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DOSSIER SUL CIBO

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Indice

Pag. 3 -Storia del ciboPag. 7 -Alimentazione ieri e oggi Pag. 9 -Cibi conservatiPag. 14 -Conservanti nei cibiPag. 15 -OGMPag. 22 -Alimentazione biologicaPag. 26 -Allergie e intolleranze alimentariPag. 29 -Dieta mediterraneaPag. 31 -Prodotti surgelatiPag. 35 -spreco di cibo

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Storia del “cibo”

Con alimentazione medievale ci si riferisce ai cibi, alle abitudini alimentari, ai metodi di cottura e in generale alla cucina di varie culture europee nel corso del Medioevo, un'epoca che si estende dal 476 al 1492. In tale periodo le diete e la cucina cambiavano a seconda delle varie zone dell'Europa e tali cambiamenti posero le basi della moderna cucina europea.

I cereali erano consumati sotto forma di pane, farinate d'avena, polenta e pasta praticamente da tutti i componenti della società. Le verdure rappresentavano un'importante integrazione alla dieta basata sui cereali. La carne era più costosa e quindi considerata un alimento più prestigioso ed era per lo più presente sulle tavole dei ricchi e dei nobili. I tipi di carne più diffusi erano quelle di maiale e pollo, mentre il manzo, che richiedeva la disponibilità di una maggiore quantità di terra per l'allevamento, era meno comune. Il merluzzo e le aringhe erano molto comuni nella dieta delle popolazioni nordiche, ma veniva comunque consumata un'ampia varietà di pesci d'acqua dolce e salata.

La lentezza dei trasporti e le inefficienti tecniche di trasformazione agroalimentare rendevano estremamente costoso il commercio di cibi sulle lunghe distanze. Per questa ragione il cibo dei nobili era più esposto alle influenze straniere rispetto a quello consumato dai poveri e dalla gente comune. Dal momento che ciascuna classe sociale cercava di imitare quella a lei immediatamente superiore, le innovazioni dovute al commercio internazionale e alle guerre con paesi stranieri si diffusero gradualmente tra le classi medio-alte delle città medievali. Oltre all'indisponibilità di certi cibi per ragioni economiche, furono emessi decreti che vietavano il consumo di alcuni alimenti per alcune classi sociali, e alcune leggi limitarono le possibilità di consumarne in grosse quantità ai "nuovi ricchi". Alcune norme sociali inoltre prescrivevano che il cibo della classe lavoratrice fosse meno raffinato, perché si credeva che esistesse un'affinità naturale tra il lavoro di una persona e il suo cibo; si riteneva quindi che il lavoro manuale richiedesse cibi più scadenti ed economici.

Nel corso del tardo Medioevo iniziò a svilupparsi una forma di Haute cuisine che andò a costituire uno standard tra la nobiltà di tutta Europa. I metodi di conservazione più comuni vedevano l'impiego di agresto di provenienza vicino e medio-orientale. Questi trattamenti, uniti al diffuso impiego di zucchero e miele, donavano a molti piatti un sapore tendente all'agrodolce. Anche le mandorle erano molto popolari e usate come addensante in minestra, stufati e salse, in particolare usate sotto forma di latte di mandorla.

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Modelli alimentari

Le cucine delle culture del bacino del Mediterraneo si basavano sui cereali fin dall'antichità, in particolare su vari tipi di grano. Farinate e polente, e più tardi il pane, diventarono gli alimenti base che fornivano la maggioranza delle calorie necessarie alla maggior parte della popolazione. Dall'VII all'XI secolo la proporzione dei cereali rispetto alla dieta complessiva si innalzò da circa 1 / 3 a circa 3 / 4. La dipendenza dal grano rimase significativa per tutto il periodo medievale e, con la crescita del Cristianesimo, tale abitudine si diffuse anche in paesi situati più a nord. Nei climi più freddi, però, un simile regime non era sostenibile per la maggior parte della popolazione, e venne adottato solo dalle classi superiori. La centralità del pane in riti religiosi come l'eucarestia permise all'alimento di godere di un particolare prestigio rispetto a tutti gli altri. Solo l'olio di oliva e il vino avevano un valore paragonabile, ma entrambi rimasero di consumo piuttosto scarso al di fuori delle regioni calde in cui venivano prodotti. Il ruolo simbolico del pane, visto sia come alimento che come valore, è ben illustrato in un sermone di sant'Agostino.

La dietetica

La scienza medica del Medioevo aveva una notevole influenza su ciò che veniva considerato salutare e nutriente tra le classi superiori. Lo stile di vita - la dieta, l'esercizio fisico, il corretto comportamento sociale, e il seguire le prescrizioni mediche - era considerato il modo giusto per mantenersi in buona salute e a tutti i tipi di cibi erano attribuite particolari proprietà che avrebbero influito sulla salute delle persone. Tutti gli alimenti erano classificati secondo scale che andavano da caldo a freddo e da umido a secco in accordo con la teoria dei quattro umori corporali proposta da Galeno che fu comunemente accettata dalla medicina occidentale dalla tarda antichità fino al XVII secolo.

Gli studiosi medievali consideravano la digestione un processo simile alla cottura. L'elaborazione del cibo all'interno dello stomaco era visto come il proseguimento della preparazione iniziata dal cuoco. Affinché il cibo fosse "cotto" in maniera appropriata e i principi nutritivi adeguatamente assorbiti, era importante che lo stomaco fosse riempito nel modo corretto. I cibi facilmente digeribili dovevano essere consumati per primi, seguiti gradualmente dai piatti più pesanti. Se questa sequenza non fosse stata rispettata, si credeva che i cibi pesanti sarebbero sprofondati verso la fine dello stomaco, bloccando il condotto digerente in maniera tale che la digestione sarebbe stata estremamente lenta, provocando la putrefazione del corpo e attirando gli umori cattivi all'interno dello stomaco. Era anche di vitale importanza che cibi dalle differenti proprietà non venissero mischiati.

