, oltre ad an‑tichi utensili che hanno permesso la realizzazione in passato di pezzi unici. Una moltitudine di strumenti, frutto del lavoro artigianale tradizionale,

producenti un’ampia diversità di suo‑ni. La finalità è richiamare l’attenzione sul lavoro manuale dell’uomo, con‑ferendo così agli strumenti ottenuti una propria anima. Suoni & Sapori è un’esposizione aperta a tutti coloro che sono interessati a visitarla, che arricchisce l’offerta turistica del pa‑ese di San Mommè e della Montagna Pistoiese in generale.

LAVORI ALL’ARGINE DELL’OMBRONE

Slittati i lavoridi ristrutturazione

F.I.D.A.P.A. PISTOIA

Nuove carichesociali

Giovedi 29 settembre la Fidapa Pistoia si è ritrovata per un momento conviviale preceduto dal consueto passaggio delle consegne ai nuovi organi‑smi della sezione, di durata biennale, eletti nel giugno scorso. Nel corso della cerimonia la presidente Patricia Cardelli ha tracciato un bilancio dell’attività svolta nel biennio, ringraziando per la collaborazione e l’attenzione le socie e le istituzioni cittadine. Ha poi presentato la nuova presidente e le socie che andranno a ricoprire le cariche e gli organismi di sezione per il biennio 2011‑2013, biennio che vedrà la celebrazione del ventennale della costitu‑zione della sezione di Pistoia avvenuta il 16 ottobre 1992. La presidente è Mara Giorgetti Cocchi, socia fondatrice. Dal 1 ottobre 2011 al 30 settembre 2013 il comitato di presidenza risulta composto, da Francesca Rafanelli vice presidente, Mariarita Schivo segretaria e Rosa Tortorelli tesoriera.

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12 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVita

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

a Pistoiese è sempre più in crisi. Si pensava che contro l’ultima in classifica potesse finalmente con‑quistare la prima vittoria del cam‑pionato. Invece, ancora una volta l’ha rinviata, con grande disappun‑to di tutto l’ambiente, in primis

i tifosi, che hanno vivacemente contestato dirigenti, giocatori e allenatore. E dire che gli arancioni avevano giocato un bellissimo primo tempo, dominando in lungo e in largo l’avversario, andato tuttavia al riposo con un solo gol al passivo. Gol a parte, la squadra di Birindelli aveva colpito due pali, creato cin‑que grosse occasioni da rete, eppure tanta supremazia aveva partorito solo una rete. Ed è anche (soprattutto?) questa difficoltà a segnare il motivo principale dell’ansimante inizio di campionato della Pistoiese. Molti dimostrano sorpresa e incredulità nel vede‑re la squadra relegata al quart’ultimo posto della classifica. Leggendo i nomi dei gioca‑tori, addetti ai lavori e osservatori l’avevano pronosticata candidata numero uno alla promozione o comunque in perenne lotta per essa. Invece no. I giocatori di nome non fanno squadra, l’abbiamo detto altre volte. E’ stato detto che il problema principale è di natura psicologica, che i giocatori alle prime difficoltà non hanno la forza per reagire come dovrebbero. E’ un’ipotesi certamente non da scartare, e la prestazione di dome‑

nica scorsa contro il modestissimo Forcoli l’avvalora: un primo tempo coi fiocchi (an‑che se contrassegnato da una sola rete, e questo è il lato debole della squadra) e, una volta subìto il gol dopo appena venti secondi dal fischio d’inizio, una ripresa anonima, non degna di una squadra che si chiama Pisto‑iese. Quale futuro ci riserverà la squadra arancione? Certo non ricco di i successi ma ricco di rimpianti. Con ben 14 punti di distacco dalla vetta l’aggancio è obiettiva‑mente irrealizzabile. La promozione tra i professionisti ormai è un sogno.Sconfitta imprevista per la Giorgio Tesi Group. A Imola la squadra di Moretti non è quasi mai entrata in partita e ha perso di ben 9 punti. La difesa ha funzionato poco, alcuni uomini (Jones, Mathis, Galanda) si sono espressi su livelli decisamente inferiori al loro standard. Moretti ha detto che una serata negativa va messa in conto, che il gruppo è nuovo e tutto questo fa parte del processo di crescita. Più che giusto. Ma una squadra con fior di giocatori e che è partita con progetti ambiziosi non può cominciare il campionato in trasferta con una sconfitta, peraltro dolorosa nel punteggio e nel rendi‑mento di alcuni singoli. La riprova l’avremo a Brindisi, contro una squadra che viene indi‑cata tra le candidate alla promozione. Ma se la Giorgio Tesi Group vuol dimostrare il suo valore, questa è l’occasione giusta.

l Blu Volley Quarrata e un obiettivo: continuare a far bene. La dirigenza mobiliera ha presentato le proprie squadre ad autorità e mass media. Davanti all’assessore allo sport del Comune di Quarrata, Giovanni Dalì, dirigenti e tec‑nici hanno illustrato organici e ambizioni per la stagione

