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Atti della XXV Conferenza Internazionale promossa e organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari su Caritas in veritate Per una cura della Salute equa ed umana 18-19 novembre 2010 Nuova Aula del Sinodo Città del Vaticano DOLENTIUM HOMINUM N. 76 – anno XXVI – N. 1, 2011 RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE)

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Atti della XXVConferenza

Internazionale

promossa e organizzata dalPontificio Consiglio

per gli Operatori Sanitarisu

Caritas in veritatePer una cura della Salute

equa ed umana

18-19 novembre 2010

NuovaAula del SinodoCittà del Vaticano

DOLENTIUM HOMINUMN. 76 – anno XXVI – N. 1, 2011

RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIOPER GLI OPERATORI SANITARI

(PER LA PASTORALE DELLA SALUTE)

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DIREZIONE

S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI, DirettoreS.E. MONS. JOSÉ L. REDRADO, O.H., Redattore Capo

COMITATO DI REDAZIONE

BENEDETTINI P. CIRO

BOLIS DOTT.SSA LILIANA

CUADRON SR. AURELIA

D’ERCOLE DON GIOVANNI

EL-HACHEM DOTT.SSA MAYA

GRIECO P. GIANFRANCO

HONINGS P. BONIFACIO

IRIGOYEN MONS. JESÚS

JOBLIN P. JOSEPH

MAGNO DON VITO

NEROZZI-FRAJESE DOTT.SSA DINA

PLACIDI ING. FRANCO

SANDRIN P. LUCIANO

TADDEI MONS. ITALO

CORRISPONDENTI

BAUTISTA P. MATEO, BoliviaCASSIDY MONS. J. JAMES, U.S.A.

DELGADO DON RUDE, SpagnaFERRERO P. RAMON, Mozambico

GOUDOTE P. BENOIT, Costa d’AvorioLEONE PROF. SALVINO, ItaliaPALENCIA P. JORGE, MessicoPEREIRA DON GEORGE, India

VERLINDE SIG.A AN, BelgioWALLEY PROF. ROBERT, Canada

TRADUTTORI

CHALON DOTT.SSA COLETTE

CASABIANCA SIG.A STEFANIA

FARINA SIG.A ANTONELLA

FFORDE PROF. MATTHEW

QWISTGAARD SIG. GUILLERMO

Direzione, Redazione, Amministrazione:PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE)CITTÀ DEL VATICANO; Tel. 06.698.83138, 06.698.84720, 06.698.84799 - Fax: 06.698.83139

e-mail: [email protected]://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/hlthwork/index_it.htm

Pubblicazione quadrimestrale. Abbonamento: 32 € compresa spedizione

Realizzazione a cura della Editrice VELAR, Gorle (BG)

In copertina: Vetrata di P. Costantino Ruggeri

Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

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Messaggio del Santo Padre Benedetto XVIai partecipanti alla XXV ConferenzaInternazionale del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari

Preghiera inizialeSuor Marianna Caprio

CARITAS IN VERITATE

PER UNA CURA DELLA SALUTE

EQUA ED UMANA

GIOVEDÌ 18 NOVEMBRE

Indirizzo di saluto e discorso di aperturadi S.E. Mons. Zygmunt Zimowski

Indirizzo di saluto di Sua Eminenzail Cardinal Tarcisio Bertone

PROLUSIONE

Caritas in veritateLa Buona Novelladell’assistenza sanitaria integraleS.Em.za Card. Peter Kodwo Turkson

Euntes docete et curate infirmos (Mt 10,7-8)Urgenza e pertinenza biblicadella missione per gli infermiS.Em.za Card. Gianfranco Ravasi

La salus animarumnella cura pastorale del malatoS.Em.za Card. Angelo Amato, SDB

Accesso alle cure sanitarie primarie:32 anni dopoAlmaAta quali progressisono stati raggiunti nel continente africano?Dott. Luis Gomes Sambo

Mezzi di comunicazionee salute dei cittadiniDott. Mario Benotti

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Per una cura antropocentrica della salute:un sistema sanitario dal volto umanoProf. Enrico Garaci

Diplomazia pontificiae promozione della salute per tuttiS.E. Mons. Silvano M. Tomasi

Etica e accesso alle tecnologie sanitarieDott. Reinaldo A. Garcia

Il contributo delle istituzioni socio-sanitariecattoliche al miglioramentodelle condizioni di salute dei popoliP. Renato Salvatore, MI

L’iniziativa Vaticano-CMMB:cambiare la vita, portando salute e speranzaDott. John F. Galbraith

Collaborazione dei diversiMinisteri di Governo nella SanitàOn. Marek Jurek

VENERDÌ 19 NOVEMBRE

Il Buon Samaritanoè la giustizia più grandeS.E. Mons. Willem Eijk

Il mondo avvenire: prospettivedemografiche e bisogni di saluteProf. Massimo Petrini

Tecnologie biomedicheal servizio della vita nascenteProf. Antonio G. Spagnolo

Salute, la salvaguardia della creazionee della giustiziaDott. John M. Haas

DREAM – Curare l’AIDS inAfrica:una sfida possibileDott.ssa Paola Germano

Sommario

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La medicina tradizionaleDott. Emilio La Rosa Rodríguez

TAVOLA ROTONDA

CURE SANITARIE EQUE E UMANE

1. Cure sanitarie eque e umane a domicilioProf. Mario Falconi

2. Cure sanitarie eque e umanenegli Hospice:l’esperienza di TaiwanDott. W. Henry Chiang

3. Cure sanitarie eque e umanenelle prigioniProf. Christoph von Ritter

4. Cure sanitarie eque e umanenelle fabbricheProf. Stanislaw Szczepan Góźdź

L’operatore sanitario di fronte ad alcunequestioni di carattere deontologico,etico e legislativoProf. Jean-Marie Le Méné

L’uso dei farmaci psichiatrici in pediatriaDott. Barry L. Duncan

Il Beato Don Carlo GnocchiUna figura eroica di carità del nostro tempoP. Bonifacio Honings, OCD

L’esempio di carità eroica del nostro tempoSuorMartaWiecka, Figlia della Caritàdi San Vincenzo de’ PaoliSuor Anna Brzek

L’accoglienza, nuovo paradigmadell’umanizzazioneFra Pascual Piles Ferrando, O.H.

Il contributo dei volontarinell’umanizzazione della salute:la realtà portogheseDott. Manuel de Lemos

Centri sanitari e cura dei poveriSuor M. Benedicta, MC

Una sfida appena cominciataFra Mario Bonora

Intervento conclusivodel Prof. Filippo Boscia

Considerazioni conclusivedi S.E. Mons. Zygmunt Zimowski

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Le illustrazioni di questo numerosono tratte dal libro:

Dove il cielo ha toccato la terradi P. Girolamo Salvatico

Elledici - Editrice Velar, 2010

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Al Venerato FratelloZygmunt ZimowskiPresidente del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari

Con gioia desidero far giungere il mio cordialesaluto ai partecipanti alla XXV Conferenza Inter-nazionale, che bene si inserisce nell’anno celebrati-vo dei 25 anni dalla istituzione del Dicastero, e of-fre un motivo ulteriore per ringraziare Dio di que-sto prezioso strumento per l’apostolato della mise-ricordia. Un pensiero riconoscente verso tutti colo-ro che si adoperano, nei vari settori della Pastoraledella Salute, per vivere quella diaconia della carità,che è centrale nella missione della Chiesa. In que-sto senso, mi è grato ricordare i Cardinali FiorenzoAngelini e Javier Lozano Barragán, che hanno gui-dato in questi 25 anni il Pontificio Consiglio per gliOperatori Sanitari e rivolgere un particolare salutoall’attuale Presidente del Dicastero, l’ArcivescovoZygmunt Zimowski, come pure al Segretario, alSotto-Segretario, agli Officiali, ai collaboratori, airelatori del Convegno e a tutti i presenti.Il tema da voi scelto quest’anno “Caritas in veri-

tate. Per una cura della salute equa ed umana” ri-

veste un interesse particolare per la comunità cri-stiana, in cui è centrale la cura per l’essere uomo,per la sua dignità trascendente e per i suoi dirittiinalienabili. La salute è un bene prezioso per la per-sona e la collettività da promuovere, conservare etutelare, dedicandomezzi, risorse ed energie neces-sarie affinché più persone possano usufruirne. Pur-troppo, ancora oggi permane il problema di moltepopolazioni del mondo che non hanno accesso allerisorse necessarie per soddisfare i bisogni fonda-mentali, in modo particolare per quanto riguarda lasalute. È necessario operare conmaggiore impegnoa tutti i livelli affinché il diritto alla salute sia resoeffettivo, favorendo l’accesso alle cure sanitarieprimarie. Nella nostra epoca si assiste da una partea un’attenzione alla salute che rischia di trasfor-marsi in consumismo farmacologico, medico e chi-rurgico, diventando quasi un culto per il corpo, edall’altra parte, alla difficoltà di milioni di personead accedere a condizioni di sussistenza minimali ea farmaci indispensabili per curarsi.Anche nel campo della salute, parte integrante

dell’esistenza di ciascuno e del bene comune, è im-portante instaurare una vera giustizia distributivache garantisca a tutti, sulla base dei bisogni ogget-tivi, cure adeguate. Di conseguenza, il mondo del-la salute non può sottrarsi alle regole morali chedevono governarlo affinché non diventi disumano.Come ho sottolineato nell’Enciclica Caritas in ve-ritate, la Dottrina Sociale della Chiesa ha sempreevidenziato l’importanza della giustizia distributi-va e della giustizia sociale nei vari settori delle re-lazioni umane (n. 35). Si promuove la giustiziaquando si accoglie la vita dell’altro e ci si assumela responsabilità per lui, rispondendo alle sue atte-se, perché in lui si coglie il volto stesso del Figliodi Dio, che per noi si è fatto uomo. L’immagine di-vina impressa nel nostro fratello fonda l’altissimadignità di ogni persona e suscita in ciascuno l’esi-genza del rispetto, della cura e del servizio. Il lega-me fra giustizia e carità, in prospettiva cristiana, èmolto stretto: “La carità eccede la giustizia, perchéamare è donare, offrire del «mio» all’altro; ma non

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVIai partecipanti alla XXV ConferenzaInternazionale del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari

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è mai senza la giustizia, la quale induce a dare al-l’altro ciò che è «suo», ciò che gli spetta in ragionedel suo essere e del suo operare [...] Chi ama concarità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Nonsolo la giustizia non è estranea alla carità, non solonon è una via alternativa o parallela alla carità: lagiustizia è «inseparabile dalla carità», intrinseca adessa. La giustizia è la prima via della carità” (ibid.,6). In questo senso, con espressione sintetica e in-cisiva, Sant’Agostino insegnava che “la giustiziaconsiste nell’aiutare i poveri” (De Trinitate, XIV,9: PL 42, 1045).Chinarsi come il Buon Samaritano verso l’uomo

ferito abbandonato sul ciglio della strada è adem-piere quella “giustizia più grande” che Gesù chie-de ai suoi discepoli e attua nella sua vita, perchél’adempimento della Legge è l’amore. La comu-nità cristiana, seguendo le orme del suo Signore,ha adempiuto il mandato di andare nel mondo a“insegnare e curare gli infermi” e nei secoli “hafortemente avvertito il servizio ai malati e soffe-renti come parte integrante della sua missione”(Giovanni Paolo II, Motu Proprio Dolentium Ho-minum, 1), di testimoniare la salvezza integrale,che è salute dell’anima e del corpo.Il Popolo di Dio pellegrinante per i sentieri tor-

tuosi della storia unisce i suoi sforzi a quelli di tan-ti altri uomini e donne di buona volontà per dare unvolto davvero umano ai sistemi sanitari. La giusti-zia sanitaria deve essere fra le priorità nell’agendadei Governi e delle Istituzioni internazionali. Pur-troppo, accanto a risultati positivi e incoraggianti,vi sono opinioni e linee di pensiero che la ferisco-no: mi riferisco a questioni come quelle connessecon la cosiddetta “salute riproduttiva”, con il ricor-so a tecniche artificiali di procreazione comportan-

ti distruzione di embrioni, o con l’eutanasia lega-lizzata. L’amore alla giustizia, la tutela della vitadal suo concepimento al termine naturale, il rispet-to della dignità di ogni essere umano, vanno soste-nuti e testimoniati, anche controcorrente: i valorietici fondamentali sono patrimonio comune dellamoralità universale e base della convivenza demo-cratica.Occorre lo sforzo congiunto di tutti, ma occorre

anche e soprattutto una profonda conversione del-lo sguardo interiore. Solo se si guarda al mondocon lo sguardo del Creatore, che è sguardo d’amo-re, l’umanità imparerà a stare sulla terra nella pacee nella giustizia, destinando con equità la terra e lesue risorse al bene di ogni uomo e di ogni donna.Per questo, “auspico […] l’adozione di un model-lo di sviluppo fondato sulla centralità dell’essereumano, sulla promozione e condivisione del benecomune, sulla responsabilità, sulla consapevolezzadel necessario cambiamento degli stili di vita e sul-la prudenza, virtù che indica gli atti da compiereoggi, in previsione di ciò che può accadere doma-ni” (Benedetto XVI, Messaggio per la GiornataMondiale della Pace 2010, 9).Ai Fratelli e Sorelle sofferenti esprimo la mia vi-

cinanza e l’appello a vivere anche la malattia comeoccasione di grazia per crescere spiritualmente epartecipare alle sofferenze di Cristo per il bene delmondo, e a voi tutti impegnati nel vasto campodella salute il mio incoraggiamento per il vostroprezioso servizio. Nel chiedere la materna prote-zione della Vergine Maria, Salus infirmorum, im-parto di cuore la Benedizione Apostolica cheestendo anche alle vostre famiglie.

Dal Vaticano, 15 novembre 2010

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8 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

O Dio Padre nostro, la cui tenerezza si espandesu ogni creatura, a te, vero amante della vita, affi-diamo le attese riposte in questi giorni di ascolto edi condivisione; sia tempo di grazia, spazio di fra-ternità, esperienza di comunione sincera per l’av-vento del tuo Regno di giustizia e di pace. Benedi-ci noi tutti, Padre misericordioso, e rendici degni diservirti nell’uomo, da te voluto a tua immagine einfinitamente amato.

Signore Gesù, Salvatore e Redentore dell’uma-nità, ancora oggi tu passi fra noi beneficando tuttie proclamando l’inestimabile preziosità di ogni vi-ta umana. Riconosciamo di essere stati risanati dal-le tue piaghe, fortificati dal tuo Spirito, inviati aifratelli dall’urgenza della tua compassione. Pren-dici per mano, Signore Gesù, e insegnaci a chinar-ci con te su ogni creatura malata nel corpo e nellospirito; fa’ che sappiamo dare nuova speranza atanti nostri fratelli privati dell’amore, della salute,della fiducia e della voglia di vivere a lode dellatua gloria.

Spirito Santo di Dio, solo da te, che ti doni senzamisura, noi riceviamo abbondanza di vita. Illuminale nostre menti e i nostri cuori perché sappiamoscorgere i segni del tuo passaggio nel mondo di-stratto che ci circonda. Effondi la tua benedizionesu questa assemblea e conferma in noi il propositodi servirti nei fratelli più deboli con l’offerta umilee discreta della nostra presenza; benedici, o Spiritodi carità, il nostro lavoro e le nostre famiglie, le no-stre coscienze e l’intera comunità umana.

Ci accompagni la materna intercessione di Ma-ria, lei, Conforto dei miseri perché Custode dellasperanza, Profezia dei tempi nuovi perché Testi-mone del tuo Vangelo. Per la sua totale dedizionealla Parola fatta carne, sorga presto l’alba di quelgiorno in cui, asciugata ogni lacrima, sapremo la-sciar risplendere in noi e fra noi la bellezza del tuovolto e la nostra dignità di figli. Amen.

Suor MARIANNA CAPRIOMadre Abbadessa del Monastero del Monte Carmelo,

Viterbo, Italia

Preghiera iniziale

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Caritas in veritatePer una curadella Salute

equa ed umana

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Ringrazio Madre Marianna Ca-prio, Priora del Monastero carmeli-tano di Vetralla per questo intensomomento di preghiera e saluto tuttiVoi, in arrivo da 60 Paesi diversiper l’apertura di questa XXV Con-ferenza Internazionale organizzatadal Pontificio Consiglio per gliOperatori Sanitari (per la Pastoraledella Salute) e dedicata al tema“Caritas in veritate – Per una curadella Salute equa ed umana”.

Siete qui infatti oltre 600 parte-cipanti provenienti da:

Angola,Argentina,Austria,Australia,Bangladesh,Belgio,Benin,Bielorussia,Bolivia,Brasile,Burkina Faso,Burundi,Camerun,Canada,Repubblica Ceca,Repubblica di Cina (Taiwan),Colombia,Repubblica del Congo,Repubblica Democratica

del Congo,Corea del Sud,Costa d’Avorio,Croazia,Ecuador,Eire,Francia,Georgia,Germania,Ghana,Grecia,India,Indonesia,Italia,Kenya,Lesotho,Liberia,Lussemburgo,Malta,Messico,

Namibia,Nigeria,Paesi Bassi,Panama,Perù,Polonia,Portogallo,Russia,Santa Sede,Slovacchia,Slovenia,Spagna,Sudafrica,Svizzera,Thailandia,Togo,Ucraina,Uganda,UK,USA,Venezuelae Zambia.

E pertanto, almeno in alcune lin-gue più diffuse:

Good morning and welcome toyou all

Bonjour et bienvenue à tous lesparticipants

Buenos Dias y bienvenidos a to-dos

Bom dia e benvindos a todosHerzlich WillkommenSredecznie witam wszystkich

uczestnikow z PolskiJambo na Karibu kwetu

in questa fausta e partecipata oc-casione ho l’onore e il piacere didare un benvenuto alle Loro Emi-nenze il Cardinale Tarcisio Berto-ne, Segretario di Stato, i CardinaliRaffaele Martino e Peter KodwoAppiah Turkson, rispettivamentePresidente Emerito e Presidentedel Pontificio Consiglio Giustiziae Pace, ai due Capi Dicastero chedopodomani riceveranno la “ber-retta” cardinalizia e ai quali porgonuovamente e con grande gioia lemie felicitazioni: Sua EccellenzaMonsignor Angelo Amato S.d.B,Prefetto della Congregazione delleCause dei Santi, e Sua EccellenzaMonsignor Gianfranco Ravasi,Presidente del Pontificio Consiglioper la Cultura.

Inoltre agli Ambasciatori pressola Santa Sede degli USA, Sua Ec-cellenza Miguel Diaz, del Benin,Sua Eccellenza Loko Comlanvi,della Repubblica di Cina, Sua Ec-cellenza Larry Yu-Yuan Yang, diPanama, Sua Eccellenza DeliaCardenas, e del Togo, Sua Eccel-lenza Felix Sagbo.

Abbiamo anche il piacere dellapartecipazione, in rappresentanzadi Sua Eminenza il Cardinale Gio-vanni Lajolo, Presidente del Go-vernatorato, dell’Archiatra, Dott.Patrizio Polisca, Direttore di Sa-nità e Igiene della Città del Vatica-no, e del prof. Giovanni Minisola,Primario di reumatologia dell’O-spedale S. Camillo di Roma, e tut-te le altre personalità presenti.

Siamo dunque tutti riuniti, inquesta Aula Nuova del Sinodo che,nella giornata di sabato, sarà la se-de dell’atteso Concistoro, per stu-diare e trovare le piste d’attuazionein ambito sanitario della terza e piùrecente Enciclica di Sua SantitàPapa Benedetto XVI, la Caritas inveritate.

Non sarà certamente compito fa-cile individuare e affrontare alcunitra i principali mali che, come sot-tolineato nel documento papale,

Indirizzo di saluto e discorso di aperturadi S.E. Mons. Zygmunt Zimowski

CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA10

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oggigiorno minacciano la Salute,la Salus, della persona umana equindi tracciare le prospettive ba-silari per promuovere l’equità el’umanizzazione nella medicina epiù in generale nel campo dellasofferenza.

Ad aiutarci, come possiamo giàconstatare, vi saranno esperti pro-venienti da tutti i continenti, eccle-siastici, religiosi e religiose, laici elaiche.

Metteremo così a fuoco la mis-sione della Chiesa a favore dei ma-lati, la promozione dell’assistenzasanitaria “umanizzata”, dunqueantropocentrica, il ruolo degli ope-ratori sanitari e della società civilee delle istituzioni nonché degli or-ganismi privati nella promozionedella giustizia, dell’equità e dellasolidarietà in ambito sanitario.

La salute è riconosciuta tra i di-ritti umani fondamentali, dalla co-munità internazionale, ed è un di-

ritto naturale: siamo perciò chia-mati a trattare ogni persona al parinostro e rispettarne la dignità do-nando le stesse possibilità di cre-scere e vivere nel modo più sanopossibile. Tutto ciò, per quantosancito “sulla carta”, stenta a tro-vare un’attuazione: nei Paesi menoindustrializzati mancano ancoradrammaticamente le strutture e ifarmaci di base sono inaccessibili,in Occidente si rischia di perderedi vista i principi dell’assistenzaalla persona malata in favore di unatteggiamento “tecnicista” che fi-nisce coll’ignorare la persona delmalato nella sua interezza e la suadignità.

Dati i tempi ristretti degli inter-venti e nel rispetto delle molte per-sonalità che si avvicenderanno aquesti microfoni a partire da que-sta mattina, concludo il mio inter-vento ribadendo come questa Con-ferenza sia stata ideata e organiz-

zata per contribuire, in armonia ealla luce della Caritas in veritate,alla missione di verità e di giustiziache la Chiesa è chiamata a compie-re promuovendo e, laddove neces-sario, difendendo una società real-mente in sintonia con l’uomo, lasua dignità e la sua vocazione.

Non mi resta che affidare i nostrilavori alla protezione di MariaSantissima Salus Infirmorum e au-gurare a tutti:

Buon lavoroGood workBon travailBuenos travajosBom trabalhoGute ArbeitOwocnej PracyKazi njema

S.E. Mons. ZYGMUNT ZIMOWSKIPresidente del Pontificio Consiglio

per gli Operatori SanitariSanta Sede

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Eminenze Reverendissime,Confratelli nell’Episcopato,Illustri Autorità,Signore e Signori,

Saluto con affetto tutti i parteci-panti a questa XXV ConferenzaInternazionale organizzata dalPontificio Consiglio per gli Opera-tori Sanitari, sul tema: “Caritas inveritate – Per una cura della Saluteequa ed umana”. Ringrazio S.E.l’Arcivescovo Zygmunt Zimow-ski, Presidente di questo PontificioConsiglio, per l’invito rivoltomi aparlare a questa augusta Assem-blea. La mia sincera gratitudine vaa tutti coloro che hanno lavoratoinsieme al Presidente nell’organiz-zazione di questa Conferenza, inparticolare l’Ecc.mo Segretario e ilRev.mo Sotto-Segretario del Pon-tificio Consiglio, e tutti gli Officia-li. Dò il benvenuto a tutti i parteci-panti, giunti da ogni parte del mon-do, e auguro che queste due gior-nate di studio possano dare risulta-ti copiosi.

Desidero altresì estendere le miepiù sentite congratulazioni ai nuo-vi Cardinali che interverranno aquesta Conferenza: le loro Emi-nenze Cardinali Gianfranco Rava-si e Angelo Amato.

Il tema affrontato da questaConferenza riguarda le questionifondamentali della giustizia e del-la dignità umana nella cura dellasalute e invita a esaminarle dalpunto di vista della carità nella ve-rità, che è il principio attorno alquale ruota la dottrina sociale del-la Chiesa.

Per quanto riguarda il tema, vor-rei soffermarmi su quattro questio-ni che l’Enciclica solleva e che de-vono essere prese in considerazio-ne se si vuole garantire una curadella salute equa e umana. Esse so-no: la missione profetica dellaChiesa, il dovere dello Stato, il bi-sogno di solidarietà e sussidiarietà,e il problema dei diritti di proprietàintellettuale.

1.La missione profeticadella Chiesa

Papa Benedetto XVI osservache “l’amore nella verità – caritasin veritate – è una grande sfida perla Chiesa in un mondo in progres-siva e pervasiva globalizzazione”(Caritas in veritate, 9). Tale globa-lizzazione rende inevitabilmenteinterdipendenti persone e nazioni,con il rischio, però, che a ciò spes-so “non corrisponda l’interazioneetica delle coscienze e delle intelli-genze, dalla quale possa emergerecome risultato uno sviluppo vera-mente umano” (ibid.). Pertanto, difronte a uno sviluppo che non è in-tegrale, quando cioè non promuo-ve il bene di ogni uomo e di tuttol’uomo, e di fronte a una societàche non è in sintonia con l’uomo,con la sua dignità e la sua vocazio-ne, la Chiesa ha una missione diverità da compiere.

La Chiesa, che è la famiglia diDio nel mondo, non può restare aguardare e non interessarsi, adesempio, delle persistenti inegua-glianze nell’accesso ai servizi sani-tari. Infatti “le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce degli uomi-ni d’oggi, dei poveri soprattutto e ditutti coloro che soffrono, sono purele gioie e le speranze, le tristezze ele angosce dei discepoli di Cristo”(GS, 1). Pur non avendo “soluzionitecniche da offrire” e non preten-dendo di intromettersi nella politicadegli Stati, la Chiesa ha però unamissione di verità da compiere, peruna società a misura dell’uomo,della sua dignità e della sua voca-zione (Cfr. Caritas in veritate, 9).

La privazione di un diritto è unaviolazione della dignità dell’uomoe ogni minaccia alla dignità e allavita dell’uomo, deve necessaria-mente ripercuotersi nel cuore stes-so della Chiesa; essa “non può nontoccarla al centro della propria fedenell’incarnazione redentrice del Fi-glio di Dio, non può non coinvol-gerla nella sua missione di annun-

ciare il Vangelo della vita in tutto ilmondo e ad ogni creatura” (EV, 3).

2. Il dovere dello Stato

La Dichiarazione Universale deiDiritti dell’Uomo del 1948 (Art.25) inserisce la salute tra gli ele-menti ai quali si deve poter avereaccesso. Ciò ha aperto la strada al-la sua proclamazione definitiva co-me diritto fondamentale nella Di-chiarazione di Alma-Ata del 1978dell’Organizzazione Mondiale del-la Sanità. La Dichiarazione affer-ma che “la salute […] è un fonda-mentale diritto umano e che il rag-giungimento del più alto livellopossibile di salute è uno dei più im-portanti obiettivi sociali nel mon-do, la cui realizzazione richiedel’azione di molti altri settori socialied economici oltre al settore sani-tario”. Alla base della dottrina deidiritti vi è la necessità di orientarel’organizzazione sociale, al fine digarantire che tutti possano soddi-sfare i propri bisogni essenziali.

La salute è un fenomeno socialeche riguarda non solo la protezionedei singoli e dei loro diritti, ma an-che la promozione del bene comu-ne. Essa è un bene fondamentale alquale tutti devono poter avere ac-cesso. Il diritto alla salute di ogniindividuo rappresenta un elementocostitutivo della società civile edella sua legislazione1. In altri ter-mini, essa stabilisce importanti ob-blighi per gli Stati. Pertanto la “cu-ra della salute dei cittadini richiedel’apporto della società perché siabbiano condizioni d’esistenza chepermettano di crescere e di rag-giungere la maturità” 2.

Il diritto alla salute esige che loStato assicuri l’equo accesso deisuoi cittadini ai servizi sanitari. Eciò in conformità con l’uguaglian-za dei suoi cittadini come esseriumani, indipendentemente dal lorostatus sociale o fisico e dalla lorocapacità. Perché, come ha afferma-

Indirizzo di saluto di Sua Eminenzail Cardinal Tarcisio Bertone

CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA12

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che leader politici, medici, ammi-nistratori di ospedale e ricercatori,non sprechino le già limitate risor-se esistenti, ma piuttosto, nel ri-spetto della dignità umana, le usi-no per promuovere il bene comu-ne. Ciò richiede scelte concrete equotidiane, che possono non esse-re facili ma, allo stesso tempo, nonsono impossibili.

Secondo, tra Nazioni ricche eNazioni povere è necessaria la so-lidarietà allo scopo di assicurarel’accesso universale alle cure me-diche5. Nella Caritas in veritate,Benedetto XVI rivolge un forte ap-pello per la “collaborazione dellafamiglia umana”. Egli sottolineache “lo sviluppo dei popoli dipen-de soprattutto dal riconoscimentodi essere una sola famiglia, checollabora in vera comunione ed ècostituita da soggetti che non vivo-no semplicemente l’uno accantoall’altro” (Caritas in veritate, 53).

Al fine di evitare un’assistenzasociale paternalistica, umilianteper chi è nel bisogno, egli racco-manda che la solidarietà dei Paesiricchi nei confronti di quelli pove-ri sia strettamente legata al princi-pio di sussidiarietà.

Per assolvere al suo scopo, l’aiu-to economico non deve perseguiresecondi fini, ad esempio essere le-gato a determinate politiche sani-tarie contrarie alla vita, come im-porre l’aborto in cambio di aiuto(Caritas in veritate, 28). Gli aiutieconomici devono “essere erogaticoinvolgendo non solo i governidei Paesi interessati, ma anche gliattori economici locali e i soggettidella società civile portatori di cul-tura, comprese le Chiese locali. Iprogrammi di aiuto devono assu-mere in misura sempre maggiorele caratteristiche di programmi in-tegrati e partecipati dal basso”(Caritas in veritate , 58).

A livello di ogni singola Nazio-ne, occorre ricordare che “non c’ènessun ordinamento statale giustoche possa rendere superfluo il ser-vizio dell’amore” (Deus caritasest, 28b). Ciò significa che anchenella società più giusta non si potràfare a meno della caritas. Occorredunque “uno Stato che generosa-mente riconosca e sostenga, nellalinea del principio di sussidiarietà,le iniziative che sorgono dalle di-verse forze sociali e unisconospontaneità e vicinanza agli uomini

3. Solidarietà e sussidiarietà

In generale tutti i Paesi indu-strializzati garantiscono ai loro cit-tadini l’accesso a un ampio servi-zio di salute pubblica e di interven-ti medici individuali. In questi Pae-si, l’accesso alle cure è assicuratononostante le differenze di redditoe ricchezza, attraverso sistemi uni-versali di copertura sanitaria. An-che se questi sistemi sanitari ga-rantiscono l’accesso universale atutti i cittadini, i servizi forniti va-riano da Paese a Paese e da regionea regione. Inoltre, in alcune Nazio-ni, persistono ineguaglianze, conparticolare riguardo ad alcunigruppi svantaggiati, soprattuttoadulti e bambini poveri, rifugiati eimmigrati, che, per vari motivi,non possono essere coperti da regi-mi assicurativi esistenti. I diritti ditutte queste persone devono essererispettati e promossi.

Nella maggior parte dei Paesi invia di sviluppo, soprattutto quellicaratterizzati da instabilità politicae da povere risorse economiche, lasituazione è spesso critica. Moltospesso il rispetto e la protezionedei diritti dei cittadini, tra cui l’ac-cesso alle cure sanitarie, special-mente per quel che riguarda lagente comune, è lungi dall’essererealtà.

Per garantire l’accesso dei citta-dini ai servizi sanitari essenziali, sideve fare in modo che le risorse o iservizi disponibili siano gestiti nonsoltanto con umanità, ma anchecon carità, avendo come obiettivola protezione e la valorizzazionedella dignità umana.

Alle situazioni ove le risorse so-no minime, si deve rispondere indue modi: anzitutto, è necessario

to il Venerabile Papa GiovanniPaolo II, “nulla, come il diritto allasalute, riconduce alla difesa del di-ritto prioritario alla vita e alla suaqualità nel contesto del rispettodella persona umana, creata a im-magine e somiglianza di Dio”3.Purtroppo, nel mondo e per varieragioni questo diritto non sempre ègarantito a tutti i cittadini.

Nel mondo contemporaneo glo-balizzato, dove sembra che tuttosia ridotto a una discussione su te-mi sociali e su questioni meramen-te economiche e finanziarie, nasceun grave problema quando si fa ri-ferimento alla salute e alla relativaquestione economica e finanziaria.Accade così che questo diritto nonè possibile se lo Stato non garanti-sce l’accesso alle cure sanitarie atutti i suoi cittadini.

La Caritas in veritate affermache “chi ama con carità gli altri èanzitutto giusto verso di loro. Nonsolo la giustizia non è estranea al-la carità, non solo non è una via al-ternativa o parallela alla carità: lagiustizia è inseparabile dalla ca-rità, intrinseca ad essa. La giusti-zia è la prima via della carità […]Dall’altra parte, la carità supera lagiustizia e la completa nella logicadel dono e del perdono” (Caritasin veritate, 6).

La giustizia esige che si garanti-sca l’accesso universale alle curesanitarie. Oggi è comunemente ac-cettato che i livelli minimi dei biso-gni sanitari di base siano forniti co-me un diritto umano fondamentale.Pertanto, al fine di realizzare pie-namente il diritto alla salute deipropri cittadini, lo Stato ha l’obbli-go di adottare appropriate misurelegislative, amministrative, finan-ziarie, giudiziarie e promozionali.Ciò comprende, tra l’altro, l’attua-zione di una politica sanitaria na-zionale con un piano dettagliatoper la realizzazione del diritto allasalute. Inoltre, lo Stato deve garan-tire pari accesso a tutti i determi-nanti fondamentali della salute (si-curezza alimentare, acqua, allog-gio, servizi igienici, e così via). Èsuo dovere altresì garantire che glialtri fornitori dei servizi sanitari (ilsettore privato) si conformino allenorme sui diritti umani, e che laprivatizzazione non costituisca unaminaccia per l’accessibilità, la di-sponibilità, e la qualità delle strut-ture, dei beni e dei servizi sanitari4.

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bisognosi di aiuto. La Chiesa è unadi queste forze vive” nel campodella salute (ibid.)6. Anche perché“lo Stato che vuole provvedere atutto, che assorbe tutto in sé, diven-ta in definitiva un’istanza burocra-tica che non può assicurare l’essen-ziale di cui l’uomo sofferente– ogni uomo – ha bisogno” (ibid.).

4. Il problema dei dirittidi proprietà intellettuale

Infine, per garantire un accessoequo o universale alla sanità oc-corre che le medicine necessarienon solo siano disponibili, ma an-che convenienti. È stato dimostra-to che gli ostacoli principali a que-sto obiettivo sono i costi proibitivie i limiti imposti dalle case farma-ceutiche, titolari dei brevetti.

Così la Caritas in veritate de-nuncia l’esistenza di “forme ecces-sive di protezione della conoscen-za da parte dei Paesi ricchi, me-diante un utilizzo troppo rigido deldiritto di proprietà intellettuale,specialmente nel campo sanitario”(n. 22). Vi è una guerra di interessitra i proprietari delle industrie far-maceutiche e i Paesi in via di svi-luppo la cui capacità economica èmolto ridotta. Inoltre, i nuovi far-maci sono protetti da brevetti chelasciano il monopolio ai loro tito-lari. E ciò, di solito, si traduce incosti elevati per l’acquisto dei far-maci necessari.

L’esclusivo obiettivo del profit-to “senza il bene comune come fi-ne ultimo, rischia di distruggerericchezza e creare povertà” (Cari-tas in veritate, 21). Se vuole essereautenticamente umano, lo svilup-po deve fare spazio al principio digratuità, come espressione di fra-ternità. Sicuramente, l’argomento

finanziario deve essere preso inconsiderazione, ma solo comemezzo e non come fine. Questisquilibri economici e i conseguen-ti problemi sanitari possono esserefrenati dalla crescente consapevo-lezza della dignità di ogni personaumana e della radicale interdipen-denza degli uomini, da cui scaturi-sce una maggiore percezione dellanecessità di solidarietà.

Le industrie farmaceutiche nondovrebbero “far mai prevalere ilprofitto economico sulla conside-razione dei valori umani, ma mo-strarsi sensibili alle esigenze diquanti non godono di un’assicura-zione sociale, ponendo in atto vali-de iniziative per favorire i più po-veri ed emarginati. Occorre opera-re per ridurre e, se possibile, elimi-nare le differenze esistenti tra i va-ri continenti, esortando i Paesi piùavanzati perché mettano a disposi-zione di quelli meno sviluppatiesperienza, tecnologia e una partedelle loro ricchezze economiche”7.In questo modo essi saranno capa-ci di fornire ai loro cittadini servizisanitari non solo accessibili ma an-che di qualità.

Conclusione

Ogni persona umana ha dirittoalla salute ed esige rispetto assolu-to della sua vita fisica e spirituale.Riconoscendo la salute come undiritto fondamentale, il sistemagiuridico afferma e considera lasoggettività condivisa ed equa ditutti gli esseri umani. Le risorsedovrebbero essere conformi al pia-no di Dio in modo che nessuno sisenta escluso dalla cura dovuta al-la sua persona e alla sua salute, nelrispetto della pari dignità di tutti.Si tratta di un compito che tutte le

parti responsabili devono svolge-re, a livello internazionale, nazio-nale e locale, settori pubblici e pri-vati, così come individui, che de-vono essere guidati dall’impegno apromuovere il bene comune nel ri-spetto della dignità umana.

È mia viva speranza che in que-sti due giorni di riflessione, gli il-lustri relatori possano offrire unvalido contributo ad approfondirequeste e molte altre questioni sol-levate dalla Caritas in veritate, ri-guardo alla promozione di una cu-ra della salute equa e umana.

S.Em.za Card. TARCISIO BERTONESegretario di Stato

Santa Sede

Note

1 CCC, n. 2273.2 CCC, n. 2288.3 GIOVANNI PAOLO II, “Discorso ai parteci-

panti dell’Assemblea Plenaria del PontificioConsiglio per gli Operatori Sanitari,” in Inse-gnamenti XIII/1 (1990), n.5, p. 406.

4 Cf. UNCHR and WHO, The Right toHealth, Fact Sheet N.31, pp. 25-27(ISSN1014-5567).

5 Cfr. Discorso di Giovanni Paolo II a Oua-gadougou, 29 gennaio 1990, n. 4, in GiorgioFilibeck, I diritti dell’uomo nell’insegnamentodella Chiesa: da Giovanni XXIII a GiovanniPaolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città delVaticano 1992, p. 219. Il Santo Padre ha lan-ciato un solenne appello all’umanità e per con-to dell’umanità, in particolare per i milioni diAfricani che, tra gli altri, sono minacciati dalfatto di non godere mai di una buona politicasanitaria e di una vita degna, affinché non li siprivi del diritto universale alla dignità umana ealla sicurezza di vita. Cfr. anche GiovanniPaolo II “Discorso al Corpo Costituzionale eDiplomatico a Yaunde in Cameroun,” 12 Ago-sto 1985, no. 9, in Giorgio Filibeck, I dirittidell’uomo nell’insegnamento, op.cit. p. 218.

6 Vedi anche PIO XI, Quadragesimo Anno,n. 79, Giovanni XXII, Mater et Magistra, n. 53.

7 GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla XIVConferenza Internazionale organizzata dalPontificio Consiglio per gli Operatori Sanita-ri, 19 Novembre 1999, n.5.

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È un onore e un piacere esserecon voi all’inizio di questa promet-tente XXV Conferenza Internazio-nale organizzata dal PontificioConsiglio per gli Operatori Sanita-ri, sul tema: “Per una cura della sa-lute equa ed umana alla luce del-l’Enciclica Caritas in veritate”. Seguardiamo con gratitudine ai 25anni di esistenza del PontificioConsiglio per la Salute, e se guar-diamo a voi, delegati e partecipan-ti provenienti da 60 Paesi del mon-do con la vostra ricca esperienza, oalle sfide di offrire servizi sanitariche siano in sintonia con la dignitàdell’uomo e la sua sublime voca-zione, ritengo che sia una graziaprovvidenziale prendere in esamela Caritas in veritate e meditareassieme su ciò che essa significaper tutti i vari ministeri che opera-no sotto l’egida del PontificioConsiglio. Auspico che questaConferenza rappresenti un ringra-ziamento propizio per le innume-revoli grazie ricevute nei trascorsi25 anni e sia un’invocazione al-l’aiuto di Dio affinché accresca labuona salute e perciò tutto il benedi ogni persona – uomo, donna ebambino –, ogni gruppo sociale el’umanità tutta intera (cfr. Caritasin veritate [CV], 18).

L’Enciclica Caritas in veritate,un insegnamento pontificio1

Annunciata nel 2007 per com-memorare il 40° anniversario del-

l’enciclica Populorum Progressiodi Paolo VI (1967) e il 20° anni-versario della Sollicitudo Rei So-cialis di Giovanni Paolo II (1987),originariamente la Caritas in veri-tate intendeva celebrare la memo-ria di queste due encicliche, spe-cialmente perché trattano la que-stione del vero sviluppo umano.Poiché le questioni sociali che, aigiorni di Paolo VI e di GiovanniPaolo II, condizionavano lo svi-luppo sono ora diventate intera-mente globali, la Caritas in verita-te in origine era destinata a trattarelo sviluppo umano nella nuova si-tuazione di un mondo che si globa-lizza rapidamente.

L’impressionante esplosionedella crisi economica del 2008-2009, ha spinto il Sommo Pontefi-ce a considerare con particolare at-tenzione il significato e l’etica del-l’economia nel contesto dello svi-luppo umano. Ciò, in qualche mo-do, ha ritardato la promulgazionedell’enciclica ma il 29 giugno2009 (solennità dei Santi Pietro ePaolo), il Santo Padre ha firmatola sua enciclica sociale indirizzata“a tutte le persone di buona vo-lontà” e l’ha promulgata il 7 luglio2009 (mese di San Benedetto), po-co prima dell’incontro del G8 aL’Aquila.

La Caritas in veritate è un’enci-clica sociale, come molte altre pri-ma di essa, iniziando con la Rerumnovarum di Leone XIII (1891)2. Inessa sono state coerentemente im-brigliate le intuizioni della teolo-

gia, della filosofia, dell’economia,dell’ecologia e della politica performulare un insegnamento socia-le che pone la persona umana – ilsuo sviluppo integrale e pertanto la

sua salute reale – al centro di tutti isistemi universali di pensiero e at-tività. La salvezza di ogni essereumano era al centro della missionee del ministero di Gesù Cristo, co-me la rivelazione dell’amore delPadre (Gv 3,16) e la verità dellacreazione dell’uomo nell’immagi-ne di Dio e della sua vocazionetrascendente alla santità e alla fe-licità con Dio. Questo è il contestoin cui si collocano i due concetti diamore e verità3 che guidano l’en-

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PETER KODWO TURKSON

Caritas in veritateLa Buona Novella dell’assistenza sanitariaintegrale

PROLUSIONE

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quella al ministero della dispensa-zione delle cure sanitarie sia daparte dei medici che degli operato-ri pastorali.

La Caritas in veritatecome buona novella

Vorrei illustrare la buona novel-la che la Caritas in veritate si ri-volge anche agli “afflitti e agli in-fettati” raccontandovi la storia ve-ra di Rosanna. P. Michael Czerny,SJ, mio segretario personale alPontificio Consiglio della Giusti-zia e della Pace, nel Palazzo SanCalisto, è stato direttore di un pro-gramma dei Gesuiti a Nairobi ri-guardante l’HIV-AIDS. Egli vollecondividere con me questa storia,che credo serva come parabola delnostro tema, cioè la promozione diuna salute autentica e integrale allaluce della Caritas in veritate.

1. La storia

Rosanna è una madre abbando-nata a trent’anni, HIV positiva eche lotta per sopravvivere in unabidonville di Nairobi. “Sei anni fa– dice – la mia famiglia non mi haaccettata, né mia madre né le miesorelle o mio marito. Ho perso illavoro perché sono HIV positiva”.Ella ha perso anche una bambina acausa dell’AIDS, ma suo figlio di10 anni – concepito prima che Ro-sanna contraesse il virus – è HIVnegativo. Jomo è un ragazzo bril-lante e sano che ama disegnare e ilcalcio. Sua madre cerca di mante-nerlo in buona salute e dice: “Vo-glio vedere mio figlio crescere”.

Di volta in volta, programmicattolici sull’AIDS invitano Ro-sanna a raccontare ai gruppi la sto-ria della sua difficile vita, spiegan-do la sua condizione di persona in-fetta da HIV, incoraggiando i gio-vani a vivere bene e a evitare glierrori che portano all’infezione.Rosanna è grata per l’aiuto che leviene offerto ma cerca qualcosa dipiù. “Io sono giovane. Voglio ave-re un futuro anche se non ho finitola scuola secondaria. Voglio chemio figlio sia qualcuno”. Non es-sendo in grado fisicamente di svol-gere un lavoro impegnativo, ha po-che possibilità di trovare qualcunoche l’assuma. Ma recentemente haavuto un’idea intraprendente: poi-

che emergono”6 (CV, 12), ed è pro-prio quel che l’enciclica cerca difare oggi.

Papa Benedetto XVI, quindi, èin piena armonia con oltre un seco-lo di insegnamento sociale cattoli-co sulla persona umana. La Cari-tas in veritate tratta le complessecondizioni che permettono allepersone di svilupparsi integral-mente, in tutte le dimensioni e for-me umane comprese la malattia ela guarigione, nelle difficili condi-zioni ideologiche del nostro mon-do globalizzato. Ponendosi piena-

mente nell’ambito degli insegna-menti sociali dei Pontefici che lohanno preceduto, Benedetto XVIfa riferimento in special modo allaGaudium et spes (1965) del Vati-cano II, alla Populorum Progres-sio (1967) di Paolo VI e alla Solli-citudo Rei Socialis (1987) di Gio-vanni Paolo II:

– per sottolineare la centralitàdella persona umana, il suo benes-sere e il suo sviluppo totale, in tut-te le attività dell’uomo;

– per mostrare che le attivitàdell’uomo, con le quali egli co-struisce la città terrena, sono anti-cipazione della città universale diDio quando, ispirate dall’amore edalla giustizia, cercano il benesseredella persona umana, tutta intera.

E questa è la buona novella cen-trale dell’enciclica Caritas in veri-tate, il contesto per ogni vocazionedella persona umana, compresa

ciclica. Amore e verità non solosono al centro della missione e delministero di Gesù, ma corrispon-dono anche al carattere e all’atti-vità essenziale della vita dell’uo-mo sulla terra. La persona umana è“dono e amore di Dio” con una vo-cazione, una chiamata divina, an-che a “diventare dono e amore”. Equesta dinamica di carità ricevutae data è ciò che dà luogo alla Dot-trina Sociale della Chiesa, che èCaritas in veritate in re sociale4.

Negli anni la res socialis o so-cietà umana, contesto e riferimen-

to della Dottrina Sociale dellaChiesa, è cambiata: dalla miseriadegli operai durante la rivoluzioneindustriale e la nascita del marxi-smo (Papa Leone XIII), la grandedepressione del 1929 (Papa PioXI), la decolonizzazione e l’emer-genza del terzo mondo (Papa Gio-vanni XXIII e Paolo VI), ai cam-biamenti politici nell’Europa del-l’Est prima e dopo la caduta delmuro di Berlino (Papa GiovanniPaolo II), e ora la globalizzazione,il sotto-sviluppo, le crisi finanzia-rie, economiche, morali e antropo-logiche che Benedetto XVI affron-ta5. In queste situazioni notevol-mente mutate, le encicliche socialidei Pontefici hanno continuamenteaggiornato e riapplicato i principisociali fondamentali della Chiesa.Così “la dottrina sociale dellaChiesa illumina con una luce chenon muta i problemi sempre nuovi

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società, nel senso che il Santo Pa-dre esorta i cristiani e le persone dibuona volontà a ricordare il megliodi ciò che significa essere umani, aessere grati a Dio per la miriade dimodi in cui Egli ci concede la suagrazia ogni giorno, e a usare i no-stri doni e talenti, le nostre risorse,grandi e piccole, come dono pergli altri e per rendere il mondo unposto migliore.

Così, proprio come la Caritas inveritate ha fatto luce sulla situazio-ne e sulle prospettive di Rosanna,ho fiducia che la sua storia apra pernoi alcuni dei suoi modi di trattarele questioni che circondano l’assi-stenza sanitaria integrale della per-sona umana, a volte direttamentee spesso obliquamente inclusanello sviluppo e nel benessereumano. Come Rosanna, vogliamoapplicare l’Enciclica alla nostra si-tuazione e alle nostre sfide.

La globalizzazione è avvicina-mento delle persone, ma per ironiadella sorte essa, al tempo stesso, cirende estranei (come ha osservatoanche Rosanna). A dispetto delleinvenzioni e dei progressi dellatecnologia, milioni di persone (1/6della popolazione mondiale) van-no a letto ogni sera con la fame7. Ea dispetto di tutte le strutture dellafinanza internazionale, dello svi-luppo e della diplomazia, infurianoguerre, carestie e malattie.

La vita è il fondamento

Quando scrive sulla sua visionedello sviluppo umano, il Santo Pa-dre riflette sulla necessità fonda-mentale di rispettare il diritto allavita.

“L’apertura alla vita è al centrodel vero sviluppo. Quando una so-cietà s’avvia verso la negazione ela soppressione della vita, finisce

bra instancabile nel voler trovarela strada da seguire. Senza predi-care ma mostrandoci il modo, ilPapa ci invita a pensare con chia-rezza sulla (nostra) società e sulla(nostra) economia. Egli ci mostracome mettere ordine nel nostromodo di pensare, come mantenerele cose al loro giusto posto. Lascienza sociale cerca i fatti e le ten-denze. La politica sociale attua ledecisioni governative su cosa fare;ma solo noi (persone credenti epensanti) possiamo pesare i pro e icontro, solo noi possiamo optareper i valori fondamentali e lavora-re per ciò che è meglio, secondoDio, per l’intera famiglia umana.

Ad esempio, quando BenedettoXVI mostra che il rispetto della vi-ta e la sessualità responsabile sonoessenziali per lo sviluppo, Rosan-na concorda. L’onestà e la caritàautentica non sono nati da un desi-derio selettivo o sentimentale, masi appoggiano su un quadro com-pleto dell’uomo, che può veniresolo da Dio. “La fede cristiana sioccupa dello sviluppo non contan-do su privilegi o su posizioni di po-tere”, afferma il Papa,”ma solo suCristo”, e Rosanna aggiunge:“Quindi esorto la Chiesa a mo-strarci cosa vuol dire essere cristia-ni. Non è forse amare il prossimo,e amarlo sinceramente, nella ve-rità?”.

Il cuore dell’Enciclica è dono,gratitudine, grazia e gratuità. “Do-no” e “gratuità” vi appaiono circatre dozzine di volte, mentre “gra-zia” è la parola usata da Rosanna.Riconoscere l’abbondanza dei do-ni che riceviamo vuol dire esserepieni di gratitudine. È anche la ve-rità fondamentale della nostra si-tuazione. Quindi noi siamo creatu-re prima di diventare investitori,capi o dipendenti, ognuno di noicon la sua persona, ma radical-mente collegati gli uni agli altri,responsabili, ma senza il controllototale. Invece di fare tutto ciò checi piace, come la cultura globale cipersuade a fare, senza riferimentoall’umanità e a Dio, le cose an-dranno meglio solo se ciascuno dinoi, benevolmente e gratuitamen-te, darà il meglio di sé: mente, cuo-re, beni, tempo ed energia anche alservizio di malati, anziani, portato-ri di handicap, ecc.

E così, la Caritas in veritate èdavvero un’ottima novella per la

ché i padroni della sua baraccopolihanno rifiutato l’erogazione del-l’acqua, costringendo i poveri in-quilini a trovarsela da soli, Rosan-na, con l’aiuto di un’organizzazio-ne cattolica, ha portato un serba-toio e una pompa e ha iniziato que-sto business. Le cose vanno bene,ed ella sta restituendo circa il 2%al mese del prestito.

Conoscendo Rosanna, il gesuitache dirige il programma cominciòa chiedersi cosa la Caritas in veri-tate potesse significare per lei e perJomo quando, provvidenzialmen-te, ella si rivolse a lui. Egli quindile diede un riassunto di quattro pa-gine e, dopo un’attenta lettura diun’ora, la donna tornò con ideemolto chiare su come l’Enciclica sirivolge a Jomo e a suo figlio.

1.1 Rosanna e Benedetto XVIamano la vita e vedono la societàpiuttosto allo stesso modo. “So chel’Enciclica si riferisce al mondointero” – ha detto – “ma quando holetto le parole del Papa, ho pensatoche egli stesse parlando esatta-mente del Kenya, perfino dellamia baraccopoli. Egli dice che ilmercato non deve diventare “illuogo della sopraffazione del fortesul debole”, ma in effetti lo è. “Nelnostro villaggio globale – o possia-mo parlare di una baraccopoli glo-bale? –, miliardi di persone vivonogli uni accanto agli altri ma conrapporti troppo poco fraterni. Leautorità del Kenya vedono i povericome un problema. Se non hai unlavoro, tentano di rimandarti indie-tro. I nostri politici si sentono so-stenuti da aiuti stranieri e sfruttanoi poveri”. Di conseguenza, l’aiutoè mal distribuito, crea dipendenza,genera corruzione, abusa del pove-ro e non risolve nulla. “Senza eti-ca, viviamo in un caos totale”.

1.2 Il pensiero del Papa “va nel-la giusta direzione”, ha detto Ro-sanna, ma molti di noi sono scorag-giati e, francamente, pigri. Noi sia-mo dipendenti da slogan assordantie ideologici, e quindi il quadro lo-cale e globale sembra troppo com-plicato da comprendere. Semprepiù rassegnati a un mondo fram-mentato, lasciamo semplicementeche a decidere siano gli altri (“ilmercato”). E invece di leggere inprofondità l’Enciclica e pensare alsuo significato, diciamo facilmenteche è troppo lunga e pesante.

Per contro, Benedetto XVI sem-

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Poco dopo la promulgazionedella Caritas in veritate, nell’otto-bre 2009 il Santo Padre ha presie-duto il Sinodo per l’Africa. Nell’o-melia della Messa di apertura, Egliha esortato l’Africa e la Chiesa inAfrica a custodire il patrimonioculturale e spirituale di cui “l’uma-nità ha bisogno ancor più che del-le materie prime”. “Da questopunto di vista – ha continuato ilSanto Padre – l’Africa rappresentaun immenso «polmone» spirituale,per un’umanità che appare in crisidi fede e di speranza”. Il Papa harivolto un appello appassionato al-l’Africa affinché questo “polmo-ne” spirituale non venga infettatoda “due pericolose patologie”: ilfondamentalismo religioso incombinazione con l’interesse poli-tico ed economico, e una malattiagià diffusa nel mondo occidentale,vale a dire, “il materialismo prati-co, combinato con il pensiero rela-tivista e nichilista”. Il Papa vi hafatto riferimento parlando di “ma-lattia dello spirito” e di “tossici ri-fiuti spirituali” che il cosiddettoprimo mondo esporta contagiandoi popoli di altri continenti.

Proprio lo scorso maggio, du-rante l’Assemblea Plenaria dellaPontificia Accademia delle Scien-ze Sociali, eminenti studiosi e pro-fessionisti hanno descritto le causetecniche della crisi economica,tecnologica e sociale, ma hannoanche segnalato “cause remote”molto importanti, individuandolecome spirituali e morali8. Benchénon quantificabile, il fattore spiri-tuale è presente in ogni attivitàumana, distorcendola9. Così laPontificia Accademia sembra af-fermare con Papa Giovanni PaoloII, che “«Peccato» e «strutture dipeccato» sono categorie che nonvengono spesso applicate alla si-tuazione del mondo contempora-neo. Non si arriva, però, facilmen-te alla comprensione profonda del-la realtà quale si presenta ai nostriocchi, senza dare un nome alla ra-dice dei mali che ci affliggono”10.

Di conseguenza, rivolgendosiall’Assemblea Plenaria dei Vesco-vi italiani (27 maggio), Papa Bene-detto XVI ha anche fatto riferi-mento alla gravità della crisi eco-nomica attuale e ha affermato lapresenza di un’altrettanto gravecrisi spirituale e culturale11 chenon deve essere trascurata. Per il

rigione e riconciliazione nelle fa-miglie, tra amici, e tra nazioni epopoli, può iniziare solo quando laverità sarà stata stabilita. Quandoquesta verità è oscurata o quandola vendetta domina i nostri pensie-ri e le nostre azioni, come indivi-dui e come comunità, vengonosempre gettati nuovi semi di con-flitto. Solo quando il diritto fonda-mentale alla vita è rispettato, leesigenze della giustizia possonoiniziare a essere soddisfatte.

La salute è tanto fisicaquanto spirituale

La Caritas in veritate enfatizzasul fatto che lo sviluppo umanonon è riducibile al mero sviluppomateriale e tecnologico. Per ilSanto Padre “lo sviluppo dell’uo-mo e dei popoli si colloca a una si-mile altezza, se consideriamo ladimensione spirituale che deveconnotare necessariamente talesviluppo perché possa essere au-tentico” (77). Allo stesso modo,l’assistenza sanitaria e il benesseredella persona umana non possonolimitarsi al “corpo”, alla compo-nente puramente fisica della per-sona. Essi devono fare i conti an-che con la psiche e la componen-te spirituale della persona, ed è inquesto che il Santo Padre va al dilà delle indicazioni degli Obiettividi Sviluppo del Millennio e delNEPAD (New Partnership forAfrican Development) sul con-trollo delle malattie e l’accesso al-le cure sanitarie, il buon governo,la stabilità economica e la crescita,l’eradicazione della povertà e lasicurezza alimentare come percor-so di sviluppo e benessere, in Afri-ca, per richiamare l’attenzione sul“cuore umano, sede di tutto ciòche destabilizza il continente”. LaCaritas in veritate suggeriscequindi che l’assistenza sanitariadebba includere anche moralità ecura di spirito/anima: cioè la ma-lattia dell’anima.

Guarire la malattia dello spirito

Infine, possiamo descrivere labuona novella dell’Enciclica comela guarigione dello spirito del-l’uomo e la liberazione della cul-tura umana.

per non trovare più le motivazionie le energie necessarie per adope-rarsi a servizio del vero bene del-l’uomo” (CV, 28).

Purtroppo, le ideologie egoiste emiopi pretendono di ridurre i dan-ni, ma di fatto attaccano la vitastessa e violano i componenti fon-damentali della dignità umana, pernon parlare della salute a lungo

termine e della felicità.“Alcune Organizzazioni non go-

vernative operano attivamente perla diffusione dell’aborto, promuo-vendo talvolta nei Paesi poveri l’a-dozione della pratica della steriliz-zazione, anche su donne inconsa-pevoli. Vi è inoltre il fondato so-spetto che a volte gli stessi aiuti al-lo sviluppo vengano collegati a de-terminate politiche sanitarie impli-canti di fatto l’imposizione di unforte controllo delle nascite. [Il mi-nistero britannico per gli aiuti in-ternazionali ha annunciato, pocoprima della visita del Papa in In-ghilterra e Galles, che la Gran Bre-tagna avrebbe dato priorità alla do-manda di educazione alla salute ri-produttiva nei suoi pacchetti diaiuto]. Preoccupanti sono altresìtanto le legislazioni che prevedonol’eutanasia quanto le pressioni digruppi nazionali e internazionaliche ne rivendicano il riconosci-mento giuridico” (CV, 28).

La verità sulla persona umanarichiede che le persone di fede edi buona volontà riconoscano lecose per quello che veramente so-no – l’odio è odio, l’omicidio èomicidio, l’ingiustizia è ingiustizia– mentre le motivazioni politiche oideologiche non possono servirecome scusa per non riconoscere eaffrontare questi problemi umani.Il lungo, doloroso processo di gua-

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acqua potabile, di istruzione di ba-se o di cure sanitarie elementari incerte regioni del mondo del sotto-sviluppo e anche nelle periferie digrandi metropoli” (CV, 43).

– Scollegato così dal bene co-mune e dalla dimensione universa-le della legge morale oggettiva (lalegge naturale incisa nel cuore de-gli uomini), l’uomo cerca ora nelparere di maggioranza, per quantoinstabile possa essere, la base perdeterminare la moralità della leg-ge. Ciò ha portato a una deregola-zione morale e antropologica, dan-do l’impressione che le norme ven-gono create unicamente per con-

senso. La legge morale, la più altaistanza di regolamentazione di tut-te le leggi, è stata secolarizzata esostituita dalla legge civile, a cui èattribuito un valore morale, in ra-gione del fatto che è stata decisadai governi democraticamenteeletti per consenso. Ciò ha genera-to numerosi punti di vista, posizio-ni e ideologie totalitarie, e l’essereumano stesso ne è la prima vittima.Negata come realtà in sé, la perso-na umana è sempre più considera-ta autocreante e il prodotto dellacultura.

– Un’altra falsa ideologia ha por-tato anche alla falsa utopia di un ri-torno all’originario stato naturaledell’umanità. Ciò separa il pro-gresso dalla sua valutazione mora-le e quindi dalla responsabilità del-l’uomo (CV, 14), e rivela la volontàdi decostruire le concezioni sullapersona umana e le sue istituzioni

mette da parte Dio, ma lo eliminacompletamente.

– Come conseguenza di questamalattia, l’uomo pensa di non do-vere nulla a nessuno se non a sestesso, e crede di avere solo diritti(CV, 43) e non norme e responsa-bilità naturali. L’individuo è, dun-que, padrone della propria esi-stenza e interprete autonomo delsuo significato.

In effetti, vi è in tutto ciò una di-namica perversa nella continua do-manda moderna di maggiori diritti,della cancellazione di ogni limite,e del progressivo allargamento delcampo d’azione dell’uomo, fino a

contemplare l’idea dell’auto-ripro-duzione. In realtà, questa dinami-ca, mentre chiude l’uomo inun’auto-produzione egoistica, gliimpedisce anche di assumere tuttiquei compiti senza i quali tutti i di-ritti sono risucchiati in una spiraleauto-referenziale, che sradica ognisignificato12. Proprio come osservaBenedetto XVI, “mentre, per unverso, si rivendicano presunti di-ritti, di carattere arbitrario e vo-luttuario, con la pretesa di vederliriconosciuti e promossi dalle strut-ture pubbliche, per l’altro verso, visono diritti elementari e fonda-mentali disconosciuti e violati neiconfronti di tanta parte dell’uma-nità” (CV, 43).

“Si è spesso notata una relazio-ne tra la rivendicazione del dirittoal superfluo o addirittura alla tra-sgressione e al vizio, nelle societàopulente, e la mancanza di cibo, di

Papa, questa crisi spirituale e cul-turale è umana. La crisi attualepuò manifestarsi nell’ambitodell’economia, del mercato, delcommercio e degli affari, della tec-nologia, dell’ecologia e della poli-tica, ma è fondamentalmente an-tropologica nel carattere.

È qui, in ultima analisi, che se-condo il Santo Padre deve essereubicata la crisi attuale: nell’uomo,nella “malattia del suo spirito”,nella sua cultura e spiritualità,contagiate da “idee nuove e mo-derne”, che egli chiama “tossicirifiuti spirituali” e “patologie”.Nella cultura dei nostri giorni, poi,come afferma il Papa, “vi sono pe-santezze da cui liberarsi, ombre acui sottrarsi” (CV, 59), e la BuonaNovella è che, nell’incarnazione diGesù, nell’amore del Padre e nellatrascendente Parola di Dio (logos),nella cultura umana – ciascuna diessa –, compresa quella dei nostrigiorni, è offerto lo strumento di li-berazione per servire il benesseredell’umanità.

La Caritas in veritate articolaquesto strumento di liberazione, eciò può essere visto come offertadi una dottrina sociale, radicata eoriginata dal ministero di Gesù,che rende libere tutte le cose, percontinuare a liberare la culturadell’uomo, il suo stato d’animo ela sua anima dalle pesantezze, eaiutarli a sottrarsi alle ombre dellecosiddette “idee nuove e moderne”che riducono la visione dell’uomodella verità e limitano il suo sensodella guarigione agli organi delproprio corpo.

– Manifestazione della malattiadello spirito è un emergente equi-voco della persona umana, un er-rato senso dell’uomo. Il Santo Pa-dre analizza la concezione preva-lente di uomo prodotto in questicinquant’anni dalle scienze umanee dall’ingegneria umana. In nomedella scienza, questi ambiti altri-menti benefici hanno ceduto aun’ideologia pervasiva, secondo laquale l’uomo è solo il prodotto del-la cultura, e si evolve/si modellaindipendentemente dalla naturaumana e da ogni legge universaleinsita nel suo essere. L’uomo è er-roneamente convinto di essere ilsolo autore di se stesso, autore epadrone della sua vita e della so-cietà (CV, 34). Si considera auto-sufficiente, e non solo trascura o

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(uomo, donna, famiglia, matrimo-nio, figli e loro educazione, ecc.).La verità sull’uomo sarebbe alloraliberata da ogni modello e forma.L’uomo non sarebbe in alcun mododifferenziato. Tutti sarebberouguali, e tutto sarebbe lo stesso.Questo ci introduce nell’anticame-ra della teoria di genere!

Salute ecologica esalute umana integrale

In questi ultimi anni si è apertaalla consapevolezza umana unanuova dimensione della salute edella malattia che chiede ora inter-venti urgenti. Viene chiamata am-biente o ecologia, e riguarda la so-lidità e la sostenibilità del nostrohabitat, la terra. I problemi emer-genti – o addirittura le crisi – del-l’ambiente sono stati in gran partetrascurati fino a oggi. “Le grandinovità, che il quadro dello svilup-po dei popoli oggi presenta, pon-gono in molti casi l’esigenza di so-luzioni nuove. Esse vanno cercateinsieme nel rispetto delle leggiproprie di ogni realtà e alla luce diuna visione integrale dell’uomo,che rispecchi i vari aspetti dellapersona umana, contemplata conlo sguardo purificato dalla carità”(CV, 32). Nella fretta di affrontarele nuove urgenze, alcune linee dipensiero e di pianificazione si

spingono troppo lontano, elevandola natura al di sopra dell’uomo etrattando l’uomo come una minac-cia per la natura. In maniera comesempre equilibrata, Papa Benedet-to tratta l’ecologia nel più ampiocontesto del Creato e del suo Crea-tore che è nostro Padre. La nostraattenzione intelligente è richiestadallo “stato di salute ecologica delpianeta; soprattutto lo richiede lacrisi culturale e morale dell’uomo,i cui sintomi da tempo sono evi-denti in ogni parte del mondo”(CV, 32). Nelle discussioni cheavranno luogo durante questa con-ferenza, le questioni ecologichedell’inquinamento, la mancanza diacqua potabile, i mezzi di sussi-stenza dell’agricoltura rovinatidallo sfruttamento sconsideratodelle risorse e altre questioni pro-priamente ambientali si impongo-no come condizioni importanti efondamentali per la salute umana,soprattutto dei poveri e degli emar-ginati.

Salute psico-spirituale

Come per aiutarci a collocaretutte le considerazioni precedentiin un contesto più ampio, verso lafine dell’Enciclica il Santo Padretratta di quelle che potremmo chia-mare le minacce ultime per la salu-te umana, vale a dire la malattiamentale collettiva nata da inganne-voli ideologie e il falso sviluppoche minacciano il nostro benesse-re. Nella seguente citazione notia-mo come Papa Benedetto riuniscele tante correnti dello sviluppoumano nella considerazione dellasalute e del benessere di “tuttol’uomo e di ogni uomo” (PaoloVI):

“Uno degli aspetti del modernospirito tecnicistico è riscontrabilenella propensione a considerare iproblemi e i moti legati alla vita in-teriore soltanto da un punto di vi-sta psicologico, fino al riduzioni-smo neurologico. L’interiorità del-l’uomo viene così svuotata e laconsapevolezza della consistenzaontologica dell’anima umana, conle profondità che i Santi hanno sa-puto scandagliare, progressiva-mente si perde. Il problema dellosviluppo è strettamente collegatoanche alla nostra concezione del-l’anima dell’uomo, dal momento

che il nostro io viene spesso ridot-to alla psiche e la salute dell’animaè confusa con il benessere emoti-vo. Queste riduzioni hanno alla lo-ro base una profonda incompren-sione della vita spirituale e portanoa disconoscere che lo sviluppo del-l’uomo e dei popoli, invece, dipen-de anche dalla soluzione di proble-mi di carattere spirituale. Lo svi-luppo deve comprendere una cre-scita spirituale oltre che materiale[e della salute], perché la personaumana è un’«unità di anima e cor-po», nata dall’amore creatore diDio e destinata a vivere eterna-mente. L’essere umano si sviluppaquando cresce nello spirito, quan-do la sua anima conosce se stessa ele verità che Dio vi ha germinal-mente impresso, quando dialogacon se stesso e con il suo Creatore.Lontano da Dio, l’uomo è inquietoe malato. L’alienazione sociale epsicologica e le tante nevrosi checaratterizzano le società opulenterimandano anche a cause di ordinespirituale. Una società del benes-sere, materialmente sviluppata, maopprimente per l’anima, non è diper sé orientata all’autentico svi-luppo. Le nuove forme di schiavitùdella droga e la disperazione in cuicadono tante persone trovano unaspiegazione non solo sociologica epsicologica, ma essenzialmentespirituale. Il vuoto [o malessere] incui l’anima si sente abbandonata,pur in presenza di tante terapie peril corpo e per la psiche, producesofferenza. Non ci sono sviluppoplenario e bene comune universalesenza il bene spirituale e moraledelle persone, considerate nella lo-ro interezza di anima e corpo”(CV, 76).

Conclusione

La buona novella per l’assisten-za sanitaria integrale radicata nellaCaritas in veritate è ben riassuntada queste parole del nostro SantoPadre:

“In ogni verità c’è più di quantonoi stessi ci saremmo aspettati,nell’amore che riceviamo c’è sem-pre qualcosa che ci sorprende. Nondovremmo mai cessare di stupircidavanti a questi prodigi. In ogniconoscenza e in ogni atto d’amorel’anima dell’uomo sperimenta un«di più» che assomiglia molto a un

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dono ricevuto, ad un’altezza a cuici sentiamo elevati. Anche lo svi-luppo dell’uomo e dei popoli sicolloca a una simile altezza, seconsideriamo la dimensione spiri-tuale che deve connotare necessa-riamente tale sviluppo perché pos-sa essere autentico. Esso richiedeocchi nuovi e un cuore nuovo, ingrado di superare la visione mate-rialistica degli avvenimenti umanie di intravedere nello sviluppo un«oltre» che la tecnica non può da-re. Su questa via sarà possibile per-seguire quello sviluppo umano in-tegrale che ha il suo criterio orien-tatore nella forza propulsiva dellacarità nella verità” (CV, 77).

Permettetemi di concludere nelmodo in cui ho cominciato. PerRosanna, che ha perdonato i suoiparenti, che vive per Jomo e per ilsuo futuro, che insegna ai giovani aessere responsabili di fronte al-l’AIDS, che guida un piccolo grup-po di sostegno per le donne HIVpositive, che vende acqua ai suoivicini di casa – tutto ha contribuitoa prepararla a leggere e apprezzarela Caritas in veritate. Sono sicuroche ella ci ha aiutato anche a entra-re nell’Enciclica. Il messaggio ènel titolo, PENSARE! AMARE!

Dobbiamo fare entrambe le cose seRosanna, Jomo e tutti noi voglia-mo avere uno sviluppo umano euna salute autentici.

Grazie per la cortese attenzione!

S.Em.za Card. PETER KODWOTURKSON

Presidente del Pontificio Consiglioper la Giustizia e la Pace

Santa Sede

Note1 L’accoglienza dell’Enciclica è stata gran-

de, poiché tutti avevano qualcosa con cuiidentificarsi. A 30 giorni dalla sua pubblica-zione, la Radio vaticana ha calcolato circa4.300 articoli sul web in inglese, francese, ita-liano, spagnolo e portoghese riguardanti l’En-ciclica. Il Meltwater Group, allargando la ri-cerca ad altre lingue, ne ha contati 6.000 (cfr.Gianpaolo Salvini, SJ, “Enciclica ‘Caritas inveritate’, in La Civiltà cattolica #3822, 19 set-tembre 2009, 458.

2 Considerando la lettera della Sacra Con-gregazione Concistoriale a Mons. Liénart,Vescovo di Lille, del 5 giugno 1929, la Gau-dium et Spes e la Dignitatis Humanae delConcilio Vaticano II, la seconda metà dellaDeus caritas est e l’istruzione Dignitas Perso-nae, su alcune questioni di bioetica dalla Con-gregazione per la Dottrina della Fede (8 di-cembre 2008), si possono contare 22 docu-menti ufficiali sulla Dottrina Sociale dellaChiesa (cfr. Le Discours social de l’Eglise

Catholique: De Léon XIII à Benoit XVI,Bayard Montrouge 2009).

3 L’introduzione all’Enciclica è dedicata alsenso di questi due concetti: amore e verità,alla loro connessione, al loro radicarsi nellavita del Dio uno e trino, alla loro rivelazioneall’uomo attraverso Cristo, e alle loro distor-sioni per mano degli uomini e nella storiaumana. Gesù che rivela e condivide con gliuomini è anche l’unico che possa affrancarli eliberarli dalle distorsioni umane.

4 Caritas in veritate, n. 5.5 Cfr. ibid., n. 75.6 Cfr. ibid. n. 12; Sollicitudo Rei Socialis, n. 3.7 United Nations 2009 World Hunger Re-

port.8 Esse riguardano la cupidigia e le presun-

zioni ideologiche/teoriche.9 Così i ragionamenti sull’essere umano e

la sua vocazione perdono di vista il suo esseree carattere interiore: spirito (anima) e corpo,natura corporale e spirituale, che è specificadell’uomo (cfr. Sollicitudo Rei Socialis, n.29), mentre anche l’economia e la finanza so-no distorte dalla presunzione sull’infallibilitàdi false teorie economiche, mentre, per avi-dità, il lavoro umano viene sostituito al centrodella creazione della ricchezza da attività fi-nanziarie, effettuate non come mezzo, ma co-me fine (Cfr. S. ZAMAGNI, “The Lesson andWarning of a crisis foretold: a View from So-cial catholic Thought”, Assemblea Plenariadella Pontificia Accademia delle Scienze So-ciali, Città del Vaticano, 1 maggio 2010).

10 Sollicitudo Rei Socialis, n. 36.11 “…una crisi culturale e spirituale, altret-

tanto seria di quella economica”. E ha ag-giunto: “Sarebbe illusorio – questo vorrei sot-tolinearlo – pensare di contrastare l’una,ignorando l’altra” (BENEDETTO XVI, Discor-so all’Assemblea della Conferenza Episcopa-le Italiana, 27 maggio 2010).

12 Cfr. FONTANA, S., Per una politica di do-veri, Siena, Cantagalli, 2006, p. 12.

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Le labbra e le mani di Gesù sonodue presenze capitali nei Vangeli.Da un lato, vi è la sua parola cheinquieta e consola, che annuncial’“evangelo”, la buona novella del-la salvezza, che provoca alla con-versione, alla sequela, all’impegnoper l’edificazione del Regno diDio. D’altro lato, però, ecco i suoiatti di guarigione, il suo chinarsisulle carni malate, il suo “toccare”i corpi devastati o inerti di tantiemarginati. Infatti, nel Nuovo Te-stamento, il verbo greco áptein,“toccare” (nella forma “media”),risuona 39 volte, mentre la “ma-no”, chéir, appare ben 177 volte.

Le mani di Gesù

Scegliamo solo a caso qualcheesempio. Emblematico è il casodei lebbrosi: “Gli venne incontroun lebbroso. Lo supplicava in gi-nocchio dicendogli: Se vuoi, puoiguarirmi! Gesù, mosso a compas-sione, stese la mano, lo toccò e glidisse: Io lo voglio, guarisci! E su-bito la lebbra scomparve ed egliguarì” (Mc 1,40-41). Questa affe-zione in Israele era considerata,per la famosa “tesi della retribu-zione” (delitto-castigo, quindi ma-lattia-peccato), una vergogna inno-minabile. Il lebbroso non era, per-ciò, soltanto un malato, ma soprat-tutto uno scomunicato. Egli era ri-tenuto come se fosse stato punitoda Dio per una colpa gravissima,era costretto a vivere alla periferiadei centri abitati, solitamente in ca-verne-ghetto o, come Giobbe, inimmondezzai e doveva segnalarela sua presenza appena all’oriz-zonte si profilasse un cittadino sa-no e normale. Si legge, infatti, nellibro biblico del Levitico: “Il leb-

broso colpito dalla lebbra indos-serà vesti stracciate, avrà il caposcoperto e la barba velata. Andrà,gridando: Immondo! Immondo!...E se ne starà fuori dell’accampa-mento” (13,45-46). Era, di conse-guenza, un uomo socialmentemorto, schivato con orrore da tuttii fedeli, timorosi di essere infettatinon solo fisiologicamente, ma an-che e soprattutto moralmente e sa-cralmente.

Gesù, invece, si mette sulla suastrada, lo accosta e giunge al puntodi toccarlo. Non soltanto non locondanna, ma, come nota Marco,si commuove profondamente(splanchnisthéis), lo guarisce e loinvia dai sacerdoti, quasi con unapunta di ironia, per farsi rilasciarel’attestazione ufficiale di guarigio-ne e di riammissione nella societàcivile. Abolendo tutti i tabù dellacasistica etico-giudiziaria di allora,questo atto miracoloso presenta lecaratteristiche di un comportamen-to originale e fin provocatorio diCristo che privilegia la cura delsofferente sul rispetto del rituali-smo sacrale. Altre volte, invece, èla pura e semplice quotidianità aessere affidata alle mani di Gesù.Pensiamo al caso della suocerafebbricitante di Pietro. Le due ma-ni, quella del Salvatore e della ma-lata, s’intrecciano tra loro: «La fe-ce alzare, prendendola per mano ela febbre la lasciò” (Mc 1,31; in Mt8,15 si legge: “Le toccò la mano”,quasi tastandole il polso come si faper misurare le pulsazioni accele-rate dalla febbre).

Altre volte il gesto è ancor piùconcreto e diretto, come quandoCristo “pone le dita negli orecchi econ la saliva tocca la lingua del sor-domuto” (Mc 7,33), rimandando auna prassi terapeutica arcaica, quel-

la che riconosceva un potere effica-ce in alcune sindromi alla saliva, at-to che viene ripetuto nel caso delcieco nato quando Gesù “sputa perterra, fa del fango con la saliva e lospalma sugli occhi del cieco” (Gv9,6). Altre volte semplicemente“tocca gli occhi ai ciechi” (Mt 9,29;20,34), liberandoli da un’affezione,quella delle sindromi oftalmiche,quasi endemica nell’antico VicinoOriente, causata da diversi motiviigienici e ambientali.

Cristo rifiuta di indossare i pan-ni di un mago o di un santone distampo apocalittico. I suoi gestimiracolosi ignorano, infatti, il ri-corso agli incantesimi, alle tecni-che preternormali, alle scenografieesaltanti, alle eccitazioni oracolari,come avrebbe sognato (ed even-tualmente inventato) un seguace invena di celebrazione del suo mae-stro e come ancor oggi vediamoaccadere in certi movimenti reli-giosi esasperati e nella curiosità“misterica” popolare. I suoi atti so-no, al contrario, elementari. Comesi è visto, tocca gli occhi o le orec-chie, impone le mani, prega, dialo-ga col malato. In un’occasione nonriesce neppure a guarire subito unmalato: è il caso del cieco di Bet-saida, sanato in due tappe (nellaprima costui riesce solo a vedere“gli uomini come alberi che cam-minano” in modo confuso; nellaseconda “vede chiaramente e a di-stanza ogni cosa”: Mc 8,22-25). AGesù, più che il suo personaletrionfo e il successo del suo movi-mento, interessano la fede, la con-versione individuale e la liberazio-ne dal male, al punto che può per-sino guarire in disparte dalla follaper evitare pubblicità. L’animadella sua azione è religiosa e nonpropagandistica o apologetica.

GIANFRANCO RAVASI

Euntes docete et curate infirmos (Mt 10,7-8)Urgenza e pertinenza biblica della missioneper gli infermi

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Cristo rifiuta di cavalcare il feb-brile entusiasmo messianico-poli-tico dei suoi contemporanei; egli sipremura soprattutto di annunziarela venuta del Regno di Dio. Infatti,i miracoli sono quasi una predica-zione in atto del Regno, ne sonouna rappresentazione efficace e“simbolica”, ne sono una confer-ma “sperimentale”. In una frase,considerata dagli studiosi cometrasmessa da un’antica tradizionearamaica pre-evangelica, Gesùesclama: “Guai a te, Corazin! Guaia te, Betsaida! Perché, se a Tiro o aSidone fossero stati compiuti i mi-racoli operati in mezzo a voi, giàda tempo avrebbero fatto peniten-za, ravvolte nel cilicio e nella ce-nere!” (Mt 11,21). I miracoli, nelleintenzioni di Gesù, s’intreccianointimamente con la sua parola e di-ventano un appello “visibile” allaconversione e alla fede, in coeren-za col suo comportamento genera-le, e non grandi segni pubblicitari epromozionali di un messianismopolitico e magico, come avrebbevoluto Satana nel celebre raccontodelle tentazioni quando gli propo-ne scelte clamorose e spettacolari(Mt 4,1-11; Lc 4,1-13). Il legameintimo tra miracoli e fede nel Re-gno di Dio è formalizzato da Gesùstesso quando dichiara: “Se ioscaccio i demoni per virtù delloSpirito di Dio, è certo giunto travoi il Regno di Dio” (Mt 12,28).

In “continuità” col suo stile co-stante di predicazione e di azionein favore dei poveri, degli emargi-nati e degli esclusi da parte del-l’“ufficialità” del suo tempo, Cri-sto destina soltanto a costoro la suaparola miracolosa, efficace e sal-vatrice. Per questo, dobbiamo af-fermare che Regno di Dio, morte erisurrezione e miracoli fanno partedi un unico sistema coerente chedefinisce il Gesù storico nella suacostante personalità, ma anche del-la sua originalità. Un capitolo a séstante in questo senso – che perònon possiamo affrontare all’inter-no della nostra trattazione moltosemplificata e specifica – è quellodei racconti evangelici nei qualiCristo si erge a fronteggiare il de-moniaco attraverso la liberazionedegli ossessi.

Si tratta di un esplicito confron-to con la radice oscura del maleche ha in sé una dimensione anchemorale e trascendente e che, quin-

di, non è riducibile solo alla malat-tia. Certo, in alcuni casi, ci ritro-viamo semplicemente di fronte arivestimenti “satanici” di pure esemplici sindromi gravi psico-fisi-che: pensiamo al ragazzo “inde-moniato” guarito ai piedi del mon-te della Trasfigurazione che rivelala tipica sintomatologia dell’epi-lessia (“Quando lo spirito muto loafferra, lo getta a terra ed eglischiuma, digrigna i denti e si irrigi-disce… Preso dalle convulsioni,cade a terra e vi si rotola schiu-mando” Mc 9,18.20). Altre volte,però, è esplicitamente in causa ilmistero di Satana che travolge lapersona, persino quando essa è inpreghiera in sinagoga (Mc 1,21-26): anche su questo male morale,come su tutto l’orizzonte tenebro-so del peccato, la mano di Cristonon esita a posarsi divenendo sor-gente di liberazione e salvezza.