Prima del pasto, lo stomaco andava di preferenza aperto con un aperitivo (dal latino aperire) che doveva

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di preferenza essere di natura calda e secca: confetti di spezie come zenzero, carvi e semi di anice, finocchio o cumino glassati con zucchero o miele accompagnati da bevande composte di vino addolcito e corretto con latte. Lo stomaco, così come veniva "aperto", doveva essere "chiuso" alla fine del pasto con l'aiuto di un digestivo, di solito un confetto, che nel Medioevo consisteva in cubetti di zucchero speziato o nell'ippocrasso, un vino insaporito con spezie profumate che si accompagnava con pezzetti di formaggio stagionato. Il pasto ideale iniziava con della frutta facilmente digeribile, come le mele. A queste avrebbero dovuto seguire verdure come lattuga, cavolo, portulaca, dell'altra frutta umida, carni leggere come pollo o capretto con minestre e brodo. Dopo questi piatti arrivavano le carni "pesanti" come maiale e manzo con altre verdure e frutti, tra cui le pere e le castagne entrambe considerate difficili da digerire.

Il cibo ideale era considerato quello che più si avvicinava alla composizione di umori dell'essere umano, ovvero moderatamente caldo e umido. Gli alimenti di preferenza dovevano essere tagliati in piccoli pezzi, macinati, pesati e modificati per ottenere la miglior fusione di tutti gli ingredienti.

Il vino bianco era considerato più freddo del rosso e la stessa distinzione si applicava anche agli aceti. Il latte era tra i cibi moderatamente caldi e umidi, ma si credeva che latte prodotto da animali diversi avesse proprietà diverse. Il tuorlo d'uovo era considerato caldo e umido, mentre l'albume freddo e umido. I cuochi più abili dovevano conformare le proprie preparazioni alle prescrizioni della medicina umorale. Anche se questo limitava le combinazioni di cibi che potevano preparare c'era comunque ampio spazio per le interpretazioni artistiche dei cuochi.

I CIBI DOPO IL MEDIOEVO

Bisogno primario e immagine potentemente evocativa, argomento di inchieste, ricerche, studi, mode, riviste di settore ma anche tema di preghiera, il cibo, nella sua dimensione economica come in quella simbolica costituisce da sempre un fondamentale elemento di discrimine. Tra carestia e ricchezza; tra salute e malattia; tra nomadismo e stanzialità; tra civiltà: quella europea del pane e dei cerali contrapposta, ad esempio, a quelle del mais e del riso. Ma anche tra passato e presente, ed è proprio sul tema Cibo di ieri e cibo di oggi. Usi alimentari dal medioevo ai giorni nostri che si snoderà il dialogo tra Renato Bordone e Giorgio Calabrese oggi, venerdì, alle 17, all’Archivio storico del Comune (via Massaia).

Partendo dal presupposto che il cibo ricopre un ruolo centrale nella storia,e che la cultura culinaria rappresenta un metro

fondamentale per comprendere i cambiamenti che avvengono in una società, lo storico e il dietologo cercheranno di mettere in luce

origini e trasformazioni del nostro sistema alimentare a partire dalla fusione fra la dieta del mondo mediterraneo e quella dei barbari, che caratterizzò il mondo medievale, per arrivare alle

considerazioni dietetiche sull'assunzione del cibo oggi alla luce

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della più recente ricerca scientifica. Il cibo degli antichi romani

I romani del primo secolo dopo Cristo, epoca in cui Apicio scrive il trattato, conoscevano alcuni alimenti che sono arrivati sino ai giorni nostri come: il riso, numerose spezie (piretro, semi di mirto e di ruta), mele, cedri, albicocche, fagiani, struzzi e faraone. Esistono, al contrario, una serie di ingredienti a noi sconosciuti, che Apicio cita nelle sue ricette:

1. il siliphium una droga pregiatissima;

2. il garo, una salsa di pesce;

3. il liquamen, salsa base ottenuta dalla filtrazione del garo;

4. il colore, una pasta di fichi;

5. la lucanica, un salume.

Giusto per citarne alcuni. Ma esistono anche alimenti che non sappiamo identificare, ad esempio i lacerti o la perca o il ficato. Ancora il collare porcino che poteva essere la coppa o il guanciale, probabilmente anche le albicocche e le pesche erano diverse dalle nostre. Ma, in pratica, cosa mangiavano i nostri antenati.

Sulla tavole degli antichi romani abbiamo la presenza di vari tipi di pesce, carne, verdure, legumi, frutta secca, miele, erbe aromatiche, olio di oliva, vino, liquamen. Quest'ultimo, come citato in precedenza, è la salsa base della cucina apiciana; è un prodotto liquido che si ottiene dalla filtrazione del garo, ai giorni nostri potrebbe assomigliare ad una miscela di pasta d'acciuga e salsa di soia. Veniva usato come condimento ed è un ingrediente di molte ricette del testo. Come legante veniva usata la tracta, impasto di

farina e acqua, il mosto dolcificato con miele e presumibilmente fermentato era chiamato mulso ed era anch'esso presente sulle tavole degli antichi romani. Da un punto di vista nutrizionale non possiamo esprimere un giudizio poiché non ci è arrivata notizia sulla frequenza del consumo di questi piatti (molte di queste ricette se non tutte erano ad uso e consumo esclusivo delle tavole patrizie), né dell'eventuale integrazione nella dieta di altri alimenti, si potrebbe semplicemente fare un'analisi bromatologica sommaria (sommaria perché Apicio non indica le quantità degli ingredienti delle singole ricette). Ci limiteremo, quindi, a descrivere quattro ricette tratte dal "De re coquinaria", una di pesce una di carne, una di verdura e un dolce.