2011/2012. Ben sette le formazioni allestite, dalla prima squadra di C femminile alle compagini under 12. La C sarà allenata dal confermato Davide Torracchi (nella foto) e potrà contare sul‑le palleggiatrici Alice Balducci e Sheila Ostento, le schiacciatrici Elisabetta Gassani, Chiara Bartolini, Linda Bevilacqua, Natalia Frosini, Eleonora Bruni e Sara Lombardi, le centrali Sara Iengo, Martina Di Gregorio, Giulia Bartolini e Francesca Tofani e il libero Giulia Tomasino. L’Under 18, affidata a Sheila Ostento, potrà fare affidamento su Giulia Bonacchi, Chiara Cro‑vetti, Chiara Ceccherelli, Deborah Di Mauro, Erica Guerrini, Giulia Lucarelli, Chiara Razzano, Roberta Tarantino e Martina Trinci. Dirigenti Daniele Trinci e Giuseppe Tarantino. L’Under 16, 14 e 13 saranno guidate da Beatrice Beconi e le due Under 12, A e B, rispettivamente da Sheila Ostento e Roberta Vegni. L’Under 16 avrà Valentina Bargellini, Marta Mantellassi, Aurora Niccolai, Lavinia Michelozzi, Eleonora Gai, Veronica Baldi, Francesca Ravagli, Kristiana Zadrima, Virginia Bagni, Elena Melani e Camilla Pagliai. Dirigenti Roberta Vegni e Paolo Fagno‑ni. L’Under 14 Giulia Boso, Alessandra Leggieri, Valentina Corsini, Rebecca Ciottoli, Francesca Tavanti, Francesca Baglini, Rachele Martini, Virginia Mariotta, Alice Provenzano, Jessica Fron‑teddu, Francesca Belli e Denisa Plaka. Dirigenti Ilaria Boso, Anna Di Marco e Marco Mariotta. L’Under 13 Shradha Borelli, Alice Canestrelli, Matilde Cesare, Rosita Cesare, Giada Colzi, Luisa Gaddi, Giulia Gai, Alice Gori, Valeria Neri, Elisa Niccolai, Chiara Niccolai e Cristina Pie‑rucci Santos. Dirigenti Paolo Fagnoni e Luca Canestrelli. L’Under 12 Bianca Elena Boso, Elisa Buoncompagni, Giulia Cifelli, Sofia Corrente, Chiara Gori, Francesca Leggieri, Elena Libetti, Lara Elisabeth Meoni, Gaia Morosi, Myriam Ostento, Gabriela Mihaela Predescu e Anita Pro‑venzano. Dirigenti Ilaria Boso e Roberto Leggieri. L’Under 12 Blu Giulia Baldi, Giulia Bardelli, Zoe Biancalani, Sara Chiavacci, Sonia Lelio, Clarice Montagni, Caterina Orsini, Francesca Palumbo, Sofia Selmi e Chiara Venturi. Dirigente Fabiano Petrelli. Nel nuovo consiglio diret‑tivo un nuovo volto, Giuseppe Lombardi, che si aggiunge a Stefano Ostento, Fabiano Petrelli, Stefano Caciotti, Emanuele Ferri, Alessandro Ferrari, Paolo Fagnoni, Giuseppe Tarantino e Patrizia Corrieri. Gianluca Barni

Pallavolo

Blu Quarrata, 7 squadreper vincere

l

sport pistoiese

Censimento:oggi e 40 anni fa

incominciato il conto. O la conta, se preferite. Per vedere quanti siamo e come siamo sistemati,

intendendo per “sistemazione” la nostra situazione (di noi italiani) dal punto di vista familiare, abitativo e lavorativo. I più zelanti (sempre ce ne sono) avranno sicuramente atteso con ansia lo scoccare della mezzanotte dell’8 ottobre, dopodi‑ché, entrati nel fatidico giorno del 9 ottobre, armati di penna (atten‑zione: blu o nera, escluse le rosse) e di santa pazienza, potevano ini‑ziare a rispondere da bravi cittadini alle domande del “15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni”. Censimento che, come sapete, è scattato appunto da do‑menica 9 ottobre 2011.

Il sottoscritto ha qui sotto‑mano il questionario ancora in‑tonso (dopo dirò perché) dell’11° censimento, quello del 1971, che allora iniziava domenica 24 ottobre. Quaranta anni non sono pochi, ma neppure molti. È però un periodo significativo per rilevare – attraver‑so la comparazione delle differenze tra i due questionari, il vecchio e il nuovo, soprattutto per quanto ri‑guarda il tipo di domande –, i cam‑biamenti nel frattempo intervenuti nella nostra società e nel nostro modo di vivere.

La prima differenza è data dal fatto che nel 1971 il questionario faceva riferimento al “capo fami‑glia”. Era lui (o lei), il capo famiglia, che doveva compilare i moduli,

Le molte differenze rispetto all’ultimo censimento mettono in luce che oggi,

mediamente, siamo messimeglio di allora

di Piero Isola

È Sì, d’accordo: c’è sempre la casella “zero” , però in compenso c’è la casella per segnalare se sono più di tre. In tal caso va precisato il numero. È scomparsa la curiosità (che non sapremmo se definire morbosa) del vecchio questionario, il quale, insistendo sull’argomento, voleva sapere se l’eventuale gabi‑netto fosse fornito di “impianto (cassetta, vaschetta, ecc.) per lo scarico dell’acqua”. E, curiosità per curiosità, è scomparsa la domanda perentoria che quaranta anni fa ci chiedeva di precisare se nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 1971 erava‑mo presenti o assenti in famiglia e – se assenti perché altrove – di spe‑cificare in quale comune o in quale stato estero e per quale motivo. Ora la domanda è stata addolcita,

anche per gli altri componenti della famiglia. Ora il termine è scompar‑so. L’attuale questionario fa riferi‑mento a “l’intestatario del foglio di famiglia”. C’è anche la precisazione, prima non c’era, di “Cosa si intende per famiglia?” (testuale): “Un insie‑me di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, ado‑zione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale

nello stesso comune”.L’argomento è certamente

prosaico, ma indicativo di come, rispetto a quaranta anni fa, siamo messi un po’ meglio. Il vecchio que‑stionario chiedeva categoricamente al soggetto censito se la sua abita‑zione disponeva o non disponeva di gabinetto. Ora la domanda è stata riformulata: “ Quanti sono i gabinetti presenti nell’abitazione?”.

e l’Istat si accontenta di conoscere dove ci trovavamo il 9 ottobre, se in casa o, genericamente, in Italia o all’estero.

Che siamo messi meglio si evince da tutta una serie di do‑mande che quaranta anni fa ce le sognavamo (e se le sognavano quelli dell’Istat). Il censimento 2011 ci chiede se abbiamo un impianto a energia rinnovabile (prima chiedeva solo se in casa avevamo l’elettrici‑tà), se abbiamo l’aria condizionata, se disponiamo di uno o più posti auto, di uno o più telefoni cellulari, di connessioni Internet. A proposito del quale va detto che la novità di questo censimento 2011 è quella di poter rispondere al questiona‑rio per via telematica. Novità che, puntualmente ha fatto cilecca, per intasamento. Almeno in questi primi giorni.

Altre differenze, rispetto al questionario 1971, sono costituite da domande specifiche, aggiunte in seguito alla trasformazione della società italiana, divenuta ormai mul‑tietnica. Una realtà di cui l’attuale censimento non può non tener conto.

Infine una confessione. Per spiegare perché mi ritrovo con il questionario di quaranta anni fa ancora nel cassetto. Perché mai l’ho compilato e mai l’ho spedito. Sono sfuggito, quella volta, alla conta dell’Istat. Una banale dimenticanza. Spero che adesso non mi arreste‑ranno. Giuro, però, che ho risposto a tutte le domande dei successivi censimenti e che, per questo del 2011, sono stato tra gli “zelanti” di cui si parlava all’inizio.