In questa luce i miracoli di Ge-sù, che occupano ampio spazio delsuo ministero pubblico (all’incircail 45% del racconto marciano del-l’attività ufficiale di Cristo – esclu-se la Passione e la Risurrezione – èfatto di narrazioni di miracoli), so-no un elemento fondamentale delsuo ritratto, a tal punto che non èsolo Gesù a “toccare” i malati persanarli, ma sono loro che lo cerca-no per essere guariti: “Quanti ave-vano qualche male si gettavano sudi lui per toccarlo… Lo supplica-vano di poter toccare almeno illembo del suo mantello e quanti lotoccavano venivano salvati” (Mc3,10; 6,56; si ricordi l’episodiodell’emorroissa in Mc 5,27-31). Èper questo realismo – come notavauno scrittore italiano, Luigi San-

tucci, nella sua “vita di Gesù” inti-tolata Volete andarvene anche voi?(1969) – che “noi raccontiamo imiracoli di Cristo come cose capi-tate a noi, perché ognuno di noi,solo che pensi alla sua storia, è sta-to a Cafarnao, sul lago di Tiberia-de, ha conosciuto la paralisi, lafebbre, la follia, le tempeste, lamorte. Mille volte ci è stato detto:«Sii guarito!» e il nostro essere èrinato, «Sii mondato!» e le nostrepiaghe sono scomparse, «Vienifuori!» e la pietra del sepolcro si èspalancata sul nostro buio”.

Le mani dei discepoli

Vi è, però, a questo punto un ele-mento decisivo da aggiungere,quello dell’imitatio Christi da partedel discepolo. E questo avvienesulla base di una precisa missione

che risale allo stesso Gesù storico.Infatti, come è noto, durante il suoministero pubblico al gruppo deidiscepoli egli assegna un precisomandato che ha la sua formulazio-ne lapidaria all’interno del secondodei cinque discorsi incastonati nel-la struttura del Vangelo di Matteo,il cosiddetto “Discorso missiona-rio”. In questo testo si formula inmodo netto lo stesso incrocio traparola e atti, tra labbra e mani cheaveva delineato il ritratto del voltodel Maestro e Signore: “Predicate,dicendo che il Regno dei cieli è vi-cino. Guarite gli infermi, risuscita-te i morti, purificate i lebbrosi,scacciate i demoni” (10,7-8).

Da un lato, si ha dunque ilkérygma, l’“annuncio” (kerýssete,“predicate”) che ha – come per la

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stessa predicazione di Cristo (Mt4,17) – il suo programma nellaproclamazione del Regno, ossiadel progetto di salvezza di Dio.D’altro lato, ecco i segni del Re-gno in azione, espressi nei quattroimperativi che definiscono altret-tante categorie di persone da libe-rare dal male, sul modello delcomportamento di Cristo nel suoagire pubblico: i malati (asthe-nountes) da curare (therapéuete), imorti (nekroús) da risuscitare(eghéirete), i lebbrosi (leproús) dapurificare sia fisicamente sia so-cialmente, come sopra si è detto(katharízete), e infine la vittoriasui daimónia. Ebbene, questo pro-gramma è messo in opera subitodopo, attraverso la prima missioneapostolica allorché Gesù “mandò[i suoi discepoli] a due a due, dan-do loro il potere sugli spiriti impu-ri” (Mc 6,7).

La loro attività missionaria èesplicitamente modulata sia sul-l’annunzio, quindi sulla parola:“Proclamavano che la gente siconvertisse”, sia sull’opera tauma-turgica perché le loro mani “scac-ciavano molti demoni e ungevanodi olio gli infermi, guarendoli”(Mc 6,13). È ciò che si ribadirà an-che nella missione post-pasqualedei discepoli, allorché il Cristo ri-sorto dichiara che i suoi discepoli“nel mio nome scacceranno demo-ni, imporranno le mani ai malati equesti guariranno” (Mc 16,17-18).In pratica, abbiamo in questi passisinottici l’anticipazione della pro-messa giovannea dei discorsi del-l’ultima cena: “Chi crede in me,anch’egli compirà le opere che iocompio e ne compirà di più grandidi queste, perché io vado al Padre”(Gv 14,12). Il ministero di rivela-zione e di salvezza, di cui i miraco-li sono segni, da Cristo proseguirànei discepoli, ossia nella Chiesa,suo corpo glorioso operante nellastoria.

Se volessimo cercare un model-lo esemplare di quest’azione di li-berazione e di amore svolta dal di-scepolo, potremmo rimandare allafigura parabolica del Buon Sama-ritano che, non solo si commuove“visceralmente” (splanchnísthe),partecipando alla sofferenza dellosventurato, ma anche lo cura conpremura e con carità operosa: “Glifasciò le ferite, versandovi vino eolio; poi lo caricò sulla sua caval-

catura, lo portò in un albergo e siprese cura di lui” (Lc 10,33-34). Èciò che è compiuto dagli Apostolinel loro ministero pubblico. Signi-ficativa è, al riguardo, la testimo-nianza delle due colonne della cri-stianità delle origini, Pietro e Pao-lo, all’interno del racconto degliAtti.

Al paralitico Enea di Lidda – co-me era già accaduto per lo storpiodella Porta Bella del tempio di Ge-rusalemme, sanato da Pietro e Gio-vanni (At 3,1-10) – Pietro procla-ma: “Enea, Gesù Cristo ti guari-sce; alzati…!” (At 9,32-35). L’ope-ra del discepolo si fonda, perciò,sulla salvezza offerta da Cristo. Si-milmente, a Giaffa è ancora Pietroa ripetere gli stessi atti di Gesù neiconfronti della figlia di Giairo (Mc5,41: “Prese la mano della bambi-na e le disse: Talità kum, Fanciulla,io ti dico, alzati!”). Infatti, a Tabitàadagiata sul letto funerario dichia-ra: “Tabità, alzati! Ed ella aprì gliocchi, vide Pietro e si mise a sede-re. Egli le diede la mano e la fecealzare” (At 9,40-41).

Una scena, per certi versi, analo-ga anche se molto più “quotidia-na”, vede per protagonista l’apo-stolo Paolo. Alle spalle egli hal’impressionante vicenda del nau-fragio che l’ha scaraventato sullecoste dell’isola di Malta. Là il go-vernatore romano locale (prótos)di nome Publio soccorre e ospitacon benevolenza l’apostolo che gliricambia il gesto in modo inatteso.“Avvenne, infatti, che il padre diPublio giacesse a letto, colpito dafebbri e dissenteria. Paolo andò avisitarlo e, dopo aver pregato, gliimpose le mani e lo guarì. Di fron-te a questo fatto, anche gli altri abi-tanti dell’isola che avevano malat-tie accorrevano e venivano guari-ti” (At 28,8-9).

Preghiera e malattia

È significativo che anche l’Apo-stolo metta in pratica l’appello diCristo a imporre le mani e a sana-re. Ma sempre si ha l’attenzione aevitare di concepire questi atti co-me puri e semplici eventi tauma-turgici. Infatti, o si invoca esplici-tamente il nome di Cristo oppure siintreccia il gesto con la preghiera.È su questo duplice elemento chepossiamo introdurre un’ultima

considerazione che unisce labbra emani in una forma particolare,quella della preghiera e della gua-rigione. Leggiamo innanzitutto iltesto di riferimento che abbiamoscelto e che è desunto dalla Letteradi Giacomo, un passo meritevoledi essere meditato sia dai malatisia dagli operatori pastorali nelcampo della sofferenza. “Chi travoi è nel dolore, preghi; chi è nellagioia, canti salmi. Chi è malato,chiami a sé i presbiteri della Chie-sa e preghino su di lui, dopo averlounto con olio, nel nome del Signo-re. E la preghiera fatta con fedesalverà il malato: il Signore lo rial-zerà e se ha commesso peccati, glisaranno perdonati. Confessate per-ciò i vostri peccati gli uni agli altrie pregate gli uni per gli altri per es-sere guariti. Molto vale la preghie-ra del giusto fatta con insistenza”(Gc 5,13-16).

Come è noto, è stato proprio sul-la base di questo passo che la tradi-zione cristiana ha celebrato il sa-cramento dell’unzione degli infer-mi, purtroppo in passato degenera-to spesso in “estrema unzione”,quasi fosse solo un atto sacro riser-vato ai moribondi. Il Concilio diTrento ha stabilito solennementeche si tratta di un “sacramento isti-tuito da Cristo nostro Signore epromulgato dal beato Giacomoapostolo”. Come già si è detto, nelVangelo di Marco si racconta che idiscepoli, inviati da Gesù per unaprima missione, “ungevano conolio molti infermi e li guarivano”(6,13). Ora, nell’antico VicinoOriente l’olio era considerato co-me un tonificante dei tessuti del-l’organismo, tant’è vero che lo sispalmava sugli atleti. Tuttavia, l’o-lio sacro era anche la materia delleconsacrazioni regali e sacerdotaliperché esso aveva la funzione diirradiare nell’eletto la stessa forzaed energia di Dio. Famosa è la fra-se che il profeta Isaia dichiara perse stesso e per la sua vocazioneprofetica, ma che Cristo applica al-la sua consacrazione messianica:“Lo Spirito del Signore è sopra dime, perché il Signore mi ha consa-crato con l’unzione…” (Is 61,1; Lc4,18-19).

Ebbene, ritorniamo ora al testodella Lettera di Giacomo ove tro-viamo vari elementi che ci permet-tono di poter intuire la realtà delsacramento: la sofferenza, la pre-

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25DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

ghiera, il malato, il suo appello, ipresbiteri della Chiesa, cioè i capidella comunità, l’unzione con l’o-lio, l’invocazione del nome del Si-gnore, la guarigione e il perdonodei peccati. Cerchiamo, allora, didefinire la fisionomia di quel sa-cramento, cioè di quel dono dellagrazia divina offerto nella Chiesa achi crede nel Signore Gesù, cheviene spesso amministrato nei no-stri ospedali e che, non di rado, ècelebrato in modo comunitario,proprio come si conviene a un ve-ro sacramento e come suggeriscela stessa Lettera di Giacomo. Sihanno innanzitutto i ministri delsacramento: essi sono i presbiteri.Si indicano poi i destinatari: sono imalati (il verbo greco astheneinparla di “essere infermo, debole”),non i moribondi. Infatti, si ricordache devono essere in grado di chia-mare loro stessi i presbiteri, cioè diavere una coscienza e un segno dilibertà e di adesione, come è ri-chiesto – almeno implicitamente –da ogni sacramento perché non sitrasformi in un atto quasi magico.

In questa linea si è mossa la re-cente Pastorale della Sofferenzache conferisce l’unzione ai malaticonsapevoli, senza certamenteescludere quelli che, in situazionecritica o in agonia, hanno, con laloro vita o almeno con un loroorientamento generale, mostratoun’apertura alla grazia nella fede.Purtroppo, come si diceva, per ta-luni cristiani l’unzione dei malati èancora soltanto l’“estrema unzio-ne” del malato terminale, per nondire appena spirato: una volta, in-

fatti, si amministrava spesso il sa-cramento sub conditione, vale a di-re in modo condizionato alla suareale capacità di vita, non verifica-bile esteriormente. Passiamo poi,dopo il ministro e il soggetto delsacramento, a quella che si usavachiamare la “materia” del sacra-mento.

Due sono gli elementi da consi-derare nel rito. Da un lato, l’unzio-ne con l’olio santo secondo quelsimbolismo a cui sopra abbiamofatto riferimento; dall’altro lato, viè la preghiera che comprende unavera e propria formula di unzione,tant’è vero che si fa riferimento al“nome del Signore” secondo unadimensione liturgica ben nota ecollegata a questa espressione. Sipassa, infine, agli effetti del sacra-mento che sono di due tipi. Vi è lasalvezza fisica, la salute offerta dalDio della vita al malato che, così,potrà rialzarsi dal letto ove primaera giacente. Ma vi è anche la sal-vezza spirituale che è la liberazio-ne dal peccato, qualora il malatofosse ancora coinvolto nel suo ma-le interiore o comunque ricono-scesse di aver bisogno della mise-ricordia divina per la sua fragilitàdi creatura debole e infedele. Si in-travede in questa unione tra malat-tia e peccato già la citata antica tra-dizione biblica detta “della retribu-zione” che cercava di individuarealla radice di ogni malattia unacolpa (si legga, ad esempio, il sal-mo 38).

Gesù ridimensionerà di moltoquesta concezione. Basti leggerel’inizio del racconto del cieco nel

Vangelo di Giovanni: “PassandoGesù vide un uomo cieco dalla na-scita e i suoi discepoli lo interroga-rono: «Rabbì, chi ha peccato, lui oi suoi genitori, perché nascessecieco?». Rispose Gesù: «Né lui hapeccato né i suoi genitori, ma è co-sì perché si manifestassero in lui leopere di Dio»” (9,1-3). Si può, co-munque, intravedere in questamenzione del perdono dei peccatiun’affermazione più generale sullafunzione di salvezza di ogni sacra-mento, quella cioè di liberare l’uo-mo dal male e di inserirlo nella vi-ta stessa di Dio. Dicevamo soprache è necessaria la risposta del-l’uomo al dono di Dio: essa si ma-nifesta nella fede del malato cheaccoglie la grazia offerta da Cristo.Nel passo di Giacomo si parla ap-punto in modo esplicito di fede:“La preghiera fatta con fede sal-verà il malato”. Si incrociano, così,le due dimensioni del sacramento:da un parte, ecco l’azione efficacedi Dio che salva, dall’altra, ecco lascelta libera dell’uomo che si affi-da al Signore nella fede e nella pre-ghiera e partecipa alla vita e al cul-to della comunità ecclesiale, luogodi salvezza. Possiamo, quindi, ri-portare questo sacramento al suoambito ecclesiale, alla sua celebra-zione solenne e alla sua funzionedi segno efficace di salvezza e disperanza per quanti vivono nellatenebra del dolore.

S. Em.za Card. GIANFRANCORAVASI

Presidente del Pontificio Consiglioper la Cultura

Santa Sede

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CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA26

1. La persona che soffre non la-scia indifferenti, interpella. Il mala-to, nella sua debolezza e impoten-za, è portatore di una invocazionedi aiuto, di assistenza, di vicinanza,di condivisione. La sua dolorosa si-tuazione evidenzia la fragilità e ladebolezza della nostra umanità e ilsuo impellente bisogno di guarigio-ne fisica e di redenzione spirituale.

La sua “voce” fa risuonare in noiuna verità spesso celata e cioè larealtà della nostra finitezza, limita-tezza e delle conseguenze di quelpeccato originale, che porta con sésofferenza, malattia e morte.

Anche nella sua fragilità, però, ilmalato resta pur sempre una perso-na creata a immagine somigliantis-sima a Dio e redenta dal sangue pre-zioso del suo Figlio Gesù Cristo.

Nel Vangelo Gesù ha prediletto ipoveri, gli emarginati, gli infermi.Oltre, che medico delle anime, eglisi è presentato anche come medicodei corpi, guarendo sordomuti,lebbrosi, paralitici e risuscitando imorti. Per lui l’uomo era ferito siadal peccato sia dalle infermità. Aentrambi questi suoi limiti egli po-neva rimedio, rimettendo i peccatie restituendo la salute fisica. Perlui, la guarigione era come la portasanta per immettere nel cuore del-l’ammalato l’abbondanza dellagrazia divina. L’infermo venivacosì restituito alla salute fisica espirituale. La guarigione fisica co-stituiva l’immagine visibile dellaguarigione spirituale invisibile.Questa relazione tra cura della ma-lattia e cura dell’anima è una indi-cazione importante, per i percorsipastorali degli operatori cristianidella salute.

Le cure mediche possono essereaccompagnate, nella libertà e nelsacro rispetto della coscienza altrui,dalle medicine spirituali, per guari-re altre infermità invisibili, ma rea-li, come l’ignoranza del proprio es-

sere cristiano, la trascuratezza dellapropria condotta di vita, l’oscura-mento della propria esistenza di fe-de. L’invocazione della guarigionefisica può essere unita alla cura del-la salute spirituale.

2. Di qui l’urgenza di un servizioche possono e devono prestarequanti operano nel campo della Pa-storale della Salute, siano essi par-roci, cappellani ospedalieri, religio-si, suore, ministri straordinari dellacomunione o volontari a vario tito-lo. Si tratta di un accompagnamen-to spirituale che può integrare conprudenza la catechesi, l’ammini-strazione dei sacramenti e anche,all’occorrenza, il primo annunciodel Vangelo di Gesù Cristo. Nellanostra società multirazziale e mul-tireligiosa, non si può non proporrela buona notizia della salvezza inGesù Cristo, senza alcuna costri-zione alcuna e nella più rigorosa at-tenzione al rispetto della coscienzaaltrui.

Per i cristiani che spesso, frastor-nati da una società distratta e super-ficiale, dimenticano la cura dellapropria anima, gli operatori di pa-storale non possono non valorizza-re i sacramenti, soprattutto quellidella Riconciliazione e dell’Eucari-stia. Con il primo si libera l’animadei malati dalle angosce e dallepaure che accompagnano sempre,consciamente o inconsciamente,una situazione peccaminosa, resti-tuendo serenità e gioia di vivere.Con l’Eucaristia si immette nelcuore dell’infermo quella grazia di-vina, che impregna di carità e disantità la sua persona, i suoi senti-menti, i suoi pensieri, le sue azioni,donando il coraggio e la fortezzanecessari per poggiare il propriocapo sul petto del Crocifisso, percondividere con lui sofferenze eumiliazioni che spesso la malattiaporta con sé.

3. Particolare attenzione, gli ope-ratori di pastorale devono portareall’uso del sacramento degli infer-mi. La Chiesa, infatti, avendo rice-vuto dal Signore l’imperativo diguarire gli infermi, si impegna adattuarlo con le cure verso i malati econ le preghiere di intercessione:“Essa soprattutto possiede un Sa-cramento specifico in favore degliinfermi, istituito da Cristo stesso eattestato da san Giacomo: «Chi èmalato, chiami a sé i presbiteri del-la Chiesa e preghino su di lui, dopoaverlo unto con olio nel nome delSignore» (Gc 5,14-15)”.1

Questo sacramento, come si sa,può essere reiterato più volte, ogniqualvolta si verifica un aggravarsidella malattia. Forse conviene ri-cordare, che questo sacramentopuò essere amministrato solo da sa-cerdoti, siano essi vescovi o presbi-teri2.

Gli effetti di questo sacramentosono particolarmente importanti.Anzitutto esso conferisce una gra-zia particolare, che unisce più inti-mamente il malato alla passione diCristo, per il suo bene e per quellodi tutta la Chiesa. Gli dona, inoltre,conforto, pace, coraggio e anche ilperdono dei peccati, se il malatonon ha potuto confessarsi. Questosacramento consente talvolta, seDio lo vuole, anche il recupero del-la salute fisica. Infine, l’unzioneprepara il malato al passaggio nellaCasa del Padre3.

4. La grazia divina dà alla malat-tia e alla sofferenza un particolarevalore di purificazione e di reden-zione. Il Compendio del Catechi-smo della Chiesa Cattolica inse-gna: “La compassione di Gesù ver-so gli ammalati e le sue numeroseguarigioni di infermi sono un chia-ro segno che con lui è venuto il Re-gno di Dio e quindi la vittoria sulpeccato, sulla sofferenza e sulla

ANGELO AMATO

La salus animarum nella cura pastoraledel malato

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morte. Con la sua passione e morte,egli dà un nuovo senso alla soffe-renza, la quale, se unita alla sua,può diventare mezzo di purificazio-ne e di salvezza per noi e per gli al-tri” (n. 315).

La stessa infermità, con il suofardello di debolezza fisica, può di-ventare anche un’opportunità dimaturazione religiosa e, talvoltaanche una vocazione alla perfezio-ne cristiana e alla stessa santità. Èquesta l’esperienza consueta nonsolo di consacrati e consacrate e diministri di Dio, ma anche di laici elaiche, che, colpiti dalla malattia,sono diventati testimoni eroici difede, di speranza e di carità.

Cito solo due esempi di laici,beatificati solennemente quest’an-no di grazia 2010. Sono ammalatiche hanno fatto del letto di soffe-renza un altare per offrire al Signo-re le loro pene fisiche e una cattedraper educare i sani a ringraziare Dioper la loro salute fisica. Si tratta delBeato Manuel Lozano Garrido,detto “Lolo”, giornalista e scrittore,beatificato a Linares in Spagna, il12 giugno scorso, e della giovanefocolarina, Chiara Badano, beatifi-cata qui a Roma, il 25 settembre2010.

Saliti sulla croce della sofferenzaaccanto a Gesù, la grazia divina hafortificato le loro anime trasfor-mando il loro Calvario nel Tabordella trasfigurazione. Colpiti damalattie gravi e invalidanti, en-trambi, nutriti di grazia divina me-diante i sacramenti della Riconci-liazione e dell’Eucaristia, sono sta-ti maestri di serenità, di fortezzacristiana, convertendo la loro ma-lattia in missione di evangelizza-zione e di conversione.

Lolo, con gli occhi spenti delcorpo, affinò gli occhi della fedeper poter scorgere in lui e nel pros-simo la luce dello Spirito Santo. Perquesto soleva dire che le stelle sivedono di notte. Nonostante gli artirattrappiti, egli si spostava agil-mente col cuore e con la mente,viaggiando nei cieli della verità edella bellezza. I suoi malanni fisicilo resero più sensibile alle armoniespirituali, diversamente da noi, che,storditi dalla marea di futili imma-gini quotidiane e intontiti dal fra-stuono dei loro suoni, non riuscia-mo più a percepire il canto del crea-to, finendo per diventare, noi sì,ciechi e sordi. Lolo vedeva e capiva

le mille presenze benefiche dellaDivina Provvidenza nella sua vitapersonale e nella storia dell’uma-nità. Per questo la sua esistenza nonfu segnata dalla tristezza, ma dallagioia; non dai rimpianti ma dall’in-traprendenza apostolica; non dallasolitudine ma dalla comunicazionee dall’amicizia con tutti, grandi epiccoli, sani e malati, poveri e ric-chi. La sua fu una esistenza di au-tentica santità evangelica.

Un secondo esempio è dato dalladiciottenne focolarina Chiara Bada-no. L’amore a Gesù Abbandonato leinfuse quell’energia spirituale,quella grazia capace di sopportareogni avversità. Colpita a 16 anni daosteosarcoma, accetta la croce condolore, ma con serena fortezza:“Non ho più le gambe e mi piacevatanto andare in bicicletta, ma il Si-gnore mi ha dato le ali”4. Soffriva,ma l’anima cantava. Rifiuta la mor-fina perché – diceva – “mi toglie lu-cidità e io posso offrire a Gesù sol-tanto il mio dolore”. Alla fine di di-cembre del 1989, quando la malat-tia la stava divorando, riceve daChiara Lubich un messaggio di Vi-ta: “Chi rimane in me ed io in lui,questi porta molto frutto” (Gv15,5). Il 26 luglio del 1990, la Lubi-ch le dà un nome nuovo, “Luce”.Nome indovinatissimo, perchéChiara diventò un’esplosione di lu-ce divina, che sorprendeva tutti,giovani e adulti. Diceva spesso:“Gesù è da amare e basta”. Coloroche la visitavano credevano di por-tarle affetto e consolazione, ma inrealtà erano loro a ricevere confortoe incoraggiamento. Il suo apostola-to era unire armonicamente questavalle di lacrime con la Gerusalem-me celeste. L’incontro con Chiara –

arriva a dire un teste – dava “la sen-sazione di incontrare Dio”.

5. Nell’Enciclica Spe salvi ilSanto Padre Benedetto XVI notache: “La misura dell’umanità si de-termina essenzialmente nel rappor-to con la sofferenza e col sofferen-te. Questo vale per il singolo comeper la società” (n. 30). In questosenso la Chiesa continua a offrireun contributo di incalcolabile valo-re per promuovere un mondo piùcapace di accogliere e curare i ma-lati come persone.

Concludo, con un richiamo al Ve-nerabile Papa Giovanni Paolo II,che, all’apice della sua personalesofferenza fisica, non nascosta mamostrata al mondo con umiltà e for-tezza, nel messaggio per la XIIIGiornata Mondiale del Malato, in-vitò a valorizzare meglio la Pastora-le della Salute, affermando: “Nellanostra epoca, segnata da una culturaimbevuta di secolarismo, si è taloratentati di non valorizzare appienotale ambito pastorale. Si pensa chealtri siano i campi in cui si gioca ildestino dell’uomo. Invece, è pro-prio nel momento della malattia chesi pone con più urgenza il bisognodi trovare risposte adeguate allequestioni ultime riguardanti la vitadell’uomo: le questioni sul sensodel dolore, della sofferenza e dellastessa morte, considerata non sol-tanto come un enigma con cui fati-cosamente confrontarsi, ma comemistero in cui Cristo incorpora a Séla nostra esistenza, aprendola aduna nuova e definitiva nascita per lavita che mai più finirà. In Cristo stala speranza della vera e propria sa-lute, la salvezza che Egli porta è lavera risposta agli interrogativi ulti-mi dell’uomo. Non c’è contraddi-zione fra salute terrena e salute eter-na, dal momento che il Signore èmorto per la salute integrale del-l’uomo e di tutti gli uomini”.

S.Em.za Card. ANGELO AMATO,SDB

Prefetto della Congregazionedelle Cause dei Santi

Santa Sede

Note1 Compendio del Catechismo della Chiesa

Cattolica, n. 315.2 Ivi, n. 317.3 Ivi, n. 319.4 Informatio Relatoris, p. 2.

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È un grande onore e un privile-gio per me essere qui in Vaticano,e rivolgermi a questa augusta as-semblea di eminenti personalità.Vorrei esprimere profondo apprez-zamento e gratitudine a Sua San-tità Benedetto XVI per la sua ulti-ma Enciclica, Caritas in veritate,in cui ci fornisce profonde rifles-sioni su questioni sociali ed econo-miche legate alle ineguaglianze eal sottosviluppo del mondo oggi.Portando avanti concetti quali svi-luppo umano integrale e sviluppocome vocazione, e promuovendo ilrispetto per la dignità umana e l’u-guaglianza tra gli uomini, il Pon-tefice ricorda alla comunità inter-nazionale e ai suoi leader i loro do-veri e le loro responsabilità nelfronteggiare la condizione di mi-liardi di persone che vivono oggiin povertà.

Una delle caratteristiche fonda-mentali della salute pubblica è lafilosofia alla base della giustiziasociale. Fattori significativi nellasocietà quali distinzione di classesociale, razzismo, etnia, cultura edifferenze di norme e valori, com-promettono l’equa distribuzionedei benefici e degli oneri sociali.Tali differenze creano spesso ten-sioni e conflitti tra le persone e leistituzioni che hanno vedute e inte-ressi opposti. Le tensioni, poi, si ri-percuotono sulla salute, come statodi completo benessere fisico, men-tale e sociale.

Come movimento sociale, l’as-sistenza sanitaria primaria è di na-tura pubblica e politica, ma è fon-data sulle scienze biologiche, fisi-che, sociali e comportamentali.L’approccio dell’assistenza sanita-ria primaria ha fornito un nuovopensiero per la salute pubblica cheabbraccia conoscenza e rispostealle nuove minacce alla salute pub-

blica e ai loro determinanti. La suapratica coinvolge una vasta gam-ma di soggetti e iniziative all’inter-no dei sistemi sanitari.

Il tema che mi è stato chiesto ditrattare a questo incontro, “Accessoalle cure sanitarie primarie: 32 annidopo Alma Ata quali progressi so-no stati raggiunti nel continenteafricano?”, è tempestivo e pertinen-te soprattutto se collocato nel con-testo degli Obiettivi di Sviluppo delMillennio e il loro raggiungimentoentro il 2015. Questa Conferenzainternazionale è quindi un momen-to propizio per riflettere e fare ilpunto della situazione.

Nel mio intervento, passerò pri-ma brevemente in rassegna il con-cetto di assistenza sanitaria di basee quanto è stato realizzato dopo laConferenza di Alma Ata del 1978.Sulla base delle ultime statistichedisponibili, farò poi una panorami-ca dell’implementazione dell’assi-stenza sanitaria e dei fattori cheostacolano il progresso verso ilconseguimento di un accesso uni-versale alle cure sanitarie. Nella se-zione finale del mio intervento miconcentrerò sul ruolo della Chiesa.

Il concetto di assistenzasanitaria di base

Permettetemi di ricordare gli svi-luppi storici che hanno portato allanascita del concetto di assistenzasanitaria primaria. A mio parere,tre eventi principali hanno gettatole basi per l’assistenza sanitaria pri-maria. In primo luogo, nel 1973, unstudio globale dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) su“Metodi per promuovere lo svilup-po dei servizi sanitari di base”, cheha rivelato l’incapacità dei servizisanitari di soddisfare le aspettative

della maggioranza della popolazio-ne a causa dei costi crescenti e del-le disparità di accesso alle cure sa-nitarie. In secondo luogo, la 30ª As-semblea Mondiale della Sanità, del1977, che ha convenuto che il prin-cipale obiettivo sociale da attuareentro il 2000 sarebbe stato il rag-giungimento da parte di tutti i po-poli di un livello di salute che per-metta loro di condurre una vita so-cialmente ed economicamente pro-duttiva. Terzo, la Conferenza inter-nazionale del 1978 sull’AssistenzaSanitaria Primaria, tenutasi ad Al-ma Ata nell’ex Unione Sovietica,che ha ribadito l’obiettivo della“salute per tutti” e ha adottato l’as-sistenza sanitaria primaria comestrategia per raggiungere questoobiettivo entro il 2000.

Da un lato, a causa della sua at-tenzione primaria alla promozionedella salute e alla prevenzione del-le malattie, l’assistenza sanitariaprimaria fu avanzata e accettatacome strategia di costo-efficaciaper conseguire la salute per tutti.Dall’altro, sono stati confermati iprincipi alla base dell’assistenzasanitaria primaria, come giustiziasociale, equità, diritti umani, acces-so universale ai servizi, coinvolgi-mento comunitario, e priorità per ipiù vulnerabili. Questi principihanno suscitato interesse e sonostati ampiamente accettati all’inter-no della comunità internazionale etra le persone di buona volontà.

La necessità di una coperturauniversale dei servizi sanitari èfondamentale oggi come lo era adAlma Ata 32 anni fa. L’attuale cli-ma sociale, economico, politico eambientale, l’impatto della globa-lizzazione, e i progressi dellascienza della salute e della tecno-logia, richiedono riforme del setto-re sanitario per ottenerne un conti-

LUIS GOMES SAMBO

Accesso alle cure sanitarie primarie:32 anni dopo Alma Ata quali progressisono stati raggiunti nel continente africano?

CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA28

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Figura 1 – Tendenze nell’aspettativa di vita alla nascita,in regioni selezionate, 1950-2010

Integrazione – dato che coinvol-ge il lavoro di squadra da parte diprofessionisti sanitari di varie di-scipline e vari livelli, tale assisten-za fornisce un ottimo approccioper migliorare le risposte multidi-sciplinari e intersettoriali alla salu-te e ai bisogni a essa collegati.

L’assistenza sanitaria primaria èquindi una strategia utile per af-frontare temi di attualità legati alsistema sanitario e alla gestione,alle risorse umane per la salute, alfinanziamento della sanità, all’ac-cesso alle tecnologie sanitarie, allaqualità dell’assistenza sanitaria, aideterminanti sociali della salute,alla promozione della ricerca e allagestione dell’informazione e dellaconoscenza.

Accesso all’assistenza sanitariaprimaria

Dalla Conferenza di Alma Atasull’assistenza sanitaria primaria, iPaesi della regione africana hannocompiuto alcuni progressi. L’eradi-cazione del vaiolo è un grande risul-tato condiviso con tutti i Paesi delmondo. Esempi più recenti includo-no il controllo del morbillo, i pro-gressi nella eradicazione della po-liomielite, l’eliminazione della ma-lattia del verme di Guinea e dellalebbra, e il controllo della cecità dafiume in molte aree del continente.

Vi è stata anche una riduzionedella mortalità infantile e materna,anche se questi indicatori sono ipeggiori al mondo e rappresentanouna fonte di grande preoccupazio-ne (vedi Figura 1).

curezza ottimale, standard igienicie protezione dai farmaci contraf-fatti è davvero un compito titanico.Tali cure non sicure, come vengo-no chiamate, porta ad alti tassi diinfezioni ospedaliere evitabili, e amolte altre complicazioni.

In quinto luogo, è una conoscen-za epidemiologica comune chel’onere della malattia si affrontameglio attraverso la promozionedella salute e la prevenzione e ilcontrollo delle malattie. Tuttavia,le priorità dei finanziamenti di so-lito destinano maggiori risorse agliospedali e altri servizi curativi. Ta-li deformazioni nella distribuzionedelle risorse all’interno del sistemasanitario porta a ciò che è ormainoto come misdirected care, cioèuna cattiva assistenza.

L’attuazione dell’approccio del-l’assistenza sanitaria primaria perrafforzare i sistemi sanitari ha ilpotenziale per allargare i guadagniderivanti da investimenti sanitariper assistere un numero maggioredi persone nel mondo. Le caratteri-stiche essenziali dell’assistenza sa-nitaria primaria comprendono:

Centralità della persona – chesignifica focalizzare le esigenzedei singoli individui, delle famigliee delle comunità a livello locale.

Pieno coinvolgimento degli in-dividui, delle famiglie e delle co-munità nel processo decisionale ri-guardante la propria salute e l’assi-stenza sanitaria.

Completezza – oltre a offrire ser-vizi di cura, l’assistenza sanitariaprimaria offre opportunità per lapromozione della salute, le curepreventive e la riabilitazione.

nuo adattamento alla complessità eal cambiamento. Tali riforme do-vrebbero essere guidate da politi-che sanitarie basate sull’evidenzache tengano conto anche di valorifondamentali come l’equità, i dirit-ti umani e la giustizia sociale.

Oggi, nell’Africa sub-saharianapersistono un certo numero di si-stemi sanitari e di sfide alla sanitàpubblica. Queste sfide compro-mettono lo stato di salute delle per-sone e la loro capacità di condurreuna vita socialmente ed economi-camente produttiva.

Le attuali carenze nei sistemi sa-nitari possono essere raggruppatein cinque categorie.

In primo luogo, vi è una situa-zione apparentemente paradossaleper cui quelle persone che, nellasocietà, hanno maggiori possibilitàfinanziarie e relativamente menoprobabilità di avere bisogno di ser-vizi di assistenza sanitaria ne con-sumano di più rispetto a coloro chehanno meno mezzi e maggiore bi-sogno di tali servizi. Ciò riflette unaccesso iniquo alle cure sanitarie.

In secondo luogo, la stragrandemaggioranza delle persone nella re-gione mancano di protezione socia-le, e una gran parte dei pagamentiper i servizi sanitari avvengono ine-vitabilmente di tasca propria. Lamaggior parte di queste persone vi-ve con scarse risorse e in condizio-ni precarie, quasi sull’orlo della po-vertà. Milioni di loro, di fronte allemalattie più importanti e alle spesesanitarie catastrofiche, scivolanofacilmente e rapidamente nella po-vertà. Questa situazione riflette si-stemi sanitari impoveriti che devo-no essere affrontati.

Terzo, dopo aver guadagnatoampi consensi, l’approccio olisticoalle cure sanitarie per le persone ele famiglie si insegna nelle scuoledi medicina e di salute pubblica intutto il mondo. Tuttavia, in pratica,nelle strutture sanitarie l’eccessivaspecializzazione e un approccioeccessivamente incentrato sui pro-grammi di controllo verticale dellamalattia creano quasi ovunque si-tuazioni di assistenza sanitariaframmentata in cui le malattie so-no gestite a prescindere dalla di-mensione sociale e mentale.

Quarto, i sistemi sanitari nellaregione africana dispongono di ri-sorse insufficienti. Pertanto, in unasituazione del genere garantire si-

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Figura 2 – Percentuale di copertura e immunizzazione vaccinaleDPT3 tra i bambini di 1 anno, 2008 e 1990

Figura 3 – Percentuale di nascite seguiteda personale sanitario esperto, 2000-2008

Figura 4 – Numero di decessi di adulti e bambini acausa dell’AIDS (in milioni) nell’Africa sub-sahariana

neonato e bambino con una seriedi interventi prioritari. Tali inter-venti includono: allattamento deineonati e pratiche di alimentazioneinfantile appropriate, prevenzionedelle malattie prevenibili con vac-cino attraverso la vaccinazione ef-ficace, e la prevenzione e gestionedi malattie infantili comuni comepolmonite, diarrea, malaria, mal-nutrizione e HIV (vedi Figura 2).

Per esempio, se si considera lacopertura vaccinale tra i bambini diun anno di età per la terza dose didifterite/pertosse/tetano (DPT3),notiamo che nella regione africanaquesta copertura è aumentata dal57% nel 1990 al 72% nel 2008.

Il tasso di mortalità materna èdiminuito da 910 per 100.000 nativivi nel 1990 a 620 nel 2008. Lapercentuale di declino del tasso dimortalità materna è tale che rag-giungere l’obiettivo 5 entro il2015, è improbabile nella maggiorparte dei Paesi della regione afri-cana (vedi Figura 3).

Abbiamo le conoscenze e le tec-nologie per offrire interventi col-laudati e costo-efficaci per evitarela grande maggioranza dei decessimaterni se ogni donna ha accesso avalidi servizi di salute riproduttiva.Essi includono assistenza qualifi-cata durante la gravidanza, il partoe il puerperio, cure ostetriche diemergenza e pianificazione fami-liare. Inoltre, è necessario promuo-vere la condizione sociale ed eco-nomica delle donne e rafforzare la

Come sapete, tre di questi obiettivi(4, 5 e 6) riguardano la salute deibambini e delle donne e malattiegravi quali l’AIDS, la tubercolosie la malaria. Come mostrerò indiapositive successive, il progres-so verso gli Obiettivi di Sviluppodel Millennio è stato variabile.

Il tasso di mortalità al di sottodei cinque anni è sceso dal 182 permille di nati vivi nel 1990 a 142nel 2008. Tuttavia, sta diminuendoa un tasso medio dell’1,4% l’anno,molto più lento dell’8% annuo ne-cessario per raggiungere l’obietti-vo 4 entro il 2015.

La chiave del progresso verso larealizzazione di questo obiettivoentro il 2015 è di raggiungere ogni

La tendenza dell’aumento dellasperanza di vita nella regione afri-cana negli anni ’70 e ’80 si è inver-tita negli anni ’90 con l’avventodella pandemia dell’AIDS/HIVche ha devastato diversi Paesi afri-cani.

A causa dell’assenza di un mi-glioramento nello sviluppo umanoe nella sanità in particolare, e me-more delle attuali conoscenze ericchezza nel mondo, i leadermondiali, nel 2000, approvaronola Dichiarazione del Millennio egli Obiettivi di Sviluppo del Mil-lennio per affrontare povertà, fa-me, ignoranza, squallore e malat-tie. Questo ha portato una rinnova-ta speranza per milioni di persone.

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nitaria primaria, l’Ufficio Regio-nale per l’Africa dell’OMS ha or-ganizzato una “Conferenza inter-nazionale sull’assistenza sanitariaprimaria e sui sistemi sanitari inAfrica” in Burkina Faso nel 2008.La conferenza ha esaminato leesperienze passate in materia di as-sistenza sanitaria primaria e ha ap-provato la “Dichiarazione di Oua-gadougou” che ridefinisce la stra-tegia africana per delineare gli in-terventi essenziali per il raggiungi-mento degli Obiettivi del Millen-nio per la salute.

La Dichiarazione di Ouagadou-gou si era concentrata su novegrandi settori prioritari, vale a direleadership e governance in materiadi salute, erogazione dei servizi sa-nitari, risorse umane per la sanità,finanziamento, sistemi informativisanitari, tecnologie sanitarie, pro-prietà e partecipazione comunita-ria, partnership per lo sviluppo del-la salute e ricerca.

I determinanti sociali della salu-te vengono affrontati mediante unquadro di interventi elaborato dal-la Commissione dell’OMS sui de-terminanti stessi. Tali interventimirano ad agire sulle circostanzedella vita quotidiana e dei “porta-tori” strutturali di ingiustizia. Sulmiglioramento delle condizioni divita quotidiana, la Commissioneinvita i Paesi e i loro partner a mi-gliorare il benessere delle ragazzee delle donne e le circostanze incui sono nati i loro figli, e a crearele condizioni per una vecchiaiafiorente. Per affrontare la distribu-zione iniqua del potere, del denaroe delle risorse, la Commissioneraccomanda ai Paesi e ai loro part-ner di porre la responsabilità perl’azione circa “salute ed equitàdella salute” al più alto livello go-vernativo, e a garantirne una con-siderazione coerente in tutte le po-litiche.

Quando fu fondata sessanta annifa, l’OMS mise i diritti umani alcentro della salute, della giustiziasociale e dei suoi valori. Il Pream-bolo della sua Costituzione dichia-ra che “il godimento del livello disalute più alto possibile è uno deidiritti fondamentali di ogni essereumano, senza distinzione di razza,religione, credo politico, condizio-ni economiche o sociali”. Questivalori sono stati ribaditi 32 anni fa,ad Alma Ata e inoltre sono alla ba-

l’85% di tutti i casi di malaria el’89% di tutte le morti per malarianel mondo. Mentre non vi sonomolti progressi nel controllo dellatubercolosi, la lotta contro la mala-ria sta progredendo in modo signi-ficativo in alcuni Paesi fornendouna buona copertura di interventiessenziali anti-malaria, come la te-rapia di combinazione con i deri-vati dell’artimisinina, il controllovettoriale compreso l’uso di zan-zariere trattate con insetticidi(ITN) e di spray insetticidi residuiper interno (IRS), e il trattamentopreventivo intermittente della ma-laria in gravidanza.

Rafforzare i sistemi sanitarie affrontare i determinantisociali della salute

È ormai chiaro ai governi e aipartner che i progressi nel raggiun-gimento degli Obiettivi del Mil-lennio sarà lento fintanto che l’ac-cesso agli interventi essenziali re-sta limitato. Vi è anche la crescen-te consapevolezza che la realizza-zione costo-efficace ed equa diquesti interventi richiede il raffor-zamento dei sistemi sanitari, utiliz-zando l’approccio dell’assistenzasanitaria primaria. Non c’è da me-ravigliarsi, quindi, che la necessitàdi rinnovare l’assistenza sanitariaprimaria va ottenendo sempre piùriconoscimenti a tre decenni dallasua prima formulazione.

Come parte di questo sforzo glo-bale per rinnovare l’assistenza sa-

capacità e il coinvolgimento dellefamiglie e delle comunità.

La copertura di assistenza quali-ficata al parto nella regione africa-na rimane bassa al 47%, conun’ampia variazione di percentua-le tra i Paesi. Solo una piccola par-te di donne in gravidanza che ne-cessitano di cure ostetriche diemergenza o di adeguate cure pre-natali le ricevono effettivamente.

La comunità globale ha decisodi arrestare e invertire l’incidenzadi HIV/AIDS, malaria e tubercolo-si entro il 2015 come parte deglisforzi per raggiungere l’obiettivo6. Eppure, considerando che la re-gione africana è la patria di pocopiù del 10% della popolazionemondiale, essa comprende l’incre-dibile cifra di due terzi (67%) del-le persone colpite da HIV/AIDSnel mondo, due terzi (68%) di tuttele nuove infezioni da HIV negliadulti, oltre il 90% delle nuove in-fezioni da HIV nei bambini, e oltreil 70% delle morti per AIDS (vediFigura 4).

Anche se la lotta per contenerel’HIV/AIDS è lungi dall’essereterminata, esistono segnali che l’e-pidemia sta diminuendo notevol-mente. Negli ultimi due anni vi èstato un declino nel numero di de-cessi per AIDS. Il numero di nuo-ve infezioni da HIV l’anno è me-diamente in declino, ma in genera-le il tasso di incidenza è ancoramolto elevato e richiede un raffor-zamento delle misure di preven-zione tra la popolazione.

I metodi di prevenzione prima-ria non sono ancora ampiamenteapplicati tra la popolazione. An-che l’accesso ai servizi di preven-zione è limitato, pur se negli ultimianni la copertura dei servizi per laprevenzione della trasmissione damadre a figlio è migliorata. Anchese l’Africa ha compiuto progressisignificativi nel migliorare l’ac-cesso al trattamento anti-retrovira-le, oltre la metà delle persone chehanno bisogno del trattamento an-ti-retrovirale non vi accedono an-cora.

La regione africana comprendeanche più di un terzo (31%) di tut-ti i casi di tubercolosi; la situazioneè aggravata dalla combinazione le-tale del virus HIV con la TBC epone nuove sfide al controllo dientrambe le malattie.

La malaria in Africa costituisce

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se dell’attuale 11° Programma Ge-nerale di Lavoro dell’OMS, per ilperiodo 2006-2015.

Prima di concludere il mio inter-vento, vorrei fare riferimento alruolo importante che la Chiesa cat-tolica ha svolto nel campo dellamedicina e della salute pubblica intutta la sua lunga storia. All’iniziodel Medioevo, furono create istitu-zioni ecclesiali come gli ospedalidei monasteri per fornire carità ecure per alleviare le sofferenze dimalati e morenti. Nell’epoca del-l’Illuminismo, ideali quali autono-mia dell’uomo, ragionamento,uguaglianza e progresso iniziaronoa influenzare la governance del ge-nere umano e gradualmente per-mearono nuovi sviluppi nella salu-te e nei sistemi sanitari.

In realtà, attraverso la sua voca-

zione, la Chiesa è rimasta un attoreimportante nell’ambito dell’assi-stenza sanitaria. Ciò è dimostratodal lavoro degli ospedali delle mis-sioni, dalle organizzazioni basatesulla fede, e dagli operatori socialie sanitari che prestano assistenzasanitaria con la carità, con partico-lare attenzione alle persone più bi-sognose e che generalmente vivo-no in contesti poveri di risorse.

La Caritas in veritate si concen-tra sulle attuali questioni globalidel sottosviluppo, dell’iniquità,della fame e dell’ambiente. Si trat-ta di questioni fondamentali per lasalute e i sistemi sanitari e sonoimportanti determinanti socialidella salute, che influenzano lacomprensione e l’attuazione del-l’assistenza primaria.

Quindi, 32 anni dopo Alma Ata,

dovrei dire che la regione africanaha compiuto alcuni progressi nellariforma dei sistemi sanitari e nelmiglioramento dello stato di salutedelle persone. Tuttavia, le comu-nità e i Governi africani e i partnerhanno ancora una lunga strada dapercorrere prima di raggiungere ilpiù alto livello possibile di salute.

È mia grande speranza che laXXV Conferenza internazionaledal tema “Per una cura della saluteequa ed umana alla luce della Ca-ritas in veritate” darà un’idea piùchiara e porterà nuovo slancio al-l’applicazione dei suoi valori peruna salute e una dignità migliori diogni essere umano.

Dott. LUIS GOMES SAMBODirettore Regionale per l’Africa,

Organizzazione Mondiale della Sanità

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Ringrazio il Presidente e i Supe-riori del Pontificio Consiglio pergli Operatori Sanitari per l’atten-zione che in questa Conferenza– ricca di spunti importanti di ri-flessione per le classi dirigenti eper la politica – ha voluto riservareal ruolo dell’informazione e dellacomunicazione. Viviamo in unmondo globalizzato ed è evidenteche la globalizzazione è un feno-meno che va governato, così comeappare sempre più evidente che ilfattore economico nel pensiero diBenedetto XVI e di tutta la dottri-na sociale della Chiesa va analiz-zato, ripensato, messa a fattor co-muni. E molto spesso, anzi semprepiù spesso, i temi della sanità sonostrettamente legati a quelli dell’e-conomia, in un meccanismo chenon sempre tiene in conto un fatto-re importante, anzi il più importan-te della globalizzazione, quellodella globalizzazione dei diritti.Ma in che ambito si muove l’infor-mazione, in che ambito si muovo-no gli strumenti culturali che pre-siedono a questo meccanismo cheanche il Papa richiama nella Cari-tas in veritate quando dice che“connessa con lo sviluppo tecnolo-gico è l’accresciuta pervasività deimezzi di comunicazione sociale”?Parliamo dei temi che strettamenteriguardano la sanità e la salute: avolte i media si sostituiscono neiconfronti dei cittadini ai medici; inuovi media e i social networkfanno sì che a volte il passaparolaassuma un senso di credibilità, lepersone costruiscono autonoma-mente ormai, soprattutto i giovani,i loro palinsesti informativi attra-verso internet e le web tv. Ma cosaraccontano o cosa dovrebbero rac-contare i media nel campo che og-gi analizziamo?

È un dovere di tutte le societàorganizzate farsi carico delle pro-prie fasce deboli; e il malato è sog-getto particolarmente fragile perdefinizione e condizione. Non è

pensabile che l’accesso alla salutesia regolato sul censo e che ci siadiscriminazione interna alla so-cietà ed esterna a esse. All’interno,tra ricchi e poveri. All’esterno tranazioni sviluppate con facilità diaccesso alle cure e nazioni in ritar-do di sviluppo dove è impresa per-fino il fruire cure base e di medica-menti che nel resto del mondo so-no ambulatoriali o da banco.

Né è concepibile un approccioalla politica sanitaria dei Paesi piùsviluppati con strutture ospedalie-re premiate da finanziamenti ag-giuntivi, in base a quanto rispar-miano indiscriminatamente sullespese. Ma quante volte i media di-vengono pungolo anche verso iGoverni di queste necessità? Qua-si mai. Forse noi giornalisti do-vremmo cominciare a dire a chiarelettere – perché la stampa può e de-ve farlo – che sarebbe opportunopremiare le strutture ospedaliere inbase a quante vite salvano. In baseai risultati della ricerca svolta. Inbase ai servizi di assistenza. Nonin base ai risparmi tout court. Cosìsuccede che si prescrivano curemeno costose ma a volte devastan-ti ad esempio per il fegato tra ilplauso generale della politica edell’opinione pubblica.

Il punto dove occorre agire nonè nelle strutture di vertice. È neglistandard di base. E questo non riu-sciamo a comunicarlo. Occorreelevare gli standard base a un li-vello adeguato al rispetto dell’indi-viduo, alla cura dei suoi bisogni,alle necessità anche psicologichedi accoglienza e assistenza. Unavolta che questi standard di baseraggiungono un livello di soddi-sfacente eccellenza, il problemadegli standard apicali è seconda-rio, a condizione che in situazionisalva vita non vi sia alcuna discri-minazione alle cure per la ricchez-za relativa dei soggetti. Non vorreimai più sentire raccontare dai mieicolleghi la storia di un afroameri-

cano di ceto medio obbligato a se-questrare con le armi il medicodell’ospedale perché la sua carta dicredito non era sufficiente a pagarel’intervento d’urgenza necessarioa salvare la vita del figlio di 5 anni.Lui è stato arrestato ma il figlio èstato operato. Ma si deve arrivare aquesto?

Non deve succedere.Così come non deve succedere

che malattie gravi ma curabili econtrollabili, come malaria, Tbc ol’AIDS, debellate o messe sottocontrollo nel mondo sviluppatocontinuino a fare stragi nel terzomondo per carenza di assistenzainfermieristica, ospedaliera e far-maceutica. Se parlare di AIDS– anche se in misura ridotta rispet-to al passato – va di moda e il temaè affrontato anche sui grandi gior-nali economici come il “FinancialTimes”, dimentichiamo di parlaredi temi e di malattie importanti dicui non parla quasi più nessuno nelmondo “sviluppato” ma che esi-stono anche se non desideriamovederle. Qualche dato sulla mala-ria di cui purtroppo o per fortunaparla e richiama l’attenzione sol-tanto la Santa Sede e l’OMS: 247milioni i casi di malaria nel mon-do, 212 milioni solo in Africa, 21milioni in Asia, 8,1 milioni in Me-dio Oriente, 2,7 milioni nelle Ame-riche. I decessi sono ogni anno881.000, 801.000 sono di nuovo inAfrica, 38.000 in Medio Oriente,36.000 in Asia, ma anche 3.000nelle sviluppate Americhe. El’85% delle morti riguarda in Afri-ca bambini con meno di 5 anni dietà. Ma sui media questo lo rac-contiamo poco o non lo raccontia-mo affatto, così come non raccon-tiamo affatto che metà della popo-lazione mondiale, 3,3 bilioni dipersone, secondo l’Organizzazio-ne Mondiale della Sanità, continuaa essere a rischio di malaria. E poi,ancora.

In Europa diamo per scontato

MARIO BENOTTI

Mezzi di comunicazione e salute dei cittadini

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che ogni parto sia assistito da per-sonale medico o paramedico quali-ficato. Non è così ovunque. In Etio-pia o nel Laos, il caso è l’eccezione.Novanta donne su cento, a spanne,danno alla luce i figli da sole o conl’aiuto di vicine o parenti.

È questo il problema su cui è do-vere delle istituzioni nazionali emultilaterali intervenire. Se chi hala possibilità di sperperare, decidedi curarsi comperandosi un mona-stero in Tibet, è problema suo. Selo ritiene intelligente, faccia pure.Il punto vero è garantire a tutti unaccesso ragionevolmente facile al-le cure necessarie in strutture ade-guate. È questa la sfida. E non acaso il concetto è alla base dei Mil-lennium Development Goals delleNazioni Unite.

Ma se della salute non si devefare mercato la politica sanitarianel mercato ci vive. E non sarebbeserio da parte mia affrontare il pro-blema solo dal punto di vista delleteorizzazioni, senza toccare affattola questione che “sì è tutto moltocondivisibile e bello ma i soldi chice li mette e la ricerca come la si fi-nanzia?”. Credo che anche questosia un dovere dei giornalisti, chesono uomini di cultura e che deb-bono raccontare ma anche studiaree fare delle proposte a chi deve de-cidere. E mi permetto anche io diprovarci, partendo dal fatto cheparlo in un consesso promossodalla Santa Sede che attraverso leChiese locali, le Missioni, le Con-gregazioni Religiose, la Fondazio-ne il Buon Samaritano, le Nunzia-ture Apostoliche fa la sua parteogni giorno, mettendo a disposi-zione 117.000 strutture sanitariecattoliche nel mondo che non sipossono però sostituire alla re-sponsabilità degli Stati.

Il problema va affrontato a mioavviso su due fronti paralleli.

– Le politiche interne dei Paesisviluppati.

– Le politiche di aiuto ai Paesi inritardo di sviluppo.

Sul primo versante, non vedo al-ternative all’uso della leva della fi-scalità generale all’interno di unquadro chiaro e razionale di politi-ca sanitaria che impedisca duplica-zioni e sprechi, e con la contribu-zione ragionevole e progressivadei cittadini alle spese. Ma la poli-tica deve essere chiara e chiari de-

vono essere i controlli. Perchésprechi e abusi non sono problemidi responsabilità civile personale,sono azioni deliberate contro il be-ne comune e come tali vanno per-seguite. E con estrema durezza ebisogna portarle all’attenzione suimedia.

La politica di premio finanziarioalle situazioni virtuose deve inoltreessere modulata non su parametriocchiuti di ragioneria degni di Mi-ster Scroogle. Deve basarsi su diun mix trasparente di parametri,che abbiano come priorità assi-stenza, accoglienza e trattamentodel paziente, l’efficienza nel salva-re vite, l’eccellenza nella ricerca.E, come fanno negli Stati Uniti– dove peraltro è in corso un gran-de dibattito sulla riforma del Siste-ma Sanitario voluta dal PresidenteObama e dove anche il cittadinomedio sempre più inserisce il temadell’Health Care al terzo posto frai sei più importanti per il Paese – sipuò pensare a sgravi fiscali sullegrandi rendite quando porzioni diqueste vengono devolute a proget-ti finalizzati ad accrescere il benecomune. Privati e volontariato so-no i benvenuti. Contribuiscono amigliorare il servizio, a completar-lo. Ma uno Stato serio non puòpensare di vedere i suoi doveri so-stituiti da interventi esterni, dellaChiesa o di qualcun altro. Dobbia-mo avere il coraggio di dire e discrivere noi giornalisti che unoStato serio sussidia l’intervento deiprivati e integra quello dei volon-tari. Non si affida a loro per co-struire la politica sanitaria; non ce-de loro quello che è suo dovere of-frire. Se uno Stato non garantisce iservizi di base, perché i cittadinidevono pagare le tasse? E non lodico perché a volte può appariresemplice fare del populismo. Lodico perché la gente me lo scrive,la gente me lo dice andando in giroper il mondo.

Più difficile il problema per ilTerzo Mondo, dove non esistonostrutture centrali in grado di occu-parsi di una politica organica. Oc-corre quindi rifarsi ancora alla lo-gica dell’aiuto. Il nuovo approcciopolitico dell’Unione Europea èconvincente. Non più aiuti al pro-getto ma sussidi di bilancio, conl’Unione Africana che si fa caricodel ruolo del garante e dei control-li necessari per impedire che finan-

ziamenti allo sviluppo vadano a fi-nanziare lo sviluppo di pochi po-tentati e l’acquisto di armi. In sin-tesi non si tratta più di finanziare ilsingolo ospedale o la singola ricer-ca. Si sostiene il bilancio affinchélo Stato paghi gli stipendi delle in-fermiere o investa nell’acquisto dimacchinari. A fianco di questo vi èun’impressionante mole di aiutidalle ONG, alle associazioni reli-giose, alle iniziative private. Unamassa di denaro che però non haprodotto quasi nulla di radicato.Forse perché alla fine non si sa co-sa succede realmente perché i gior-nali e le TV di queste cose non par-lano se si escludono mezzi di co-municazione che afferiscono alleMissioni o al nostro ambiente. Epoiché i giornalisti a volte hannobisogno di avere notizie fresche,occorre che sempre più la Chiesafaccia uno sforzo importante peressere presente nella grande comu-nicazione, quella che arriva nellecase di milioni di cittadini e di cen-tinaia di migliaia di decisori conun vero e proprio intervento d’e-mergenza sovrastrutturale volto acreare consenso non su un capric-cio o una lamentela della Chiesama a creare consenso sull’Uomo.È un poco come quando tutti invo-cavano la “crescita”, dimenticandol’Uomo e producendo poi la dram-matica crisi in cui è precipitato ilmondo sviluppato. Lo ha ricordatostamane il Prof. Gotti Tedeschiche è un esempio vivente di quelloche un laico impegnato deve faresenza apparire piagnucoloso: scri-vere ogni giorno o quasi sul-l’“Osservatore Romano” certo,ma anche sul “Foglio”, sul “Sole 24Ore”, andare in televisione, parlarecon la chiarezza dell’economistache racconta non una fantasia mauna cosa concreta, forse fra le piùconcrete e di buon senso, la dottrinasociale della Chiesa. E continuandonella nostra riflessione occorrereb-be una centralizzazione delle politi-che sanitarie a un livello sovrana-zionale e una certezza dei finanzia-menti. Un impegno del genere nonpuò essere assunto altro che da isti-tuzioni multilaterali: le NazioniUnite con l’assistenza della BancaMondiale. E si potrebbe pensare auna sorta di tobin tax per l’emer-genza sanitaria, calcolabile in unapercentuale minima di contribuzio-ne sulla base dei diritti speciali di

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prelievo del Fondo Monetario In-ternazionale. Naturalmente a con-dizione che questi soldi venganoutilizzati per lo scopo condiviso;non per la villa del direttore o ilfuoristrada del capo progetto.

Per tutto questo il ruolo dei me-dia e della comunicazione è fonda-mentale, sia in termini di contribu-to alla formazione dell’opinionepubblica che di sensibilizzazione einformazione. Ma siamo chiari sucosa intendiamo per media e suquali sono le responsabilità delgiornalista e quali invece non sononostre.

I media sono quelli generalisti,che parlano a tutti.

La stampa scientifica e settorialeè una struttura di informazione ecomunicazione interna agli addettiai lavori che talvolta amano utiliz-zarla per litigare tra loro. Il ruolo diquesta informazione specializzataè importante e cruciale ma la sen-sibilizzazione non passa attraversoquesto strumento.

I media generalisti anche nellepagine specializzate sono obbliga-ti alla semplificazione e all’uso diun linguaggio comprensibile aipiù. Non sono perfetti, vi sono er-rori e omissioni; a volte non si fal’adeguato incrocio di verifiche espesso si cerca il sensazionalismo.Ma, in linea di massima, una cosaè certa: un giornalista racconta

quanto gli viene raccontato. Più èscrupoloso nel verificare e più èbravo. Ma se talvolta si vede lan-ciata sui giornali la clamorosa no-tizia della scoperta della molecolapanacea di tutti i mali, prima di cri-ticare il giornalista occorre andarea vedere cosa gli ha detto il ricer-catore o l’istituto di ricerca, spessoorientati o alla notorietà o all’ac-quisizione di nuovi finanziamenti.Occorre sempre valutare cosa lafonte abbia fatto uscire per la di-vulgazione. E se la lingua fossecollegata al cervello, le cose ver-rebbero meglio.

Una volta chiarito questo, siamod’accordo che è dovere del giorna-lista farsi carico di un’informazio-ne corretta e approfondita e diun’adeguata opera di sensibilizza-zione. E nel mio ruolo di Direttoredi canali televisivi del più grandeservizio pubblico europeo e unodei più grandi del mondo me ne as-sumo l’impegno qui davanti a voi.

Sensibilizzazione non significaperò aprioristico schieramentopartigiano per una tesi contro l’al-tra. A parte che non è nell’eticadella professione, è pericoloso econtroproducente. È bello averegiornalisti amici che ti sostengonoa prescindere nelle tue battaglie.Ma, attenzione, nella logica per-versa del giornalista amico, vi èquella altrettanto perversa del gior-

nalista nemico. E quando cambia ilvento non è bello vedersi attaccatiaprioristicamente perché il pensie-ro comune è improvvisamente mu-tato e non contano giusto e sba-gliato o bene e male, ma solo la di-cotomia amico/nemico. E i presen-ti immagino capiscano a cosa miriferisco a livello mondiale e na-zionale.

Un giornalista è un testimone. Ègli occhi dell’opinione pubblica. Edeve mantenere, per il possibiledelle capacità umane, una posizio-ne imparziale nella cronaca edequilibrata e responsabile nei com-menti. Allora il sistema funziona.Altrimenti è il delirio della stampaschierata e di parte e della disinfor-mazione.

In conclusione, le fonti faccianola loro parte con trasparenza, se-rietà e determinazione. I giornalistifaranno la loro se si avrà la capa-cità di avvicinarli, di parlare conloro, di offrire con chiarezza unanotizia o un punto di vista. Lachiarezza che contraddistingue ilmessaggio della Chiesa e la capa-cità di ascoltare anche un giornali-sta che oggi avete voluto chiamarequi a discutere con Voi.

Vi ringrazio.

Dott. MARIO BENOTTIDirettore Generale di Rai International

Roma, Italia

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Qual è lo stato odierno della Me-dicina: una Medicina della malat-tia o una Medicina della personaglobale? Il progresso ha mantenu-to il compito fondamentale dellaMedicina (in vigore sin dal Conci-lio di Nicea del 325, nel quale sistabiliva che le curie vescovili do-vevano dare accoglienza e ricove-ro ai pellegrini), che è quello di cu-rare talvolta, dare sollievo spesso econfortare sempre? Quante criti-cità sono purtroppo presenti. C’èqualcosa che nella Medicina nonha funzionato! Le grandi conquistemedico-scientifiche, se da un latohanno risolto problemi di grandis-sima rilevanza legati a patologiealtrimenti mortali, hanno anche in-trodotto elementi di criticità insi-nuando nel medico un atteggia-mento di disimpegno clinico eumano. Lo stesso succede con lenuove apparecchiature scientifi-che. Il malato viene sezionato, fo-tografato, indagato fin nei più inti-mi dettagli e poi lasciato solo nellapovertà della solitudine tipica dichi mancando di una visione del-l’esistenza umana si smarrisce inun oceano di aspettative – la piùgrave di tutte che la salute sia sem-pre a portata di farmaco e il benes-sere una faccenda del medico.

Come bisogna intervenire percorreggere la situazione?

La causa fondamentale nel de-terminare la criticità del processodi umanizzazione è la perdita dellavisione olistica della persona comeconseguenza di un riduzionismoscientistico che mal si concilia conl’emergente complessità della Me-dicina. Lo scientismo è una posi-zione filosofica che esalta i metodidelle scienze naturali al di sopradegli altri metodi di investigazioneumana, abbraccia il pensiero mate-rialistico-meccanicistico con lapretesa di avere lo strumento per

spiegare tutti i fenomeni fisici, so-ciali, culturali e psicosociologici.Ciò equivale a una istanza di posi-tivismo dogmatico che trasformala filosofia della scienza da razio-nale a irrazionale. Questa visionepreclude una reale comprensionedel pensiero umano, della soffe-renza e della morte, della bellezzadelle arti visive, della musica, del-la letteratura, della filosofia, dellareligione e spiritualità, delle emo-zioni (Andrew Miles).

Dobbiamo pertanto distinguerelo scientismo che non ammette li-miti dalla scienza che, in quanto ri-conosce i suoi limiti, diventa stru-mento reale di promozione.

Applicando questi concetti allaMedicina vediamo che la posizionescientistica è quella che disaggregala cura e il miglioramento dalla as-sistenza ai pazienti, configurandoun modello di pratica clinica radi-calmente incompleto che non portabeneficio né al paziente né al dotto-re. In questa visione il paziente di-venta un caso clinico, un codicediagnostico, un individuo anonimoal quale si somministrano farmaci esi applicano i risultati delle cono-scenze biomediche.

Una più corretta posizionescientifica è quella che si basa suun modello olistico di assistenzabasato sulla persona e sulle rela-zioni interpersonali.

Una persona malata richiede di-sponibilità clinica, presenza, atten-zione, comprensione, benevolenza,pazienza, dialogo e dignità. L’espe-rienza scientifica è necessaria mada sola non basta. Inoltre l’assisten-za ai malati non deve perdere di vi-sta la profonda unità corporale, af-fettiva, intellettuale, spirituale, so-ciale e ambientale degli esseri uma-ni. La malattia e la sofferenza nonsono esperienze che colpiscono so-lo la parte corporale degli esseri

umani, ma anche nella sua interez-za l’unità somatico-spirituale.

Inoltre la persona malata ha unafamiglia e gli amici. Anche questipossono avere necessità di tratta-mento, consultazione e supporto.

In ultima analisi, il medico do-vrebbe fare proprie le questioni ele ansietà della persona malata edella famiglia.

Ecco quindi che il modello in-completo di una Medicina basatasulle malattie deve trasformarsinella Medicina della persona glo-bale, una Medicina centrata sullapersona (Andrew Miles).

Il Santo Padre Papa BenedettoXVI nell’Enciclica Caritas in veri-tate dichiara che lo sviluppo auten-tico deve essere centrato sulla per-sona e promuovere il progresso diogni uomo, di ogni gruppo di uo-mini e di tutta l’umanità.

Un sistema sanitario dal voltoumano deve promuovere questacultura nuova, la quale non neces-sariamente si rivolge al pazientema anche alla persona sana al finedi prevenire patologie. Il nostro Si-stema Sanitario Nazionale è il se-condo nel mondo quanto ad aspet-tativa di vita (81 anni donne, 78anni uomini), ma l’aspettativa insalute, priva cioè di disabilità, èmolto più bassa.

La ricerca in questi ultimi anniha dimostrato che i corretti stili divita (alimentazione, attività fisica)possono efficacemente combatterel’obesità (epidemia di vaste dimen-sioni), diminuire il rischio per mol-te patologie (cardiovascolari, neu-rodegenerative), aumentare l’a-spettativa di vita in salute senza di-sabilità e quindi risparmiare risorseche potrebbero essere impiegate inaltre patologie non prevenibili.Questa è anche una Medicina cen-trata sulla persona. Questa è anchela dimostrazione che la scienza e la

ENRICO GARACI

Per una cura antropocentrica della salute:un sistema sanitario dal volto umano

36 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

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37DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

ricerca correttamente applicatepossono essere uno strumento for-midabile di promozione della salu-te. Per promuovere la cultura della“Person Centered Medicine” è ne-cessario istituire corsi di formazio-ne, master universitari che prenda-no in considerazione: la medicinanarrativa, l’assistenza spirituale ereligiosa, l’assistenza psicosociale,la medicina personalizzata, l’assi-stenza sociale e riabilitativa, l’im-portanza per la medicina dellescienze umane, arte, musica, lette-ratura, la complessità e il riduzioni-smo nell’assistenza medica, condi-visione nelle decisioni.

Come conseguenza di una scar-sa attenzione e di una imperfettaconcettualizzazione (manca un

framework condiviso), si è rilevatala totale assenza in Sanità di indi-catori in grado di valutare (cioè dimisurare la presenza e intensità diun fenomeno e giudicarne le di-mensioni e la qualità) il livello diumanità (umanizzazione). È indi-spensabile sviluppare indicatori distruttura (cosa è disponibile), diprocesso (cosa si fa) e di outcome(cosa si ottiene), per verificarne laqualità, l’adeguatezza e aumentarela possibilità di fare confronti tramedici, centri e setting di cura.

Fondamentale definire lo “hu-man impact factor”, strumento pervalutare la qualità dell’umanizza-zione degli operatori, che potrebbecostituire l’elemento discriminan-te nella scelta del personale e deglioperatori.

I pazienti e i familiari devono

essere interlocutori privilegiatinella valutazione qualitativa del-l’umanizzazione della struttura edegli operatori, sia nella definizio-ne dei percorsi e setting, sia nellavalutazione della qualità, attraver-so strumenti standardizzati (basatisu report e rating).

Il sistema “ospedale” cambia ra-dicalmente se al suo centro torna ilmalato, diventa facile capire l’im-portanza rivoluzionaria dell’uma-nizzazione sia ai fini dell’organiz-zazione strutturale dell’ospedale,sia ai fini del comportamento pro-fessionale degli operatori. L’uma-nizzazione non è qualcosa da farein più, un’aggiunta è connaturataall’organizzazione stessa dell’o-spedale. I rapporti, i poteri, le co-

municazioni sono rivolti al malato.Il malato al centro dell’ospedale

umanizzato deve ricevere rispostenon solo scientifiche e tecniche,ma anche umane.

Alcune caratteristiche dell’ospe-dale umanizzato: deve essere spa-lancato, aperto, disponibile a mo-difiche puntuali e costruttive.

L’ospedale trasparente chiamaattorno al malato i parenti, gli in-fermieri, i medici, la chiesa locale,i valutatori, in modo che si crei uncostante flusso di umanità senzatroppi filtri e precauzioni.

L’ospedale umanizzato presentauna mappa del potere ben precisa etrasparente ed è caratterizzato dal-la costante valorizzazione del la-voro di gruppo.

Nell’ospedale umanizzato si de-ve praticare la formazione perma-

nente. Il rischio di incompetenzatecnica e manageriale è elevato.Oggi occorre più metodo e unaprofessionalità più articolata.

Molto più articolata e stimolanteappare la definizione del PapaGiovanni Paolo II in un celebreconvegno “Umanizzazione dellaMedicina”, tenutosi a Roma nel1987: “Nell’ambito del rapportoindividuale, ove umanizzazione si-gnifica apertura a tutto ciò che puòpredisporre a comprendere l’uo-mo, la sua interiorità, il suo mon-do, la sua cultura. Umanizzarequesto rapporto comporta insiemeun dare e un ricevere, il creare cioèquella comunione che è totale par-tecipazione”.

“Sul piano sociale l’istanza del-l’Umanizzazione si traduce nel-l’impegno diretto di tutti gli opera-tori sanitari a promuovere, ciascu-no nel proprio ambito e secondo lasua competenza, condizioni idoneeper la salute, a migliorare struttureinadeguate, a favorire la giusta di-stribuzione delle risorse sanitarie, afar sì che la politica sanitaria nelmondo abbia per fine soltanto il be-ne della persona umana”.

In questo modo l’intelligenza ela razionalità del popolo di Dio so-no chiamati ad attuare l’Umaniz-zazione come modo di relazionarsicon il malato.

Il modo migliore per umanizza-re la medicina consiste sintetica-mente nel trattare i pazienti comepersone, rispettare la loro dignità,renderli partecipi delle decisioniche riguardano la loro vita e la lorosalute.

Ho tracciato un quadro generalerelativo alle prospettive di umaniz-zazione della medicina nell’Occi-dente. Anche nel sud del mondo, eforse a maggior ragione, vi è ne-cessità di un rapporto fortementeumanizzato con i malati, ma esisteuna profonda disuguaglianza al-l’accesso alle cure.

Le cosiddette malattie correlatealla povertà (AIDS, malaria, tuber-colosi) provocano milioni di mortiall’anno e esigono, come fa appel-lo il Presidente del Pontificio Con-siglio per gli Operatori SanitariZygmunt Zimowski, azioni corag-giose e interventi di urgenza.

Prof. ENRICO GARACIPresidente dell’Istituto Superiore di Sanità,

Italia

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Globalizzazione e cooperazione

1. Nel 1929, alla posa della pri-ma pietra del Palazzo delle Nazio-ni, a Ginevra, parteciparono sol-tanto 53 Stati di un mondo di circa2 miliardi di persone. Essi, però,avevano in comune con i 192 Statiattualmente membri delle NazioniUnite, e che rappresentano oltre6,5 miliardi di cittadini globali, ilfatto di comprendere chiaramentela nostra interdipendenza. Viviamoin un momento di molteplici crisi,comprese quelle relative all’eco-nomia, alla finanza, all’alimenta-zione, al mantenimento della pacee alla salute. Nessuna di queste sfi-de può essere affrontata con suc-cesso da un’unica nazione che agi-sca da sola. Queste minacce richie-dono strategie collettive. Quindi ilmultilateralismo delle NazioniUnite affronta questioni quali il di-sarmo, il cambiamento climatico,lo sviluppo economico e sociale, lasalute pubblica globale e la sicu-rezza alimentare. Si lavora alla co-struzione del consenso come baseindispensabile di una efficaceazione multilaterale. La ricerca delbene comune globale viene perse-guita, al di là dei confini nazionalie istituzionali, attraverso il conso-lidamento dei partenariati, i nego-ziati, e l’impegno operativo sulcampo. In realtà, però, il sistemainternazionale è spesso paralizzatopur perseguendo nobili ideali. Ledifficoltà all’interno del multilate-ralismo sono evidenti nell’insuc-cesso, nel Doha Round, dei nego-ziati sul commercio mondiale e neicolloqui sui cambiamenti climati-ci. Lo sforzo di condividere bene-fici e responsabilità reciproci traPaesi sviluppati e in via di svilup-po nei confronti di allarmanti sfideche appaiono all’orizzonte, qualil’acqua, le malattie, le migrazioni,la demografia e le situazioni post-

belliche, sembra essere spesso uncompito difficile. Ma l’appello aun’architettura efficace a livellomondiale e di un sano “nuovo mul-tilateralismo” si ripete continua-mente1. Le istituzioni multilateralidevono essere inclusive, veloci,flessibili e responsabili, e fungereda tessuto di interconnessione peril bene di tutti nel nostro sistemamultipolare.

2. Durante la visita alle NazioniUnite nel 2008, Sua Santità Bene-detto XVI ha offerto una visionealtrettanto convincente delle sfideche la comunità internazionale de-ve affrontare2. Egli ha ricordato aquanti erano riuniti in tale occasio-ne che i popoli là rappresentati “at-tendono da questa Istituzione cheporti avanti l’ispirazione che ne haguidato la fondazione, quella di un«centro per l’armonizzazione degliatti delle Nazioni nel perseguimen-to dei fini comuni, la pace e lo svi-luppo»”3. Ha ricordato l’appello ri-volto all’Organizzazione dal suopredecessore, Papa Giovanni Pao-lo II, a fungere da “centro morale,in cui tutte le nazioni del mondo sisentano a casa loro, sviluppando lacomune coscienza di essere, percosì dire, una «famiglia di nazio-ni»”4. Ha invitato quindi “tutti i re-sponsabili internazionali [ad agire]congiuntamente e [a dimostrare]una prontezza a operare in buonafede, nel rispetto della legge e nellapromozione della solidarietà neiconfronti delle regioni più debolidel pianeta”. Ha insistito sul fattoche “nel contesto delle relazioni in-ternazionali, è necessario ricono-scere il superiore ruolo che gioca-no le regole e le strutture intrinse-camente ordinate a promuovere ilbene comune, e pertanto a difende-re la libertà umana” e ha chiamatoa una “rinnovata accentuazione nelprincipio della responsabilità di

proteggere”. Ha respinto le pres-sioni “per reinterpretare i fonda-menti della Dichiarazione [Uni-versale dei Diritti Umani] e dicomprometterne l’intima unità, co-sì da facilitare un allontanamentodalla protezione della dignità uma-na per soddisfare semplici interes-si, spesso interessi particolari”. IlPontefice ha poi messo in guardiacontro i tentativi di collegare trop-po facilmente “nuove situazioni” a“nuovi diritti”, e ha consigliato che“dato che vi sono coinvolte situa-zioni importanti e realtà profonde,il discernimento è al tempo stessouna virtù indispensabile e fruttuo-sa”. Nelle osservazioni di chiusuraal suo discorso all’Assemblea Ge-nerale, il Santo Padre ha identifica-to le Nazioni Unite come “un luo-go privilegiato nel quale la Chiesaè impegnata a portare la propriaesperienza «in umanità», sviluppa-ta lungo i secoli fra popoli di ognirazza e cultura, e a metterla a di-sposizione di tutti i membri dellacomunità internazionale”.

La tendenza a universalizzareil diritto alla salute

3. La diplomazia pontificia ri-sponde agli sforzi della Chiesa diincarnare il suo messaggio e testi-monia le sue buone opere nel con-testo storico di oggi e ciò aggiungeun contributo originale e necessa-rio, l’approccio di sussidiarietà,che dà a Stati, ONG, imprese e so-cietà civile in generale il giusto po-sto nella costruzione di un sistemaglobale. L’ambito della salute èparte della sollecitudine per il benecomune globale. Diverse agenziedelle Nazioni Unite a Ginevra,hanno il compito di lavorare sui te-mi della salute e la diplomaziapontificia coopera con loro comepure con ONG cattoliche impe-

SILVANO M. TOMASI

Diplomazia pontificia e promozionedella salute per tutti

CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA38

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gnate nella difesa di tutti coloroche hanno problemi di salute.

Le politiche relative alla salutedell’Organizzazione Mondiale del-la Sanità (OMS), dell’Organizza-zione Mondiale del Commercio(OMC) e dell’Organizzazione In-ternazionale del Lavoro (OIL), rap-presentano un tentativo crescentedi universalizzare la tutela della sa-lute attraverso il rafforzamento del-le infrastrutture sanitarie, l’affer-mazione di norme relative al dirittoalla salute, la prevenzione dellepandemie, ecc. Il rafforzamento deidiritti di proprietà intellettuale e ilconseguente problema dell’accessoai medicinali hanno condotto Stati,organizzazioni internazionali, orga-nizzazioni non governative e uni-versità a esprimere la loro preoccu-pazione in un numero crescente diconsessi nell’ambito della comu-nità internazionale. Le questioni re-lative alla proprietà intellettuale so-no attualmente ai primi posti nell’a-genda delle organizzazioni interna-zionali, come l’OMS e la Food andAgriculture Organization (FAO), esono discusse da organismi quali laConferenza delle Parti alla Con-venzione sulla diversità biologicadel 1992 e il Consiglio delle Nazio-ni Unite sui Diritti Umani. Gli Statie gli altri attori politici della comu-nità internazionale stanno portandoavanti i negoziati in zone diverse daquelle relative alla proprietà intel-lettuale, comprese le aree connesseai diritti fondamentali o alla biodi-versità. Questi problemi e obiettivisono molto più vicini agli interessidei Paesi in via di sviluppo e metto-no in discussione norme e obblighigià stabiliti nelle convenzioni inter-nazionali, mentre creano con suc-cesso nuovi approcci e nuovi stan-dard per facilitare il processo di ac-cesso alla medicina. Il progresso dioggi ha radici nella storia e portacon sé una lunga tradizione.

La cura della Chiesaper i malati:un approccio integrale

4. La sollecitudine per i malati e isofferenti non è certo uno svilupporecente del ministero ecclesiale.Sulla base dell’esperienza e dellatestimonianza della costante preoc-cupazione e risposta di Gesù aquanti soffrono di problemi fisici,

mentali e spirituali, San Pietro, ilnostro primo Papa, accompagnatoda San Giovanni, rispose alla ri-chiesta di elemosina da parte delmendicante: “Non possiedo né ar-gento né oro, ma quello che ho te lodo”. Di colpo, secondo gli Atti de-gli Apostoli, “i suoi piedi e le cavi-glie si rinvigorirono e balzato inpiedi camminava”5. La tradizioneecclesiale di cura dei malati è statamantenuta con amore e fedeltà at-traverso i secoli. Oggi, la stessa ri-sposta pastorale è attentamentepromossa da questo PontificioConsiglio, istituito dal Servo di DioPapa Giovanni Paolo II, 25 anni fa,per servire “da organismo di coor-dinamento di tutte le istituzioni cat-toliche, religiose e laiche, impegna-te nella pastorale degli infermi”6, edalla testimonianza quotidiana ditenerezza e di cura offerti da unapostolato molto diversificato.

A livello di diplomazia pontifi-cia, la Santa Sede fu rappresentata,in qualità di Stato osservatore, alla“World Health Assembly” nel1952, mentre era stata invitata, pri-ma ancora, alla Seconda Assem-blea della Salute tenutasi a Romanel 1949. I partecipanti a quest’ul-timo evento furono ricevuti inudienza da Papa Pio XII, che di-chiarò,“[la salute] comprende ilpositivo benessere spirituale e so-ciale dell’umanità e, per questo, èuna delle condizioni richieste perla pace universale e la sicurezzacomune”7.

Le differenze etiche tra SantaSede e comunità internazionale so-no diventate stridenti nel campodella salute, con particolare riferi-mento ad alcune aree del compor-tamento umano, e i media si con-centrano su di esse in maniera pre-potente. Le radici di tali differenzeincludono l’antropologia soggia-cente di individualismo estremo,così come la mancanza di rispettoe comprensione per la legge natu-rale. In particolare, le mancanzeetiche di un tale approccio sonoevidenti in una definizione di li-bertà, senza alcun riferimento albene comune, ai criteri errati per lacomprensione della famiglia o deldiritto alla vita, e ai tentativi di for-mulare politiche di ricerca e di ac-cesso ai medicinali dal solo puntodi vista del profitto.