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Alimentazione oggi

Oggi, nei paesi occidentali, l'alimentazione è profondamente cambiata: il pasto più importante è la cena, mentre il pranzo è diventato uno spuntino veloce per la maggior parte delle persone impegnate fuori casa durante la giornata. E intorno a questo spuntino di mezzogiorno si è sviluppato un ampio servizio di ristorazione: paninoteche, mense, self-service, tavole calde, fast-food.

Negli Usa sono diffuse soprattutto le catene di fast food: la prima è nata nel 1916. Nelle famiglie italiane si è affermata la cucina svelta, I gusti degli Italiani si sono omologati progressivamente a quelli internazionali, allontanandosi sempre più dalle mille tradizioni paesane e regionali della nostra stupenda e variegata cucina, trionfo dei piatti unici ed abile nel riciclare gli avanzi. Soprattutto sono cambiate le regole dell'alimentazione: si può mangiare da soli o in compagnia, seduti a tavola o in piedi, a qualunque ora, liberi dalle costrizioni rituali e dietetiche della tavola di una volta.

Alle soglie del nuovo millennio però, in piena era tecnologica, quello della fame resta uno dei più antichi ed ancora irrisolti problemi dell'umanità. Mentre una minoranza della popolazione mondiale, che vive nei Paesi ricchi del globo, mangia tutti i giorni, anche molto più del necessario, tanto da dover fronteggiare le malattie del benessere quali sovrappeso e obesità, un'enorme parte degli abitanti del pianeta muore letteralmente di fame.

Secondo la FAO e la Banca Mondiale quasi 800 milioni di persone mangiano meno del fabbisogno necessario per mantenersi in salute. Per la denutrizione muoiono almeno 5 milioni di bambini all'anno. In molti paesi poveri la durata della vita media non supera i 45 - 50 anni, mentre in Italia ha raggiunto i 75 anni anni d'età.

Naturalmente un corretto sviluppo economico-alimentare dipende soprattutto dalla disponibilità di risorse naturali (terra). Un corretto programma di riduzione della povertà in un paese dovrebbe preoccuparsi di ridistribuire i terreni in modo tale da impedire notevoli concentrazioni nelle mani di poche persone. Un fattore importante all’interno dello sviluppo è garantire l’accesso ai meccanismi decisionali pubblici. La povertà infatti spesso preclude la possibilità di influenzare le decisioni istituzionali e spesso compromette anche la tutela dei propri interessi. Migliorare la sicurezza alimentare, e di conseguenza anche le condizioni economiche, significa consentire la partecipazione anche ai gruppi più marginalizzati alla società.La sicurezza alimentare è profondamente legata anche allo sviluppo demografico futuro. Infatti, secondo gli attuali tassi di sviluppo demografico, entro il 2050 dovremmo assistere a un aumento della popolazione globale fino a toccare quota 10 miliardi. Ciò significa una riduzione della media di terreno coltivabile pro capite dagli attuali 0,8 ettari a 0,5 ettari.

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Attualmente la popolazione mondiale può essere divisa in tre gruppi: 1,2 miliardi di persone che consumano l’equivalente di 850 kg di grano ogni anno; 3,5 miliardi di persone che consumano l’equivalente di 350 kg; 2 miliardi di persone che sopravvivono solo con 150 kg.

Anche mantenendo gli attuali tassi di produttività sarà difficile migliorare, e molto probabilmente addirittura mantenere, questa situazione. Un problema di non poca rilevanza è il fatto che l’aumento della produzione deve derivare dalla crescita dei rendimenti agricoli senza danni agli ecosistemi. Ciò presuppone uno sforzo in termini di ricerca e di sviluppo che costituisca una rottura con le tendenze attuali. Alcune biotecnologie potrebbero realmente migliorare le condizioni alimentari dei paesi più poveri del mondo e portare alla sicurezza alimentare. Purtroppo le ricerche biotecnologiche che potrebbero portare questi miglioramenti sono condotte e finanziate a beneficio delle compagnie multinazionali, d’importanti attori commerciali e dei consumatori dei paesi già sviluppati.

La conseguenza più preoccupante e purtroppo più diffusa è la fame. “Fame” è un termine che comprende fenomeni differenti. Si deve almeno distinguere in relazione a:

Il grado di carenza alimentare: Qualitativo (malnutrizione), dovuto alla mancanza di qualità e varietà degli alimenti; Quantitativo (denutrizione), dovuto al mancato raggiungimento del corretto livello

medio di calorie pro-capite giornaliere, stimato dalla F.A.O. tra le 2700 e le 3700 calorie. La durata della carenza alimentare Temporanea (carestia), quando è legata a disagi transitori che arrecano danni alla

produzione e alla distribuzione dei prodotti alimentari. Permanente, quando esistono condizioni strutturali di insufficienza alimentare.

La fame è uno degli aspetti estremi della povertà. È soprattutto diffusa nei paesi sottosviluppati, in particolare quelli in cui il reddito pro capite è molto basso e se consideriamo anche regioni o popolazioni costantemente esposte a carestie può essere considerata uno dei maggiori problemi mondiali, se non il maggiore.Negli ultimi anni complessivamente il numero degli individui colpiti è diminuito, ma non omogeneamente in tutte le aree colpite da questo problema. Infatti, in molte regioni dell’Africa Sub-Sahariana è addirittura peggiorato.