I

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1316 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa dall’Italia

Declassamento

Ricreare la fiduciancora una boc‑c i a t u r a p e r l’Italia. Dopo il declassamento del rating da A+ ad A operato il 20 settembre da

Standard & Poor’s, il 4 ottobre an‑che Moody’s si è allineata, facendo scendere di ben tre gradini, da Aa2 ad A2, l’Italia nella sua scala (laddove l’A2 è l’equivalente dell’A di S&P). Un ridimensionamento che allontana il nostro Paese dalla Spagna (ora in Aa2, ma è ancora sotto osservazione) e lo lascia al quint’ultimo posto in Eurolandia, davanti a Cipro, Irlanda, Portogallo e Grecia. A determinare la decisione, secondo gli analisti dell’agenzia di rating, hanno contri‑buito principalmente tre fattori: la generale difficoltà di finanziamento sui mercati dei Paesi dell’area Euro, le scarse prospettive di crescita e le debolezze del sistema politico. A Ste‑fano Zamagni, economista, abbiamo chiesto di analizzare le ragioni della bocciatura.

Dopo S&P, ora anche l’al-tra agenzia di rating statu-nitense, Moody’s, ha rivisto in negativo il suo giudizio sull’Italia. Qual è il significato di questa decisione?

“La notizia del declassamento operato da Moody’s non giunge nuo‑va, fa seguito all’analoga decisione di Standard & Poor’s di fine settembre. Piuttosto, trascorse alcune settimane i mercati internazionali non hanno registrato novità di rilievo circa la possibilità del nostro Paese di uscire dalla crisi. Questo è l’aspetto vera‑mente preoccupante: la diminuzione ulteriore, rispetto al recente passato, della fiducia nei nostri confronti. D’altra parte la ‘morta gora’ in cui sta l’attività governativa in senso lato non permette di suscitare grandi speranze”.

La responsabilità è dun-que politica?

“Personalmente sono ottimista circa la possibilità di ripresa del si‑stema Italia perché conosco le radici del nostro Paese, le matrici culturali, però va riconosciuto che oggi il vero peccato è l’omissione. Nessuno propone niente, si vive alla giornata in assenza di un piano strategico, con i vari ministri che vanno a ruota libera contro l’azione comune del proprio governo come se facessero a gara per destabilizzarlo ‑ si pensi alle dichiarazioni di Tremonti su Spagna ed elezioni ‑; oggettivamente un investitore straniero che osserva questo scenario non può che dare una valutazione negativa”.

Ma ci sono vie d’uscita?“Il paradosso è che i fondamenta‑

li dell’economia reale sono buoni, la struttura economico‑produttiva del nostro Paese è solida, al contrario di Spagna e Grecia. L’Italia è il secondo esportatore d’Europa dopo la Ger‑mania e ha forze produttive che sono come un prometeo incatenato. Che non ci sia nessuno in grado di sle‑gare questo prometeo e liberare le sue energie produttive è veramente paradossale!”.

La parola-chiave che com-pare oggi tanto nelle dichia-razioni delle forze sociali

Per uscire dalla crisi di credibilitàche investe l’Italia

di Francesco Rossi

A

Banca d’Italia

Est modus in rebusNomine: quando la forma diventa sostanza

di Nicola Salvagnin

on l’est modus in rebus già i latini ci insegnavano che anche la forma può essere sostan‑

za. Lo è sicuramente nel caso della nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia, dato che il precedente ‑ Mario Draghi ‑ è stato nominato presidente della Bce, carica che rico‑prirà dal 1° novembre. La procedura prevede che il presidente del Con‑siglio, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia, porti un nome in Consiglio dei ministri, quindi lo propone al presidente della Repubblica, che lo nomina con de‑creto presidenziale. Ma il pallino sta appunto in mano al premier, quindi a Silvio Berlusconi.Qui si torna alle modalità fortemen‑te irrituali ‑ e decisamente indecise ‑ con cui si sta arrivando al succes‑sore di Draghi. In questi decenni si sono privilegiati percorsi interni o contigui a Bankitalia, ma soprattutto il lavoro di individuazione è sempre stato fatto sottotraccia, arrivando alla fine al nome da comunicare al presidente della Repubblica.Questa volta no. Sembra che ci sia un ballottaggio in corso, con pub‑blica e pubblicizzata gara tra due illustri candidati: Fabrizio Saccomani, che è direttore generale dell’Istituto; e Vittorio Grilli, che è invece diret‑tore generale del Tesoro italiano. Il primo sarebbe caldeggiato da Silvio Berlusconi e dalla tradizione che vuole appunto promozioni “interne”, linee di continuità da non interrom‑pere; ma osteggiato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che lo accusa di essere emanazione di Draghi e gli preferirebbe il suo brac‑cio destro Grilli.

c

Come si cade, si cade bene: sono due personalità di assoluto valore. Visto lo sponsor, Saccomani dovreb‑be essere il successore di Draghi. Ma costui è nel mirino di Tremonti, che lo considera succube dei tedeschi e voglioso di eterodirigere la nostra economia dal più alto scranno della Banca centrale europea.Il problema è che il confronto Berlusconi‑Tremonti non è rimasto isolato nelle stanze del potere, ma è finito in pubblica piazza mediatica. E questo sta danneggiando il Paese, che già è nella bufera finanziaria: Europa e mercati finanziari stanno chiedendoci scelte chiare e rapide, persone giuste al posto giusto, in‑somma di dare la sensazione che la

situazione sia governata, e bene. Stiamo dando l’immagine opposta, e lo certificano i continui attacchi speculativi che originano proprio dalla mancanza di fiducia verso il sistema‑Italia. Qualunque cosa si stia facendo in queste settimane, la si sta facendo così male che produce l’effetto opposto, e pure la scelta tra Saccomani e Grilli sta in questo sol‑co. Oltre all’indecisionismo (tutti si aspettavano la nomina già quest’esta‑te, mentre si sta trascinando fino all’ultimo momento), la querelle ha fatto emergere forti contrasti tra il premier e il suo ministro dell’Econo‑mia; tra questi e il futuro presidente della Bce; tra le istituzioni europee e il governo italiano.

E C O N O M I Aquanto negli editoriali dei principali quotidiani è “cre-dibilità”...

“Le crisi possono essere di tre tipi: di liquidità, di solvibilità, di credibilità. Le prime due non sono il nostro caso ‑ semmai è la Grecia a soffrire una crisi di solvibilità ‑ men‑tre è palese che viviamo una crisi di credibilità. Ecco perché dobbiamo reimmettere nel circuito nessi di fi‑ducia, ricordando che ‘fiducia’ deriva dal latino ‘fides’, che vuol dire corda. Qualcuno negli ultimi vent’anni ha tagliato le corde che univano le persone, i gruppi, le associazioni, i movimenti ecc. Dobbiamo riannoda‑re quel tessuto sociale che c’è, anche se lacerato”.