All’interno di un contesto cultu-rale di questo tipo, la rappresentan-

za della Santa Sede si trova, talvol-ta, in convergenza, come nel casodi sforzi per ottenere l’accesso uni-versale alle cure sanitarie e ai me-dicinali, e, altre volte, in contrasto,come nel caso della sua difesa del-l’etica della vita e della famiglia.In particolare, la nostra attività di-plomatica persegue il dialogoinformale e interviene pubblica-mente per orientare lo sviluppo diuna cultura della salute pubblicaper soddisfare le esigenze di tutti,poveri e ricchi, attraverso la sua“advocacy” per la cura universalesulla base di una antropologia cri-stiana orientata sulla giustizia: lapersona al centro delle preoccupa-

zioni, ma anche in relazione aglialtri. Questo tipo di dialogo conaspetti concreti della cultura post-moderna e con i “produttori” di ta-le cultura (agenzie, gruppi di ricer-ca, funzionari internazionali, ecc.)non è facile, poiché richiede unapreparazione competente, infor-mazioni aggiornate, conoscenzeadeguate della ricerca scientifica edelle sue conseguenze per il benecomune, così come dell’applica-zione dei suoi risultati. Ma il com-pito indicato dal Concilio VaticanoII e dal Santo Padre è chiaro: la ca-rità della Chiesa – il suo amore perla gente – non le permette di esi-mersi dalla presenza e dal servizioalla società attuale, soprattutto peri suoi segmenti più vulnerabiliquali sono i malati.

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40 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

5. In questa vasta area di interes-se umano, esiste un potenziale si-gnificativo di collaborazione tra laSanta Sede e la comunità interna-zionale su molte questioni che ri-guardano la salute delle persone,dalle malattie legate alla povertà,croniche e non trasmissibili, allepandemie come l’HIV/AIDS, lamalaria, la tubercolosi, e varie for-me di influenza.

Attraverso i suoi rappresentantinel sistema multilaterale e le loroattività in materia di preoccupazio-ni per la salute, la Santa Sede assu-me un ruolo particolare insistendosul fatto che la dignità della perso-na umana e il rispetto della vita,dal concepimento alla morte natu-rale, devono essere promosse emantenute al centro di tali attività eche tutte le persone dovrebberoavere parità di accesso a cure de-centi, ai farmaci e alla tecnologiache salva e migliora la vita.

Questioni specifiche

6. Rivediamo ora alcuni di que-sti temi specifici, nonché la rispo-sta della Santa Sede, alla luce dellaCaritas in veritate.

a) “L’apertura moralmente re-sponsabile alla vita è una ricchez-za sociale ed economica” (Caritasin veritate, 44)

L’affermazione della sacralità edella dignità della vita umana, dalprimo momento del concepimentofino alla morte naturale, costitui-sce il fondamento essenziale del-l’impegno della Santa Sede in di-plomazia presso le Nazioni Unite ein altri consessi inter-governativi eglobali. Papa Benedetto XVI lo haspiegato in maniera rigorosa quan-do ha scritto “L’apertura alla vitaè al centro del vero sviluppo.Quando una società s’avvia versola negazione e la soppressione del-la vita, finisce per non trovare piùle motivazioni e le energie neces-sarie per adoperarsi a servizio delvero bene dell’uomo. Se si perde lasensibilità personale e sociale ver-so l’accoglienza di una nuova vita,anche altre forme di accoglienzautili alla vita sociale si inaridisco-no”8. Il Santo Padre indica ulterio-ri tendenze preoccupanti in questosenso: “Alla diffusa, tragica, piagadell’aborto si potrebbe aggiungere

in futuro, ma è già surrettiziamen-te in nuce, una sistematica pianifi-cazione eugenetica delle nascite”9.

Così le rappresentanze pontifi-cie presso le Nazioni Unite colgo-no ogni occasione rilevante per in-sistere sul rispetto della sacralitàdella vita umana in ogni sua fase,dal concepimento alla morte natu-rale, e per resistere a qualsiasi ten-tativo di inserire un’ideologia le-gata alla “cultura della morte” co-me componente “ufficiale” dellepolitiche o prassi internazionali. Ciscontriamo con costanti tentatividi inserire nei documenti delle Na-zioni Unite un linguaggio che inseguito potrebbe essere interpreta-to come riconoscimento della co-siddetta “salute e diritti sessuali eriproduttivi” o il cosiddetto “dirittoall’aborto «legale e sicuro»”, o a“servizi globali di salute riprodut-tiva e sessuale” (tra cui presumi-bilmente l’aborto).

Per esempio, molto avanti nelprocesso preparatorio per l’As-semblea Mondiale della Sanità del2009, uno Stato ha introdotto unaRisoluzione sui difetti di nascita;tale mozione fu rinviata all’esamedella riunione del Comitato Esecu-tivo dell’OMS, che si sarebbe te-nuta nel mese di gennaio 2010. Aquel tempo, il Segretariato del-l’OMS considerò “l’interruzioneselettiva della gravidanza” comeuno dei mezzi, inter alia, per pre-venire i difetti di nascita. La dele-gazione della Santa Sede presenteall’incontro reagì con decisione10

sottolineando che “…la vita uma-na inizia al momento del concepi-mento e va difesa e protetta. L’a-borto e le politiche che favorisco-no l’aborto non devono essere ac-cettati. La Santa Sede non potràmai tollerare l’aborto o le politicheche favoriscono l’aborto […] LaSanta Sede afferma inoltre che ildiritto di coscienza dei prestatoridei servizi sanitari è assicurato, tral’altro, dall’articolo 18 della Di-chiarazione Universale dei DirittiUmani”11. La delegazione ri-chiamò l’attenzione, inoltre, sul-l’articolo X della Convenzionedelle Nazioni Unite sui diritti dellepersone con disabilità, che dichia-ra che: “Gli Stati Parti riaffermanoche il diritto alla vita è connaturatoalla persona umana ed adottanotutte le misure necessarie a garan-tire l’effettivo godimento di talediritto da parte delle persone condisabilità, su base di uguaglianzacon gli altri”12. Nella sua relazioneall’Assemblea Mondiale della Sa-nità del 2010, il Segretariato del-l’OMS ha mantenuto il riferimentoalla “interruzione selettiva di gra-vidanza”, come un mezzo per pre-venire i difetti di nascita, ma la ri-soluzione approvata dall’Assem-blea non vi ha fatto alcun riferi-mento.

Tali preoccupazioni vanno oltrequelle inerenti l’inizio della vitaumana. Così Papa Benedetto XVIha osservato nella Caritas in veri-tate: “Sul versante opposto, va fa-cendosi strada una mens eutanasi-ca, manifestazione non meno abu-siva di dominio sulla vita, che incerte condizioni viene consideratanon più degna di essere vissuta.Dietro questi scenari stanno posi-zioni culturali negatrici della di-gnità umana”13.

In relazione a questo problema,la Santa Sede segue con attenzionele discussioni sulla proposta dipreparare una “Convenzione” o al-tra forma di accordo internaziona-le vincolante su persone di etàavanzata o anziane. In modo simi-le, abbiamo sollecitato un’attentaconsiderazione delle questioni eti-che insite in considerazione delle“Linee guida ampliate sul trapian-to di organi e tessuti umani”, al-zando la cautela, presso le riunionidel comitato esecutivo dell’OMSnel maggio 2008 e nel gennaio2009, circa l’uso di organi da do-

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natori cadaveri: “Particolare atten-zione deve essere incoraggiata eadottata per assicurare che, in tuttii casi, la cessazione delle funzionivitali sia veramente irreversibile esia certificata da criteri validi”.

b) “Il problema dello sviluppo èstrettamente collegato anche allanostra concezione dell’anima del-l’uomo”(Caritas in veritate, n. 76)

In questa significativa Enciclica,il Santo Padre mette in guardiacontro le “riduzioni” che “hannoalla loro base una profonda incom-prensione della vita spirituale”, eavverte che queste nozioni errate“portano a disconoscere che lo svi-luppo dell’uomo e dei popoli, in-vece, dipende anche dalla soluzio-ne di problemi di carattere spiri-tuale”. Egli sostiene inoltre che “losviluppo deve comprendere unacrescita spirituale oltre che mate-riale, perché la persona umana èun’«unità di anima e corpo»”14.Questo punto è particolarmente ri-levante per quanto riguarda la defi-nizione di “salute” dell’OMS. Nelgennaio 1998 uno speciale gruppodi lavoro del comitato esecutivodell’OMS sulla Revisione dellaCostituzione dell’Organizzazione,e il Comitato esecutivo stesso, rac-comandarono alla 51ª AssembleaMondiale della Sanità che ilpreambolo della Costituzione del-l’OMS fosse modificato per inclu-dere la seguente definizione di “sa-lute” come “uno stato di completobenessere fisico, mentale, spiritua-le e sociale e non semplicementel’assenza di malattie o infermità”15.Tuttavia, a oggi, la definizione èpriva di qualsiasi riferimento alladimensione spirituale della salutee si discute pochissimo su questoargomento nel corso dei dibattitidell’OMS. Chiaramente, gli sforzidella diplomazia pontificia nelcampo della salute devono essererafforzati al fine di aiutare gliesperti, così come il pubblico ingenerale, a comprendere la dichia-razione di Papa Benedetto XVI:“[…] tra fede e scienza non v’è op-posizione, nonostante alcuni epi-sodi di incomprensione che si sonoregistrati nella storia”, poiché“[un] uomo di fede e di preghiera[…] può coltivare serenamente lostudio delle scienze naturali e pro-gredire nella conoscenza del microe del macrocosmo, scoprendo le

leggi proprie della materia, poichétutto questo concorre ad alimenta-re la sete e l’amore di Dio”16.

La Santa Sedee l’accesso alle medicinenell’ambito dell’OMS

7. Un altro importante campo diattività riguarda l’accesso ai far-maci. Una distinzione fondamen-tale dei diritti umani è quella tra di-ritti civili e politici (diritti di “pri-ma generazione”) e diritti socio-economici (diritti di “seconda ge-nerazione”). I primi sono diritti“negativi” che imbrigliano il pote-re dello Stato attraverso l’imposi-zione di non ingerenza; i secondisono “diritti positivi” che impon-gono obblighi sullo Stato per assi-curare ai propri cittadini un set ba-se di beni sociali: istruzione, assi-stenza sanitaria, cibo e acqua.

Il più importante strumento in-ternazionale in materia di dirittisocio-economici è il Patto Interna-zionale sui Diritti economici, so-ciali e culturali (ICESCR)17 del1966, ratificato da circa 130 Stati.Uno dei diritti sostanziali ricono-sciuti dal Patto è “il diritto di ogniindividuo a godere delle miglioricondizioni di salute fisica e menta-le che sia in grado di conseguire”18.Le parti sono tenute, in particolare,a prendere le misure necessarie per“la profilassi, la cura e il controllodelle malattie epidemiche, ende-miche, professionali e d’altro ge-nere”19, e “la creazione di condi-zioni che assicurino a tutti servizimedici e assistenza medica in casodi malattia”20.

La crisi dell’AIDS, assieme aldiffondersi preoccupante e conti-nuo delle malattie infettive più no-te, come la malaria e la tubercolo-si, costituisce una catastrofe globa-le di drammatica portata. La mag-gior parte delle persone povere chesoffrono di queste malattie riceveun’assistenza sanitaria molto ina-deguata. In moltissimi Paesi pove-ri, la mancanza di farmaci essen-ziali, assieme a infrastrutture sani-tarie precarie, impedisce di rispon-dere adeguatamente ai bisogni ur-genti di salute pubblica. La tutelagiuridica della proprietà intellet-tuale, specialmente attraverso ibrevetti, dà al titolare del brevettodiritti di monopolio sul prodotto o

sul processo, durante la durata divita del brevetto stesso. “Un talediritto può infatti consentire al tito-lare del brevetto di produrre e for-nire il prodotto solo quando e doveè possibile recuperare, attraversopolitiche di prezzo, i costi degli in-vestimenti contenuti nel suo svi-luppo, così come le entrate previ-ste, trascurando quelli che nonpossono permettersi i prezzi delprodotto. All’interno di un sistemadi libero commercio, i diritti diproprietà intellettuale costituisco-no un regime di monopolio ecce-zionale”21.

L’ultima Enciclica di BenedettoXVI ci ricorda che: “[…] nell’am-bito delle cause immateriali o cul-turali dello sviluppo e del sottosvi-luppo possiamo trovare la medesi-ma articolazione di responsabilità.Ci sono forme eccessive di prote-zione della conoscenza da partedei Paesi ricchi, mediante un uti-lizzo troppo rigido del diritto diproprietà intellettuale, special-mente nel campo sanitario. Nellostesso tempo, in alcuni Paesi po-veri persistono modelli culturali enorme sociali di comportamentoche rallentano il processo di svi-luppo”22.

L’attuale sistema interferisce conil diritto alla salute in due modi, al-meno dal punto di vista generale eteorico. Prima di tutto, le personeprovenienti dai Paesi meno svilup-pati (PMS) non possono permetter-si il costo molto elevato di farmacibrevettati, che può essere ricondot-to al diritto del brevetto richiestoper la produzione di tali farmaci.Tuttavia, anche nei Paesi in via disviluppo, l’elevato costo dei far-maci brevettati mina il bilancio de-stinato alla spesa pubblica per l’as-sistenza sanitaria. Il secondo osta-colo riguarda la ricerca e lo svilup-po (R & S): la tutela del brevetto,infatti, non funziona come incenti-vo alla ricerca sui cosiddetti tratta-menti “non di mercato”, compresiquelli per l’HIV, la tubercolosi o lamalaria. In altre parole, il mercatoche tali farmaci devono affrontare,anche se è grande, è presente so-prattutto tra i poveri e quindi non èin grado di garantire un ritorno su-gli investimenti in materia di ricer-ca e sviluppo da parte delle aziendefarmaceutiche. Un gruppo partico-larmente privo di accesso ai farma-ci è quello dei bambini. “Molti far-

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maci essenziali non sono stati mes-si a punto in formulazioni appro-priate o in dosaggi specifici per usopediatrico. Per questo motivo, lefamiglie e gli operatori sanitari so-no spesso costretti a «indovinare»come dividere al meglio le pilloleper adulti al fine di somministrarleai bambini. Questa situazione puòsfociare nella morte tragica o inmalattie croniche di questi bambinibisognosi”23. A causa di un’ecces-siva focalizzazione sul profitto,quindi, assistiamo a un orienta-mento della ricerca farmaceuticaverso aree strategiche di minoreimportanza, come i trattamenti perdimagrire o i rimedi per l’impoten-za, che hanno un maggiore poten-ziale di mercato nei Paesi indu-strializzati più ricchi. In relazione aquesto tema la Santa Sede seguecon attenzione il dibattito sulla pro-prietà intellettuale e la sanità pub-blica nel Consiglio per i Diritti diproprietà intellettuale attinenti alcommercio (TRIPS) dell’OMC.Come Membro Osservatore, laSanta Sede sottolinea l’impulsomolto creativo e innovativo offertodal sistema dei diritti di proprietàintellettuale – in particolare nel set-tore sanitario – così come la suafunzione primaria, che è quella diservire il bene comune della comu-nità umana.

8. In conclusione, gli esempiforniti dovrebbero indicare che laprospettiva della Chiesa trascendei confini e le categorie di persone eabbraccia l’intera famiglia umana.Nel settore della salute, la sua pro-spettiva è mantenuta viva in modo

da servire come voce della co-scienza. La diplomazia della SantaSede promuove con pazienza la vi-ta e il bene comune in risposta agli“alti e bassi” delle attuali circo-stanze. L’attività diplomatica dellaSanta Sede è stata, e rimane, unaparte reale della comunità interna-zionale, una presenza a livellomultilaterale che testimonia che ilsuo lavoro è un servizio di amoreper tutta la famiglia umana.

S.E. Mons. SILVANO M. TOMASINunzio Apostolico,

Osservatore Permanente della Santa Sedepresso le Nazioni Unite e altre

organizzazioni internazionali a Ginevra.

Note

1 U.N. Secretary General, Princeton Collo-quium, 17 April 2009. “The Imperative for aNew Multilateralism.”

2 BENEDETTO XVI, Discorso all’AssembleaGenerale delle Nazioni Unite, New York, 18Aprile 2008, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2008/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20080418_un-visit_en.html

3 Carta delle Nazioni Unite, art. 1.2-1.4.4 GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Assem-

blea generale delle Nazioni Unite in occasio-ne del 50° anniversario della sua fondazione,5 Ottobre 1995, http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1995/october/documents/hf_jp-ii_spe_05101995_address-to-uno_en.html

5 Atti 3, 6-8.6 GIOVANNI PAOLO II, Dolentium Homi-

num, 11 Febbraio 1985, Città del Vaticano,http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/motu_proprio/documents/hf_jp-ii_motu-

proprio_11021985_dolentium-hominum_en.html

7 Pio XII, Discorso all’Assemblea Mondia-le della Sanità, 1949.

8 Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritasin veritate, Città del Vaticano, 29 giugno2009, #28, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_en.html

9 Ibid., n. 75.10 Intervento della Santa Sede al 126° In-

contro del Comitato Esecutivo dell’Organiz-zazione Mondiale della Sanità sul rapporto delSegretariato sui “Difetti di nascita” –EB126/10, 18-23 gennaio 2010

11 Dichiarazione della Santa Sede alla Ses-sione conclusiva della 21ª Sessione Specialedell’Assemblea Generale sulla revisione e va-lutazione dell’implementazione del Program-ma d’Azione della Conferenza Internazionalesu Popolazione e Sviluppo, New York, 2 lu-glio 1999, http://www.un.org/pop in/unpopcom/32ndsess/gass/state/holysee.pdf

12 http://www.un.org/disabilities/documents/convention/convoptprot-e.pdf

13 Caritas in veritate, n. 75.14 Ibid., n. 76.15 World Health Organization (1998) Exe-

cutive Board 101st Session, Resolutions andDecisions, EB101.1998/REC/l, pp. 52-53.

16 Benedetto XVI, Udienza Generale, 24Marzo 2010, Città del Vaticano, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20100324_en.html

17 GA res. 2200A (XXI), 21 UN GAORSupp. (No. 16) at 49, UN Doc. A/6316(1966); 993 U.N.T.S. 3; 6 I.L.M. 368 (1967)[hereinafter “ICESCR”]. It entered into forceon 3 January 1976, in accordance with Article27.

18 ICESCR, Art. 12(1).19 ICESCR, Art. 12(2)(c).20 ICESCR, Art. 12(2)(d).21Intervento dell’Osservatore della Santa

Sede alla sessione plenaria del Dicembre 2002dell’Organizzazione Mondiale del Commer-cio sugli aspetti dei Diritti di Proprietà Intel-lettuale legati al commercio, Ginevra. http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/documents/rc_seg-st_doc_20010620_wto_en.html

22 Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritasin veritate, n. 22.

23 Intervento di S.E. Mons. Silvano M. To-masi alla 14ª Sessione del Consiglio dei Dirit-ti Umani.

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Introduzione

Sono particolarmente grato del-l’opportunità offertami di condivi-dere con voi alcune riflessioni su“Etica e accesso alle tecnologie sa-nitarie”, ma vorrei fare un’aggiuntapiccola, ma significativa al titolo.

In riconoscimento dei rapidi pro-gressi compiuti dal settore della tec-nologia medica e di altro tipo, e inconsiderazione del fatto che le sfidesanitarie che i Paesi del mondo de-vono affrontare sono diverse, credoche sia più rilevante per noi prende-re in considerazione il seguente ti-tolo: “Etica e accesso a una tecnolo-gia sanitaria adeguata”.

A mio parere, quando si parla dietica e di accesso alla tecnologiasanitaria è essenziale comprendereappieno le problematiche sanitarielocali o regionali che si sta tentan-do di affrontare, come pure le con-dizioni culturali, economiche e so-ciali locali.

Le sfide che riguardano l’“ac-cesso alle tecnologie sanitarie” cheattendono l’uomo d’affari a Roma,la madre di cinque figli in Botswa-na, o il lavoratore rurale in Brasile,sono molto diverse. E così, non do-vrebbe sorprendere che anche lesoluzioni tecnologiche a queste sfi-de siano diverse. Pertanto, gli inter-rogativi chiave sull’“accesso allatecnologia” dovrebbero essere:“Accesso a cosa?” e “per cosa?”.

Troppo spesso nel passato, le di-scussioni in merito all’“accesso al-la tecnologia” sono state genera-lizzate con discussioni condottesenza tener conto delle esigenzelocali. Sono state sviluppate tecno-logie che hanno trascurato quellearee che pongono le sfide maggio-ri, come le comunità rurali, le po-polazioni socialmente svantaggia-te e, naturalmente, le nazioni in viadi sviluppo.

Sono lieto di comunicare chenon è più così e che, certamentenel caso della GE Healthcare, “in

loco, in loco, in loco” è il mantra dicome oggi sviluppiamo le tecnolo-gie mediche. Questo approccio,che abbiamo denominato “nel pae-se per il paese”, sta già miglioran-do l’accesso alla tecnologia in tut-to il mondo.

L’andatura del cambiamento

Come fornitori di tecnologiamedica siamo molto orgogliosi deiprogressi raggiunti dalla comunitàmedica attraverso l’uso della dia-gnostica per immagini ad alta tec-nologia come la risonanza magne-tica (MRI), la tomografia a raggi-X (CT) e quella a emissione di po-sitroni (PET). Questi programmihanno fornito specificità e sensibi-lità diagnostica sempre maggiori, abeneficio di milioni di pazienti inEuropa e nel resto del mondo.

La comunità di ricerca ha utiliz-zato anche la diagnostica accoppia-ta all’informatica per comprenderemeglio le cause del cancro, dellemalattie cardiache e di molte altremalattie croniche che dovremo af-frontare nei prossimi anni. La no-stra società infatti invecchia e il nu-mero di professionisti medici eoperatori sanitari diminuisce – unproblema importante, di per sé, inmateria di accesso, ma che non af-fronterò oggi in questa sede.

Eppure, per quanto questi risulta-ti siano notevoli, i loro effetti sonostati distribuiti in modo difformetra la popolazione mondiale. Oggil’80% della spesa sanitaria è riser-vata al 10% della popolazionemondiale. È una questione che dob-biamo affrontare. Occorre svilup-pare tecnologie innovative che ri-spondano non solo a esigenze diffe-renti, ma anche a bilanci diversi.

Spero di potervi dimostrare cheabbiamo la capacità tecnica e stia-mo facendo grandi progressi, so-prattutto in un maggiore accessoper più persone a un’assistenza sa-

nitaria di qualità a prezzi accessi-bili che risponda alle loro esigenzein ogni parte del mondo e in ognicircostanza.

Rivoluzione digitale

In questi ultimi decenni abbia-mo assistito a un mutato scenariodella tecnologia di comunicazione:la digitalizzazione, la miniaturiz-zazione e la banda larga hannoavuto come risultato l’onnipresen-te telefono cellulare.

Queste stesse influenze hannofavorito lo sviluppo di tecnologiesanitarie, dove la forza delle imma-gini mediche, della tecnologiainformatica e della biologia si fon-dono insieme, dando vita a unanuova ondata di prodotti che stannotrasformando l’assistenza sanitaria.

È emozionante quando si può te-nere in mano un apparecchio a ul-trasuoni, non più grande di uniPod, che usa niente altro che leonde sonore per rendere immaginidel corpo altamente specifiche esensibili. Dispositivi come questohanno il potenziale di diventare latecnologia per immagini più utiliz-zata al mondo.

Abbiamo tutti un ruolo da svol-gere nello sfruttare la potenza diquesta rivoluzione digitale per mi-gliorare l’accesso all’assistenza sa-nitaria. Proprio in questo momentoin tutto il mondo, governi, imprese,ONG e mondo accademico lavora-no insieme per ridurre le disugua-glianze sanitarie e rendere l’assi-stenza sanitaria più sostenibile.

La GE Healthcare collabora conloro, come fanno anche la Chiesacattolica e le altre organizzazionireligiose che vantano una storialunga e orgogliosa di assistenza sa-nitaria in alcune delle regioni edelle popolazioni più svantaggiatedel mondo. Il tipo di tecnologiache stiamo sviluppando sarà discarsa utilità se non potrà essere

REINALDO A. GARCIA

Etica e accesso alle tecnologie sanitarie

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messa in pratica nelle zone che piùne hanno bisogno. Quindi, dobbia-mo lavorare a stretto contatto conle organizzazioni di distribuzioneper garantire il soddisfacimentodelle loro esigenze. Permettetemidi spiegare come procediamo inquesto senso.

“Healthymagination” –migliorare l’accesso,la qualità e il costo

Come soluzione managerialeglobale, basata sulla tecnologia, ladiagnostica e l’assistenza sanitaria,la GE Healthcare considera il suoruolo di particolare importanza nelrendere la tecnologia salvavitaproduttiva e più accessibile nellearee semi-urbane, rurali e in via disviluppo che spesso sopportano ilpeso delle malattie.

Ciò è esemplificato dal pro-gramma healthymagination dellaGeneral Electric, che mira a forni-re tecnologie e soluzioni che mi-gliorano la qualità, l’accesso e icosti della salute in tutte le partidel mondo, con un impegno di me-triche che siano convalidate da unaterza parte.

Il nostro impegno healthymagi-nation si applica ai Paesi più pove-ri così come a quelli più ricchi: aquei luoghi con sistemi sanitarimeno abbienti, dove la tecnologiapuò migliorare l’accesso e i risulta-ti dei pazienti, e a quelli in cui latecnologia fa lievitare i costi sani-tari e dove, invece, dovrebbe esse-re utilizzata per incrementare l’ef-ficienza e migliorare l’assistenza.

Quindi, come si applica healthy-magination a, per esempio, zonerurali dell’Africa, dell’AmericaLatina o del Sud-est Asiatico?

Quando questo programma fulanciato nel maggio 2009, Jeff Im-melt, Amministratore Delegatodella General Electric, evidenziòdue prodotti destinati al futuro:l’elettrocardiografo MAC 400 e ilVENUE 40, scanner a ultrasuoniportatile.

Questi dispositivi sono alimen-tati a batteria, sono portatili, auto-sufficienti e semplici da usare.Sono esempi di uso del boom del-l’elettronica di miniaturizzare eadattare la tecnologia che una vol-ta era possibile solo in ospedale, eportarla in cliniche e zone rurali

lontane dalle principali strutturemediche.

Entrambe le tecnologie permet-tono di portare l’assistenza sanita-ria al paziente invece di dover es-sere il paziente a ricorrere al medi-co, e tutte e due sono state svilup-pate e prodotte nei mercati ai qualisono destinate.

Anche nei mercati poveri emer-genti, la malattia cronica resta laprincipale causa di morbilità sani-taria e di mortalità. Il MAC 400consente all’infermiere o all’assi-stente sanitario del distretto di ese-guire un ECG in località remote,ma sempre utilizzando gli algorit-mi migliori e più aggiornati, per loscreening e il trattamento di pa-

zienti affetti da malattie cardiache.Il solo fatto di essere povere e divivere in luoghi remoti, non devecondannare le persone a un servi-zio diagnostico inferiore. Il MAC400 permette alla moderna tecno-logia di essere portata al capezzaledi chi vive lontano.

Il VENUE 40 viene utilizzato inuna vasta gamma di applicazionicome l’anestesia, un esame addo-minale e cardiaco rapido, o untrauma, e consente procedure agoguidate più sicure. Per drenare unversamento pleurico, il pazientenon deve più recarsi in un ospeda-le distante, ma l’assistente sanita-rio, l’infermiere o il medico locale,potranno fare questa procedura acasa del paziente o nella locale cli-nica rurale.

Questi esempi di prodotti di nuo-va generazione contribuiscono asalvare le vite, a migliorare la pro-duttività dell’assistenza sanitaria, e

soprattutto ad aumentare l’accessoalle cure sanitarie.

Nuova mentalitànel Paese per il Paese

Per sviluppare queste tecnolo-gie, la General Electric ha dovutocambiare la propria mentalità.

Il tradizionale modello di “glo-calizzazione” della General Elec-tric, dove i prodotti erano svilup-pati in mercati nazionali come gliStati Uniti e in Europa, e poi adat-tati per la vendita in altri Paesi– spesso riducendo le specificazio-ni e la produzione a livello locale –ha funzionato fino a una certa mi-

sura. Spesso i prodotti non eranoadatti per le condizioni locali per-ché troppo grandi, troppo compli-cati, esposti alle variazioni di cor-rente e difficili da usare e mantene-re in ambienti fisici molto diversida quelli in cui erano stati origina-riamente concepiti. Nonostante lariduzione del costo capitale delleattrezzature, dei modelli finanziariper il loro utilizzo e la manutenzio-ne basata su un’esperienza di mer-cato locale, questi prodotti nonhanno funzionato e non erano so-stenibili.

La compagnia ormai ricerca,sviluppa e produce sempre più latecnologia giusta per le esigenzelocali nel Paese o nella regione, dautilizzare come parte del nostroapproccio “nel Paese per il Paese”allo sviluppo di nuove tecnologie.

In breve, le équipe della GeneralElectric, grazie alla profonda co-noscenza locale e a un’autonomia

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mondo, oltre 3 milioni muoiononel periodo neonatale, principal-mente per parto prematuro, graviinfezioni e asfissia.

La vera tragedia è che la mag-gior parte di queste morti sono pre-venibili. Raggiungere gli obiettividi Sviluppo del Millennio in solocinque anni, richiederà nuovi livel-li di cooperazione tra tutti gli inte-ressati, dai medici alle ostetriche,dai governi alle ONG e dai ricerca-tori alle imprese. Sarà inoltre ne-cessario un ripensamento dei modicon cui sono sviluppate e distribui-te le tecnologie sanitarie, soprat-tutto nelle zone dove i tassi di mor-talità neonatale sono più alti.

Come parte dell’impegno globa-le di healthymagination della GE,allargheremo il nostro portafogliodi cura materno-infantile per offri-re tecnologie mirate a oltre 80 Pae-si a più basso reddito e aumentarel’accesso locale alle cure. Sono in-clusi prodotti per bambini già te-stati, accessibili e facili da usare,che forniscono calore per i neona-ti, fototerapia per il trattamento dineonati itterici e incubatrici perquelli prematuri.

Molti di questi prodotti sonoprogettati e realizzati in India eTurchia. La General Electric stalavorando allo sviluppo di stru-menti per riscaldamento e di di-spositivi di fototerapia per le na-zioni in via di sviluppo a costi no-tevolmente ridotti. È inoltre in esa-me un nuovo metodo per fornireossigeno alle madri durante il par-to e ai neonati.

Un altro nuovo prodotto moltoentusiasmante, che vi ho mostratoin precedenza, è il VScan – il no-stro scanner portatile a ultrasuoni –sviluppato nei mercati emergenti.Le sue applicazioni cliniche sonoattualmente valutate sia nei merca-ti emergenti sia in quelli sviluppatiper una vasta gamma di malattie econdizioni. Queste includono ac-certare la sua capacità e i protocol-li clinici per il suo utilizzo in appli-cazioni di assistenza materna eneonatale nei mercati emergenti.

Immaginate di essere un medicoo un operatore sanitario in una del-le regioni più arretrate dell’Africa.A 40 miglia dalla vostra clinica,una donna nel secondo trimestre digravidanza sta male. Vi recate alsuo villaggio. Quando arrivate,aprite l’ultrasuoni portatile. Pesa

funzionino nell’ambito delle con-dizioni economiche locali e nondebbano fare affidamento su con-tributi internazionali o di organiz-zazioni caritative a lungo termine.

Soluzioni tecnologiche“appropriate”

Tecnologie mediche innovativesono ora in fase di sviluppo perquasi tutte le malattie e le condi-zioni riscontrate nelle nazioni invia di sviluppo. Fino a tempi rela-tivamente recenti l’attenzione pre-dominante era rivolta ai farmaci, aivaccini e alle campagne di preven-zione e sensibilizzazione. Questolavoro è stato fondamentale per af-frontare la grossa sfida di malattietrasmissibili come la malaria, la tu-bercolosi, l’HIV/AIDS e altre ma-lattie tropicali.

È ormai chiaro, tuttavia, che lepopolazioni delle nazioni in via disviluppo soffrono di un massiccioincremento delle stesse condizionicroniche che interessano tutti iPaesi: cancro, malattie cardiova-scolari e respiratorie e le numeroseconseguenze mediche dell’obesitàe del diabete.

Per aiutare ad affrontare questesfide, è in atto un cambiamentoverso tecnologie nuove e miglioriper lo screening, la diagnosi preco-ce, la valutazione del trattamento eil monitoraggio delle malattie cro-niche e il relativo equipaggiamen-to del sistema sanitario. Vi è ancheuna rinnovata attenzione per risol-vere il carico globale della morta-lità e della malattia nella salutematerna e neonatale.

Salute materna e neonatale

Le Nazioni Unite si sono riunitea New York nel mese di settembreper esaminare i progressi finoraconseguiti nella realizzazione de-gli Obiettivi di Sviluppo del Mil-lennio, fissati nel 2000, da rag-giungere entro il 2015. Tra questisono state predominanti le sfiderelative alla salute materna e neo-natale.

Il dispositivo MDG 4 mira a ri-durre di due terzi il tasso di morta-lità tra i bambini al di sotto dei cin-que anni entro il 2015. Dei 139 mi-lioni di bambini nati ogni anno nel

senza precedenti in America Lati-na, in India, nel Sud-est Asiatico ein una dozzina di altri Paesi, oragestiscono lo sviluppo e la produ-zione di nuovi prodotti per soddi-sfare le esigenze locali.

Una svolta molto interessante,poiché questi nuovi prodotti nonrinunciano alla qualità, sta nel fat-to che alcuni di essi trovano un usodi “ritorno” nei mercati sviluppati.Tale processo è diventato noto co-me “innovazione inversa”.

Innovazione inversa

Tecnologie progettate per soddi-sfare le specifiche esigenze e cir-costanze mediche dei Paesi in viadi sviluppo, si stanno rivelandopopolari in mercati più sviluppati,in particolare dove vi sono vastepopolazioni rurali svantaggiate.

Ne è un buon esempio la serieMAC di elettrocardiogrammi. Ori-ginariamente sviluppate in India,la loro facilità d’uso e portabilità lirende ugualmente attraenti per me-dici di base e infermieri nelle clini-che e nelle visite a domicilio in al-tri Paesi, compresi gli Stati Uniti.

Questi macchinari sono utilizza-ti anche da “dottori volanti” checurano le popolazioni Inuit nel Ca-nada settentrionale, e i risultati de-gli esami possono essere visualiz-zati sul posto o trasmessi a specia-listi nei centri urbani per analisi oun secondo parere.

In tempi di restrizione economi-ca come quelli di oggi, la tecnolo-gia che consente di effettuare mag-giori test diagnostici al di fuori del-l’ambiente ospedaliero o al lettodel paziente, piuttosto che manda-re un paziente da uno specialista etrasportarlo fisicamente, probabil-mente attira di più per migliorarel’accesso e guidare l’efficienza delsistema sanitario.

La commercializzazione di que-ste tecnologie nei mercati svilup-pati e in quelli emergenti, permettedi distribuire più ampiamente i co-sti di sviluppo e quindi di fissare ilprezzo di vendita nei mercati in viadi sviluppo a un livello accessibile.Ciò consente al Paese di acquistaree mantenere la tecnologia, rispet-tando gli impegni della healthyma-gination in materia di qualità, ac-cesso e costi, e contribuisce a crea-re sistemi sanitari sostenibili che

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promuovendo per indirizzare i fi-nanziamenti dai Paesi sviluppativerso quelli più poveri.

Vi sono anche molte organizza-zioni non governative locali e glo-bali con esperienza in questo tipodi lavoro e siamo desiderosi diunirci a loro per fornire programmidi formazione e responsabilizza-zione nel Paese per testare le nuo-ve tecnologie. Sarei interessato asapere da voi, nella discussioneche seguirà, se vi possono essereopportunità di lavoro anche attra-verso reti simili gestite dalla Chie-sa nei Paesi in via di sviluppo.

Tramite questo tipo di partner-ship possiamo meglio raggiungeregli utenti finali per determinare sel’accesso a una nuova tecnologiasarà davvero effettivo. In questocaso, lavorando in partnership po-trebbe inoltre permetterci di svi-luppare protocolli clinici e usi ap-propriati delle tecnologie, accele-rare l’erogazione, fornire la giustaformazione, sostenere le esigenzee minimizzare i costi.

È solo l’inizio

Resta ancora molto da fare. LaGeneral Electric non pretende diavere tutte le risposte per assicura-re che il mondo intero abbia acces-so a tecnologie innovative che mi-gliorano la salute. Tuttavia, com-prendiamo i problemi e possiamovedere molti degli ostacoli che sifrappongono.

Spero di avervi convinti che “sì,è importante aumentare l’accessodella popolazione alla tecnologiasanitaria”, ma i benefici sanitariseguiranno solo se questa tecnolo-gia è necessaria per risolvere i pro-blemi locali, e questo non può es-sere un approccio tecnologico uni-versale. Abbiamo bisogno di adat-tare le nostre soluzioni tecnologi-che alle circostanze locali e utiliz-zarle in un modo che diventino im-portanti motori di cambiamento.

Dopo aver dedicato la maggiorparte del tempo a mia disposizioneper parlare di questioni sanitarie edella tecnologia per migliorarel’accesso all’assistenza sanitarianei Paesi in via di sviluppo, nondobbiamo dimenticare che, vicinoa casa nostra, anche i sistemi sani-tari europei sono sotto forte pres-sione. Alla luce della crisi finan-

programma ci basiamo sulle risor-se di tutte le varie aziende dellaGeneral Electric, come GE Energyper la produzione di energia elettri-ca e GE Water per gli impianti didepurazione.

Mediante l’utilizzo di volontaridella General Electric e della GEHealthcare, il programma ha di-mostrato che ciò che è effettiva-mente richiesto sul terreno, spessonon è ciò che è percepito da lonta-no e quel che funziona a Roma puònon funzionare in Ruanda. In bre-ve, si è appreso che non nulla è me-glio dell’avere personale in loco.

È qui che cerchiamo attivamen-te la partnership con i governi, leorganizzazioni professionali e unnumero sempre maggiore di ONGpresenti nei mercati emergenti.Anche se possiamo avere team diprogettazione e di vendita e com-petenze in materia di marketing inmolti Paesi, talvolta ci mancano leinfrastrutture sul terreno per porta-re le nuove tecnologie ai pazienti.

Un altro esempio del nostro ap-proccio di partnership è un progettoche abbiamo appena completato inNamibia. Tale progetto è stato con-dotto per il Ministero della Sanitàdella Namibia con un prestito di 13milioni di euro di credito specialeda parte del governo finlandese. In-sieme abbiamo ristrutturato 46ospedali principali concentrandocisull’assistenza materna e infantile.Il programma riguardava il metterea disposizione un pacchetto di “so-luzioni sanitarie” che comprende lafornitura di tecnologie appropriate,la logistica, l’installazione, la ma-nutenzione, e un ampio programmadi educazione e insegnamento.

Questo è solo un esempio deiprogetti che la GE Healthcare sta

solo 390 grammi, ma è potentequanto il grande macchinario degliospedali più avanzati. Esso vi per-mette rapidamente di vedere che ilbambino si è girato e il battito car-diaco è lento e quindi la madre habisogno di andare in clinica per es-sere curata. Oppure la scansionemostra che il bambino sta bene e ildolore è causato da una colecistiestesa e la madre può essere tratta-ta con antibiotici a casa ed evitarel’arduo viaggio. È solo una visio-ne? In questo momento sì, ma giàora stiamo lavorando con diverseONG a livello mondiale per pro-grammi piloti di formazione peroperatori sanitari in diverse nazio-ni africane per usare il VScan aquesto scopo. La visione potrebbequindi diventare presto realtà.

In definitiva, la nostra visione èche il VScan sia presente ovunquecome lo stetoscopio e per questodeve avere una portata veramenteglobale. Come per gli strumentielettronici, i costi unitari sarannoridotti se saranno approvate piùapplicazioni cliniche, se verrà au-mentata la produzione e se sarannodiffuse altre innovazioni di design.

L’obiettivo è quello di raggiun-gere un punto in cui i costi di acqui-sto, di formazione e manutenzionepossano essere recuperati medianteun modello di prezzo sostenibileanche nei Paesi a più basso reddito.Questo obiettivo era semplicemen-te inimmaginabile solo pochi annifa e ora promette di portare a tecno-logie diagnostiche potenti prece-dentemente di dominio esclusivodella struttura ospedaliera.

Lavorare con le ONG e leorganizzazioni di distribuzione

Dopo aver progettato le nuovetecnologie, la prossima sfida pergarantire un migliore accesso èquella di verificare, perfezionare eimplementarle sul terreno. Ciò èstato appreso grazie al programmafilantropico della Fondazione Ge-neral Electric: “Sviluppare la salu-te a livello globale” che sta miglio-rando la capacità di assistenza sa-nitaria in Africa, Sud-est Asiatico eAmerica Latina dotando ospedali ecliniche della tecnologia di cuihanno bisogno e garantendo che ilpersonale sia adeguatamente for-mato per il loro utilizzo. In questo

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pennata dei costi, diminuzione diaccesso, trattamento inefficace,amministrazione inefficiente, erro-ri medici crescenti, e così via. Equesti problemi non si limitano aun Paese o a un continente.

Attraverso la healthymaginatione lo sviluppo di nuove tecnologie,ci siamo impegnati a lavorare percontribuire a superare le sfide. So-no necessari maggiore collabora-zione, partnership, idee chiare e ilcoraggio di agire diversamente.

La trasformazione dei servizi sa-nitari è senza dubbio una delle sfi-de più difficili che dovremo af-frontare in questo secolo. Ma sonoottimista sul fatto che la superere-mo utilizzando la tecnologia inno-vativa. E quando lo faremo, la sto-ria registrerà il nostro successo co-me uno dei grandi trionfi di questosecolo.

Dott. REINALDO A. GARCIAPresidente e Amministratore Delegato

General Electric Health Care

nitarie integrate che funzionino inmodo più efficiente attraverso ope-razioni manageriali migliorate.

La potente combinazione unicadella nostra esperienza clinica edella tecnologia, assieme all’eccel-lenza dei processi della GeneralElectric e degli strumenti per ilcambiamento della leadership, aiu-tano i nostri clienti globali a trova-re nuove forme di organizzazione,misurazione e gestione di presta-zione dei servizi sanitari nel ciclocompleto di cura per guidare me-glio i costi, la qualità e l’accesso.

Per riassumere

Ovunque siamo nel mondo dob-biamo essere tutti più ingegnosi.Dobbiamo usare la tecnologia pertrasformare la sanità. Non possia-mo permetterci di non farlo. Tuttinoi conosciamo i problemi oggiesistenti in materia di sanità: im-

ziaria, i responsabili politici stannogià tentando di bilanciare la spesasanitaria, migliorando la qualità el’efficienza delle cure sanitarie.

Anche in questo caso la GeneralElectric ha mobilitato la propriaesperienza per aiutare i nostriclienti qui in Europa e in tutto ilmondo sviluppato, a riprogettare leproprie attività e a rispondere aqueste richieste di cure sanitarie dimaggiore qualità e efficienza. Lenostre équipe in “Hospital eHealthcare Solutions” (HHS) for-niscono servizi che aiutano i nostriclienti in tre ambiti principali:

1) Aumentare la qualità e la si-curezza della cura dei pazienti me-diante protocolli di trattamento esistemi di supporto alle decisionicliniche.

2) Capire meglio come le loroprestazioni influiscono sulla forni-tura di assistenza sanitaria effi-ciente e di alta qualità attraverso ilcontinuum della cura.

3) Sviluppare organizzazioni sa-

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L’argomento affidatomi, per es-sere trattato in modo compiuto, ri-chiede una esposizione che an-drebbe oltre i limiti temporali op-portunamente stabiliti. Non miprolungherò su quanto di encomia-bile le istituzioni socio-sanitariecattoliche (ISSC) realizzano da de-cenni in tutti i continenti, ma sulleloro specifiche finalità in quantoopere di Chiesa.

A mio avviso, il punto cruciale èrappresentato dal concetto di salu-te che le suddette strutture dovreb-bero promuovere. È noto a tuttiche vi sono molteplici definizionidella salute e, di conseguenza, dif-ferenti strategie a seconda di comeessa, di volta in volta, viene intesa.Il concetto cristiano di salute è dif-ferente dagli altri poiché deriva dauna visione propria che la Rivela-zione ha dato dell’uomo: un esserecreato a immagine e somiglianzadi Dio, redento da Cristo, apertoalla trascendenza.

Un secondo aspetto da mante-nere in evidenza è che le ISSChanno lo scopo di “analizzare lacause strutturali che provocanodolore, povertà, e disagio e di sa-per progettare degli interventi ade-guati che mirino a rimuoverle,promuovendo sinergie e collabo-razione con tutti coloro che sonosinceramente interessati al benedell’uomo”1.

1.L’uomo sofferente:via speciale della Chiesa

Le pagine dei vangeli ci mostra-no la tenera misericordia di Gesùverso le persone “malate” nel cor-po, nello spirito, nelle relazioni so-ciali… Per costoro ha parole e at-teggiamenti che esprimono com-

passione, comprensione, perdono,accoglienza e si trasformano, fre-quentemente, in “segni” potenti.Lui, visibile manifestazione del-l’infinito amore del Padre, non èvenuto solo per salvare le “anime”ma a offrire a ogni persona la “vitapiena”, in tutte le sue dimensioni(spirituale, psicologica, fisica, re-lazionale)2. Così, ha congiunto inmodo inscindibile non solo i con-cetti ma la stessa vera e definitivarealizzazione della salute e dellasalvezza: in Lui ci viene donatauna “salvezza salutare” e una “sa-lute salvifica”.

La Chiesa cattolica, per non tra-dire il mandato di Gesù Cristo de-ve prendersi cura di tutti senza al-cuna discriminazione; l’unica par-ticolarità è una speciale attenzioneper i più poveri. Inoltre, in quantocorpo mistico di Cristo e quale co-munità da Lui sanata, diviene a suavolta sanante, ossia strumento disalute e di salvezza.

La fattiva e costante attività cari-tativa della Chiesa, nei secoli, nonè da interpretare primariamentecome la risposta a bisogni sociali3,ma come fedeltà all’esempio diGesù e al mandato di Cristo Risor-to: “E strada facendo predicate cheil regno dei cieli è vicino. Guaritegli infermi, risuscitate i morti, sa-nate i lebbrosi, cacciate i demoni”(Mt 10,8). Sono tanti i documentiche ribadiscono questa convinzio-ne di fondo: “L’uomo sofferente èvia della Chiesa perché egli è, an-zitutto, via di Cristo stesso, il buonsamaritano che «non passa oltre»,ma «ne ha compassione, si fa vici-no... gli fascia le ferite... si prendecura di lui» (Lc 10,32-34)”4.

La Chiesa pone in campo inizia-tive in consonanza con la sua pro-pria visione dell’uomo. In verità,

chi conosce l’uomo è nelle condi-zioni per dare le “indicazioni” otti-mali per il raggiungimento delle fi-nalità umane più profonde. GesùCristo, rivelandoci il Padre e sestesso, rivela agli uomini la loroidentità, i loro veri bisogni e il mo-do per appagarli.

Il coinvolgimento della Chiesanel socio-sanitario è molto signifi-cativo dal punto di vista quantitati-vo e qualitativo, ed è anche uni-versalmente molto apprezzato. Es-sa si prende cura di un grande nu-mero di persone con l’apporto dimigliaia di operatori socio-sanita-ri, pastorali e volontari, e avvalen-dosi di diversificate tipologie distrutture.

Per capire quanto sia rilevante ilruolo svolto dalla Chiesa è suffi-ciente prendere visione delle sueinnumerevoli attività: ad esempio,la Chiesa nell’area sub-saharianacostituisce il primo partner degliStati, erogando anche il 60% delleprestazioni sanitarie!

L’Annuario Statistico dellaChiesa riporta i seguenti dati, rela-tivi al 2008, circa l’attività socio-sanitaria della Chiesa nel mondo.

Ospedali: 5.428 (di cui 1.137 inAfrica, 1.717 in America, 1.130 inAsia, 1.288 in Europa, 156 inOceania).

Dispensari: 18.025.Case per anziani, cronici e inva-

lidi: 15.985.Centri di educazione o rieduca-

zione sociale: 34.250.Aggiungendovi i lebbrosari, gli

orfanotrofi, gli asili, i consultorifamiliari e le altre istituzioni di ca-rità e beneficenza, si arriva a un to-tale di 120.826 strutture posseduteo amministrate da ecclesiastici oda religiosi.

Le caratteristiche, le sfide e le ri-

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RENATO SALVATORE

Il contributo delle istituzioni socio-sanitariecattoliche al miglioramento delle condizionidi salute dei popoli

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sposte di queste strutture sono ov-viamente differenti a seconda delcontinente e, al loro interno, nellesingole nazioni. Non rientra nel-l’intento di questa relazione darneconto; chi è interessato può trovareuna ricca trattazione negli Atti delTerzo Congresso Mondiale del-l’AISAC (3-5 ottobre 2007) pub-blicati su “Dolentium Hominum”nel n. 66, 2007/35.

L’attività delle ISSC si distin-guono principalmente non per“ciò” che fanno ma per “come” lofanno, ossia perché si prendonocura delle persone secondo l’an-tropologia cristiana, nel rispettodella speciale dignità della perso-na, in una visione olistica dellapersona e dei suoi bisogni, nel qua-dro della dottrina sociale dellaChiesa, con la promozione e difesadei diritti…

Inoltre, vi è un proprium (il“motivo”) che deve qualificareogni membro della Chiesa nel suorapportarsi con qualsiasi persona eche non va mai dimenticato: l’a-more. L’imperativo per ogni cri-stiano è di amare gli altri comeCristo lo ha amato. Questa convin-zione offre a tutti gli operatori cri-stiani del mondo della salute unamotivazione e una forza per un ap-proccio realmente unico, spingen-doli non solo a donare qualcosa,ma a “donarsi”. E l’amore per es-sere tale deve coniugarsi con la ve-rità: “La verità va cercata, trovataed espressa nell’«economia» dellacarità, ma la carità a sua volta vacompresa, avvalorata e praticatanella luce della verità”6.

A questo punto, vorrei eviden-ziare alcuni degli elementi propridelle ISSC cui ho appena fattocenno.

2.La visione cristiana dell’uomo

La storia ci ha insegnato, a voltedrammaticamente, la rilevanza e leconseguenze dell’idea (ideologia)che si ha dell’uomo7. La Chiesanon può sfuggire alla domanda“chi è l’essere umano?” quandodecide di iniziare, continuare o tra-sformare una qualsiasi attività inambito socio-sanitario.

La Chiesa attinge dalla Rivela-zione la comprensione dell’iden-tità, della vocazione e del destinoultimo dell’uomo e del genere

umano8. Ogni persona trova il fon-damento della sua dignità nell’es-sere originato a immagine di Dio enel suo destino di comunione eter-na con Dio. Siamo resi consapevo-li di questa dignità da Cristo stes-so, il quale incarnandosi si è unitoin certo modo a ogni uomo e, inquanto uomo perfetto (nuovo Ada-mo), ha svelato “pienamente l’uo-mo all’uomo e gli fa nota la sua al-tissima vocazione” (GS 22). Acco-gliere i dati rivelati significa peruna ISSC, per esempio, affermaree difendere il valore trascendentedi ogni essere umano dal concepi-mento fino alla morte naturale e inqualsiasi condizione di vita e di sa-lute. Comporta anche l’accoglien-za del magistero della Chiesa co-me, ad esempio, l’appello delSommo Pontefice Giovanni PaoloII “in nome di Dio: rispetta, difen-di, ama e servi la vita, ogni vitaumana. Solo su questa strada tro-verai giustizia, sviluppo, libertàvera, pace e felicità”9.

Per il nostro tema, significa ope-rare in coerenza con il concetto cri-stiano di salute. Il contributo speci-fico alla salute dei popoli da partedella Chiesa, per mezzo delle IS-SC, dipende dalla sua fedeltà alVangelo e, in particolare, alla salu-te/salvezza che Cristo desidera do-nare a tutti gli uomini. Di questasalute la Chiesa ha il dovere e il di-ritto di essere promotrice mediantela Parola, i sacramenti e la carità.

All’interno di questa visionedell’uomo si comprende che la sa-

lute non può essere isolata da unascala di valori nella quale il primoposto deve essere occupato da Dio,colui che solo dona la vita e ne puòdisporre fino in fondo. In questaottica, la vita con Dio viene primadella vita terrena; così come la per-sona nella sua interezza viene pri-ma delle sue parti. Anche la soffe-renza e la malattia a volte possonoconferire alla propria esistenzaprofondità e pienezza di significa-to poiché la salute è un bene che vaspeso/consumato all’interno di unaprospettiva di vita vissuta nella do-nazione agli altri: la salute non èun bene supremo, ma un bene stru-mentale; ossia utile, ma non indi-spensabile, per ottenere altri benidi valore superiore10. “La salutedella persona è inserita dinamica-mente in un progetto di vita in cuitutte le esperienze, le gioie come leferite, vengono integrate e fannoparte della propria storia persona-le. Essa può quindi essere presenteanche in malati o disabili che, fisi-camente, rimangono tali, ma sonocapaci di adempiere (con l’aiutodella grazia e il sostegno di una co-munità con-fortante) la missioneche Dio ha loro affidato, a secondadel momento di vita nel quale sitrovano”11.

I gesti di Gesù – rivolti agli ulti-mi, agli esclusi, ai poveri, ai mala-ti – sono emblematici di una saluteintegrale e della salvezza: Lui nonè solo un guaritore, ma il Salvato-re. La sua “salute” è offerta ai ma-lati e ai sani! Cristo è la salute: luiè medico e medicina; terapeuta esalvatore; uomo nuovo e modellodell’uomo nuovo12. Lui ci guariscee ci abilita a guarire gli altri che so-no prigionieri del male poiché lapromozione della salute si inseri-sce nell’opera di edificazione delRegno.

I molti modi di concepire la sa-lute umana rivelano quali sono ibisogni umani ritenuti come fon-damentali e, quindi, segnalano leconseguenti iniziative che vengo-no messe in atto per cercare di pre-servarla, recuperarla o promuover-la. In quanto testimoni dell’amoremisericordioso di Cristo, medico emedicina delle anime e dei corpi, icristiani sono chiamati a compren-dere e poi realizzare la salute cheLui ha offerto ai malati e ai sani.Le ISSC sono tenute a promuoverequesto tipo di salute13.

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3.Diaconia della carità edevangelizzazione: la caritànella verità

“Con il passare degli anni e conil progressivo diffondersi dellaChiesa, l’esercizio della carità siconfermò come uno dei suoi ambi-ti essenziali, insieme con l’ammi-nistrazione dei Sacramenti e l’an-nuncio della Parola: praticare l’a-more verso le vedove e gli orfani,verso i carcerati, i malati e i biso-gnosi di ogni genere appartiene al-la sua essenza tanto quanto il ser-vizio dei Sacramenti e l’annunciodel Vangelo. La Chiesa non puòtrascurare il servizio della caritàcosì come non può tralasciare i Sa-cramenti e la Parola” (DCE 22)14.

La Chiesa è tenuta a attivarsiprontamente di fronte a una emer-genza, un’urgenza, un bisogno cherichiede una rapida risposta15, ma èanche vero che tale risposta non èné l’ultima né la più importante.Le ISSC mirano alla salute in sen-so integrale; considerano la perso-na nella globalità dei suoi bisogni,con una speciale considerazione diquelli più fondanti che sono i biso-gni spirituali.

Lo sviluppo di un idoneo siste-ma socio-sanitario non è solo que-stione di miglioramento tecnologi-co, ma di maggiore e migliore at-tenzione alla persona, detentore dibisogni immateriali essenziali peril suo benessere. Il raggiungimentodi questa meta comporta, tra l’al-tro, che l’uomo possa beneficiaredell’amore e della verità che libe-ra: non può esserci sviluppo senzalibertà e verità, senza fraternità esolidarietà16.

“L’annuncio di Cristo è il primoe principale fattore di sviluppo”(CV 8) veramente umano e dellacostruzione di un sistema socio-sa-nitario realmente a misura d’uo-mo. Illuminanti a tale riguardo leseguenti considerazioni del PapaBenedetto XVI: “La Chiesa, es-sendo a servizio di Dio, è a servi-zio del mondo in termini di amoree di verità. […] l’autentico svilup-po dell’uomo riguarda unitaria-mente la totalità della persona inogni sua dimensione. […] Lungola storia, spesso si è ritenuto che lacreazione di istituzioni fosse suffi-ciente a garantire all’umanità ilsoddisfacimento del diritto allosviluppo. […] le istituzioni da sole

non bastano, perché lo sviluppoumano integrale è anzitutto voca-zione e, quindi, comporta una libe-ra e solidale assunzione di respon-sabilità da parte di tutti. Un talesviluppo richiede, inoltre, una vi-sione trascendente della persona,ha bisogno di Dio: senza di Lui losviluppo o viene negato o viene af-fidato unicamente alle mani del-l’uomo, che cade nella presunzio-ne dell’auto-salvezza e finisce perpromuovere uno sviluppo disuma-nizzato. D’altronde, solo l’incon-tro con Dio permette di non «vede-re nell’altro sempre soltanto l’al-tro», ma di riconoscere in lui l’im-magine divina, giungendo così ascoprire veramente l’altro e a ma-turare un amore che «diventa curadell’altro e per l’altro»” (CV 11)17.

L’evangelizzazione è prima ditutto testimonianza di vita18 che su-scita interrogativi e, di conseguen-za, adeguate risposte a essi me-diante il servizio della Parola e deiSacramenti. “La carità ci rende te-stimoni, più che maestri. Non ba-sta la «profezia della parola»; è ne-cessaria la testimonianza ardita eumile, silenziosa e provocativa[…] Questa testimonianza senzaparole fa «salire nel cuore di colo-ro» che la sentono e la vedono«domande irresistibili: perché so-no così? Perché vivono in tal mo-do? Perché sono in mezzo anoi?»”19.

La carità è, come ci ricorda il Pa-pa “sempre più che semplice atti-vità” (DCE 34), donazione di benimateriali poiché “l‘azione praticaresta insufficiente se in essa non si

rende percepibile l’amore per l’uo-mo […]. L’intima partecipazionepersonale al bisogno e alla soffe-renza dell’altro diventa così unpartecipargli me stesso: perché ildono non umilii l’altro, devo darglinon soltanto qualcosa di mio mame stesso, devo essere presente neldono come persona” (DCE 34).

“Questo amore non offre agliuomini solamente un aiuto mate-riale, ma anche ristoro e cura del-l’anima, un aiuto spesso più neces-sario del sostegno materiale. L’af-fermazione secondo la quale lestrutture giuste renderebbero su-perflue le opere di carità di fattonasconde una concezione materia-listica dell’uomo: il pregiudizio se-condo cui l’uomo vivrebbe «di so-lo pane» (Mt 4,4; cfr. Dt 8,3) –

convinzione che umilia l’uomo edisconosce proprio ciò che è piùspecificamente umano” (DCE 28).

Ecco, allora, che tutte le ISSCdiventano oasi nelle quali si può ri-cevere anche quello sguardo diamore di cui ha reale bisogno ognipersona, al di là del suo stato so-ciale, della sua razza, della sua re-ligione, del disagio sociale o delgenere di malattia.

“La fedeltà all’uomo esige la fe-deltà alla verità che, sola, è garan-zia di libertà (cfr. Gv 8,32) e dellapossibilità di uno sviluppo umanointegrale. Per questo la Chiesa laricerca, l’annunzia instancabil-mente e la riconosce ovunque essasi palesi. Questa missione di veritàè per la Chiesa irrinunciabile. Lasua dottrina sociale è momentosingolare di questo annuncio: essa

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è servizio alla verità che libera”(CV 9). Quindi, le ISSC in primoluogo “sono strumenti per testimo-niare ed annunciare Gesù Cristounico salvatore. Non sono stru-menti di proselitismo, ma di testi-monianza – spesso silenziosa – diquella Carità nella Verità che laChiesa ha ricevuto dal suo Signoree che sola può costruire una so-cietà giusta e solidale” (CV 6).

4.Comunità sananti, tessere diun unico mosaico

Se le ISSC considerano se stessecome espressione della premura diCristo verso i sofferenti, gli ultimi,i bisognosi allora debbono svolge-re la loro attività in nome dellaChiesa e, quindi, pienamente inse-rite nell’azione della Chiesa localee universale. È quanto vorrei evi-denziare in questa ultima parteelencando brevemente gli ambiti– all’interno della promozione del-la salute dei popoli – sui quali oc-corre porre particolare attenzione20.

La ISSC è una “tessera” delgrande mosaico della evangelizza-zione-carità: rappresenta un elo-quente segno e un valido mezzodella Chiesa nel suo compito ditrasmettere la salvezza/salute a noidonata da Cristo21. Il messaggioevangelico è la risposta ultima al-l’anelito, spesso inespresso, del-l’umanità a una salute piena e defi-nitiva che, quindi, riguarda ognipersona in tutte le sue dimensioni.

a) La vita umana e la persona

Questi sono i primi e fondamen-tali valori che le ISSC sono tenutea rispettare, difendere, servire epromuovere per coerenza al pro-prio statuto di opere della Chiesa22.Questo impegno oggi “si fa parti-colarmente urgente per l’impres-sionante moltiplicarsi ed acutiz-zarsi delle minacce alla vita dellepersone e dei popoli, soprattuttoquando essa è debole e indifesa”(EV 3).

Tutto ciò che va contro la vita,viola l’integrità della persona odoffende la dignità umana “è insie-me sintomo preoccupante e causanon marginale di un grave crollomorale. […] L’esito al quale si per-viene è drammatico: se è quantomai grave e inquietante il fenome-

no dell’eliminazione di tante viteumane nascenti o sulla via del tra-monto, non meno grave e inquie-tante è il fatto che la stessa co-scienza, quasi ottenebrata da cosìvasti condizionamenti, fatica sem-pre più a percepire la distinzionetra il bene e il male in ciò che toc-ca lo stesso fondamentale valoredella vita umana” (EV 4). Non so-lo, ma sempre più ciò è che un de-litto contro la vita viene percepitocome un diritto che lo Stato do-vrebbe riconoscere e il cui eserci-zio dovrebbe tutelare.

Le ISSC possono in molti modi,in comunione con tutta la comu-nità cristiana e le persone di buonavolontà, impegnarsi proficuamen-te nella lotta contro quella “che sipuò considerare come una vera epropria struttura di peccato, carat-terizzata dall’imporsi di una cultu-ra anti-solidaristica, che si confi-gura in molti casi come vera «cul-tura di morte». Essa è attivamentepromossa da forti correnti cultura-li, economiche e politiche, porta-trici di una concezione efficienti-stica della società” (EV 12)23.

Occorre annunciare e testimo-niare il vangelo della vita sapendoche la radice ultima di questa cul-tura è da rinvenire nell’eclissi delsenso di Dio e dell’uomo: “Smar-rendo il senso di Dio, si tende asmarrire anche il senso dell’uomo,della sua dignità e della sua vita”(EV 21). Senza Dio, la vita nonpuò essere più considerata un suodono e quindi una realtà sacra, in-violabile e indisponibile; “diventasemplicemente «una cosa», cheegli rivendica come esclusiva pro-prietà, totalmente dominabile emanipolabile” (EV 22)24.

Per promuovere la salute dei po-poli e il loro sano sviluppo le ISSCdevono far propria l’urgenza, inogni società, di “riscoprire l’esi-stenza di valori umani e morali es-senziali e nativi, che scaturisconodalla verità stessa dell’essere uma-no ed esprimono e tutelano la di-gnità della persona” (EV 71)25.

Il sostegno e la promozione del-la vita umana è un compito fonda-mentale di ogni ISSC e “si esprimenella testimonianza personale, nel-le diverse forme di volontariato,nell’animazione sociale e nell’im-pegno politico” (EV 87) e con laconsapevolezza di essere opera diChiesa: “L’impegno a servizio del-

la vita grava su tutti e su ciascuno.È una responsabilità propriamente«ecclesiale», che esige l’azioneconcertata e generosa di tutti imembri e di tutte le articolazionidella comunità cristiana” (EV 79).

b) Educazione alla salute

Ogni sistema socio-sanitario siispira ad alcuni valori che, comefondamenta, sono alla sua base.Pertanto, chi opera nel mondo del-la salute è chiamato a capire qualisiano i valori ai quali fa riferimen-to lo Stato quando legifera, per po-ter così svolgere un’evangelizza-zione efficace e profetica. Difatti,lo Stato cercherà di erogare ai cit-tadini quei servizi che ritiene ade-guati a realizzare il tipo di saluteda esso auspicato. Come anche,dall’altra parte, i cittadini vorran-no dallo Stato tutti i mezzi neces-sari per conseguire i risultaticonformi a uno standard di saluteatteso (e a volte preteso)26. Si puòoffrire e chiedere poco o troppo,cose giuste o ingiuste, lecite o ille-cite, passando dalla carenza dimezzi minimali allo sperpero didenaro pubblico e privato! E, so-prattutto, entrano in gioco scelteetiche dello Stato ma anche daparte dei cittadini27.

Le ISSC sono tenute a coinvol-gersi nel promuovere a tutti i livel-li un concetto di salute rispettosodella dignità di ogni persona, dellenecessità dei malati più bisognosie di una spesa sanitaria che riescacol minor costo a raggiungere ilmaggior numero di persone.“Educare alla salute significa, al-lora, promuovere il valore dellasalute parallelamente a quello del-la vita, sensibilizzando verso temiquali il diritto e il dovere alla salu-te, l’evitamento di stili di compor-tamento che minacciano la vitastessa e promuovendo una educa-zione morale che aiuti la persona acollocare criticamente la salute inun più ampio ordine gerarchico divalori”28.

L’educazione alla salute va ri-volta sia al soggetto che alla suacomunità di appartenenza (fami-glia, parrocchia, scuola, istituzionisociali e sanitarie, territorio) coin-volgendola come gruppo e nellaloro ordinaria vita quotidiana in vi-sta di un cambiamento comporta-mentale nel singolo ma anche in

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52 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

vista di un cambiamento istituzio-nale e organizzativo. Ciò presup-pone sia la conoscenza dello speci-fico patrimonio culturale relativoalla salute della persona/comunitàsia la loro partecipazione nella ri-cerca e implementazione di unametodologia di intervento. E com-porta un vero coinvolgimento – inuna comunicazione circolare – de-gli esperti e degli utenti nella co-mune ricerca del significato dellasalute e di come, quindi, megliopromuoverla con l’acquisizione diuna maggiore consapevolezza econ atteggiamenti e comportamen-ti responsabili.

Educarsi alla salute richiede unriorientamento esistenziale e valo-riale, un’accoglienza della soffe-renza come parte della vita, un uti-lizzo delle risorse personali e delconteso in cui si vive.

Promuovere la salute “significa«raggiungere e quasi sconvolgeremediante la forza del Vangelo i cri-teri di giudizio, i valori determi-nanti, i punti di interesse, le lineedi pensiero, le fonti ispiratrici e imodelli di vita dell’umanità, chesono in contrasto con la parola diDio e con il disegno della Salvez-za»29, contestare, attraverso modiprofetici e alternativi, il non rispet-to della completezza della doman-da di salute delle persone che ci siimpegna a curare”30.

Tra i compiti della Chiesa, inquesto ambito, vi è quello di “sot-tolineare il valore terapeutico e sa-lutare dell’annuncio. Nel corso deisecoli si è andata sbiadendo la di-mensione “medicinale” del vange-lo, la figura del Christus medicus èpraticamente scomparsa, la Chiesaha sviluppato dei modelli di assi-stenza (protagonista per moltotempo di una specie di “gestionecristiana della salute”) ma non hasviluppato un suo modello di salu-te ispirato al Vangelo”31.

Nello stesso tempo, “dobbiamorecuperare la forza evangelizzanteinsita nel nostro curare perché co-me comunità ecclesiale (e le istitu-zioni sanitarie cattoliche ne devonoessere un’espressione specifica e“accreditata”) siamo stati mandatia “evangelizzare sanando”, sull’e-sempio di colui che di questo ne èstato non soltanto messaggero, maanche il grande messaggio”32.

La variegata e crescente ricercadi salute manifesta un latente desi-

derio di pienezza, ulteriorità, di su-peramento di ciò che è fragilità eprecarietà. Tutto ciò può essere in-terpretato come una domanda di“salvezza”: questa inconsapevolericerca va colta dalla Chiesa perproporre la sua “terapia” evangeli-ca che agisce direttamente suglistili di vita non salutari.

c)Promozione della giustiziae della solidarietà

Sono molteplici i fattori chepossono favorire l’insorgere e ladiffusione delle condizioni di disa-gio e rendere ardua una vita sana.Fra questi meritano di essere atten-tamente considerati il contesto so-ciale, economico e politico. Unaefficace promozione della salutedeve spingersi fino a questi livellipoiché lì è possibile rinvenire alcu-ne serie problematiche che afflig-gono molte popolazioni (la po-vertà, l’analfabetismo, disoccupa-zione, guerre civili, emarginazio-ne, discriminazione)33.

Vi è un’intima connessione traaccesso ai “beni” (istruzione, lavo-ro, cibo, acqua, abitazione, pace,libertà di professare la propria federeligiosa o di esprimere le proprieopinioni…) e salute. Ma ancor piùdeterminante è un altro legame:“La negazione o la limitazione deidiritti umani […] non impoveri-scono forse la persona umana al-trettanto, se non maggiormentedella privazione dei beni materia-li? E uno sviluppo, che non tengaconto della piena affermazione diquesti diritti, è davvero sviluppo adimensione umana?”34.

È necessaria un’attenta e previalettura della realtà per capire lecause che sono all’origine delletante ingiustizie e anche i “mecca-nismi economici, finanziari e so-ciali, i quali, benché manovratidalla volontà degli uomini, funzio-nano spesso in maniera quasi auto-matica, rendendo più rigide le si-tuazioni di ricchezza degli uni e dipovertà degli altri” (SRS 16).

La Chiesa non dimentica i dove-ri dello Stato né intende tacitare ilgrido dei poveri poiché non si sen-tirà mai esonerata dal lottare per lagiustizia35: al suo ministero “ap-partiene pure la denuncia dei malie delle ingiustizie. Ma convienechiarire che l’annuncio è semprepiù importante della denuncia, e

questa non può prescindere daquello, che le offre la vera soliditàe la forza della motivazione più al-ta” (SRS 41).

È dovere dello Stato creare lecondizioni per un giusto ordine so-ciale e della Chiesa offrire “conte-nuti” alla categoria “giustizia”:“La fede permette alla ragione disvolgere in modo migliore il suocompito e di vedere meglio ciò chele è proprio. È qui che si colloca ladottrina sociale cattolica: essa nonvuole conferire alla Chiesa un po-tere sullo Stato. Neppure vuole im-porre a coloro che non condivido-no la fede prospettive e modi dicomportamento che appartengonoa questa. Vuole semplicementecontribuire alla purificazione dellaragione e recare il proprio aiutoper far sì che ciò che è giusto pos-sa, qui ed ora, essere riconosciutoe poi anche realizzato” (DCE 28)36.

In tal modo, la Chiesa con la suapresenza e azione nel mondo so-cio-sanitario “s’adopera per la co-struzione della «città dell’uomo»secondo diritto e giustizia. Dall’al-tra, la carità supera la giustizia e lacompleta nella logica del dono edel perdono. La «città dell’uomo»non è promossa solo da rapporti didiritti e di doveri, ma ancor più eancor prima da relazioni di gra-tuità, di misericordia e di comu-nione” (CV 6). “Da sola, la giusti-zia non basta. Può anzi arrivare anegare se stessa, se non si apre aquella forza più profonda che è l’a-more”37. “Al valore della giustizia,infatti la dottrina sociale accostaquello della solidarietà”38, un valo-re connesso con il principio di sus-sidiarietà e che va coniugato conquello della centralità della perso-na umana ed il rispetto dei valorilocali e tradizionali39.

Senza alcun dubbio, rientra nel-la missione delle ISSC il “denun-ciare tutti i surrogati di vita e di sa-lute, gli attentati contro la dignità el’integrità dei più deboli, l’ingiustadistribuzione delle risorse sanita-rie, i meccanismi e le strutture cheimpediscono l’arrivo dei più pove-ri alla mensa della vita e della salu-te. Questo impegno, tuttavia, ne-cessita di uno sforzo altrettantoimportante per promuovere unanuova cultura della salute, a misu-ra d’uomo, capace di sanare glielementi patogeni, personali estrutturali della società […] Infine,

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non è minore la sfida di mostrare,con la propria vita e nella dedizio-ne agli altri, che il Vangelo vissutoè la migliore sorgente della salutevoluta da Cristo e consegnata allaChiesa come dono e come missio-ne. È la profezia della nuova salu-te per un mondo assetato e affama-to di pienezza”40.

“Col messaggio evangelico laChiesa offre una forza liberante efautrice di sviluppo proprio perchéporta alla conversione del cuore edella mentalità, fa riconoscere ladignità di ciascuna persona, dispo-ne alla solidarietà, all’impegno, alservizio dei fratelli, inserisce l’uo-mo nel progetto di Dio”41.

d) Esemplarità

“Le opere della Chiesa devonoavere la caratteristica della esem-plarità: per la qualità dei servizi,per la qualificazione del personale,per la promozione umana degliutenti, per l’assenza di qualunquediscriminazione fra ricchi e poverie per l’eliminazione del lucro e delprofitto” (DCE 34).

La CEI, in una nota sulla Pasto-rale della Salute, ha elencato alcu-ne connotazioni che configuranol’identità e il servizio delle struttu-re sanitarie cattoliche; ovviamente,l’elenco potrebbe essere molto piùlungo e adattato alle precipuerealtà locali:

“– assistenza integrale al malato,con attenzione a tutte le dimensio-ni della persona: fisica, psicologi-ca, sociale, spirituale e trascenden-te […];

– difesa e promozione della vitanascente, impegno per la riabilita-zione dei disabili, assistenza quali-ficata degli ammalati morenti;

– formazione del personale, a li-vello umano, cristiano e professio-nale;

– presenza profetica nelle areepiù difficili e nuove della medicina;

– qualità ed efficienza del mini-stero dell’accompagnamento spiri-tuale e religioso del malato e deisuoi familiari;

– salvaguardia dell’umanità del-le cure e delle prestazioni, umaniz-zando la tecnica e garantendo unclima nel quale gli ammalati sisentano accettati e tutelati nei lorodiritti;

– promozione, nelle aree in cuioperano, di una cultura sanitaria

ispirata ad autentici valori umani ecristiani;

– sana trasparenza amministra-tiva”42.

Oltre all’eccellenza nell’assi-stenza, nella didattica e nella ricer-ca, nell’efficiente uso delle risorse,le ISSC siano esemplari per lacompetenza professionale, l’uma-nità e l’amore verso ogni persona,che deve essere nei fatti al centrodella istituzione: “La competenzaprofessionale è una prima fonda-mentale necessità, ma da sola nonbasta. […] Quanti operano nelleIstituzioni caritative della Chiesadevono distinguersi per il fatto chenon si limitano ad eseguire in mo-do abile la cosa conveniente al mo-

mento, ma si dedicano all’altrocon le attenzioni suggerite dal cuo-re, in modo che questi sperimentila loro ricchezza di umanità. Per-ciò, oltre alla preparazione profes-sionale, a tali operatori è necessa-ria anche, e soprattutto, la «forma-zione del cuore»” (DCE 31).

È richiesta, altresì, una equidi-stanza dai partiti politici per con-servare la libertà di annunciaresempre e a tutti le esigenze del Van-gelo e, in particolare, per esercitarecon rigore e credibilità l’azioneprofetica in favore dei meno garan-titi: “L’attività caritativa cristianadeve essere indipendente da partitied ideologie. Non è un mezzo percambiare il mondo in modo ideolo-gico e non sta al servizio di strate-gie mondane, ma è attualizzazionequi ed ora dell’amore di cui l’uomoha sempre bisogno” (DCE 31).

e) Amore preferenzialeper i poveri

I poveri, soggetti privilegiatidell’opera di salvezza, devono es-sere i primi destinatari della pre-mura e degli impegni apostolici diuna ISSC: “Le opere della Chiesadevono concretarsi verso gli spaziumani dei più poveri e dei piùemarginati, scegliendo i bisogniscoperti, là dove la presenza deicristiani assume chiaramente ca-rattere di profezia” (DCE 34).

Come Dio ha sempre alzato lasua voce in difesa dei poveri cosìfa la Chiesa con il suo insegna-mento e mediante una speciale vi-cinanza ai poveri sia all’internoche all’esterno delle proprie comu-

nità43. “Più incalzante che mai, voisentite levarsi «il grido dei poveri»(cfr. Sal 9,13; Gb 34,28; Pr 21,13)dalla loro indigenza personale edalla loro miseria collettiva. Non èforse per rispondere al loro appellodi creature privilegiate di Dio cheè venuto il Cristo (cfr. Lc 4,18;6,20), giungendo addirittura alpunto di identificarsi con loro (cfr.Mt 25,35-40)? In un mondo in pie-no sviluppo, questo permanere dimasse e di individui miserabili èun appello insistente a «una con-versione delle mentalità e degli at-teggiamenti» (GS 63)”44.

Il mettersi dalla parte dei poverirappresenta un criterio di discerni-mento pastorale della prassi dellaChiesa, è “verifica della fedeltàdella Chiesa a Cristo, onde essereveramente la Chiesa dei poveri”45.

La ISSC deve realizzare inizia-

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tive di solidarietà nei confronti deipiù poveri, sia in proprio che su-scitando l’altrui solidarietà.“Senza questa solidarietà concre-ta, senza attenzione perseveranteai bisogni spirituali e materiali deifratelli, non c’è vera e piena fedein Cristo. Anzi, come ci ammoni-sce l’apostolo Giacomo, senzacondivisione con i poveri la reli-gione può trasformarsi in un alibio ridursi a semplice apparenza(cfr. Gc 1,27 - 2,13)”46.

Per coerenza con questa opzio-ne, occorre avere il coraggio dichiudere le ISSC non più rispon-denti a bisogni urgenti per aprirsi a“opere caritative, educative e so-ciali verso le aree geografiche e lefasce sociali più povere” (ETC 48).

Paolo VI (ET 18), invitando i re-ligiosi a rispondere al “grido deipoveri” suggeriva alcuni modi va-lidi per tutti: evitare il compro-messo con qualsiasi forma di in-giustizia sociale; destare le co-scienze di fronte al dramma dellamiseria e alle esigenze della giu-stizia sociale; riconvertire in favo-re dei poveri certe opere; un uso li-mitato dei beni.

“Privilegiare i poveri significa,sul piano antropologico e sociale,privilegiare i «non soggetti», of-frendo loro la possibilità concretadi assurgere alla consapevolezza ealla realtà di soggetti sociali, ingrado di gestire responsabilmentela propria esistenza e di contribui-re al bene comune. È una caritàche implica la giustizia e promuo-ve la costruzione di una societàautenticamente democratica”47. La

giustizia deve essere conseguitaper tutti nel quadro dei diritti fon-damentali di ogni essere umano edi ogni società. Diventa perciò undovere di tutti la difesa e la promo-zione dei diritti inerenti l’ambitodella salute, in special modo deipiù poveri, mediante il ricorso atutte le vie eticamente percorribili.

A livello locale, nazionale e in-ternazionale è di grande importan-za operare per il rispetto di tutti idiritti già sanciti inerenti alla salu-te; come pure perché siano accoltiquelli non ancora riconosciuti, maconseguenti la dignità di ogni esse-re umano. E le ISSC possono ave-re un ruolo di grande rilievo.

f) Alleanze salutari

Le grandi sfide presenti nelmondo della salute48 non possonoessere affrontate con il coinvolgi-mento di poche persone o in ordinesparso: “Affinché i valori della vi-ta e della salute siano rispettati eorientati verso la salvezza, e il mo-mento della malattia e della mortepossano ricevere oltre il sostegnodella scienza e della solidarietà

umana anche quello della graziadel Signore”49, “è necessario deli-neare un progetto unitario di pasto-rale della salute, disponendo l’in-tera comunità cristiana a tale tipodi apostolato”50 in vista di un’azio-ne corale e ad ampio spettro, oltreche incida sulle radici. Qui, piùche altrove, occorre evitare di agi-re separatamente51.

Le persone presenti e operantinelle ISSC formano una “comu-

nità” aperta alla valorizzazione deirapporti con la Chiesa locale52 e lealtre realtà presenti nel territorio invista di sinergie su condivisi obiet-tivi tesi alla difesa, promozione erecupero della salute.

L’ISSC non solo svolge un’atti-vità di cura degli ospiti, ma si oc-cupa anche degli operatori sanitariper la loro formazione umana, pro-fessionale, cristiana e li coinvolgeaffinché si umanizzino e umaniz-zino la struttura stessa. Essa è unluogo aperto al territorio e alla co-munità cristiana locale in partico-lare (lo Stato, il governo regionale,altre Entità) per una serie di atti-vità: informazione sanitaria, pre-venzione, protezione della salute,educazione sanitaria, educazionealla salute.

Il soggetto della Pastorale dellaSalute è l’intera comunità cristia-na, chiamata a essere fedele all’e-sempio di Cristo, medico dei corpie delle anime, e al suo mandato diannunciare il vangelo e curare imalati. “Affinché la presenza delleistituzioni sanitarie cattoliche pos-sa esercitare un influsso positivosulla comunità ecclesiale e sullasocietà, occorre che vengano com-piuti alcuni passi. Il primo porta leistituzioni a superare l’isolamento,rendendole sempre più visibili nel-la comunità ecclesiale. La popola-zione del territorio deve poter rico-noscere in esse un punto di riferi-mento, uno strumento di sensibi-lizzazione ai problemi della salute,della morte, della vecchiaia e delladisabilità”53.

“Ovviamente alla spontaneitàdel singolo deve aggiungersi,quando l’attività caritativa è assun-ta dalla Chiesa come iniziativa co-munitaria, anche la programma-zione, la previdenza, la collabora-zione con altre istituzioni simili”(DCE 31)54.

Fra tutte le ISSC, a livello plane-tario, del mondo dovrebbero esse-re favorite la collaborazione, lacondivisione e la comunione. In unmondo sempre più globalizzato ènecessario tessere reti che consen-tano la condivisione delle risorseumane, finanziarie, tecnologiche,intellettuali che, senza impoverirechi le dona, certamente arricchiscechi le riceve: “Sembra più che mainecessario pensare, ricercare eoperare insieme […] per costruireinsieme un mosaico terapeutico,

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un tessuto e una rete di cura dellasalute, capaci di accogliere le do-mande di salute delle persone in si-tuazioni, di educarle, di fare pre-venzione, di curare sempre e tutticon competenza e umanità”55.