Le cause della fame sono complesse e molteplici. Non è solo la conseguenza di problemi tecnici o economici del settore agricolo. Il problema principale è invece la distribuzione delle risorse alimentari. Infatti, circa l’80% della produzione e del consumo è concentrato nei paesi sviluppati ad alto reddito. Inoltre la produzione agricola in questi paesi è maggiore del fabbisogno, eppure le esportazioni verso i paesi in via di sviluppo sono insufficienti. Infine la produzione agricola degli stessi paesi sottosviluppati è indirizzata alle esportazioni, rendendo così insufficiente la quantità di risorse destinate al fabbisogno alimentare interno.

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CIBI CONSERVATI E CONSERVANTI

La capacità di conservare a lungo gli alimenti è posseduta da tutti i popoli e ha accompagnato l'uomo fin dai primordi della civiltà. È probabile infatti che uno dei primi utilizzi del fuoco sia stato quello di cucinare le carni, allo scopo non solo di migliorarne il gusto, ma anche di prolungarne il tempo di conservazione.Senza le tecniche di conservazione dei cibi la civiltà umana non si sarebbe evoluta, passando dal nomadismo alla costruzione di accampamenti e città stabili. Queste ultime infatti necessitano di un sistema di approvvigionamento e di stoccaggio dei cibi che richiede l'utilizzo di precise tecniche. Anche il semplice immagazzinamento del grano o del fieno destinato agli animali non può avvenire senza alcune accortezze, come quella di fare seccare attentamente l'erba perché si conservi lungo l'inverno. La conservazione del cibo ha permesso anche le lunghe spedizioni per mare, consentendo ai grandi esploratori di viaggiare ininterrottamente per mesi.

Il nemico sono i batteri Tutte le tecniche di conservazione dei cibi puntano a bloccare o a rallentare l'azione naturale dei microrganismi che si nutrono di sostanze organiche, modificandone la natura. In alcuni casi si cerca di ridurre l'effetto degli enzimi, catalizzatori naturali presenti nei cibi stessi che amplificano e favoriscono l'azione dei microrganismi. L'azione dei batteri può essere rallentata rendendo meno favorevole per il loro sviluppo l'ambiente nel quale

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vivono, così come avviene con una delle tecniche più antiche, l'essiccazione, che eliminando l'acqua contenuta nei cibi ostacola il metabolismo dei microrganismi. Anche sale, olio e salamoia hanno la funzione di creare un ambiente inospitale per i batteri.Una delle tecnologie adottate più frequentemente, ma anche una tra le più recenti essendo stata applicata in maniera intensiva solo a partire dal secolo scorso, è quella del raffreddamento. Le basse temperature rallentano o addirittura bloccano completamente il metabolismo dei batteri, garantendo tempi di conservazione molto lunghi. L'avvento delle celle frigorifere e la diffusione di frigoriferi e freezer domestici hanno modificato profondamente le abitudini dei consumatori, permettendo a ogni famiglia di immagazzinare per lunghi o medi periodi cibi deperibili come pesce, carni o verdure.Questa tecnologia ha anche cambiato le modalità di distribuzione del cibo, che oggi è venduto su scala globale in tutto il mondo e che viaggia da un paese all'altro a seconda delle richieste del mercato. Fondamentale è il rispetto della catena del freddo, ossia la certezza che il cibo confezionato in ambiente industriale e lì surgelato giunga senza mai essersi scongelato fino alla tavola del consumatore finale.

Confezionamento e chimica

Nella conservazione dei cibi ha grande importanza il loro confezionamento. Oltre alla tecnica della conservazione in scatola, oggi l'industria del packaging possiede le conoscenze adatte per garantire la massima durata a ogni prodotto sulla base delle diverse esigenze. Le confezioni vendute nei supermercati vengono spesso realizzate in atmosfera modificata (priva di ossigeno), in modo da rallentare il processo di ossidazione della carne, che altrimenti non apparirebbe più di un rosso acceso, o da influire sui tempi di maturazione dei vegetali rallentando e diminuendo il passaggio dell'ossigeno e dell'anidride carbonica. Alcune confezioni, come nel caso delle patatine fritte, sono poi realizzate in modo da ostacolare il passaggio della luce, la cui azione può modificare il sapore dei cibi.Il progresso dell'industria chimica ha poi permesso di introdurre nella preparazione dei cibi particolari sostanze conservanti, il cui scopo è ancora una volta quello di ostacolare l'azione naturale dei batteri. Fra tali sostanze sono per es. l'acido sorbico, l'acido benzoico e il nitrato di potassio.

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Prospettive ed evoluzioneIl commercio alimentare mondiale si basa sulla possibilità di conservare a lungo i cibi; in questo modo anche alimenti un tempo tra i più deperibili, come il latte, possono oggi essere conservati per mesi e mesi grazie ai trattamenti che ricevono. Queste tecniche hanno permesso di diminuire i rischi di intossicazione prodotti da alimenti avariati.L'industria alimentare globale potrebbe essere però sulla soglia di un altro importante passaggio, ossia la produzione intensiva di alimenti geneticamente modificati che siano di per sé meno sensibili al deperimento naturale. Vi sono molte obiezioni all'uso di alimenti geneticamente modificati, ma questa strada sarà sicuramente esplorata per produrre cibi che durino di più, e che quindi possano anche costare di meno, non necessitando di molte delle tecniche oggi adottate per allungarne i tempi di scadenza.Nello stesso tempo, però, una grande fascia di consumatori manifesta una sempre maggiore insofferenza rispetto non solo all'uso degli alimenti geneticamente modificati, ma anche all'utilizzo estensivo di tecniche di manipolazione industriale, come l'aggiunta di conservanti chimici. Si è così sviluppato, soprattutto nei paesi industrializzati, un mercato di alimenti biologici che garantiscono, a diverso titolo, l'assenza di additivi industriali nei cibi, così come un ridotto o nullo impiego di fertilizzanti e disinfettanti chimici nelle coltivazioni. Per questi prodotti alcune tecniche di conservazione, come il freddo, l'essiccazione o la messa sotto vuoto, sono invece generalmente considerate ammissibili.La storia della conservazione dei cibi non riguarda quindi solo l'arte culinaria, ma si interseca strettamente con la storia della civiltà umana, con la scienza e la tecnologia, con lo stesso rapporto che l'uomo ha con la natura.