Il declassamento porterà a un restringimento del cre-dito, e quindi ad ancora mag-giori difficoltà per le imprese?

“Ovviamente. Declassamento vuol dire che aumentano i tassi d’interesse, e quindi le imprese che prendono denaro a prestito dovran‑no sostenere oneri aggiuntivi. Quindi diminuiranno gli investimenti e ci saranno maggiori difficoltà di accesso al credito soprattutto per le piccole e medie imprese”.

Il “Corriere della Sera” ha pubbli‑cato la lettera che, ad agosto, il duo Trichet‑Draghi (presente e futuro della Bce) hanno mandato a Berlu‑sconi. L’Europa e la sua banca sono pronti a sostenere l’Italia ‑ hanno scritto i due ‑ ma voi dovete... e giù un minuziosissimo elenco di cose da fare che entra fin nei dettagli (dimi‑nuire gli stipendi pubblici, accorpare gli enti locali...) tanto da sembrare un vero e proprio programma di go‑verno: un programma sostitutivo di quello ‑ rimasto in gran parte sulla carta ‑ dell’esecutivo guidato dal Ca‑valiere. Lettera che poi Berlusconi ha utilizzato per dare il via alla ma‑novra finanziaria e all’aumento delle tasse: ce lo chiede l’Europa, ha sot‑tolineato. Lettera che però ha fatto infuriare Tremonti, che si è sentito bacchettato sulle mani dai “maestri” e, quindi, emarginato e sostituito.Anche in questo caso la forma è ri‑levante: non si capisce se una simile lettera sia stata richiesta da Roma per avvallare decisioni che qui non si riusciva a prendere; o sia stata volu‑ta così dalla Bce per fissare su carta la sfiducia che negli euro‑palazzi si nutre nei confronti dell’Italia. Ci facciamo brutta figura in entrambi i casi. E le brutte figure le stiamo pa‑gando con il crollo dei valori di Btp e Cct, quindi con tanti soldi pubblici e privati.

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14 n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVitadall’italia

Si riparla di condono fiscale

Ma dove è finitala “dura lotta”agli evasori?

di Nicola Salvagnin

a davvero la “dura lotta all’evasione fiscale” partirebbe con l’ennesimo condono, magari

doppio e cioè sia quello fiscale che l’edilizio? Davvero si vuole combattere questa piaga che affligge l’Italia (120 miliardi di redditi non dichiarati ogni anno, a stare prudenti) facendo un altro regalo a chi non paga le tasse e non rispetta le regole? E che faccia faranno i nostri salvatori europei quando scopriranno che a parole spostiamo i monti, e nei fatti li rinforziamo?Perché la proposta avanzata da alcuni alti dirigenti del Pdl ‑ cioè del partito che sta al governo ‑ suona beffarda rispetto ai procla‑mi fatti appena qualche settimana fa, quando addirittura si parlava di manette agli evasori. Non di regali, quali sono i condoni. Quello fiscale poi... Ogni volta si giura che questo è l’ultimo, che mai più ci sarà e quindi è meglio aderire. Sul “mai più”, ormai s’è visto che è un’eternità che dura al massimo dieci anni. Gli evasori si regolano di conseguenza. In più la lezione dell’ultimo con‑dono dovrebbe essere bastata allo Stato: una gran parte degli aderenti ha pagato solo la prima rata, quella che serviva a blocca‑re la macchina della riscossione. Poi stop. Tanto, chi li controlla? E metti mai che un domani per‑

doneranno loro questo e altro ancora?Infatti. L’Agenzia delle Entrate ha calcolato che dal 1973 al 2003, lo Stato ha incamerato tramite condoni fiscali qualcosa come... 26 miliardi di euro. In trent’anni. Contro un’evasione stimabile per difetto in almeno mille miliardi di euro non incassati. Per non parlare dell’orrore che suscita il condono edilizio in un Paese in cui una casa su cinque è sorta fuori dalle regole. In cui ampi tratti della costa si sono trasformati da paradiso a cemen‑to armato; in cui si costruisce sopra terreni franosi, sui greti dei fiumi, in situazioni di pericolo che puntualmente si concretizza, con strascico di morti e di autorità che proclamano: “Mai più!”.Ma il condono edilizio questa vol‑ta sarebbe doppiamente assurdo. Già la materia è stata delegata alle Regioni, ognuna delle quali la re‑gola a seconda delle sue esigenze ma tanto poi arriva il condono e

campa cavallo. In più questo go‑verno ha approvato, due anni fa e riapprovato negli scorsi mesi, un provvedimento chiamato “Piano casa” che liberalizzava assai il mattone italiano: in deroga a quasi tutti gli strumenti urbanistici e le leggi esistenti, si può ampliare la propria abitazione per una vo‑lumetria pari al 20%, che cresce al 30 e può arrivare fino al 45% in determinate e non impossibili condizioni. C’è molto altro in quel Piano casa, che verrebbe spazzato via da un condono edilizio: per un po’ di soldi, magari solo promessi, e il piccolo fienile diventa chalet vista Dolomiti; la colata di cemen‑to s’innalza a condominio fronte mare; la spianata periferica s’arric‑chisce improvvisamente di qual‑che palazzina; il deposito attrezzi agricoli ‑ già provvidenzialmente dotato di camino e canna fumaria, non si sa mai che i trattori soffra‑no il freddo invernale ‑ sceglie di elevarsi a villa panoramica. Mentre il cittadino onesto paga

fior di quattrini il terreno edifi‑cabile, ne versa altri al Comune per gli oneri urbanistici, allo Stato per le imposte varie che gravano sul mattone, quindi costruisce con tanto di perizie geologiche e climatiche e guai se i muratori non hanno (giustamente) con sé ogni misura di protezione prevista da leggi a “validità variabile”. E già senza prospettare condoni, ogni anno si costruiscono in Italia qual‑cosa come 40 mila case completa‑mente abusive...Si spera insomma che quella dei condoni sia l’ennesima boutade di una coalizione governativa che, in questi ultimi tre mesi, ha dato abbondante prova di improvvisa‑zione in materia economica. Altri‑menti non si potrà far altro che dare ragione a Fabrizio De Andrè quando cantava: “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indi‑gna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”.