Tra i tanti ambiti di collabora-zione emerge quello formativo, incui è da privilegiare un “sistemaeducativo (o formativo) territorialeintegrato e di un intervento di retein cui scuola, famiglia, servizi,gruppi ed associazioni che a diver-so titolo operano nel territorio nondovrebbero risultare monadi chiu-se, «orticelli da coltivare», marealtà educative in continua intera-zione fra loro e con i problemi e lerisorse della comunità”56.

In queste alleanze – tese alla co-struzione della civiltà dell’amore,della giustizia e della solidarietà ein vista della promozione univer-sale della salute – devono esserecoinvolte tutte le persone ed entitàdi buona volontà, iniziando dai cri-stiani. “Lavorare per la salute dellepersone, curare le malattie e lenireil dolore, significa costruire il re-gno di Dio, anche se in modi anco-ra parziali, già in questo mondo.

Nell’impegno per la salute le va-rie chiese e confessioni cristiane sipossono più facilmente ritrovare”57.

Conclusione

Le ISSC, quando sono inserite apieno titolo nell’opera di evange-lizzazione della Chiesa (annuncio,sacramenti, carità), offrono un si-gnificativo apporto alla promozio-ne della salute dei popoli. Talecontributo può diventare di unaportata impensabile, sia al Nordche al Sud del mondo, qualora leISSC accolgano la missione di rea-lizzare il modello cristologico disalute, annunciando e testimonian-do il Vangelo della salute piena edefinitiva. Difatti, questa “buonanotizia” non è soltanto un messag-gio informativo, bensì performati-vo, vale a dire che “il Vangelo nonè soltanto una comunicazione dicose che si possono sapere, ma èuna comunicazione che producefatti e cambia la vita”58.

P. RENATO SALVATORE, MISuperiore Generale

dei Chierici Regolari MinoriMinistri degli Infermi (Camilliani),

Roma

Note1 CEI, Ufficio Nazionale per la Pastorale

della Sanità, La Chiesa a servizio dell’amoreper i sofferenti, 11 febbraio 2010, EdizioniCamilliane, p. 6.

2 “In effetti, quando la Parola di Dio parladi guarigione, di salvezza, di salute del mala-to, intende questi concetti in senso integrale,non separando mai anima e corpo”, dall’Ome-lia di Papa Benedetto XVI dell’11 febbraio2010.

3 “La carità non è per la Chiesa una speciedi attività di assistenza sociale che si potrebbeanche lasciare ad altri, ma appartiene alla suanatura, è espressione irrinunciabile della suastessa essenza” (BENEDETTO XVI, Deus cari-tas est [DCE] , 25.XII.2005, n. 25).

4 GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici,30.XII.1988, n. 53.

5 Cfr A. BRUSCO, Hospital Católico, in J. C.BERMEJO-F. ÁLVAREZ (ed), Diccionario dePastoral de la Salud y Bioética, S. Pablo, Ma-drid 2009, pp. 812-823; M. PETRINI, Ospedalecattolico, in G. CINÀ-E. LOCCI-C. ROCCHET-TA-L. SANDRIN, Dizionario di Teologia Pasto-rale Sanitaria, Edizioni Camilliane, Torino1997, pp. 800-804.

Si vedano anche gli Atti della XVII Confe-renza Internazionale promossa dal PontificioConsiglio per la Pastorale della Salute su “L’i-dentità delle istituzioni Sanitarie cattoliche”,7-9 novembre 2002, pubblicati in “DolentiumHominum”, n. 52, 2003/1.

6 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate[CV], 29.VI.2009, n. 2. “Senza verità, la caritàscivola nel sentimentalismo. L’amore diventaun guscio vuoto, da riempire arbitrariamente.È il fatale rischio dell’amore in una culturasenza verità. Esso è preda delle emozioni edelle opinioni contingenti dei soggetti, una pa-rola abusata e distorta, fino a significare ilcontrario. La verità libera la carità dalle stret-toie di un emotivismo che la priva di contenu-ti relazionali e sociali, e di un fideismo che lapriva di respiro umano ed universale” (CV 3).

7 “Il fare è cieco senza il sapere e il sapere èsterile senza l’amore. […] La carità non èun’aggiunta posteriore, quasi un’appendice alavoro ormai concluso delle varie discipline,bensì dialoga con esse fin dall’inizio. Le esi-genze dell’amore non contraddicono quelledella ragione. Il sapere umano è insufficientee le conclusioni delle scienze non potranno in-dicare da sole la via verso lo sviluppo integra-le dell’uomo. C’è sempre bisogno di spingersipiù in là: lo richiede la carità nella verità. An-dare oltre, però, non significa mai prescinderedalle conclusioni della ragione né contraddirei suoi risultati. Non c’è l’intelligenza e poi l’a-more: ci sono l’amore ricco di intelligenza el’intelligenza piena di amore” (CV 30).

8 – L’attuale condizione creaturale è segna-ta dal peccato originale. Con esso “l’armonianella quale essi erano posti […] è distrutta; lapadronanza delle facoltà spirituali dell’animasul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e del-la donna è sottoposta a tensioni; […] L’armo-nia con la creazione è spezzata: la creazionevisibile è diventata aliena e ostile all’uomo[…] La morte entra nella storia dell’umanità”(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 400);

– l’umanità è stata redenta da Cristo ed èchiamata a una “pienezza di vita che va oltrele dimensioni della sua esistenza terrena” (EV2);

– la persona umana è profonda unità dell’a-nima e del corpo;

– e ha bisogno della vita relazionale, dellasocietà;

– “la fonte ultima dei diritti umani non sisitua nella mera volontà degli esseri umani,nella realtà dello Stato, nei poteri pubblici,ma nell’uomo stesso e in Dio suo Creatore”(PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E

DELLA PACE, Compendio della Dottrina So-ciale della Chiesa, Editrice Vaticana 2004, n.153). Pertanto, questi diritti sono da ritenersiuniversali, inviolabili e inalienabili.

9 GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae[EV], 25.III.1995, n. 5.

10 “Vivere sanamente significa modulare lapropria esistenza d’accordo con un’accuratagerarchia di valori, e, per il credente, sposareil disegno di Dio. Assecondare la sua volontà,appropriarsi del suo progetto di salvezza, tro-vare un senso al passaggio per questo mondo”(F. ÁLVAREZ, Teologia della salute, in L. SAN-DRIN (a cura), Salute/salvezza perno della teo-logia pastorale sanitaria, Edizioni Camillia-ne, Torino 2009, p. 160).

11 L. SANDRIN, Comunità sanante: modellodi Chiesa, in L. SANDRIN, (a cura), o.c., p. 194.

12 “In Gesù la salvezza è offerta come salu-te e la salute come salvezza e la sua buona no-tizia è il proclama di una salute-salvata e diuna salvezza-salutare per l’uomo, per tuttol’uomo e per tutti gli uomini” (CEI, UfficioNazionale per la Pastorale della Sanità, Do-manda di salute, nostalgia di salvezza, 11 feb-braio 1999, n. 3).

13 Cfr L. SANDRIN, Chiesa, comunità sanan-te. Una prospettiva teologico-pastorale, Pao-line, Milano 2000; AA. VV., Salute, guarigio-ne e salvezza, in “Credere Oggi”, n. 145,1/2005; D. CASERA, Chiesa e salute. L’azionedella Chiesa in favore della salute,EditriceAncora, Milano 1991.

14 “La carità non è per la Chiesa una speciedi attività di assistenza sociale che si potrebbeanche lasciare ad altri, ma appartiene alla suanatura, è espressione irrinunciabile della suastessa essenza” (DCE 25).

15 “La carità cristiana è dapprima semplice-mente la risposta a ciò che, in una determinatasituazione, costituisce la necessità immediata:gli affamati devono essere saziati, i nudi vesti-ti, i malati curati in vista della guarigione, icarcerati visitati, ecc.” (DCE 31).

16 “L’Esortazione apostolica Evangeliinuntiandi, per parte sua, ha un rapporto moltointenso con lo sviluppo, in quanto «l’evange-lizzazione – scriveva Paolo VI – non sarebbecompleta se non tenesse conto del reciprocoappello, che si fanno continuamente il Vange-lo e la vita concreta, personale e sociale, del-l’uomo». «Tra evangelizzazione e promozio-ne umana – sviluppo, liberazione – ci sono in-fatti dei legami profondi»: partendo da questaconsapevolezza, Paolo VI poneva in modochiaro il rapporto tra l’annuncio di Cristo e lapromozione della persona nella società. La te-stimonianza della carità di Cristo attraversoopere di giustizia, pace e sviluppo fa partedella evangelizzazione, perché a Gesù Cristo,che ci ama, sta a cuore tutto l’uomo” (CV 15).

17 Molto opportunamente il Santo PadreBenedetto XVI ha sottolineato: “Lo sviluppodell’uomo e dei popoli, invece, dipende anchedalla soluzione di problemi di carattere spiri-tuale. Lo sviluppo deve comprendere una cre-scita spirituale oltre che materiale, perché lapersona umana è un’«unità di anima e corpo».[…] Lontano da Dio, l’uomo è inquieto e ma-lato. […] Il vuoto in cui l’anima si sente ab-bandonata, pur in presenza di tante terapie peril corpo e per la psiche, produce sofferenza.Non ci sono sviluppo plenario e bene comuneuniversale senza il bene spirituale e moraledelle persone, considerate nella loro interezzadi anima e corpo.” (CV 76). E dello sviluppodell’uomo Dio ne è il garante, “in quanto,avendolo creato a sua immagine, ne fonda al-tresì la trascendente dignità e ne alimenta ilcostitutivo anelito a «essere di più»” (CV 29).

18 “La carità, inoltre, non deve essere unmezzo in funzione di ciò che oggi viene indi-cato come proselitismo. L’amore è gratuito;non viene esercitato per raggiungere altri sco-pi. Ma questo non significa che l’azione cari-

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tativa debba, per così dire, lasciare Dio e Cri-sto da parte. È in gioco sempre tutto l’uomo.Spesso è proprio l’assenza di Dio la radice piùprofonda della sofferenza. Chi esercita la ca-rità in nome della Chiesa non cercherà mai diimporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sache l’amore nella sua purezza e nella sua gra-tuità è la miglior testimonianza del Dio nelquale crediamo e dal quale siamo spinti adamare. Il cristiano sa quando è tempo di parla-re di Dio e quando è giusto tacere di Lui e la-sciar parlare solamente l’amore. Egli sa cheDio è amore (cfr. 1Gv 4,8) e si rende presenteproprio nei momenti in cui nient’altro vienefatto fuorché amare. Egli sa – per tornare alledomande di prima –, che il vilipendio dell’a-more è vilipendio di Dio e dell’uomo, è il ten-tativo di fare a meno di Dio. Di conseguenza,la miglior difesa di Dio e dell’uomo consisteproprio nell’amore. È compito delle Organiz-zazioni caritative della Chiesa rafforzare que-sta consapevolezza nei propri membri, in mo-do che attraverso il loro agire – come attraver-so il loro parlare, il loro tacere, il loro esempio– diventino testimoni credibili di Cristo”(DCE 31).

19 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi,8.XII.1975, n. 21.

20 “Lotta all’esclusione di una gran partedell’umanità dai servizi sanitari e, dunque, ac-cesso garantito per tutti ai medicinali necessa-ri alle cure; diffusione della compassione co-me modello di convivenza ispirato alla caritàcristiana; difesa della vita attraverso la tuteladella dignità e dei diritti della persona in ognimomento e condizione della sua esistenza;creatività nella programmazione di interventilocali aperti alle integrazioni territoriali e mul-ticulturali. Sono i punti qualificanti del «deca-logo» raccomandato dal Pontificio Consiglioper la Pastorale della Salute alle istituzioni sa-nitarie cattoliche sparse nel mondo” (MarioPonzi).

21 “In tutte le culture vi sono pesantezze dacui liberarsi, ombre a cui sottrarsi. La fede cri-stiana, che si incarna nelle culture trascenden-dole, può aiutarle a crescere nella convivialitàe nella solidarietà universali a vantaggio dellosviluppo comunitario e planetario” (CV 59).

22 “Il Vangelo dell’amore di Dio per l’uo-mo, il Vangelo della dignità della persona e ilVangelo della vita sono un unico e indivisibi-le Vangelo” (EV 2).

23 “Tutto ciò è aggravato da un’atmosferaculturale che non coglie nella sofferenza alcunsignificato o valore, anzi la considera il maleper eccellenza, da eliminare ad ogni costo; ilche avviene specialmente quando non si hauna visione religiosa che aiuti a decifrare posi-tivamente il mistero del dolore” (EV 15)

24 “Campo primario e cruciale della lottaculturale tra l’assolutismo della tecnicità e laresponsabilità morale dell’uomo è oggi quellodella bioetica, in cui si gioca radicalmente la

possibilità stessa di uno sviluppo umano inte-grale. Si tratta di un ambito delicatissimo e de-cisivo, in cui emerge con drammatica forza laquestione fondamentale: se l’uomo si sia pro-dotto da se stesso o se egli dipenda da Dio.[…] Si è di fronte a un aut aut decisivo. […]Di fronte a questi drammatici problemi, ragio-ne e fede si aiutano a vicenda. Solo assiemesalveranno l’uomo. Attratta dal puro fare tec-nico, la ragione senza la fede è destinata aperdersi nell’illusione della propria onnipo-tenza. La fede senza la ragione, rischia l’e-straniamento dalla vita concreta delle perso-ne” (CV 74).

25 “La loro vera identità non è solo quella distrutture nelle quali ci si prende cura dei mala-ti e dei morenti, ma anzitutto quella di am-bienti nei quali la sofferenza, il dolore e lamorte vengono riconosciuti ed interpretati nelloro significato umano e specificamente cri-stiano” (EV 88).

26 “È peraltro vero che le difficoltà speri-mentate dal legislatore nel rispondere in ma-niera adeguata ai bisogni di cura e di salute deicittadini si comprendono più facilmente, se siconsidera che a tali sforzi spesso si contrap-pongono visioni culturali e sociali inconcilia-bili con il perseguimento del bene comune”(CEI, COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVI-ZIO DELLA CARITÀ E LA SALUTE, «Predicate ilVangelo e curate i malati». La comunità cri-stiana e la pastorale della salute, Nota pasto-rale, 4 giugno 2006, n. 7).

27 “La sanità è solamente uno degli «input»alla produzione di «salute», perfino non il piùimportante […] I fattori determinanti più im-portanti dello status di salute sembrerebberoessere (1) l’eredità genetica dell’individuo, (2)la sua condizione socio-economica, (3) l’am-biente fisico in cui vive, e (4) l’abilità indivi-duale e la volontà di gestire bene la propria sa-lute che, a sua volta, è ampliata dalla forma-zione della persona” (UWE E. REINHARDT,MAY T. M. CHENG, In economia, in “Doleni-tum Hominum”, 52/2003, p. 63).

28 M. T. CAIRO, Persona e salute. Itinerarieducativi, Editrice La Scuola, Brescia 1994,pp. 78-79. Un approccio integrato (interdisci-plinare) al tema salute conduce a “considera-re la promozione della salute come un unicosettore di attività ed interventi, che comprendeal suo interno differenti aree: l’informazionesanitaria; la prevenzione; l’educazione sanita-ria; l’educazione alla salute; la protezione del-la salute” (Ibidem, p. 137). Cfr. CEI, Educarealla salute, educare alla vita, Edizioni Camil-liane, Torino 2009.

29 PAOLO VI, o.c., 19.30 L. SANDRIN, Chiesa, comunità sanante,

o.c., p. 69.31 F. ÁLVAREZ, o. c. , p. 146. Cfr F. ÁLVA-

REZ, El evangelio de la salud en una sociedadplural, in “Labor Hospitalaria”, 293-294/2010, pp. 60-80.

32 L. SANDRIN, Chiesa, comunità sanante,o. c. , p. 70.

33 “Oggi il quadro dello sviluppo è policen-trico. Gli attori e le cause sia del sottosvilupposia dello sviluppo sono molteplici, le colpe e imeriti sono differenziati” (CV 22).

34 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socia-lis [SRS], 30.XII.1987, n. 15.

35 “Il giusto ordine della società e dello Sta-to è compito centrale della politica. Uno Statoche non fosse retto secondo giustizia si ridur-rebbe ad una grande banda di ladri” (DCE 28).“La Chiesa non può e non deve prendere nellesue mani la battaglia politica per realizzare lasocietà più giusta possibile. Non può e non de-ve mettersi al posto dello Stato. Ma non può enon deve neanche restare ai margini nella lot-ta per la giustizia” (DCE 28).

“Il compito immediato di operare per ungiusto ordine nella società è invece proprio deifedeli laici. Come cittadini dello Stato, essi so-

no chiamati a partecipare in prima persona al-la vita pubblica. […] Missione dei fedeli laiciè pertanto di configurare rettamente la vita so-ciale, rispettandone la legittima autonomia ecooperando con gli altri cittadini secondo lerispettive competenze e sotto la propria re-sponsabilità” (DCE 29).

36 “La formazione di strutture giuste non èimmediatamente compito della Chiesa, maappartiene alla sfera della politica, cioè al-l’ambito della ragione autoresponsabile. Inquesto, il compito della Chiesa è mediato, inquanto le spetta di contribuire alla purificazio-ne della ragione e al risveglio delle forze mo-rali, senza le quali non vengono costruitestrutture giuste, né queste possono essere ope-rative a lungo” (DCE 29). “Non è un mezzoper cambiare il mondo in modo ideologico enon sta al servizio di strategie mondane, ma èattualizzazione qui ed ora dell’amore di cuil’uomo ha sempre bisogno” (DCE 31).

37 GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per laGiornata Mondiale della Pace, 2004, n. 10.

38 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA EDELLA PACE, o. c. , n. 203.

39 “I programmi di sviluppo, per poter esse-re adattati alle singole situazioni, devono ave-re caratteristiche di flessibilità; e le personebeneficiarie dovrebbero essere coinvolte di-rettamente nella loro progettazione e rese pro-tagoniste della loro attuazione. È anche neces-sario applicare i criteri della progressione edell’accompagnamento – compreso il monito-raggio dei risultati –, perché non ci sono ricet-te universalmente valide” (CV 47).

Gli aiuti “devono essere erogati coinvol-gendo non solo i governi dei Paesi interessati,ma anche gli attori economici locali e i sog-getti della società civile portatori di cultura,comprese le Chiese locali. […] la maggior ri-sorsa da valorizzare nei Paesi da assistere nel-lo sviluppo è la risorsa umana: questa è l’au-tentico capitale da far crescere per assicurareai Paesi più poveri un vero avvenire autono-mo” (CV 58).

“La cooperazione allo sviluppo non deveriguardare la sola dimensione economica; es-sa deve diventare una grande occasione di in-contro culturale e umano. […] Le società tec-nologicamente avanzate non devono confon-dere il proprio sviluppo tecnologico con unapresunta superiorità culturale” (CV 59).

40 RELIGIOSI CAMILLIANI, Documento Capi-tolare, Uniti per la giustizia e la solidarietànel mondo della salute. Religiosi camilliani emissione profetica, Roma 2007, n. 67

41 GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio,12.VII.1990, n. 59.

42 CEI, Consulta nazionale per la pastoraledella sanità, La pastorale della salute nellachiesa italiana, 1989, n. 56.

Anche la Nota del 2006 (nn. 36-46) si oc-cupa di esse, ponendo delle domande e indi-cando alcuni passi che andrebbero compiuti:“La risposta a tali domande esige che le istitu-zioni sanitarie cattoliche si qualifichino per leprestazioni mediche e gestionali; si impegninoa rispondere con iniziative concrete alle sfidedella bioetica; pongano in risalto il primatodell’ammalato, la cura integrale della personae la testimonianza della carità come criteriadeguati di intervento; siano scuole di comu-nione e luoghi dove l’ammalato possa aprirsialla speranza; sappiano «ritagliare spazi perattività solidaristiche in favore di categorie dimalati trascurate dal settore pubblico»” (CEI,COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIODELLA CARITÀ E LA SALUTE, o. c. , n . 41).

Si veda anche CEI, UFFICIO NAZIONALEPER LA PASTORALE DELLA SANITÀ, Le istituzio-ni sanitarie cattoliche in Italia. Identità e ruo-lo, 7 luglio 2000.

43 “L’opzione, o amore preferenziale per ipoveri. È questa, una opzione, o una formaspeciale di primato nell’esercizio della carità

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cristiana, testimoniata da tutta la Tradizionedella Chiesa” (SRS 42).

“Fa parte dell’insegnamento e della praticapiù antica della Chiesa la convinzione di esse-re tenuta per vocazione – essa stessa, i suoiministri e ciascuno dei suoi membri – ad alle-viare la miseria dei sofferenti, vicini e lontani,non solo col «superfluo», ma anche col «ne-cessario»” (SRS 31).

44 PAOLO VI, Evangelica testificatio, 29.VI.1971, n. 17.

45 GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens,14.IX.1981, n. 8.

46 CEI, Evangelizzazione e testimonianzadella carità. Orientamenti pastorali dell’Epi-scopato italiano per gli anni ’90 [ETC],8.XII.1990, n. 39.

47 CEI, Evangelizzare il sociale, 22. XI.1992, n. 64.

48 “L’assetto attuale del mondo della saluteva compreso anche alla luce di alcune tenden-ze della cultura contemporanea e del progres-so scientifico e tecnico che hanno inciso sulmodo di concepire la salute e la malattia, la vi-ta e la morte” (CEI, COMMISSIONE EPISCOPALEPER IL SERVIZIO DELLA CARITÀ E LA SALUTE,o.c., n. 8).

49 CEI, La pastorale della salute nella chie-sa italiana, 1989, n. 2.

50 GIOVANNI PAOLO II, in “L’OsservatoreRomano” , n. 277, 29.11.1981, p. 2.

51 “L’amore del prossimo radicato nell’a-more di Dio è anzitutto un compito per ognisingolo fedele, ma è anche un compito perl’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti isuoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesaparticolare fino alla Chiesa universale nellasua globalità. Anche la Chiesa in quanto co-munità deve praticare l’amore. Conseguenzadi ciò è che l’amore ha bisogno anche di orga-nizzazione quale presupposto per un serviziocomunitario ordinato” (DCE 20). “I problemisocio-economici non possono essere risoltiche mediante il concorso di tutte le forme disolidarietà: solidarietà dei poveri tra di loro,dei ricchi e dei poveri, dei lavoratori tra di lo-ro, degli imprenditori e dei dipendenti nel-l’impresa, solidarietà tra le nazioni e tra i po-poli. La solidarietà internazionale è un’esigen-za di ordine morale” (Catechismo della Chie-sa Cattolica, n. 1941).

52 “Il vero soggetto delle varie Organizza-zioni cattoliche che svolgono un servizio dicarità è la Chiesa stessa – e ciò a tutti i livelli,iniziando dalle parrocchie, attraverso le Chie-se particolari, fino alla Chiesa universale”(DCE 32).

53 CEI, COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SER-VIZIO DELLA CARITÀ E LA SALUTE, o. c., n. 42.

54 Questa è la prospettiva della Chiesa ita-liana, “che intende:

– favorire il discernimento delle sfide poste

dal mondo della salute alla presenza e all’a-zione della Chiesa, prospettando linee di col-laborazione con tutti gli uomini di buona vo-lontà;

– sostenere l’integrazione della pastoralesanitaria nella pastorale d’insieme delle co-munità cristiane;

– promuovere una maggiore integrazionetra l’assistenza spirituale assicurata nelle strut-ture sanitarie e la cura pastorale ordinaria nel-le parrocchie, sviluppando forme di collabora-zione tra le cappellanie ospedaliere e le comu-nità ecclesiali territoriali;

– fornire indicazioni per il coinvolgimentodi tutte le componenti del popolo di Dio nellapastorale della salute, potenziando gli organi-smi di comunione e corresponsabilità;

– promuovere una maggiore organicità eprogettualità della pastorale sanitaria, anchemediante specifici itinerari formativi” (CEI,COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIODELLA CARITÀ E LA SALUTE, o. c., n. 4).

55 CEI, UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTO-RALE DELLA SANITÀ, Le istituzioni sanitariecattoliche in Italia. Identità e ruolo, EDB2000, p. 6.

56 M. T. CAIRO, o. c., p. 174.57 L. SANDRIN, Comunità sanante: modello

di Chiesa, o. c. , p. 200.58 BENEDETTO XVI, Spe salvi, 30.XI.2007,

n. 2.

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È sempre un piacere visitare ilVaticano e la vostra bellissimacittà di Roma. Oggi però sono par-ticolarmente lieto di essere qui convoi e di cogliere l’opportunità diparlarvi della mia organizzazione,la “Catholic Medical MissionBoard” – o CMMB, come la chia-miamo noi – e di annunciare unanuova ed entusiasmante iniziativache stiamo portando avanti assie-me al Pontificio Consiglio per gliOperatori Sanitari.

Anzitutto, vorrei presentarvi lanostra organizzazione. Nel 2012 la“CMMB” compirà 100 anni, mapur se sono molti coloro che ven-gono a conoscenza del nostro lavo-ro, siamo considerati come il se-greto meglio custodito nel mondodella salute globale. Ciò è in granparte dovuto al fatto che quasi il98% delle nostre risorse sono de-stinate a programmi e servizi danoi forniti in tutto il mondo. Siamostati così occupati a fare il nostrolavoro che non abbiamo dedicatomolto tempo a promuovere i nostrisforzi.

L’idea di una “Catholic MedicalMission Board” ha avuto inizio nel1912, come risultato del dolore diun uomo per la morte della moglie.Quell’uomo era il Dottor Paluel J.Flagg, un giovane anestesista chelavorava nello staff di un ospedalecattolico di New York. Dalla suasofferenza prese vita il sogno di as-sistere i missionari che fornivanoassistenza sanitaria nelle zonesvantaggiate del mondo.

La missione di allora del Dott.Flagg è la nostra di oggi: fondatasul ministero di guarigione di Ge-sù, la CMMB lavora in stretta col-laborazione per fornire programmidi assistenza sanitaria e servizi diqualità, senza discriminazione, al-le persone in difficoltà nel mondo.

Anche la sua visione di allora è

la stessa di oggi, quella di un mon-do in cui ogni vita umana è valo-rizzata e l’assistenza sanitaria diqualità è a disposizione di tutti.

Nel corso della nostra storia, sia-mo stati guidati da quegli stessi va-lori che crediamo che il Dott.Flagg avrebbe abbracciato. Certa-mente sono quelli che costituisco-no il fondamento degli operatorisanitari cattolici in tutto il mondo:

– Sviluppo individuale e co-munitario – In tutto il lavoro chefacciamo, ci poniamo sempre ladomanda: “Questa attività sarà so-stenibile dopo che ce ne saremoandati?”.

– Responsabilità – La CMMBrispetta grandemente la fiducia ac-cordataci dai nostri oltre 40.000donatori. Questa fiducia si basasulla diligenza con cui applichia-mo le loro generosi e amorevolidonazioni.

– Giustizia sociale – Tutti do-vrebbero avere accesso alle curesanitarie, senza alcuna discrimina-zione.

– Integrità – In tutto ciò chefacciamo è richiesto il rispetto del-la persona. Quando vediamo la si-tuazione di coloro che serviamo,molti dei quali si trovano nelle si-tuazioni più misere, ricordiamosempre che “siamo lì per la graziadi Dio”.

– Leadership – La CMMB èuna paladina dell’efficacia delleorganizzazioni cattoliche e di altrebasate sulla fede, molte delle qualierogano servizi in zone che il go-verno nazionale di un paese non èin grado di raggiungere.

– Collaborazione di qualità –Molto spesso i network sanitaricattolici del mondo sono i partnernel nostro lavoro.

– Coraggio e assunzione dei ri-schi – La CMMB, come molti divoi nel vostro ambito di assistenza

sanitaria, spesso va dove gli altrinon vogliono o non possono anda-re. Sovente i programmi che ini-ziamo diventano le migliori prati-che che saranno adottate da altri.

– Compassione – Sono stati lacompassione e il buon cuore delDott. Flagg a realizzare il sognodella CMMB. Non lo dimentichia-mo mai.

A questo punto, è necessariochiedersi: cosa fa esattamente laCMMB? In breve la risposta è chenoi inviamo farmaci e medici vo-lontari in tutto il mondo, e gestia-mo programmi che affrontano iproblemi sanitari più importanti.Permettetemi di cominciare con iprogrammi di donazione di volon-tari e medici.

Li chiamiamo programmi di“eredità” perché sono in funzionequasi sin dalla nascita dell’orga-nizzazione.

Il primo volontario della CMMBè stato il Dott. Flagg che si recavain America Latina per servire i leb-brosi. Da allora, il programma divolontariato è cresciuto fino a ve-dere, quest’anno, 68 volontari cheprestano il loro servizio per periodida sei mesi a due anni, e altri 1.595per missioni più brevi, in 24 paesidel mondo. Nel corso degli ultimidieci anni, il numero di volontari alungo termine è pari a 773. E sape-te cosa ci dice ognuno di loro al ri-torno? Ci dice che, nel suo lavorodi volontariato, riceve molto più diquanto dà. È un’esperienza checambia la vita di tutti (www.cmmb.org/healthcare-programs).

I nostri volontari non sono maistati tanto necessari quanto nel me-se di gennaio di quest’anno, dopoil devastante terremoto di Haiti.Abbiamo lavorato con i nostripartner per inviare centinaia dipersone nelle settimane successive

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L’iniziativa Vaticano-CMMB:cambiare la vita, portando salute e speranza

CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA58

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al disastro. Per maggiori informa-zioni, si prega di cliccare sul HaitiFact Sheet.

Il nostro secondo programma di“eredità” si chiama “HealingHelp”, e il nome già dice tutto. Es-so si riferisce al nostro programmadi richiesta e distribuzione di far-maci e forniture mediche per servi-re chi è nel bisogno in tutto il mon-do. Inoltre, esso è il fulcro dellanostra iniziativa con il PontificioConsiglio per gli Operatori Sanita-ri e la Fondazione Buon Samarita-no, di cui vi parlerò fra poco.

Nel corso dell’ultimo decennio,grazie al programma “HealingHelp” sono stati consegnati medi-cinali e forniture mediche del va-lore di oltre 1 miliardo di dollaristatunitensi a più di 600 partner in100 paesi. Questi medicinali e for-niture mediche ci sono state dona-ti dalle più importanti aziende far-maceutiche e di forniture ospeda-liere (www.cmmb.org/healing-help-program).

Questi due programmi – i nostrivolontari e i programmi di medici-nali donati – sono stati di immensovalore per noi quando, intorno al2000, abbiamo preso la decisionedi spostarci in un nuovo ambitooperativo. È stato allora che abbia-mo strategicamente esteso la no-stra azione per affrontare alcunidei principali problemi sanitari delmondo, ossia l’HIV/AIDS e la so-pravvivenza dei bambini. In talmodo, abbiamo collaborato connumerose strutture sanitarie cheabbiamo servito per decenni in-viando loro volontari, medici e far-maci donati.

Oggi continuiamo a condurreprogrammi importanti in materiadi HIV/AIDS e di sopravvivenzadei bambini, ma di recente abbia-mo anche aggiunto come aree diinteresse malattie tropicali trascu-rate e lo sviluppo e il rafforzamen-to dei sistemi sanitari nei paesi incui operiamo.

Ogni anno la CMMB raggiungepiù di 500.000 dei meno abbientiattraverso questi programmi. Inol-tre, i nostri farmaci e i nostri vo-lontari toccano la vita di centinaiadi migliaia di persone.

Per più di un decennio, abbiamofatto tutto il possibile per migliora-re questi numeri, in particolare conprogrammi innovativi in Africa.Tra questi, aiutare a prevenire la

trasmissione dell’HIV da madrisieropositive in gravidanza ai lorobambini non ancora nati. Inoltre,lo scorso anno, abbiamo fornitotrattamenti antiretrovirali salvavitaa quasi 47.000 kenioti attraversoun programma chiamato “AIDSRelief”, come parte di un consor-zio che comprende il “CatholicRelief Services”.

In Kenya, Sudan del sud e Haiti,opera un nostro programma moltocreativo denominato “MentorMothers”. Esso invia in ospedali ecliniche madri “mentori” HIV-po-sitive, che sono state aiutate spessomediante il nostro programma di

prevenzione da-madre-a-figlio, perconsigliare, istruire e lavorare condonne in gravidanza e i loro partnera superare la stigmatizzazione eapprendere che possono adottaremisure per migliorare la loro salutee quella dei loro figli.

Qualche anno fa, in Zambia, ab-biamo rivolto la nostra attenzioneai capi famiglia maschi e abbiamodeterminato che – dal momentoche essi rivestono il ruolo domi-nante sui loro partner e le loro fa-miglie – era necessaria un’educa-zione sull’HIV e l’AIDS. Questoprogramma, chiamato “MenTaking Action”, si occupa degli at-teggiamenti e dei comportamentimaschili che impediscono alledonne di frequentare le clinicheprenatali e accedere ai servizi diprevenzione della trasmissione da-madre-a-figlio dell’HIV. Il pro-gramma consente agli uomini dioperare come strumenti di cambia-mento positivo per la salute della

famiglia, incoraggiandoli a educa-re le loro famiglie sull’HIV/AIDSe partecipare a consulenze e testvolontari per il virus. Il program-ma è stato operativo in Sudafrica e,in totale, sono stati testati perl’HIV 27.122 uomini e 50.275 loropartner. Inoltre, sono state inclusenei servizi di trattamento 4.460donne incinte sieropositive (www.cmmb.org/men-taking-action).

Oggi spesso ci riferiamo a quel-la che era cominciata come un’ini-ziativa di sopravvivenza dei bam-bini, come attenzione alla salutematerna e infantile della CMMB.Molte ricerche dimostrano che le

donne sono la chiave per sostenerefamiglie sane.

In America Latina, più di mezzomilione di bambini muoiono ognianno e un terzo di questi decessisono imputabili a cinque malattieprevenibili: infezioni respiratorie,diarrea, malnutrizione, morbillo emalaria. Il Perù presenta uno deipiù alti tassi di mortalità materna einfantile della regione, così laCMMB ha creato “Unidos Contrala Mortalidad Infantil”. Operiamoin tre città principali: Trujillo,Huancayo e Chimbote. Siamomolto lieti che i nostri partner inquesto importante lavoro siano“Bon Secours Health System”,“CHRISTUS Health” e “Caritas-Perù” (www.cmmb.org/unidos-contra-la-mortalidad-infantil).

Il lavoro con le madri e i bambi-ni è presente in quasi tutte le no-stre iniziative: nei programmiHIV/AIDS, in quelli di alimenta-zione e nutrizione per gli orfani in

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Sudafrica, e nei programmi controla malaria, dove la fornitura di zan-zariere trattate con insetticida ridu-ce la morbilità e la mortalità nelledonne in gravidanza e dei bambinipiccoli.

Una malattia tropicale, la lebbra,è stata la prima affezione che ab-biamo dovuto affrontare, in quantolavorare con i lebbrosi è stato il pri-mo tentativo in cui il nostro fonda-tore, il Dott. Paluel Flagg, si impe-gnò quasi cento anni fa. Oggi, con-tinuiamo la battaglia contro questamalattia in luoghi ad alta incidenzacome l’India e lo Zambia. Abbia-mo addestrato circa 500 professio-nisti sanitari della comunità, raffor-zando la capacità delle strutture sa-nitarie locali di diagnosticare, trat-tare e curare i malati di lebbra. Ne-gli ultimi dieci anni, abbiamo rea-lizzato un programma di grandesuccesso in Ghana, che ha fornitoistruzione in materia di guarigionee trattamento della filariasi linfati-ca, o Elephantitis, un’altra malattiatropicale. Il programma è diventatoun modello nazionale, raggiungen-do 444.957 persone in cinque anni.La CMMB ha anche fornito farma-ci contro i parassiti a innumerevolibambini in America Latina(www.cmmb.org/zambia-leprosy).

La CMMB ha raggiunto anchealtre aree, per esempio, siamomembri fondatori della “Haiti Am-putee Coalition”, istituita a seguitodel terremoto per curare e riabilita-

re coloro che hanno perso gli arti acausa di questa devastante cala-mità naturale. Abbiamo aiutato piùdi 700 persone che hanno soffertoin questo modo e continueremo afarne una priorità del nostro lavoroad Haiti.

Oltre ai nostri programmi speci-fici per determinate malattie, a li-vello locale, abbiamo recentemen-te adottato un’area programmaticadi attenzione denominata Sviluppoe Rafforzamento dei sistemi sani-tari. Il nostro obiettivo è quello disviluppare capacità locali sosteni-bili per rispondere ai bisogni sani-tari più importanti e costruire siste-mi forti. Lo realizziamo attraversola progettazione e la messa in attodi programmi di alta qualità, basa-ti sull’evidenza, guidati dai se-guenti obiettivi:

1. Accrescere l’accesso ai servi-zi sanitari che migliorano la qua-lità della vita e ridurre le mortievitabili.

Nel 2010, la CMMB ha consi-gliato e testato per l’HIV 119.087individui, ne ha raggiunti 146.915con messaggi di prevenzione, hafornito trattamenti antiretroviralidi prevenzione a 3.725 futuremamme, e curato 110.362 personeaffette da HIV. I programmi di sa-lute materna e infantile dellaCMMB hanno fornito cure prima-rie a 16.273 bambini e a 79.959donne in gravidanza.

2. Aumentare le risorse umanenel settore sanitario.

La CMMB è al lavoro per soste-nere la forza lavoro sanitaria glo-bale colmando le lacune dei pro-fessionisti medici. Nel 2010, essaha contribuito a inviare 1.663 me-dici volontari in 24 paesi, fornendooltre 10 milioni di dollari in servizidonati. Attraverso partnership lo-cali, la CMMB ha promosso lapreparazione dei formatori e hamotivato gli operatori sanitari aservire nei loro paesi d’origine.

3. Accrescere la capacità dellecatene di approvvigionamento peraumentare l’accesso globale ai far-maci e alle tecnologie salvavita.

La CMMB collabora stretta-mente con i suoi partner per svi-luppare catene di approvvigiona-mento efficienti ed efficaci di me-dicinali e forniture mediche. Negli

ultimi dieci anni, essa ha dispensa-to più di 1 miliardo di dollari difarmaci e forniture mediche a 600partner locali in 100 paesi. A causadella sua reputazione di forte lea-dership nella gestione della catenedi approvvigionamento e allostretto rapporto con i suoi destina-tari, le case farmaceutiche consi-derano la “Catholic Medical Mis-sion Board” un partner di fiducia.

4. Sviluppare forti sistemi finan-ziari nelle strutture sanitarie.

La CMMB aiuta molti ospedalie cliniche in Kenya a dotarsi di si-stemi informatici di gestione sani-taria (HMIS) integrati e compute-rizzati. Questi sistemi servono perla fatturazione ai pazienti, per mo-nitorare le entrate e realizzare pro-grammi che mirano a riferire al go-verno degli Stati Uniti e agli altridonatori sui risultati di salute pub-blica. Questo processo è noto co-me finanziamento basato sulle pre-stazioni, e la CMMB aiuta a esten-derlo in diversi paesi, incluso ilKenya.

5. Programmi a supporto dei si-stemi di monitoraggio e di ricercache assicurino una programmazio-ne di qualità e l’adozione delle mi-gliori pratiche nella sanità globale.

Il gruppo di monitoraggio e va-lutazione della CMMB opera conpartner di attuazione per sviluppa-re procedure di riferimento che ga-rantiscano un uso appropriato del-le risorse e creino un cambiamentoduraturo. Revisioni trimestrali deidati di programmazione da partedel personale tecnico identificanole sfide, i successi e i temi per ulte-riori ricerche. La CMMB è respon-sabile verso i suoi beneficiari difornire servizi sanitari di qualità,pertanto impegna le locali organiz-zazioni basate sulla comunità, leassociazioni di portatori di HIV, e iclub di madri nella valutazione deiprogressi in atto del programma ela pianificazione futura.

6. Aumentare la capacità dellaleadership locale a progettare egestire con efficacia i programmi.

I Direttori nazionali dellaCMMB e i membri chiave del loropersonale fanno parte dei comitatidi consulenza tecnica e lavorano instretta collaborazione con i Mini-steri della Salute locali per pro-

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muovere le esigenze di coloro cheserviamo tutto il mondo.

Vengo ora alla parte della miapresentazione, in cui ho il piacere diannunciare una nuova importantecollaborazione: la CMMB si unisceal Pontificio Consiglio per la Pasto-rale degli Operatori Sanitari e allaFondazione Buon Samaritano perportare ancora più salute e speranzaa coloro che ne hanno bisogno.

Siamo onorati di poter donare,ogni anno, medicinali e fornituremediche del valore di 10 milioni didollari al Pontificio Consiglio persostenere gli sforzi del Santo Padree del Vaticano in materia di salute.Tali farmaci saranno inviati a strut-ture sanitarie di paesi target sceltiin base alle priorità del Vaticano,alle leggi nazionali relative all’im-portazione di medicinali e allacompetenza della CMMB. Consi-derata la sua esperienza di quasi unsecolo nel trasporto e nella conse-

gna di farmaci al mondo in via disviluppo, la CMMB gestirà la ca-tena di approvvigionamento perquesto progetto.

Sono profondamente grato aS.E. Mons. Zygmunt Zimowskiper la sua disponibilità a intrapren-dere questa nuova iniziativa checostituirà una pietra miliare nellastoria dell’organizzazione in cam-mino verso il nostro secondo seco-lo di lavoro.

Nel corso delle nostre riunioniper pianificare e finalizzare questainiziativa, l’Arcivescovo Zimow-ski e io siamo stati lieti di vederespesso condivisi gli obiettivi delConsiglio e della CMMB. QuandoS.E. Mons. Zimowski afferma chel’accesso alle cure sanitarie è unaquestione di giustizia e un dirittoumano fondamentale, è come se siriferisse alla nostra visione e ai no-stri valori fondamentali.

Sono accompagnato qui a Romae in questa Conferenza da Adrian

Kerrigan, il Senior Vice Presidenteper lo Sviluppo della CMMB. Ac-cogliamo con piacere l’opportu-nità di incontrarvi e rispondere aeventuali domande sul nostro la-voro e su questa nuova ed emozio-nante collaborazione con il Vatica-no. Abbiamo portato materiale chefornisce informazioni più specifi-che sul nostro “segreto meglioconservato”, quello di portare daquasi 100 anni la salute e la spe-ranza a chi ne ha bisogno. Potretetrovarlo all’uscita della riunione.

Vi ringrazio per l’attenzione.Potrete conoscere di più sul nostrolavoro visitando il nostro sito webwww.cmmb.org.

Per vedere il video del nostro la-voro in azione, visitate

www.CMMBHEALS.org.

Dott. JOHN F. GALBRAITHPresidente e Amministratore Delegato

Catholic Medical Mission Board (CMMB)USA

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La salute pubblica è una dellecomponenti del bene comune diogni Nazione. Secondo la Conven-zione Europea dei Diritti dell’Uo-mo e numerose costituzioni nazio-nali successive, la protezione dellasalute è un diritto di tutti gli uomi-ni e, allo stesso tempo, un fonda-mento dei doveri dello Stato. Lastessa Convenzione ammette chele azioni relative alla salute pubbli-ca – in quanto servono tutti – pre-valgono perfino sui diritti politiciindividuali.

La politica sanitaria, dunque,non appartiene alle prerogative diuna struttura specializzata concre-ta. Il modello necessario del fun-zionamento dello Stato consistenel fatto che essa riguarda l’interaattività dello Stato e del Governo.Il Ministero della Salute deve esse-re l’iniziatore privilegiato del lorolavoro e il portavoce dei compitiche dovrebbero essere realizzatitramite il Governo e il potere legi-slativo, in funzione della politicasanitaria.

All’inizio, si dovevano sempreaffrontare questioni di bilancio,quelle di procurare i mezzi finan-ziari per assicurare le risorse allasalute pubblica che dovrebbe esse-re accessibile a tutti. Ciò necessitadi un aiuto particolare, da parte delPrimo Ministro, al Ministero dellaSalute quando vi è conflitto tra ilMinistero della Salute e quello del-le Finanze, incaricato di vigilaresulla disciplina del bilancio.

Il ruolo sussidiario dello Statoimplica che i suoi doveri aumenti-no in funzione dell’importanza delbene che le genti non sono capacidi realizzare con i propri mezzi néattraverso le organizzazioni socia-li. In questa prospettiva, la prote-zione della salute rientra nei com-piti primordiali dello Stato, che quidovrebbe manifestarsi mediante

uno stanziamento di mezzi nellasua gestione.

La solidarietà obbliga, ben inte-so, a non caricare lo Stato degli af-fari che tanto le famiglie quanto gliindividui dovrebbero garantire coni propri sforzi, così come il ruolosussidiario dello Stato esige che cisi concentri sugli ambienti socialie sulle situazioni che maggiormen-te necessitano di aiuto. Si tratta so-prattutto delle malattie più gravi(che assorbono le maggiori spesedi trattamento) e delle categorieche hanno particolarmente biso-gno di aiuto (come le famiglie nu-merose).

Il campo del funzionamento del-la salute pubblica è, quindi, per loStato, una scelta essenziale. In ef-fetti, il Ministero della Salute fun-ziona sempre nei quadri indicatidalle decisioni di natura generaleche determinano l’azione dell’in-tero apparato statale e che supera-no le competenze di una sola strut-tura specializzata.

Determinare e raccomandare lagiusta misura dell’aiuto ai più po-veri in materia di salute spetta alMinistero delle Politiche Sociali.Si tratta di una questione crucialeche riguarda tanto coloro che, sen-za alcuna colpa, si trovano in unasituazione particolarmente diffici-le, quanto le famiglie numerose, edunque le persone che, per propriavolontà, hanno accettato doveripiù grandi di quelli degli altri citta-dini e che riguardano il bene di tut-ta la società. Ciò concerne anche, ein modo particolare, le famiglieche si prendono cura dei bambinidiversamente abili.

Quando si parla di politica sani-taria, non si possono ignorare lequestioni etiche. Ad esempio, ilproblema della fecondazione arti-ficiale in vitro è visto dai suoi fau-tori come un metodo di cura della

sterilità, benché nessuna donnache vi abbia fatto ricorso non pos-sa restare incinta anche in manieradel tutto naturale. In questo caso,tutta la responsabilità grava sulMinistero della Salute. Il Ministro(come portavoce della salute pub-blica) può presentare il problemadella fecondazione in vitro comepuramente tecnico e moralmenteneutro, e può anche raccomandarequesto metodo – come, purtroppo,avviene il più delle volte nei Paesiliberali contemporanei. Assumen-do questo atteggiamento, il Mini-stero della Salute diventa non giàl’esecutore del bene comune maun rappresentante degli interessicontrari al bene comune e illegitti-mi, di alcuni individui. Questo Mi-nistero invece dovrebbe cooperarecon quello della Scienza che do-vrebbe raccomandare la ricercasulla sterilità e i metodi reali pertrattarla, come la naprotecnologia.

Là dove si tratta di lottare controle patologie sociali, la politica del-la salute pubblica deve essere so-stenuta dall’azione dei Ministeridella Giustizia e dell’Interno. Lecomplesse iniziative intraprese at-tualmente dal Governo polacconella lotta contro la distribuzionedi quelle che vengono chiamatedroghe sintetiche, sostituti artifi-ciali delle droghe classiche, sonoun esempio importante di tale coo-perazione. Il Ministero della Giu-stizia ha elaborato una legge cheresponsabilizza i fabbricanti suglieffetti nocivi per la salute dell’uo-mo causati da queste sostanze (an-che se, nominalmente, esse sonodestinate all’industria e non al con-sumo). Per un periodo di un anno emezzo, la legge riserva al Ministe-ro della Salute l’obbligo dell’esa-me in laboratorio prima della mes-sa sul mercato. Il Ministero del-l’Interno è incaricato di prevenire

MAREK JUREK

Collaborazione dei diversi Ministeridi Governo nella Sanità

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acceso spiegando che sarebbe sta-to un elemento efficace dei passiintrapresi contro le epidemie inAsia Orientale, soprattutto perquel che riguarda la SARS (sindro-me respiratoria acuta grave). Beninteso, il Governo della Repubbli-ca Popolare di Cina che volevaisolare Taiwan dall’arena interna-zionale, si opponeva. Tuttavia, glisguardi pragmatici compresi nelloro vero senso rendevano la coo-perazione opportuna, ma bisogna-va cedere davanti alle pressionidella grande potenza.

Per quanto riguarda la salute,esistono molti punti che dovrebbe-ro essere oggetto di cooperazioneinternazionale, e dunque deglisforzi dei Governi nazionali quan-to delle diplomazie nazionali. Sitratta, ad esempio, della lotta con-tro la pedofilia.

In alcuni Paesi, l’età minima ac-cettabile per i rapporti sessuali si èfortemente abbassata. Quella chein Danimarca è vista come libertà

dei giovani (il sesso tra i ragazzi di13 anni), in Polonia è consideratapedofilia. Senza dubbio, a provo-care effetti gravi è anche la propa-ganda dei cosiddetti diritti sessualisenza riferimento a un’etica nor-mativa. Tale propaganda contri-buisce certamente a un’iniziazionesessuale precoce tra i giovani. Co-me conciliare tutto ciò con la con-danna ufficiale della pedofilia?

Anche la questione della lottacontro la pedofilia dovrebbe essereoggetto della cooperazione inter-nazionale, affrontata nel contestodell’opposizione contro la porno-

le. La medicina preventiva, la pro-mozione della salute e la preven-zione delle malattie “della civiltà”,come l’ipertensione, l’obesità o ildiabete, e di conseguenza dei loroeffetti gravi quali gli incidenti va-sco-celebrali o le crisi cardiachecostituiscono un ambito al quale ènecessario sensibilizzare continua-mente la coscienza dei cittadini.Prima questa educazione sarà in-trapresa, più sarà efficace.

La scuola ha la possibilità di im-pedire la propagazione dei flagelliche rovinano la salute quali il taba-gismo, l’abuso di alcool o la tossi-codipendenza. Visto il suo caratte-re preventivo, la politica sanitariariguarda anche il Ministero delloSport che ha le prerogative per in-fluire, attraverso un incoraggia-mento pratico e una motivazionepositiva, sul sano sviluppo fisicodella gioventù.

La questione dell’educazionesessuale è un problema particolar-mente delicato, non soltanto in Eu-

ropa. Purtroppo, i Ministeri dellaSalute sono spesso i portavoce deicosiddetti diritti sessuali e non deivalori morali che costituiscono lamigliore protezione contro i fla-gelli degli assassinii prenatali odell’epidemia dell’AIDS.

Le questioni sanitarie riguarda-no anche la politica estera. Il perio-do durante il quale ho presieduto ilParlamento polacco era anchequello in cui la Repubblica di Cinaa Taiwan cercava di entrare nel-l’Organizzazione Mondiale dellaSanità. Gli uomini politici taiwa-nesi giustificavano un eventuale

la distribuzione delle sostanze ri-conosciute come droghe.

Anche la protezione dell’am-biente è una questione di prim’or-dine che necessita della coopera-zione con i Ministeri dell’Ambien-te e dell’Agricoltura. Nel primocaso, si tratta di analizzare glieventuali pericoli per la sicurezzadegli uomini nell’ambito della sa-lute. Nel secondo, di assicurareun’alimentazione sana e di impe-dire gli effetti nocivi della sua pro-duzione industriale, comprese lemodificazioni genetiche.

Per quel che riguarda le nuovetecnologie di procreazione, comepure quelle di produzione degli ali-menti, ciascun Governo deve mo-strare il coraggio di resistere con-tro i gruppi che cercano di eserci-tare su di esso ogni tipo di pressio-ne. Tale capacità di resistere costi-tuisce una reale verifica della suasovranità politica, della sua auto-rità e dell’arbitraggio dipendendounicamente da criteri del bene co-mune.

Gli interessi dell’industria deicontraccettivi formano un gruppodi pressione particolarmente attivoe distruttivo. In tutti i Paesi, essotende a conquistare l’accesso aifondi pubblici, sia direttamentetramite le sovvenzioni, sia indiret-tamente mediante le riduzioni del-le tasse. Il termine di contraccezio-ne è frequentemente abusato perdissimulare le sostanze abortive.Tali sostanze mirano alla distruzio-ne della vita del bambino, ma rovi-nano anche la salute della madre,e, cosa non rara, sono causa di ste-rilità. Le sostanze abortive dovreb-bero essere semplicemente vietate.Quanto al Ministero, esso dovreb-be informare sugli effetti seconda-ri della contraccezione, conforme-mente all’obbligo d’allertare con-tro gli effetti del tabacco.

Purtroppo, i Ministeri della Sa-lute sono abitualmente tenuti nonsoltanto a diffondere la contracce-zione, ma, quel che è peggio, aproporre quella che viene chiama-ta IVG (“interruzione volontaria digravidanze”).

L’educazione nazionale svolgeun ruolo primordiale nella forma-zione dell’atteggiamento pro-salu-te. La medicina “riparatrice” (perusare questo termine) non è altroche uno dei fattori che contribui-scono al livello della salute socia-

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Una buona politica della saluteesige una concezione corretta del-l’uomo, che permetta di riconosce-re i veri bisogni di quest’ultimo.Essa richiede altresì un’autenticasolidarietà umana allo scopo di im-pedire un’esclusione formale oreale di quanti necessitano di unsostegno da parte della società.Vuole una responsabilità da partedello Stato. Ne deriva che essa nonè un problema tecnico dei medici odei manager medici. Le competen-ze tecniche devono venirle in aiutoin quanto sono un elemento indi-spensabile del realismo politico,ma non possono sostituirla.

La politica di salute pubblicanon può limitarsi ai quadri localidei Paesi, ma esige una coopera-zione internazionale. Tuttavia so-no lo Stato nazionale e il senso del-la responsabilità dei suoi cittadinia costituire il fattore essenzialedell’iniziativa e del controllo (mo-rale e democratico) di questa coo-perazione.

On. MAREK JUREKEx Presidente della Camera Bassa

del Parlamento polacco,Polonia

ne. Il Ministro dovrebbe essere al-tresì il portavoce dell’etica dellaprofessione medica, propria dellanostra cultura e risalente al giura-mento di Ippocrate.

D’altra parte, il lavoro d’équipedi un Governo dovrebbe impedireal Ministro della Salute di dimen-ticare che la protezione della salu-te è legata al bene dell’uomo nellasua interezza, e che essa non è unasemplice questione tecnica, e tantomeno il campo degli interessi del-le lobby tecnologiche. Queste ulti-me devono essere sottoposte alcontrollo degli uomini che siesprime nel potere sovrano di unoStato libero e consapevole dellasua responsabilità morale di frontea Dio.

La politica della salute mostraquanto sia attuale la concezioneclassica della politica la cui porta-voce, nel mondo contemporaneo, èla Chiesa cattolica. Già Papa PioXII metteva in guardia contro l’u-topia tecnocratica che proponevadi realizzare il bene comune senzapreoccuparsi delle decisioni mora-li, e quindi senza responsabilitàmorale.

grafizzazione della cultura di mas-sa. Prima della Seconda GuerraMondiale, erano state ratificatedue convenzioni sulla lotta controla pornografia. Anche nei docu-menti del dopoguerra, in particola-re nella Convenzione Europea sul-la Televisione Transfrontaliera del1989, si insiste sulla salvaguardiadel buoncostume e della moralitàpubblica. Oggi essa non è altro cheuna legge dimenticata che – grazieagli sforzi dei Paesi che tengonoconto del bene comune – dovrebbeessere ripristinata.

Per concludere: il ruolo propriodel Ministero della Salute è quellodi ricordare, nel quadro dei lavoridi ciascun Governo, la funzionesussidiaria dello Stato che deve in-tervenire là dove le persone sonoprive di mezzi per agire. Svolgen-do questa funzione di sussidiarietà,lo Stato realizza il principio dellasolidarietà. Il Ministero della Salu-te dovrebbe essere il portavoce diuna concezione giusta e fondatasulla legge naturale per quanto ri-guarda l’uomo soggetto alle normemorali, in ragione del suo fine, deidiritti degli altri e del bene comu-

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Ovviamente, si vede nel BuonSamaritano, nella parabola raccon-tata da Gesù nel vangelo di Luca(10,25-37), un modello che puòispirare ogni cooperatore sanitario.Lui ebbe pietà e curò le ferite di unuomo che “scendeva da Gerusa-lemme a Gericho e cadde nellemani dei briganti, che gli portaro-no via tutto, lo percossero a sanguee se ne andarono, lasciandolo mez-zo morto” (Lc 10,30)1.

Gesù non dice esplicitamente aquale popolo o nazionalità la vitti-ma appartiene, ma si rivela gra-dualmente che si tratta di un ebreo2.Due altri ebrei, un sacerdote e unlevita che scendevano per quellamedesima strada, vedendolo, pas-sarono oltre. Forse pensando chelui era morto e perciò non volendocontaminarsi per cui non potevanocompiere i loro servizi rituali in ba-se a un precetto3, omisero di curar-lo. Il punto cardinale è però chenon un compatriota, ma propriouna persona che apparteneva a unpopolo nemico dei ebrei4, un Sa-maritano, passandogli accanto, lovide e ne ebbe compassione.

“Gli si fece vicino, gli fasciò leferite, versandovi olio e vino; poilo caricò sulla sua cavalcatura, loportò in un albergo e si prese curadi lui” (Lc 10,34).

La cura delle ferite dell’uomopercosso a sangue fa subito ricor-dare alle attività di cooperatori sa-nitari.

Perciò non deve sorprenderciche Paolo VI ha detto in un discor-so nel 1966 a un gruppo di medicidell’ENPAS (Ente Nazionale Pre-videnza per gli Statali), riferendoagli alti valori umani che la loronobile missione implica: “Tali va-lori non sono soltanto umani, masono anche schiettamente cristiani;fanno pensare alla parabola evan-gelica del Buon Samaritano, chinosul prossimo sofferente e martoria-to, e disposto a pagare di personaper lui; fanno meditare sulla in-

comparabile dignità dell’arte me-dica, che non è solo tecnica formi-dabile, che esige aggiornamentocontinuo e passione non mai spen-ta, ma è altresì donazione, missio-ne, fiamma interiore, e acquistaperciò benemerenza unica davantiagli uomini, e inestimabile meritodavanti a Dio”5.

La parabola serve a mostrare“l’universalità dell’amore che sivolge verso il bisognoso incontra-to «per caso» (cfr. Lc 10,31),chiunque egli sia” (Deus Caritasest, n. 25).

L’universalità implica che dob-biamo amare pure un nemico, se-condo le parole di Gesù nel Vange-lo di Luca: “…amate i vostri nemi-ci, fate del bene a quelli che viodiano…” (Lc 6,27).

Un cooperatore ha pietà del ma-lato, nonostante la sua simpatia opossibilmente antipatia verso que-sto. Sul campo della battaglia ilpersonale sanitario militare curapure le vittime dell’esercito nemi-co. Questa conclusione condivideanche l’attuale mondo secolare.

Tuttavia, limitandoci solo a que-sta conclusione, per quanto giustadi per sé, rischieremmo che cisfuggisse il significato più profon-do, che è per gli operatori sanitari

cristiani proprio l’aspetto più affa-scinante del Buon Samaritano co-me il modello della giustizia piùgrande o meglio dell’amore piùgrande, la “carità in Veritate” versoil malato. Da una parte una parabo-la sembra essere un racconto sem-plice e comprensibile a prima vistadi un avvenimento che potrebbeessere capitato in realtà. D’altraparte una parabola ha qualcosa dienigmatico. Si deve riprenderla emeditare su essa per scoprire i suoisignificati più profondi.

1.L’interpretazione cristologicadella paraboladel Buon Samaritano

L’interpretazione più affasci-nante della parabola che mette unaluce del tutto particolare al BuonSamaritano come modello o iconaper gli operatori sanitari, è quellacristologica6 che si trova negliscritti di alcuni Padri della Chiesa,tra l’altro Origene7, sant’Ambro-gio8 e sant’Agostino9. A parte le di-verse variazioni fra questi autori,l’interpretazione cristologica dicequanto segue. L’uomo che scende-va da Gerusalemme a Gerico èAdamo (Origine10) o l’umanità(Agostino11). Gerusalemme vuoledire il paradiso12, Gerico questomondo (o la nostra situazione dimortalità, Agostino). I briganti so-no i diavoli13 (o le potenze nemi-che, i ladri e briganti in Giovanni10,8, venuti prima di Gesù, il BuonPastore secondo Origene14). Il pretee il levita indicano l’Antico Testa-mento, la legge rispettivamente iprofeti. Il Samaritano che cura leferite, le conseguenze del peccatodi disobbedienza, è nessuno altrodi Cristo, il Redentore. La cavalca-tura del Samaritano, a cui mettel’uomo ferito per andare all’alber-go, indica il corpo di Cristo, me-diante cui questo, soffrendo allacroce, ha portato il carico dei nostri

WILLEM EIJK

Il Buon Samaritano è la giustizia più grande

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peccati. L’albergo è la Chiesa el’albergatore è il leader della Chie-sa (Origene) o gli apostoli (Ambro-gio15 e Agostino16), a cui il Samari-tano o Cristo affida la cura dell’uo-mo ferito. L’annuncio del Samari-tano che ritorni, significa il ritornodi Cristo alla fine dei tempi.

Benché gli esegeti odierni nonapplichino più l’esegesi allegoricadei Padri della Chiesa in genere,alcuni teologi, come Barth17 e Da-niélou18, attribuiscono un grandevalore alla interpretazione cristo-logica. Uno degli argomenti di Da-niélou per accettare una interpreta-zione cristologica è l’analogia conle altre parabole nel Nuovo Testa-mento che tutte rivelano i misteridel Regno di Dio, e soprattuttoquella del Buon Pastore, in cui Ge-sù parla pure di ladri e briganti (Gv10,1-18)19. Ciò è una indicazioneche anche quella del Buon Samari-tano deve riguardare in ultima ana-lisi il Regno di Dio.

L’identificazione del Samarita-no che agisce da medico, con Cri-sto rafforza ancora l’analogia fra lamissione di questo e le attività diun medico. Per l’analogia ovviafra guarigione e redenzione i Padridella Chiesa davano a Gesù l’epi-teto “Christus Medicus”20. Un ulte-riore motivo era che Gesù guarivamolte malattie in modo miracolosocome segno che era il Figlio diDio, ma anche come un segnoesterno della redenzione dal male,per cui si è fatto uomo. Origene(185-254) parla nel suo ContraCelsum del guarire “tutta la naturaragionale e di condurla a familia-rità con Dio il Creatore dell’uni-verso mediante il rimedio del Lo-gos (cioè Cristo indicato come ilVerbo Incarnato di Dio, E.)”21.

Ambrogio (339-397) riferisce aun medico “che ha imitato il medi-co che viene dal cielo”22.

Agostino (354-430) usa più fre-quentemente il titolo di medico perdescrivere ciò che ha fatto Cristoper l’umanità caduta23. Questo, il“vero medico”24, umiliando sestesso mediante la sua sofferenza ela sua morte, è diventato “tutto ilmedico per le nostre ferite”25.

Il titolo di “Christus Medicus”per spiegare la sua missione comeun ministero di guarigione è usatosoprattutto fino al XVI secolo, maanche dopo da cattolici e prote-stanti26. Questa immagine serviva

pure come stimolo per medici eper cristiani in genere a curare lemalattie e ferite somatiche dei ma-lati con amore per il prossimo ecompassione. L’amore, il nucleodell’etica cristiana, ha le sue radicinell’essenza di Dio stesso, che èamore (cfr. 1Gv 4,8). Questo amo-re è stato rivelato nella incarnazio-ne di Cristo come illimitato, dona-to liberamente e sacrificale.

L’amore, compreso in questomodo, si esprime nella cura di ma-lati non solo nel dare un trattamen-to medico al paziente, cioè nell’a-spetto medico-tecnico, ma anchenel curarlo in senso ampio, neltrattare i malati poveri gratuita-mente e nell’attendere malati du-rante le epidemie della peste nelmodo di un sacrificio di sé, ri-schiando la propria vita.

Secondo Sigerist, il cristiane-simo, ispirato dal “Christus Medi-cus” come modello, ha portato uncambiamento radicale nella posi-zione del malato e nella organizza-zione della sanità, di cui la fonda-zione di ospedali, sconosciuti nel-l’Antichità, a partire dall’ultimoquarto del IV secolo è un segnochiaro27.

2. Il Samaritano come iconaispiratrice del Cristo Medicoper operatori sanitaricristiani

La parabola del Samaritano,identificato con Cristo, è una fontedi ispirazione per gli operatori cri-stiani che vogliono seguire nelleloro attività professionali il CristoMedico come modello. La figuradel Samaritano è in certo sensouna icona del Cristo Medico. Un’i-cona è secondo la tradizione orto-dossa orientale un’immagine cherende presente in certo modo lapersona ritratta. Così i santi chehanno seguito Gesù Medico, sonoin certo senso icone di lui, rappre-sentando nel loro agire e attraversola formazione delle virtù anche nelloro essere qualcosa di Cristo.

Tali icone sono per esempio igemelli e medici Cosma e Damia-no, nati nella seconda meta del IIsecolo e decapitati a causa della lo-ro testimonianza coraggiosa dellafede cristiana. Trattavano i loro pa-zienti gratuitamente. Una tale ico-na è anche San Aloisio di Gonzaga

(1568-1591), che curava in modoeroico vittime della peste, per cuilui stesso si è preso detta malattiaed è deceduto in giovane età.

Un esempio più contemporaneoè Giuseppe Moscati, un internistae docente di fisiologia dell’Uni-versità di Napoli, che viveva dal1880 fino al 1927 e fu beatificatonel 1987 da Giovanni Paolo II28.Questo medico, famoso per i suoitalenti diagnostici, rimaneva vo-lontariamente celibe e praticava lamedicina con grande amore e de-

dizione per i suoi pazienti senza ri-chiedere da loro un onorario. Vive-va in modo molto modesto. Lavirtù cristiana della povertà volon-taria per l’imitazione di Cristo gliera cara. Indicava spesso ai suoipazienti che la guarigione piùprofonda consisteva in ultima ana-lisi di un ripristino del loro rappor-to con Dio, soprattutto mediante ilsacramento della Confessione. Inbase alla sua fede profonda stabili-va una relazione fra redenzione eguarigione, fra la sua fede e la suaprofessione. Faceva questo spessocon buoni risultati grazie alla gran-de fiducia che ispirava ai pazientitramite il suo interesse sincero e lasua cura personale per ognuno diloro. Nei suoi pazienti riconoscevala figura sofferente di Cristo (Mt25,31-46) e viceversa loro incon-travano in lui qualcosa del CristoMedico.

Giuseppe Moscati, gli altri me-dici menzionati e quelli che hanno

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curato i malati in modo eroico econ sacrificio, erano come il BuonSamaritano icone del Cristo Medi-co, rappresentando qualcosa dellasua cura piena di amore per tutti.S’intende che non ogni cooperato-re sanitario è chiamato a una imita-zione tanto intensiva di Gesù. Inol-tre l’Organizzazione della Sanità èstata cambiata drasticamente. L’ar-senale di mezzi diagnostici e tera-peutici di cui essa dispone è cre-sciuto, soprattutto a partire daglianni ’30 del secolo scorso. NellaEuropa Occidentale di oggi non viè più bisogno di trattare pazientisenza onorario in merito al sistemadi assicurazioni sulla malattia(benché ad esempio un rifugiatoche rimane illegalmente in un pae-se, non sia spesso in grado di paga-re i costi di una cura medica). Tut-tavia, una persona che serve daicona, non deve essere copiata let-teralmente, ma è possibile farsiispirare da essa.

In quale modo si potrebberoriassumere gli aspetti più affasci-nanti della figura del Buon Sama-ritano come una icona del CristoMedico, o perfino identico conquesto, per operatori sanitari? Vor-rei segnalare tre aspetti notevoli:

1. l’inversione dei ruoli dellapersona che dà assistenza e quellache la riceve;

2. l’autentica compassione;3. l’essere custode/protettore del-

la persona senza paternalismo.

1. L’inversione dei ruoli

Alla domanda di un dottore del-la Legge che cosa debba fare perereditare la vita eterna (Lc 10,25),Gesù lo riferisce in primo istante alfamoso commando doppio diamore per Dio e il prossimo (Lc10,28). Tuttavia, il dottore dellaLegge, volendo giustificarsi, chie-de a Gesù: “E chi è il mio prossi-mo?” (Lc 10,29).

La risposta di Gesù a questa do-manda è più sorprendente di quan-to si avrebbe forse pensato a primavista. Gesù non dà una risposta di-retta a questa domanda, cioè nondice “ognuno, senza eccezione”,ma racconta invece la parabola delBuon Samaritano, in cui inverte iruoli della persona ferita e dellapersona che da assistenza.

Superficialmente ci saremmoaspettati che la conclusione della

parabola indicasse l’ebreo feritocome il prossimo del Samaritano,cioè della persona che lo aiuta. Inquesto caso la sola conclusione sa-rebbe che si deve considerare an-che il membro di un popolo nemi-co come prossimo di cui si deveavere pietà altrettanto. Tuttavia,Gesù non finisce così, ma inverte iruoli. Dopo aver raccontato la pa-rabola chiede al dottore della Leg-ge: “Chi di questi tre (il sacerdote,il levita e il samaritano, cioè le per-sone che danno o avrebbero dovu-to dare assistenza) ti sembra siastato prossimo di colui che è cadu-to nelle mani dei briganti?” (Lc10,36).

Gesù inverte i ruoli davvero. Alcontrario di ciò che avremmo pen-sato a prima vista, il prossimo nonè la persona in pericolo che ha bi-sogno di assistenza, ma colui cheporta aiuto. È notevole che la para-bola, visto il modo in cui Gesù laconclude, non è una risposta preci-sa alla domanda del dottore dellaLegge su chi sia il suo prossimo.La risposta di Gesù si fonda su unaprospettiva ben diversa. La do-manda iniziale del dottore dellaLegge rivela che questo vede sestesso come la persona che portasoccorso, e la persona che ne ha bi-sogno, come il prossimo. InveceGesù qualifica come prossimo lapersona che porta soccorso e fa co-sì se stesso prossimo della personache ne ha bisogno29.

Questo ha fatto Gesù stesso.Analogamente alla discesa del-l’uomo ferito da Gerusalemme aGerico, Cristo scese dal cielo almondo e, facendosi uomo, si faprossimo dell’uomo che ha biso-gno di essere guarito riguardo al-l’anima e al corpo. Gesù mette nelcentro di questa discesa l’uomoferito.

La domanda del dottore dellaLegge su chi sia il suo prossimo,rivela il suo carattere individuali-sta ed egocentrico. Lui mette sestesso nel centro di circoli concen-trici: lui sta nel centro di un circolodi persone ognuna delle quali è ilsuo prossimo. Fuori di questo cir-colo vi è un altro circolo più gran-de di persone, che non qualificanocome un prossimo, un oggetto diamore30. Il dottore della Legge faquindi due cose:

– Lui intende limitare il numerodi coloro di cui deve avere pietà; la

domanda “chi sia il mio prossimo”implica infatti che vi è anche un“non prossimo”.

– Inoltre mette se stesso comeassistente nel centro di tutto.

Invece che dalla prospettiva del-l’assistente, la parabola è però rac-contata da quella della vittima deibriganti. Per questo la parabola in-vita in modo implicito gli ascolta-tori, il dottore della Legge incluso,di spostarsi nella posizione dellavittima. L’uomo ferito viene pre-sentato come il centro dei movi-menti del sacerdote, del levita e delsamaritano: mentre i primi due, ri-fiutando di farsi suo prossimo, nonsoltanto continuarono il loro viag-gio, ma anche passarono oltre, ilsamaritano si fece vicino all’uomoferito per curargli le ferite, versan-dovi olio e vino.

Il cambiamento della prospetti-va della domanda “chi sia il mioprossimo” ha uno scopo particola-re. Mentre il dottore della Legge,mettendo il proprio ego nel centro,chiede chi sia l’oggetto dell’amoreper il prossimo, Gesù, mettendonel centro la persona che ha biso-gno di aiuto, mette in relievo che sipuò soltanto trovare una vera ri-sposta a detta domanda, diventan-do il soggetto dell’amore per ilprossimo, cioè facendo se stesso ilprossimo di qualsiasi persona inpericolo. La conclusione della pa-rabola è in una frase: “Ovunque eogni qual volta io sono confrontatocon il bisogno di un simile, sonosfidato di agire come il prossimodi quella persona”31.

Questo è un elemento intrinsecodell’imitazione di Gesù. Appren-diamo questo dal Samaritano,identificato con Cristo, che veden-do l’uomo ferito e “avendo com-passione lo avvicina da diventare ilsuo prossimo”32.

La persona che assiste l’altro, haquasi automaticamente la tendenzadi mettere se stesso nel centro delcircolo, vedendo il malato come ilprossimo bisognoso della sua assi-stenza. La parabola del Buon Sa-maritano invita tutti i cooperatorisanitari di invertire i ruoli: di vede-re non se stessi, ma il malato comeil soggetto che sta nel centro delmondo sanitario. La parabola esor-ta a non vedere il malato come og-getto, ma come soggetto della curamedica, di cui il cooperatore sani-

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tario si fa prossimo come un sog-getto di amore per lui.

2. L’autentica compassione

Il motivo del Samaritano perfarsi prossimo dell’uomo ferito èche, vedendolo, ha compassione dilui, il che è espresso mediante laparola greca “ε

,σπλαγνι′σθη”.

Questo verbo deriva dal sostantivo“σπλα′ νχνα”, cioè le “viscere”. Sitratta quindi non di una compas-sione superficiale, ma profonda,che tocca l’interiore del Samarita-no e lo spinge ad agire, cioè a cu-rare le ferite della vittima e a por-tarlo a un albergo, dove potrà gua-rire finché sarà in grado di ripren-dere il suo viaggio. A questo pro-posito è interessante segnalare chenella lingua olandese e tedesca siparla del “Samaritano compassio-nevole” nel senso di caritatevole(“barmhartige” rispettivamente“barmherzig”).

La compassione richiesta nondeve essere confusa con una pietàsuperficiale, ma implica che sisimpatizza per lui e ci si mette neisuoi panni, per quanto possibile.La compassione non potrebbe es-sere un’altra cosa, essendo unaforma di imitazione di Cristo ilMedico che si è fatto uomo e con-divideva così la nostra esistenza:“Dunque, poiché abbiamo un som-mo sacerdote grande, che è passa-to attraverso i cieli, Gesù il Figliodi Dio, manteniamo ferma la pro-fessione della fede. Infatti non ab-biamo un sommo sacerdote chenon sappia prendere parte alle no-stre debolezze: egli stesso è statomesso alla prova in ogni cosa co-me noi, escluso il peccato [...]. Neigiorni della sua vita terrena egli of-frì preghiere e suppliche, con fortigrida e lacrime, a Dio che potevasalvarlo da morte e, per il suo pie-no abbandono a lui, venne esaudi-to. Pur essendo Figlio, imparòl’obbedienza da ciò che patì e, resoperfetto, divenne causa di salvezzaeterna per tutti coloro che gli obbe-discono” (Eb 4,14-15; 5,7-9).

I Padri della Chiesa, citati sopra,vedono nella cavalcatura del BuonSamaritano che questo usa per tra-sportare l’uomo ferito all’albergo,un riferimento al corpo di Cristo,mediante cui questo ha portato icarichi dei nostri peccati. In ognicaso si vede in Cristo la figura del

medico, ferito lui stesso, più inten-samente quando dà la sua vita perla nostra redenzione alla croce.Gesù, pur Figlio di Dio, si è fattopure uomo, si sottomette alla no-stra esistenza umana (Fil 2,6-11) earriva a identificarsi con l’uomosofferente. Lui, facendo entrare igiusti nel suo Regno, indica a lorocome motivo il fatto d’averlo visi-tato quando era malato. Alla lorodomanda quando abbiano fattoquesto, risponderà: “In verità io vidico: tutto quello che avete fatto auno solo di questi miei fratelli piùpiccoli, l’avete fatto a me” (Mt25,40).

Il Buon Samaritano come iconadi Cristo mette in rilievo che la ve-ra compassione necessaria per far-si prossimo del malato implica chesi è in grado di mettersi nei pannidi lui stesso. Incontriamo questopensiero anche in una citazioneprecisa dagli scritti ippocratici:“Con il dolore dell’altro il medicoraccoglie il proprio dolore”33.

S’intende che spesso per noi nonè possibile mettersi totalmente neipanni di un altro. Questo esige an-che esperienza e maturità, per cuila persona del cooperatore sanita-rio stesso è in grado di guardare infaccia la propria sofferenza e leproprie imperfezioni e di integrar-le nella propria vita. Comunque,una cura cristiana in senso ampioesige una certa solidarietà del coo-peratore sanitario con la personasofferente, analogamente alla soli-darietà del Samaritano con l’uomoferito e in ultima analisi di Gesùcon tutti noi.

3. L’essere custode/protettoresenza paternalismo

Un elemento notevole è che ilSamaritano, identificato con Cri-sto, è chiamato in latino “custos”da tradurre in italiano come “cu-stode” o “protettore” dell’uomoferito. Origene vedeva nella parolaebreo per samaritano (“šômrôn”)un legame con il participio“šômêr” che significa “custode” o“guardiano”, nel Salmo 121,4:“Non si addormenterà, non pren-derà sonno il custode d’Israele”34.

In questo contesto Ambrogio,chiamando il Samaritano, identifi-cato con Cristo, custode, si fondasul Salmo 116,6: “Il Signore pro-tegge i piccoli”35.

In modo negativo il significatodel termine “custode” è espressoda Caino che, dopo aver uccisoAbele, risponde alla domanda diDio dove sia suo fratello: “Non loso. Sono forse io il custode di miofratello?” (Gen 4,9).

Noi, cooperatori sanitari, chia-mati a seguire Gesù secondo il mo-dello del Samaritano, siamo chia-mati anche a diventare custodi deinostri fratelli e sorelle malati. L’es-sere custode esclude ogni paterna-lismo, implicando il pieno rispettoper la libertà giustificata del mala-to, analogamente a Cristo che la-scia a tutti noi la libertà di farciguarire da lui o meno.

3. Epilogo

In questo contesto dobbiamo os-servare purtroppo che l’attuale si-stema sanitario burocratico nonrende tanto facile al cooperatoresanitario di seguire il Buon Sama-ritano come modello. Sotto lapressione dell’ideologia del liberomercato del mondo occidentale gliistituti sanitari si vedono costretti aridurre i costi, riducendo al massi-mo il personale e a impiegarlo se-condo criteri unilateralmente eco-nomici. Mediante protocolli si pre-scrive quanto tempo, calcolato alminuto, può durare il contatto fra ilmedico o l’infermiere per una cer-ta attività per poter controllare icosti36. S’intende che in un tale si-stema i rapporti intersoggettivi fracooperatori sanitari stanno sottopressione. Per questo sviluppo nu-merosi cooperatori sanitari, soprat-tutto infermieri, non vedendo piùla possibilità di vivere il loro lavo-ro professionale come una voca-zione, ha un sentimento di disagio.

Da una parte non dobbiamo sot-tostimare i problemi finanziari concui la sanità sta lottando attual-mente. Dall’altra neanche dobbia-mo però rassegnarci a questa situa-zione e perciò abbandonare ilBuon Samaritano come modelloper i cooperatori sanitari. Un siste-ma sanitario che non ammette inmodo sufficiente ai cooperatori sa-nitari di realizzare la loro vocazio-ne fondamentale di farsi prossimodelle persone affidate alla loro cu-ra nelle loro attività professionali,implica in ultima analisi una ingiu-stizia sociale. Secondo il principio

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di sussidiarità (cfr. QuadragesimoAnno, nn. 79-80; applicato più a li-vello internazionale nella Caritasin veritate nn. 47; 57), le autoritàstatali e sanitarie hanno il compitodi realizzare un sistema di sanità incui gli istituti di sanità e i coopera-tori sanitari possono realizzare laloro chiamata a seguire Cristo ilMedico per eccellenza secondo l’i-cona del Buon Samaritano.

S.E. Mons. WILLEM EIJKArcivescovo di Utrecht

Paesi BassiMembro del Consiglio Direttivo

della Pontificia Accademia per la Vita,Santa Sede

Note1 Le citazioni bibliche sono state prese dal-

la traduzione liturgica della Bibbia del 2008da parte della C.E.I.

2 Cfr. H. HENDRICKX, The Parables of Je-sus, London/San Francisco: Geoffrey Chap-man/Harper & Row, 1986, p. 84.

3 J.J. KILGALLEN, Twenty parables of Jesusin the Gospel of Luke,” Roma; Pontificio Isti-tuto Biblico, 2008 (=Subsidia Biblica 32), pp.33-34.

4 Ibid., pp. 29-31.5 PAOLO VI, “Discorso ai medici del-

l’E.N.P.A.S.” (6 ottobre 1966).6 Cfr. R. ROUKEMA, “The Good Samaritan

in Ancient Christianity,” Vigiliae Christianae58 (2004), n. 1, pp. 56-74.

7 ORIGENE, In Lucam Homiliae XXXIV(Fontes Christiani 4/2, pp. 336/337-344/345).Le omelie di Origene su Luca sono state con-servate solo nella traduzione latina da parte disan Girolamo.

8 AMBROGIO, Expositio Evangelii Secun-dum Lucam, VII, 69-84 (CCSL XIV, pp. 236-241).

9 AGOSTINO, Quaestiones Evangeliorum II,XIX (CCSL XLIV B, pp. 62-63).

10 ORIGENE, In Lucam Homiliae XXXIV, 3;Origene cita qui un presbitero sconosciuto.Origene nega che l’uomo che scendeva da Ge-rusalemme a Gerico concerne ogni essereumano (ibid., 4). Roukema conclude che Ori-gene come platonista, senza dirlo esplicita-mente, sottopone che la discesa dal paradiso almondo riferisce alla caduta delle creature ra-zionali preesistenti dal cielo a causa del pecca-to; questo implicherebbe che Origene intendecon il paradiso il cielo (R. Roukema, “TheGood Samaritan in Ancient Christianity,” op.cit., p. 63).

11 AGOSTINO, Quaestiones Evangeliorum II,XIX, 2.

12 Secondo Origene probabilmente il cielo(veda la nota a piè di pagina 10), secondo Am-brogio e Agostino il paradiso terrestre.