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Colorante 

I coloranti possono essere di due tipi: naturali o sintetici. I primi sono sostanze presenti naturalmente in vegetali (o negli insetti come nel caso delle cocciniglie) che comunque oggi vengono prodotte in laboratorio, ricostruendo la molecola uguale a quella presente in natura. I coloranti sintetici invece presentano il vantaggio di essere più stabili e meno costosi ma lasciano più dubbi sulla loro innocuità. Fra i coloranti sintetici quelli contenenti il gruppo cromoforo "azo" (N=N) sono i più pericolosi. (gruppo cromoforo: parte di una molecola chimica responsabile della colorazione). I coloranti comunque non possono per legge essere aggiunti indiscriminatamente a qualsiasi tipo di alimento: esistono delle tabelle dove sono specificate varie tipologie di alimento alle quali è possibile o meno addizionare coloranti.

Sostanza chimica in grado di conferire a un dato substrato una colorazione, penetrandovi; in ciò la sua azione si diversifica da pigmenti e vernici che colorano per sovrapposizione. Il gruppo della molecola responsabile del colore è detta cromoforo e il gruppo che permette il legame al substrato auxocromo. I c. sono usati per tingere fibre tessili, materie plastiche e per la preparazione di inchiostri e di cosmetici. Trovano inoltre largo uso nell'industria alimentare. La legislazione italiana vigente, che ha recepito le direttive europee sull'argomento, limita le quantità e stabilisce l'elenco dei c. permessi, consentendone l'uso solo laddove tecnicamente necessari.

Perché gli alimenti vengono conservati?

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La conservazione si definisce solitamente come metodo utilizzato per mantenere una condizione esistente o impedire il deterioramento che può essere determinato da fattori chimici (ossidazione), fisici (temperatura, luce) o biologici (microrganismi). Grazie alla conservazione è stato possibile disporre di cibo da un raccolto all’altro. La principale funzione di questo procedimento è quindi quella di ritardare il deterioramento degli alimenti e di impedire le alterazioni del gusto o, in qualche caso, dell’aspetto. Può essere effettuata in modi diversi, mediante metodi di lavorazione tra cui

l’inscatolamento, la disidratazione (essiccazione), l’affumicatura e il congelamento, l’uso di imballaggi e l’impiego di additivi alimentari come antiossidanti o altri conservanti. In questo articolo ci concentreremo sui conservanti.

L’uso dei conservanti trova la principale motivazione nella necessità di rendere più sicuri gli alimenti eliminando l’influenza dei fattori biologici. La minaccia più grave per i consumatori è quella di cibi andati a male o divenuti tossici per effetto dei microrganismi (per es. batteri, lieviti, muffe) in essi contenuti. Alcuni di questi organismi possono secernere sostanze velenose (“tossine”), che sono pericolose per la salute dell’uomo e possono addirittura essere letali.

Come si conservano gli alimenti e quali sostanze si usano?

Per ritardare il deterioramento degli alimenti per effetto dei microrganismi, vengono utilizzate sostanze anti-microbiche che inibiscono, ritardano o impediscono la crescita e la proliferazione di batteri, lieviti e muffe. Per inibire la crescita dei batteri per es. nel vino, nella frutta secca, nelle verdure, nell’aceto o nella salamoia, si usano composti a base di zolfo come i solfiti (E221-228). L’acido sorbico (E200) può essere usato per molti scopi diversi, tra cui la conservazione dei prodotti a base di patate, del formaggio e della marmellata. Un altro importante gruppo di sostanze è quello dei composti a base di nitrati e nitriti (E249-252). Sono usati come additivi nei prodotti a base di carne come salsicce e prosciutti per proteggerli contro il batterio che causa il botulismo (Clostridium botulinum), fornendo così un contributo significativo alla sicurezza alimentare. L’acido benzoico e i suoi sali di calcio, sodio o potassio (E210-213) sono impiegati come antibatterici e fungicidi in alimenti come cetrioli sottaceto, marmellate e gelatine a basso contenuto di zucchero, condimenti.

I conservanti naturali per gli alimenti

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Nonostante sia difficile sottrarsi agli additivi di tipo industriale negli alimenti c’è la possibilità qualche volta di preferire preparazioni che contengono conservanti naturali anziché chimici a tutto vantaggio della salute.Il sale è il conservante più antico e uno dei più efficaci perché consentiva ai cibi di mantenersi a lungo in mancanza di refrigerazione o della possibilità di congelare gli alimenti. Attraverso la disidratazione provocata dal sale si evita la proliferazione dei batteri e dunque il deperimento del cibo.