Tragedia di Barletta

Un segnale alle coscienzeÈ un monito per tuttiAl Sud come al Nord s’impone una svolta morale e culturale di Vincenzo Tosello

ltra tragedia sul lavoro: stavolta a Barletta, lune‑dì scorso, per il crollo di una palazzina sotto le

cui macerie hanno perso la vita quattro giovani operaie tessili e la quattordicenne figlia dei titolari del laboratorio. Barletta, città nota in diocesi perché luogo di provenienza di molte suore di una congregazione che da sessant’anni opera nel nostro territorio, città che ho imparato a conoscere io stesso in ricorrenti viaggi coglien‑done la crescita di questi decenni, che l’ha portata ai circa centomila abitanti e fino a diventare provin‑cia con Andria e Trani (BAT). Una crescita però disordinata, di cui la tragedia di questi giorni mette in evidenza due aspetti dram‑matici, diffusi, del resto, in tante altre zone del Sud (ma anche del Nord): l’incuria unita alla specula‑zione edilizia e la piaga del lavoro nero.Una “sciagura inaccettabile” l’ha definita il presidente Napolitano; una sciagura però, come altre vol‑te, annunciata. Non solo dai ri‑petuti scricchiolii dell’edificio, ma da una situazione di precarietà e illegalità permanente in cui l’inabi‑tabilità di uno scantinato fa il paio con il lavoro sottopagato. Lo sgo‑mento e l’angoscia di lunedì tra gli abitanti del grosso centro puglie‑se ‑ come ci è stato testimoniato da amici ‑ si sono mutati in mesto lutto il giorno dopo per esplode‑re in rabbia in quello successivo. Rabbia e protesta per situazioni intollerabili di connivenze tra po‑litici e palazzinari e di sfruttamen‑to del lavoro oltre i limiti della decenza (14 ore al giorno per 4 euro all’ora in un locale senza la minima sicurezza).Situazioni presenti un po’ dap‑pertutto, che mettono a nudo incoerenze e ingiustizie, miseria e illegalità, rassegnazione e vani tentativi di riscatto. Sappiamo cosa si dovrebbe fare, ma non c’è volontà e forza di praticarlo: dai controlli reali sulla sicurezza nel lavoro e del lavoro ai piani rego‑latori rispettosi dell’ambiente. Ma non solo, poiché si tratta ‑ anche qui da noi ‑ di cambiare mentalità e sistema di vita. Crescita e svi‑luppo non possono essere infiniti; guadagno e sfruttamento non possono non avere limiti! Il cam‑panello d’allarme della crisi può ammonirci a progetti più dignitosi e insieme meno presuntuosi per tutti. Sviluppo sostenibile dovreb‑be essere la parola d’ordine del futuro, a partire già da oggi. Saper‑si accontentare di meno tutti per poter vivere meglio tutti potreb‑be essere uno slogan da capire a fondo e da condividere, pensando anche al Sud del mondo e ai tanti Sud della nostra stessa Italia. Le vittime di questa ennesima trage‑dia stanno a ricordarci che la vita vale più del lavoro e ogni persona più di mille cose o case.

I funerali delle cinque donne presieduti dall’arcivescovo

di Riccardo Losappio

M

Questo deve essere il momento della speranza! Tra qual‑che minuto nella celebrazione della santa messa leverò la mia preghiera al Signore per le vittime e perché i soprav‑vissuti e l’intera città di Barletta trovino quella fortezza necessaria per superare questo triste momento”: queste le parole che mons. Giovan Battista Pichierri, arcivescovo di Trani‑Barletta‑Bisceglie, ha affidato ai media allorquan‑

do, nel pomeriggio del 4 ottobre, il crollo della palazzina di via Roma in Barletta stava assumendo i toni e le caratteristiche di una vera e propria tragedia con l’infausto bilancio di cinque giovani donne ritrovate senza vita, quattro operaie che lavoravano presso un opificio e una ragazzina di quat‑tordici anni, la figlia dei proprietari di quest’ultimo.

La sera del 4 ottobre il luogo del crollo è stato visitato da tanta gente. Un vero e proprio pellegrinaggio! Si respirava un’aria di mestizia e di si‑lenzio, carica di pietà che ha trovato espressione nei primi mazzi di fiori e lumini posti sul marciapiede oltre il quale era spalmato l’enorme e informe cumulo di macerie.

Tutto questo non ha impedito che af‑fiorasse la consapevolezza corroborata da fatti e circostanze oggettivi che la tragedia poteva essere evitata. All’orizzonte si profi‑lano superficialità nella conduzione di alcu‑ni interventi avvenuti nei giorni precedenti l’accaduto in un’area adiacente alla palazzi‑na collassata e responsabilità nella valuta‑zione dei rischi in conseguenza dell’emer‑gere di alcune crepe e del registrarsi di strani rumori nella medesima costruzione. Come dovranno essere valutate le condi‑zioni di lavoro delle donne impiegate nei locali a piano terra della piccola azienda. Molti sono gli indizi che depongono per il lavoro in nero!

Mons. Pichierri ha visitato il luogo del crollo nel tardo pomeriggio del 4 ottobre. Ha sostato in preghiera. Ha parlato con i volontari, con i tecnici intervenuti sul posto e con le autorità. È stato abbracciato da un parente delle vittime. Di lì ha lanciato l’appello rivolto soprattutto alla Chiesa locale ‑ raccolto e amplificato dai numerosi

“Agiornalisti presenti ‑ alla preghiera, alla solidarietà, alla speranza “che poggia sulla preghiera e sull’ascolto della Parola di Dio e che si è fatta solidarietà, soccorso alla vita umana, aiuto, coraggio, nell’opera delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco ma anche di tanti volontari. In gran parte giovani, che si sono prodigati per sottrarre alla morte giovani esistenze”. Ma, come si fa quando si ha tra le mani una medaglia, per cui vanno viste entrambe le facce, l’arcivescovo non ha mancato di affermare che “in una circostanza come questa occorre dare un segnale alle coscienze, un richiamo alle re‑sponsabilità a fronte di mancanze gravissime che saranno accertate dalla magistratura”.

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1516 OTTOBRE 2011 n. 36VitaLa

Dal mondoSdall’estero

f r u t t a re i n modo efficace e responsabile la terra per nu‑trire i suoi figli. A tre anni dalla crisi del 2008,

nel Corno d’Africa si ripre‑senta il problema della fame e questa volta, tra le cause, si può a buon ragione indicare lo sviluppo degli investimenti fondiari nella regione, dove migliaia di ettari sono stati ceduti a imprese straniere che sostituiscono la coltivazione dei prodotti alimentari locali con piana taglioni di generi destinati all’esportazione.