13 AMBROGIO, Expositio Evangelii Secun-dum Lucam, VII, 73; AGOSTINO, QuaestionesEvangeliorum II, XIX, 6-7.

14 ORIGENE, In Lucam Homiliae XXXIV, 4.15 AMBROGIO, Expositio Evangelii Secun-

dum Lucam, VII, 81-82.16 AGOSTINO, Quaestiones Evangeliorum,

II, XIX, 26-27.17 K. BARTH, Die Kirchliche Dogmatik, Bd.

III,2, Zürich: A.G. Zollikon, 1948, p. 250; Bd.IV,1, Zürich: A.G. Zollikon, 1953, p. 115

18 J. DANIÉLOU, “Le Bon Samaritain”, in:Mélanges Bibliques rédigés en l’honneur deAndré Robert, Parijs: Bloud & Gay, 1956, pp.457-465.

19 Ibid., pp. 460-461.20 D’altronde promuovevano questo epiteto

pure per combattere il culto di Asklepios, ildio greco-romano della medicina, anche vene-rato come salvatore e medico, secondo K.H.RENGSTORF, Die Anfänge der Auseinanderset-zung zwischen Christusglaube und Asklepio-sfrömmigkeit, Münster: Aschendorff, 1953

21 ORIGENE, Contra Celsum 3,54 (SC 136,p. 128; cf. 4,15).

22 AMBROGIO, De Helia e ieiunio 20,75(CSEL 32II, p. 458).

23 R. ARBESMANN, “The concept of ‘Chri-stus Medicus’ in St.Augustine,” Traditio 10(1954), pp. 1-28.

24 AGOSTINO, De Civitate Dei 4,16 (CCSL47, p. 112): “Ad quam (quietam) vacat verusmedicus dicens: Discite a me, quoniam mitissum et humilis corde, et invenietis requiemanimabus vestris (Mt 11,29).”

25 AGOSTINO, In Joannis Evangelium 3,3(PL 35, col. 1397): “... totus medicus vulne-rum nostrorum ...,” cfr. Ibid., 25,16.

26 H. SCHIPPERGES, “Zur Tradition des ‘Ch-ristus Medicus’ im frühen Christentum und inder älteren Heilkunde,” Arzt und Christ 11(1965), pp. 16-19.

27 H. SIGERIST, Civilization and disease,Chicago: University of Chicago Press, 1943,pp. 69-70.

28 G. INFUSINO, Un santo in corsia. Giusep-pe Moscati, Cinisello Balsamo (Milano): Edi-zioni Paoline, 1987; G. PAPÀSOGLI, GiuseppeMoscati. Das Leben eines heiligen Arztes,Stein am Rhein: Christiana-Verlag, 1982.

29 Cf. BENEDETTO XVI, “Angelus” (11 lu-glio 2010): “Questa volta, Gesù risponde conla celebre parabola del «Buon Samaritano»(cfr. Lc 10,30-37), per indicare che sta a noifarci «prossimo» di chiunque abbia bisogno diaiuto”.

30 Cfr. H. HENDRICKX, The Parables of Je-sus, op. cit., p. 84.

31 Ibid., p. 89.32 ORIGENE, In Lucam Homiliae XXXIV, 6:

“...misertus accessit ad eum, ut fieret eiusproximus...”.

33 De Flatibus, I, 7-8, in: Hippocrates, tran-sl. W.H.S. Jones, London: William Heine-mann, 1923, vol. II, pp. 226/227.

34 ORIGENE, In Lucam Homiliae XXXIV, 5;cf. R. Roukema, “The Good Samaritan in An-cient Christianity,” op. cit., p. 64.

35 AMBROGIO, Expositio Evangelii Secun-dum Lucam, VII, 74.

36 Cfr. W.J. EIJK, “Modelli etici per la ge-stione della salute”, (conference at theTwelfth International Conference of the Pon-tifical Council for Pastoral Assistance toHealth Care Workers ‘Church and Health inthe World: Hopes and Expectations on the Th-reshold of the Year 2000’),” Dolentium Homi-num 13 (1998), n. 37, pp. 58-63.

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Nella Lettera Enciclica di papaBenedetto XVI Caritas in veritatevi è un’affermazione che dovreb-be considerarsi un’avvertenza pre-liminare alla lettura dei dati demo-grafici della popolazione mondia-le e in particolare dei dati che indi-cano i bisogni di salute del mondofuturo. Questa affermazione è che“il rischio del nostro tempo è cheall’interdipendenza di fatto tra gliuomini e i popoli non corrispondal’interazione etica delle coscienzee delle intelligenze, dalla qualepossa emergere come risultatouno sviluppo umano. Solo con lacarità illuminata dalla luce dellaragione e della fede, è possibileconseguire obiettivi di sviluppodotati di una valenza più umana eumanizzante” (n. 9), e, si può ag-giungere, è possibile utilizzare leinformazioni che i dati demografi-ci e sanitari possono fornire. I datidisegnano situazioni demografi-che, economiche, politiche, socia-li, sanitarie ma dietro i dati vi sono“persone”.

Quest’affermazione fa sì che nonsia possibile una lettura solo cono-scitiva, poiché, aggiunge ancoral’Enciclica, “l’urgenza è inscrittanon solo nelle cose, non deriva sol-tanto dall’incalzare degli avveni-menti e dai problemi, ma anchedalla stessa posta in palio: la rea-lizzazione di un’autentica frater-nità. La rilevanza di questo obietti-vo è da tale da esigere la nostraapertura a capirlo fino in fondo e amobilitarci in concreto con il «cuo-re», per far evolvere gli attuali pro-cessi economici e sociali verso esi-ti pienamente umani” (n. 20).

Lo scenario del mondo è carat-terizzato da notevoli mutazioni,per la prima volta nella storia ci sitrova di fronte a straordinarie mo-dificazioni demografiche della po-polazione del mondo, con le con-seguenze che questo comporta.

Uno scenario iniziato nel corso delXX secolo e che si può così deli-neare1:

a) una popolazione mondialenumericamente ancora crescente;

b) un declino numerico della po-polazione in molti Paesi sviluppati(mitigata in alcuni casi da consi-stenti flussi di immigrazione);

c) una diminuzione della fecon-dità, e in molti Paesi, prolungata-mente ed “eccessivamente bassa”;

d) una diminuzione della morta-lità anche nelle età molto avanzate,con conseguente aumento e diffu-sione della grande longevità;

e) un fortissimo aumento dellapopolazione in età lavorativa neiPaesi economicamente meno pro-grediti;

f) un aumento delle fasce di etàpiù avanzata, in particolare, ma nonsolo nei Paesi sviluppati, con dra-stico aumento delle persone anzia-ne e drastica riduzione delle fascein età pediatrica e adolescenziale;

g) una più frequente e prolunga-ta coesistenza di 3-4 generazioninelle popolazioni;

h) una popolazione assai più ur-banizzata, accentrata in smisuratemegalopoli soprattutto nel Sud delmondo o in nebulose urbane diffu-se su territori assai vasti, soprattut-to al Nord;

i) un incremento di migrazioniinternazionali e un assai forte au-mento delle diversità etniche nellepopolazioni immigrate.

Il complesso di queste grandi edifficili sfide si può sintetizzare indue cifre che riguardano la demo-grafia del mondo all’anno 2050:l’incremento atteso della popola-zione pari a più 22 milioni nel Norddel mondo (compresa una immi-grazione di 2-3 milioni di personel’anno) e più 2.498 milioni nel Sud(compresa una emigrazione di 2-3milioni di persone l’anno).

In particolare per i cinquantaPaesi più poveri del mondo ci siaspetta, nel periodo tra il 2008 e il2050, un incremento di 918 milio-ni di persone (da 824 a 1.742) parial 114%; per i Paesi attualmente invia di sviluppo, i Paesi intermedi,che comprendono quelli a più rapi-da crescita economica, come Bra-sile, Cina e India, l’incremento at-teso è di 1,5 miliardi (da 4.770 a6.200), pari al 32%; per i Paesi piùsviluppati si prevede – pur consi-derando un’immigrazione dai Pae-si meno sviluppati di circa due mi-lioni di persone all’anno – una cre-scita di soli 19 milioni (da 1.226 a1.245); cioè una sostanziale cresci-ta zero, pari quasi al 2%.

Un aumento della popolazionemondiale che va letto correttamen-te al di là delle preoccupate inter-pretazioni per una maggiore suddi-visione delle risorse esistenti. Af-ferma infatti papa Benedetto XVIche “considerare l’aumento dellapopolazione come causa prima delsottosviluppo è scorretto, anchedal punto di vista economico: bastipensare, da una parte, all’impor-tante diminuzione della mortalitàinfantile e il prolungamento dellavita media che si registrano neiPaesi economicamente sviluppati;dall’altra, ai segni di crisi rileva-bili nelle società in cui si registraun preoccupante calo della nata-lità” (Caritas in veritate, 44).

Se il declino della mortalità e ildeclino della fertilità hanno costel-lato lo scenario demografico dipressoché tutti i Paesi, determinan-do quella che si è definita la PrimaTransizione Demografica, da alcu-ni decenni si è avuta una SecondaTransizione Demografica, dovutae caratterizzata da una perdurante,bassissima fecondità accompagna-ta da un ulteriore declino dellamortalità specialmente concentra-to nelle età più avanzate che ha

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MASSIMO PETRINI

Il mondo avvenire: prospettive demografichee bisogni di salute

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portato all’“Invecchiamento dellepopolazioni”, specialmente neiPaesi a sviluppo avanzato.

Questa situazione è evidenziatadalla Tabella 1 che evidenzia lapopolazione del mondo all’anno2005 e quella prevista al 2050 pergrandi classi di età (in milioni).

Una puntualizzazione: parlaredell’anno 2050 significa fare rife-rimento a persone che già ora sonoviventi: una persona nata nel 2000avrà 50 anni nel 2050, e una natanel 2010 solo 40. Considerandoche la durata media della vita si al-lunghi a 85 anni, questo vuol direche un po’ più del 60% della popo-lazione che sarà in vita nell’anno

2050 è con ogni probabilità già invita nel 2008. Parlare dell’anno2050 non significa quindi fare rife-rimento a cifre astratte che com-paiono su grafici e tabelle, ma fareriferimento, in larga misura, a per-sone reali, già presenti sulla facciadella terra2.

Il dato rilevante è la notevoledeformazione della struttura dellapopolazione mondiale per età e, inparallelo, il fortissimo invecchia-mento della popolazione. In parti-colare, i Paesi economicamenteprogrediti dovranno fronteggiareun invecchiamento di fortissimaintensità e di ridotta velocità, vistoche in essi la proporzione degli ul-trasessantenni sul totale della po-

polazione dovrebbe arrivare nel2050 a oltre il 32%; i Paesi a svi-luppo intermedio dovranno fron-teggiare un invecchiamento di for-tissima intensità e di fortissima ve-locità, aumentando gli ultrasessan-tenni di poco più di un miliardo dipersone (da 391 a 1.398 milioni)con un incremento percentuale del239%; i Paesi a sviluppo minimodovranno fronteggiare un invec-chiamento di ridotta intensità, madi fortissima velocità, con un in-cremento del 320%.

La Tabella 2 evidenzia la dura-ta media della vita in alcune re-gioni del mondo, fra l’attuale rela-tiva agli anni 2000-05 e quella pre-vista per gli anni 2045-50.

2005 2050 Incremento Incremento%

% sul totale2005

% sul totale2050

Popolazione con meno di 15 anniMondo 1.844 1.829 -15 - 0.8 28.3 19.9Paesi econom. progrediti 207 189 -18 - 8.6 17.0 15.2Paesi in via di sviluppo 1.637 1.637 0 0 30.9 20.6

Popolazione in età lavorativa dai 15 ai 65 anniMondo 4.196 5.873 1.677 40.0 64.4 63.9Paesi econom. progrediti 823 731 - 92 - 11.2 67.7 58.7Paesi in via di sviluppo 3.374 5.141 1.767 52.4 63.6 64.7

Popolazione con 65 anni e piùMondo 476 1.489 1.013 212.8 7.3 16.2Paesi econ. progrediti 186 325 139 74.7 15.3 26.1Paesi in via di sviluppo 291 1.168 877 301.4 5.5 14.7Fonte: elaborazione Golini su dati United Nations, 2007

Area o Paese 2000-2005 2005-2050 Incremento Incremento %Mondo 65 75 10 15Paesi sviluppati 78 84 6 8Europa 78 83 5 6Giappone 82 88 6 7Stati Uniti 77 82 5 6Canada, Australia, Nuova Zelanda 80 85 5 6Economie in transizione 65 74 9 14Unione stati indipendenti 65 74 9 14Europa sudorientale 74 80 6 8Paesi in via di sviluppo 63 74 11 17America latina e Caraibi 72 79 7 10Asia orientale e Pacifico 70 78 8 11Asia meridionale 63 75 12 19Asia occidentale 68 78 10 15Africa 49 65 16 33Fonte: Elaborazione Golini su dati United Nations, 2007

Tabella 2

Tabella 1

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In sintesi un dato puramente de-mografico è che entro il 2050, siavrà un incremento di 1.300 milio-ni di ultrasessantenni, mentre, altrofenomeno rilevante, nei Paesi a svi-luppo intermedio e in quelli più po-veri a sviluppo minimo si avrà unmiliardo e mezzo di popolazione inetà lavorativa, che sfiderà le possi-bilità e le capacità di creare posti dilavoro e di lavoro dignitoso.

Un altro elemento da considera-re è lo sviluppo della progressivaurbanizzazione, già considerandoche nell’anno 2008 la popolazioneurbana ha superato quella rurale.All’anno 2007 la popolazione rura-le era stimata in 3.377 milioni equella urbana in 3.294; l’incremen-to atteso fra gli anni 2007 e il 2025è di soli 49 milioni per la popola-zione rurale e di 1.290 milioni perla popolazione urbana, di cui 1.106per quella dei Paesi in via di svi-luppo. Dopo l’anno 2025 è previ-sto che la popolazione urbana au-menti in misura sempre maggiore,mentre quella rurale dovrebbe di-minuire sempre più intensamente.

Gli esperti ritengono che la ten-denza vada giudicata positivamen-te, considerata l’importanza del-l’urbanizzazione per la crescitaeconomica e per il benessere dellepersone, tanto da affermare che lacrescita delle città sia il fattoreprincipale che può influenzare losviluppo economico-sociale delXXI secolo, nonostante un miliar-do di persone viva nelle baracco-poli, in condizioni di sovraffolla-

mento, senza l’accesso a serviziessenziali come l’acqua potabile ele fogne. Tuttavia, si afferma, tuttele evidenze mostrano che la popo-lazione rurale ha un minore acces-so ai servizi chiave della vita con-temporanea rispetto agli abitantidelle piccole città, che a loro voltadispongono di servizi inferiori ri-spetto a quelli delle grandi città.Conseguentemente i livelli di nu-trizione, di salute e d’istruzione so-no peggiori nelle aree rurali chenelle piccole città, e qui sono mi-nori che nelle grandi città, dove,con notevoli differenze fra conti-nente e continente, i costi pro capi-te dell’istruzione, dell’abitazione,della sanità, delle attrezzature igie-niche sono più bassi che in campa-gna3. L’esperienza della Cina di-mostra però che un rapido e im-menso sviluppo delle grandi cittàpuò comportare aumento di po-vertà, inquinamento e turbolenzasociale.

Un ruolo importante nelle tra-sformazioni demografiche è statoe sarà svolto dalle migrazioni in-ternazionali, anche se per questofenomeno non ci si può riferire aregimi demografici specifici. Vi èincertezza nel valutare questo fe-nomeno nel futuro poiché moltisono i fattori che possono condi-zionarne l’evoluzione: dal fattorepiù rilevante, legato all’equilibrioeconomico mondiale, fino alle po-litiche migratorie dei Paesi di ac-coglienza e di partenza, alle oppor-tunità economiche, per non parlare

dei rifugiati, che spesso rappresen-tano flussi che vanno dai Paesi po-veri politicamente instabili a Paesi,talvolta altrettanto poveri, ma poli-ticamente stabili4.

Qui ora interessa evidenziare ildeclino della fecondità che è an-cora un fenomeno mondiale, comeevidenzia la Tabella 3 che mostraun confronto tra il numero mediodi figli per donna in alcune regionidel mondo (anni 2000-05) e quelloprevisto per gli anni 2045-50:

Ma a questo proposito occorrericordare la lettura del fenomenoche ne fa il papa Benedetto XVInella Caritas in veritate quando af-ferma che “perdurano in varieparti del mondo pratiche di con-trollo demografico da parte deigoverni, che spesso diffondono lacontraccezione e giungono ad im-porre anche l’aborto. Nei Paesieconomicamente più sviluppati, lelegislazioni contrarie alla vita so-no molto diffuse e hanno ormaicondizionato il costume e la pras-si, contribuendo a diffondere unamentalità antinatalista che spessosi cerca di trasmettere anche ad al-tri Stati come se fosse un progres-so culturale. Alcune Organizzazio-ni non governative poi, operanoattivamente per la diffusione del-l’aborto, promuovendo talvoltanei Paesi poveri l’adozione dellapratica della sterilizzazione, anchesu donne inconsapevoli. Vi è inol-tre il fondato sospetto che a voltegli stessi aiuti allo sviluppo venga-

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Area o Paese 2000-2005 2005-2050 Incremento Incremento %Mondo 2,6 2,0 -0,6 -23Paesi Sviluppati 1,6 1,8 +0,2 +13Europa 1,4 1,8 +0,4 +29Giappone 1,3 1,9 +0,6 +46Stati Uniti 2,0 1,9 -0,1 -1Canada, Australia,Nuova Zelanda 1,6 1,9 +0,3 +19Economie in Transizione 1,6 1,8 +0,2 +13Unione stati indipendenti 1,6 1,8 +0,2 +13Europa sudorientale 1,6 1,8 +0,2 +13Paesi in via di sviluppo 2,9 2,1 -0,8 -28America latina e Caraibi 2,5 1,9 -0,6 -24Asia orientale e Pacifico 1,9 1,9 0 0Asia meridionale 3,2 1,9 -1,3 -41Asia occidentale 3,5 2,0 -1,5 -43Africa 5,0 2,5 -2,5 -50Fonte: elaborazione Golini su dati United Nations, 2007

Tabella 3

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no collegati a determinate politi-che sanitarie implicanti di fattol’imposizione di un forte controllodelle nascite” (n.28).

Nella prospettiva economica, idati evidenziano uno slittamentodella fascia di persone chevent’anni fa vivevano con meno di1 dollaro al giorno (1.482 milioni,ora 1.093) alla categoria di coloroche vivono con meno di 2 dollari,che sono passati dai 2.450 ai 2.735milioni di oggi5. Ma il problemadella povertà non è solo da relega-re in alcuni Paesi.

Osserva correttamente papa Be-nedetto XVI, nella Caritas in veri-tate, che “cresce la ricchezza mon-diale in termini assoluti, ma au-mentano le disparità. Nei Paesiricchi nuove categorie sociali siimpoveriscono e nascono nuovepovertà. In aree più povere alcunigruppi godono di una sorta di su-persviluppo dissipatore e consu-mistico che contrasta in modoinaccettabile con perduranti situa-zioni di miseria disumanizzante.Continua lo scandalo di disugua-glianze clamorose. La corruzionee l’illegalità sono purtroppo pre-senti sia nel comportamento disoggetti economici e politici deiPaesi ricchi, vecchi e nuovi, sianegli stessi Paesi poveri” (n. 22).

Per quanto riguarda la salutedella popolazione del mondo si de-ve ricordare il processo di “transi-zione sanitaria”6, già evidenziato,che ha portato la speranza di vita araggiungere livelli generalizzatimai immaginati prima nella storiae, al quale, hanno contribuito, so-prattutto negli anni recenti, i gran-di progressi scientifici e tecnologi-ci che hanno portato la medicina aun controllo crescente delle causee delle conseguenze di gran partedei processi morbosi7.

Se questo vale per i Paesi svilup-pati, nei quali si discute addiritturadi un eccessivo utilizzo delle nuo-ve tecnologie mediche che puòcompromettere la sostenibilità deisistemi sanitari esistenti senza ap-portare miglioramenti allo stato disalute della popolazione, ben di-versa è la situazione dei Paesi delSud del mondo, dove la gran partedella popolazione è esclusa dallapossibilità di accedere ai servizisanitari e ai farmaci.

Un dato indicativo è il confrontonella graduatoria mondiale della

durata media della vita: oltre qua-rant’anni di vita separano gli uo-mini dei Paesi dove si vive più alungo (82-79 anni in Australia,Islanda, Italia, Giappone, Svezia,Svizzera) da quelli dove si vivemeno (37-39 anni in Sierra Leone,Swaziland e Angola). Per le donnela distanza è ancora maggiore conquasi cinquant’anni di differenzafra gli 86 anni del Giappone e i 37dello Swaziland8. Ma dall’altraparte vi è l’alta mortalità infantiledei bambini di età al di sotto deicinque anni (la meglio documenta-ta in termini statistici). Nel rappor-to Contdown 2008, un’iniziativaindipendente (sponsorizzata dalleNazioni Unite e da altre agenzieinternazionali) si evidenzia una si-tuazione drammaticamente gravenel settore materno infantile sia neilivelli di salute, che nell’organiz-zazione dei servizi sanitari per unasignificativa parte dell’umanità,che provoca poco meno di diecimilioni di morti l’anno tra i bam-bini al di sotto dei 5 anni e di oltremezzo milione di morti materne(circa il 50% di questo carico dimorte si concentra in Africa sub-sahariana)9.

Nell’assumere le funzioni all’i-nizio del 2007, il nuovo DirettoreGenerale dell’OMS, la cineseMargaret Chan, ha posto nuova-mente l’accento sulla PrimaryHealth Care (PHC) come strategiaper il rafforzamento dei sistemi sa-nitari, seppure in un contesto or-mai globalizzato con nuove sfideda affrontare: l’urbanizzazione,l’invecchiamento della popolazio-ne, la contaminazione ambientale,il modificarsi degli stili di vita e leconseguenze sulla salute, l’aumen-tata prevalenza di malattie croni-che, l’obesità, l’emergenza dinuove malattie infettive e la rie-mergenza in forme antibiotico-re-sistenti di quelle già note, le migra-zioni, la globalizzazione del mer-cato di lavoro e la sottrazione dipersonale sanitario dai Paesi i cuimaggiori sono i bisogni, l’accre-sciuta distanza tra Nord e Sud, traaree urbane e rurali, tra ricchi e po-veri, quale il miglior modo per as-sicurare la sostenibilità dei miglio-ramenti in salute, e la migliore ga-ranzia per l’equità dell’accesso10.

La Primary Health Care è cosìdefinita: “L’assistenza di base èquella assistenza sanitaria essen-

ziale fondata su metodi e tecnolo-gie pratiche, scientificamente vali-de e socialmente accettabili, resauniversalmente accessibile agli in-dividui e alle famiglie di una co-munità attraverso la loro piena par-tecipazione a un costo che la co-munità e i paesi possono permet-tersi a ogni stadio del loro sviluppoin uno spirito di fiducia in se stes-si”. Questo principio assegna aglistati e alle loro articolazioni com-piti che vanno ben al di là dellasemplice gestione di un sistema sa-nitario. Essi dovrebbero farsi cari-co di individuare e cercare di mo-dificare tramite opportune alleanzequei fattori che influiscono negati-vamente sulla salute collettiva,promuovendo al contempo quellifavorevoli.

La Primary Health Care, cioèl’assistenza sanitaria di base, deveessere parte integrante del sistemasanitario di ciascun Paese, ma so-prattutto dell’intero sviluppo socia-le ed economico della collettività,in una visione basata sull’equità,sulla partecipazione comunitaria,sull’attenzione centrata sulla pre-venzione, sulla tecnologia appro-priata e su un approccio intersetto-riale e integrato allo sviluppo.

Tale definizione ha certamenteun carattere “utopistico” in quantodescrive una situazione di comple-ta soddisfazione difficile da rag-giungere, ma costituisce un puntodi riferimento verso il quale orien-tare gli sforzi. L’OMS ha cercatodi rendere operative a partire daglianni Ottanta due strategie che van-no sotto il nome, rispettivamente,di “promozione della salute” e di“strategia della salute per tutti”,per trasformare una linea di princi-pio in un piano fattivo a livello disingoli governi.

I dieci principali fattori di ri-schio individuali a livello globaleindicati dall’OMS nel WorldHealth Report sono: basso peso emalnutrizione, rapporti sessualinon protetti, ipertensione arteriosa,fumo di tabacco, alcol, acqua nonpotabile e carenze igieniche, iper-colesterolemia, fumo prodotto dacombustione negli ambienti chiu-si, carenza di ferro, obesità. Anchese vi sono molte possibili defini-zioni di “rischio”, in questo ambitoè definito come “la probabilità diun esito avverso, o un fattore cheaumenta questa probabilità.

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Per definire meglio le necessitàdi intervento, l’OMS ha definitouna classificazione che identificatre grandi gruppi di malattie13:

– malattie di tipo I, che colpisco-no sia i Paesi ricchi sia quelli pove-ri, provocando ovunque un grannumero di malattie e decessi. Trale malattie non trasmissibili, sonoun esempio di questo tipo il diabe-te, le malattie cardiovascolari, lademenza, i tumori, ecc. Tra le ma-lattie trasmissibili, appartengono aquesto tipo il morbillo, l’epatite B,ecc. Molti vaccini e molti tratta-menti sono stati messi a punto percombattere alcune di queste malat-tie, ma essi incontrano ostacoli al-la diffusione nei Paesi poveri acausa del loro costo elevato;

– malattie di tipo II, che hannoincidenza elevata sia nei Paesi ric-chi sia in quelli poveri, ma conuna proporzione di casi nettamen-te maggiori in questi ultimi.L’HIV/AIDS e la tubercolosi sonodegli esempi di questo tipo di ma-lattie: entrambe sono presenti neiPaesi ricchi e in quelli poveri, mapiù del 90% dei casi si riscontranei paesi poveri;

e ai governi dei Paesi ricchi tutta laresponsabilità del mancato acces-so ai farmaci più efficaci. La tabel-la seguente dimostra come nessu-no degli attori in gioco sia esenteda critica e come i prezzi dei far-maci siano condizionati anche dascelte dei governi non semprecomprensibili. La Tabella 5 evi-denzia l’incidenza di dazi e tassesul prezzo al dettaglio dei farmaciin alcuni Paesi12.

La Tabella 4 evidenzia il numerodelle morti (in milioni) e la rispet-tiva causa nel confronto tra i Paesia basso reddito personale (US$825 o meno) e quelli con alto red-dito (US$ 10.066 o più).

L’esperienza con gli antiretrovi-rali per il trattamento del-l’HIV/AIDS dimostra che la libe-ralizzazione forzata dei brevettiadottata da alcuni governi ha con-sentito l’introduzione di nuovimedicinali generici in alcuni Paesipoveri. Tuttavia se tutti i Paesiconcordano sull’assoluta necessitàdi un accordo internazionale che,pur non essendo vincolante,avrebbe un enorme peso politico,l’individuazione di azioni concre-te per andare al di là delle dichia-razioni di principi in favore dellaprotezione della salute delle popo-lazioni più povere tarda a essererealizzata, tenuto conto anche del-la resistenza dell’industria farma-ceutica motivata già a partire daicosti della ricerca11. Occorre peròaggiungere che sarebbe ingenero-so attribuire alle leggi di mercato,alle multinazionali farmaceutiche

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Fattore di rischioMorti

(milioni)Percentuale

totale Fattore di rischioMorti

(milioni)Percentuale

totale

Mondo Paesi a basso reddito*1 Ipertensione arteriosa 7,5 12,8 1 Bambini sottopeso 2,0 7,82 Consumo di tabacco 5,1 8,7 2 Ipertensione arteriosa 2,0 7,53 Glicemia alta 3,4 5,8 3 Rapporti sessuali non protetti 1,7 6,64 Inattività fisica 3,2 5,5 4 Acqua non potabile, servizi igienico-sanitari non sicuri 1,6 6,15 Sovrappeso e obesità 2,8 4,8 5 Glicemia alta 1,3 4,96 Colesterolo alto 2,6 4,5 6 Fumi indoor da combustibili solidi 1,3 4,87 Rapporti sessuali non protetti 2,4 4,0 7 Consumo di tabacco 1,0 3,98 Consumo di alcool 2,3 3,8 8 Inattività fisica 1,0 3,89 Bambini sottopeso 2,2 3,8 9 Allattamento al seno non ottimale 1,0 3,7

10 Fumi indoor da combustibili solidi 2,0 3,3 10 Colesterolo alto 0,9 3,4Paesi a medio reddito Paesi ad alto reddito*

1 Ipertensione arteriosa 4,2 17,2 1 Consumo di tabacco 1,5 17,92 Consumo di tabacco 2,6 10,8 2 Ipertensione arteriosa 1,4 16,83 Sovrappeso e obesità 1,6 6,7 3 Sovrappeso e obesità 0,7 8,44 Inattività fisica 1,6 6,6 4 Inattività fisica 0,6 7,75 Consumo di alcool 1,6 6,4 5 Glicemia alta 0,6 7,06 Glicemia alta 1,5 6,3 6 Colesterolo alto 0,5 5,87 Colesterolo alto 1,3 5,2 7 Consumo insufficiente di frutta e verdura 0,2 2,58 Consumo insufficiente di frutta e verdura 0,9 3,9 8 Inquinamento urbano 0,2 2,59 Fumi indoor da combustibili solidi 0,7 2,8 9 Consumo di alcool 0,1 1,6

10 Inquinamento urbano 0,7 2,8 10 Rischi professionali 0,1 1,6* Gruppi di Paesi per reddito nazionale lordo pro capite - a basso reddito (US$ 825 o meno), da alto reddito (US$ 10.066 o meno).

Tabella 4 - Classifica di fattori di rischio selezionati: 10 principali cause fattore di rischio per fasce di reddito

Tabella 5

Paese Dazi e tasseIndia 55Sierra Leone 40Nigeria 34Pakistan 33Bolivia 32Bangladesh 29Cina 28Giamaica 27Marocco 25Georgia 25Messico 24

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in senso sociale e politico, in cui vi-vono. Come i crediti dell’ultimotrentennio hanno indebitato moltiPaesi poveri, rendendoli dipendentidai Paesi ricchi e dagli organismifinanziari internazionali, così gliaiuti tendono gradualmente a ren-dere i Paesi che ne dipendono inca-paci di affrontare le proprie crisi.L’aiuto umanitario si focalizzaspesso sul diritto alla sopravviven-za, dimenticandosi del diritto allavita con tutti i suoi addentellati eco-nomici, sociali e politici. L’aiutoumanitario tende a soccorrere lepopolazioni senza interrogarsi trop-po sulla complessa rete di causeche portano alla crisi umanitaria16.

Afferma ancora la Caritas in ve-ritate, “il sapere [...] se vuole es-sere sapienza capace di orientarel’uomo alla luce dei principi primie dei suoi fini ultimi, deve essere«condito» con il «sale» della ca-rità. Infatti colui che è animato dauna vera carità è ingegnoso nelloscoprire le cause della miseria, neltrovare i mezzi per combatterla,nel vincerla risolutamente” (n. 30)

Il Comitato delle Nazioni Unite(Committee on economic, socialand cultural rights) afferma che ildiritto alla salute non deve essereconsiderato come diritto a esseresano, che non è possibile, quanto ildiritto di accesso a una varietà diprestazioni, beni e servizi e condi-zioni necessarie per la realizzazio-ne del più elevato standard possi-bile. Il Comitato interpreta il dirit-to alla salute come un diritto inclu-sivo che riguarda non solo un’ap-propriata e tempestiva assistenzasanitaria ma anche una serie deideterminanti della salute comel’accesso all’acqua sicura e all’i-giene ambientale, all’alimentazio-ne adeguata, all’abitazione, a con-dizioni occupazionali sicure, all’i-struzione e all’informazione.

In assenza di queste condizioni,tutti i grandi rischi per la salutedelle popolazioni sembrano indi-rizzati a perdurare nell’immediatofuturo. I conflitti armati e le inevi-tabili conseguenze in termini di di-struzione e indebolimento dei si-stemi sanitari e dell’insorgenzadelle malattie infettive, di grandimovimenti di popolazioni e con-centrazione di grandi masse di per-sone nei campi profughi sono tuttiterreni favorevoli alla diffusione diepidemie. Gli stessi cambiamenti

dell’HIV/AIDS sono più che rad-doppiati e quelli per le cure prima-rie si sono dimezzati14.

Quanto, così facendo, contribui-sca a migliorare lo stato di salute diintere popolazioni, come moltisembrano aspettarsi che accada, èdiscutibile. Il contributo dei servizisanitari al miglioramento dello sta-to di salute delle popolazioni èmarginale e limitato. La saluted’intere popolazioni dipende mol-to più dalla disponibilità di cibo,acqua, istruzione, lavoro e abita-zioni decenti, che dalla disponibi-lità e dalla qualità dei servizi sani-tari. Un altro equivoco che s’in-contra di frequente e che, in qual-che modo, alimenta troppo grandiaspettative è quello secondo il qua-le, nei Paesi poveri, ci si ammali esi muoia per malattie, quali diar-rea, morbillo, infezioni respirato-rie e altre, che si possono preveni-re e curare facilmente. Se questemalattie fossero facilmente preve-nibili e curabili, sarebbero facil-mente prevenute e curate. Non losono perché anche i presidi piùsemplici diventano di difficile ecostosa applicazione in contesti dimiseria in cui pochi litri d’acqua didubbia qualità possono costarequattro, sei, o anche otto ore dicammino, il cibo è raramente suffi-ciente, le abitazioni sono catapec-chie malsane, l’igiene è un lusso,l’educazione è assente. Quandoquesti (e altri) fattori saranno cor-retti secondo giustizia e decenza,le malattie che uccidono i poveridel mondo saranno facilmente pre-venibili e curabili. Non prima15.

Si afferma nella Caritas in veri-tate che “negli interventi per lo svi-luppo va fatto salvo il principiodella centralità della persona uma-na, la quale è il soggetto che deveassumersi primariamente il doveredello sviluppo. L’interesse princi-pale è il miglioramento delle situa-zioni di vita delle persone concretedi una certa regione, perché possa-no assolvere a quei doveri che at-tualmente l’indigenza non consen-te loro di onorare” (n. 47).

Ma, ad esempio, l’ideologiaumanitaria tende a considerare levittime di guerre e catastrofi natu-rali come mero oggetto di aiutopiuttosto che come individui tem-poraneamente in difficoltà, ma ingrado di far fronte a pieno titolo al-le sfide poste dall’ambiente, inteso

– malattie di tipo III, che colpi-scono esclusivamente i Paesi po-veri. Si tratta del morbo di Chagas,della dengue e della dengue emor-ragica, della leishmaniosi, dellalebbra, della filaria linfatica, dellamalaria, della cecità del fiume (on-chocerciasis), della malattia delsonno, della noma (stomatite can-crenosa). Molte di queste patolo-gie sono completamente scono-sciute nei Paesi sviluppati o appar-tengono, come la lebbra o la mala-ria, a un passato più o meno remo-to, ma rappresentano un grave ri-schio di malattia tra le popolazionipiù povere.

Sono queste le malattie chespesso sono definite “malattie di-menticate” dalla ricerca scientifica(neglected diseases), non garan-tendo un mercato di consumatori(coloro, cioè che, oltre a esprimereun bisogno, hanno anche un ade-guato potere di acquisto) sufficien-te a giustificare l’investimento diricerca.

Ma il livello di salute di una po-polazione, non dipende solo dal li-vello dell’assistenza sanitaria, è ilrisultato di più fattori, sia sanitarisia economici sia sociali, e più ge-neralmente culturali. La riorganiz-zazione dei sistemi sanitari perprogrammi verticali (vaccinazioni,pianificazione familiare anche conmetodi discutibili sul piano etico,controllo di singole malattie ecc.)ha portato in molti Paesi alla disar-ticolazione dell’azione di salutepubblica, con moltiplicazione deicosti e spreco di risorse, senza par-lare del totale scollegamento dal-l’azione di sviluppo da realizzarein altri settori (pubblica istruzione,agricoltura, produzione, ecc.).Analogamente divisioni e pro-grammi orientati per malattie han-no assunto un peso sproporzionatoall’interno della stessa Organizza-zione Mondiale della Sanità rispet-to alle risorse dedicate allo svilup-po dei sistemi sanitari e all’azioneintegrata della promozione dellasalute. L’attenzione si è allontanatadalla salute per focalizzarsi sullemalattie.

Ad esempio, i fondi dei donatoriai settori sanitari sono spesso indi-rizzati a combattere singole malat-tie quali AIDS, tubercolosi, mala-ria, poliomelite, ecc. Fra gli anni2000 e 2004 i fondi per il controllo

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climatici, come ha affermato laconferenza della FAO nel novem-bre 2007, hanno un impatto fortis-simo sulla disponibilità e la distri-buzione delle derrate alimentari,con ovvie conseguenze. Ancora,l’urbanizzazione selvaggia, ancorain corso in gran parte del Sud delmondo, comporta condizioni di vi-ta assolutamente inadeguate, senzaaccesso all’acqua potabile, ai ser-vizi igienici, a cibo sicuro, a riparidecenti e al lavoro non può che de-terminare un peggioramento dellecondizioni generali di vita e un au-

mento dei rischi anche sanitari. Atutto questo si aggiungono rischisanitari specifici che già oggi sonoostacoli a un ulteriore migliora-mento sanitario. Lo sviluppo diuna crescente resistenza dei micro-bi agli antibiotici e la continua ne-cessità di rincorrere lo sviluppo ac-celerato di nuovi ceppi hanno fattosi che nella seconda sessione delGruppo di lavoro intergovernativosui diritti di proprietà intellettualedell’OMS sia emersa la necessitàurgente di sviluppare farmaci diseconda e terza generazione per farfronte alla crescente resistenza dibatteri e virus17.

Queste situazioni minaccianoanche i Paesi sviluppati. La cre-scente interconnessione tra Paesi epopoli determina una rapida diffu-sione di epidemie, magari provo-cate da pratiche di produzione ali-mentare o di allevamento animale,rompe l’illusione di protezione dicui sembravano godere fino a po-chi anni fa le popolazioni più ric-che. Allo stesso tempo, il ritmocon cui emergono nuove malattiecrea una diffusa preoccupazione(dal 1970 è identificata una media

di una o più nuove malattie ognianno e oggi si contano almeno 40malattie che erano completamentesconosciute fino a una generazionefa) e alimenta una spinta versosempre più efficaci sistemi di mo-nitoraggio. La comparsa di nuovemalattie infettive, quali AIDS eSARS, e la minaccia di pandemie,come quella più o meno giustifica-tamente paventata, di influenzaaviaria, hanno contribuito a far ca-pire a molti, anche se non a tutti,che la salute è un bene globale.Rafforzare i sistemi sanitari dei

Paesi più poveri, oltre a essere unatto di giustizia, contribuisce aproteggere l’umanità intera. È pos-sibile che, proprio da questi timoriche non risparmiano le società piùricche e sviluppate, possa nascerequella determinazione – finorascarsa – ad affrontare i problemisanitari che affliggono il mondo,anche se il perseguire un migliorestato di salute per le popolazioni(tutte) deve essere perseguito per-ché è un valore in sé, un dirittoumano fondamentale.

Ma “la “città dell’uomo” – haaffermato papa Benedetto XVInella Caritas in veritate – non èpromossa solo da rapporti di dirit-ti e di doveri, ma ancor più e ancorprima da relazioni di gratuità, dimisericordia e di comunione. Lacarità manifesta sempre anchenelle relazioni umane l’amore diDio, essa dà valore teologale esalvifico a ogni impegno di giusti-zia nel mondo” (n. 6).

Prof. MASSIMO PETRINIVice Preside dell’Istituto Internazionale

di Teologia Pastorale Sanitaria“Camillianum”

Roma, Italia

Note1 Cfr. GOLINI A., Il futuro della popolazio-

ne del mondo, Il Mulino, Bologna 2009, pp.16-17.

2 Cfr. GOLINI A., Il futuro della popolazio-ne del mondo, Il Mulino, Bologna 2009, p. 9;GOLINI A., Demografia della popolazione an-ziana, “Dolentium Hominum” 67(2008), pp.17-30.

3 Cfr. GOLINI A., Il futuro della popolazio-ne del mondo, Il Mulino, Bologna 2009, p.14.

4 Cfr. SALVINI S., Popolazione, sviluppoeconomico, mercati del lavoro e migrazioniinternazionali, in GOLINI A., Il futuro dellapopolazione del mondo, Il Mulino, Bologna2009, pp.69-94.

5 ANGELI A., SALVINI S., Popolazione e svi-luppo nelle regioni del mondo, Il Mulino, Bo-logna 2007.

6 OMRAN A.R., The epidemiologic transi-tion: A theory of the epidemiology of popula-tion change, “The Milbank Memorial FundQuarterly” 8(1971), pp. 509-538; FRENK J.,BOBADILLA J.L., STERN C., FREJKA T., LOZA-NO R., Elements for a theory of the healthtransition, “Health Transition Review”1(1991), p. 21.

7 EGIDI V., Popolazione e tecnolo-gia:opportunità e sfide per la salute, in GoliniA., Il futuro della popolazione del mondo, IlMulino, Bologna 2009, p.95.

8 United Nations, Common Data Base,New York, United Nations Statistic Division2005; World Health Organization, WorldHealth Statistics, Genève 2007.

9 Countdown Working Group on HealthPolicy and Health Systems, Assessment of thehealth system and policy environment as acritical complement to tracking interventioncoverage for maternal newborn, and childhealth, “Lancet” 371(2008), pp. 1284-93.

10 CHAN M., Keynote address at the Inter-national Seminary on Primary Health Care inRural China, Beijing, 1 November 2007.

11 EGIDI V., Popolazione e tecnologia: op-portunità e sfide per la salute, in GOLINI A., Ilfuturo della popolazione del mondo, Il Muli-no, Bologna 2009, p.108.

12 STEVENS P., Diseases of Poverty and the10/90 Gap, International Policy Network,London 2004; EGIDI V., Popolazione e tecno-logia: opportunità e sfide per la salute, in GO-LINI A., Il futuro della popolazione del mondo,Il Mulino, Bologna 2009, p.108.

13 EGIDI V., Popolazione e tecnologia: op-portunità e sfide per la salute, in GOLINI A., Ilfuturo della popolazione del mondo, Il Muli-no, Bologna 2009, pp.10-110.

14 MURRU M., TEDIOSI F., L’aiuto pubblicoallo sviluppo e la cooperazione sanitaria, inAA.VV., Salute globale e aiuti allo sviluppoDiritti, ideologie, inganni 3° Rapporto del-l’Osservatorio Italiano di Salute Globale,Edizioni ETS, Pisa 2008, p. 69.

15 MURRU M., TEDIOSI F., L’aiuto pubblicoallo sviluppo e la cooperazione sanitaria, inAA.VV., Salute globale e aiuti allo sviluppoDiritti, ideologie, inganni 3° Rapporto del-l’Osservatorio Italiano di Salute Globale,Edizioni ETS, Pisa 2008, pp. 65-66.

16 CATTANEO A., DENTICO C., STEFANINI A.,Gli aiuti umanitari: tra carità, ideologia, in-ganno, in AA.VV., Salute globale e aiuti allosviluppo Diritti, ideologie, inganni 3° Rap-porto dell’Osservatorio Italiano di SaluteGlobale, Edizioni ETS, Pisa 2008, pp.113-127.

17 Cf. EGIDI V., Popolazione e tecnologia:opportunità e sfide per la salute, in Golini A.,Il futuro della popolazione del mondo, Il Mu-lino, Bologna 2009, pp.115-116.

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1. Il richiamo alla tecnologianella Caritas in veritate

Il richiamo alla tecnologia, e allesue straordinarie applicazioni incampo biomedico, costituisce unodei nodi cruciali dell’Enciclica Ca-ritas in veritate (CV) intorno alquale viene strettamente ricondottoil problema dello sviluppo dell’uo-mo. Tutto lo sviluppo e le mutazio-ni socio-culturali dell’uomo sullaterra vengono, infatti, strettamentecongiunti con quel progresso tec-nologico che tanto si è esteso conle sue straordinarie applicazionianche in campo biologico e biome-dico. La tecnica – come ci ricordaBenedetto XVI – “è un fattoprofondamente umano, legato al-l’autonomia e alla libertà dell’uo-mo. Nella tecnica si esprime e siconferma la signoria dello spiritosulla materia. […] La tecnica per-mette di dominare la materia, di ri-durre i rischi, di risparmiare fatica,di migliorare le condizioni di vita.Essa risponde alla stessa vocazionedel lavoro umano: nella tecnica, vi-sta come opera del proprio genio,l’uomo riconosce se stesso e realiz-za la propria umanità” (CV, 69).

Più specificamente, nelle tecno-logie in campo biomedico, o bio-tecnologie come sinteticamente sidefiniscono, il riferimento al “bios”ci permette di distinguerle, senzasepararle dalla semplice tecnica inquanto, come osserva Pessina1, es-se costituiscono una prassi media-ta da teorie che interpretano la vitastessa secondo una precisa angola-tura. Occorre perciò riflettere suuna ulteriore questione, se cioè ilprogresso determinato dalle tecno-logie biomediche comporti ancheun automatico perfezionamentoantropologico o se, invece, tali tec-nologie non si traducano in alcunicasi in una “mutazione antropolo-gica”, come scrive Melina2, che fi-

nisce per diventare non più domi-nabile dall’uomo stesso. Ma que-sta mutazione si colloca anche sulpiano della possibilità “tecnica” didistruggere l’umanità stessa attra-verso una mutazione genetica-strutturale dell’uomo (enhance-ment, manipolazione mente, ecc.)o di altri esseri viventi (armi biolo-giche o alterazione dell’ambiente).

Il crescente potere della tecnolo-gia di intervenire sul corpo e sullamente dell’uomo – celebrato per ilsuo contributo al benessere dell’u-manità – si presta infatti anche aimpieghi che potrebbero farci sci-volare nella disumanizzazione, inciò che C.S. Lewis definiva “L’a-bolizione dell’uomo”, titolo delsuo breve ma incisivo volume3.Ma è soprattutto l’uomo nel suovulnerabilissimo stato embrionaledi vita che risulta minacciato daquesta tecnologia biomedica quan-do non sia più dominata, quando lavita umana nascente venga consi-derata come una qualsiasi materiaprima che confonde procreazionee produzione.

Dunque, la domanda etica oggiè formulabile così: cosa si deve fa-re o non si deve fare perché l’uo-mo sopravviva e rimanga uomo?La nascita della bioetica in qual-che modo ha cercato di dare unarisposta a questa domanda. Nel-l’introdurre il termine e nel dargliun compito ben preciso, V.R. Pot-ter aveva parlato infatti della bioe-tica come “scienza della sopravvi-venza”4, temendo l’impatto nega-tivo sull’uomo se non si fosse po-sto un controllo allo sviluppo del-le tecnologie. E della bioetica co-me “campo primario e crucialedella lotta culturale tra l’assoluti-smo della tecnicità e la responsa-bilità morale dell’uomo” in cui sigioca radicalmente la possibilitàstessa di uno sviluppo umano inte-grale, parla la Caritas in veritate

(n. 74). La questione fondamenta-le, infatti, è la scelta tra le due ra-zionalità: quella della ragioneaperta alla trascendenza o quelladella ragione chiusa nell’imma-nenza. La ragione e la fede si aiu-tano a vicenda in questa sceltaconsiderando che la ragione senzala fede, attratta dal puro fare tecni-co, è destinata a perdersi nell’illu-sione della propria onnipotenza. Ed’altra parte la fede senza la ragio-ne rischia l’estraniamento dalla vi-ta concreta delle persone.

L’eticità della tecnologia, per-ciò, non va considerata semplice-mente in ordine alla fase applicati-va, ma anche nella sua insufficien-za radicale, nella sua ambivalenzateleologica e nella sua dinamica disapere-potere che aumenta sempredi più e, pertanto, anche nella suafase esplicativa, di senso. In altreparole, la tecnologia esige di com-pletarsi e di riferirsi in una antro-pologia globale, in cui possa trova-re un suo ruolo accanto alle altredimensioni dell’uomo. Ciò suppo-ne un progetto di uomo che integrilo sviluppo tecnologico senza cheda questo ne venga disumanizzatoe senza che esso sia assolutizzato5.

La tecnologia – per dirla con Jo-nas – contiene in sé due elementidi base: una dinamica formale, daintendere come una “ininterrottaimpresa collettiva che progrediscesecondo proprie «leggi di movi-mento»” e un contenuto sostanzia-le, “costituito dalle cose che essamette a servizio dell’uomo, dallepossibilità e dalle forze che ci con-ferisce, dai nuovi obiettivi che ciprospetta o impone, e dalle mutatemodalità dell’agire e dei compor-tamenti umani”6.

Entrambi i fattori ineriscono ladimensione etica, anzi ne costitui-scono un caso nuovo e particolareda analizzare moralmente, alla lu-ce di una antropologia di riferi-

ANTONIO G. SPAGNOLO

Tecnologie biomediche al serviziodella vita nascente

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mento “forte”, ovvero centrata sul-la dimensione ontologica dell’uo-mo. Si tratta, in definitiva, di di-stinguere – come scrive Leon R.Kass – tra la perfezione dei mezzie la saggezza dei fini7. E, ripren-dendo il saggio di Lewis prima ci-tato, Kass sottolinea come nel di-battito sulle tecnologie biomedi-che si tendano a trascurare le im-plicazioni antropologiche che lebiotecnologie comportano, ma an-cor prima è necessario che abbia-mo una comprensione profondadei valori umani che vogliamo pre-servare e difendere.

2.La vita nascente e leapplicazioni delle tecnologiebiomediche

A partire dagli anni ’70, le tec-nologie biomediche – inizialmentedesunte dalla fecondazione di ani-mali – si sono sviluppate in modoconsiderevole specialmente nelcampo della procreazione umana,intervenendo sulla vita negli stadiiniziali della sua esistenza, e solle-vando non pochi problemi di ca-rattere morale.

L’introduzione delle tecnologiebiomediche applicate alla vita na-scente è iniziata effettivamentecon la prospettiva di dare una ri-sposta alla “cura” della sterilità: difronte ad alterazioni fisiologichedell’apparato sessuale o riprodutti-vo le tecnologie biomediche hannocercato di superare questi ostacolipermettendo di dare compimento,in alcuni casi in modo straordina-rio, alla naturale aspirazione deiconiugi ad avere un figlio. Ma al-l’iniziale entusiasmo collegato conla possibilità di colmare lacune pa-tologiche fino ad allora insupera-bili è seguita ben presto una presadi coscienza che la procreazioneumana stava perdendo il suo carat-tere originario e originante di ge-nerazione e che si stava confon-dendo il piano della procreazionecon quello della produzione, ilconcepire con il fabbricare. La tec-nologia riproduttiva ha permessoinfatti di mettere a punto tecnicheper sostituire le relazioni biologi-che di paternità e maternità.

Il ripristino in molti casi dellafunzionalità degli apparati organi-ci connessi con il processo ripro-duttivo non è bastato alla tecnolo-

gia biomedica che si è spinta oltrequelle situazioni che erano irrisol-vibili a livello meramente terapeu-tico: dove la procreazione non po-teva avvenire con un atto coniuga-le si è proceduti con tecniche di in-seminazione e fecondazione omo-loga; dove le cellule germinali del-la coppia non erano in grado diportare alla fecondazione si è usci-ti dalla coppia per usare gameti oembrioni terzi; dove l’apparato ge-nitale femminile era incapace digestazione si è passati all’utero inaffitto e dove si volesse dissociarecompletamente l’inizio della vitadalla relazione di due persone disesso diverso, relegandola alla re-plicazione di una sola si prospettail ricorso alla clonazione8!

La tecnologia biomedica ha ela-borato tutte le soluzioni possibiliper superare tutte le difficoltà chesi potevano diagnosticare, con l’u-nico obiettivo di dare un figlio achi lo desiderava, senza porsi ilproblema dell’impatto di quelletecniche sul senso del generare masoprattutto su quello stesso esserechiamato a tutti i costi all’esistenzaattraverso quelle tecniche. Infatti,chi prima di tutti e più di tutti hasubito le conseguenze delle tecno-logie procreative è stato propriol’embrione che da quelle stessetecniche viene messo a rischio finoad essere distrutto.

Questa evidente conseguenzadelle tecnologie riproduttive simanifestò ben presto in tutta la suadrammaticità man mano che veni-vano presentati i risultati della FI-

VET in termini di successo. Lostesso Robert G. Edwards, recen-temente insignito del Premio No-bel, quando venne chiamato a illu-strare i meccanismi biologici e i ri-sultati della FIVET alla PontificiaAccademia delle Scienze, nel lon-tano ottobre 1982, quattro anni do-po la nascita di Louise Brown – laprima bambina nata con quella tec-nica che lui aveva contribuito amettere a punto – mostrò una ta-bella esplicativa sulla percentualedi successo in termini di inizio digravidanze dopo trasferimento inutero degli embrioni fecondati invitro. In una tabella esplicativa al-l’interno della pubblicazione cheraccoglie gli atti di quella settima-na di studio, Edwards mise in evi-

denza9 che dopo la fecondazione invitro la percentuale di inizio dellegravidanze nelle donne che si era-no sottoposte alla FIVET era almassimo del 25%, cioè solo unembrione su quattro di quelli tra-sferiti dava luogo all’inizio di unagravidanza. Come diverrà piùchiaro in seguito, però, non semprel’inizio di una gravidanza è segui-to dalla nascita del feto concepito,a motivo delle interruzioni “spon-tanee” delle gravidanze iniziate, edunque il successo in termini di“bambini in braccio”, come si di-ce, è ancora più basso.

Oggi, a distanza di oltre 30 anni,per quanto la tecnica sia stata per-fezionata (farmaci, tempo di incu-bazione degli spermatozoi e degliovociti, mezzi di cultura, numerodi embrioni trasferiti, ecc.) i risul-

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tati non si discostano sostanzial-mente da quelli di Edwards. In unarecente review pubblicata sulNEJM10 si può vedere come in unciclo di FIVET a fronte di una per-centuale del 33% circa di gravi-danze che iniziano dal totale degliembrioni trasferiti in utero solo il25% circa porta alla nascita di que-sti bambini. Questi dati indicanoche la tecnica, oggi come agli ini-zi, ha un limite intrinseco apparen-temente non superabile. Da quil’interrogativo angosciante: quantialtri figli, oltre quelli che nasconocon le tecnologie riproduttive eche sono stati abbracciati dalle lo-ro madri, non hanno invece visto laluce pur avendo ricevuto dalle tec-nologie riproduttive un’esistenzaeffimera, di poche ore o giorni, oun’esistenza relegata per anni inun congelatore prima di essere di-strutti? Tanti, troppi per poter giu-stificare – se mai si possa giustifi-care – un riconoscimento interna-zionale a chi quelle tecnologie ri-produttive ha contribuito a intro-durre e applicare all’uomo. Forse iprimi anni dopo l’applicazionedella tecnica all’uomo si poteva ri-manere entusiasti delle straordina-rie foto dell’embrione in vitro edella nascita di un bambino conce-pito in vitro, ma le drammaticheconseguenze di quelle tecniche ap-parvero subito ben chiare e anzi lostesso Edwards dopo aver riporta-to i dati scientifici nella pubblica-zione prima richiamata, a proposi-to del dibattito sull’inizio e la finedella vita, aveva descritto senzaombra di dubbio in una tabellamolto esplicativa che le tecniche difecondazione in vitro si inserivanoinsieme alla contraccezione postcoitale e allo IUD fra le cause dimorte medicalmente indotte! Unaprospettiva questa che certamentecontraddice l’alto valore di “servi-zio alla vita” che connota l’attivitàdegli operatori sanitari11. Qualun-que biologo onesto, infatti, do-vrebbe rimanere colpito dal fattoche dopo la fecondazione – anchein vitro – si verifica una continuitàdello sviluppo successivo anche sela sede del nuovo essere viventemuta in seguito all’impianto o allanascita, e dunque non si può nega-re che la vita umana cominci dallafecondazione. Kass ricorda chepersino il dottor Edwards si im-batté, forse inavvertitamente, in

questa verità quando parlando diLouise Brown affermò: “L’ultimavolta che l’ho vista erano solo ottocellule in una provetta. Era bellis-sima allora e lo è ancora ades-so!”12. Dunque, quello che più èsembrato perdersi nello sviluppodelle tecnologie riproduttive è ilsenso della continuità tra embrionee bambino nato.

Nella letteratura biomedica, ol-tre alle tecnologie applicate alla vi-ta nascente sono identificabilimolte altre finalità che vanno benoltre il significato di “vero bene”per la vita nascente: maturazione emanipolazione in vitro dei gameti,procedure per la fertilizzazione edil trasferimento degli embrioninell’utero materno, diagnosticareimpianto e prenatale, gravidanzae parto. Addirittura incrociando itermini suddetti nella ricerca attra-verso PubMed vengono estratti ar-ticoli relativi a sperimentazioni sucellule staminali embrionali, o an-che procedure abortive a scopo eu-genetico!

Si devono dunque escludere tut-te queste procedure, tecniche, far-maci, dispositivi da cui, non puòderivare, in alcun modo e in nessu-na misura, nemmeno potenzial-mente, alcun beneficio per l’em-brione/feto o che, addirittura, co-stituiscono con certezza o conmolta probabilità un grave rischioper la sua vita e la sua salute.

3.Le tecnologie biomedicheal servizio della vita nascente

Accanto a questo uso – moltoproblematico – delle tecnologiebiomediche che hanno in varia for-ma sostituito le relazioni biologi-che di paternità e maternità e chehanno messo e continuano a met-tere a rischio la vita di embrioniprodotti in laboratorio, selezionan-doli e causando di fatto la soppres-sione di un gran numero di essi, lestesse biotecnologie possono peròoffrire una prospettiva di servizioalla vita nascente.

Da più parti si riflette sulla re-sponsabilità nell’uso delle tecni-che procreative, sulla dignità uma-na e sulla stessa vita nascente mi-nacciate da queste tecniche13 edunque anche in questo campo oc-corre interrogarsi sulle strategieper il raggiungimento di una “cura

della salute” più equa e umana, co-me ci ricorda il titolo di questaConferenza del Pontificio Consi-glio per gli Operatori Sanitari.

In questa prospettiva si possonoidentificare tecnologie biomediche(farmaci, dispositivi, tecniche chi-rurgiche, test genetici, ecc.) impie-gate prima (per eliminare le causedi ipo/infertilità della coppia), du-rante (curare patologie dell’em-brione/feto e/o della madre), dopo(terapie e cure perinatali) la gravi-danza e il parto, al fine di promuo-vere la vita e la salute del concepi-to e della madre. A esse faremobrevemente cenno di seguito, ri-mandando per l’approfondimentoall’ampia letteratura esistente inmateria.

3.1 La cura dellasterilità-infertilità

Ritornando alla originaria fina-lità delle tecnologie biomediche, sideve riconoscere che esse possonoeffettivamente contribuire a far su-perare, laddove è possibile, in sen-so pienamente terapeutico, le cau-se che conducono alla sterilità-in-fertilità. Questo vuol dire che an-che le tecnologie biomediche piùaggiornate possono/devono rispet-tare i tre beni fondamentali che larecente Istruzione Dignitatis Per-sonae ci richiama: a) il diritto allavita e all’integrità fisica dell’essereumano chiamato all’esistenza; b)l’unità del matrimonio, che com-porta il reciproco rispetto del dirit-to dei coniugi a diventare padre emadre soltanto l’uno attraversol’altro; c) i valori specificamenteumani della sessualità, che “esigo-no che la procreazione di una per-sona umana debba essere perse-guita come il frutto dell’atto coniu-gale specifico dell’amore tra glisposi” (DP, 12).

Pertanto, le tecniche che si pre-sentano come un aiuto alla procrea-zione non sono da rifiutare “inquanto artificiali” ma al contrarioesse possono costituire uno stru-mento di reale aiuto alla vita na-scente, come lo sono tutte quelle te-rapie o trattamenti eseguibili primae durante la gravidanza e volte allacura di patologie che determinanouna condizione di ipo/infertilitàdella coppia o un rischio o una pa-tologia dell’embrione/feto stesso(terapie embrio-fetali), della pla-

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centa e annessi, della madre, duran-te la gravidanza o alla nascita.

Un esempio di tecnologia a ser-vizio della vita nascente è quellodella NaProtecnologia che ha co-me peculiarità la capacità di fun-zionare in accordo con i cicli me-struali e la fertilità della donna14. Sitratta di un progetto di ricerca cheè stato iniziato negli anni ’90 negliUSA ad opera del prof. Hilgers al-l’Istituto Paolo VI in Nebraska eche ha raggiunto l’apice della suaprima fase con la pubblicazionenel 2004 di un ampio manuale sul-l’argomento.

Sulla base di un metodo standar-dizzato e prospettico di osserva-zione dei vari parametri biologicidei cicli mestruali e di fertilità èapparsa evidente l’esistenza dibiomarkers associati a donne condisordini riproduttivi. Studiando imotivi alla base dell’anormalità iquesti biomarkers, attraverso lostudio ormonale, la valutazioneecografia e la laparoscopia diagno-stica si sono potuti approntare in-terventi che hanno permesso diidentificare condizioni patologi-che, come l’endometriosi, in molticasi che precedentemente erano ri-sultati negativi alle indagini ese-guite e che hanno permesso di ave-re molto più successo nel trattarel’infertilità causata dall’endome-triosi (56,7% di nascite) rispetto aicentri che utilizzano la FIVET peraggirare il problema dell’infertilitàcausata dall’endometriosi (21,2%di nascite).

Successi analoghi si hanno conle tecnologie microchirurgiche neicasi di patologie tubariche riscon-trabili con alta incidenza e cheperò oggi sono diventate “parados-salmente” indicazioni elettive perle tecniche di FIVET. Ciò ha fattoperdere l’interesse dei ricercatoriper l’approccio chirurgico alla ste-rilità femminile, proponendo sem-pre di più tecniche sostitutive piut-tosto che riparative. Le coppie, in-fatti, vengono più facilmente indi-rizzate a tecniche di fecondazioneartificiale anche quando non è sta-ta ancora fatta una diagnosi eziolo-gia e dunque senza aver tentatotutte quelle terapie – mediche, psi-cologiche, chirurgiche – che po-trebbero far superare naturalmenteil problema. In questo potrebbe es-sere utile una consulenza, ancheetica15, che fornisca tutte le indica-

zioni riguardo alle tecniche dispo-nibili per superare la sterilità, in-cluse le implicazioni etiche che so-no connesse con le varie tecnolo-gie. Il campo della tecnologia chi-rurgica, in particolare, è un campoche avrebbe bisogno di essere for-temente implementato ed è unodegli obiettivi che l’Istituto Scien-tifico Internazionale Paolo VI diricerca su Fertilità e InfertilitàUmana e il Dipartimento di Tuteladella salute materna e fetale del-l’Università Cattolica del SacroCuore di Roma sta perseguendo dadiversi anni con ottimi risultati16.

3.2 La conoscenza dello statodi salute dell’embrioneper curare/prevenire

Le tecnologie di diagnosi prena-tale possono contribuire ad un mi-glioramento della conoscenza del-lo stato di salute del feto al fine dimettere a punto interventi terapeu-tici e preventivi. Anche in questocampo occorre valutare bene le fi-nalità e i rischi connessi con l’usodi queste tecnologie17. Vi sono in-fatti tecnologie non invasive e tec-nologie più invasive che possonomettere a rischio la vita del feto.Nella Istruzione Donum Vitae del-la Congregazione per la Dottrinadella Fede del 22 febbraio 1987 siafferma che “tale diagnosi è lecitase i metodi impiegati, con il con-senso dei genitori adeguatamenteinformati, salvaguardano la vita el’integrità dell’embrione e di suamadre, non facendo loro correre ri-schi sproporzionati. Ma essa è gra-vemente in contrasto con la leggemorale quando contempla l’even-tualità, in dipendenza dei risultati,di provocare un aborto: una dia-gnosi attestante l’esistenza di unamalformazione o di una malattiaereditaria non deve equivalere a unsentenza di morte” (DV, p. I, n. 2).Successivamente l’orientamento èstato confermato nella Lettera En-ciclica Evangelium Vitae del 25marzo 1995, nella quale il SommoPontefice si esprime con il seguen-te monito: “Una speciale attenzio-ne deve essere riservata alla valu-tazione morale delle tecniche dia-gnostiche prenatali, che permetto-no di individuare precocementeeventuali anomalie del nascituro.[...] quando sono esenti da rischisproporzionati per il bambino e per

la madre e sono ordinate a renderepossibile una terapia precoce o an-che a favorire una serena e consa-pevole accettazione del nascituro,queste tecniche sono moralmentelecite. Dal momento però che lepossibilità di cura prima della na-scita sono oggi ancora ridotte, ac-cade non poche volte che questetecniche siano messe al servizio diuna mentalità eugenetica, che ac-cetta l’aborto per impedire la na-scita di bambini affetti da vari tipidi anomalie” (EV, n. 63).

Effettivamente, questo orienta-mento si è attuato più spesso diquanto si pensi. In uno studio checonducemmo alcuni anni fa sui da-ti della letteratura18 risultò chiaroche non tutti gli autori e operatorisanitari utilizzavano in modo coe-rente le tecniche di diagnosi prena-tale per finalità preventive dellamalattia o terapeutiche per il feto.Ricercando i lavori che tra gli anni1977 e 1990 avevano come parolechiave prenatal diagnosis e preven-tion or fetal therapy ci rendemmoconto che solo nel 50% circa degliarticoli veniva descritta l’utilizza-zione della diagnosi prenatale perprevenire complicanze o per curarele malattie diagnosticate. Nell’altro50% circa veniva utilizzato il ricor-so alla diagnosi prenatale per “pre-venire” la nascita, cioè per inter-rompere la gravidanza medianteaborto (IVG). E tale orientamentonon è cambiato negli anni successi-vi nei quali il ricorso alla diagnosiprenatale è stato molto maggiore:utilizzando le stesse parole-chiave,abbiamo trovato che, dal 1991 al2010, 1949 pubblicazioni risponde-vano ai criteri di ricerca. In 1337era chiaramente valutabile il colle-gamento tra diagnosi prenatale eprevenzione o terapia fetale e, an-cora una volta, nel 48,5% la dia-gnosi prenatale era usata per preve-nire le conseguenze della malattiaidentificata, mentre nel 51,5% ladiagnosi della malattia era fatta perprocedere poi alla prevenzione del-la nascita mediante IVG.

Accenniamo, infine, alle tecno-logie biomediche con finalità dia-gnostica pre-impianto, eseguite inmodo complementare alle tecni-che di fecondazione artificiale ex-tracorporea. Esse non rappresenta-no, allo stato attuale, un beneficioper la vita nascente ma – al contra-rio di quanto viene comunemente

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affermato – un grave rischio per lavita dell’embrione poiché si trattadi test che hanno la finalità di indi-viduare (con margini tra l’altro diincertezza più o meno rilevanti)delle patologie o anomalie geneti-che allo stato non trattabili con te-rapie attuabili durante la gravidan-za, per cui la loro esecuzione èspesso preludio di selezione e di-struzione dell’embrione stesso19!

3.3 Le terapie fetali intrauterine

Da tempo, grazie alle possibilitàdelle tecniche diagnostiche prena-tali, sono state sperimentate meto-diche per curare il feto in utero contecniche invasive e non invasive, esempre più numerose sono entratenella pratica con diverse metodi-

che e approcci20. Diversi sono gliapprocci terapeutici invasivi edesemplificano in maniera descritti-va tanti modi di curare il bambinoprima della nascita, con un rischioassolutamente proporzionato edeticamente accettabile. Per esem-pio, utilizzando l’aiuto dell’eco-grafia, “il medico del feto”, puòraggiungere con un ago il cordoneombelicale ed effettuare gli stessiesami che si praticano nell’adulto:azotemia, glicemia, emocromo,coagulazione, indagini ormonali egenetiche.

Se il feto è anemico attraverso lastessa via si può effettuare la tra-sfusione di sangue (approccio in-travascolare) correggere l’anemiao gli altri stati patologici. In talmodo negli ultimi 15 anni la so-

pravvivenza dei feti è passata dal60% al 92%. In altri casi è possibi-le iniettare nella circolazione delfeto farmaci o albumina, quandonecessario. Allo stesso modo sipuò fare un trapianto di cellule sta-minali materne per curare alcunepatologie del feto.

Nei casi in cui si determina, percause patologiche, la rottura dellemembrane e si perde tutto il liqui-do amniotico al 4°/5° mese di gra-vidanza, le attuali possibilità tec-nologiche permettono di curare inmodo invasivo il feto immettendosoluzione salina riscaldata a 37°mediante amniocentesi. Con que-sta metodica la sopravvivenza os-servata in queste gravidanze è pas-sata, negli ultimi 15 anni, dallo 0%al 40-60%. Questa modalità di cu-

ra è usata anche per il trattamentodi gozzo ipotiroideo del feto (ap-proccio transamniotico) medianteamnio-infusione di tiroxina e perlo scompenso cardiaco fetale (tera-pia fetale integrata: approccio noninvasivo – digitalizzazione mater-na e approccio invasivo in uteroeco-guidato. La sopravvivenza fe-tale è passata così dal 10 al 60%.

Dati cumulativi di 20 anni diesperienza di terapie fetali ecogui-date eseguite al Policlinico Ge-melli dimostrano che una medici-na fetale eticamente guidata rea-lizza risultati impensabili, ma diassoluta rilevanza clinica resti-tuendo dignità alla diagnosi prena-tale come momento propedeuticoper curare e non per selezionare esopprimere!

Questi successi terapeutici, siadi tipo medico, sia di tipo chirurgi-co, sono stati resi possibili oltreche dal progresso tecnologico in séanche dalla consapevolezza che ilfeto è un vero e proprio paziente eciò conferma il fatto che anche latecnologia dovrebbe riconoscere ilsignificato ontologico e assiologi-co della realtà, ammettendo che cisono alcuni limiti costitutivi chepossono essere pensati come buonisolo in quanto rispondono all’esse-re proprio dell’umano.

4. Conclusioni

Le tecnologie biomediche pos-sono dunque costituire un vero ser-vizio per la vita nascente quandosono applicate con responsabilitàmorale oltre che con competenzaprofessionale.

A partire dal fascino che la tec-nica esercita sull’essere umano, sideve allora recuperare il senso ve-ro della libertà, che non consistenell’ebbrezza di una totale autono-mia, ma nella risposta all’appellodell’essere, a cominciare dall’esse-re che siamo noi stessi. (CV, 70). Ela libertà umana è propriamente sestessa solo quando risponde al fa-scino della tecnica con decisioniche siano frutto di responsabilitàmorale.

Di qui, come ci ricorda Caritasin veritate, l’urgenza di una forma-zione alla responsabilità etica nel-l’uso della tecnica. In questo sensosi sta muovendo oggi tutto quelcampo che viene chiamato del-l’Health Technology Assessment(HTA) il quale, nell’ambito dellasua ricerca multidisciplinare ha ac-colto sin dall’inizio, accanto allevalutazioni tecniche (cliniche, eco-nomiche e organizzative) anchel’idea di una valutazione di tipoetico che a pieno titolo può essereinserita nei Report finalizzati aprendere decisioni21. In questocontesto, senz’altro di frontiera, leanalisi etiche potrebbero effettiva-mente assolvere all’importantecompito di discutere l’eticità del-l’impiego di certe biotecnologie,verificandone la conformità sia albene integrale della persona sia al-la cultura della vita. Anche lo svi-luppo della tecnologia biomedica,perciò, deve essere connotato dauna “dimensione spirituale” per-

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ché possa essere autenticamenteumano. E tale sviluppo “richiedeocchi nuovi e un cuore nuovo, ingrado di superare la visione mate-rialistica degli avvenimenti umanie di intravedere nello sviluppo un«oltre» che la tecnica non può da-re. Su questa via sarà possibileperseguire quello sviluppo umanointegrale che ha il suo criterioorientatore nella forza propulsivadella carità nella verità” (CV, 77).

Prof. ANTONIO G. SPAGNOLOProfessore Ordinario di Bioetica,Direttore dell’Istituto di Bioetica,

Facoltà di Medicina e chirurgia“A. Gemelli”,

Università Cattolica del S. Cuore,Roma, Italia

Note1 A. PESSINA, L’uomo e la tecnica: annota-

zioni filosofiche, in M.L. DI PIETRO, E. SGREC-CIA (a cura di), Biotecnologie e futuro dell’uo-mo, Vita e Pensiero, Milano 2003, pp. 3-16.

2 L. MELINA, La logica intrinseca degli in-terventi di procreazione artificiale umana.Aspetti etici, in J. VIAL CORREA E E. SGRECCIA(eds), La dignità della procreazione umana ele tecnologie riproduttive. Aspetti antropolo-

gici ed etici. Libreria Editrice Vaticana, 2005,pp. 114-125.

3 C.S. LEWIS, The abolition of man, Mac-Millan, New York 1965 (ed. it. L’abolizionedell’uomo, Jaka Book, Milano 1979).

4 V.R. POTTER, Bioethics. The science ofsurvival, Perspectives in Biology and Medici-ne, 1970, 14 (1): 127-153.

5 E. SGRECCIA, Bioetica e tecnologia, in ID.,Manuale di Bioetica, vol. I, Vita e Pensiero,Milano 2007, pp. 243-271.

6 H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica, Ei-naudi, Torino 1997, pp. 7-36.

7 L.R. KASS, La sfida della bioetica, Lin-dau, Torino 2007, p. 15

8 L. MELINA, La logica intrinseca degli in-terventi di procreazione artificiale umana,p.117

9 R.G. EDWARDS, The ethical, scientific andmedical implications of human conception invitro, in C. CHAGAS (ed.), Study Week on Mo-dern biological experimentation (October 18-23, 1982), Pontificia Accademia delle Scien-ze, Città del Vaticano 1984, pp. 193-249.

10 B.A. MALIZIA, M.R. HACKER, A.S. PEN-ZIAS, Cumulative Live-Birth Rates after In Vi-tro Fertilization, N Engl J Med 2009; 360:236-243.

11 PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORISANITARI, Carta degli operatori sanitari, Cittàdel Vaticano, 1995, n. 1

12 L.R. KASS, La sfida della bioetica, pp.130-131.

13 Si veda ad es. il Rapporto del THE PRESI-DENT’S COUNCIL ON BIOETHICS, Reproductionand Responsibility: The Regulation of NewBiotechnologies, Washington, D.C., March2004; o anche CH.W. COLSON, N.M. DE S. CA-MERON, Human dignity in the biotech century:a Christian vision for public policy, Inter Var-sity Press, Wisconsin (Illinois), 2004.

14 T. HILGERS, NaProtechnology® nella va-

lutazione e nel trattamento dell’infertilità, in J.VIAL CORREA E E. SGRECCIA (eds), La dignitàdella procreazione umana e le tecnologie ri-produttive. Aspetti antropologici ed etici. Li-breria Editrice Vaticana, 2005, pp. 271-279.

15 M.L. DI PIETRO, A. MANCINI, A.G. SPA-GNOLO, La consulenza etica nella sterilità dicoppia, Medicina e Morale 2002, 6: 1019-1038.

16 R. MARANA, Le terapie chirurgiche dellasterilità femminile, in J. VIAL CORREA E E.SGRECCIA (eds), La dignità della procreazioneumana e le tecnologie riproduttive. Aspettiantropologici ed etici, Libreria Editrice Vati-cana, 2005, pp.225-236.

17 E. SGRECCIA, M.L. DI PIETRO, Fonda-menti bioetica della diagnostica e della tera-pia fetale, in G. NOIA, A. CARUSO, S. MANCU-SO, Le terapie fetali invasive, Società EditriceUniverso, Roma 1998, pp. 1-27.

18 A.G. SPAGNOLO, M.L. DI PIETRO, L. PA-LAZZANI, E. SGRECCIA: Significato della dia-gnosi prenatale nella prevenzione delle ma-lattie congenite: aspetti etico-sociali, in Attidel LXVII Congresso della Società Italiana diGinecologia e Ostetricia, Class International,Brescia 1990, pp. 39-40.

19 C.V. BELLIENI, La diagnosi pre-impian-tatoria in Dignitatis Personae, in G. RUSSO (acura di), Dignitatis Personae. Commenti all’I-struzione sulla bioetica, Elledici (Leuman,TO), 2009, pp. 164-172.

20 G. NOIA, A. CARUSO, S. MANCUSO, Le te-rapie fetali invasive, Società Editrice Univer-so, Roma 1998. Per un aggiornamento sulletecniche e i risultati si visiti anche il sito:www.noiaprenatalis.it

21 S. I. SAAMI, B. HOFMAN, K. LAMPE, ETAL.,, Ethical analysis to improve decision-making on health technologies, Bulletin of theWorld Medical Organization, 2008, 86: 617-623.

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Classicamente per giustizia si in-tende il “rendere a ciascuno quantogli è dovuto”, reddere suum cui-que. In senso stretto, giustizia è ciòche devo all’altro, per quanto spet-ta a me e sulla base dei suoi diritti.La giustizia costituisce l’obbligoche ho nei confronti dell’altro, maanche l’obbligo che l’altro ha neimiei confronti. Ciò coinvolge lacomunità. Come afferma San Tom-maso d’Aquino, “consiste nel vive-re l’uno con l’altro”1.

L’ingiustizia, dall’altro lato, de-riva dal non rendere all’altro ciòche gli è dovuto, e l’ingiustizia inrealtà è più grave di ciò che po-trebbe capitare a una persona nel-l’ordine naturale. Ad esempio, ne-gare ingiustamente l’accesso allacure sanitarie è umanamente piùcrudele della stessa malattia di cuisi soffre. La malattia è un disordi-ne della natura, ma l’ingiustizia èun disordine morale.

Come osservava Immanuel Kant:“I guai maggiori e più frequenti di-pendono più dall’ingiustizia del-l’uomo che dalle avversità”2. E ilfilosofo tedesco Josef Pieper sotto-lineava che “tutto ciò che è ingiu-sto implica che quanto appartienead un uomo gli viene rifiutato o tol-to, e ciò non dipende da sfortuna,da mancato raccolto, incendio oterremoto, ma dall’uomo”3.

I documenti del Magistero hannoinsegnato costantemente che la co-munità umana ha il diritto all’assi-stenza sanitaria. Papa GiovanniXXIII, nell’enciclica Pacem in Ter-ris scriveva: “Ogni essere umanoha il diritto all’esistenza, all’inte-grità fisica, ai mezzi indispensabilie sufficienti per un dignitoso tenoredi vita, specialmente per quanto ri-guarda l’alimentazione, il vestiario,l’abitazione, il riposo, le cure medi-che, i servizi sociali necessari”4.

Tuttavia, i diritti vanno di pari

passo con i doveri. Laddove ci so-no diritti, devono esserci anche do-veri. Nell’enciclica Caritas in ve-ritate, Papa Benedetto XVI lamen-ta il fatto che spesso abbiamo per-duto di vista gli obblighi che devo-no accompagnare i diritti. Cosìscrive il Santo Padre: “Per questo èimportante sollecitare una nuovariflessione su come i diritti presup-pongano doveri senza i quali sitrasformano in arbitrio”5.

Nella società contemporanea cisono molte rivendicazioni di dirit-ti ma non viene data troppa enfasiai doveri. Benedetto XVI ne hadato un appropriato equilibrio nel-la sua enciclica: “I diritti indivi-duali, svincolati da un quadro didoveri che conferisca loro un sensocompiuto, impazziscono e alimen-tano una spirale di richieste prati-camente illimitata e priva di criteri.L’esasperazione dei diritti sfocianella dimenticanza dei doveri. I do-veri delimitano i diritti perché ri-mandano al quadro antropologicoed etico entro la cui verità anchequesti ultimi si inseriscono… Perquesto motivo i doveri rafforzano idiritti e propongono la loro difesa epromozione come un impegno daassumere a servizio del bene”. Inquesto breve passaggio il Santo Pa-dre sottolinea il profondo e neces-sario rapporto esistente tra diritti edoveri, in ultima analisi entrambial servizio del bene comune.

La complementarietà dei diritti edei doveri è vera anche per quantoriguarda l’assistenza sanitaria. Adesempio, mentre ogni persona hadiritto a cure mediche, ha anche unpesante obbligo, quello di evitaredi mettere a rischio la propria salu-te. Infatti, positivamente parlando,essa ha l’obbligo di fare tutto ciòche può favorire e promuovere lasua salute. In caso contrario, lapersona che non ha cura della pro-

pria salute può ingiustamente di-ventare un peso per il resto dellasocietà, per la propria famiglia eper gli altri a causa della sua stessanegligenza.

Questo principio basilare di giu-stizia può essere osservato in alcu-ni piani assicurativi sanitari negliStati Uniti. Se una persona fuma,ad esempio, paga di più per l’assi-curazione dato che fumare costi-tuisce un alto rischio e un compor-tamento pericoloso. Se un’altrapersona si iscrive ad un program-ma di fitness in un centro salute, ilcosto della sua polizza assicurativadiminuisce. Questi tassi variabili sibasano su tabelle, ma riflettono iltentativo di realizzare la giustiziatra quanti hanno aderito al pianoassicurativo e di fatto tra quantifanno parte della società in sensopiù ampio, e mostrano che diritti edoveri non sono cose astratte, masono fondati sulla persona umanae sulle sue azioni.

La giustizia, però, non è sempli-cemente ciò che gli individui si de-vono reciprocamente, il che è co-nosciuto come giustizia legale, male cose devono essere viste in uncontesto più ampio. Abbiamo an-

JOHN M. HAAS

Salute, la salvaguardia della creazionee della giustizia

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che dei doveri verso la società ingenerale, e ciò è riconosciuto tradi-zionalmente come giustizia com-mutativa. Ma dobbiamo guardareal concetto di giustizia in un conte-sto più ampio ancora: il contestodel creato in cui ci troviamo.

Come ha affermato il Papa nellasua enciclica, “La natura è a nostradisposizione come un dono delCreatore” e dobbiamo renderciconto del suo equilibrio intrinseco.Una violazione di questo equili-brio non ha conseguenze soltantosu noi stessi, ma anche sugli altriesseri umani e persino sull’am-biente. In realtà, una violazionedell’ordine creato ha effetti negati-vi sull’intera creazione di Dio.Possiamo vederlo sul macro e sulmicro livello.

Se guardiamo all’interazione deifattori della sanità, della giustizia edella salvaguardia del creato su ma-cro scala, troviamo innumerevoliesempi della loro interrelazione: cisono malattie e degrado ambientalederivanti dall’inquinamento am-bientale, i pericoli che derivano da-gli alti livelli di gas serra, minaccealla salute e all’ambiente da partedi montagne di spazzatura prodotta

da una società consumistica. L’in-quinamento mette in pericolo l’am-biente e la salute di coloro che ci vi-vono.