Anche lo zucchero funziona da buon conservante, preserva da batteri e microorganismi che deteriorano le proprietà del cibo perché assorbe i liquidi come fa il sale anche se conserva per periodo di tempo più brevi. L’aceto è un ottimo conservante a lungo utilizzato per conservare gli alimenti. L’acido acetico evita il deterioramento del cibo. Si usa soprattutto per i vegetali. Altri alimenti o condimenti che favoriscono la conservazione sono la cipolla e il rosmarino che hanno un alto potere antiossidante e preservano i cibi, ma solo per breve tempo.

OGM

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Cosa sono

Gli OGM sono organismi viventi il cui patrimonio genetico è stato modificato stabilmente mediante l’inserzione di geni (porzioni di DNA) provenienti da altri organismi, allo scopo di sviluppare in essi nuove funzioni o far produrre sostanze diverse.Tali modificazioni avvengono in modo diverso da quanto si verifica in matura mediante incrocio e/o ricombinazione genetica naturale.

Come si ottengono

Il patrimonio genetico di un organismo viene modificato identificando il gene (porzione di DNA) che codifica la caratteristica che interessa. Intervenendo con un processo di “taglia e cuci”, che sfrutta l’attività  di particolari enzimi, il gene viene isolato dall’organismo donatore ed inserito in un “vettore”.  Tale vettore sarà poi in grado di trasferire il gene “estraneo” alle cellule dell’organismo da modificare.

Per seguire le diverse fasi della trasformazione, è necessario posizionare vicino al gene da trasferire un gene detto “marcatore” che aiuta la codifica grazie ad un carattere facilmente distinguibile e che permette di identificare e selezionare solo le cellule trasformate. Negli OGM di prima generazione è stata impiegata la resistenza ad antibiotici, ora si utilizzano geni che  conferiscono vantaggi metabolici, come per esempio la capacità di demolire alcuni zuccheri.

Rappresentano un rischio per la salute umana.

Nonostante la mancanza di fondi per una ricerca seria, sono già stati accertati danni al sistema immunitario (soprattutto allergie) e contaminazioni impreviste a livello enterico.

Rappresentano un rischio per l'ambiente.

Tendono a distruggere le coltivazioni naturali limitrofe, meno resistenti.

Molti OGM vegetali costruiti per reggere meglio a quantitativi maggiori di pesticidi e diserbanti, quindi portano, contrariamente a quanto si dice, ad un maggiore inquinamento di vecchio tipo.

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Convengono certamente alle multinazionali.

Difficile credere che serviranno a migliorare la vita nei paesi "in via di sviluppo" che queste stesse sfruttano.

Nessuno può veramente dire che non ci siano grossi rischi, mentre esistono già prove inquietanti.

Sono organismi completamente nuovi, di cui è impossibile prevedere il comportamento, come lo era per le farine animali date alle mucche.

Ce li mangiamo allegramente.

Li mangiamo anche su prodotti certificati come biologici (soprattutto  mais, soia, colza, radicchio) ce li fumiamo (tabacco), li troviamo nei farmaci naturali (soia). Provengono prevalentemente dagli USA.

Possono risolvere dei problemi dell'umanità

Se usati correttamente. Al  momento se ne fa un uso truffaldino, teso più ad aumentare profitti dei (soliti) grandi trust.

Gli Italiani e gli OGM

Tre quarti degli italiani ritengono che il cibo geneticamente modificato (Ogm) metta a rischio la loro salute, secondo uno studio diffuso oggi.E' risaputo che i consumatori europei guardino al cibo Ogm con diffidenza, ma l'industria biotech sostiene che i suoi prodotti sono perfettamente sicuri e non diversi dai cibi convenzionali.

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Ma uno studio condotto dalla farmacia Coldiretti in collaborazione con il centro di ricerca Ispo mostra che il 74% degli italiani è convinto che i prodotti contenenti Ogm non fanno bene alla salute, un aumentodel 4% rispetto all'anno scorso.Lo studio, presentato al Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione di Cernobbio organizzato da Coldiretti, si basa su un sondaggio effettuato su un campione di 4.093 italiani proporzionale alla popolazione per genere, età, condizione professionale, area geografica e comune di residenza.Sempre più italiani si rivolgono al cibo biologico, con il 71% che dice di preferire alimenti garantiti per l'assenza di contaminazioni chimiche, mostra lo studio, mentre quasi otto italiani su dieci (77%) hanno acquistato prodotti tipici a denominazione di origine controllata.

VANTAGGI E SVANTAGGI

I vantaggi possono essere sintetizzati in:

I successi ottenuti in campo medico sono numerosi, dalla produzione di nuovi farmaci più economici e efficaci fino ai passi avanti nella ricerca dovuta all’utilizzo di cavie progettate su misura.

Una maggiore disponibilità di cibo per i paesi poveri, grazie alla maggiore resa produttiva delle piante OGM.

Il terreno agricolo viene sfruttato molto meno, vista la possibilità per le piante di crescere in condizioni diverse da quelle originarie.

Diminuzione nell’uso di concimi chimici, perché gli OGM sono capaci di sfruttare l’azoto atmosferico, e di pesticidi perché sono resistenti a parassiti e malattie.

I cibi prodotti grazie all’utilizzo di OGM vorrebbero anche migliorati per gusto, valore nutritivo e resistenza.

Alcune specie di OGM potrebbero contribuire al disinquinamento del suolo, grazie alla possibilità di assorbire metalli dal terreno e di degradare rifiuti industriali.

Gli svantaggi possono essere sintetizzati in: Le colture OGM potrebbero determinare un impoverimento della biodiversità con

conseguente maggiore vulnerabilità delle colture rispetto parassiti, malattie e infestanti.

Una vasta contaminazione transgenica è inevitabile perché il polline rimane sospeso in aria per ore e può viaggiare per lunghi tratti. È già successo in Messico con il mais. In Canada 32 sementi commerciali su 33 sono risultate contaminati.