Uno sviluppo favorito dalle istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, che spingono sulla necessità di sfruttamento più razionale, e quindi più produttivo, di terre fino ad ora sottoutilizzate. Uno sviluppo che invece ha alterato agro‑sistemi che spesso devono la loro fertilità solo a pratiche agricole e di pastorizia di preservazione. Da qui le critiche di molte or‑ganizzazioni non governative che, sul piano sociale, parlano di spoliazione e accaparra‑mento: spesso, infatti, denun‑ciano le ong, gli investitori, sostenuti dai poteri pubblici, dichiarano che le terre sono sottoutilizzate dalle popola‑zioni, se non addirittura perse per l’agricoltura; oppure ap‑profittano di norme fondiarie per così dire flessibili e, con la complicità delle autorità locali, immatricolano parcelle di terra in precedenza oggetto di diritti consuetudinari; o, ancora, invocano la necessità dello sviluppo e della sua legittima violenza.

“Si giustifica così –scri‑ve Benoit Lallau, economi‑

Banca mondiale

AAA vendesiterra fertile d’Africa

Gli investimenti fondiaristanno cambiando la geografia

economica del continentedi Angela Carusone

sta francese– il passaggio da un’agricoltura familiare arcaica a un’agricoltura modera, mal‑grado i costi sociali a breve termine. Ma per le popolazioni coinvolte –aggiunge– questo significa perdita dei mezzi di sussistenza per riduzione dell’accesso a terra e acqua, marginalizzazione e vulnera‑bilità alimentare”. Contraria‑mente alle speranze dei teorici liberisti e alle promesse degli investitori, questi problemi però non rappresentano sem‑plici costi dit transizione verso un avvenire migliore. Infatti, stando alle stesse ammissioni della Banca Mondiale, le ricadute economiche sono modeste. “Si as‑siste invece –spie‑ga Lallau– a una perdita netta di posti di lavoro

dovuta alla sostituzione di un’agricoltura di tipo familiare, che utilizza per lo più energie umane, con sistemi agrari di tipo latifondistico basati sulla riduzione del fattore lavoro. Inoltre –sottolinea l’economi‑sta– queste moderne enclavi agricole offrono scarso soste‑gno al mercato locale poiche’ fanno ricorso all’importazione di fattori produttivi. Infine, caso ancora più importante, non contribuiscono all’au‑tosufficienza alimentare poi‑

ché il loro primo interesse è

l ’espor‑t a ‑

La r i vo lu ‑zione del 25 gennaio ha potuto far cadere un regime, for‑te e stabile

da più di trent’anni. Nello stesso tempo, il popolo si è trovato in una situazione non prevista pochi mesi fa, dunque non era preparato ad affrontarla a vari livelli: politico, di sicurezza, eco‑nomico... Anche il Consiglio superiore delle Forze armate si trova in una situazione molto complessa: affrontare la popolazione creando un conflitto di forza, o agire con molta cautela dando l’impres‑sione di lentezza e mancanza di fermezza. Questo crea confusione, e suscita molti interrogativi. Il futuro pros‑simo mostrerà le intenzioni e i piani. Con le prossime elezioni del Parlamento la situazione si chiarirà, e spe‑riamo che sarà per il bene del Paese”. A parlare, nel giorno in cui Il Cairo conta 24 morti, delle violenze seguite ad una manifestazione di cristiani, è il patriarca di Alessandria dei copti cattolici, il cardinal

Egitto

La fiducia dei cristiani

Altri morti al Cairo: intervista sulla situazionecon il cardinal Naguib

di Daniele Rocchi

medici neL mondoLa carenza di personale medico ed infermieristico è un problema planetario, del terzo mondo così come dei paesi ricchi; sono 60 milioni i lavoratori del‑la salute; in Africa e Asia ne mancano 4,2 milioni. L’Organizzazione mondiale della sanità lancia l’allarme, incitando a rafforzare la forza lavoro sanitaria, e sottolineando che nuove malattie ed invecchia‑mento della popolazione richiedono una presa di coscienza, immediata. In Italia, assicura ill ministro della salute Ferruccio Fazio, i medici sono 4,1 ogni mille abitanti, contro una media Ocse di 3,3; un fabbisogno stimato di 10mila medici laureati l’anno è sufficiente per mantenere il turn‑over giusto per il futuro.

carestia in africaL’emergenza umanitaria che da aprile attanaglia la Somalia preoccupa l’Onu, per la quale la crisi non avrà soluzione prima dell’inizio del 2012: la care‑stia è destinata ad espan‑dersi, e i civili che rischiano di morire di fame saranno più di 800mila; in pochi mesi, 2,4 milioni di somali che abbisognavano di aiuti umanitari sono divenuti ben 4 milioni. Mogadiscio, la capitale, soggiace alla minaccia di scontri a fuoco tra i ribelli e le forze go‑vernative; insieme, persiste il timore di un ritorno al conflitto civile, fomentato dai clan e dai signori della guerra. Se prima non verrà risolta la crisi politica so‑mala, non sarà possibile mi‑gliorare la grave emergenza umanitaria.

auditorium in giapponeAllo scopo di portare mu‑sica classica e musica jazz nelle regioni del Giappone devastate dal terremoto, è stata ideata la realizzazione di una grande sala da con‑certo mobile. Si tratta del progetto del noto scultore indiano Anish Kapoor e della archistar (architetto famoso) nipponica Arata Isozaki; il piano dovrebbe prendere avvio nell’esta‑te del prossimo anno. La music‑hall, avrà una capien‑za di settecento spettatori: l’auditorium sarà formato da una struttura gonfiabile, in tensione. Il proposito si innesta nel contesto di una manifestazione promos‑sa dal festival di Lucerna (Svizzera), in stretta col‑laborazione con l’agenzia giapponese Kajimoto.

religiosi. Non solo perché la legge non permette partiti a base religiosa, ma soprattutto per non cadere nella forma di ghetto. Abbiamo chiesto ai pastori di sensibilizzare e incoraggiare i loro fedeli a un impegno positivo e attivo, per la partecipazione al voto e il sostegno dei partiti e dei leader che operano per la costituzione di una società civile e democratica. Più che l’appartenenza religiosa, è il programma politico che importa. Anche se poco nu‑merosi i cristiani hanno un ruolo molto importante in questo momento. Essi pos‑sono favorire un ambiente di dialogo, che è la via più effica‑ce per affrontare la situazione attuale, e per arrivare ad una pace sociale basata sulla re‑ciproca accettazione di tutte le parti del Paese. In questo modo possiamo arrivare a un nuovo Paese basato sulla cittadinanza e sull’uguaglianza tra tutti. I cristiani, tramite la loro partecipazione attiva nella vita sociale e politica, possono dare degli esempi concreti di fedeltà e di ope‑rosità per il bene comune dell’Egitto”.