Alcuni dei danni arrecati all’am-biente, che portano malattie e cau-sano la morte di tanti esseri umani,sono così scioccanti da farci orro-re. Nel 1965 una tragedia indicibi-

le ha avuto luogo a Bhopal, in In-dia, dove i gas tossici fuorusciti daun impianto della Union Carbidehanno ucciso migliaia di persone,tra uomini, donne e bambini. Nonè mai stata fatta una stima del nu-mero totale di morti, ma si pensache siano tra i 3.000 e i 5.000. IGoverni hanno l’obbligo di regola-mentare le imprese, e di imporreregole di sicurezza, in modo daproteggere la salute dei cittadini el’ambiente.

Proprio quest’anno c’è stato unaltro incidente industriale che hadistrutto delle vite umane ed haavuto effetti devastanti sull’am-biente. In ottobre, un serbatoio dirifiuti caustici proveniente da unex-impianto in Ungheria è scop-piato e un fango tossico ha allaga-to diversi villaggi prima di river-sarsi nel Danubio. Dal 2006 questoimpianto era stato inserito in unalista dei siti industriali pericolosipubblicata dalla Commissione In-ternazionale per la Protezione delDanubio. Il fango rosso ha coper-to 2.000 ettari di terreni agricoli eha ucciso gli organismi che mante-nevano sano il terreno. Gli espertisostengono che sarà necessario un

cambiamento completo del terrenoaffinché l’agricoltura possa torna-re a rifiorire nella regione. Questoimpianto era stato uno dei tanti al-tri costruiti al tempo del sociali-smo, che ingiustamente subordina-va il bene della persona al raggiun-gimento del bene dello Stato. Talipratiche hanno portato a un degra-

do ambientale e a rischi notevoliper la salute dei cittadini. Ma i pe-ricoli alla salute della persona edell’ambiente esistono anche a unmicro-livello.

Individualmente, attraverso lenostre azioni, possiamo minare lanostra salute e mettere in pericolola società e l’ambiente. Non agen-do secondo il dovere che abbiamonei confronti di noi stessi, com-mettiamo un atto ingiusto ancheverso gli altri, l’ordine sociale el’ambiente.

Ad esempio, è stato definitiva-mente dimostrato che il fumo por-ta malattie debilitanti e la morte.Secondo la American Cancer So-ciety, circa 500.000 personemuoiono negli Stati Uniti ogni an-no a causa del fumo, e i fumatorirappresentano il 30% di tutte lemorti per cancro6. In realtà, il fumoè la principale causa di mortalitàper cancro negli Stati Uniti. Si sti-ma che oltre 5 milioni di personemuoiano ogni anno per colpa dellesigarette. Il fumo aumenta i rischinon soltanto per il cancro del pol-mone, ma anche per quello di la-ringe, esofago, stomaco, pancreas,cervice uterina, rete e vescica. An-che l’enfisema è una conseguenzacomune e mortale del fumo.

E come è noto, il fumo non met-te in pericolo soltanto la personache fuma, ma anche chi la circon-da a causa degli effetti del cosid-detto fumo passivo. Negli StatiUniti, si stima che ogni annomuoiano 54.000 persone per esse-re state esposte al fumo passivo7.È in corso una controversia sui co-sti sociali effettivi derivanti dal fu-mo, ma non c’è dubbio che la so-cietà deve assumersi notevoli one-ri finanziari e sanitari a causa dellemalattie contratte dalle personeche fumano.

Un altro problema moderno le-gato alla salute sta diventandosempre più grave e dipende in lar-ga misura dallo stile di vita, delquale ciascuno è responsabile. Inalcune parti del mondo il diabeteha assunto proporzioni epidemi-che, e può essere provocato in par-te dall’obesità che è il risultato del-la mancanza di moderazione e diragionevolezza nel consumo di ci-bo, e dalla mancanza di esercizio.In India, ad esempio, si sta viven-do un’epidemia di diabete di tipo28. Secondo un rapporto del

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“Bloomberg Markets Magazine”,che elenca in dettaglio i costi eco-nomici di questa terribile epide-mia, oltre 50 milioni di indiani sof-frono di questa malattia, che mieteoltre un milione di vittime all’an-no. Nel mese di ottobre del 2009 laInternational Diabetes Founda-tion ha citato l’India come il Paesecon il più alto tasso di diabetici nelmondo.

In India il diabete sta portandoall’insufficienza renale, danni allaretina e a oltre 200.000 amputa-zioni all’anno. È generalmente ri-conosciuto che questa epidemia ècomparsa a causa dei cambiamen-ti nelle abitudini alimentari e neglistili di vita derivati da un’econo-mia in rapida crescita, quella in-diana appunto, e dal fatto che mi-lioni di indiani sono passati dallapovertà alla ricchezza. È aumenta-to il consumo di zucchero e digrassi trans, e una significativa di-minuzione dell’attività fisica, checomporta un aumento di peso.Queste sono le caratteristiche de-gli stili di vita diffusi nel mondooccidentale, il quale a sua volta sitrova di fronte a un allarmante in-cremento del diabete di tipo 2.Mentre si devono fare degli sforziper rendere l’assistenza sanitariaaccessibile a tutti, indipendente-mente dalla loro ricchezza o dallaposizione sociale, le persone han-no anche il dovere reciproco e ver-so la società in generale di aver cu-ra della propria salute.

Si può avvisare un’altra personacirca le pratiche deleterie sulla suasalute, che hanno conseguenze sul-l’ambiente. Il tentativo di regolarele nascite attraverso l’uso di con-traccettivi orali presenta rischi si-gnificativi per la salute a coloroche ne fanno uso, come pure al-l’ambiente9. Secondo il Gutma-cher Institute, la contraccezioneorale, o la pillola, è il mezzo per ilcontrollo delle nascite più utilizza-to negli Stati Uniti, con il 30% cir-ca delle donne in età fertile che nefanno uso10. Si stima che 100 mi-lioni di donne in tutto il mondofacciano uso della pillola11.

Come è noto, i contraccettiviorali sono generalmente compostida una combinazione di estrogenie dall’ormone progesterone sinte-tico che, una volta ingeriti e assi-milati dal corpo della donna, han-no l’effetto di inibire il rilascio

mensile alternato dell’ovulo dalleovaie. Nel normale corso deglieventi, il progesterone naturale sa-rebbe secreto dal follicolo dopoche è stato rilasciato l’ovulo. Ilprogesterone invia segnali chimicialla ghiandola pituitaria alla basedel cervello affinché smetta di rila-sciare l’ormone follicolo stimolan-te e l’ormone luteinizzante. Quan-do questi ormoni non vengono se-creti, nessun uovo matura e vienerilasciato. L’ormone progestinicosintetico, in un certo senso, ingan-na il cervello facendogli pensareche è stato rilasciato un ovulo,bloccando il processo di matura-zione dell’uovo e il rilascio.

Purtroppo possono verificarsidei rischi gravi per la donna che in-gerisce questi ormoni sintetici,compresa la formazione di coagulidi sangue che possono depositarsinel cervello o nei polmoni, con uneffetto a volte letale, attacchi car-diaci, malattie della cistifellea,cancro al collo dell’utero e al seno,e tumori epatici benigni. I rischiderivanti dall’uso della pillola so-no così elevati da sconsigliarnel’uso alle donne con più di 35 anni,fumatrici o che soffrono di iperten-sione, diabete o colesterolo alto.Da luglio 2005 l’Agenzia Interna-zionale per la Ricerca sul Cancro(International Agency for Resear-ch on Cancer) dell’Organizzazio-ne Mondiale della Salute ha cata-logato la pillola contraccettiva ora-le come cancerogena.

Tuttavia, i contraccettivi oralirappresentano non soltanto un ri-schio per la salute della donna chene fa uso, ma costituiscono ancheun pericolo per l’ambiente. Nel2005, gli scienziati dell’Agenziaper la Protezione Ambientale (En-vironmental Protection Agency)degli Stati Uniti, hanno rilevatoche su 123 pesci catturati in modocasuale in un fiume vicino a Boul-der, Colorado, 101 erano femmine,solo 12 maschi, mentre 10 aveva-no strane caratteristiche maschili efemminili. Gli scienziati hannoscoperto che questi cambiamentierano stati causati da alti livelli diormoni sintetici, associati a con-traccettivi orali nell’acqua. Gliscienziati dello stato di Washing-ton, nel nord-ovest degli Stati Uni-ti, hanno visto che alti livelli diestrogeni erano presenti nell’acquaprovocando una riduzione della

fertilità nelle trote maschio.Nell’aprile del 2007 la rivista

“Scientific American” ha pubbli-cato un articolo in cui si diceva chei pesci catturati nei fiumi e nei la-ghi avevano un quantitativo estro-geni chimici tale da favorire lo svi-luppo delle cellule tumorali al se-no. L’articolo affermava che lapresenza di estrogeni è stata anchela causa che ha fatto nascere pescidal sesso indeterminato. ConradVolz, del Cancer Institute’s Centerfor Environmental Ecology, del-l’Università di Pittsburgh, ha rife-rito che ci sono “uova nelle gonadimaschili e maschi che secernono laproteina del sacco vitellino”. Lesostanze chimiche presenti neicontraccettivi orali non vengonodecomposte negli impianti di de-purazione e si stanno diffondendonell’acqua potabile.

Come è noto, la Chiesa Cattoli-ca tutela un tipo di regolazionedelle nascite conosciuto con il no-me di Pianificazione FamiliareNaturale, che non comporta rischiper la salute della donna. Ci sonoalcuni segnali fisici nel corpo del-la donna che indicano quando èfertile. Durante tale periodo lacoppia si astiene dai rapporti co-niugali se c’è un grave motivo checonsiglia di evitare la nascita di unbambino. Questo approccio, basa-to sull’astinenza periodica, noncomporta rischi alla salute di nes-suno o minacce all’ambiente. Sitratta di un metodo di regolazionedelle nascite responsabile, umanoe sano.

Attraverso la promozione e lacommercializzazione dei contrac-cettivi, la fertilità viene considera-ta come l’equivalente di una ma-lattia, che richiede farmaci atti a

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combatterla. La profilassi si riferi-sce a interventi medici o sanitariper prevenire la malattia. Semprepiù spesso la contraccezione vienevista come una profilassi contro legravidanze, come se un bambinofosse considerato al pari di unamalattia. Le compagnie farmaceu-tiche traggono enormi profitti dal-la vendita dei contraccettivi orali,che mettono in pericolo la salute, etalvolta la vita, della donna che nefa uso, e contribuiscono ad inqui-nare l’ambiente. Ciò costituisceuna profonda ingiustizia nei con-fronti della donna che viene con-vinta ad assumere questi farmaci,oltre a rappresentare una violazio-ne dell’ambiente.

La creazione di Dio è indicibil-mente complessa e magnifica-mente bella e armoniosa nelle sueinterrelazioni. La parola “cosmo”deriva dal greco antico e si riferi-

sce al “buon ordine”, così comeper i gioielli che adornano il vesti-to di una donna. Si ritiene che Pi-tagora fosse stato il primo a utiliz-zare questo termine per fare riferi-mento all’universo, forse a causadell’abbagliante cielo stellato. Mala parola “cosmo” parla della bel-lezza di un giusto ordine che com-prende ogni aspetto della creazio-ne di Dio, che interagisce con glialtri secondo il disegno divino.Come ci dice il Papa BenedettoXVI nella Caritas in veritate: “Lanatura è espressione di un disegnodi amore e di verità”12. La vitaumana e il giusto ordine socialedevono agire secondo questo dise-gno di amore e di verità.

Dott. JOHN M. HAASPresidente del

“National Catholic Bioethics Center”,Philadelphia, USA

Note1 Cfr. Commentary on the Nicomachean

Ethics of Aristotle, 8, 9; No. 1658. (traduzio-ne libera in italiano).

2 IMMANUEL KANT, Eine Vorlesung ueberEthik, Paul Menzer Berlin 1925, pag. 245.

3 JOSEF PIEPER, The Four Cardinal Virtues(University of Notre Dame Press: Notre Da-me), 1966, pag. 44

4 GIOVANNI XXIII, Pacem in Terris, 11aprile 1963, n.6.

5 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, 29giugno 2009, n.43.

6 http://www.cancer.org/Cancer/CancerCauses/TobaccoCancer/CigaretteSmoking/cigarette-smoking-who-and-how-affects-health

7 http://www.no-smoke.org/getthefacts.php?id=13

8 http://www.bloomberg.com/news/2010-11-07/india-s-deadly-diabetes-scourge-cuts-down-millions-rising-to-middle-class.html

9 C’è un sito web della Watson Pharm, cheproduce contraccettivi orali, dove si spiega inche modo lavora l’azienda, oltre ai rischi e aibenefici che derivano dall’uso: http://www.oralcontraceptives.com.

10 http://www.guttmacher.org/pubs/fb_ contr_use.html

11 http://contraception.about.com/od/contraceptionmyths/tp/pillmyths.htm

12 BENEDETTO XVI, op.cit., n.43.

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Faccio parte della Comunità diSant’Egidio ed ho avuto l’onore dipartecipare sin dal suo inizio alProgramma DREAM (Drug Re-source Enahancement againstAIDS and Malnutrition), un pro-gramma per combattere insiemefame e malattia in Africa.

Nel 2002 a Maputo in Mozam-bico, nasce DREAM dall’onestàintellettuale di non voler accettareuna realtà largamente condivisama assurda che decretava implici-tamente che l’Africa doveva esse-re lasciata con 30 milioni di malatidi AIDS senza terapia: nel giro dipochi anni le dimensioni di un ge-nocidio. Bisognava dunque lavo-rare per dimostrare che la terapiadell’AIDS, anche in Africa erapossibile, con lo stesso livello diqualità, lo stesso golden standardche aveva permesso grandi succes-si in occidente. Fin dall’inizioDREAM si è proposto di curaregratuitamente, tutti i malati che neavevano necessità, senza fare di-stinzioni, soprattutto i più poveri ei bambini, nella convinzione che lacura rappresenta oltre che un dirit-to umano fondamentale, anche unpasso importante nella prevenzio-ne dell’infezione da HIV.

DREAM nasce, quindi, per ren-dere disponibili terapie e tecnolo-gie già sperimentate nel mondoricco, anche in Africa, ma al tem-po stesso sceglie di non essere so-lo un programma di distribuzionedi farmaci, ma di occuparsi delmalato di AIDS nella sua globa-lità. Quindi: educazione alla salu-te, sostegno nutrizionale, diagno-stica avanzata, formazione delpersonale, contrasto della malaria,della tubercolosi, delle infezioniopportunistiche e soprattutto dellamalnutrizione, tutti fattori che ren-dono efficace la terapia e anche lastessa prevenzione.

Infatti, l’approccio olistico met-

te in condizione i malati di far be-ne la terapia e questo riduce ilquantitativo di virus presente neidiversi liquidi biologici, fino a li-velli talmente bassi da rendere as-sai improbabile la trasmissione delvirus ad altri, ma soprattutto per lacosiddetta trasmissione verticale,cioè da madre a bambino.

Uno degli obiettivi di DREAM,fin dall’inizio, è stato quello dellaprevenzione della trasmissione delvirus dalla madre al futuro nasci-turo.

La scelta di DREAM è stata nonsolo far nascere da madre sieropo-sitiva un bambino sano, ma dimantenerlo tale e di garantire lasopravvivenza della madre, perchéil nuovo nato e gli eventuali figliprecedenti non divengano orfani.

La terapia data alle madri duran-te la gravidanza e proseguita pertutto il tempo dell’allattamento alseno, riduce fino quasi ad azzerarela trasmissione del virus. La corret-tezza di questo approccio è testi-moniata dall’elevato numero, piùdi 12.000, di bambini nati sani damadre sieropositiva nel program-ma DREAM, la quasi totalità dellegravidanze seguite. Generare un fi-glio sano, quando si era condanna-ti a morte dalla malattia, continua-re a stare bene per crescere i proprifigli, è per una madre la vittoria piùimportante, ed è una vittoria pertutta la famiglia, per la comunità,per gli operatori sanitari.

Questa vittoria crea un contagiopositivo che fa vincere la paura e ilpregiudizio, crea speranza, e avvi-cina i malati alla terapia.

Una chiave decisiva dell’effica-cia di DREAM è nel fatto di essereun programma con un’anima. Senon l’avesse avuta non sarebbe nep-pure nato. DREAM è radicato invalori spirituali e umani. La pro-spettiva di DREAM è strettamentelegata a quella della Comunità di

Sant’Egidio, lavorare per un nuovomondo, sentendo la responsabilitàdi costruire con audacia e pazienzanuove strade di collaborazione cherappresentino una risposta concretae fattibile a un problema grande, peril quale le grandi organizzazioni egli stessi paesi africani, non aveva-no alcuna risposta. È questa anima,che ha permesso a DREAM di crea-re sinergie non sempre scontate e didiventare un modello replicabile edi successo. Quest’anima si stanziain alcune idee guida.

La prima idea guida da cui di-scendono le altre è la centralità delpaziente. DREAM parte sempredall’uomo e dalla donna concreti enon dalle istituzioni, il paziente vie-ne considerato nella sua interezza,nella sua globalità di bisogni. Il ma-lato di AIDS ha una sua comples-sità, non è la fotocopia del pazienteche risiede nei paesi ricchi, deve es-sere conosciuto, studiato e si deverispondere ai suoi bisogni specificiin termini terapeutici, preventivi,sociali. È caratterizzato da diverseinfezioni opportunistiche fra cui lamalaria e la tubercolosi. Ogni pa-ziente deve poi essere valutato dalpunto di vista nutrizionale e gli vaofferto quando ne ha bisogno il so-stegno alimentare come trattamen-to terapeutico al fine di non vanifi-care l’intervento medico. È spessouna persona illetterata che necessi-ta di essere educata alla salute, al fi-ne di accrescere la protezione dagliagenti patogeni, deve essere moti-vato a mantenere l’aderenza al pro-gramma di cura, deve essere reinte-grato nella sua famiglia e nel suoambiente sociale.

A DREAM tutti possono accede-re perché tutte le cure, le procedureassistenziali e la diagnostica sonocompletamente gratuite. In uncontinente africano segnato dallapresenza di centinaia di milioni dipersone che vivono sotto la soglia

PAOLA GERMANO

DREAM –Curare l’AIDS in Africa: una sfida possibile

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della povertà assoluta, questa sceltaè sembrata obbligata. All’incapa-cità di spesa dei pazienti si deve ag-giungere un’altra osservazione: laterapia è per la vita, almeno per ilmomento, ed è necessaria una fe-deltà del paziente a essa. Ora, lacomplessità delle procedure assi-stenziali, che si sostanzia in un ele-vato numero d’appuntamenti per ilcontrollo delle condizioni di salute,la consegna dei farmaci e l’esecu-zione delle analisi, ha comunque uncosto per il paziente. Moltissimi,infatti, devono sobbarcarsi un lun-go percorso a piedi per raggiungerei centri e dedicare molte ore dellasettimana a tali attività.

DREAM ha scelto per un siste-ma d’eccellenza della cura, fattoche, soprattutto nei primi anni delprogramma, ha rappresentato unforte elemento di contraddizionerispetto alle scelte della comunitàinternazionale, caratterizzate da uncerto “minimalismo”. A noi è sem-brato equo e umano adottare anchein Africa la stessa diagnostica e lestesse procedure assistenziali cherappresentano lo standard del norddel mondo.

Coniugare prevenzione e terapia

DREAM ha iniziato i suoi primipassi affrontando un clima cultura-le e scientifico contrario all’intro-duzione della terapia in Africa.L’unico intervento possibile sem-brava fosse la prevenzione dellatrasmissione della malattia. Si era

convinti che tale strategia da solaavrebbe portato al controllo dell’e-pidemia. Ma a noi di DREAM par-se subito ragionevole oltre che giu-sto associare a un intervento pre-ventivo anche quello terapeutico,convinti che la cura rappresenta unelemento decisivo di prevenzione.

Pensiamo al caso della trasmis-sione madre bambino: il nostroprogramma avendo adottato consuccesso gli stessi protocolli in usonei paesi occidentali, ha quasi az-zerato la percentuale di bambininati già sieropositivi da mammemalate nei nostri programmi.

L’aver adottato la triplice terapia,peraltro già ampiamente utilizzata

nei paesi occidentali, non solo hadimostrato la stessa efficacia, ma èdiventata una vera e propria terapiaanche per le madri e un grande aiu-to per la loro effettiva aderenza.

Partenariato e ricerca operativa

DREAM rappresenta un model-lo di intervento teso allo sviluppo,non una risposta di tipo emergen-ziale. Restare vicini all’Africa è unfatto decisivo: c’è bisogno di pro-grammi di lungo respiro perché latransizione non sarà breve né faci-le. Impiantare e mantenere un pro-gramma di controllo dell’infezioneda HIV/AIDS non è un ponte dacostruire, che si realizza in qualcheanno e si consegna chiavi in mano.Nell’era della globalizzazione pos-siamo osservare facilmente comel’interdipendenza riguardi il com-

mercio e l’ambiente, le fonti ener-getiche e il lavoro. Lo stesso misembra valga per la salute e la coo-perazione: i risultati dei nostrisforzi dipenderanno in larga misu-ra dalla nostra capacità di collabo-rare nel lungo termine.

Per questo, abbiamo pensato a unprogramma di lunga durata, robu-stamente inquadrato in una cornicedi vera partnership con i paesi inte-ressati e con i loro quadri tecnici epolitici. Si potrebbe dire “lavoria-mo insieme e a lungo, almeno finquando saranno disponibili nuove epiù decisive risposte terapeuticheper l’AIDS”. Un’altra caratteristicadel Programma è la ricerca operati-va. La centralità della persona ma-lata richiede di individuare conti-nuamente non solo gli strumentimigliori ma anche quelli più ade-guati alla realtà africana Questoaspetto della ricerca operativa èuno di quelli che ha visto il maggiorsforzo collaborativo di DREAMcon università, istituti di ricerca,case farmaceutiche e imprese.

Un ultimo prezioso aspetto ri-guardante gli strumenti della qua-lità è certamente quello legato aisoftware e in generale alle comuni-cazioni. La sua applicazione e ilsuo sviluppo nel Programma haprodotto due principali risultati:una completezza di informazioniche in Africa non esito a definireunica e la possibilità di condivider-le con altri in tempo reale. I nostrioperatori in questo senso davveronon sono mai soli. Per quel che ri-guarda il primo aspetto vedete indiapositiva alcuni display che per-mettono al professionista medicodi accedere con un solo colpod’occhio a tutte le notizie impor-tanti del paziente. Dovete pensareche il malato di AIDS ha in genereuna storia clinica estremamentecomplessa e che è assai difficile,non dico ricordare ma anche soloconsultare. Potete vedere come in-vece carica virale, cellule CD4 emolti altri parametri clinici con-corrono ad informare il personalecon grande immediatezza. Tutte leinformazioni sono condivise e ri-partite per competenze all’internodi reti che occupano vari livelli:quello del singolo centro, quellotra centro e laboratorio e via viasempre più su fino ai collegamenticon esperti europei in grado di for-nire consulenze specialistiche e se-

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conde opinioni in merito a situa-zioni problematiche. DREAM èorganizzato secondo una serie diprotocolli e flow chart che sono ingrado di guidare il personale medi-co e paramedico nella grande mag-gioranza di situazioni (dia).

Qualunque sfida della salute, inAfrica, deve per questo partire dal-la constatazione che gran parte delcontinente è essenzialmente rurale,un programma di salute per essereefficace deve essere accessibile al-la maggior parte dei malati. deveraggiungere il paziente lì dove vi-ve. DREAM, ha scelto una sanitàche si può definire “leggera” ingrado di rappresentare una risorsadiffusa davvero sul territorio, ela-stica, flessibile, capace di scoprire ibisogni anche quando questi sonosenza voce o senza le energie perdiventare domanda sanitaria. Si èpreferito alla costruzione di grandiospedali, un’architettura di tipo di-stribuito, con centri di eccellenza edi riferimento a cui afferiscono pa-zienti provenienti da centri di se-condo livello collocati in zone piùperiferiche e rurali in cui sono pos-sibili prestazioni sanitarie di livellointermedio, come controllo e di-stribuzione dei farmaci, esecuzionedi alcuni tipi di analisi. Inoltre le“mobile clinic” e l’“home care”rendono possibile a tutti l’accessoalle cure.

Questo approccio scelto dallaComunità di Sant’Egidio per fron-teggiare L’AIDS in territorio afri-cano, ha dato in nove anni, risulta-ti straordinari, riconosciuti ormai alivello scientifico, ma soprattuttoha diffuso un nuovo modello di cu-ra per l’Africa.

Oggi DREAM è presente in die-ci paesi africani, Mozambico, Ma-lawi, Tanzania, Kenya, Repubblicadi Guinea, Guinea-Bissau, Nige-ria, Repubblica Democratica delCongo, Camerun e Angola. Circa100.000 sono le persone sieroposi-tive assistite gratuitamente nei 32day-hospital sparsi nei vari paesi.Sono 18 i laboratori di biologiamolecolare, per il monitoraggiodella cura, circa 12.000 i bambininati sani e senza AIDS da madresieropositiva, 17 i corsi di forma-zione panafricani effettuati per cir-ca 3600 professionisti della salute.Oggi la totalità del personale sani-tario che lavora nei nostri centri èafricano. Più di un milione le per-

sone che in questi anni hanno usu-fruito del programma DREAM.Queste cifre dimostrano bene co-me l’AIDS non è invincibile. Èpossibile batterlo. È possibile farvincere la vita.

Dallo straordinario sforzo d’ac-coglienza, cura e promozione dellasalute, già descritto precedente-mente, scaturisce una prospettivanuova di vita per il paziente. Arri-vare in un centro DREAM è permolti, l’esperienza di ricominciarea vivere. Vivere una vita nuova epiena. Riempita di contatti e perso-ne, di visite, ma poi anche di nuo-ve idee e di parole. Pensate a cosavuol dire per un malato arrivare inun centro dove tutto è gratuito, si èaccolti con gentilezza e c’è per ilmalato grande interesse. Attraver-so l’atteggiamento degli altri sicomprende finalmente il valoredella propria vita, si ritrova la di-gnità spesso calpestata nell’umi-liazione della malattia e nell’ab-bandono.

Poi la cura migliora la qualitàdella vita: scompaiono tanti sinto-mi e sofferenze, si riacquista pesoed energie, si torna alla cura dellacasa, dei figli e si riprende a lavora-re. Ci si accorge infine di essere en-trati in un mondo di amicizie, con ilpersonale, con gli altri malati. E al-lora il paziente stesso ritorna perso-na, spesso con una marcia in più: lascoperta di potenzialità prima sco-nosciute e il desiderio di metterle afrutto per altri più sfortunati di lui,per altri malati ancora in grandesofferenza. È dall’energia ritrovatae da questa nuova spinta di solida-rietà che nasce il movimento delleattiviste di Dream che ha conosciu-to in questi anni una straordinariadiffusione accompagnando semprel’apertura di nuovi centri e la cre-scita del numero dei malati. Mol-tissimi pazienti, infatti, tra questisoprattutto donne hanno scelto diaiutare altri malati, non fuggendopiù la malattia.

Le attiviste non sono tanto deivolontari alla maniera occidentale,ma dei veri e propri testimoni chesvolgono una funzione insostitui-bile di sostegno e counselling. Te-stimoniano con le loro parole e conla loro vita che l’AIDS non è unacondanna a morte, che una resurre-zione è possibile, che c’è un futuroper sé e per i propri cari. Portanonei loro corpi il segno dell’effica-

cia della terapia antiretrovirale eaccettano di condividere con altrila loro esperienza realizzando unasorta di contagio al contrario, unacomunicazione di speranza di vita,anzi di gioia di vivere.

Le attiviste svolgono un’insosti-tuibile opera di educazione sanita-ria alla pari che investe tanti aspet-ti della vita. Recuperate le forze sifanno madri di altri bambini, nonsolo dei loro figli, ma di tanti orfa-ni, allargano così la loro famiglia.

Così le donne, da principali vit-time dell’AIDS diventano prota-goniste della liberazione dalla ma-lattia e il loro lavoro si traduce inuna ricchezza per i paesi in cui vi-vono.

In questi anni il ruolo delle attivi-ste è divenuto sempre più pubblicoe molte ormai, parlano in dibattititelevisivi e alla radio, sono intervi-state dai giornali. La testimonianzapersonale della guarigione raggiun-ge un circuito sempre più vasto,combatte lo stigma che emargina lavita di tanti malati di AIDS e divie-ne metafora di una guarigione piùgenerale, della società.

È la “comunità di cura”: non so-lo professionisti della salute, maanche pazienti, donne e uomini al-la pari, recuperati alla vita ma an-che ad un lavoro, che li appassionae attraverso il quale possono parte-cipare a salvare tanti.

Quest’anima, questa filosofianei confronti dell’AIDS, ci hannoportato a un’assunzione di respon-sabilità, spesso condivisa con altriuomini e donne di fede che abbia-mo incontrato in questi anni nelnostro cammino per le vie d’Afri-ca. Penso alle tante congregazionireligiose, missionari e clero localecon i quali condividiamo l’anima eil progetto di amore di Dio sulmondo. Anche se in posti diversi,lavoriamo insieme, con lo stessospirito per il sogno di un’Africasenza AIDS. La rapida espansionedi DREAM in questi quasi sei anniè dovuta, infatti, non solo a unapresenza capillare della Comunitàdi Sant’Egidio in tanti paesi africa-ni, ma anche alla volontà di tantecongregazioni religiose, ONG, lai-ci, persone di buona volontà di af-fiancarci in questa strategia di lottaal virus. Ma con le 16 congrega-zioni religiose con cui lavoriamo,non è solo una collaborazione fun-zionale, quanto un’amicizia che,

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90 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

partendo dai poveri e dai malati, hatoccato la profondità della comu-nione cristiana. Questa sinergia cipermette di aumentare ogni giornoil numero dei malati africani che sipossono raggiungere. È un conta-gio positivo tra quanti hanno lapossibilità di moltiplicare l’effica-cia di questa battaglia decisiva peril futuro dell’Africa.

Scriveva il grande Teilhad deChardin: “Solo l’amore è in gradodi unire gli esseri viventi, così dacompletarli e realizzarli … perchésolo l’amore li lega attraverso ciòche è più profondo in loro. Dob-biamo solo immaginare la nostracapacità di amare che si sviluppafino ad abbracciare tutti gli uominie la terra”.

È quanto si cerca di fare conDREAM: il lavoro umanitario ri-chiede quella fantasia dell’amore,che diviene abilità a unire e a col-mare le grandi distanze. È nell’u-nità e nella rottura dell’isolamentoche si realizza una prima vittoria.Restaura e restituisce dignità uma-na, crea vita e, in moltissimi casi,avvia una guarigione che si pensa-va impossibile.

Ma oggi nuove sfide si aprono aDREAM. In Africa ancora ci sono23 milioni di infetti da HIV, in te-rapia attualmente circa quattro mi-lioni. Il vaccino o i vaccini che sistanno studiando, sono ben lontani

da produrre qualche risultato rile-vante. Nel frattempo che fare?

Crediamo sia importante imple-mentare quanti più possibili inter-venti di prevenzione per arginarel’epidemia. Espandere la preven-zione della trasmissione da madreal bambino, per far nascere una ge-nerazione sana nei vari paesi.

Estendere la terapia a più perso-ne possibili. Questa strategia re-centemente proposta dall’OMS,per ridurre la contagiosità, si con-centra su una più completa coper-tura a livello regionale e nazionaledella cura, che consenta più o me-no in 20 anni l’eradicazione quasitotale della malattia.

È la nuova frontiera del nostrosogno su cui stiamo lavorando,cercando alleati e sostenitori checondividano questa avventuraumana e spirituale che è la lotta al-l’AIDS in Africa.

Dott.ssa PAOLA GERMANOCoordinatrice Generale

del Programma DREAMComunità di Sant’Egidio

Roma, Italia

Bibliografia

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DREAM – Comunità di Sant’Egidio, AttiVI Conferenza Internazionale “Comunità esalute: DREAM, un modello per l’Africa”Roma 15 maggio 2008, Roma 2009 (Edizionein italiano, inglese, francese, portoghese).

DREAM – Community of Sant’Egidio,Long life to Africa: defeating AIDS and mal-nutrition Leonardo International, 2008.

DREAM – Comunità di Sant’Egidio, AttiV Conferenza Internazionale “Viva l’AfricaViva: sconfiggere l’AIDS e la malnutrizione”Roma 10 maggio 2007, Roma 2008 (Edizionein italiano e inglese).

GERMANO P., BUONOMO E., GUIDOTTI G.,LIOTTA G., SCARCELLA P., MANCINELLI S., PA-LOMBI L., MARAZZI M.C., DREAM: an inte-grated public health programme to fightHIV/AIDS and malnutrition in limited-re-source settings WFP – Community of Sant’E-gidio, Rome, 2007.

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MAGNANO SAN LIO M., CAPPARUCCI S.,MODOLO AM., SCARCELLA P., RENZI E., TINTI-SONA G., MARAZZI M.C., Strategie di educa-zione sanitaria nel programma DREAM per labuona aderenza alla terapia antiretroviraledelle persone affette da HIV/AIDS in Mozam-bico Convegno Nazionale CIPES (Confedera-zione Italiana per la Promozione della Salute el’Educazione Sanitaria) “Promozione ed edu-cazione alla salute fra globalizzazione e indi-vidualismo: partecipazione, integrazione, in-tersettorialità” Cagliari, 16-18 marzo 2006.

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Comunidade de Santo Egidio, Como Vai aSaude?, Milano, 2004 (Edizione in portoghe-se, inglese, francese, spagnolo, swahili, chi-chewa, albanese).

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Secondo l’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS), con il ter-mine di medicina tradizionale siintende “un complesso di approc-ci, conoscenze e credenze che sibasano, razionalmente o meno,sulle teorie, le credenze e le espe-rienze proprie di una cultura, ap-plicate singolarmente o in associa-zione tra loro allo scopo di conser-vare il benessere, così come pertrattare, diagnosticare o prevenirele malattie fisiche e mentali”1.

Altri ritengono che sia una “me-dicina fondata su credenze e prati-che culturali, trasmesse di genera-zione in generazione. Essa com-prende riti mistici e magici, la fito-terapia e altri trattamenti che nonpossono essere spiegati dalla me-dicina moderna”2.

In realtà, la medicina tradizio-nale è un concetto che eccede am-piamente il campo della salute perporsi al livello socio-culturale, re-ligioso, politico ed economico, epuò essere considerata come un“sistema che si concentra sul ma-lessere (biologico o meno) e chesi basa su teorie del corpo, dellasalute, della malattia e della guari-gione ancorate nelle storie delleculture e delle religioni che hannocostruito e costruiscono un Pae-se”3. Possiamo dire che esistonotante medicine tradizionali quantosono le culture.

La molteplicità delle medicinetradizionali, che differiscono se-condo le regioni del mondo, i Pae-si e perfino all’interno di un Paese,è allo stesso tempo una ricchezza euna sfida. Per fare un esempio, sela medicina tradizionale africana olatino-americana è fortemente ca-ratterizzata da una tradizione oralee da una mancanza di formazionericonosciuta dei medici, la medici-na tradizionale cinese presenta uncarattere più strutturato e docu-mentato. Allo stesso modo, in al-cuni Paesi la denominazione dimedicina parallela, alternativa o

dolce è sinonimo di medicina tra-dizionale, mentre in altre Nazionil’espressione “medicina parallela ealternativa” definisce invece un in-sieme di pratiche di cura che nonhanno nessun rapporto con la tra-dizione del Paese e che non sonointegrate nel sistema sanitario.D’altronde, il termine “medicinatradizionale” è utilizzato, a volte,per indicare pratiche che, in fin deiconti, non appartengono, a rigordei termini, alla pratica medica.

Medicina complementare,parallela, alternativa e dolce

Secondo l’OMS4 “gli appellativimedicina parallela, alternativa odolce sono sinonimi di medicinatradizionale. Essi si rapportanoquindi a un vasto insieme di prati-che di cure sanitarie che non ap-partengono alla tradizione del Pae-se e non sono integrate nel sistemasanitario dominante”5.

Il termine “alternativa” presup-pone la scelta di un approccio del-la salute e della malattia diverso daquello della medicina convenzio-nale. Il termine “complementare”o “parallela” descrive una forma diterapia utilizzata oltre alla medici-na (agopuntura, osteopatia, ecc.).L’OMS raggruppa queste nozionisotto il vocabolo di medicina com-plementare e parallela (MCP).Questo termine comprende variapprocci differenti, a volte recipro-camente incompatibili. Essi sono ilcontenuto di un insieme particola-re in quanto differiscono dai meto-di e trattamenti insegnati nelle fa-coltà di medicina.

Stato della situazione

Circa l’80% delle popolazionidei Paesi in via di sviluppo fannoappello alla medicina tradizionaleper le cure sanitarie primarie, sia

per tradizione culturale sia per al-tre scelte (difficoltà di accesso allecure convenzionali, costo più ele-vato dei medicinali convenzionali,ecc.). Il ricorso a questa medicinasta anzitutto nella sua vicinanza,nella sua facilità di accesso, nellasua disponibilità, nel costo e nellaconcordanza filosofica con le cul-ture autoctone.

Nei Paesi ricchi, sono numerosicoloro che fanno ricorso ai vari ti-pi di rimedi chiamati naturali par-tendo dal principio che ciò che ènaturale è senza rischio. D’altron-de, le medicine tradizionali e/o al-ternative costituiscono anche unricorso o un complemento nel casodi malattie croniche, debilitanti oincurabili.

La grande maggioranza dellepopolazioni africane fa regolar-mente appello alla pratica tradi-zionale. Nell’Africa sub-saharia-na, ad esempio, l’85% della popo-lazione farebbe ricorso ai guaritoritradizionali. In Ghana, Mali, Nige-ria e Zambia, il trattamento di pri-mo intervento, per il 60% deibambini colpiti da forte febbre do-vuta alla malaria, fa appello allepiante medicinali somministrate adomicilio6.

In Cina, le preparazioni tradizio-nali a base di piante rappresentanotra il 30 e il 50% del consumo tota-le di farmaci. Nei Paesi industria-lizzati, la medicina alternativa èl’equivalente della medicina tradi-zionale e oltre il 50% della popola-zione è ricorsa, almeno una volta,a questo tipo di pratica. In Canada,il 70% degli abitanti hanno fatto ri-corso almeno una volta alla medi-cina parallela. In Germania il 90%della popolazione ha assunto, nelcorso della vita, un rimedio natura-le. Negli Stati Uniti, 158 milioni diadulti hanno utilizzato prodottidella medicina alternativa e, se-condo la Commission for Alterna-tive and Complementary Medici-nes, nel 2000 la popolazione ame-

EMILIO LA ROSA RODRÍGUEZ

La medicina tradizionale

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ricana ha speso 17 miliardi di dol-lari in rimedi tradizionali. Nel Re-gno Unito, le spese annuali dedica-te alla medicina parallela ammon-tano a 230 milioni di dollari statu-nitensi7.

Il mercato mondiale delle piantemedicinali è in rapida espansione erappresenta attualmente più di 60miliardi di dollari USA l’anno.Questo accrescimento della do-manda merita di essere analizzatoe studiato seriamente al fine diproporre misure adeguate il cuiobiettivo è quello di assicurarel’efficacia e l’innocuità delle prati-che. Secondo l’OMS, nel 2000soltanto 64 Paesi avevano una re-golamentazione relativa ai medici-nali a base di piante8. L’assenza dinorme o il cattivo utilizzo delleprocedure, delle pratiche e dei far-maci tradizionali possono avereeffetti nocivi o pericolosi per la sa-lute. Ad esempio, l’efedra9 è tradi-zionalmente utilizzata per curare lacongestione delle vie respiratorie.Questa pianta è stata commercia-lizzata, negli Stati Uniti, comecomplemento alimentare, e un suodosaggio eccessivo ha provocato,da una parte, effetti cardiovascola-ri (ipertensione arteriosa, tachicar-dia, aritmia, infarto del miocardio,arresto cardiaco, morte istantanea)e, dall’altra, effetti neurologici (ac-cidente cerebrovascolare e convul-sioni) 10-11.

In Belgio, circa 70 persone han-no dovuto subire un trapianto ouna dialisi per una fibrosi renaleinterstiziale12-13 dopo aver assunto,per perdere peso, un preparato fab-

bricato a partire da una specie dipianta errata.

Lo sviluppo del mercato dellepiante officinali ha effetti enormianche sul piano commerciale e po-ne problemi su quello della biodi-versità in ragione del saccheggiodelle materie prime necessarie perla fabbricazione dei medicinali oaltri prodotti sanitari naturali.Questa situazione, se non è regola-mentata e inquadrata, rischia dicomportare l’estinzione di speciea rischio come pure la distruzionedi risorse e habitat naturali. Inol-tre, le normative internazionali enazionali sono insufficienti perproteggere le risorse genetichedella biodiversità e le conoscenzetradizionali.

Medicina tradizionalee sistemi sanitari

Secondo la sua partecipazione aisistemi sanitari, la medicina tradi-zionale è integrata, inclusa o tolle-rata nel sistema.

Una medicina tradizionalericonosciuta e integratanei sistemi sanitari

In un certo numero di Paesi, lamedicina tradizionale e comple-mentare è riconosciuta e integratanel sistema sanitario e partecipa al-l’offerta di cure. Troppo pochi so-no i Paesi di cui si può dire che ab-biano raggiunto questo livello: Ci-na, Repubblica popolare democra-tica di Corea e Vietnam.

Una medicina tradizionalericonosciuta, ma non integratanei sistemi sanitari

Alcuni Paesi riconoscono la me-dicina tradizionale e complemen-tare, ma esse non sono completa-mente integrate nei sistemi sanitari(offerta di cure, educazione, for-mazione, regolamentazione). Traquesti Paesi troviamo la GuineaEquatoriale, la Nigeria e il Mali,ma anche il Canada e il RegnoUnito.

Una medicina tradizionaletollerata

In un gran numero di Paesi, lapratica tradizionale è tollerata e il

sistema sanitario si basa sulla me-dicina convenzionale. Ma, nono-stante questa tolleranza, in alcuneNazioni la medicina tradizionale ècompletamente ignorata.

I Paesi dovrebbero riconoscerel’importanza del legame tra la sto-ria e la pratica medica delle comu-nità autoctone, in quanto la medi-cina tradizionale, per quanto varianelle sue manifestazioni tecniche,si basa sempre su credenze edesperienze autoctone.

Per poter integrare la medicinatradizionale nei sistemi sanitari,occorre anzitutto che siano ricono-sciuti il sapere e i terapeuti tradi-zionali. Il che presuppone l’appli-cazione di norme per controllare lacommercializzazione dei prodottie alleviare la mancanza di risorsenel settore della ricerca e della for-mazione. La creazione di centri diricerca e di studio sulla medicinatradizionale è un mezzo importan-te per progredire nel riconosci-mento di questa pratica allo scopodi permetterle di coabitare con lamedicina convenzionale, in un si-stema sanitario unico.

In Africa, ad esempio, a motivodella sua importanza, l’Unioneafricana ha istituito il Decenniodella Medicina tradizionale in Afri-ca (2001-2010) riconoscendolo co-me “il sistema di cure sanitarie piùaccessibile per la maggior partedelle popolazioni rurali africane”14.Questo criterio ha l’obiettivo di as-sociare tutti i promotori al fine di“mettere a disposizione della vastamaggioranza del popolo africanopratiche mediche e piante medici-nali tradizionali sicure, efficaci, ac-cessibili e di grande qualità”15.

L’integrazione della medicinatradizionale ai sistemi sanitari deiPaesi passa per l’applicazione diuna serie di raccomandazioni pro-poste dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità. Tali raccoman-dazioni sono normative, di sicurez-za, d’efficacia, di qualità, d’acces-so e d’uso razionale. Il quadro nor-mativo deve tener conto della for-mazione, della qualificazione, del-l’esercizio e della ricerca della me-dicina tradizionale. La ricerca e lapratica esigono un livello adeguatodi sicurezza, efficacia e qualità.

Infine, l’uso razionale dipendedai vari fattori su menzionati, main particolare dalla formazione, laqualificazione, l’autorizzazione

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d’esercizio, l’uso corretto di pro-dotti di qualità, l’informazione e lacomplementarietà tra le medicineallopatiche e tradizionali.

Dott. EMILIO LA ROSARODRÍGUEZVice-presidente

del Comitato Internazionaledi Bioetica dell’UNESCO

Parigi, Francia

Note1 OMS, Principi metodologici generali per

la ricerca e la valutazione relative alla medici-na tradizionale. WHO/EDM/TRM/2000.1,Organizzazione Mondiale della Sanità, Gine-vra, 2000.

2 National Library of Medicine - MedicalSubject Headings. MeSH Descriptor Data.http://www.nlm.nih.gov/cgi/mesh/2010/MB_cgi. Consulté le 24 juin 2010.

3 A. EPELBOIN. Médecine traditionelle etcoopération internationale. Bulletin AMA-DES, 50, 2002.

4 OMS, Strategia dell’OMS per la medicina

tradizionale per il 2002-2005. OrganizzazioneMondiale della Salute, Ginevra, 2002.

5 OMS. Medicina tradizionale. Definizioni.Consultato il 22 giugno 2010. http://www.who.int/topics/traditional_medicine/definitions/fr/index.html

6 DANIELA BAGOZZI. Medicina Tradiziona-le. OMS. http://www.who.int/mediacentre/factsheets/2003/fs134/fr/index.html. Consultéle 25 juin 2010.

7 DANIELA BAGOZZI. Medicina Tradiziona-le. OMS. Op. cit.

8 Organizzazione Mondiale della Salute,Strategia dell’OMS per la Medicina tradizio-nale per 2002-2005. O.M.S., Ginevra, 2002.

9 L’efedra o Ma Huang (Ephedra sinicaStapf, E equisetina Bge, E intermedia Shrenket CA Mey) contiene dell’efedrina, che rap-presenta dal 40 al 90 % degli alcaloidi totalidella pianta, che ha un’azione simpatomimeti-ca indiretta che agisce al livello cardiovasco-lare (aumento del ritmo cardiaco), polmonare(broncodilatazione) e centrale.

10 Agenzia francese di sicurezza sanitariadei prodotti sanitari. Decisione dell’8 ottobre2003 che comporta il divieto d’importazione,di preparazione, di prescrizione e di sommini-strazione di preparazioni magistrali, officinalie ospedaliere. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000794772&dateTexte= . Consultato il 21 marzo2010.

11 Agenzia francese di sicurezza sanitaria

dei prodotti sanitari. Decisione dell’8 ottobre2003 che comporta il divieto d’importazione,di preparazione, di prescrizione e di sommini-strazione di preparazioni magistrali, officinalie ospedaliere. http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000794772&dateTexte=. Consultato il 21 mar-zo 2010.

12 Questa nefropatia da erbe cinesi è unamalattia renale grave descritta per la primavolta nel 1993 in pazienti che avevano seguitoun regime alimentare dimagrente a base diestratti di erbe cinesi (Aristolochia fangchi)contenenti acidi aristolochici.

13 DEBELLE, FRÉDÉRIC Modèle expérimen-tal de fibrose rénale interstitielle induite parles acides aristolochiques («plantes chinoi-ses»). Thèse, Faculté de Médecine, 2005.http://theses.ulb.ac.be/ETD-db/collection/available/ULBetd-10182004-224123/ . Consultéle 21 mars 2010

14 Decisioni e dichiarazioni adottate dalla37.ma sessione ordinaria della Conferenza deiCapi di Stato e di Governo. 9 - 11 luglio 2001.http://www.africa-union.org/Official_documents/Assemblee%20fr/ASS01.pdf Consultato il21 marzo 2010.

15 Decisioni e dichiarazioni adottate dalla37.ma sessione ordinaria della Conferenza deiCapi di Stato e di Governo. 9 - 11 luglio 2001.http://www.africa-union.org/Official_documents/Assemblee%20fr/ASS01.pdf Consultato il21 marzo 2010.

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A nome mio personale e di tuttoil Consiglio dell’Ordine Provincia-le di Roma dei medici chirurghi edegli odontoiatri, un sentito ringra-ziamento a Lei, eccellentissimoPresidente del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari, non soloper il gradito invito ma anche perl’argomento, a noi molto caro, datrattare: “Cure sanitarie eque eumane”.

Siamo un Organo ausiliario del-lo Stato a tutela dei cittadini e so-prattutto dei più fragili fra questi.

Come ha ben detto MonsignorZygmunt Zimowski, nella presen-tazione della XXV conferenza in-ternazionale “Caritas in veritate”per una cura della salute equa edumana, occorre affrontare tutti in-sieme la scottante e attuale que-stione della parità di accesso ai ser-vizi sanitari se si vuole essere insintonia con la dignità dell’uomo.Esistono, purtroppo, profonde ine-guaglianze tra i sistemi sanitari deiPaesi ricchi e quelli dei Paesi po-veri o in via di sviluppo, ma neglistessi Paesi ricchi moltissimi citta-dini sono discriminati nell’accessoalle cure.

Sono anni che ci battiamo per-ché siano ridotte e progressiva-mente eliminate, nel nostro Paese,le imperdonabili differenze geo-grafiche dell’assistenza sanitariain generale e in particolare di quel-la domiciliare.

Compito della Politica dovrebbeessere quello, in ogni campo dellacollettività, ma in particolare nellatutela della salute, di assicurare li-

velli uniformi ed essenziali di assi-stenza per tutti e invece oggi assi-stiamo al progressivo accentuarsidelle differenze tra nord e sud.

In un Paese quale il nostro nelquale, da decenni, va progressiva-mente crescendo l’età media, equindi il numero degli anziani, sisarebbe dovuto, in maniere diffusae strutturale, riprogettare l’offertasanitaria a fronte di una domandadi salute profondamente mutata:più assistenza domiciliare, residen-ziale, semiresidenziale e più atten-zione, in particolare, alla non auto-sufficienza ed agli anziani soli.

L’invecchiamento della popola-zione porta con sé un esponenziale

incremento di tutte le patologiecronico-degenerative che impone,oggi più di ieri, politiche efficaci ecoraggiose.

La vera emergenza nel nostroPaese, simile ad altri Paesi avanza-ti del mondo, è proprio l’organiz-zazione sanitaria territoriale e so-prattutto domiciliare, in una visio-ne che non può e non deve più ri-spondere a una logica ospedalo-centrica.

Anche alla luce dell’enciclicaCaritas in veritate di Papa Bene-detto XVI, che si concentra sullosviluppo integrale della persona,non ci pare che il nostro sistemasanitario stia andando verso la giu-sta direzione.

Una società realmente solidalenon può escludere nessuno dallasanità o continuare a tollerareprofonde diseguaglianze.

Siamo peraltro convinti che lerisorse economiche pubbliche nonpotranno, purtroppo, crescere pa-rallelamente alle esponenziali ne-cessità sanitarie dei cittadini e per-tanto, per realizzare una “autenticafraternità”, dovremo, tutti insieme,incentivare quel meraviglioso ericco serbatoio, costituto dal vo-lontariato sociale in tutte le sueespressioni, a partire ovviamenteda quello cattolico.

Prof. MARIO FALCONIPresidente dell’Ordine Provinciale

di Romadei Medici-Chirurghi

e degli Odontoiatri,Italia

94 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

MARIO FALCONI

1. Cure sanitarie eque e umane a domicilio

TAVOLAROTONDACure sanitarie eque e umane

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95DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

La vita è preziosa e la morte ine-vitabile. Come scrive il SommoPontefice Giovanni Paolo II, di ve-nerata memoria, nella lettera apo-stolica Salvifici doloris, la morteprovoca sofferenza, che includesofferenza fisica e morale. La mo-derna terapia medica può, senzadubbio, alleviare il dolore fisico,ma non sembra altrettanto capacedi curare la sofferenza morale.

Nel 2010, l’Economist Intelli-gence Unit ha pubblicato uno stu-dio sulla “qualità della morte” conuna classifica mondiale delle cureterminali. Lo studio individua al-cuni principi e difficoltà fonda-mentali di queste cure. Esso indicache una qualità elevata della mor-te dipende da quattro fattori: l’am-biente di base, la qualità delle cu-re, la loro disponibilità e il loro co-sto. Mentre alcuni Paesi industria-lizzati si trovano ai posti più bassia causa di problemi connessi aduno o più fattori, il BRIC (Brasile,Russia, India e Cina) e altri Paesiin via di sviluppo sono all’ultimoposto1. In particolare, pur se oltre150 Paesi forniscono assistenzanegli hospice, i servizi sono per lopiù localizzati e inaccessibili alpubblico; solo trentacinque Na-zioni integrano le cure di tipo “ho-spice” nel settore principale dellasalute2.

Taiwan è al quattordicesimo po-sto tra quaranta Paesi e al primo tragli otto Paesi Asiatici che sono sta-ti presi in esame nella valutazionedella qualità della morte. L’assi-stenza in hospice che offriamorientra anche nell’ambito dei servi-zi sanitari regolari. L’Organizza-zione Mondiale della Sanità affer-ma che l’integrazione delle curepalliative nel sistema sanitario ri-chiede politiche adeguate, farmaciappropriati, istruzione e attuazionedel servizio. Per costruire una sofi-

sticata rete di hospice centrata suipazienti e le loro famiglie, Taiwanha goduto della cooperazione deifornitori di servizi, delle associa-zioni professionali, delle organiz-zazioni non governative e del Go-verno. Indipendentemente da dovesi è, di quali cure si ha bisogno o diquanto si soffre, si riceverà unostandard uniforme e appropriato diservizio. Siamo orgogliosi di que-sto risultato. Permettetemi di con-dividere la nostra esperienza contutti voi.

Il movimento hospice a Taiwanè iniziato 27 anni fa: nel 1983, ilProf. Chantal Chao della Fonda-zione cattolica Sanipax ha istituitoun programma di assistenza domi-ciliare. Nel 1990 e nel 1994, ri-spettivamente, il Mackay Memo-rial Hospital e il Cardinal Tien Ho-spital hanno avviato servizi di de-genza. Da allora, le cure hospicehanno prosperato nel nostro Paese:ora ci sono 77 equipe di hospice alservizio di 23 milioni di abitanti,che assicurano cure e consultazio-ne dei pazienti ricoverati, visite adomicilio e un totale di 683 postiletto. Quest’anno, il Governo hainiziato il finanziamento di un pro-gramma di formazione per dotaregli operatori sanitari delle case dicura delle competenze necessarieper fornire cure palliative ai de-genti nell’ultimo periodo della lo-ro vita.

Oltre alla rete vasta e dettagliatadei fornitori di servizi che è statacreata, ci sono due associazioniprofessionali che gestiscono pro-grammi di formazione specialisti-ca per medici e infermieri, comepure valutazione e accreditamentodelle equipe di assistenza in hospi-ce. Tali associazioni hanno contri-buito a diffondere il movimentohospice a Taiwan, aiutando i medi-ci a sviluppare competenze nel

trattamento dei malati terminali, epiù in generale, assicurando che ifornitori di servizi raggiunganouno standard di eccellenza.

Ci sono anche diverse organiz-zazioni locali non governative im-pegnate nella protezione legale,nell’educazione e nel sostegno allafamiglia. Esse educano il pubblicosul concetto di cure terminali, eforniscono anche informazionipratiche sull’assistenza ai pazientie alle loro famiglie. Anche i lorosforzi hanno contribuito a far pro-gredire il movimento hospice, col-mando la distanza tra la consape-volezza del pubblico sulle cure ter-minali adeguate e la cultura tradi-zionale cinese, che mette in evi-denza un buona fine per i morenti eun buon distacco dalla famiglia. Lefamiglie devono avere il coraggiodi affrontare la realtà che la mortebussa alla porta dei loro cari.

Infine, il Governo ha sostenutoil movimento hospice di Taiwan in

W. HENRY CHIANG

2. Cure sanitarie eque e umane negli Hospice:l’esperienza di Taiwan

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96 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

almeno tre modi. In primo luogo,ha dichiarato che le cure palliativesono uno dei servizi imprescindi-bili previsti dal piano nazionale diassicurazione sanitaria. Come ri-sultato, la maggior parte degliospedali non solo forniscono uncerto tipo di servizi di cure palliati-ve, ma lo fanno gratuitamente poi-ché il Piano Sanitario Nazionale nerimborsa i costi. Questo aiuta a farsì che ne possano usufruire tutticoloro che ne hanno bisogno, ed èuna dimostrazione di assistenzasanitaria equa. In secondo luogo, ilGoverno ha collaborato e finanzia-to gruppi privati per educare sia imedici che il pubblico a stabilireuno standard di cura, nonché adampliare i servizi, come risultaevidente nel nuovo programma diformazione dei lavoratori nelle ca-se di cura summenzionate. Inoltre,nel 2000 lo Yuan Legislativo haapprovato l’ “Hospice and Palliati-ve Care Act”, che consente ai pa-zienti di scegliere di non essere ria-nimati. Ciò rappresenta un grandepasso avanti nella protezione deidiritti umani e una dimostrazionedi rispetto per la vita.

Dopo aver parlato di come i for-nitori di servizi, le associazioniprofessionali, le organizzazioninon governative e il Governo han-no favorito lo sviluppo delle curenegli hospice a Taiwan, ora, inconclusione, vorrei sottolineare inche modo le istituzioni cattoliche

hanno risposto, e possono rispon-dere, al movimento hospice.

Come ospedale leader cattolicodi Taiwan, guidato dal valore fon-damentale di “Amare Dio, amarela gente e rispettare la vita”, il Car-dinal Tien Hospital ha profuso tan-te energie nelle cure a lungo termi-ne e nei servizi di assistenza di finevita. Il concetto di “cure olistiche”è fondamentale per i nostri servizi.Esso comporta quattro aspetti: cu-ra di tutta la persona (dunque nonsolo cure fisiche, ma anche curamentale e spirituale); cura dell’in-tero viaggio (dall’inizio della ma-lattia fino al termine della vita);cura di tutta la famiglia (comecounselling in caso di lutto), edequipe completa di assistenza (ap-proccio multidisciplinare profes-sionale). Questo modello di cura èdiventato la pratica standard aTaiwan, ma la sua caratteristicaspecifica è l’inclusione di un sog-getto pastorale nella nostra squa-dra di cure hospice. L’inserimentodi una persona per la cura pastora-le è significativo in quanto la curadella salute dovrebbe coinvolgerenon solo le cure mediche acute, maanche l’assistenza spirituale. Lamedicina moderna senza dubbio siè concentrata sulle esigenze fisi-che, ma spesso è sembrato che tra-scurasse i bisogni emozionali espirituali dei pazienti e delle lorofamiglie. Questa negligenza puòraddoppiare la loro sofferenza.

Come è stato affermato nella let-tera enciclica, “non ci sono svilup-po plenario e bene comune univer-sale senza il bene spirituale e mo-rale delle persone” (Caritas in ve-ritate, n. 76). Guidate da questoprincipio, le Chiese locali cattoli-che possono contribuire in tal mo-do ad alleviare il dolore e a pro-muovere il benessere nella dimen-sione spirituale della vita. Essepossono collaborare con le autoritàmediche per fornire cure sanitarieolistiche e umane, e possono solle-citare i professionisti medici ad unmaggiore coinvolgimento nellecure terminali, e alla difensa pres-so il pubblico e il Governo dellanecessità di cure hospice più equee umane. Con tali sforzi, credo cheun giorno potranno essere fornitecon amore cure hospice eccellentiin ogni angolo del mondo.

Dott. W. HENRY CHIANGCapo della Medicina Palliativa,

Cardinal Tien Hospital,Taipei, Taiwan

Note

1 Economist Intelligence Unit. (2010). TheQuality of Death: Ranking End-of-life Careacross the World.

2 International Observatory on End of LifeCare. (2006). Mapping Levels of PalliativeCare Development: A Global View. As citedin Economist Intelligence Unit (2010).

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La tradizione cristiana dellaguarigione sulla base del perdonoè ampio. Attraverso il sacramentodella confessione, Dio garantisce ilcompleto perdono dei peccaticommessi dall’uomo. Il Dio cheperdona cerca una possibilità di di-menticare la colpa. Perciò il Van-gelo cristiano può costituire unaparte molto importante e utile del-la complessa terapia necessaria acurare il carcerato malato. La cer-tezza che Dio non lo ha mai lascia-to e che non lo abbandonerà mai,aiuterà a liberare il carcerato dallasua prigione di colpa. Questo poifornirà la base per il ritorno alla so-cietà come un membro completo esano.

Se il completo perdono e il ri-spetto per la dignità del carceratomanca, il carcerato diventa unavittima indifesa che può esseresfruttato in molti modi. Un orribileed estremo esempio di tale tratta-mento dei carcerati fu il campo diconcentramento a Dachau in Ger-mania. Persone innocenti furonotrattenute con nessun rispetto perla loro dignità umana. I carceratifurono sfruttati e usati per i lavoriforzati. Invece delle cure sanitarie,i trattamenti medici furono perver-titi in tal modo che i prigionieri fu-rono costretti a partecipare a espe-rimenti pseudo-scientifici. I proto-colli del processo di Norimbergaindicano che lo staff medico nonriconobbe le loro vittime comeuguali e li vide come Untermen-schen che non meritano rispetto edignità2. Il trattamento dei prigio-nieri nei campi di concentramentoNazisti illustra drammaticamentecome l’assenza di rispetto per l’u-mana dignità genera uno sfrutta-mento sfrenato dei prigionieri.

Completamente diverso è il trat-tamento delle donne carcerate nel-la prigione di Repy nella Repub-blica Cecoslovacca. La prigione,che è in un sobborgo di Praga, for-ma una parte del convento delle

cerato ed è la base per la reintegra-zione e la riabilitazione del carce-rato.

Il perdono deve coinvolgere tut-ti gli aspetti della colpa che in-fluenza il carcerato. Come può es-sere conseguito questo completoperdono?

Primo, il carcerato deve accetta-re la colpa che egli ha causato a séstesso attraverso il crimine che hacommesso e impegnarsi là dove èpossibile di alleviare quella colpa.Il carcerato può aver sofferto eglistesso l’ingiustizia e questa ingiu-stizia può possibilmente essereparte delle circostanze che hannocondotto al crimine. Così la secon-da parte del completo perdono èche il carcerato ha bisogno di di-menticare l’ingiustizia subita eastenersi da ogni sentimento divendetta. Recentemente, il valoredel perdono è stato esplorato nellaletteratura scientifica della ricercapsicologica. Gli studi presentanoprova della potente capacità diguarigione di un atteggiamentopersonale che include il perdonocompleto1.

Infine, e molto più importante, ilcarcerato in generale e così moltodi più il carcerato come pazienteha bisogno di un trattamento che èbasato sul perdono e sulle tenerecure. Questo è basato sul rispettoper la persona e la dignità del car-cerato. Questo rispetto per la di-gnità innata del carcerato deve es-sere incondizionato e non in rela-zione alla vita passata e presentedel carcerato. Tale rispetto incon-dizionato per il carcerato è ideal-mente radicato nella fede Cristianache rispetta tutti gli uomini poichésono a immagine di Dio. La so-cietà secolare, d’altra parte corre ilrischio di modificare la dignitàumana secondo gli scopi della so-cietà. Molto peggio, gruppi indivi-duali come i carcerati sono in talmodo esclusi dai completi beneficidella dignità umana.

Le cure sanitarie eque e umanenelle prigioni sono associate con lemaggiori sfide. Più degli altri pa-zienti, i carcerati soffrono di ma-lattie mentali e somatiche. In que-sto contesto, il problema di colpe-volezza gioca un ruolo centrale.Occorre che un’efficace terapia siarivolta a questo problema e liberi icarcerati dalla loro colpa. Il perdo-no, perciò, deve essere una parteessenziale delle cure sanitarieumane nelle prigioni.

La questione di colpevolezzagioca un ruolo centrale in ogni ma-lattia. Come molti degli altri pa-zienti, il carcerato malato si chiedese egli è responsabile della sua ma-lattia. Farsi questa domanda è ra-gionevole poiché un’analisi deifattori di rischio può, almeno inparte chiarificare la causa dellamalattia, in tal modo prevenendola ricorrenza e sostenendo la riabi-litazione.

Il carcerato è colpevole a causadel crimine che ha commesso. Iltempo passato in prigione intenderedimere la sua colpa ed indurre lariabilitazione necessaria a reinte-grare il carcerato nella società.

Esposto a questa doppia forma dicolpa, il carcerato può finire in unasituazione in cui è rinchiuso nellasua prigione di colpa. Non aiutato,la colpa causa disperazione e alte-razioni nevrotiche. Questi problemimentali possono condurre a un ag-gravamento dei sintomi somaticidel carcerato, a un deterioramentodella sua malattia e, alla fine gene-rare un circolo vizioso che perpetuamalattie psicosomatiche.

Il perdono è l’appropriato mez-zo per interrompere questo circolovizioso. Solo il completo perdonopuò creare una risoluzione dellacolpa e condurre a rafforzare la sa-lute, cioè la salute che mira a con-seguire il completo recupero dallemalattie mentali e fisiche. Talecompleto recupero è necessarioper ristabilire l’equilibrio del car-

DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011 97

CHRISTOPH VON RITTER

3. Cure sanitarie eque e umane nelle prigioni

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98 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

Suore della Misericordia di S. Car-lo Borromeo. Il monastero fu ori-ginariamente fondato nel 1858.Nel 1865 le suore iniziarono a la-vorare con le donne carcerate. Nel1948, sotto il regime Comunista, ilmonastero fu chiuso, le suore ven-nero incarcerate, e l’edificio fuusato come Istituto di Ricerca del-la Tecnologia Agricola. Quarantaanni più tardi, nel 1989, il fabbri-cato fu di nuovo rilevato dalleSuore della Misericordia di S. Car-lo Borromeo. Con l’aiuto di moltisponsors, il convento fu egregia-mente restaurato. Serve ancora perun duplice scopo: come casa di cu-ra e asilo per persona invalide emalate croniche e come prigionefemminile. Le donne carcerate la-vorano insieme con le suore e ilpersonale laico nei diversi settoridella casa di cura. Esse sono occu-pate nella cucina, nella lavanderia,come guardarobiere e nel giardino.Inoltre esse possono aiutare nei re-parti e assistere lo staff infermieri-stico. Per alcune di loro è la primavolta che incontrano le infermità el’invalidità fisica e mentale: Lapossibilità di aiutare i pazienti an-ziani offre un’unica opportunitàper praticare la gentilezza e lacomprensione. Questo, a sua voltapromuove il processo di perdono

per sé stesse e per gli altri, restaurala stima di sé e genera la certezzache esse ancora diventeranno utilimembri della società. Alle carcera-te vengono offerti corsi di adde-stramento infermieristico e vengo-no loro conferiti il diritto di acqui-sire un diploma come assistentimedici Questo è un valore aggiun-to per ottenere la loro vittoriosareintegrazione nella società.

Alla fine per alcune l’amore al-truistico e la vita spirituale di cui viè testimonianza attorno a loro leaiuta a ricondurle alla fede cristia-na che può diventare la base delleloro vite future.

Il tasso delle carcerate recidiverilasciate dalla prigione di Repy èsignificativamente più basso chealtrove nel paese e alcune dellepassate carcerate sono a strettocontatto con il convento dopo laloro liberazione. Così dopo averfunzionato per parecchi anni que-sto unico progetto si è dimostratoessere altamente riuscito e meritaun’ ampia applicazione in tutto ilmondo.

In conclusione il trattamentodelle carcerate nella prigione è unbuon esempio delle necessità perl’equità e per l’umanità nell’assi-stenza sanitaria. Più degli altri pa-zienti, i carcerati soffrono di ma-

lattie somatiche e mentali in partecausate da un opprimente e assolu-to sentimento di colpevolezza. Perristabilire un equilibrio fisico ementale, il perdono completo èuna precondizione essenziale peruna cura prolungata. Il carceratodeve cercare il perdono per il suocrimine, perdonare sé stesso e glideve essere garantito il perdono. Ilperdono è basato su l’incondizio-nato rispetto per la dignità del car-cerato. La sicura base per tale ri-spetto è la fede cristiana che consi-dera il carcerato ad immagine diDio.

Prof. CHRISTOPH VON RITTERDirettore Medico, RoMed Klinik Prien

Teaching HospitalUniversità Ludwig-Maximilians,

Monaco, Germania

Note

1 LUSKIN, Forgive for Good: A Proven Pre-scription for Health and Happiness (Harper,22; 2.S. Sarinopoulos, Forgiveness and Physi-cal Health: Un Sommario di una Dissertazio-ne Dottorale’, World of Forgiveness n.2(2000), 16-18

2 EBBINGHAUS/DÖRNER, Vernichten undHeilen, der Nürnberger Arzteprozeß (AufbauVerlag, Berlin 2001)

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99DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

Uno dei diritti umani basilari èl’accesso alle cure sanitarie. Tutta-via la violazione di questi diritti,incluso il diritto ai servizi medicibasilari è una pratica mondiale.Questa dissertazione tratterà l’ar-gomento che si riferisce all’acces-so delle cure sanitarie nelle fabbri-che, lo scopo è di determinare finoa che punto il sopramenzionato di-ritto sia rispettato. Inizierò presen-tando questo problema con l’e-sempio del mio paese natio, la Po-lonia ancora in uso, poi farò riferi-mento al nord Europa e alle econo-mie emergenti, e successivamentetratterò la situazione nei paesi invia di sviluppo e a basso reddito.Nessuna carta statistica sarà inclu-sa in questa dissertazione, poiché idati disponibili sono solo fram-mentari o approssimativi. D’altraparte la mia dissertazione supponedi fornire uno schema globale delproblema.

La Polonia vanta una lunga tra-dizione di servizi di cure sanitariefornite nelle fabbriche. Uno degliiniziatori di questo sistema fu unsacerdote cattolico, Stanislaw Sta-szic, il fondatore del cosiddetto Di-stretto Industriale situato nella Po-lonia centrale. Fu agli inizi del1809 che nelle acciaierie e nellefonderie che egli aveva impiantatofu assunto un medico per fornire ilavoratori con i necessari servizisanitari. Il sistema di cure sanitarieintrodotto dopo la Seconda GuerraMondiale fu basato sulla disponibi-lità universale dei servizi sanitariche erano completamente gratuiti.In ogni grande fabbrica , c’era unmedico, un dentista e infermieri, eperciò i dipendenti avevano un ac-cesso senza limiti ai servizi medicidi alta qualità. Infatti questo siste-ma di cure sanitarie nei luoghi dilavoro organizzati nel 1960 fu mol-to efficace. Furono anche costruitiistituti di medicina del lavoro e ciòpose il nostro paese tra i leadermondiali a questo riguardo. Lo

scopo fu la protezione della salutedei lavoratori. Molti medici furonoaddestrati a diventare consulentidella medicina del lavoro. Allostesso tempo fu preparata una rile-vante legislazione, lo scopo era diregolare questi processi in un mo-do consistente e altamente logico.Perciò, i dipendenti ricevettero esa-mi medici regolari, che non solostabilì la loro capacità a continuareil lavoro ma fornì anche misure diprevenzione efficaci e ampie. Oc-corre mettere in evidenza che datoil tasso insignificante di disoccupa-zione, la maggioranza della popo-lazione era coperta da questo siste-ma sanitario. Venti anni fa la Polo-nia vide delle estese trasformazio-ni. Sfortunatamente in alcune aree,incluse le cure sanitarie, questicambiamenti portarono dei risulta-ti inacettabili e non prevedibili. Letrasformazioni nella sfera della po-litica richiesero cambiamenti eco-nomici su larga scala. La maggiorparte degli impianti industriali sta-tali furono trasformati in impreseprivate mentre molte delle rima-nenti andarono in rovina, poichénon vi furono altri stabilimenti cheprendessero il loro posto. Apparveun alto tasso di disoccupazione ediventò il maggior problema. Que-sti cambiamenti avevano anche unsignificativo impatto sulle cure sa-nitarie, che mentre erano efficaci eben funzionanti nel precedente si-stema economico, fallirono nell’af-frontare le sfide dell’economia dellibero mercato.

È il libero mercato un vantaggioper le cure sanitarie, come è soste-nuto dai liberali? Vorrei portare lavostra attenzione sul vero termine“cura sanitaria” che è esso stessoin contraddizione con il meccani-smo del libero mercato. Il liberomercato regola eccellentementel’operato delle fabbriche dove al-cune merci (cose!!!) sono lavorate.Tuttavia quando sono introdottinel sistema delle cure sanitarie

questi meccanismi del libero mer-cato possono facilmente trasfor-mare il paziente in un prodotto(una cosa). Una domanda sorgequi: una tale situazione è normale?Può un tale sistema che è ancoramantenuto in molti paesi altamen-te sviluppati inclusi quelli in Euro-pa e in America, essere accettato?Piuttosto questi paesi reclamanoessere all’avanguardia della civi-lizzazione con un profondo sensodell’umanesimo tenuto in granconto. Quando in un libero merca-to vi è il necessario spazio per lacompassione, l’aiuto disinteressa-to, un momento di contemplazio-ne, e primo e principale, la buonavolontà di offrire una mano a colo-ro che sono nel bisogno? I mecca-nismi del libero mercato sono di-struttivi della relazione essenzialetra il paziente (uomo) e i dipenden-ti (persone) del sistema di cure sa-nitarie, perché “il tempo è denaro”,perché il numero dei pazienti (o,forse, le cose disumanizzate) rice-vute e i redditi generati nel proces-so costituiscono lo scopo superio-re. Ciò che è emerso è un insensi-bile seguito di tutti gli stadi di unimpersonale, automatica procedu-ra, conclusa con la frase “Arrive-derci – il prossimo per favore”.Quindi ci piacerebbe domandarcise un tale sistema porta qualchevalore alla società, poiché questasocietà, per funzionare propria-mente dovrebbe essere fornita conservizi di cure sanitarie iniziandonel luogo in cui ogni uomo spendeun terzo della sua vita terrena – illuogo di lavoro.

Un esempio calzante è la situa-zione in alcuni paesi in Europa enel Nord America, che nonostantela loro indiscutibile ricchezza han-no fronteggiato le maggiori diffi-coltà nel funzionamento dei lorosistemi di cure sanitarie. Malgradole dichiarazioni ufficiali dell’altaqualità dei servizi medici forniti là,i loro sistemi sono inefficienti con

STANISLAW SZCZEPAN GÓŹDŹ

4. Cure sanitarie eque e umane nelle fabbriche

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100 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

l’accesso impedito a un adeguatoservizio sanitario delle classi piùpovere. Nella maggior parte deicasi, le persone non vengono assi-stite nei loro problemi di salute, acausa della loro povertà, esse nonoffrono occasione per i profitti ul-teriori di qualcun altro. Questo è ilmodo in cui i liberali tentano dispingere le leggi del libero merca-to nel sistema sanitario. Non è for-se un viaggio passo dopo passoverso la civilizzazione della mor-te? “Questo paziente è meritevoledi ricevere una cura e quello no,poiché è seriamente malato. Dalpunto di vista economico, egli è in-fruttuoso ed è meglio che eglimuoia in pace, o, se fosse possibi-le (che sarebbe più remunerativoin termini finanziari) lascino chequalcuno abbia qualche guadagnodalla loro morte”. E chi si supponeche abbia questo profitto? È ovvia-mente una compagnia commercia-le, un’ impresa liberale che conuna piccola spesa, ti aiuterà a orga-nizzare una “morte umana” – unamoderna e solida finanziariamente– eutanasia. La domanda che ci èstata appena rivolta dovrebbe ave-re una risposta da tutti noi. Siamonoi tutti ancora degli esseri umani?O dovremmo tendere a trattare glialtri come se fossero delle merci –delle cose? O, forse, abbiamo giàsmesso di pensare e di percepire lavita e la morte nel modo in cui sia-mo soliti?

Le estese trasformazioni che ilsistema delle cure sanitarie subì im-mediatamente scatenò i maggioricambiamenti nell’organizzazionedei servizi di medicina del lavoro.La maggior parte delle cliniche cheoperano negli impianti industrialifurono semplicemente chiuse. Og-gigiorno, le grandi compagnie nonassumono nemmeno un numero li-mitato di medici o infermieri per ibisogni dei loro dipendenti. Invece,essi affidano tali servizi a istituzio-ni esterne spesso private – clinichedi pazienti esterni o unità di medi-cina del lavoro. Tuttavia dovrebbeessere notato che i dipendenti sonoancora coperti dal sistema di assi-curazione nazionale, con periodiciesami medici come anche altriaspetti della medicina del lavoroche sono efficacemente regolati daleggi pertinenti.

Sfortunatamente questo statusquo sembra essere in pericolo. Con

i processi di globalizzazione incorso, le nuove tendenze essendoinopportunamente giustificate dal-la necessità di tagliare i costi, sonoemerse con lo scopo di “ottimizza-re” il sistema di cure sanitarie.Questo significa semplicementeche il sistema di cure sanitarie de-ve essere più ridotto. Per esempio,si stanno facendo degli sforzi perimporre dei limiti nell’ambito de-gli esami preventivi con l’elimina-zione degli esami di laboratorio.Questo porta instabilità nella legi-slazione del caso, che è pericolosopoiché risulta in un deflusso delpersonale professionale medico al-tamente qualificato. Infatti, la me-dicina del lavoro ha cessato di es-sere un campo in cui i medici vo-gliono specializzarsi. Ciò che atte-sta questa situazione è un grandenumero di inutilizzate opportunitàdi addestramento di specialisti inquesta area, che è paragonato adaltre specialità richieste da altricandidati, è un nuovo fenomeno.Se la ricerca di profitti si supponeche sia la sola determinante qui, lapressione sui costi del lavoro risul-ta nell’idea che è inutile l’accumu-lo di esaurienti servizi di cure sani-tarie che sono ampiamente dispo-nibili ai dipendenti.

Un altro attuale problema in Po-lonia è l’assunzione illegale dei la-voratori, senza registrarli, comeanche costringere i dipendenti acontinuare il lavoro su una baseautonoma, là dove de facto porta-no avanti gli stessi servizi che fa-cevano sulla base di un contratto dilavoro. A tali “dipendenti” autono-mi (dipendenti e datori di lavoroallo stesso tempo) non vengonoofferti esami periodici e altri es-senziali servizi sanitari, ciò risultain un ampia gamma di malattie chesi sviluppano in questo gruppo dipersone in aggiunta al generale de-terioramento della loro salute. Allafine del giorno, non solo la soffe-renza umana è una conseguenzaqui ma anche considerevoli costisostenuti dalla società, poiché i pa-zienti con malattie croniche causa-te dal lavoro sono spesso a caricodal sistema sanitario statale. La cu-ra nel caso di una avanzata malat-tia implica spese che sono unadozzina di volte superiori ai costidelle procedure che si compionoagli inizi della malattia senza men-zionare le somme di denaro neces-

sarie per la prevenzione. La pre-venzione è molto meglio della cu-ra, anche in termini finanziari.Questo è valido non solo per l’on-cologia ma anche per le malattieassociate al progresso della civiliz-zazione.

La situazione è la stessa in altripaesi europei inclusa in quelle alta-mente sviluppate con i lavoratorimigranti dai cosiddetti “Stati dinuovi Membri” o da oltre l’UnioneEuropea che sono assunti illegal-mente che acconsentono ad esserepagati con un basso salario senzaalcuna assicurazione sociale spe-cialmente esposti a questi proble-mi. Tali lavoratori oltre a guada-gnare molto poco non hanno acces-so ai servizi sanitari essenziali.Una comune ragione per il ritornoai loro paesi natii è la loro saluterovinata con il risultato finale diuna tale situazione che è un caricoperfino più grande dei sistemi sani-tari inadeguatamente finanziati inquesti paesi che sono in ogni modoeconomicamente più deboli.

Ora, mi piacerebbe illustrarebrevemente la situazione nelleeconomie emergenti, il cui impattonell’economia globale, inclusi ipaesi europei, è significativo inmodo crescente. Secondo il rap-porto di Amnesty International delMarzo 2007, la violazione dei di-ritti umani fondamentali è una co-mune avvenimento là. Potenzialiinvestitori stranieri con profittienormi essendo il loro scopo su-premo, riguardano questi paesi co-me luoghi altamente attraenti. Inquesti paesi l’ammontare della pa-ga è molto bassa. Assumere bam-bini è assai diffuso. Le condizionidi lavoro sono generalmente moltocattive ed i servizi sanitari essen-ziali non sono forniti. Nella mag-gior parte delle fabbriche tessilisono assunte le giovani donne del-le aree rurali. Considerate esseremolto obbedienti, accettano il la-voro più duro a condizioni inade-guate, poiché la situazione econo-mica nelle aree dalle quali esseprovengono è perfino peggiore. Ingenerale, queste dipendenti lavo-rano 12-14 ore al giorno, avendosolo un giorno libero al mese. Essesviluppano una vasta schiera dimalattie del lavoro e collegate allecondizioni sanitarie Secondo que-sto rapporto il 90% delle donneimpiegate nell’industria tessile

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non hanno accesso ai servizi socia-li, inclusi gli essenziali servizi sa-nitari. Perciò con questo procedi-mento sono fabbricate merci in-comparabilmente a basso costo,ineguagliate in termine di prezzo.Il mondo è inondato da tali prodot-ti che spesso causano serie pertur-bazioni nei locali (per esempio Eu-ropei) mercati del lavoro, che nonpossono combattere una competi-zione basata sull’ingiustizia socia-le e sull’umana sofferenza.

L’Europa, la culla della modernacivilizzazione, dovrebbe usare tut-ti i suoi disponibili strumenti eco-nomici (per esempio l’embargo) oesercitare pressioni politiche alloscopo di migliorare le condizionidel lavoro nelle fabbriche e assicu-rare che i servizi sanitari siano am-piamente disponibili nei paesi invia di sviluppo. Non si nega che laconsapevolezza tra gli Europei e icittadini degli USA e del Canadadell’ingiustizia manifesta riguar-dante la disponibilità di servizi dicure sanitarie nelle emergenti eco-nomie è accompagnata dal lorosfrenato uso dei “benefici” dellaforza di lavoro a basso costo attra-verso l’acquisto di una ampia gam-ma di merci costruite là iniziandodalle scarpe industriali e finendocon i prodotti elettronici high-tech.

Sua Santità, nella sua enciclicaCaritas in veritate, Lei sottolinea-va l’idea di sostituire la ristretta“logica del mercato” con la logicadel dono e della solidarietà globale.

Cosa dovremmo dire oggi è unacosa fondamentale – la logica del-l’umanesimo: rispetto per il lavo-ratore come persona a cui è statadata una vita, che è unica e inesti-mabile agli occhi di Dio. L’uomonon può essere ridotto al livello diuna macchina manifatturiera. Que-sto significherebbe la caduta dellacivilizzazione del ventunesimo se-colo.