Le colture OGM non sono sicure poiché alcune proteine che sono risultate dannose per molti insetti, sono potenti antigeni e allergeni. Sono stati riscontrati casi di tossicità neurologica, respiratorie, gastrointestinali ed ematiche.

L’ingegneria genetica crea supervirus, essa aumenta la portata e la possibilità di trasferimento genetico orizzontale e di ricombinazione, facilitando enormemente la nascita di virus e batteri molto pericolosi.

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GLI OGM VEGETALI NEL MONDO

La superficie mondiale destinata alla coltivazione di piante GM è in continua crescita: dai 1.7 milioni di ettari del 1996 si è passati a 102 milioni di ettari nel 2006, con un incremento, rispetto al 2005, del 13%.

Superficie mondiale (in milioni di ettari) destinata alla coltivazione di piante geneticamente modificate

Nel 2006 i paesi interessati alle colture GM sono stati 22.

Nazioni che nel 2006 hanno coltivato piante transgeniche

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(source: James C: 2006 ISAAA Briefs n° 35)

PAESI ETTARI COLTIVATI

PRINCIPALI VARIETA’ TRANSGENICHE COLTIVATE

Stati Uniti 54,6 milioni Soia, Mais, Cotone, Colza, Zucca, Papaya, Erba medica

Argentina 18,0 milioni Soia, Mais, CotoneBrasile 11,5 milioni Soia, Cotone Canada 6,1 milioni Soia, Mais, ColzaIndia 3,8 milioni CotoneCina 3,5 milioni CotoneParaguay 2,0 milioni SoiaSud Africa 1,4 milioni Soia, Mais, CotoneUruguay 400.000 Soia, MaisAustralia 200.000 CotoneRomania 100.000 SoiaFilippine 200.000 MaisMessico 100.000 Cotone, Soia Spagna 100.000 MaisColombia Meno di 100.000 CotoneIran Meno di 100.000 RisoHonduras Meno di 100.000 MaisGermania Meno di 100.000 MaisPortogallo Meno di 100.000 MaisFrancia Meno di 100.000 MaisRepubblica Ceca Meno di 100.000 MaisSlovacchia (*) Meno di 100.000 Mais

(*) nazioni che per la prima volta nel 2006 hanno coltivato varietà transgeniche

Il 99% delle aree destinate a colture GM si trova in 8 paesi: Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, Cina, Paraguay, India e Sud Africa.

Distribuzione della coltivazione di vegetali transgenici nel mondo

(source: James C: 2006 ISAAA Briefs n° 35)

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Piante modificate maggiormente diffuse nel mondo

Dal 1996 ad oggi sono state inoltre autorizzate alla coltivazione e/o al commercio 21 varietà vegetali modificate.

Varietà geneticamente modificate approvate nel mondo

VARIETA’ NOME LATINO

PRINCIPALI CARATTERISTICHE N.EVENTI

STATI NEI QUALI LA VARIETA’ E’ AUTORIZZATA

ALLA COLTIVAZIONE E/O

AL COMMERCIOAGROSTIDE STOLONIFERA

Agrostis stolonifera Tolleranza agli erbicidi 1 Stati Uniti

BARBABIETOLA DA ZUCCHERO Beta vulgaris Tolleranza agli erbicidi 3

Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia, Filippine

CICORIA Chicorium intybus Tolleranza agli erbicidi 1 Stati Uniti, UE

COLZA Brassica napus

Tolleranza agli erbicidi. Modificazione del contenuto lipidico

15 Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia, UE, Cina, Filippine

COTONE Gossypium hirsutum L.

Tolleranza agli erbicidi. Resistenza agli insetti 18

Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia, Argentina, Sud Africa, Cina, India, Messico, Filippine

ERBA MEDICA Medicago sativs Tolleranza agli erbicidi 1 Canada, Messico, Stati

Uniti

FRUMENTO Triticum aestivum Tolleranza agli erbicidi 6 Canada, Stati Uniti

GAROFANO Dianthus Tolleranza agli erbicidi. 3 Australia, UE

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cryophyllus Modificazione del colore. Allungamento della vita

GIRASOLE Heliantus annuus Tolleranza agli erbicidi 1 Canada

LENTICCHIA Lens culinaria Tolleranza agli erbicidi 1 Canada

LINOLinum usatissimum L.

Tolleranza agli erbicidi 1 Canada, Stati Uniti

MAIS Zea mays Tolleranza agli erbicidi. Resistenza agli insetti 40

Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia, UE, Argentina, Corea, Sud Africa, Svizzera, Filippine, Regno Unito

MELONE Cucumis melo Maturazione ritardata 1 Stati Uniti

PAPAYA Carica papaya Resistenza ai virus 1 Canada, Stati Uniti

PATATA Solanum tuberosum L.

Resistenza ai virus ed agli insetti 4 Canada, Giappone, Stati

Uniti, Australia

POMODORO Lycopersicon esculentum

Resistenza agli insetti. Maturazione ritardata 6 Canada, Stati Uniti,

Giappone, MessicoRAPA Brassica rapa Tolleranza agli erbicidi 2 CanadaRISO Oryza sativa Tolleranza agli erbicidi 5 Canada, Stati Uniti

SOIA Glycine max L.