Antonios Naguib. Le violenze sarebbero state innescate da “provocatori” che hanno attaccato il corteo i cui ma‑nifestanti si sono scontrati prima con estremisti islamici e poi con le forze di sicurezza. Sono passati circa 8 mesi dalla rivoluzione del 25 gennaio e il cammino verso la demo‑crazia sembra procedere con lentezza. Il premier egiziano Essam Sharaf ha parlato di complotto contro l’unità del Paese, atteso fra poco più di un mese dalle elezioni dell’as‑semblea popolare.

Dal voto, che Egitto potrebbe uscire?“Il futuro dell’Egitto non si prevede con chiarezza. Non possiamo affermare una fisionomia chiara dopo queste scadenze. Possiamo esprimere le nostre preoccu‑

pazioni e, nello stesso tempo, la nostra grande speranza di trovare un Egitto basato sui diritti civili e l’uguaglianza di cittadinanza, senza nessuna discriminazione soprattutto religiosa”.

L’inesperienza politica e orga-nizzativa dei giovani, segnata anche da assenza di leader, l’organizzazione e la forza di movimenti islamisti quanto po-trebbe pesare sull’esito del voto?“È certo che il popolo egizia‑no si fida tanto delle opinioni dei leader religiosi anche ri‑guardo alla politica. Non pre‑parato ad affrontare l’attuale situazione politica, e davanti alla sfida del voto, ha bisogno di essere guidato, di appren‑dere a fare una critica obiet‑tiva della situazione politica e discernere oggettivamente il bene del Paese. Non mancano

gli intellettuali e gli scrittori per aiutare a creare questo clima di fiducia. Ma il discor‑so religioso rimane sempre molto importante e influente, soprattutto nelle moschee. È inevitabile che pesi sull’esito del voto. D’altra parte abbia‑mo molta speranza che le correnti e i partiti operanti per lo stato democratico e civile abbiano anche loro un esito favorevole”.

Ancora conflitti tra cristiani e musulmani: a suo parere i cristiani dovrebbero unire le loro forze in un movimento e presentarsi al voto o eleggere dei buoni candidati adatti a ca-riche pubbliche, senza guardare alla religione?“Fin dall’inizio della rivo‑luzione, i capi delle Chiese cristiane d’Egitto hanno de‑ciso di non creare dei partiti

zione’’. D’altro canto, contro que‑

sti problemi si propongono marchi e codici di buona con‑dotta, ma non di rivedere o di ristabilire le norme che rego‑lano gli investimenti, stranieri e no, né di fare riferimento a un testo vincolante: si conta più sulla capacità di autoregolazio‑ne dei mercati che sull’azione pubblica. La stessa Banca Mon‑diale ha emanato dei principi per investire in agricoltura in modo responsabile, ma si trat‑ta di un appello che, secondo le ong, talvolta non sono altro che una cortina fumogena. “Si può allora discutere del valore di appelli e buone pratiche quando è in gioco la sicurez‑za alimentare ed energetica nazionale?”, si chiede Lallau, che afferma: “se il legame tra la con‑ centrazione fondiaria e la povertà non ha bisogno

di ulteriori dimostra‑zioni, il ruolo positivo delle agricolture di tipo familiare è pa‑

radossalmente m e s s o

i n

luce dalla stessa Banca Mon‑diale: l’utilizzo intensivo del fattore lavoro riduce l’ampiez‑za del sotto‑impiego e dun‑que l’esodo rurale; la minore artificiosita’ degli ecosistemi produce minor inquinamento ed evita lo sfruttamento inten‑sivo; l’ancoraggio al territorio ha risvolti positivi sia in termi‑ni di sbocchi, come i mercati di prodotti alimentari locali, che di approvvigionamento, come l’artigianato”.

Per contro, molti investi‑menti su larga scala vengono effettuati in una logica di breve termine, fondata su motiva‑zioni speculative e non su strategie di lungo periodo. “Le istituzioni internazionali do‑vrebbero quindi sostenere le piccole e medie aziende, con‑sentire loro accesso al credito, ai mercati locali, proteggendo‑le sia dai mercati mondiali, i cui effetti concorrenziali sono distruttivi, sia da investimenti fondiari non vitali a livello economico e insostenibili sul piano ecologico e sociale”, avverte Olivier De Shutter, studioso statunitense. Poiché se è vero che il mercato libero, le tecnologie e gli investimenti privati possono salvare l’uma‑nità dalla penuria alimentare che la minaccia, il modello agro‑industriale latifondista porta invece a crisi alimentari, altre crisi alimentari sempre più gravi.

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16 musica e spettacolo n. 36 16 OTTOBRE 2011 LaVita

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La morte di Steve Jobsl 5 ottobre Steve Jobs ha dato il de‑finitivo addio alla sua Apple. Classe 1955, fondatore, amministratore delegato, volto e

“deus ex machina” visionario di una delle più grandi mul‑tinazionali dell’hi‑tech (quasi 50 mila dipendenti sparsi per il mondo e un fatturato di oltre 65 miliardi di dollari). La morte di Jobs non è la sem‑plice scomparsa di uno dei supermanager più importanti a livello planetario, per Apple segna la perdita di una parte di sé. I media rimbalzano la notizia da giorni, gli analisti cercano di capire il futuro del‑la Mela senza Steve, mentre continuano incessanti le com‑memorazioni e gli attestati di stima per un uomo che lascia una traccia indelebile nella storia moderna.

La vita di Jobs è intrec‑ciata a doppio filo con quella di Apple. Nel 1974, dopo un solo semestre all’università, è all’Atari con il suo amico Steve Wozniak. Ma il lavoro dipendente sta stretto ai due Steve e così, nel 1976, ottengono un finanziamento da un industriale, si mettono in proprio e fondano la Apple Computer: la prima sede è il garage dei genitori di Jobs e lì

una rivoluzione tecnologica.All’età di 56 anni, Steve ha

perso l’ultima battaglia con‑tro il cancro al pancreas che aveva fatto la sua comparsa nel 2004, era stato sconfitto del 2006 ma aveva lasciato un segno profondo nel suo fisico: l’insorgenza del diabete di tipo 1, che aveva costretto Jobs a subire un trapianto di fegato nel 2009. Negli ultimi mesi la malattia si era riacutizzata e Jobs aveva deciso di lasciare il timone dell’azienda a Tim Cook, suo fidato collabo‑ratore della prima ora, che proprio il giorno prima della sua morte aveva debuttato nel suo primo keynote di presen‑tazione delle novità di Apple.