Allo stesso tempo, una voce sidovrebbe levare – meno denarospeso per armamenti e per tecno-logie mortali (industria della dife-sa) e più denaro speso nella prote-zione della salute, specialmente inquei luoghi dove la salute è spessodanneggiata e sprecata – i luoghidi lavoro!

Ai politici dovrebbe essere ri-cordata invariabilmente la loro vo-cazione a costruire la civiltà dellavita, la solidarietà e la cooperazio-ne internazionale piuttosto chepromuovere la crudele e insensibi-le competizione con le distrutte sa-lute e dignità dei lavoratori!

I giornalisti della stampa e i re-porters della TV/radio dovrebberoessere più coinvolti nell’esporrequeste gravi situazioni e tragedieumane, poiché la loro gamma edestensione sono spesso più ampieche al tempo del più nero capitali-smo (considerando il più alto livel-lo di conoscenza e di informazioneche fluisce oggigiorno). Lasciamoche mostrino solidarietà con i lorofratelli e sorelle che sono afflitti da

questi processi distruttivi! Senza laloro fidata informazione, molti po-litici in molti paesi non farebberopassi decisivi per provvedere i di-pendenti con l’assistenza sanitarianecessaria.

Ugualmente importante è appel-larsi a qualche rappresentante del-la professione medica, che, com-prendendo il potenziale della loroconoscenza esperta e della loroforza politica non dovrebberochiudere gli occhi davanti alle tra-gedie della “gente comune”. Ciòche dovrebbero invocare è la lororesponsabilità, per gli inesorabilistrumenti di sfruttamento che sonoil male sostituendoli con la docilee ubbidiente collaborazione con ilCreatore poiché essi comprendonoche qualche volta falliscono nel fa-re anche se essi hanno la cono-scenza necessaria e le capacità dieseguire del tutto i loro doveri. Alpubblico dovrebbero essere mo-strati questi medici e ministri le cuimenti sono disposte nel fornireservizi medici a ciascuna personasia povera che ricca, e che tentanodi costruire un sistema sanitarioche sosterrà le persone come loro.La vitale idea dei servizi sanitariforniti nel luoghi di lavoro dovreb-be essere prioritaria.

Prof. STANISLAWSZCZEPAN GÓŹDŹ

Direttore dell’Ospedaledi Oncologia di Kielce,

Polonia

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102 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

Perché il personale sanitario de-ve far fronte ad alcune questioni dicarattere deontologico, etico e le-gislativo? Cerchiamo di compren-dere questa domanda: essa sugge-risce che la deontologia, l’etica e lalegge possono contraddirsi. Taledisaccordo può essere all’originedelle difficoltà che incontra il per-sonale sanitario. Si capisce, quin-di, come queste persone sentano ilbisogno di un chiarimento neces-sario all’esercizio della loro pro-fessione, nelle migliori condizioniper i loro pazienti e per loro stessi.

Nella prima parte di questo in-tervento, abbiamo ritenuto utilecercare le cause della contraddi-zione tra deontologia, etica e leg-ge. Nella seconda parte, ne esami-neremo le conseguenze.

1.Le cause della contraddizionetra deontologia, etica e legge

Il disaccordo tra deontologia,etica e legge sembra essere all’ori-gine delle difficoltà incontrate dalpersonale sanitario. In effetti,quando queste tre fonti normativesono concordanti, il personale sa-nitario non ha motivo di sottomet-tersi a tale corpus coerente, salvo avolersi escludere essi stessi dallapropria comunità. Il problema vie-ne dunque dal fatto che il persona-le sanitario può trovarsi a doverfronteggiare le prescrizioni delladeontologia, dell’etica e della leg-ge che non vanno nello stesso sen-so. Essi allora sono vittima di in-certezze le cui conseguenze posso-no ricadere sulle loro pratiche.Possono anche essere tentati di op-porsi a queste diverse prescrizioni,esonerandosi dal rispetto di alcunedi esse. In questo caso, essi sono

altrettanto colpevoli che vittime.Da dove viene il fatto che tra que-ste tre fonti normative sia possibileuna tale contraddizione, pregiudi-zievole a una buona pratica al ser-vizio dei pazienti? Essa sembra de-rivare principalmente da due cau-se: la rottura della legge positivistae la rottura epistemologica dellostatuto della scienza.

a. La rottura della leggepositivista

Per realizzare pienamente la rot-tura del positivismo, è interessantericordare l’itinerario storico dellariflessione etica in medicina.

“All’origine dell’etica medica,nelle società arcaiche come inquelle più evolute dell’antichità,erano presenti sempre tre elemen-ti: le esigenze di carattere etico cheil medico doveva rispettare, il sen-so morale dell’aiuto ai malati e ledecisioni che lo Stato doveva pren-dere in rapporto ai problemi che isuoi cittadini dovevano affrontarein materia di salute pubblica. Già ilCodice di Hammurabi del 1750a.C., influenzato dalle precedentiprescrizione sumere, contiene nor-me che regolano l’attività medica euna prima regolamentazione delletasse per l’aiuto alla salute. Inoltre,non si può, nella ricostruzione delpensiero etico occidentale in cam-po medico, ignorare Ippocrate(460-370 a.C.) e il suo Giuramen-to”, nota il Cardinal Sgreccia1. Aquesto riguardo, egli mostra comeil Giuramento fondi la moralità del-l’atto medico sul principio di bene-ficienza, cioè il bene del paziente,posto al di sopra della legge stessa,e non su una semplice morale di ca-sta medica.

In seguito, con Platone, Socrate e

Aristotele, lo sforzo fu diretto a sta-bilire criteri non soggettivi dellamoralità, fondati sulla verità obiet-tiva e sulla consapevolezza del be-ne in sé. Così formulazioni analo-ghe del Giuramento sono presentiin più culture.

Il Cristianesimo, da parte sua,non soltanto ha riservato una buonaaccoglienza all’etica ippocraticama non ha smesso di innovare fon-dando il concetto di persona umanaal di sopra del dualismo tra l’animae il corpo, quello dell’aiuto al mala-to (“è a me che l’avete fatto”) equello della professione medica (ilBuon Samaritano). Il Cristianesimoha sempre cercato il dialogo tra fe-de e scienza attraverso la mediazio-ne della ragione, che è loro riferi-mento comune.

Al contrario, il principio di auto-nomia, derivato dalla filosofia deiLumi, fonda l’agire morale sullasola scelta autonoma dell’indivi-duo, indipendentemente dalla ve-rità: la sua libertà è praticamentesenza limiti, si arresta solo là dovecomincia quella degli altri, ma acondizione che gli altri disponganodei mezzi per valersi della loro li-bertà. Agli “altri” che, come gli em-brioni, i feti, i bambini handicappa-ti, i vecchi o i malati in fin di vita,non sono più considerati delle per-sone, questa libertà non viene rico-nosciuta. La scissione del binomioverità-libertà rende difficile difen-dere la nozione di bene comune.L’interesse soggettivo diventa prin-cipale e provoca il relativismo eti-co. Il diritto non dipende più in nes-sun modo dalla verità e non ha piùcome scopo la giustizia, ma è ridot-to a un atto di volontà normativa daparte di colui che governa. È il po-sitivismo giuridico che riconoscecome diritto solo ciò che è nella

JEAN-MARIE LE MÉNÉ

L’operatore sanitario di fronte ad alcunequestioni di carattere deontologico,etico e legislativo

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legge, che il suo contenuto sia giu-sto oppure no.

Le conseguenze di questa conce-zione positivista sono estremamen-te gravi. La legge diventa un sem-plice meccanismo di regolazione,d’arbitraggio tra gli interessi indivi-duali, un modo di ricerca del con-senso, una procedura formale persalvare gli interessi di una maggio-ranza mutevole. Ne risulta un du-plice fenomeno contrario: da un la-to la legge è amorale in quanto nonè più irrigata dalla morale, dall’al-tro la legge e la morale tendono aconfondersi nella mente dei cittadi-ni che non hanno altri riferimentinormativi che la legge. Ciò che è le-gale è diventato morale. Basta cam-biare la regola per essere in regola.In realtà, il risultato è lo stesso: lalegge è quella del più forte ed è ar-bitraria. Essa, soprattutto, è diven-tata tossica nella misura in cui ap-pare come capace ormai di inquina-re la morale e la deontologia tradi-zionale che non sono prodotti disintesi.

Come osserva l’Evangelium Vi-tae, “il valore della democrazia stao cade con i valori che essa incarnae promuove: fondamentali e impre-scindibili sono certamente la di-gnità di ogni persona umana, il ri-spetto dei suoi diritti intangibili einalienabili, nonché l’assunzionedel «bene comune» come fine e cri-terio regolatore della vita politica.Alla base di questi valori non pos-sono esservi provvisorie e mutevoli«maggioranze» di opinione, ma so-lo il riconoscimento di una leggemorale obiettiva che, in quanto«legge naturale» iscritta nel cuoredell’uomo, è punto di riferimentonormativo della stessa legge civile.Quando, per un tragico oscuramen-to della coscienza collettiva, loscetticismo giungesse a porre indubbio persino i princìpi fonda-mentali della legge morale, lo stes-so ordinamento democratico sareb-be scosso nelle sue fondamenta, ri-ducendosi a un puro meccanismo diregolazione empirica dei diversi econtrapposti interessi”2.

La moderna deriva del dirittoverso il positivismo scava, perciò,un profondo fossato che lo separasempre più dalla deontologia medi-ca al servizio del malato e dell’eticapersonalista. “In questo modo giun-ge ad una svolta dalle tragiche con-seguenze un lungo processo stori-

co, che dopo aver scoperto l’ideadei «diritti umani» – come dirittiinerenti a ogni persona e precedentiogni Costituzione e legislazione de-gli Stati –, incorre oggi in una sor-prendente contraddizione: proprioin un’epoca in cui si proclamanosolennemente i diritti inviolabilidella persona e si afferma pubblica-mente il valore della vita, lo stessodiritto alla vita viene praticamentenegato e conculcato, in particolarenei momenti più emblematici del-l’esistenza, quali sono il nascere e ilmorire”3.

b. La rottura epistemologicadello statuto della scienza

Il recente avvento delle scopertegenetiche e cellulari, cioè delle leg-gi scientifiche che presiedono allaformazione della vita, ha provocato

una sorta di rivoluzione concettualeche ha rafforzato la separazione tramorale e legge. In effetti, con que-ste scoperte l’uomo ha creduto dipoter creare e distruggere se stesso,da quando ha visto nascere la vita infondo a una provetta o sotto la lentedi un microscopio. Infine, è arriva-to a controllare il proprio destinodall’inizio al termine della vita. Ilsuo potere è diventato demiurgico.Abbagliato da queste imprese, eglinon ha più bisogno di un riferimen-to trascendente. Quel che è richie-sto è unicamente un riferimento uti-litarista ed economico, come pureuna giustificazione basata sulla ri-cerca di una felicità eternamente in-soddisfatta e che resta da definire.Tutto questo ci porta molto lontanodalla deontologia e dalla morale. Lasensazione di vertigine, ebbrezza e

onnipotenza avvertita da tutta la so-cietà, agisce come potente accelera-tore della trasgressione. La scienzamedica entra dunque in una nuovafase sotto l’effetto degli sviluppiaccelerati della tecnica. Nulla è piùprevedibile per quel che riguardal’applicazione di queste tecniche,nella misura in cui la stessa finalitàdella scienza, al servizio del benecomune, non è più assicurata. Diconseguenza, le frontiere etiche ri-cordate in maniera incantatoria neidibatti sociali, continuano a spo-starsi in avanti, sempre più rapida-mente, a seconda degli inquadra-menti legislativi che si succedono. Igoverni e i parlamenti cercano gof-famente “di inquadrare le derivecon la legge” ma, in pratica, “è lalegge che deriva con il quadro”4. Lafunzione di regolazione della leggemostra la sua inefficacia. Come no-

ta il filosofo Michel Serres5, lascienza non mira più semplicemen-te alla conoscenza della realtà, ma èdiventata la realizzazione di tuttociò che è possibile. Essa ormaiprende in prestito dalla politica ilsuo statuto epistemologico: l’artedel possibile.

Il fenomeno colpisce per la suanovità. Il male assoluto è stato ac-cantonato, chiuso, circoscritto unavolta per tutte, nel perimetro deicrimini nazisti. Il concerto dellecondanne, delle contestazioni, delleindignazioni, ha esaurito le sue ri-sorse, smussato le sue competenze,prosciugato i suoi torrenti per scon-giurare gli errori del genocidio. Pa-radossalmente, il processo di No-rimberga, invece di acuire la nostravigilanza per l’avvenire, ha chiusoil dossier del divorzio tra la legge e

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104 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

la morale e l’ha rinviato a un passa-to compiuto. La politica è stata se-riamente screditata dalla sua tradi-zione e incompetenza. La moraleha firmato una confessione di debo-lezza di fronte alla concretizzazio-ne dell’impensabile. Dio è sembra-to stranamente assente durante que-sto periodo e alla Chiesa non sichiede più il suo parere. In questocontesto di disillusione e di cini-smo, sembra ai nostri contempora-nei che solo il mito di una scienzaobiettiva, fattore di rinnovamento edi pace, una magia preveggente, unsogno progressista, siano capaci diriaprire il campo della speranza. Innome di cosa si può vietare a questautopia di prosperare se non resta al-tro che questo? “Bisogna lasciareche la ricerca scientifica lavori libe-ramente”, possiamo leggere ovun-que. È la scienza verginale, reden-trice e quasi deificata, che ci salveràda tutto e ci renderà la felicità, poi-ché la politica è corrotta, la moraleè smarrita e Dio è silenzioso. Inbreve, non si crede più in nulla tran-ne in una scienza che occupa tran-quillamente il posto lasciato vacan-te dalla religione, dalla filosofia edall’arte di governare la città.

2.Le conseguenze dellacontraddizione tradeontologia, etica e legge

Privata di morale obiettiva e dro-gata dalla performance tecnica,l’attività medica e scientifica è co-me una nave ubriaca il cui motore èsempre più competitivo ma non se-gue più la rotta. Le conseguenze so-no percettibili nell’azione del per-sonale sanitario. Da una parte, nenasce una grande confusione nelledecisioni da prendere. Dall’altra, ilpeso di queste decisioni ricade suun personale sanitario sempre piùsolo.

a. La confusione delle decisionida prendere

La situazione è diventata moltoconfusa a causa della crescentecomplessità tecnica e, allo stessotempo, del relativismo normativoche abbiamo descritto, ma anchedegli abbandoni già consentiti enon sempre percepiti come tali.Spesso, la situazione è caratterizza-ta dal fatto che la società ha già ac-

cettato una trasgressione che po-tremmo definire “primaria”, all’in-terno della quale si pongono que-stioni etiche “secondarie”. Così av-viene, ad esempio, con le tecnichedi fecondazione in vitro con terzidonatori che costituiscono atti ille-gittimi in sé. È la trasgressione pri-maria. Si pone poi la questione disapere se, nel quadro della feconda-zione in vitro con terzi donatori, bi-sogna accettare questa o quella si-stemazione come la rimozione del-l’anonimato del donatore. È inquie-tante doversi pronunciare su unpunto secondario che rischia di ma-scherare il vero problema, che èquello della possibilità stessa dellafecondazione in vitro con terzi do-natori. Dispiace vedere il personalesanitario o i responsabili apparte-nenti alla Chiesa cattolica schierar-si a favore dell’anonimato o dellarimozione dell’anonimato allorchéi loro sforzi – almeno sul piano del-la formazione e dell’argomentazio-ne – dovrebbero soprattutto concor-rere alla soppressione della fecon-dazione in vitro con donatori.

Nello stesso ambito, si può fareuna constatazione identica sul con-gelamento degli ovociti per vetrifi-cazione, che è una tecnica di conge-lazione rapida in opposizione allacongelazione lenta utilizzata finora.I meriti o i pericoli della vetrifica-zione si valutano dunque nel qua-dro della raccolta di gameti, già diper sé attività moralmente contesta-bile sulla quale occorrerebbe faremarcia indietro. Questo dibattitotecnico secondario, per quanto se-ducente possa essere nella prospet-tiva del miglioramento della pro-creazione medicalmente assistita,cancella in particolare il fatto chebisognerà sperimentare l’effettodella vetrificazione degli ovociti suembrioni umani, destinati a non es-sere trasferiti in utero.

In un altro ambito, quello delloscreening prenatale, è molto fre-quente veder emergere dibattiti sul-l’evoluzione delle pratiche: adesempio, il miglioramento delleprestazioni grazie alla combinazio-ne dell’ecografia e dei marcatoribiologici, l’anticipazione dei testdella trisomia 21 dal secondo al pri-mo trimestre della gravidanza, l’a-nalisi del carotipo a partire dallecellule fetali circolanti nel sanguedella madre, migliori informazionialla donna incinta per illuminare la

sua scelta, ecc6. La stessa finalitàdello screening non è mai rimessain causa, né mai ridiscussa, mentreessa è costantemente orientata ver-so l’aborto. Numerosi però sonocoloro, tra il personale sanitario o iresponsabili cattolici, che non si ac-corgono che, prestandosi a questediscussioni, o scegliendo a fortioridi schierarsi a favore di un miglio-ramento delle tecniche, contribui-scono a installare più confortevol-mente, e dunque a consolidare,un’organizzazione perversa.

È importante notare, a questo ri-guardo, che il ricorso all’articolo 73dell’Evangelium Vitae, a volte ri-chiesto, è inefficace. Questo artico-lo permette di sostenere una leggepiù restrittiva destinata a sostituireuna legge più permissiva, ma certa-mente non a migliorare le compo-nenti di un sistema cattivo i cui ef-fetti negativi, sul piano del rispettodella vita, non sarebbero affatto ri-dotti.

Ecco perché bisogna continua-mente ricordare la necessità di tro-vare criteri di giudizio, non soltantonella stessa ricerca scientifica e tec-nica medica, ma tornando ad unavisione ontologica, assiologia e te-leologica della realtà in gioco: l’es-sere umano in tutte le fasi della vi-ta, dal concepimento alla morte.

“Allo scopo di poter prendereuna decisione a partire da questicriteri, bisognerà, di conseguenza,rispondere chiaramente alle tre do-mande seguenti: cos’è l’uomo (on-tologia)? qual è il suo valore (assio-logia)? qual è il suo destino (teleo-logia)?”7.

b. L’isolamento delpersonale sanitario

Quando nelle decisioni da pren-dere regna la confusione, il perso-nale sanitario sente più pesante laresponsabilità sulle sue spalle. Se ladirezione data dalla legge contrad-dice la deontologia e la morale, ilcompito di ricreare una gerarchiadelle norme applicabili spetta, allafine, a ciascuno degli stessi attoridel mondo sanitario. Per il persona-le sanitario, il più delle volte solo,si tratta quindi di essere capace diporre un giudizio di coscienza, cioèdi valutare un’azione relativamenteai principi e alle norme morali. Por-re un giudizio di coscienza si pre-senta allo stesso tempo come un di-

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ritto ma anche come un dovere. Aquesto riguardo, è importante ricor-dare che nel giudizio di coscienza,se l’esercizio della libertà è neces-sario, essa non è sufficiente. In ef-fetti, affinché si possa parlare di ve-ra coscienza, ci deve essere unacorrispondenza tra giudizio moralee conformità dell’atto a un buon fi-ne. Per questo esiste l’obbligo, peril personale interessato, di ricevereuna formazione morale tanto piùesigente quanto più alti sono i beniin causa.

Purtroppo, nei Paesi in cui la leg-ge non persegue più un buon fine ein cui imperversa una contraddizio-ne tra deontologia, etica e diritto,esiste una reale difficoltà a trovareformazioni morali degne di questonome. Tocca allora alle strutture ec-clesiali mitigare questa carenzaproponendo una formazione moraleper il personale sanitario. Il compi-to risulterebbe altamente facilitatose negli istituti scolastici della

Chiesa cattolica fosse già impartitauna formazione in bioetica. Sareb-be facilitato, inoltre, se le coppieche chiedono matrimonio riceves-sero una formazione propriamentebioetica – e non solo coniugale –nell’ambito della preparazione for-nita loro dalla Chiesa.

Infine, si raccomanda ai formato-ri cattolici in bioetica di non esitarea porsi in una logica di rottura – enon di accompagnamento – delquadro legislativo dei Paesi che dis-sociano deontologia, etica e legge.Se questa volontà di rompere conun sistema di norme fuorviate non èchiaramente stabilita, è impossibiledispensare una formazione in gradodi formare le coscienza, di infran-gere l’isolamento del personale sa-nitario e di sperare che esso metterài progressi tecnici e scientifici alservizio di decisioni medicheconformi al bene comune.

Il rispetto dell’essere umano nonsi ferma là dove inizia la libertà del-

la tecno-scienza, mentre invece lalibertà della tecno-scienza si fermalà dove inizia il rispetto dell’essereumano.

Prof. JEAN-MARIE LE MÉNÉPresidente della Fondazione

Jérôme Lejeune,Francia,

Membro della PontificiaAccademia per la Vita,

Santa Sede

Note1 E. SGRECCIA, Manuel de bioéthique, Ma-

me-Edifa, Paris, 2004, pp.13 et s.2 Evangelium Vitae, n° 70.3 Evangelium Vitae, n° 18.4 J.M. LE MÉNÉ, Nascituri te salutant – La

crise de conscience bioéthique, Salvator, Pa-ris, 2009.

6 J. TESTART, L’œuf transparent, préface deMichel Serres.

6 J.M. LE MÉNÉ, La trisomie est une tragé-die grecque, Salvator, Paris, 2009.

7 E. SGRECCIA, Manuel de bioéthique, o.c.,p. 47.

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106 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

Nel 2004, una rivista statuniten-se era giunta alla conclusione chela spesa per i medicinali usati per iproblemi comportamentali nell’in-fanzia aveva superato quella perogni altro tipo di medicinale, com-presi gli antibiotici (Medco HealthSolutions, Inc.). Mentre gli StatiUniti sono ancora al primo postoper le prescrizioni psichiatriche aigiovani, l’uso globale dei farmaciper il disturbo da deficit di atten-zione con iperattività (ADHD) èaumentato del 274% (Scheffler etal., 2007) in quanto la prescrizionedegli antipsicotici in Europa è rad-doppiata (ad es., nel Regno Unito:Rani, Murray, Byrne, & Wong,2008; e in Germania: Schubert &Lehmkuhl, 2009). Il numero deigiovani che assumono una o piùmedicine psichiatriche è vicino al9% negli Stati Uniti, al 6% nel Re-gno Unito e al 3% in Australia,sebbene nessuna ricerca clinicaabbia esaminato l’intervento poli-farmaceutico sui bambini (dosReiset al., 2005).

Le prescrizioni di antidepressiviper i giovani sono aumentate diuna percentuale dell’11% all’annodal 1994 al 2000, e, da allora, del5% l’anno per un totale di oltre 11milioni di prescrizioni scritte ognianno. Il numero di coloro cheprendono antipsicotici è balzato al73% in quattro anni dalla fine del2005: ad oltre 2,5 milioni di giova-ni all’anno sono prescritti antipsi-cotici (dosReis et al., 2005). Unostudio realizzato su 11.700 bambi-ni americani fino ai 18 anni coper-ti dal programma sanitario Medi-caid (riservato alle persone conbasso reddito) ha evidenziato cheil numero dei bambini trattati di re-cente con antipsicotici è aumenta-to dai 1.482 del 2001 ai 3.110 (o26%) del 2005 (Mathak, West,Martin, Helm, & Henderson,2010). Un altro studio ha rivelatoche ai bambini coperti da Medi-caid venivano prescritti antipsico-

tici con una percentuale quattrovolte più alta dei bambini copertida un’assicurazione privata, ed erapiù probabile che ricevessero gliantipsicotici per usi non approvati(Crystal, Olfson, Huang, & Ge-rard, 2010). Uno studio sulle curefornite ai bambini (con Medicaid)ha individuato che il 57% ha rice-vuto tre o più di questi medicinali(Zito et al., 2008), sei volte la me-dia nazionale. Per finire, l’uso de-gli antipsicotici nei bambini conassicurazione privata, dai 2 ai 5 an-ni, è raddoppiato tra il 1999 e il2007 (Ofson, Crystal, Huang, &Gerhard, 2010). Circa l’1,5% ditutti i bambini con assicurazioneprivata tra i 2 e i 5 anni, o uno su70, ha ricevuto qualche tipo di me-dicinale psichiatrico nel 2007,malgrado il fatto che ci sia scarsa onessuna documentazione per que-sta fascia di età.

Mentre l’uso dei farmaci psico-tropi è aumentato, l’interventocomportamentale comunitario è ri-masto invariato o è regredito (Ca-se, Olfson, Marcus, & Seigel,2007). Emergono diverse doman-de: anzitutto il fatto che le percen-tuali delle prescrizioni siano salitealle stelle è giustificato dall’evi-denza delle prove cliniche? I medi-ci che prescrivono di routine i me-dicinali psicotropi seguono i man-dati scientifici della medicina chesi basa sull’evidenza (evidence ba-sed medicine – EBM), cioè l’inte-grazione delle migliori ricerchecon l’esperienza clinica, compresii valori del paziente, per prenderedecisioni informate su singoli casi(Sackett, Rosenberg, Gray, Hay-nes, & Richardson, 1996)?

E poi, i bambini, in virtù dellaloro posizione debole e di dipen-denza dagli adulti, sono forse levittime di un’industria motivatadall’avidità piuttosto che dalla co-scienza sociale? E per finire, le ta-riffe differenziate delle prescrizio-ni di medicinali psichiatrici ai

bambini sono una violazione dellecure eque e umane? La mia pre-sentazione vuole affrontare questedomande, attraverso un’analisi ri-schio/beneficio delle principaliclassi di medicinali e fornire aglioperatori professionali del campodella salute e della pastorale unquadro per valutare la letteraturasull’argomento e facilitare decisio-ni in campo medico.

Bambini e antidepressivi

Due esperimenti controllati sucasi di uso della fluoxetina (Pro-zac) (Emslie et al., 1997; Emslie etal., 2002), hanno ricevuto l’appro-vazione per i giovani tra gli 8 e i 17anni ai quali era stata diagnosticatala depressione (FDA, 2003, Ja-nuary 3). Tuttavia, entrambi glistudi di Emslie non riportano unadifferenza statistica tra il Prozac e iplacebo sui principali risultati ot-tenuti. Inoltre, in entrambi gli stu-di, le reazioni maniache e tendential suicidio erano notevolmente piùalte nel gruppo trattato con il me-dicinale rispetto a quello trattatocon placebo (Sparks & Duncan,2008). Un’analisi indipendente delFDA ha concluso che solo 3 dei 15studi pubblicati e non pubblicatidai SSRI mostravano una maggio-re efficacia rispetto al placebo suicasi principali (Laughren, 2004).Nessuno dei 15 ha trovato diffe-renze sui pazienti o sulle misurecollaterali classificate.

Il NIMH ha evidenziato che lostudio sul trattamento della de-pressione adolescenziale (Treat-ment of Adolescent DepressionStudy-TADS) (TADS Team,2004), ha svolto un’ulteriore valu-tazione sul Prozac per i giovani. IlTADS ha paragonato l’efficacia diquattro condizioni di trattamento:Prozac da solo, terapia comporta-mentale cognitiva (CognitiveBehavioral Therapy - CBT) da so-

BARRY L. DUNCAN

L’uso dei farmaci psichiatrici in pediatria

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la, CBT più Prozac e placebo.Malgrado quanto proclamato daimedia (la prima pagina del NewYork Times riportava che “Gli an-tidepressivi sono considerati effi-caci nel trattamento degli adole-scenti” Harris, 2004), il FDA nonreputa il TADS come uno studiopositivo per i SSRI, a causa dellescoperte negative sui suoi risultatiprincipali.

Altri paragoni sulle conclusionisul TADS hanno confermato lo stru-mento combinato farmaco/CBT.Tuttavia, il trattamento non avveni-va all’insaputa delle persone tratta-te, e solo il gruppo combinato haricevuto tutti i componenti dell’in-tervento (farmaci, psicoterapia,psico-educazione e terapia fami-liare, e un supporto costituito dalmonitoraggio della farmacotera-pia), creando una significativa di-sparità in favore dello strumentocombinato. Il TADS ha riportato 6tentativi di suicidio da parte di chiassumeva il Prozac contro 1 da chinon lo assumeva, con più del dop-pio dell’incidenza di comporta-mento pericoloso nelle condizionidel Prozac rispetto ai gruppi place-bo (malgrado l’esclusione dei gio-vani ritenuti ad alto rischio di com-portamento suicida). Ciò nono-stante, gli autori raccomandavanoche “la gestione medica del MDDcon fluoxetina, compreso un atten-to monitoraggio per effetti collate-rali, dovrebbe essere ampiamentedisponibile, e non scoraggiata” (p.819) – una conclusione criticabile,data la sua inconsistenza con glistessi dati forniti dallo studio suidanni. Nello studio su 36 settima-ne di “follow up” (The TADSTeam, 2007), tutte le condizioni ditrattamento convergevano su 30settimane con idee significativa-mente suicide nel gruppo che usa-va Prozac da solo. La percentualedegli eventi suicidi per coloro cheusavano il Prozac era all’incircadel 12%, il doppio rispetto al 6%del gruppo CBT.

I rischi rilevati nei dati pubblica-ti e non pubblicati, hanno spinto ilFDA ad emettere un’avvertenzache metteva in guardia, per tutti gliantidepressivi per i giovani, su unaumento del rischio di suicidio e diun peggioramento del quadro cli-nico (FDA, October, 15, 2004).Un’ulteriore argomentazione asupporto dell’avvertenza emerge-

va da un’analisi degli esami place-bo-controllati di nove antidepres-sivi, un totale di 24 esami che han-no coinvolto 4.400 bambini e ado-lescenti (Hammad, Laughren, &Racoosin, 2006). La ricerca ha ri-velato una percentuale di rischio disuicidio del 4% nei giovani trattaticon farmaci, il doppio rispetto al2% del rischio dei placebo.

Bambini e farmaci stimolanti

Un rapporto del Gruppo di La-voro sui farmaci psicoattivi perbambini e adolescenti della “Ame-rican Psychological Association”(APA) (Working Group, 2006), hanotato che mancavano i dati chepotessero sostenere l’efficacia alungo termine di questi farmaci, oche non fossero dannosi. Ulterioridocumentazioni hanno mostratoche gli stimolanti, mentre riduconoi sintomi, mostrano un’efficaciaminima nei campi della vita delbambino, compresi i progressi so-ciali e scolastici. Tuttavia, i soste-nitori degli stimolanti indicano il“Multimodal Treatment Study ofChildren with ADHD” (MTA)(MTA Cooperative Group, 1999).Solo 3 di queste 19 misure, nessu-na applicata all’insaputa, hannotrovato delle differenze che hannofavorito il metilfenidato (Ritalin).Né gli osservatori delle classi, négli stessi bambini o i loro coetanei,hanno trovato un rimedio miglioredegli interventi comportamentali.Inoltre, le valutazioni dopo 14 me-si sono state paragonate a quelledegli attivamente medicati e di chi

aveva completato la terapia (da 4 a6 mesi dopo l’ultimo contatto tera-peutico “faccia a faccia” (Pelham,1999). Dato questo paragone ini-quo, solo 3 misure “nascoste” han-no incontrato un vantaggio per ilRitalin. Allo stesso tempo, è statosegnalato che il 64% dei bambiniMTA ha avuto reazioni negative alfarmaco: 11% classificate comemoderate e il 3% come gravi. Do-po 36 mesi, i gruppi di trattamentonon erano troppo diversi in quantoalle misure (Jensen et al., 2007).Le diminuzioni della crescita neibambini sottoposti al trattamentoerano in media di 2,0 centimetri edi 2,7 kg rispetto ai gruppi deibambini che non prendevano il far-maco, senza prove di ripresa dellacrescita a 3 anni (Swanson et al.,2007).

Nel marzo del 2006, un comita-to consultivo sulla sicurezza delFDA ha sollecitato maggiori av-vertenze sui farmaci ADHD, ripor-tando notizie di gravi rischi cardia-ci, psicosi o idee ossessive, e ma-nie suicide. Il FDA decise di rinun-ciare a evidenziare le avvertenzeper la maggior parte dei farmaciADHD, scegliendo invece di evi-denziare i rischi sull’etichetta e diincludere le informazioni ad ogniprescrizione.

Bambini e antipsicotici

Il Gruppo di Lavoro dell’APA hatrovato che gli studi a sostegno del-l’uso degli antipsicotici per trattarei bambini avevano dei limiti meto-dologici. Consideriamo il “NIMHfunded Treatment of Early OnsetSchizophrenia Spectrum Disor-ders” (TEOSS) (Sikich et al.,2008). Il TEOSS ha cercato di esa-minare l’efficacia, la tollerabilità ela sicurezza di due antipsicotici diseconda generazione (“Second Ge-neration Antipsychotics” – SGA)(risperidone o Risperdal e olanza-pina o Zyprexa) per i giovani condiagnosi di disturbi di tipo schizo-frenico a esordio precoce e compa-rarli con un antipsicotico di primagenerazione (“First GenerationAntipsychotic” – FGA) (molindo-ne o Moban). Alla fine del periododi otto settimane, la percentuale dirisposta è stata del 50% per i sog-getti trattati con Moban, del 46%per Risperdal, e del 34% per Zy-

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prexa. Ai partecipanti allo studioera permesso l’uso concomitantedi antidepressivi, anticonvulsivi, edi benzodiazepine, comprometten-do anche questi risultati deludenti.Un ragazzo di 17 anni si è suicida-to e un numero imprecisato di par-tecipanti sono stati ricoverati inospedale a causa di manie suicide oper un peggioramento delle psico-si. Questi eventi sono particolar-mente inquietanti alla luce del fattoche i giovani considerati a rischiodi suicidio erano stati esclusi dallostudio. L’aumento di peso era statoritenuto sufficientemente grave dagiustificare la sospensione di Zy-prexa. I risultati negativi sono stati“frequenti” in tutti e tre i gruppi.Solo quei giovani che “hanno ri-sposto” durante il periodo inizialedi otto settimane – 54 su 116 – so-no stati inseriti nello studio di man-tenimento di 44 settimane (Find-ling et al., 2010). 40 di questi 54giovani sono usciti in questo perio-do a causa di “effetti negativi” o di“risposta inadeguata”. Così, solo14 dei 116 giovani che hanno fattoparte dello studio hanno risposto alfarmaco e sono rimasti per tutto unanno: il 12% solamente.

Un’analisi critica dei difetti

L’ex direttore del New EnglandJournal of Medicine ha richiamatol’attenzione sul problema delle“onnipresenti e multiformi… asso-ciazioni finanziarie”, autori dellesperimentazioni sui farmaci dovu-te alle compagnie i cui farmaci so-no stati oggetto di studio (Angell,

2000, p. 1516). Data l’infiltrazionedell’influenza delle industrie, di-scernere la scienza dal marketingrichiede la disponibilità ad impe-gnare materiale di fonte primaria,e un’analisi critica dei difetti.

Difetto n. 1:Impegno per il riserbo

Fisher and Greenberg (1997) af-fermano che la validità degli studiin cui un placebo è confrontato conun medicinale attivo, dipende dal“riserbo” dei partecipanti che valu-tano i risultati. Essi notano che pil-lole di zucchero inerte, o placeboinattivo, non producono gli effetticollaterali standard dei farmaci at-tuali – bocca secca, perdita o au-mento di peso, vertigini, cefalea,nausea, insonnia e così via.

Dato che i partecipanti allo stu-dio devono essere informati sullapossibilità e la natura degli effetticollaterali per dare il proprio con-senso, sono necessariamente allar-mati per questi eventi, il che con-sente loro di identificare corretta-mente il gruppo di studio. Per dipiù, i colloqui che richiedevano oche producevano un effetto infor-mativo si sono facilmente rivelatiattivi verso coloro che assumeva-no le pillole in modo inattivo, inrealtà portando allo scoperto lostudio per gli esaminatori clinici ealterando i risultati. Inoltre, moltipartecipanti ai cosiddetti “gruppiplacebo” erano stati sottoposti inprecedenza a terapie farmacologi-che, alcuni anche prima di entrarea far parte del processo e pertantoavevano familiarità con gli effettidei farmaci. Tutti gli studi descrittihanno utilizzato placebo inattivo odel tutto assente.

Difetto n. 2:Fiducia sulle misure cliniche

Negli studi di Emslie, il MTA eTADS, le misurazioni classificatesui pazienti non hanno trovato dif-ferenza tra il placebo e gli SSRI, etra le condizioni nel MTA. Lamancanza di approvazione dell’ef-ficacia da parte dei pazienti nei te-st clinici ha posto la seguente que-stione: se i pazienti non osservanomiglioramenti, in che modo puòessere valutato importante daglialtri? Inoltre, le misurazioni classi-ficate dai clinici spesso sono cate-

goriche, e permettono una gammasoggettiva di risposte ai colloquicon i partecipanti e delle predispo-sizioni potenziali dovute alle con-dizioni di segretezza ormai com-promesse. Per di più, i dati conti-nui spesso vengono convertiti incategorie distinte (ad es. risposta enon risposta), oltre a differenzeesagerate (Kirsch et al., 2002). In-fine, alcune valutazioni classifica-te dai clinici tendono a sfere speci-fiche di disagio che favorisconofarmaci investigativi, deformandopotenzialmente i risultati. Adesempio, le misurazioni negli esa-mi antipsicotici, come TEOSS, fa-voriscono medicinali con proprietàsedative e molti esami aggiungonosedativi o osano farmaci con effet-ti di sedazione (Moncrieff, 2001).

Difetto n. 3:Tempo di misurazione

I farmaci psichiatrici spessovengono prescritti per lunghi pe-riodi di tempo. Ciò suggerisce chela maggior parte degli esami clini-ci, che durano dalle 6 alle 8 setti-mane, non misurano in che modoagiscono i farmaci al presente o glieffetti collaterali a lungo termine.In aggiunta, le differenze tra i me-dicinali e gli altri trattamenti o igruppi placebo spesso si dissolvo-no nel tempo (Fisher & Greenberg,1997). Senza un “follow up” a lun-go termine, i risultati finali sull’ef-ficacia nella vita reale non possonoessere determinati. Gli autori dimolti esami clinici a breve terminehanno trascurato di parlare delle li-mitazioni in un certo lasso di tem-po o di modificare conseguente-mente le affermazioni fatte in con-clusione. Ad esempio, Emslie etal. (1997), uno studio di 8 settima-ne, ha concluso che “la fluoxetinain 20 mg/d è sicura ed efficace neibambini e negli adolescenti” (p.1036) senza menzionare il periododi tempo. Gli studi MTA, TADS ealtri, mostrano che le differenzecon i trattamenti non farmacologi-ci tendono a dissolversi nel tempo,e che gli effetti iniziali dei tratta-menti farmacologici devono essereconsiderati in termini di tollerabi-lità e impatto a lungo termine oltrealla riduzione dei sintomi. Il “fol-low up” del TEOSS, che a un annoha mostrato benefici solo nel 12%,ne è un drammatico esempio.

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Difetto n. 4:Conflitto di interessi

Richard Smith, che ha dato le di-missioni dalla carica di editore ca-po del British Medical Journal acausa della dilagante influenzadelle industrie sulla ricerca acca-demica, spiega che il principalescopo degli esami sponsorizzatidall’industria è quello di trovare ri-sultati per la società farmaceutica(Smith, 2003). La maggior partedei giornali accademici raccoman-dano la trasparenza sulle fonti dacui proviene il denaro e sulle affi-liazioni degli autori. Con questiammonimenti, i lettori possono ac-costarsi allo studio con uno scetti-cismo giustificato e con un’analisipiù attenta dei metodi di valutazio-ne e sulle conclusioni. Lo studio diEmslie et al. del 1997, pubblicatoprima della divulgazione dei re-quisiti non identifica le affiliazionidell’autore. Il secondo esame sullafluoxetina di Emslie et al. per ladepressione infantile e negli adole-scenti (Emslie et al., 2002) elencale affiliazioni dell’autore nella pri-ma pagina. Qui i lettori apprendo-no che Emslie e Wagner sono re-munerate come consulenti da EliLilly, che ha finanziato la ricerca, ei cui prodotti erano stati oggetto diindagine. Gli altri sei autori sonocatalogati come impiegati di EliLilly e che “possono possedereazioni in quella società” (p. 1205).

Difetto n. 5:Minimizzazione dei rischi

Molti studi sui farmaci psichia-trici minimizzano o mancano divalutare le reazioni negative. Co-me risultato, le percentuali deglieffetti collaterali possono esseresostanzialmente sottovalutate (Sa-fer, 2002). Invece di tabelle detta-gliate, gli effetti collaterali posso-no essere descritti sotto forma diresoconto piuttosto che in formatitabulari (ad es., Emslie et al.,1997).

Gli autori delle sperimentazioniaffermano spesso con sicurezzache il farmaco è sicuro quando idati, in realtà, dimostrano il con-trario. In uno studio sul Risperdalcon i giovani ai quali erano statidiagnosticati disturbi comporta-mentali (Reyes et al., 2006), la ras-segna della letteratura afferma che

“il Risperidone ha dimostrato inmodo consistente l’efficacia e lasicurezza in entrambi gli studi con-trollati a breve termine e in quelli alungo termine «open label»” (p.402). Vengono citati cinque studiper sostenere questa affermazione:due a breve termine (Aman, DeSmedt, Derivan, Lyons, & Find-ling, 2002; Snyder et al., 2002) etre con un termine più lungo(Croonenberghs, Fegert, Findling,De Smedt, & Van Dongen, 2005;Findling, Aman, Eerdekens, Deri-van, & Lyons, 2004; Turgay, Bin-der, Snyder, & Fisman, 2002).

I due esperimenti a breve termi-ne hanno mostrato differenze si-gnificative tra il Risperidal e igruppi placebo per quanto riguar-da effetti collaterali importanti:sonnolenza, elevata prolattina (neimaschi), e aumento di peso. I trestudi con un termine più lungo era-no estensioni “open-label” degliesperimenti a breve termine eprendevano in esame l’efficacia alungo termine e la sicurezza delRisperidal nei bambini da 5 a 12anni, con una media del quozienteIQ più bassa. In tutti e tre gli espe-rimenti, il massimo degli effetticollaterali riportati era la sonno-lenza, che andava dal 20.6% al51.9%. L’aumento di peso era unaltro problema spesso riportato(dal 17.3% al 36.4%). Nei tre espe-rimenti è stato osservato un au-mento dei livelli di prolattina. Cin-que partecipanti allo studio diCroonenberghs et al. hanno richie-sto farmaci anti-Parkinson, seihanno rinunciato a causa dell’EPS,e due hanno sviluppato una disci-nesia tardiva, mentre il 26% deipartecipanti al Turgay et al. hannosperimentato EPS. Complessiva-mente, dei 77 partecipanti al Tur-gay et al. hanno riportato effetticollaterali, vicino al 92% in Croo-nenberghs et al., e al 91% in Find-ling et al.

Malgrado ciò, gli autori di tutti e5 gli studi hanno riportato la sicu-rezza del farmaco: le affermazioni“generalmente sicuro” e “ben tol-lerato” si trovano in ogni compen-dio e nella sezione conclusiva ditutti gli studi. L’affermazione che“il risperidone ha regolarmente di-mostrato efficacia e sicurezza” (p.402), con i cinque studi presi inesame qui come dimostrazione è,nella migliore delle ipotesi, fuor-

viante, e nella peggiore una costru-zione retorica svelata solo esami-nando i dati.

I problemi di sonnolenza, au-mento di peso, aumento del livellodi prolattina e le alterazioni delmovimento sono stati effettiva-mente messi sotto il tappeto, el’efficacia e la sicurezza, nel tem-po, diventano indiscusse. (Sparks,Duncan, Cohen, & Antonuccio,2010).

Conclusioni e raccomandazioni

L’evidenza dell’esame cliniconon giustifica le attuali pratiche diprescrivere questi farmaci ed è an-titetico alla medicina basata sull’e-videnza. Mentre la farmacoterapiacomporta un considerevole rischioper la popolazione giovanile, gliinterventi psico-sociali hanno unforte “track record” con, virtual-mente, nessun evento negativo as-sociato al medicinale, portando ilGruppo di Lavoro (2006) a con-cludere la loro revisione massicciacon la raccomandazione: “Pertan-to, raccomandiamo che nella mag-gior parte dei casi, devono essereconsiderati prima gli interventipsico-sociali” (p. 16).

Tale conclusione, tuttavia, nonelimina il farmaco come una sceltatra tante ma piuttosto rende liberi iprofessionisti della salute e quellidi pastorale di mettere sul tavoloaltre opzioni e battersi per conto dicoloro che servono: a impegnarsiin dibattiti rischi/benefici e ad aiu-tare le famiglie a scegliere tratta-menti in concerto con i loro valorie i contesti colturali, tra cui laChiesa e la comunità, mettendo inatto l’appello dell’EBM a integra-re la migliore ricerca disponibilecon le preferenze del paziente.

Laddove i bambini sono chia-mati in causa, i limiti sono più alti.Essi sono, essenzialmente, pazien-ti affidati a un esecutore; la mag-gior parte di loro non ha voce perdire no ai trattamenti o per pensarein proprio, e dipende dagli adultisalvaguardare il loro benessere(Sparks & Duncan, 2008). Inoltre,i bambini poveri spesso hanno me-no adulti che possano vegliare sudi loro e sono più vulnerabili aimedicinali pericolosi usati comeinterventi di controllo piuttostoche come terapia, e perciò è neces-

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saria maggiore cura per garantireun trattamento equo. L’evidenzavuole che l’aumento delle prescri-zioni e la diminuzione degli inter-venti psico-sociali venga fermato eche invece si realizzi uno standardpiù alto di cure: 1) l’intervento psi-co-sociale deve essere consideratoprima di altri: le famiglie e i giova-ni devono avere una voce in capi-tolo per quanto riguarda le loro cu-re; 2) nessuna prescrizione senza ilfoglio illustrativo; 3) nessuna poli-farmacia; 4) immediata separazio-ne dell’influenza delle società far-maceutiche dalla scienza e dallapratica; e 5) controllo della rispo-sta al trattamento con misure valu-tate sul paziente.

Credere nel potere della chimi-ca al di là della Chiesa, della co-munità, del processo sociale e psi-cologico – alimentato da una pro-mozione senza precedenti da par-te dell’industria farmaceutica chepunta a quanti hanno un ruolo nelmondo della salute – forma le ba-si della centralità sempre crescen-te della farmacologia in campo as-sistenziale, della ricerca, della for-mazione e della pratica. Promuo-ve i trattamenti prescrittivi di unasostenibilità discutibile, piena dieffetti potenzialmente pericolosi,spesso destinati a quanti sono in-capaci di rifiutarli. Questa presen-tazione vuole richiamare a un li-vello più alto di cure per i nostriutenti più vulnerabili e preziosi, ibambini, che invita all’armoniatra tutti gli operatori sanitari e pa-storali coinvolti. Non si possonopiù accettare pratiche prescrittiveche non tengano conto dell’evi-denza e che sempre più mettono arischio la salute dei pazienti, congravi conseguenze, dipendenza edisabilità.

La Chiesa cattolica, oltre allasua leadership spirituale, ha unaricca storia di benefici apportati al-l’umanità, confortando e sostenen-do le persone fragili e meno favo-rite, proteggendo la santità dellavita umana e consolidando le fami-glie. La Chiesa ha sempre avutouna grande influenza a livello in-ternazionale, e forse potrebbe es-sere l’unica autorità sulla terra chepossa contrastare le forze della cu-pidigia di aziende che non hannocoscienza morale o etica. La Chie-sa, attraverso la FIAMC, le Asso-ciazioni Mediche Cattoliche, gli

ospedali e le scuole cattoliche, lecomunità e i media cattolici, insie-me ai vescovi, ai sacerdoti e allesuore delle comunità religiose,possono assistere le persone e lefamiglie che hanno bisogno di unaguida o di un’informazione sullealternative ai medicinali, così co-me sui rischi/benefici riguardo l’u-so dei farmaci.

Ne deriverà una giustizia socialee un’assistenza equa per i giovani,gli operatori sanitari, gli operatoripastorali e le famiglie che voglio-no accedere a dati precisi, non cor-rotti dall’influenza dell’industria. Irischi che abbiamo presentato qui,così come i pericoli delle sostanzepsicotropiche che compaiono inaltre popolazioni vulnerabili (adesempio, difetti alla nascita e abor-ti spontanei in donne gravide congli antidepressivi; aumento degliattacchi cardiaci e degli ictus cere-brali negli anziani con demenzatrattata con antipsicotici), richie-dono l’azione di tutti voi che parte-cipate a questa conferenza. Anchese un esame clinico non se ne oc-cuperà mai, l’uso dei medicinalipsichiatrici in pediatria pone un’al-tra questione: quanto interferisco-no questi farmaci sulla spiritualità,sulla voce dell’anima, e sulla capa-cità della persona di sentirsi in co-munione con il Divino?

Dott. BARRY L. DUNCANPsicologo Clinico,

Consulente e Formatore,Direttore di “Hearth & Soul

of Change Project”U.S.A.

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112 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

Ho il molto gradito compito dipresentare, nel contesto del temacongressuale “Caritas in veritateper una salute equa e umana”, unadelle figure eroiche della carità delnostro tempo, il beato Don CarloGnocchi. Ennio Apeciti caratteriz-za la figura di Don Gnocchi con leparole “lì amò sino alla fine”. Sonole parole della solenne introduzioneall’ultima Cena di Gesù con i suoiapostoli. “Prima della Festa di Pa-squa Gesù, sapendo che era giuntala sua ora di passare da questomondo al Padre, dopo aver amato isuoi che erano nel mondo, li amòsino alla fine” (Gv 13,1). I com-mentatori di questo inizio del Van-gelo dell’amore secondo Giovanni,fanno notare che dal capitolo 13 fi-no al capitolo 21 – cioè fino alla fi-ne – il binomio “luce-tenebre”,scompare, mentre il verbo amare e isuoi derivati si trovano per bentrenta volte. San Giovanni intendecosi evidenziare che l’Eucaristia ri-manda all’amore, lo presume, ne èil compimento. Con questo cam-biamento di binomia “amore-vita”l’Evangelista precisa che il donodella vita che Gesù fa ai suoi disce-poli, agli uomini perché “Dio liama” è il coronamento, è il verticedi tutta una vita, di tutta la sua vita1.

I santi testimoni e ministridella speranza-amore

Da quando Gesù ha rivelato que-sto binario tra amore e vita, era do-veroso che qualcuno lo ripetesse, logridasse con la voce per donare al-l’essere umano ciò di cui ha costan-te bisogno: la forza di sperare che, asua volta, lo rende capace di amare.A questo bisogno di una speranzaamante, i beati e i santi hanno sapu-to rispondere come testimoni e mi-nistri. Come testimoni, perché Ge-

sù non è venuto a proporre una dot-trina, ma a offrire una vita che “par-la” di ciò che si crede, spera e ama.Come ministri, perché si pongonoal servizio del sogno di Dio, perportarlo a ogni loro fratello e sorel-la, a ogni essere umano. Ministri enon tanto maestri perché non porta-no solo le parole di Colui che solo èMaestro, ma portano Lui, Lui vi-vente e vero, nel Pane spezzato enel Vino donato... Tra questi “beatitestimoni e ministri” sta dal 25 ot-tobre 2009 anche Don Carlo Gnoc-chi, prete ambrosiano, che come ilsuo Signore e Maestro volle “ama-re sino alla fine”. E c’è riuscito2.Quindi conviene conoscerlo e ac-costarci a lui per imparare da lui ilsentiero che conduce alla Luce, aquella Dimora dove non sono piùlacrime, ma solo gioia e pace, persempre. A quella Dimora dove abi-tano le figure eroiche della carità diogni tempo, anche quelli del nostrotempo, come Don Carlo Gnocchi.In un primo momento vorrei pre-sentarlo sulla via del dolore che loportò al sacerdozio.

Un prete convintoalla scuola del dolore

Carlo nacque il 25 ottobre 1902.Era il terzo figlio di Enrico Gnoc-chi, marmista, e Clementina Pasta,la quale si divideva tra il lavoro disarta, la cura dei figli e l’amore in-tenso e sobrio per il marito. Una fa-miglia serena e compatta dalla fe-de. In quegli anni non era cosa dapoco: la società in cui vivevano oalmeno la “società legale”, che abi-tava i palazzi del potere e del go-verno e del parlamento, cercava datempo e in vari modi di “distrugge-re” la famiglia e il suo senso, il suomodo di essere. Carlo fu battezzatonella Chiesa di San Colombano alLambro cinque giorni dopo la na-

scita, il 30 ottobre 1902 con i nomidi “Carlo, Fortunato, Domenico” ericevette la cresima il 19 maggio1910 nella Parrocchia Santa Eufe-mina in Milano. Questo cambia-mento di luogo non è senza signifi-cato a causa dell’esperienza singo-lare di dolore che ebbe il piccoloCarlo. Infatti, la vita di Carlo ne fuben presto segnata. Quando nonaveva ancora cinque anni rimaseorfano di padre, che morì il 9 aprile1907 di silicosi. La difficoltà di vi-vere a San Colombano per una ve-dova con figli obbligò la famiglia altrasloco. Mamma Clementina trovòaiuto nella sorella che viveva aMontesiro di Besana Brianza e co-minciò a trascorrere lunghi periodiin quell’ambiente che sembrava ri-temprare i polmoni del primogeni-to, Andrea. Carlo prometteva benenella vita e nella scuola, soprattuttodopo aver frequentato nell’annoscolastico 1914-1915 la secondaginnasio – oggi diremmo la secon-da media – presso i Salesiani di Mi-lano. Egli non dimenticò mai la lo-ro impronta educativa. Per illustra-re a chi si ispirasse nello sviluppodella sua Opera spiegò, molti annidopo – il 7 gennaio 1949 –: “Nellaricerca dei mezzi per la vita deimiei poveri (grandi invalidi, orfani,mutilatini, case minime) io cercaidi ispirarmi assai più a Don Boscoche al Cottolengo”. Ma anche aMontesiro si era trasferito il com-pagno di casa, il dolore, poiché il 3agosto 1951 morì anche Andrea.Aveva vent’anni , essendo nato il25 marzo 1895. Tuttavia, proprioquesto compagno aveva una deter-minante ragione d’essere nella suavita. Già da mesi, Carlo aveva con-vinto la mamma a lasciarlo entrarein Seminario per permettergli direalizzare un sogno che da tempofaceva e di placare il desiderio cheda sempre sentiva nel cuore. Ma

BONIFACIO HONINGS

Il Beato Don Carlo GnocchiUna figura eroica di carità del nostro tempo

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come poteva partire proprio ora?Sua mamma sarebbe rimasta sola.In quelle circostanze, ella gli fumaestra di cristiana carità e di pru-denza soprannaturale. Scrivendo aDon Luigi Orione, a cui era legatoda affetto sincero, non a caso Carloaffermò: “Era una mamma d’ecce-zione” e alle Dame delle San Vin-cenzo dell’Istituto Gonzaga ag-giunse: “Misuro ogni giorno di piùil suo amore, forte, la sua dedizionesilenziosa al dovere, la sua santitàcristiana”3. Dopo questa lode all’in-dirizzo della madre che era contra-ria al suo ingresso nel seminario, esoprattutto dopo quelle disgraziedella morte del padre e del fratelloAndrea, interessa sapere perchéCarlo voleva diventare sacerdote.Egli ebbe la fortuna o meglio lagrazia di conoscere Andrea CarloFerrari, il santo vescovo e futurocardinale di Milano. Appena pub-blicata la sua elezione, il giornaleLa Sera scrisse il 14 febbraio 1894:“Mons. Ferrari appartiene a quellapiù terribile categoria di preti, quel-la dei preti convinti. Egli sa che conla dolcezza si ammansiscono anchele tigri e quindi è dolce; sa che conla tenacia si perforano anche i mon-ti, e quindi è tenace. Ma non si tra-disce mai, ma non dimentica mai loscopo a cui mira”. In una sua con-ferenza del 23 aprile 1895, il cardi-nale Ferrari disse: “L’avvenire èdella scienza cristiana, della fratel-lanza evangelica, della luce religio-sa”. Ora, Carlo Gnocchi voleva es-sere un prete di quella categoria deipreti convinti che non si arrendonomai alle potenze del male, e usanosempre dolcezza, tenacia e carità.Voleva essere sempre un prete otti-mista, convinto che la vittoria stadalla parte del bene. Ecco perchéCarlo non si ribellò a Dio, ma volleentrare nel seminario per diventareun prete convinto, per la Chiesa nelmondo del suo tempo.

Un prete nella Chiesadel suo tempo

Don Carlo divenne prete durantel’Anno Santo del 1925, e precisa-mente il 3 gennaio, quando tuttospronava alla santità come “norma”dello stile di vita del prete. Era untempo di speranza e di coraggio.Non a caso Pio XI subito dopo lasua elezione a vescovo di Roma, (6

febbraio 1922) aveva voluto appa-rire per la sua prima benedizioneUrbi et Orbi non all’interno dellaBasilica Vaticana, come si facevadal 1877, ma all’esterno, ove dasempre compariva e compare il Pa-pa. Aveva poi voluto caratterizzarel’Anno Santo 1925, con un’impron-ta schiettamente missionaria. Ave-va voluto, anzi, che per l’AnnoSanto fosse allestita una MostraMissionaria. Talmente bella chenon fu più smontata ed è divenutal’attuale Settore “Museo Missiona-rio Etnologico” dei Musei Vaticani.L’anno 1925 doveva essere un annodi speranza e il periodo storico nelquale i cristiani vivevano. Per que-sto Pio XI lo caratterizzò con una

serie impressionante preziosa di ca-nonizzazioni da Teresa del Bambi-no Gesù a Pietro Canisio, da Gio-vanni Maria Vianney, il curatod’Ars, a Giovanni Eudes. Vi ritornòsopra otto anni dopo, il primo AnnoSanto della Redenzione (1933), ca-nonizzando altre figure: BernadettaSoubirous, Giovanna Antida Thou-ret, John Fischer, Thomas More,Alberto Magno, Giovanni Bosco,Giuseppe Benedetto Cottolengo.C’è un filo rosso che li accomu-nerà, e sono santi che hanno vissutiin tempi difficili, ma non si scorag-giarono, anzi furono rocciosamentefedeli al terribile quotidiano, tra-sformando la fatica dei tempi in ca-rità intensa e operosa che ha cam-biato la società in cui vissero. Lacarità vince sempre. Infatti, è que-sta la verità della carità o la carità inverità. Per questo, Papa Pio XI vol-le esortare alla speranza, educandoi fedeli, i sacerdoti, i seminaristi– proprio come Don Gnocchi – adilatare l’orizzonte della loro fede edella loro esperienza cristiana. Or-dinò per questo, il 28 ottobre 1926,

il primo anniversario dell’AnnoSanto, i primi sei vescovi cinesi euno indiano e l’anno successivo(30 ottobre 1927) il primo vescovogiapponese. La stessa speranza lospinse a ordinare i quattro vescoviclandestini per la Russia. Era finital’epoca della Chiesa arroccata nellapenisola periferica – gloriosa certoper storia, periferica per collocazio-ne – che è l’Europa. La Chiesa ave-va e ha per orizzonte il mondo inte-ro, e Pio XI fece di tutto per apriregli occhi su quella realtà grandiosache permetteva di essere fiduciosinel futuro e non rassegnati notai diun tramonto che non sarebbe avve-nuto né può avvenire4. Don CarloGnocchi era davvero uno di questifiduciosi del futuro e non certo unrassegnato notaio di un tramonto.Era un prete innamorato di Dio edegli uomini.

Un prete innamorato di Dioe degli uomini

Don Carlo rispose Adsum, “Ec-comi”, alla chiamata del rito di or-dinazione sacerdotale, perché amòil tempo in cui Dio gli aveva dato divivere. In Educazione del cuorescrisse: “Amiamo di un amore ge-loso il nostro tempo, così grande ecosì avvilito, così ricco e così di-sperato, così dinamico e così dolo-rante, ma in ogni caso sempre sin-cero e appassionato. Se avessimopotuto scegliere il tempo della no-stra vita e il campo della nostra lot-ta, avremmo scelto il Novecentosenza un istante di esitazione”. Nel-la tragedia della guerra sul fronterusso gli accadde di ripensare alleparole della Lettera agli Ebrei sulSommo Sacerdote “preso fra gliuomini, per essere costituito per ilbene degli uomini nelle cose che ri-guardano Dio, per offrire doni e sa-crifici per i peccati..., essendo an-ch’egli rivestito di debolezza” (Eb5,1-2). Queste parole ispirarono ilsuo ministero. Infatti confessa:“quando riesco a dividere piena-mente la mia vita con gli alpini, al-lora, uscendo dai ranghi per la Mes-sa al Campo mi pare di gustare eamare come non mai la pienezza ela verità saporosa della definizione,«il sacerdote è scelto di mezzo agliuomini e per gli uomini è posto atrattare le cose di Dio». E se nonm’illudo mi pare di cogliere sul

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114 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

volto maschio della mia gente untenue sorriso di soddisfazione e difierezza. Come se uno di loro fossescelto per tutti, a salire l’altare edoffrire il sacrificio di tutti al Dio on-nipotente”. Don Carlo, l’innamora-to di Dio e degli uomini , fu sempreun grande ottimista ed entusiastadel suo tempo e della sua vocazionesacerdotale.

In Andate e Insegnate si ramma-rica di non essere poeta, “perchévorrei poter innalzare sulle ali po-tenti della poesia, l’umile figura deinostri sacerdoti assistenti, di questioscuri e ignoti fanti delle trincee diCristo, che consumano le lampadeardenti della loro giovinezza per farluce nel mondo a tanti giovani cuo-ri brancolanti, che lievitano colla laloro grandezza del loro sacrificio legenerazioni del domani, ignoranti espezzati dal mondo, ma grandi di-nanzi a Dio, che allieta la loro gio-vinezza”. Insomma, Don Carlo po-se le sue mani in quelle del suo ar-civescovo il carnale Tosi, e piegò ilsuo capo sotto quelle mani che loconsacravano, perché convinto chenon c’è forma più grande per un es-sere umano che quella di essereprete, ministro d’amore ai fratelliper amore di Dio5.

Un prete maturoper le opere di carità

La scelta di uno stile di vita sa-cerdotale della carità era un deside-rio del cuore di Don Carlo. Era cre-sciuto lentamente durante gli annidi ministero pastorale tra i giovanidi Cernusco e di San Pietro in Sala,tra i piccoli Balilla e gli studenti delGUF e accanto ai giovani dell’Isti-tuto Gonzaga. Era un desiderio cheaveva visto un suo prepotente ma-nifestarsi nell’ora della guerraquando aveva sentito come una“voce divina” il bisogno di partirecome cappellano militare prima inAlbania e Grecia e poi in Russia.Una “voce” che si era fatta ancorapiù precisa e forte al ritorno del pri-mo periodo di guerra da quel frontegreco – albanese, dal quale era sta-to richiamato per le insistenze deifratelli del Collegio Gonzaga. Do-po quattro mesi la “voce” si era fat-ta sentire con tale intensità da spin-gerlo di chiedere al cardinale Schu-ster di poter tornare al fronte, per-ché gli sembrava che quello fosse il

campo della carità cui era chiamatoconcretamente in quel momento.Poi aggiunge: “Volesse il Signoredopo la maturazione della guerra difarmi vedere più chiaro e di asse-gnarmi un posto di lavoro in questosettore prediletto dell’apostolato”.A questo punto è importante preci-sare che il suo prediletto apostolatonon fu il servizio militare, ma ilcampo della carità. Determinantenel suo cammino di prete della ca-rità fu l’esperienza del Gonzaga,non solo per gli aspetti educativi,ma anche e soprattutto, in vista del-la sua tanto desiderata vocazionealla carità. Determinante fu l’espe-rienza delle Dame delle Carità diSan Vincenzo. Dice egli stesso: “Fulavorando con quel gruppo Damedel Gonzaga che mi sentii sempre

più irresistibilmente spinto a dedi-carmi talmente ad un’opera di ca-rità della quale oggi sono felice, purtanto indegnamente servendola”.Mentre era in marcia verso la Gre-cia ripete alle Dame della Carità diSan Vincenzo: “Quanto fa benenella vita e quanta sicurezza ci daràin morte il pensiero di aver fattoqualche cosa per i poveri di Gesù omeglio per Gesù nei poveri”. Anco-ra più incisivo è quanto scrisse alleDame in occasione della festa diSan Vincenzo de’ Paoli (19 luglio1941). “Sapeste come in questigiorni il Signore mi ha fatto capire– per me, ma anche certamente pervoi – non basta operare, fare dellacarità, bisogna soprattutto e primadi tutto pregare per la carità. DaLui, dallo Spirito Santo che vienenei nostri cuori la carità, quell’a-more di cui ha tanto bisogno ilmondo e le anime nostre per salvar-si”. E conclude da prete maturo perle sue opere di carità: “Dunque alloSpirito Santo che insistentemente

direi prepotentemente, bisognachiedere di diffondere sempre piùabbondantemente nelle nostrementi le visioni luminose della ca-rità e nel nostro cuore angusto ledolcezze dell’amore di Dio per inostri fratelli”. Don Carlo è ormaiun prete maturo della carità. Scrivealle Dame nell’estate del 1942:“Nulla è difficile al Signore, se noiabbiamo fede e facciamo del nostromeglio”. “All’opera del Signore,pensa il Signore e le iniziative sa-ranno suggerite man mano e bene-dette da Lui direttamente”. “Leopere di carità sono del Signore e amandarle avanti ci pensa Lui… Bi-sogna aver fede ferma in Lui checondurrà a termine l’opera sorta nelSuo nome e per la Sua gloria. Sia-mo certi e lavoriamo”6. Don Carlos’impegnò soprattutto come peda-gogo del dolore innocente.

La pedagogia del doloreinnocente

Egli voleva che i suoi ospiti fa-cessero esperienza non solo dellacarità che accudisce e serve conamore, ma di quella carità che pro-voca e sfida e promuove. Egli vole-va che la carità del cuore si accom-pagnasse alla carità della scienza.Per capire più a fondo questa suavolontà pedagogica ci viene in aiu-to la sua meditazione Súscipe,Sancte Pater hanc immaculátamhóstiam. Pubblicata alla morte conil titolo Pedagogia del dolore inno-cente divenne il suo testamentopubblico. “Dopo lo scoppio di unabomba, Marco, l’unico superstitedei quattro bambini che, ignari espensierati giocavano sul campominato, era stato immediatamentesottoposto all’intervento chirurgi-co: amputazione delle due gambe,estrazione di un bulbo oculare e re-golarizzazione delle vaste e nume-rose ferite che crivellavano il fragi-le corpo palpitante. Lo vidi qualchetempo dopo l’operazione, quandoancora le medicazioni quotidiane lofacevano tanto soffrire e gli doman-dai: «Quando ti strappano le bende,ti frugano nelle ferite e ti fannopiangere, a chi pensi?» «A nessu-no», mi rispose con una punta dimeraviglia nella voce. «Ma tu noncredi che ci sia Qualcuno al qualetu forse potresti offrire il tuo dolore,per amore del quale potresti repri-

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mere il tuo lamento e inghiottire letue lacrime e potrebbe anche aiutar-ti a sentire meno il tuo dolore?».Marco fissò nel vuoto il viso deva-stato, guardando l’unico occhiostranito e poi, scuotendo lentamen-te la testa disse: «Non capisco…» etornò a giocherellare distratto conl’orlo del lenzuolo. Fu in quel mo-mento che io ebbi la precisa, quasifisica, sensazione di un’immensairreparabile sciagura della perditadi un preziosissimo tesoro, intima-mente più dolorosa dell’incendio diun quadro di Raffaello o della di-struzione di un diamante di inesti-mabile valore. Era il grande doloreinnocente di un bambino che cade-va nel vuoto, inutile ed insignifi-cante, soprannaturalmente perdutoper lui e per l’umanità, perché nondiretto all’unica mèta nella quale ildolore di un innocente può perderevalore e trovare giustificazione:Cristo crocifisso; e attraverso tuttiquei letti d’ospedale, in quei bimbisofferenti, e per essi tutti i bambinisofferenti del mondo (quale massadi dolore era stata imposta ai bam-bini durante la guerra ed in questitragici anni di tormentosa pace!) miparve vedere allargarsi a dismisuraquesto dissennato dispendio senzache gli educatori cristiani vi si op-ponessero sufficientemente misu-rando la preziosità di questo purotesoro e l’urgente necessità di ricu-perarlo avaramente per farne donoa Cristo e alla Chiesa”7. Il messag-gio del Beato Don Carlo Gnocchi èchiaro, il dolore trova il suo verosenso solo nella partecipazione allaredenzione del Crocifisso. Qui sipone la domanda: perché Don Car-lo scelse i mutilatini? La risposta èsemplice: perché aderisce all’ap-pello del Vangelo. Infatti il Salvato-re, quantunque mandato dal Padreper una missione strettamente so-prannaturale, ha voluto fissare icontrassegni non confondibili dellasua messianità: “iI ciechi vedono,gli storpi camminano, i sordi odo-no, i lebbrosi sono mondati, i mortirisorgono, e i poveri ricevono labuona novella” (Mt 11,5). E ha vo-luto instancabilmente correre tuttele vie della Palestina per cercare eaccogliere ogni genere di malati edi sofferenti e applicare a essi quel-la “forza che emanava da Lui eguarire tutti” (Lc 6,19). Ed eccoperché, nel decalogo dell’apostolo,tracciato per coloro che avrebbero

dovuto attualizzare la redenzioneattraverso i tempi, Egli ha chiara-mente e imperiosamente comanda-to: “Andate, curate gli infermi edannunciate loro che è arrivato il Re-gno di Dio” (Lc 10,9). Questo biso-gno di carità e di amore evangelicoha, poi, condotto Don Gnocchi allascoperta del volto di Cristo, l’Inna-morato di Dio e degli uomini perantonomasia. E con ciò concludo.

Alla scoperta del voltodi Cristo crocifisso

Il Beato Don Carlo Gnocchi cioffre una pagina in cui descrive lascoperta della carità nel volto diCristo crocifisso. “Volere o no, sia-mo tutti, quanti siamo uomini sullaterra, inquieti appassionati e nonmai sazi cercatori della faccia diDio. Al fondo di ogni fede, anche lapiù ferma e compatta, è facile tro-vare l’audace impazienza e la pre-tesa febbrile dell’Innominato;“Dio, Dio, Dio! Se lo vedessi. Se losentissi…”. Le pagine vaste e so-lenni della Bibbia implorano “Mo-straci o Signore, il tuo volto”. Pro-pongono ostinatamente. “Io cer-cherò sempre la tua faccia, o Signo-re” Comandano: “Cercate sempre ilSignore, cercate sempre il suo vol-to”! Sospirano loro accoratamente.“Quando o Signore verrò a vederela tua faccia? Anch’io ho semprecercato le vestigia del Cristo sullaterra con avida, insistente speranzae mi ero rassegnato vedere balenareil suo sguardo negli occhi casti e re-denti dei bimbi lembi e nel pallido estanco sorriso dei vecchi, illumina-to già dalla pace di remote e dolciregioni. Avevo cercato di coglierel’accento della sua voce nel discor-so dolente e uguale dei poveri e de-gli afflitti e mi era sembrato piùvolte che la sua ombra leggera miavesse sfiorato nel crepuscolo deimorenti. Quegli occhi ansiosi di lu-ce, quel viso solcato dal dolore,quell’affannoso peso del respiro,erano cose tanto sue… Ma quellierano soltanto aspetti diversi e lon-tani dal tuo volto, o Gesù, né miriusciva di comporli a vita e unitàpermanente. Bisognava forse chesuonasse l’ora grande della guerra.L’ora della tua agonia più acuta, oSignore, e pure l’ora della tua irre-sistibile manifestazione al mondo.Era un ferito grave e già presso a

morire. Quando gli tolsero adagio,devotamente, la giubba, apparve laveste atroce e gioconda del sangue,che come un velo liquido e vivo fa-sciava e rendeva brillanti le mem-bra vigorose. Senza parlare miguardò. I suoi occhi erano colmi didolore e di pietà, di volontà decisa edi dolcezza infantile. Al fondo vitremava, attenuandosi, la luce di vi-sioni beate e lontane. Come di bim-bo che si addormenta poco a poco.Non altrimenti dovette guardareGesù dall’alto della croce. Quelvolto chiaro e virile dell’alpino.Sotto la cornice scura dei capelliscomposti e con l’ornamento cosìconveniente della barba incolta, di-ceva un dolore così vergine e forte,un’offerta così cosciente e pudica,una dignità così umile e regale, unadomanda tanto discreta e di com-passione e di aiuto, che ne provaiimprovviso il brivido gaudioso elancinante della Veronica quandovide prodigiosamente fiorire il vol-to di Cristo, sul suo lino bianco espiegato. Da quel giorno, la miamemoria esatta dell’irrevocabileincontro, mi guidò d’istinto a sco-prire i segni caratteristici del Cristosotto la maschera essenziale eprofonda di ogni uomo percosso edenudato dal dolore”8. Caro BeatoDon Carlo Gnocchi interceda pertutti noi perché possiamo, ognuno amodo suo, attualizzare la redenzio-ne attraverso il nostro tempo, e ituoi preziosi mutilatini possanodarsi in dono a Cristo e alla suaChiesa.

P. BONIFACIO HONINGS, O.C.D.Professore Emerito di Teologia Morale

presso le Pontificie UniversitàLateranense ed Urbaniana,

RomaConsultore della Congregazione

per la Dottrina della Fedee del Pontificio Consiglio

per gli Operatori Sanitari,Santa Sede

Note1 ENNIO APECITI, Li amò sino alla fine. Vita

di Don Carlo Gnocchi, Centro Ambrosiano2009.

2 O.c. p. 13.3 O.c. p. 19-20.4 Cfr. O.c. p. 67-69.5 Cfr. O.c. p. 69-70.6 O.c. p. 114-115.7 O.c. p.161-162.8 O.c. p. 138-139.

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Il 24 maggio 2008 è stato il gior-no della beatificazione di SuorMarta Wiecka a Lvov, in Ucraina.Il Cardinale Tarcisio Bertone, nellasua omelia di beatificazione, ha ri-volto le seguenti parole alle Figliedella Carità e al personale medicolaico: “La beata suor MartaWiecka susciti in voi sollecitudine,attenzione, dedizione verso quantisoffrono nella malattia. L’uomo ècorpo e spirito: curando il fisicodolorante non dimenticate che peruna guarigione vera e profonda ditutto l’uomo, è indispensabile te-ner conto anche delle esigenze spi-rituali dell’umana creatura. Quan-to è importante allora l’incontrocon Dio per chi è degente e soffe-rente! Quanto è importante che sidifenda e si promuova sempre lacultura della vita e dell’amore, checontrasti efficacemente la culturadella morte con le sue tristi epreoccupanti manifestazioni, tra lequali mi limito a citare l’aumentodegli aborti e dei casi di eutanasia.Quest’umile suora di Sniatyn, cheoggi rifulge nel cielo fra i Beati,lancia a tutti noi un inno alla Vita,ci esorta ad amare la vita umana ea difenderla in tutte le sue fasi dalconcepimento al suo tramonto na-turale”.

Chi era questa giovane Figliadella Carità che, in un atto di caritàeroica, ha dato la propria vita perun altro, all’età di 30 anni appena ea 12 dalla sua vocazione? Era natanel 1874 in Polonia, a Nowy Wiec,in Pomerania. A 18 anni, entrò nel-la Compagnia delle Figlie dellaCarità di San Vincenzo de’ Paoli, aCracovia. L’ospedale di Leopoli fula sua prima destinazione. Le Suo-re della sua comunità le insegnaro-no a curare i malati e ad avvicinar-si a loro, cioè a vedere Cristo sof-

ferente nella loro persona. I fonda-tori, San Vincenzo de’ Paoli e San-ta Luisa di Marillac, insistevanocontinuamente sul fatto che la vo-cazione delle Figlie della Carità èquella di servire tutti i poveri, sulpiano corporale e spirituale. Nelloro avvicinamento ai malati, leSuore non dovevano sembrare pre-cipitose, ma manifestare loro mol-to affetto, parlare loro e servirlicon tutto il cuore. Suor Marta ave-va conservato nel suo cuore questeraccomandazioni che mise in attonel corso della sua intera vita. Suc-cessivamente, fu inviata negliospedali di Podhajce, di Bochnia einfine di Sniatyn. Dopo la vigiliadi Natale, passata presso i malatidell’ospedale, ella scriveva: “Hovissuto questo giorno con i mieicari malati nella serenità e in ma-niera piacevole, pregando e can-tando con gioia vicino al prese-pe”. Suor Marta provava una veragioia nel servire gli ammalati. IlDirettore dell’ospedale di Sniatynmenziona: “Ella aveva il donod’influenzare il suo entourage. Su-scitava negli altri, le Suore, il per-sonale e i medici, il desiderio dicurare nel miglior modo possibilei malati”. Li serviva tutti, senzacurarsi della nazionalità e dellaconfessione religiosa. Aveva il ca-risma straordinario di avvertire iloro bisogni spirituali. Nel suo ser-vizio, nessuno moriva senza primaessersi riconciliato con Dio.

L’ultimo avvenimento della suabreve vita fu un atto eroico di ca-rità verso il prossimo. Come P.Maximilien Kolbe, ella diede lapropria vita per un altro, un impie-gato dell’ospedale, padre di fami-glia, sostituendolo per la disinfe-zione di una stanza. Ella contrasseil tifo, e morì il 30 maggio 1904.

L’opinione pubblica considerò lasua morte come un sacrificio natodall’amore eroico per il prossimo.Il suo funerale fu una manifesta-zione di riconoscenza da parte dipersone di differenti nazionalità econfessioni che videro in lei lasanta di Sniatyn.

Il messaggio che Suor Marta citrasmette non è quello delle parolema quello dei gesti. Il culto checontinua a essere vivo da 100 anni,ci parla della forza profetica dellasua testimonianza. Occorre sottoli-neare che gli avvenimenti politicidell’epoca non erano affatto propi-zi per conservare la memoria dellavita eroica e della morte di SuorMarta. Nel 1920, la guerra tra po-lacchi e bolscevichi obbligò leSuore e altre persone a lasciareSniatyn. Nel 1945, le frontiere e leforze politiche in Europa subironodei cambiamenti. Il territorio dellaGalizia Orientale fu annesso al-l’URSS. Il sistema comunista for-zava a rinnegare la fede, soprattut-to quella cattolica. Di conseguen-za, numerose persone furono mes-se in prigione e deportate in Sibe-ria. Le chiese e le croci furono di-strutte, e gli ospedali devastati.

In questo contesto, è ammirabilevedere come, malgrado l’assenzadelle Figlie della Carità in quellaregione e la complessa situazionepolitica, il culto di Suor Marta siarimasto vivo. La gente, non temen-do minacce né conseguenze, si re-cava a pregare sulla sua tomba. Inlettere commoventi dell’epoca,scritte da laici, leggiamo: “…lagente prega e accende candele.Un’ora dopo la mezzanotte, sonogià sulla tomba di Suor Marta. Sipuò facilmente dire che qui potreb-be essere edificata non soltantouna cappella, ma si potrebbe tra-

ANNA BRZEK

L’esempio di carità eroica del nostro tempoSuor Marta Wiecka, Figlia della Caritàdi San Vincenzo de’ Paoli

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sformare questo luogo in chiesa”.Ascoltiamo ancora lo stralcio daun’altra lettera: “Sono tornata dal-l’Unione Sovietica … al cimiterodi Sniatyn si trova la tomba di unaFiglia della Carità. Suor MartaWiecka, celebre per i suoi miraco-li. Le grazie ottenute mediantel’intercessione di Suor Marta sononumerose”.

È così ancora oggi. La tomba diSuor Marta attira numerose perso-ne: cattolici, ortodossi, ebrei, ecc.Possiamo dire che è diventata unmodesto tempio ecumenico. Èsempre decorata di fiori, di cande-le accese e di stole ucraine ricama-te. Grazie alla forza attraente dellatestimonianza di vita di Suor Mar-ta, molte persone oggi chiedonograzie mediante la sua intercessio-ne. Affluiscono numerose doman-de e ringraziamenti non solo dallaPolonia, ma anche da altri Paesi.Molti poi sono quelli che, seguen-do il suo esempio, decidono di vi-vere secondo il Vangelo e i suoivalori, quali devozione, dono di sé,sensibilità verso l’altro senza guar-dare alle proprie convinzioni, per-cependo non soltanto i propri biso-

gni fisici, ma anche spirituali.Questa volontà si esprime in mol-teplici modi, ad esempio deciden-do di dare il nome della beata SuorMarta Wiecka all’Ospedale pub-blico di Bochnia, la cui cerimoniaha avuto luogo quest’anno; oppuredando sempre il suo nome allaScuola Primaria di Skarszewy, oancora con la costruzione del Cen-tro Sociale “Beata Suor MartaWiecka” a Sniatyn, e la nascita digruppi di preghiera.

Sorge una questione, quella cioèdi sapere da dove vengono una taleforza e la così grande costanza del-la sua testimonianza. Forse la gen-te vede in lei l’incarnazione dellacarità, ciò che è cioè l’essenzialedel Vangelo. In realtà, l’amore èciò che può unire i credenti, ed èanche ciò che è importante nellecure prestate ai malati. È impossi-bile comprendere la carità di SuorMarta per il prossimo senza la con-vinzione che la sua vita era intera-mente affidata all’amore di CristoSposo. Quanto abbiamo bisognooggi di riferirci a Cristo e di pren-dere coscienza del fatto che, in Cri-sto, ogni uomo è nostro prossimo.

Oggi, la beata Suor Marta cichiama a testimoniare l’unità tra dinoi nella Chiesa e nel mondo, apartecipare attivamente al dialogointerculturale e interreligioso. Ellaci invita anche a vedere non sol-tanto le necessità corporali dellapersona malata, ma anche quelledell’anima; ella ci incoraggia adamare e a servire i malati sull’e-sempio di Cristo, fino in fondo, fi-no al dono della propria vita.

Beata Marta, prega per noi.

Suor ANNA BRZEKRappresentante dell’Arcidiocesi

di Leopoli, Ucraina

Bibliografia

BOMBA WLADYSLAW CM, Le charisme deFille de la Charité réalisé dans la vie de sœurMarta Wiecka. Mystique du service, Colloqueconsacré à la Servante de Dieu Sœur MartaWiecka. ITKM, Cracovie 2008.

XAVIER ALVAREZ, Homélie au cours del’Assemblée générale des Filles de la Charitéà Paris, 140 rue du Bac, samedi, 30 mai 2009.

ZELEK SABINA SM, L’opinion de saintetéde Sœur Marta Wiecka, Archives des Filles dela Charité, Cracovie.

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118 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

1. Introduzione

I popoli, con le loro diverse cul-ture, hanno sempre fatto dell’acco-glienza uno degli atteggiamentiche più li caratterizzavano e cheesibivano come un valore del loromodo di essere e vivere.

Quando compivano le proprieazioni, la risposta che scaturivaspontanea dal loro cuore era quelladi distinguersi per la loro ospita-lità.

Nelle occasioni in cui ciò nonavveniva, c’era qualche ragioneche lo giustificava, come peresempio la tutela della propriaidentità o i conflitti bellici con altripopoli per difendere il proprio ter-ritorio o per ambizione di potere.

Tutte le tradizioni religiose sonostate segnate da questo atteggia-mento, che è il frutto della coeren-za tra il proprio credo e la propriamaniera di vivere.

L’ospitalità deriva dal concettoche si aveva di Dio come Mistero,come Onnipotente, ma anche co-me Padre, che ha amato gli uominie che a essi domanda amore e ri-spetto.

Ciò nobilita il nostro essereumano, indipendentemente dal fat-to che in molte occasioni ci siamodiscostati da questo concetto.Guerre, olocausti, esclusioni, in-giustizie, abusi, assassinii, diffe-renze nella distribuzione della ric-chezza, ecc., sono tutte espressionidi una carenza di ospitalità, di unamancanza di coscienza e di lottaper la dignità di ciascuna persona.

2.L’ospitalità nel linguaggiobiblico

È impossibile fare un elenco eun’analisi di cosa significava ospi-talità nei tempi passati e di come

veniva raccolta in maniera moltoprecisa tramite la Parola di Dio.

Numerosi sono i gesti dei prota-gonisti dei testi della Bibbia nellecui vite compare questo valore.Anche in altre occasioni, mediantela descrizione di categorie antro-pologiche nella figura di Yavè, ap-paiono in Lui, o nei personaggi bi-blici, atteggiamenti di violenza, dicastigo e di conflitto bellico neiquali si percepisce chiaramente lateologizzazione di realtà storichecome manifestazioni della presen-za di Dio nella vita del Popolo diIsraele.

Già nella stessa Genesi compareun gesto di ospitalità da parte diAbramo nei confronti di tre uomi-ni che appaiono al suo fianco pres-so la quercia di Mamre. Senza sa-pere chi fossero egli li invitò ad av-vicinarsi, ad entrare nella sua casae riposare, servì loro acqua frescaper rinfrescarsi, cibo per alimen-tarsi, riparo per dormire. Grazie aquesto gesto, Sara rimase incinta,nonostante da parte sua ci fosseuna risposta di incredulità ed iro-nia (Gen 18).

Mosso dall’ospitalità giudaica,Tobi diede il benvenuto all’Arcan-gelo Raffaele e gli affidò la missio-ne di accompagnare suo figlio To-bia; con questo la benedizione sce-se sulla sua casa ed egli fu guaritodalla cecità (Tb 5 e segg).

Il libro di Giobbe, simbolo nellateologia biblica della realtà dellasofferenza, espressione della fragi-lità umana, abbandona la convin-zione che la sofferenza dovesse es-sere legata a una causa morale,causata da un cattivo comporta-mento della persona, senza con-dannarla, pertanto, a un castigo daparte di Dio, che mette alla provala fede dei credenti, ma che nellaloro fiducia li fa crescere nell’u-manità, nella fiducia e nella giusti-

zia. Il capitolo 31 è un elogio del-l’ospitalità. La vita di Giobbe èfondata sul diritto, sulla giustizia esulla misericordia per i meno favo-riti: deboli, orfani, persone senzafissa dimora, stranieri, ecc.

L’Incarnazione di Gesù Cristo èun atto di ospitalità. Maria è la pro-tagonista, accogliendo nel suogrembo il Figlio di Dio, che dalmomento del suo “fiat” sarebbe di-ventato suo figlio (Lc 1,38).

La figura di Gesù di Nazareth èquella di una persona molto ospita-le: accoglie, ascolta, comprende,rispetta, denuncia, invita a cambia-re vita, spinge alla misericordia,basa la sua vita sull’amore per glialtri, con pagine meravigliose neiVangeli. Ricordiamo, come esem-pio, la parabola del Buon Samari-tano (Lc 10) e quella del Giudiziofinale (Mt 25).

Egli stesso, all’inizio della suavita pubblica e della sua missione,leggendo nella Sinagoga il libro diIsaia vi si identifica pienamente esi sente chiamato ad essere BuonaNovella con la sua Parola e i suoigesti (Lc 4).

Le Lettere di San Paolo fannoriferimento all’importanza dell’o-spitalità nella loro esortazione apraticarla. In quella ai Romani (12,9 e 13) egli raccomanda chiara-mente di tenerla molto in conside-razione: “La carità non abbia fin-zioni: fuggite il male con orrore,attaccatevi al bene; solleciti per lenecessità dei fratelli, premurosinell’ospitalità”. Nella prima Lette-ra a Timoteo, la considera necessa-ria nella vita delle vedove: “Unavedova abbia la testimonianza diopere buone: abbia cioè allevatofigli, praticato l’ospitalità” (1Tm5,10). Esorta Tito affinché inco-raggi vescovi “ospitali, amanti delbene” (Tt 1,8).

Infine, anche la Lettera agli

PASCUAL PILES FERRANDO

L’accoglienza, nuovo paradigmadell’umanizzazione

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Ebrei parla dell’ospitalità ed esortaa incarnarla: “Non dimenticate l’o-spitalità; alcuni, praticandola, han-no accolto degli angeli senza sa-perlo. Ricordatevi dei carcerati,come se foste loro compagni dicarcere, e di quelli che soffrono,essendo anche voi in un corpomortale” (Eb 13,2-3).

3. In cosa consiste l’ospitalità

L’ospitalità è un atteggiamentopositivo che denota una qualità delnostro essere. È un valore persona-le, etico e religioso. È un modoconcreto di intendere e proiettare

la vita, anche se, in casi come quel-li che abbiamo citato, essa sembraessere poco coltivata, se non esse-re addirittura carente.

Tale atteggiamento si esprimemediante l’accoglienza, la capa-cità di ascolto, il rispetto, il servi-zio, l’umiltà, la semplicità, la tene-rezza, la responsabilità, la solida-rietà, l’amore, la sensibilità, la vi-cinanza, la rettitudine, la giusti-zia... Francesco Tollalba la defini-sce come: “Accogliere l’altro, stra-niero e vulnerabile, nella propriacasa”. Nel caso dell’assistenzaprofessionale, potremmo trovarenuovi valori che essa contiene e in-carna. Questo è espressione dellasua grandezza.

4.L’ospitalità come carisma

Molti dei nostri Ordini o Con-gregazioni religiose si sentono ar-

ricchiti nella Chiesa da questo do-no. Non siamo gli unici ad averlo,ma noi ne parliamo come del no-stro carisma. L’ospitalità è un donouniversale che possono riceveretutti i credenti e ciascuno può vi-verlo a partire dalla propria iden-tità: vescovi, sacerdoti, religiosi/ee laici.

Definiamo l’ospitalità come ildono che lo Spirito ci ha concessoe che ci abilita alla missione chesiamo chiamati a realizzare nellaChiesa e nella Società.

Secondo la dottrina paolina cisentiamo teologicamente toccatidallo Spirito, che ci arricchisce e cirende capaci di un coinvolgimento

piuttosto antropologico. Si esigeda noi una preparazione concretache dobbiamo seguire per lo svi-luppo della missione.

Ma anche molte altre personepossono essere antropologicamen-te carismatici, professionisti del-l’assistenza con le stesse nostrequalità, con un senso di umanizza-zione come paradigma, che inclu-de tanto l’etica della responsabilitàquanto il rispetto per i valori e lecredenze religiose, anche se nonsono credenti. Essi si sentono an-che chiamati a realizzare una mis-sione nella società a motivo delfatto di essere persone o della loroprofessione.

I professionisti, così come noi,devono sviluppare il dono al finedi possedere una preparazione suf-ficiente per poter realizzare la mis-sione alla quale si sentono chiama-ti: per quanto concerne il servizioche si offre a coloro che soffrono,

occorre che essi siano professio-nalmente competenti (BenedettoXVI, Deus caritas est, 31). Il lorosarà uno stile, un modo diverso diaver fatto dell’accoglienza l’es-senza della propria vita, ma noi livediamo preparati umanamente eprofessionalmente, alcuni anchecristianamente, per la realizzazio-ne dell’ospitalità. Con essi condi-vidiamo la missione, con essi vi-viamo la vita.

In questo senso possiamo affer-mare che l’ospitalità è, per la Chie-sa e per la società, paradigma del-l’umanizzazione.

5.La nostra societàha bisogno di promuoverel’atteggiamento dell’ospitalità

Sono molti i fenomeni ai quali ciè toccato assistere nella nostra ge-nerazione. Ha avuto luogo un cam-biamento radicale e noi viviamoun’epoca di grandi trasformazioni.La globalizzazione ha fatto sì chein molti dei nostri Paesi si viva conaltre persone provenienti da realtàdifferenti, tanto che esiste unagrande interculturalità.

Questo fatto facilita l’esperienzadel fenomeno religioso in formaplurale. Gruppi etnici differenticonvivono oggi nelle stesse città ehanno espressioni religiose distin-te che difendono come esperienzadella propria identità, creando cosìuna interreligiosità.

C’è stata anche una crescita del-l’autonomia e della secolarità.Non tutti i risultati conseguiti sonostati positivi, tanto che alcuni pen-sano che siano stati di più quellinegativi.

In questo mondo, come paradig-ma dell’umanizzazione dobbiamoincarnare l’ospitalità come catego-ria etica che illumina il nostro mo-do di comportarci.

Noi facciamo parte di questa so-cietà e in essa siamo chiamati a vi-vere e a essere testimoni del vissu-to profondo del nostro impegnocon la Chiesa; da Cristo, dalle tra-dizioni ecclesiali basate sull’amoredi Dio nostro Padre, sappiamo sta-re accanto alle persone che soffro-no, facendo noi stessi partire unprogetto che nasce dal Vangelo.Sappiamo avere gli stessi senti-menti che furono di Cristo, con de-nunce e appelli, in certe occasioni,

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ad agire degnamente, e in altre contutto l’amore e la comprensioneverso coloro i quali, a causa di ma-lattia o esclusione, stanno soffren-do: “I grandi progressi in camposcientifico e tecnico … questo no-stro tempo richiede … una nuovadisponibilità a soccorrere il prossi-mo bisognoso” (Benedetto XVI,Deus Caritas est, 30).

6.Complicità tra ospitalitàe umanizzazione

Molte volte nel nostro linguag-gio parliamo delle complicità dellepersone e anche delle idee. Pensoche possiamo affermare la stessacosa dei due termini che sono ilcuore del nostro piccolo contributo.

Abbiamo considerato l’ospita-lità come gesto e come atteggia-mento, strumento della presenza diDio nei testi del Vecchio Testa-mento che abbiamo citato. Abbia-mo constatato l’ospitalità nel mo-do di comportarsi di Gesù Cristo.Essa è presente come invito anchenelle Lettere di Paolo e nella Lette-ra agli Ebrei.

Far germogliare l’ospitalità nelnostro essere, ci fa crescere comepersone, ci rende umani, ci uma-nizza. La nostra società, il nostroservizio assistenziale, hanno biso-gno di umanizzazione. Una frasefamosa di un nostro Superiore Ge-nerale, Fra Pierluigi Marchesi,scritta nel 1981 nel suo documentointitolato “L’Umanizzazione”, ciesorta a questo modo di vivere:Umanizzarci per umanizzare. Eglivoleva apportarci una forza uma-

nizzatrice per la nostra vita, volevacondurci verso un’assistenza chesi realizzasse ponendo al suo cen-tro la persona. Sue espressioni so-no: “Il malato è il centro della no-stra vita”, “il malato è la nostrauniversità”.

Nell’ospitalità sanitaria abbia-mo bisogno degli atteggiamentiche la definiscono, abbiamo biso-gno di realizzare un processo checi faccia diventare persone chepongono in atto un’assistenza chesia umana, che metta al centro del-la nostra attenzione l’infermo cheabbiamo davanti, la sua famiglia,che curi i mezzi, la professionaliz-zazione ma che curi anche il fulcrodell’ospitalità, cioè l’umanizzazio-ne. “L’uomo sofferente – ogni uo-mo – ha bisogno di amorevole de-dizione personale”. “L’amore [del-la Chiesa] non offre agli uomini[specialmente quando soffrono]solamente un aiuto materiale, maanche ristoro e cura dell’anima, unaiuto spesso più necessario del so-stegno materiale” (BENEDETTOXVI, ibidem, 28b).

7.Le sfide della nostra societànell’esercizio del compitoassistenziale

Conosciamo il mondo nel qualeviviamo, i progressi che sono statirealizzati, la relazione tra fede escienza e le implicazioni per ilmondo dell’assistenza, le azioniche con diversi criteri possono in-traprendere coloro i quali lavoranocon i sofferenti, gli effetti che tuttoquesto ha nel campo bioetico. Cer-care di accudire, curare, accompa-gnare quando non si può guarire;aiutare a nascere e a vivere con di-gnità; aiutare a morire con dignità;oggi tutto questo è oggetto di gran-de preoccupazione per noi comeChiesa e per coloro che ci circon-dano: scienziati, politici, profes-sionisti del servizio assistenziale,pazienti, familiari.

Noi facciamo parte di questomondo e a questo mondo voglia-mo apportare la nostra ospitalità,nell’ambito della Tradizione dellaChiesa, del suo Magistero, a parti-re dalla Parola di Dio e dalla nostrapresenza come ospitalità, che deveessere umanizzata. Mediante ciòche facciamo, intendiamo esseresegni di Cristo misericordioso e

guaritore per quanti ci stanno vici-ni, facendo del bene, evangeliz-zando, sebbene ogni volta ci tro-viamo in un mondo in cui questaevangelizzazione a partire dallestrutture assistenziali della Chiesasi fa “Ad gentes”.

Discernere come può e deve es-sere oggi la nostra presenza quoti-diana, è un nuovo compito. Voglia-mo farlo come Cristo che denunciaperò si avvicina, vogliamo farlocome Cristo che a volte tace peròinvita con lo sguardo benevolo,vogliamo farlo come Cristo che siavvicina a persone non socialmen-te corrette secondo i criteri religio-si del tempo, che proclama che es-si saranno i prediletti nel Regnodei cieli e per i quali vuole essereportatore dell’acqua viva, con lasua salvezza che dà il vero sensoall’esistenza.

Quanti di noi esercitano l’ospi-talità nei nostri centri assistenziali,si sentono molte volte in zona difrontiera. Abbiamo acquisito mol-te esperienze dai nostri servizi diassistenza spirituale e religiosa, te-stimonianze di persone alle qualiabbiamo fatto del bene, e che ce lohanno comunicato in parola o periscritto. Ci sentiamo felici di esse-re Chiesa sempre, ma in modo par-ticolare in queste situazioni.

Probabilmente non li convertire-mo al vero senso della nostra fede,però li avremo avvicinati a Dio,che spesso riescono difficilmente avedere come Padre, come Verità,come Bene, e di cui noi vogliamoessere suoi testimoni. La Chiesa,nel suo Magistero, deve esseremolto prudente, certa delle sue af-fermazioni, nell’evoluzioni deisuoi criteri. Noi ci sentiamo partedi essa, la amiamo cosi. Però nellanostra prassi ordinaria ci sentiamoa volte chiamati a discernere moti-vati dall’amore di Dio, manifestatoin Gesù Cristo e impegnati in unamissione che deriva dall’ospitalità,che in questa riflessione abbiamodefinito paradigma dell’umaniz-zazione. Vogliamo vivere la caritànella verità, verità che è arricchitadalla forza della carità.

8.Conclusione

Ci sentiamo orgogliosi di esserestati chiamati da Dio tramite il donodell’ospitalità. Viviamo con molto

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entusiasmo il fatto di essere Chiesadella misericordia e di cercare ognigiorno di fare del bene a personeche prima non conoscevamo e chela malattia, l’esclusione, l’immigra-zione hanno portato a noi.

Per loro vogliamo essere ospita-lità umanizzata, vicina, compren-siva e professionale. Per loro vo-gliamo essere presenza di Chiesa,di persone che ne sono parte e cheproprio da essa si sentono spinteverso questa missione. Magari riu-scissimo a trasmettere il valoredell’apporto di Gesù Cristo e dellasua Chiesa alla loro vita, alla storiain generale.

Vogliamo conciliare in ogniistante la verità, il bene e l’amore apartire dall’ospitalità, paradigmadell’umanizzazione, che nel nostrocaso vuole essere sempre, nel suooperare, anche evangelizzazione.

Ci danno molta forza nella rea-

lizzazione della nostra missione leparole di Benedetto XVI nellaDeus Caritas est: “Ad un mondomigliore si contribuisce soltantofacendo il bene adesso ed in primapersona, con passione e ovunquece ne sia la possibilità” (31b) “Lacarità, inoltre, non deve essere unmezzo in funzione di ciò che oggiviene indicato come proselitismo.L’amore è gratuito; non viene eser-citato per raggiungere altri scopi(si veda il sito: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est_it.html-_ftn30)”. “Chi esercita la carità innome della Chiesa non cercheràmai di imporre agli altri la fededella Chiesa”. “Il cristiano saquando è tempo di parlare di Dio equando è giusto tacere di Lui e la-sciar parlare solamente l’amore.Egli sa che Dio è amore e si rende

presente proprio nei momenti incui nient’altro viene fatto fuorchéamare” (31c).

Come Cristo vogliamo portare almondo la salvezza affinché tutti ar-rivino alla conoscenza della verità.Per questo preghiamo e in questoconfidiamo. Cerchiamo di farlocon l’ospitalità, come nuovo para-digma dell’umanizzazione, co-scienti del fatto che ci avviciniamoa Dio e alle persone sempre e quan-do Dio vuole ed è opportuno, e lofacciamo con una vera evangeliz-zazione. Con Benedetto XVI pro-clamiamo “Caritas in veritate”.

Fra PASCUAL PILES FERRANDO,O.H.

Priore generale emeritoOrdine Ospedaliero di San Giovanni

di Dio, SpagnaMembro del Pontificio Consiglio

per gli Operatori Sanitari,Santa Sede

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122 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

Vorrei iniziare con l’esprimere imiei ringraziamenti a quelli delleSante Case di Misericordia delPortogallo per l’invito del Pontifi-cio Consiglio per la Pastorale dellaSalute a partecipare a questa Con-ferenza e a riflettere sul contributodel lavoro volontario nell’umaniz-zazione della salute e sulla sua di-mensione etica.

Credo sia importante menziona-re che, sebbene sia stata fondatanel 1498 da un gruppo formato dacentinaia di “brave persone” sottogli auspici della monarchia porto-ghese, la missione delle Misericor-die è sempre stata quella di impe-gnarsi in “lavori di misericordia”,in linea con la loro definizionequale associazioni di fedeli secon-do la legge canonica.

Ritengo inoltre necessario fareriferimento al fatto che dal 1516,quando il re portoghese EmanueleII accordò alle Misericordie di Li-sbona l’amministrazione dell’O-spedale di tutti i Santi, le Miseri-cordie portoghesi – senza interru-zione – si sono attivamente impe-gnate nella gestione di ospedali edi altri servizi sanitari. Esse, per-tanto, hanno svolto il “lavoro dimisericordia” che impone loro di“prendersi cura dei malati”.

Le Misericordie possiedono lacompetenza in materia di assisten-za sanitaria che, anche se da un la-to si estende oltre l’orizzonte dellamemoria, dall’altro, si traduce inuna preoccupazione costante dellaqualità. Per quanto riguarda que-st’ultima, per citare un esempio,uno studio realizzato nel 2010 dal-la “Joint Commission Internatio-nal and Siemens”, ha classificatogli ospedali delle Misericordieportoghesi come tra i migliori delPaese.

Come si può spiegare la longe-vità, come pure il riconoscimento,

dell’impegno delle Misericordieper l’assistenza sanitaria? Ciò, in-fatti, va oltre i confini del Porto-gallo continentale, in quanto i por-toghesi hanno diffuso questo mo-vimento in tutto il mondo, dal Bra-sile all’Angola, da Sao Tomé ePrincipe a Timor e, più recente-mente, alle comunità portoghesi inFrancia e Lussemburgo.

Innanzitutto, vorrei sottolineareil loro carattere di movimento divolontari dedicati (in accordo conla realizzazione delle “opere di mi-sericordia”) per fornire assistenzadisinteressata a coloro che soffronoe hanno bisogno di aiuto. È oppor-tuno, perciò, ricordare le parole diS. Pietro Martire, negli statuti origi-nali della Misericordia di Firenze:“nessun fratello dovrà aspettarsiper il suo contributo qualche cosache non sia un bicchiere d’acqua”.

In effetti, abbiamo ogni ragioneper credere che la dimensione eticadi coloro che altruisticamente de-dicano il loro tempo e la loro atten-zione alla cura degli altri creaun’enorme differenza nel campodella salute; chi agisce in questomodo, pone se stesso in una posi-zione dissimile a quella di coloroche forniscono assistenza sanitariaper ragioni istituzionali, come loStato attraverso il Servizio Sanita-rio Nazionale, o coloro che forni-scono assistenza sanitaria con il le-gittimo obiettivo di ottenere profit-ti, come le imprese degli ospedaliprivati.

Non è un caso che gli operatoridel cosiddetto terzo settore o setto-re sociale siano spesso menzionatitra i migliori nel campo delle curesanitarie acute. Inoltre, non è puracoincidenza che la dimensione diumanizzazione dei servizi di assi-stenza di cui sopra abbia acquisitouna rilevanza sempre maggiorecome criterio di qualità.

Il concetto di “volontario” rap-presenta, in primo luogo, un impe-gno con se stesso, e con la societàin generale, per aiutare gli altrisenza alcun interesse, attraversoun’azione specifica e continua e,per quanto possibile, nell’ambitodi un quadro adeguato. Dal puntodi vista etico, esso indica non solouna crescente consapevolezza del-le disparità e delle differenze, maanche una ricerca di valori e riferi-menti che definiscono un indivi-duo e il suo ambiente sociale.

Per i cattolici, la Dottrina socia-le della Chiesa costituisce il qua-dro etico entro il quale il volonta-riato realizza la propria opera. Larecente Lettera Enciclica Caritasin veritate cattura l’essenza del vo-lontariato per i cattolici. In partico-lare, essa sostiene che la carità pro-clama la verità di Cristo nella so-cietà e che lo sviluppo, il benesse-re sociale e il superamento dei pro-blemi socio-economici presentauna richiesta di “caritas” – in altreparole, di Amore, inteso qui comeAmore per il prossimo.

È lo stesso messaggio a permea-re gli statuti della prima Misericor-dia portoghese – la Santa Casa diMisericordia di Lisbona – in cui siafferma che “Dio ha dato il cuore,la ragione, la forza e la carità a po-chi cristiani buoni e fedeli percreare una fratellanza e una con-fraternita... di modo che da questaconfraternita possano essere ese-guite, per quanto possibile, tutte leopere di Misericordia, sia corpora-li che spirituali”.

Nel campo specifico della salu-te, nella misura in cui corrispondea una attività che mira ad aiutarecoloro che soffrono e non sonoquindi protetti, il volontariato è lapiù nobile di tutte le risposte allepiù profonde esigenze morali degliindividui.

MANUEL DE LEMOS

Il contributo dei volontari nell’umanizzazionedella salute: la realtà portoghese

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123DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

La presenza di cinque secoli del-le Misericordie portoghesi nel set-tore sanitario rappresenta, per lasocietà portoghese in generale e lacomunità cattolica in particolare,l’incarnazione di questa responsa-bilità etica nei confronti delle per-sone. In pratica, tale responsabilitàsi traduce nel volontariato e nellarealizzazione di quella “Opera diMisericordia”, che stabilisce chedovremmo “prenderci cura delmalato”.

Vorrei terminare il mio interven-to descrivendo il nostro ruolo, ne-gli ultimi cinque anni, nella crea-zione della Rete Nazionale di cureintegrate a lungo termine in Porto-gallo.

L’invecchiamento, e la successi-va esplosione di malattie cronichee disturbi mentali, nonché la fram-mentazione delle famiglie, l’inetti-tudine delle strutture ospedaliereesistenti e le limitate risorse finan-ziarie dello Stato, sono diventateuna questione sempre più pressan-te nella società portoghese. Impre-gnate dello spirito cristiano che ca-ratterizza la nostra attività, le Mi-sericordie hanno accettato la re-sponsabilità di costituire una retedi vicinanza altamente qualificataed efficiente, fornendo servizi diassistenza a prezzi ragionevoli.

Oggi, le Misericordie portoghe-si hanno in esercizio/costruzionecirca 150 impianti, sparsi in tuttoil Paese, che corrispondono a oltreil 70% della rete nazionale inte-grata di assistenza a lungo termi-ne. In questo modo determinante,esse hanno assunto una posizione

centrale nel servizio sanitario na-zionale.

Ho attirato la vostra attenzionesu questa circostanza, non solo perillustrare la nostra efficace rispostaai problemi che affliggono la so-cietà moderna, ma anche perchéabbiamo trovato qui la più chiaraconferma per la dimensione “uma-nizzante” del volontariato. La vici-nanza con la morte, le implicazionidelle malattie croniche, e la debo-lezza generale della persona inquesta fase della vita, rendono ilcontatto umano un ruolo partico-larmente rilevante dell’assistenza.

Contrariamente agli ospedaliper le cure acute, dove la pletora ditecnologia riduce l’essere umanoalla sua dimensione più materiale,nei nostri servizi di continuità dicure, sono il nutrimento, l’affetto ela comprensione per il paziente adefinire la nostra attività. Il volon-tario, in posizione di etica e praticadi “compagno”, adotta un approc-cio che è certamente diverso daquello di un fornire più tecnico, equindi, più freddo, di assistenzasanitaria. Chiara evidenza di que-sta affermazione è che i volontarinei nostri servizi hanno più tempoa disposizione rispetto agli opera-tori di altri servizi sanitari.

Credo che gli sviluppi, in unprossimo futuro, della medicina el’introduzione di alta tecnologianegli ospedali per le cure acute,contribuirà ulteriormente a raffor-zare il ruolo dei volontari nei servi-zi sanitari. Ciò confermerà ulterior-mente la visione di Cecily Saun-ders secondo cui le cure palliative e

terminali ci costringono “a fare tut-to ciò che può essere fatto, quandonon può essere fatto nient’altro”.

L’umanizzazione è proprio ciòche può essere fatto, quando lascienza e la tecnologia non sonopiù in grado di fare nulla. Tenereuna mano, ascoltare una storia, di-segnare un sorriso. Questa è la ri-chiesta di umanizzazione che, no-nostante i buoni sforzi dei profes-sionisti, può essere affrontata soloin modo permanente, costante edefficace da un volontario.

Anche se è vero che molti pro-fessionisti oggi riconoscono eadottano questa dimensione uma-na di fornire assistenza, è altresìevidente che gli sforzi delle squa-dre di volontariato hanno contri-buito a imporre questo approccioetico nei servizi sanitari.

Signore e signori, le Misericor-die portoghesi hanno fornito servi-zi per 511 anni. Adottiamo, perquanto possibile, il concetto di vo-lontariato e, pertanto, abbiamosempre posto le persone al di sopradella gestione. Infatti, se comincia-mo ad aiutare le persone e a pren-derci cura di loro, gestire le istitu-zioni che servono la gente verrà inmodo naturale. Oggi, con una ge-stione sempre più efficiente, tor-niamo alle persone. È quindi mioprivilegio essere il portatore diquesto esempio, un esempio per lecomunità cattoliche e cristiane nelmondo moderno.

Dott. MANUEL DE LEMOSPresidente dell’Unione delleMisericordie del Portogallo

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Le Missionarie della Carità sonostate fondate dalla Beata MadreTeresa di Calcutta con lo specialecarisma di spegnere l’infinita setedi Gesù Cristo sulla Croce peramore delle anime con la profes-sione dei consigli evangelici e unquarto voto di “servizio generoso egratuito ai più poveri dei poveri”.

In 137 Paesi noi “condividiamoquella speciale missione dellaChiesa di illuminare tutto il mondocon il messaggio evangelico; radu-nare in un solo Spirito tutti gli uo-mini di qualunque nazione, razza eciviltà, diventa segno di quella fra-ternità che permette e rafforza unsincero dialogo” (Gaudium etSpes, n. 92) (Cost., n. 1).

Viviamo la nostra vita nelle di-verse culture, situazioni e angoscedel nostro mondo, negli ospedalidi Londra e nelle zone di guerradel Medio Oriente e dell’Africa,tra i tossicodipendenti di Fran-coforte e i bambini di strada di Riode Janeiro, a fianco di coloro a cuiviene data un’apparente misericor-dia attraverso l’eutanasia, o pri-vandoli di cibo e acqua nelle casedi riposo di Melbourne e quelli chevivono nei campi profughi in Etio-pia, o che sono nelle prigioni dellaPolonia e nei rifugi notturni di Cu-ba. La Madre ha detto: “Gesù rivi-ve la sua passione nella nostra po-vera gente. Nei poveri noi nutria-mo, vestiamo e accogliamo Gesù.Dobbiamo fare tutto ciò con ungrande amore indiviso”.

Dio non ha creato la povertà.L’egoismo e l’avidità dell’uomohanno permesso alla povertà di se-parare le persone. Essa è la man-canza di volontà dell’uomo diamare e vivere come Dio vuole. Èil risultato del peccato. Eppure,Dio ha tanto amato il mondo dadare il suo Figlio unigenito pervincere il peccato e trasformare inRedenzione la forza del male pro-prio là dove era al suo culmine,sulla Croce. L’uomo ha ucciso il

Figlio di Dio, morto ma risorto daimorti. L’opera della Redenzionecontinua. I Calvari del nostro mon-do sono là dove ancora oggi Cristoha sete dell’amore di ogni uomocreato per vivere in Lui, con Lui eper Lui, nell’unità dello SpiritoSanto, per la gloria di Dio Padre, interra e in cielo.

Sulla Croce, Gesù è diventatoIL più povero dei poveri e IL Sal-vatore, la fonte del mistero dell’a-more di Dio da ricevere e a cuipermettere di scorrere anche oggidalla Croce nella vita di ogni per-sona: fonte visibile che esprime avoce alta la sete di Dio a tutti i Cal-vari del nostro mondo, invisibile eche risuona nel cuore di ogni per-sona.

La nostra deve essere una vitasanta, una vita mistica che si tradu-ce, se vera, in amore e in azione:“amore ricevuto e donato” (Cari-tas in veritate [CV], n. 5) nella no-stra vita di preghiera e unioneprofonda con Cristo, maggiormen-te espresso e impresso nell’Eucari-stia, e “amore ricevuto e donato”(CV, n. 5) nella nostra vita di pre-senza, compassione, servizio eunione profonda con Cristo, mag-giormente espresso e impresso nelsofferente più Povero dei poveri.Noi viviamo entrambe le dimen-sioni, preghiera e servizio (cfr. CV,n. 79), per essere Missionarie dellaCarità nella verità.

Una volta un uomo giunse a Ka-lighat, la casa dei morenti “NirmalHriday” (= cuore puro) di Calcut-ta. Era sinceramente commosso enella generosità e bontà del suocuore si offrì di aiutare Madre Te-resa nel suo bellissimo lavoro.Avrebbe fornito i migliori letti d’o-spedale e altre utili attrezzaturemediche di ultima generazione.Madre Teresa si inchinò e rifiutòcon gentilezza.

La nostra conferenza riguarda laquestione dell’equità nelle cure sa-nitarie. L’equità è un termine di

giustizia: dare a una persona quelche le è dovuto. Nel nostro mondol’iniquità tra ricchi e poveri è inaumento. La povertà diventa sem-pre più lo scandalo descritto daPapa Paolo VI. Alla base di questoscandalo vi sono altre disugua-glianze più fondamentali che pos-sono avere indotto il rifiuto di Ma-dre Teresa a un’offerta comunquenobile. Esaminiamo tre verità:

1. È diritto fondamentale di ognipersona ricevere attenzione e amo-re indivisi, di essere accolta e trat-tata come essa è, come una perso-na che proviene da Dio e che cam-mina verso Dio, con una dignitàche esige un rispetto che è sacro eassoluto. La salute è un bene chedeve essere sicuramente salva-guardato, ma non è un bene asso-luto (EV, n. 47). Essa è subordina-ta al bene assoluto della vocazioneeterna di ciascuna persona e delsuo destino di figlio di Dio.

La tecnologia medica ha com-piuto grandi progressi negli ultimianni. Ma non dobbiamo anche am-mettere che spesso la pratica medi-ca è diventata più depersonalizza-ta? Non dobbiamo dire che il ri-spetto della dignità umana – la cuiprima espressione è il diritto allavita – è diminuito per la maggiorparte dell’umanità, anche se la tec-nologia è progredita? I progressidella tecnica, non solo in medici-na, avvengono a volte a prezzo deipoveri, degli indesiderati, dei nonamati, dei non nati? (cfr. CV, nn.70, 71). L’aborto, l’eutanasia e iltraffico di organi sono i maggioridistruttori della società.

Non dare a ogni persona l’atten-zione, l’amore e le cure che le sonodovute minaccia il bene dell’uma-nità in un modo che è molto piùpericoloso di ogni malattia o infor-tunio o addirittura della mancanzadi cure mediche adeguate. La ri-sposta più importante per tutti noiè quella di dare amore e attenzione

M. BENEDICTA

Centri sanitari e cura dei poveri

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totali alla maniera di Cristo a ognipersona con cui veniamo a contat-to, in particolare i più poveri deipoveri, anzitutto attraverso il no-stro tocco umano e, naturalmente,dove la situazione concreta lo ne-cessita, con conoscenze e compe-tenze professionali mediche.

Madre Teresa racconta: “Unasera uscimmo e raccogliemmoquattro persone dalla strada. Unadi loro era in condizioni terribili.Dissi alle suore: «Prendetevi curadi questi tre, io mi occuperò diquella donna che sta peggio». Cosìfeci per lei tutto ciò che il mioamore poteva fare. La misi a letto,c’era un bellissimo sorriso sul suovolto. Ella prese la mia mano, midisse una sola parola: «grazie» emorì. Non potei fare a meno di fa-

re un esame di coscienza davanti alei. Mi chiesi: cosa avrei detto sefossi stata al suo posto? La mia ri-sposta fu molto semplice. Avreicercato di attirare un po’ di atten-zione verso di me. Avrei detto: hofame, sto morendo, ho freddo, hodolore, o qualcosa del genere. Malei mi diede molto di più, mi diedeil suo amore riconoscente. E morìcon un sorriso sul volto. Poi ci fuquell’uomo che prendemmo dallafogna, per metà mangiato dai ver-mi e che, dopo che lo avevamoportato a casa, disse soltanto: «Hovissuto come un animale per stra-da, ma sto per morire come un an-gelo, amato e curato». Poi, dopoaver rimosso tutti i vermi dal suocorpo, tutto quello che disse conun grande sorriso, fu: «Sorella, va-do alla casa di Dio» e morì. Fu bel-lo vedere la grandezza di quell’uo-

mo che sapeva parlare in questomodo senza incolpare nessuno,senza fare confronti. Come un an-gelo...”.

2. Un altro diritto fondamentaledi ogni persona è il diritto di ama-re come membro della famigliaumana. Noi non abbiamo ospedali,cliniche o scuole regolari. Quandoi nostri poveri hanno bisogno diessere ricoverati, collaboriamocon le istituzioni che li gestiscono.Le nostre case devono essere sem-plici e modeste e i poveri devonosentirsi accolti come a casa. Ab-biamo CASE per: bambini abban-donati, fisicamente e mentalmentedisabili; case per bambini e adultimalati di AIDS; poveri malati emoribondi; malati di mente; leb-

brosi e malati di TBC (compresicentri di riabilitazione); tossicodi-pendenti e alcolisti; ragazze in pe-ricolo, madri indesiderate, donnein difficoltà; centri per personemalnutrite o per la distribuzione dicibo e mense; centri di assistenzain tempi di carestia o altri disastri.Ognuno contribuisce a suo modo arendere il luogo una casa. Questa èla vita nuova in Cristo, già sullaterra così come un giorno piena-mente in Cielo. Noi impariamo daipoveri mediante azioni non misu-rabili con dati tecnici, ma:

Con il sorriso di quell’uomomorente e della donna di cui haparlato la Madre.

Con una lacrima che cade dagliocchi di una prostituta.

Con il viso di un giovane che sirivolge, dopo un overdose di eroi-na, verso la Sorella.

Con un bambino nella nostra ca-sa che accarezza la guancia diquello più piccolo che piange ac-canto a lui.

Con il bicchiere d’acqua dato dauna malata di mente a un altro nel-la nostra casa.

Con un ragazzo affamato che dàla sua parte di riso alla madre mo-rente.

I poveri sono stupendi. Vengonotolti loro salute, ricchezza, fami-glia, nome, prospettiva di vita eperfino la vita stessa. Spogliati ditutto, rimane loro solo il fatto di es-sere persone umane. E questo lirende così umani, proprio come ciòche Dio ci ha destinati a essere: ca-paci di essere amati e di amare co-me risposta, anche nella e attraver-so la sofferenza, nel dolore e lamorte verso la vita nuova in Cristo.

Ecco perché le nostre case devo-no essere case in cui possano esse-re accolte tutte le persone respintedagli altri, nessuno escluso; lagrande famiglia umana cresce dapiccoli semi. Nelle nostre case,ciascuno è chiamato a uscire da sestesso per prendere parte, per darein ogni modo possibile un’espres-sione di amore e preoccupazioneper tutti. Spesso, a prima vista, vi èmolta miseria nelle nostre case.Eppure, a un secondo sguardo, vi ètanta gioia nella miseria, frutto del-lo Spirito per tutti.

3. Il diritto più fondamentale diogni persona è quello di conoscerel’amore di Dio, sapere che Dio ènostro Padre, che da Lui dipendia-mo, che da Lui veniamo e da Luisiamo sostenuti in ogni momento,che da Lui siamo redenti attraversoil Suo Figlio, e che andremo allaSua casa per l’eternità. Questa puòessere stata la preoccupazioneprincipale di Madre Teresa nel ri-fiutare l’offerta di quel signore aKalighat. I mezzi tecnici possonolimitare la nostra visione di Dio, ofarceLo dimenticare completa-mente. Essi possono farci dimenti-care che siamo stati creati e reden-ti dall’amore e farci dimenticareche Dio è all’opera nella nostra vi-ta concreta personale – qui e ora.

Possono farci dimenticare chesiamo solo strumenti del Suo amo-re l’uno per l’altro; che Dio, nonl’uomo, è autore della nostra e del-la vita degli altri, che è Suo dono eche Egli vuole fare di noi “un sa-

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crificio perenne a se stesso”, attra-verso ogni momento vissuto nel-l’amore e anche nella sofferenza,nel dolore e nella morte.

Il Santo Padre scrive che “emer-ge con drammatica forza la questio-ne fondamentale: se l’uomo si siaprodotto da se stesso o se egli di-penda da Dio” (CV, n. 74). “Quan-do prevale l’assolutizzazione dellatecnica si realizza una confusionefra fini e mezzi” (CV, n. 71).

Per questo noi Missionarie dellaCarità abbiamo scelto volutamentedi essere semplici e di usare umilimezzi nel nostro servizio ai più po-veri dei poveri. Anche se incon-triamo una folla di poveri, il nostromodo di trattare con loro è semprepersonale, come una persona presasingolarmente. Viviamo da poverinoi stesse.

Vogliamo imitare Cristo, chepur potendo usare tutti i mezzi del-la Sua divinità per mostrarci il Suoamore e per innalzarci fino a sé, haspogliato se stesso, si è fatto nostroservo, ha dato se stesso per tutti,affinché tutti potessero vivere edarsi a Lui nell’amore.

La tecnologia promuove unospirito di utilità. Ciò è una cosabuona, ma il Vangelo ci chiede dipiù: di donare noi stessi, seguendol’esempio di Gesù Cristo.

La Divina Provvidenza includemolti doni meravigliosi, tra cui iprogressi della medicina e dellascienza. Ma tutti questi doni ri-mangono sempre al servizio delbene di tutti e di quello che resta lacausa più grande: essere figli pre-ziosi di Dio.

Ringraziamo il Signore per la

nostra vocazione nella Chiesa eper tutte le altre vocazioni a cui dàvita secondo diverse espressioni.Quando tutto è detto e fatto, vi è lacertezza che nella Sua saggezzaDio vuole che tutti siano insiemenel Suo Regno, dove Egli sarà tut-to in tutti. Ogni ingiustizia saràspazzata via. Noi saremo i suoi fi-gli amati nel Figlio. Il mondo habisogno del nostro messaggio cri-stiano, quello cioè di condividere ilbene dei nostri vari doni sulla viaverso la casa del Padre.

Grazie a tutti e Dio vi benedica.

Suor M. BENEDICTA, MCgià Superiora regionale in Etiopia

per Suor M. Prema MC,Superiora Generale

delle Missionarie della CaritàMissionarie della Carità

Kolkata, India.

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“La città dell’uomo non è pro-mossa solo da rapporti di diritti edi doveri, ma ancor più e ancorprima da relazioni di gratuità, dimisericordia e di comunione”(Caritas in veritate, n. 6).

Queste parole di Papa BenedettoXVI dicono molto a tutti coloroche, a vario titolo e secondo diver-se funzioni, sono impegnati – dacredenti – nell’esercizio dell’atti-vità clinica, di cura e di riabilita-zione, così come quotidianamentesi sviluppa a cominciare dalle cen-tinaia di migliaia di presidi sanitariche, in Italia e nel mondo, sono na-ti da una forte istanza di carità cri-stiana. Esse indicano infatti, inmodo così netto ed essenziale,quale debba essere la linea-guidadi fondo, l’indirizzo ideale, la ci-fra che connota e qualifica l’atteg-giamento con cui ci si china – que-sta è l’esatta etimologia di “clini-ca” – sul letto del paziente, del fra-tello che chiede il nostro aiuto e lanostra solidarietà.

1.La ricchezzadi un confronto

In questi due giorni di intensolavoro abbiamo ascoltato riflessio-ni e indicazioni proposte da emi-nenti relatori – esperti, studiosi,operatori, volontari – che ci hannocondotto per mano attraverso lepagine dell’enciclica ratzingeria-na. È stato un excursus tutt’altroche sommario o approssimativo.Mi pare di poter dire che non è sta-to trascurato nessuno dei moltepli-ci aspetti del documento: da quellipiù evidenti a una lettura rapida esuperficiale, fino a quelli piùprofondi, direi quasi intimi, poichénelle pieghe più nascoste del pen-siero del Papa è veramente possi-bile cogliere tutti i risvolti che l’e-sercizio della carità deve avere neiconfronti dell’uomo del Terzo mil-lennio.

In questo senso, non posso nonrilevare con piacere il sottofondo“esperienziale” che ha animato l’i-tinerario di queste giornate. Perfi-no negli interventi intellettualmen-te più densi e impegnativi mi èsembrato di cogliere sempre unosguardo proiettato “oltre” la puraanalisi teorica: uno sguardo punta-to sull’uomo, immagine di Dio eperciò punto focale e ragion d’es-sere dell’impegno di ogni operato-re sanitario. Su questo comune filoconduttore si è innestata la ric-chezza dei vari contributi – scienti-fici, pastorali, filosofici, economi-ci, giuridici – offerti da oratoricompetenti e qualificati. Se mi èconsentito di parafrasare le paroleusate da Benedetto XVI per descri-vere il recente Sinodo dei Vescoviper il Medio Oriente, direi che si ètrattata di una significativa espe-rienza di “polifonia nell’unità”.Diverse voci, una sola tensioneideale verso le sorgenti della caritàche alimentano la nostra missione.

2. Sulla rotta dell’uomo

Una cosa, in particolare, sento ildovere di sottolineare. Tenendofisso il timone della nostra rifles-sione sulla rotta dell’uomo, abbia-mo enucleato quella che, a miogiudizio, resta la chiave di letturapiù autentica e fedele della Caritasin veritate. Che non è riducibile aun semplice, per quanto autorevo-le, trattato economico-sociale o aun banale prontuario anti-crisi. Ilprofessor Ettore Gotti Tedeschi,uno dei nostri più illustri relatori,ha lanciato qualche tempo fa unaproposta-provocazione: assegnareil Nobel per l’economia a Benedet-to XVI. Dietro questa sollecitazio-ne io leggo soprattutto un richiamoa saper guardare con occhi nuovil’“economia”, come suggerisceesplicitamente il Papa nella sua en-ciclica: a partire cioè dalle sue ori-

ginarie radici etimologiche, chehanno a che fare con l’amministra-zione dell’ôikos, della “dimora”. Esappiamo bene che al centro diogni “dimora”, di ogni “casa”, vi èuna persona, una famiglia, una co-munità umana.

Analizzata da questa prospetti-va, la Caritas in veritate ci appareallora per quella che realmente è:un manuale di umanità, un vade-mecum di quella “vita buona se-condo il Vangelo” (Messaggio allaplenaria del Pontificio Consigliodella Giustizia e della Pace, 3 no-vembre 2010) che rappresenta l’o-rizzonte concreto della dottrina so-ciale della Chiesa. Per tracciare lecoordinate di tale convivenza l’en-ciclica suggerisce una serie di pa-role-chiave.

Le ricordavamo all’inizio: gra-tuità, misericordia, comunione. Epotremmo aggiungere: fraternità,dono, solidarietà, reciprocità, sus-sidiarietà. Vorrei invitarvi a scan-dirle mentalmente, una per una:gratuità, misericordia, comunione,fraternità, dono, solidarietà, reci-procità, sussidiarietà. E sono sicu-ro che anche a voi – come è suc-cesso a me – verrà spontaneo do-mandarvi: non sono queste esatta-mente le modalità che esige ognigiorno il nostro servizio accanto achi soffre? Dico questo non per so-pravvalutare il lavoro degli opera-

MARIO BONORA

Una sfida appena cominciata

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128 CARITAS IN VERITATE - PER UNA CURA DELLA SALUTE EQUA ED UMANA

tori sanitari cattolici, ma piuttostoper caricarlo di una responsabilitàulteriore. La nostra testimonianzadi credenti nel mondo della saluteumana – e gli interventi di questigiorni ci hanno aiutato a capirlo –può costituire realmente una pro-fezia e un paradigma della “buonasocietà” fondata su “un vero svi-luppo integrale” (Caritas in verita-te, n. 4) a cui guarda l’enciclica. Apatto che, naturalmente, non ri-nunciamo a nutrirci alle fontievangeliche dell’amore verso chisoffre – in particolare quell’euntesdocete et curate infirmos (Mt 10,6-8) di cui ci ha mirabilmente parla-to l’arcivescovo Gianfranco Rava-si – né dimentichiamo che la postain gioco resta sempre e comunquel’uomo nella sua integralità. Vo-gliamo dirlo senza vanto o presun-zione, con umiltà, quasi sommes-samente.

Quando ci prendiamo cura delmalato andando oltre la logica deldo ut des, rifiutando di misurarci

unicamente col metro del guadagnoo del profitto, sottraendoci alla leg-ge – solo apparentemente inelutta-bile – della prevalenza del forte suldebole, allora mostriamo concreta-mente che “l’attività economicanon può prescindere dalla gratuitàche dissemina e alimenta la solida-rietà” (Caritas in veritate, n. 38).

Quando, con il nostro stile dipresenza amorevole e disinteressa-ta, scompaginiamo i calcoli ferreidella competitività senza compas-sione, del professionismo senzaprofessionalità, della capacità sen-za responsabilità, allora mostria-

mo concretamente che “la sferaeconomica deve essere strutturatae istituzionalizzata eticamente”(Caritas in veritate, n. 36).

Quando i nostri occhi non si ap-puntano solo su numeri, cifre, ana-lisi di costi e benefici, ma restanofissi sulla stella polare della invio-labile e irripetibile dignità di ognicreatura, fosse anche la più piccolae insignificante, allora mostriamoconcretamente che “il primo capi-tale da salvaguardare e valorizzareè l’uomo, la persona nella sua inte-grità” (Caritas in veritate, n. 25).

3.Un compito profetico

In una società tecnologica e glo-balizzata come quella in cui vivia-mo – che sta ancora pagando ilconto di una crisi economica e fi-nanziaria rivelatasi essenzialmente“crisi etica”, come hanno confer-mato i contributi degli autorevolieconomisti intervenuti ai lavori – il

nostro compito è di certificare chela cura dell’uomo non è una mis-sione di retroguardia, né un passa-tempo da filantropi. Tocca a noi di-mostrare che per i malati valequanto la Caritas in veritate affer-ma più in generale per i poveri: ecioè che essi “non sono da consi-derarsi un «fardello», bensì una ri-sorsa anche dal punto di vista stret-tamente economico” (n. 35). Ab-biamo, in definitiva, la responsabi-lità di offrire al mondo un modellodi assistenza sanitaria capace diconiugare competenza e umanità,sollievo del corpo e sollievo dello

spirito, innovazione scientifica ecarità evangelica, eccellenza tecni-ca e testimonianza cristiana. Unmodello che risulti non soltantoplausibile dal punto di vista medi-co-sanitario ma anche – ed ecco lascommessa e la sfida decisive –pienamente sostenibile dal puntodi vista economico e sociale.

Non si tratta di un compito dapoco. In questo, come dicevo,l’enciclica ci viene in soccorsosuggerendoci una sorta di “voca-bolario di umanità” composto daparole che in qualche modo sonoparte integrante del nostro Dna.Un vocabolario che abbiamo sfo-gliato insieme in questi giorni, gra-zie a testimonianze significative eilluminanti: ricordo solo quella delcardinale Peter Kodwo Appiah-Turkson, che nella sua duplice ve-ste di pastore africano e di presi-dente del Pontificio Consiglio del-la Giustizia e della Pace ci ha of-ferto alcune prospettive interes-santi per la promozione di una sa-lute veramente a misura d’uomo.

Mi sembra che il merito piùgrande di questi interventi sia statoproprio quello di averci spiegatol’economia in termini di umanitàe, allo stesso tempo, di averci rac-contato l’umanità in termini dieconomia. Così da farci capire, peresempio, che la fraternità non è unresiduo da sagrestia o, tutt’al più,un optional riservato alle animenobili, ma un elemento che per-mette al mercato di funzionare e diprosperare: lo aveva intuito già ot-to secoli fa san Francesco e lo ave-vano ribadito successivamente gli“economisti” ispirati alla sua scuo-la (non dimentichiamo che grazieai frati minori nascono nel Quat-trocento i “monti di pietà”), comeama sottolineare il professor Stefa-no Zamagni, che ci ha aiutato nellasintesi degli interventi della primagiornata. Allo stesso modo, abbia-mo compreso che quella che PavelFlorenskij definiva “l’arte dellagratuità” (Lettera dal gulag, 11maggio 1937) – in base alla qualeguardiamo alle persone e alle cosecome un fine e mai come un mez-zo per meri scopi di profitto – restaun ingrediente fondamentale perumanizzare l’economia e civiliz-zare i rapporti sociali. E ci siamoresi conto, inoltre, che quote cre-scenti di comunione innestate nel-la logica mercantile creano socia-

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lità, sviluppano equità, costruisco-no solidarietà: in altre parole, ga-rantiscono quella giustizia a cuiogni società aspira ma che, d’altraparte, è continuamente perfeziona-ta e sopravanzata dalla carità.

“La carità eccede la giustizia”scrive infatti quasi all’inizio del-l’enciclica Benedetto XVI (Cari-tas in veritate, n. 6). Un’asserzioneche per noi ha un’importanza fon-damentale. Significa che abbiamo,anzitutto, il dovere di una compe-tenza professionale autentica e ve-ra, così come è autentico e vero ildiritto del paziente di poterseneavvalere, con piena fiducia. Ma lastessa professionalità del clinicova ricompresa in una relazionepersonale umanamente ricca, in unrapporto di dialogo e di condivi-sione che, appunto, “eccede”, cioè“va oltre”. E permette così di acco-starsi alla malattia non in astratto,bensì nel riferimento puntuale econcreto alla persona del malato,accolta nella sua irriducibile singo-larità. Vi è, insomma, una “econo-mia della carità” (Caritas in veri-tate, n. 2) che non può non anno-verare tra i suoi artefici più convin-ti e appassionati quanti, in nomedella Chiesa, offrono cura e salute.Noi tutti avvertiamo la responsabi-lità di questa chiamata. E in fondosappiamo che il successo delle no-stre opere dipende certamente datante situazioni che ci costringonoe ci condizionano dall’esterno, ma,in ultima istanza, trova nella fe-deltà al carisma originario la suascaturigine ineludibile, inattacca-bile e, perciò, più vera.

4.Verso una fase nuovadella medicina

La medicina è entrata in una fasenuova della sua storia. Credo chetutti ce ne rendiamo conto. Siamoormai pienamente dentro una sta-gione di forte declinazione tecno-logica dell’atto sanitario. Dobbia-mo perciò esaminare questo aspet-to e chiederci come possiamo go-vernarne i mille versanti che ne de-rivano, preoccupandoci – da cre-denti – che non venga comunquemai smarrito il valore relazionaledi quella “alleanza terapeutica” tramedico e paziente che costituiscepur sempre l’asse portante del cu-rare e del prendersi cura.

Senonché, un rilievo non menoattento dobbiamo riservare a un se-condo profilo della nostra rifles-sione. La forte sollecitazione tec-no-scientifica che sospinge oggi lamedicina sembra destinata a indi-rizzarci, ineluttabilmente, versouna condizione politico-finanzia-ria tale da rendere ben difficilmen-te difendibili sistemi sanitari a co-pertura totale. E come conseguen-za diretta – lo abbiamo sentito dal-l’intervento del dottor Luis GomesSambo, dell’Organizzazione Mon-diale della Sanità – vi è oggettiva-mente il rischio che si vada versouna situazione tale per cui determi-nati presidi farmacologici e non,per quanto essenziali per la curainnovativa e avanzata di determi-nate patologie, avranno un prezzotalmente alto da non essere più ac-cessibili a tutti.

Viviamo, insomma, una fasestorica di profonde trasformazioni,un tempo ricco di sfide e di auten-tiche provocazioni, di vere e pro-prie svolte epocali. Un’età, peral-tro, avvincente, affascinante.

Decisiva, per chissà quale lun-go, secolare sviluppo della vicendaumana.

Proprio per questo, ci preoccupavedere in giro campioni di uno“scientismo” riduzionista che sof-fiano sul fuoco di un presunto e in-sanabile conflitto tra scienza e reli-gione, tra ragione e fede. Vi è unapartita aperta che ci coinvolge ecomunque ci impegna, anche no-stro malgrado. Mentre ogni gior-no, con lo scrupolo di sempre,compiamo il nostro lavoro, al lettodei nostri pazienti, dobbiamo esse-re coscienti che questa partita è so-prattutto nelle nostre mani. La sigioca, cioè, in primo luogo sulcampo della cosiddetta “nuovamedicina”, a fronte delle enormipotenzialità di una “biotecnologia”che solo nel rispetto integrale eprofondo della vita e della personapuò trovare quella misura e quellaregola che la salvaguardino da sestessa, da un’esplosione incontrol-lata della sua inedita e immane po-tenza.

Il rischio è di ritrovarsi prigio-nieri in quell’“orizzonte culturaletecnocratico” secondo il quale “ilvero” coincide con “il fattibile”(Caritas in veritate, n. 70). Ma ab-biamo sentito dal professor Ardui-ni quali pericoli possono venire da

un’esasperazione della tecnologiache particolarizza l’uomo malato:cervello, fegato, polmoni, cuore.Si rischia di perdere di vista l’uo-mo nel suo complesso. Il professo-re ha parlato di equità della curarapportandola al grado della suaumanità, che è poi quello dell’u-manizzazione, l’aspetto da ricerca-re con maggiore insistenza. Non acaso il professore ci ha ricordatoche per essere equa la cura deveessere soprattutto umana.

È sul terreno della medicina, edelle scienze biologiche connesse,che si manifesta oggi una pressio-ne “antropologica” che esercita unenorme impatto sulla concezionedi sé, della vita, della storia chel’umanità del tempo cosiddetto“postmoderno” va incessantemen-te rielaborando. A interrogarci so-no soprattutto la genetica, la cosid-detta “procreatica”, cioè l’insiemedelle tecniche che intervengononel campo della fecondazione assi-stita, i temi attinenti le fasi termi-nali della vita e la “mens eutanasi-ca” denunciata con vigore dallastessa enciclica (n. 75). Ed è quiche, pur nella diversità dei ruoli edelle strutture, ci sentiamo spinti arielaborare continuamente un oriz-zonte comune e unitario di “uma-nesimo cristiano” entro cui decli-nare l’attività sanitaria.

Ma domande anche più coinvol-genti continueranno a investirci dapiù fronti: ad esempio, dalla “me-dicina predittiva”, sempre nel qua-dro della cosiddetta “rivoluzionegenetica”, dalle nuove dimensioniche presumibilmente assumerà l’o-biezione di coscienza, dalle piùavanzate applicazioni bio-ingegne-ristiche in molti e svariati ambiti.

E forse la provocazione più in-trigante e inquietante che dobbia-mo attenderci a breve (per certiaspetti, già ci siamo, anche se nonproprio in modo così dirompente)riguarda l’“etica della spesa sanita-ria”, nel quadro generale di unaspesa pubblica e di un welfare chearranca, più o meno, in quasi tutti iPaesi sviluppati e fatica a ridefinir-si nel nuovo contesto economico-finanziario imposto dalla globaliz-zazione.

Camminiamo speditamente ver-so un’evoluzione tecno-scientificadella medicina che potrebbe prestorivelarsi incompatibile – fatte sal-ve le opportune politiche, ma è dif-

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ficile immaginare quali – con laconservazione di sistemi sanitari acopertura universalistica. Ma que-sto è un problema che va decisa-mente oltre il tradizionale confinedella medicina e delle relative po-litiche sanitarie, per investire la di-mensione della democrazia cometale, e dei valori di libertà, di giu-stizia e di eguaglianza di cui essa èchiamata a essere garante.

Il nostro lavoro in campo sanita-rio è, dunque, portatore di unagrande responsabilità che va oltre iconfini delle strutture. Investe, adesempio e in primissima istanza,anche la necessità di elaborare unpiù ricco concetto di cosa signifi-chi “salute”: non solo equilibrioomeostatico e umorale del nostroorganismo, ma, ben più a fondo,consapevolezza di sé; non saluti-smo o generica ineccepibilità tec-nico-formale dei cosiddetti “stili di

vita”, ma assunzione attiva di re-sponsabilità nei confronti del no-stro personale percorso esistenzia-le. Questo è un traguardo, il nostrotraguardo.

5.Una sfida che cominciaadesso

“Quando uno ha finito, allora co-mincia”. Permettetemi di conclu-dere il mio intervento con la sag-gezza – antica ma sempre familiareagli uomini di ogni tempo e latitu-dine – di questa espressione del Li-bro del Siracide (18,6). Sono paro-le che ciascuno di noi dovrebbe te-ner presenti ora che il nostro con-gresso sta per chiudere i battenti.

Quando giunge il momento di ti-rare le somme per riannodare latrama di un confronto così ampio,profondo, articolato come quello a

cui abbiamo assistito in questigiorni, vi è sempre il rischio cheprevalga la tentazione dell’auto-compiacimento, dell’appagamentointellettuale fine a se stesso. Manessuno di noi può pensare di averassolto qui – per quanto brillante-mente – il suo compito. Nel mo-mento stesso in cui abbiamo accet-tato di “dar vita” a questo conses-so, abbiamo anche accettato dicontinuare a “dargli vita” laddovele nostre capacità – tecniche, pro-fessionali, spirituali – sono chia-mate ogni giorno a misurarsi conla sofferenza umana. Il nostro verobanco di prova è il “dopo”. La sfi-da per noi è appena cominciata.

Fra MARIO BONORAPresidente Nazionale dell’ARIS

(Associazione ReligiosaIstituti Socio-Sanitari)

Italia

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L’enciclica Caritas in veritatepuò essere considerata un vero eproprio manifesto cristiano per ilgoverno dello sviluppo globale; èinfatti l’unico documento di politi-ca economica di rilievo mondiale,che presenta come strumento disviluppo il dono, offerto in nomedella carità.

Nell’enciclica si propone unnuovo modello di sviluppo, in cuiè inserito organicamente il ruolodel dono e della gratuità, diversa-mente da ambienti economici e so-ciali che, purtroppo sovente, tute-lano interessi di chi detiene il pote-re.

L’enciclica ci invita a una nuovaresponsabilità, cioè alla costruzio-ne della Città dell’Uomo; ci spingea realizzare relazioni fraterne, coe-sione sociale, impegno politico,per costituire la “grande famigliaumana”.

La Caritas in veritate rivendicaun nuovo bisogno di etica sociale,su scala mondiale, basata su regoledi giustizia e di solidarietà, supe-rando ogni tentazione legata allaspeculazione finanziaria, allosfruttamento dell’uomo, della don-na e dei bambini, con connessivantaggi di breve termine.

L’enciclica pone l’attenzione sultema del lavoro, sulla lotta alla po-vertà e sulle varie condizioni diemarginazione, di esclusione so-ciale, evidenziando alcuni elemen-ti di novità su cui noi credenti, maanche tutte le persone di buona vo-lontà, siamo chiamati a riflettere.

Nella XXV Conferenza Interna-zionale del Pontificio Consiglioper gli Operatori Sanitari, questariflessione ha focalizzato proble-matiche cogenti riguardanti l’eco-nomia globale, il significato auten-tico dello sviluppo, la giustizia so-ciale, i diritti e i doveri dei cittadi-ni per la promozione della vita intutti i paesi, l’impegno degli stati agarantire cure eque e solidali, l’o-spitalità, la giustizia, la carità in ar-monia con la verità, lo sviluppo e ilprogresso, la tecnica e la finanza,non perdendo mai di vista l’atten-

zione alla persona e all’ambiente enon trascurando mai azioni positi-ve e virtuose sulle dinamiche so-ciali ed economiche, e promuo-vendo opportune discipline delleleggi di mercato.

A me pare che la riflessione suquesti temi abbia contraddistinto ilavori di tutte le sessioni dellaXXV Conferenza Internazionale“Caritas in veritate. Per una curadella salute equa ed umana”. Nellosvolgimento di tali lavori la perso-na è stata sempre “al centro”: lospirito di verità ha sensibilizzato ipartecipanti a garantire nelle strut-ture cure eque ed umane, non at-tuabili compiutamente, senza gliemergenti ruoli assegnati a fami-glia, carità, solidarietà, sussidia-rietà, missionarietà e volontariato.

È emersa la fatica per la ricercadi un nuovo rinnovato paradigmadi umanizzazione per una attenzio-ne sempre più viva e audace versole nuove povertà e le tante situa-zioni di abbandono e di negazionedei più elementari diritti.

La questione sociale della paritàdi accesso ai servizi sanitari di ba-se non è un optional ma un impe-rativo categorico che affonda lesue radici nel Vangelo della carità.L’uomo è la passione del Dio vi-vente, per cui la nostra attenzionedeve essere incentrata sull’uomo,sforzandoci di costruire un mondopiù accogliente e più giusto. Daquesto proficuo lavoro emerge lanecessità di avere testimoni credi-bili e persone dedite alla carità,missionari della carità capaci di at-tuare nuove forme di interventopresso i poveri ovvero sana nutri-zione, prevenzione, cure equeumane e solidali per tutti, acco-glienza tramite organizzazioni divaria natura a valenze territorialie/o ospedaliere, strutture e centrisanitari opportuni.

La presentazione di questa con-ferenza internazionale, enunciatada Sua Eccellenza Mons. Zimow-ski, presidente del Pontificio Con-siglio, ha messo in risalto comel‘enciclica sia lo strumento ideale

per valutare i sistemi economici esociali attraverso l’ottica della ca-rità e della verità per lo sviluppointegrale e il bene della personasingola e di tutta l’umanità comecorpo sociale.

Nella preparazione della confe-renza ci si è chiesti “chi sanerà lecontinue ineguaglianze tra sistemisanitari dei paesi ricchi e di quelliin via di sviluppo o di quelli in as-soluto meno sviluppati?”

Chi sanerà il diverso accesso aiservizi sanitari di base, ai farmaci ead altre tecnologie salvavita?

Chi integrerà le scarse infrastrut-ture sanitarie esistenti nelle diversenazioni “povere o impoverite”?

La conferenza internazionale hafornito puntuale risposta:

La risposta è la carità nella ve-rità e la verità nella carità, caritàilluminata dalla luce della ragionee della fede, aperta a conseguireobiettivi di sviluppo umano in unapluralità di ambienti.

Nelle diverse sessioni abbiamoascoltato significative testimo-nianze di persone animate da ca-rità, che si sono adoperate per ri-muovere ingiustizie, per instaurarerapporti più umani e più sani e te-stimonianze di tanti gruppi, movi-menti e associazioni di impegnocristiano operanti in sanità, nelmondo.

Le toccanti relazioni e testimo-nianze dei tanti relatori che abbia-mo ascoltato hanno, non solo, avu-to la funzione di essere aperta de-

Intervento conclusivo del Prof. Filippo Boscia

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nunzia delle carenze presenti nelmondo sanitario e dei forti squili-bri che si percepiscono nel mondodei bisogni, ma hanno avuto la po-sitiva funzione di sollecitare risor-se per alimentare la speranza dimigliorare quei criteri che attual-mente guidano le scelte assisten-ziali, ma che rischiano anche diemarginare i malati più poveri e bi-sognosi (vedasi ad esempio le ma-ternità abbandonate e non assistite,i neonati esposti a morbilità e mor-talità neonatale, l’infanzia denutri-ta, i bambini abbandonati, gli han-dicappati fisici e psichici gravi, gliadulti e anziani disabili, uomini,donne e bambini dolenti e morenti,senza prospettive di accompagna-mento umanitario e compassione-vole: uomini, donne e bambini or-fani di farmaci, di quei farmacimagari in consistente esubero innazioni opulente).

Tutti i contributi assai pregevolisono stati invito e richiamo alla ca-rità globale, a mettere al centro lapersona, i poveri, a essere in co-munione con loro, a promuovereattività missionarie atte a far emer-gere strutture di volontariato cheper vocazione servono l’uomo nel-la stagione del dolore; uomini edonne che si chinano sulle piaghedi questa umanità sofferente senzache mai venga meno il rispetto del-la dignità umana, affinché si scor-ga sempre meglio il volto di Cristonei più poveri, abbandonati e op-pressi e in tutti gli ammalati.

Tutti i contributi invitano pres-santemente gli uomini di buonavolontà a mettere a disposizione leproprie professionalità, il propriotempo, le proprie risorse, per unservizio alla salute più coordinatoe articolato. E ancora, sollecitanoresponsabilità, generosità e testi-monianze di carità verso l’uomodolente soggetto di cura, afferma-no che il dolore e la sofferenzapossono sprigionare amore erafforzare l’impegno di chi operanel bene a difendere e sostenere lavita nelle situazioni di confine, dalnascere al morire, e nelle situazio-ni di disagio, povertà e malattia.

Se da un canto i problemi delmondo sanitario sono vasti e com-plessi, dall’altro le risposte sonospesso parziali e disarticolate.

È necessario quindi lavorare insinergia per delineare un progettounitario di Pastorale della Salute

che coinvolga con il PontificioConsiglio, tutto l’associazionismocattolico, tutti gli operatori sanitaricattolici del mondo per affrontarecon maggiore incisività i comples-si e numerosi bisogni.

Si tratta di costituire “Cittadelledella carità” in cui si realizziun’autentica fraternità” (CV, 20) esi migliori l’accesso alla tanto de-siderata parità di assistenza sanita-ria di base, rispettosa della dignitàinalienabile dell’uomo.

La vocazione a riparare nelmalato le piaghe del Santo Voltodi Cristo è la vera spinta, convin-cente e potente, capace di portarea compimento missioni di verità ecarità nel mondo, partendo dallapercezione e dalla profonda cono-scenza della sofferenza.

Questa è una proposta, una rac-comandazione a non disperdereforze vitali che promuovono im-pegni culturali e non solo assi-stenziali.

Difficilmente enumerabili per laloro molteplicità sono gli istitutireligiosi maschili e femminili, tuttipresenti nelle zone più emarginatedel mondo, che animati dal lorospecifico carisma agiscono nei va-ri campi: sanitario, agrario, scola-stico, culturale e formativo.

Molte sono le risposte che si at-tendono e tra queste proprio quellesul piano culturale e formativo, an-che attraverso l’auspicata creazio-ne di Università in paesi critici, ul-teriore sfida e dimostrazione delpeculiare ruolo della cultura nel-l’ambito di quella carità globale

connessa allo sviluppo, al progres-so, all’elaborazione di offerte for-mative in tutti gli ambiti soprattuttoin quello peculiare della finanza so-lidale operatrice del microcredito.

Quella che stiamo attraversandoè la prima grande crisi post-globa-lizzazione. L’attuale mondo è giàprofondamente diverso dal prece-dente: lo scenario è policentrico.Esso è già invaso da rischi e danniprima sconosciuti, tutti legati al-l’interdipendenza planetaria e allavariazione degli equilibri geopoli-tici.

Emergono sempre più spessonuovi fenomeni trasversali che in-teressano: economia e finanza,ambiente e famiglia, culture e reli-gioni, migrazioni, salute e tuteladei diritti dei lavoratori, lavoro mi-

norile e tutela dei diritti dell’infan-zia con necessità di prevenire for-me di sfruttamento, reclutamentodi minori per la guerra o per il la-voro o per la prostituzione.

I problemi da affrontare nell’e-poca della globalizzazione sonomolteplici:

1) Accoglienza della vita. Losviluppo odierno è strettamenteconnesso con questo tema: la mag-gior rilevanza assunta obbliga adallargare i concetti di povertà e sot-tosviluppo alle questioni collegateall’accoglienza della vita.

2) Ricostruzione delle comunitàsociali perdute (famiglie, gruppiintermedi) a causa di migrazioniinterne o verso paesi più ricchi.

3) Perdita delle identità cultura-li e religiose.

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4) Fame e disuguaglianze.5) Delocalizzazione del lavoro e

delle produzioni di beni e servizi.6) Violenze in genere, guerre ci-

vili e conflitti provocati da integra-lismi religiosi.

7) Precarietà del lavoro.8) Autonomia della “ragione

economica”.9) Violenze sulle persone povere

di risorse addirittura invogliate avendere o far usare parti del pro-prio corpo (es. sfruttamento delcorpo per le maternità surrogate,per prostituzione, cessione di orga-ni ecc.).

10) Sfruttamento della personanell’ambito del lavoro.

11) Svalutazione inaccettabiledella vita.

12) Differente disponibilità e ri-partizione dei beni, o peggio cor-ruzione e dominio della malavita.

13) Meccanismi di sviluppo e didemocrazia economica alterati at-traverso la distruzione iterativa dibeni e prodotti per mantenere unalogica economica di mercato.

Non basta più la carità margina-le, assistenziale o emotiva, v’è bi-sogno di un impegno a tutto campoper lottare contro le povertà e perla promozione umana. Occorrespingersi più in là dei singoli sape-ri, lavorare per l’acculturamento,garantire il diritto di comunicareanche attraverso mezzi informati-ci, promuovere l’esigenza di unainterdisciplinarità ordinata dei sa-peri e delle competenze a serviziodello sviluppo umano.

Corre l’obbligo di denunciare inquesta sede un attivo commerciodelle cellule riproduttive promossoda alcuni paesi europei nei con-fronti di donne e uomini di paesimeno fortunati (Ucraina, Roma-nia, Bulgaria, Polonia, Russia, In-dia, Pakistan).

Uomini e donne indotti a vende-re i propri gameti o addiritturaespropriati dei propri gameti opeggio ancora coppie espropriatedi embrioni soprannumerari sotto-posti a congelamento per esseredestinati ad altre donne che in etàavanzata, o in climaterio, o in me-nopausa precoce o con patologieda esaurimento ovarico precoce,reclamano e desiderano esaudire laloro esigenza di maternità a ognicosto.

Emergono nei paesi dell’est ma-

ternità surrogate, uteri in affitto,senza alcuna regolamentazione.

Questo commercio aggiungepovertà a povertà e oggi rappre-senta una grave emergenza legataalla globalizzazione e all’abbatti-mento di frontiere.

Ogni legge di stato è aggirabilese vengono ignorati i diritti fonda-mentali o vengono ignorati o scon-volti principi non negoziabili.

Molti sono i centri italiani chehanno succursali all’estero e pro-muovono un greve turismo ripro-duttivo.

In Italia registriamo problemati-che relative all’esasperazione del-l’autodeterminazione del pazientee di contro una ridotta autonomia eresponsabilità del medico che ren-de più fragile il rapporto medico-paziente.

Si inseriscono in questo contestogli abusi o i ritardi di diagnosi, gliabusi o i ritardi di terapie, l’esage-rato ricorso a farmaci psicotropi.

Molto spesso si registra unaoverdose di prevenzione, unaoverdose di medicina del deside-rio, con conseguente spreco di ri-sorse pubbliche a scapito dei piùbisognosi.

In assoluto occorre riproporre leprospettive di un umanesimo inte-grale e dare rilevanza al valore del-la fraternità: cerchiamo di superarel’individualismo spinto, l’egoi-smo, il relativismo, il nichilismo,lo scetticismo, il materialismoconsumistico e dissennato e diamovalore alla vita come dono.

All’origine del sottosviluppo viè sempre una mancanza di frater-nità e di carità, di ospitalità.

La società internazionale pro-muoverà un autentico significatodello sviluppo, se farà emergere lagiustizia sociale, i diritti e i doveridei cittadini e degli stati per la pro-mozione della vita in ogni angolodel pianeta, l’impegno degli stati agarantire cure eque e solidali, ospi-talità, giustizia, carità e verità, svi-luppo e progresso, tecnica e finan-za solidale, non perdendo mai divista l’attenzione alla persona e al-l’ambiente e non trascurando maiazioni positive e virtuose sulle di-namiche sociali ed economiche,promuovendo opportune discipli-ne delle leggi di mercato per salutee salvezza.

Un’ultima riflessione: in questi

giorni ho percepito il PontificioConsiglio per gli Operatori Sanita-ri come la struttura naturale per illavoro dei laici, di tutti gli operato-ri sanitari (medici, infermieri, fi-sioterapisti, ostetriche, tecnici diradiodiagnostica ecc).

L’ho vissuto come organismodella Chiesa universale della qualei laici sono componente essenzialee partecipativa.

I laici non sono stati passivispettatori ma si sono sentiti prota-gonisti, parte attiva della vita deldicastero!

Personalmente ho vissuto, con ildicastero, in quella grande catte-drale che è il mondo della salutenella quale c’è Dio, il suo Figliounigenito, gli apostoli, i vescovi, isacerdoti, i religiosi, i diaconi, i fe-deli laici e nella quale entrano edescono pacatamente o in emergen-za tutte le creature del mondo, cre-denti e non, quelle che si ricono-scono nel Padre ma anche quelleche non si riconoscono nel Padre.

Il dicastero è per il mondo e trat-ta tutte le urgenze del mondo.

In questa chiesa ideale, in questacattedrale, tutte le creature delmondo cercano ospitalità, compas-sione, vicinanza, consulenza reli-giosa, conforto ma soprattuttoascolto, cura (anche se non sempresi potrà guarire) e trovano speran-za, misericordia, senso di condivi-sione, alleanza terapeutica.

All’interno di questa grande cat-tedrale vi sono gli “operai del Si-gnore” che fanno medicina conamore e per amore.

La tecnica è per l’uomo se vieneusata con sapienza, saggezza, cuo-re misericordioso, speranza.

Di questo personalmente sonoprofondamente convinto.

Nella grande struttura del mon-do sanitario occorre sempre piùl’opera di cappellani attivi che de-dichino la loro azione agli amma-lati e ai loro familiari ma anche aimedici, agli infermieri e al perso-nale sanitario tutto.

Tutto il personale deve testimo-niare carità, pazienza, umiltà e sol-lecitare aggiornamenti e formazio-ne affinché le azioni siano più effi-caci.

Gli ospedali e gli istituti sanitarivicini al mondo ecclesiale hannouna maggior responsabilità nel-l’assicurare il rispetto della dignitàdella persona, nell’accompagna-

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mento dell’esperienza della soffe-renza e del dolore.

Dappertutto nella più grandechiesa del mondo, nel mondo del-la sofferenza, della fragilità, si ri-chiede equità, giustizia, amore, as-sistenza, gioia del dono e quellaricchezza di conforto e di luce chescaturisce dal mistero di Cristomorto e risorto.

Un doveroso grazie va al Presi-dente del Pontificio Consiglio,Mons. Zimowski per aver voluto eorganizzato questa conferenza in-ternazionale, al segretario del Pon-tificio Consiglio Mons. Redrado eal sottosegretario Mons. Jean Ma-rie Musivi Mupendawatu.

A loro va il mio sentimento di

gratitudine e riconoscenza per lafiducia accordata alla mia persona.

La gratitudine va anche a tutti irelatori che con le loro riflessionihanno testimoniato la necessità einsieme la fecondità di coniugareteoria e prassi dei percorsi di uma-nizzazione della medicina e a tutticoloro che costantemente hannoespresso l’urgenza di porre sem-pre la persona al centro dell’agirein sanità.

Dare parola alla Medicina, al-l’impegno umanitario, alla rifles-sione bioetica, alla solidarietà, allasussidiarietà, alla carità nella ve-rità, significa aver cura della rela-zione fra gli uomini e aver curadella speranza che è nel mondo ein ciascuno di noi.

La parola del Santo Padre, cheabbiamo ascoltato attraverso la vo-ce del Cardinale, Segretario di Sta-to Mons. Tarcisio Bertone, ci ri-chiama al rispetto della personaumana, soprattutto nelle situazionidi confine, nascita, percorsi di sof-ferenza, situazioni di terminalità edi naturale declino della vita.

Desideriamo conservare nel no-stro cuore la parola del Santo Pa-dre, profondamente radicata nelVangelo della carità, come dono,aiuto, sostegno e guida nel nostroagire quotidiano.

Prof. FILIPPO M. BOSCIAPrimario Ginecologia e Ostetricia

Ospedale “Di Venere”Bari, Italia

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135DOLENTIUM HOMINUM N. 76-2011

Siamo giunti al termine dellanostra XXV Conferenza Interna-zionale sul tema “Caritas in veri-tate. Per una cura della salute equaed umana”. Ringraziamo Dio per ilbuon andamento e soprattutto perle conclusioni e raccomandazionidella nostra conferenza.

Ringrazio prima di tutto il SantoPadre Benedetto XVI per il Mes-saggio che ci ha donato, nel qualeil Pontefice ha sottolineato comela giustizia sanitaria e la tuteladella vita devono essere una prio-rità nell’azione dei Governi.

Desidero ringraziare tutti i rela-tori e tutti i partecipanti, a comin-ciare da Sua Eminenza il Cardina-le Tarcisio Bertone, gli altri Cardi-nali, Arcivescovi, Vescovi, Sacer-doti, Religiosi e Religiose. In mo-do particolare ringrazio gli Opera-tori Sanitari che sono ministri e“servitori della vita”, i buoni Sa-maritani.

Ringrazio di cuore il SegretarioS.E. Mons. José L. Redrado, il Sot-tosegretario, il Rev.do Mons. Jean-Marie Mupendawatu, tutti i mieicollaboratori del Pontificio Consi-glio per gli Operatori Sanitari e leinterpreti.

Desidero sottolineare alcunipunti che meritano attenzione daparte di tutti:

– la missione della Chiesa inambito sanitario nasce dal coman-do del Signore “Euntes docete ecurate infirmos” e trova nella figu-ra del Buon Samaritano il suo pa-radigma. Senza la Pastorale della

Salute manca nella missione pri-maria della Chiesa la cosiddetta“Salus animarum”.

Al diritto alla salute riconosciu-to dagli ordinamenti nazionali e in-ternazionali, deve corrispondere ildovere dei Governi di assicurarel’equo accesso dei cittadini alleprestazioni e ai servizi sanitari; vi èanche la responsabilità di ciascunodi noi alla tutela della salute, siapersonale che collettiva.

La solidarietà e la sussidiarietàsono principi cardine, al fine di ga-rantire l’accesso dei cittadini aiservizi sanitari essenziali, facendoin modo che le risorse o i servizidisponibili siano gestiti non soltan-to con umanità, ma anche con ca-rità, avendo come obiettivo la pro-tezione e la valorizzazione delladignità umana.

Il problema dei diritti di pro-prietà intellettuale nell’ambito del-la biomedicina va affrontato tenen-do conto sia del giusto diritto dellesocietà di godere del frutto dei lororisultati innovativi, sia del dirittodelle popolazioni di curarsi persalvaguardare la loro vita e salute.

Tutto quanto è stato detto in que-sti giorni, può essere sintetizzatonella frase: “Vicinanza del cuo-re”. A questo proposito, desiderocitare le parole del Papa BenedettoXVI pronunciate in occasione del-la Giornata Mondiale del Malato2007: “Ai malati dobbiamo farsentire la vicinanza materiale e spi-rituale dell’intera comunità cristia-na. È importante non lascarli nel-

l’abbandono e nella solitudinementre si trovano ad affrontare unmomento tanto delicato della lorovita. Meritevoli sono pertanto co-loro che con pazienza ed amoremettono a loro servizio competen-ze professionali e calore umano.Penso ai medici, agli infermieri,agli operatori sanitari, ai volontari,ai religiosi e alle religiose, ai sacer-doti che senza risparmiarsi si chi-nano su di essi, come il buon Sa-maritano, non guardando alla lorocondizione sociale, al colore dellapelle o all’appartenenza religiosa,ma solo a ciò di cui abbisognano.Nel volto di ogni essere umano, an-cor più se provato e sfigurato dallamalattia, brilla il volto di Cristo ilquale ha detto: «Ogni volta cheavete fatto queste cose a uno solodi questi miei fratelli più piccoli,l’avete fatto a me» (Mt 25,40)”.

Voglio concludere con le paroledel Santo Padre Benedetto XVInel suo Messaggio di ieri ai parte-cipanti: “Ai fratelli e sorelle soffe-renti esprimo la mia vicinanza el’appello a vivere anche la malattiacome occasione di grazia per cre-scere spiritualmente e parteciparealle sofferenze di Cristo per il benedel mondo, e a voi tutti impegnatinel vasto campo della salute il mioincoraggiamento per il vostro pre-zioso servizio”.

S.E. Mons. ZYGMUNT ZIMOWSKIPresidente del Pontificio Consiglio

per gli Operatori SanitariSanta Sede

Considerazioni conclusivedi S.E. Mons. Zygmunt Zimowski

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