Il riconoscimento della grandezza dell’uomo, classi‑ficato primo tra i 25 uomini d’affari più potenti nel 2007 da “Fortune” e persona dell’anno 2010 dal “Financial Times”, è unanime: tra i tanti, Barak Obama scrive sul blog della Casa Bianca che “non ci può essere maggior tributo al suc‑cesso di Steve che ricordare che la maggior parte del mon‑do ha saputo la notizia della sua scomparsa sui computer che lui stesso ha inventato”.

vede la luce il primo personal computer, l’Apple I. Nel 1977 Jobs e Wozniak lanciano il primo personal computer per il grande mercato consumer: l’Apple II. Le vendite toccano il milione di dollari e nel 1980 la Apple si quota in Borsa. Il 1984 è l’anno della svolta: il 24 gennaio Apple produce un personal computer compatto e dotato di un nuovo sistema operativo a interfaccia grafica, l’Apple Macintosh. Dotato di icone, finestre e menu a tendina, il Mac è l’inizio della moderna informatica di largo consumo (Microsoft commer‑cializzerà il suo Windows 1.0 solo nel 1985).

Il successo è immediato e senza confini, ma non è sufficiente per il nuovo ma‑nagement Apple, scelto dallo stesso Steve Jobs: nel 1986 l’amministratore delegato, John Sculley, caccia i due fon‑datori e le strade di Jobs e la Apple si dividono. Steve deci‑

de di ricominciare: con la sua nuova compagnia, la NeXT Computer, acquista la Pixar dalla Lucas Films e si dedica con successo all’animazione computerizzata. Alla Apple non va altrettanto bene: il sistema operativo Mac OS, montato sulle macchine Apple, è ormai obsoleto e l’azienda non riesce più a innovare. La Apple acquisisce la NeXT Computer di Jobs e nel 1997 il nuovo a.d. della Mela, Gil Amelio, viene sostituito a causa degli scarsi risultati: Jobs è di nuovo l’amministratore delegato di Apple, ne assume l’interim con uno stipendio simbolico di 1 dollaro l’anno. Ci vuole qualche anno a Jobs per rimettere insieme i pezzi dell’azienda, ma nel 1999 la rinascita: l’iMac. E da allora saranno solo successi per Jobs e la Apple: MacBook, MacBook Pro, iPod, AppleTV, iPhone, iPad: ogni nuova idea di Jobs è un successo commerciale e

Cinema

I più grandi di tuttiUn film di Carlo Virzì

di Leonardo Soldati

ario “Kappa” Cap‑panera, chitar‑rista livorne‑se con

il pallino per la sei corde, cresciuto nella storica band “La Strana Officina” fonda‑ta dagli zii Fabio e Roberto nel 1977 (scomparsi in un incidente stradale nel 1993), è il protagonista del film “I più grandi di tutti”, regia di Carlo Virzì fratello di Paolo. Girato per la factory “Motorino Amaranto” nella città dei Quattro Mori, racconta la rimpatriata della rock band emergente “Pluto”, uscita di scena, eccetto il chitar‑rista, dopo un momento di celebrità. Cappanera suona dall’età di 8 anni, assieme al cugino batterista Rolando nella Strana Officina pub‑blica l’album “Materializin Dream”, nel ’99 in tour con Francesco Renga e nel 2003 è guitar tech di Mau‑rizio Soleri per Vasco Rossi. Carlo Virzì debutta come attore nel 1990 nella commedia di Felice Farina “Condominio”, con Ottavia Piccolo e Ciccio Ingrassia. Nel 1995 è chitarrista e voce degli “Snaporaz”, band livornese di indie rock che realizza la colonna sonora di “Ovosodo”. Nel 1998 recita in “Baci e Abbracci” di Paolo, nel 2003 cura le musiche di “My name is Tanino” e “Caterina va in

città” sempre del fratello. Primo film da regista con “L’estate del mio primo ba‑cio” (2006), con Laura Mo‑rante e Neri Marcorè. «Il copione racconta una storia vista centinaia di volte nella scena rock italiana: quella di un gruppo i cui componenti da ragazzi hanno l’energia per spaccare il mondo, poi, crescendo cedono al biso‑gno di un lavoro sicuro, al mutuo da pagare e ai figli da mantenere» ‑ spiega Dario riguardo a questo film‑ «Virzì pensava a que‑sta pellicola già tre anni fa» mosso dalla passione per la musica. «Uno cerca sem‑pre di raccontare ciò che conosce meglio –afferma il giovane regista‑ «La storia dei Pluto è molto diversa da quella degli Snaporaz, ma

scrivendola, inevitabilmen‑te, sono finiti dentro tanti aneddoti legati al gruppo di cui facevo parte. Finora nessuno ha mai fatto un film su una band di casa nostra che, a mio avviso, si presta benissimo per una commedia brillante. Già di per sé chi sale su un palco è un eroe, per chi lo ascolta e nel suo intimo». Cappane‑ra impersona il chitarrista Rino, un ruolo che calza a pennello per lui, visto che sul piano personale vive realmente l’altalena del suonatore di rock’n’roll, in bilico tra ingaggi americani e magri riconoscimenti nel Belpaese. «Nella vita non potevo fare altro che suonare» dichiara il musicista, che adesso può portare avanti

d

I Non è la semplice scomparsadi un supermanager

di Antonio Rita

anche progetti musicali con i Rebel Devil, con Gielle Perotti degli Extrema e Alessandro Paolucci dei Raw Power. Nel film ci sono anche altri musicisti toscani, come Marco Cocci, già in “Ovosodo” di Paolo Virzì, cantante dei Mulfunk. «Anche la colonna sonora è divertente» ‑sottolinea Dario, che in concomitan‑za con l’uscita del film ha completato un cd‑ «i Pluto suonano un rock alla AC/DC cantato in italiano, ma nei testi qua e là spuntano spesso inserti in livornese. In occasione di una serata di musica presso la For‑tezza Nuova di Livorno, Cappanera ha dato un’an‑ticipazione degli assoli che ascolteremo sul grande schermo.