Tolleranza agli erbicidi. Modificazione del contenuto lipidico

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Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia, UE, Argentina, Brasile, Rep. Ceca, Corea, Messico, Russia, Sud Africa, Svizzera, Uruguay

TABACCO Nicotiana tabacum L. Tolleranza agli erbicidi 2 UE

ZUCCA Cucurbita pepo Resistenza ai virus 2 Canada, Stati Uniti

Nel 2006 le piante transgeniche maggiormente coltivate sono state:

SOIA 57% MAIS 25% COTONE 13% COLZA 5%

Alimentazione biologica

L'agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati,

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promuove la biodiversità dell'ambiente in cui opera ed esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario) e organismi geneticamente modificati.

La filosofia dietro a questo diverso modo di coltivare le piante e allevare gli animali non è unicamente legata all'intenzione di offrire prodotti senza residui di fitofarmaci o concimi chimici di sintesi, ma anche (se non di più) alla fondata volontà di non determinare nell'ambiente esternalità negative, cioè impatti negativi sull'ambiente a livello di inquinamento di acque, terreni e aria.

Nella pratica biologica sono centrali soprattutto gli aspetti agronomici: la fertilità del terreno viene salvaguardata mediante l'utilizzo di fertilizzanti organici, la pratica delle rotazioni colturali e lavorazioni attente al mantenimento (o, possibilmente, al miglioramento) della struttura del suolo e della percentuale di sostanza organica; la lotta alle avversità delle piante è consentita solamente con preparati vegetali, minerali e animali che non siano di sintesi chimica (tranne alcuni prodotti considerati "tradizionali") e privilegiando la lotta biologica, tranne nei casi di lotta obbligatoria in cui devono essere usati i più efficaci principi attivi disponibili.

Alcune ricerche recenti hanno riportato per taluni prodotti biologici un contenuto più elevato di antiossidanti e nutrienti. In generale però, secondo una analisi del corpus delle conoscenze attualmente disponibili, svolta dall'Agenzia Francese per la Sicurezza Alimentare nel 2003, non è possibile concludere che esistano differenze rimarcabili in quanto ad apporti nutrizionali tra prodotti convenzionali e biologici.

In ogni caso alcuni studi hanno mostrato che pesche, mele e kiwi biologici hanno consistenza maggiore, e contengono una maggiore quantità di sostanze nutritive e antiossidanti quali zuccheri naturali, vitamina C, beta-carotene e polifenoli, concordando con ricerche precedenti, come quella dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, che nel 2002 ha rilevato una superiorità nutritiva di pesche, pere, susine e arance biologiche rispetto alla controparte convenzionale.

I pomodori studiati a Davis indicano che la qualità del terreno sia un fattore chiave, ma non sembra essere il solo: per esempio la polpa dei frutti bio contiene meno acqua, e presenta dunque una concentrazione di nutrienti più elevata; un altro fattore è legato alle varietà scelte per la coltivazione biologica che sono spesso più pregiate. L'ipotesi più accreditata per spiegare questi dati è che le piante bio, non essendo aiutate dalla chimica a crescere e a

difendersi, siano costrette a produrre da sole molte più sostanze protettive che hanno un effetto contro insetti, funghi e batteri.

Nella prassi quotidiana, tali differenze qualitative presenti fra prodotti biologici e tradizionali tendono però ad appiattirsi a causa delle richieste dell'industria di trasformazione e distribuzione che richiede omogeneità e qualità uniformi per tutte le tipologie di prodotto.

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Principi

Per raggiungere ciò, l'agricoltura biologica si fonda su obiettivi e principi, oltre che su pratiche comuni, ideati per minimizzare l'impatto umano nell'ambiente e allo stesso tempo permettere al sistema agricolo di operare nel modo più naturale possibile.

Le pratiche agricole biologiche generalmente includono:

La rotazione delle colture per un uso efficiente delle risorse locali. Limiti molto ristretti nell'uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, antibiotici

nell'allevamento degli animali, additivi negli alimenti e coadiuvanti, e altri fattori produttivi.

Il divieto dell'uso di organismi geneticamente modificati (OGM) L'uso efficace delle risorse del luogo, come per esempio l'utilizzo del letame per

fertilizzare la terra o la coltivazione dei foraggi per il bestiame all'interno dell'azienda agricola

La scelta di piante ad animali che resistono alle malattie e si adattano alle condizioni del luogo

Allevare gli animali a stabulazione libera, all'aperto e nutrendoli con foraggio biologico

Utilizzare pratiche di allevamento appropriate per le differenti specie di bestiame

Vantaggi Agricoltura biologica

Per combattere i parassiti che infestano le piante l'agricoltura biologica non impiega fitofarmaci, ma preparati vegetali, minerali e animali: i prodotti chimici vengono usati solo se strettamente necessario. Altre caratteristiche dell'agricoltura biologica sono la messa al bando degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), e la rotazione delle colture: evitare di coltivare sullo stesso terreno la stessa pianta per più stagioni consecutive consente di sfruttare di meno le sostanze nutrienti del terreno, e di impedire ai parassiti di "specializzarsi".

Fa poi parte della filosofia (e della pratica) dell'agricoltura biologica la piantumazione di semi ed alberi, per abbellire il paesaggio e per creare delle barriere naturali contro gli agenti inquinanti esterni. La salute della Terra è quindi almeno parzialmente salvaguardata dall'agricoltura biologica.

Meno energia fossile

L’Agricoltura Biologica consuma in media tra un terzo e la metà in meno di energia per unità di prodotto realizzato, rispetto all’agricoltura convenzionale,grazie all’utilizzo di mezzi e tecniche meno intensivee canali di vendita a livello locale.

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Meno gas serra

L’agricoltura biologica può dare un contributo determinante al raggiungimento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera.Oltre al minor consumo di energia derivata da fonti fossili, infatti, studi recenti dimostrano che un terreno coltivato con metodo biologico assorbe una maggiore quantità di CO2 ( un ettaro di terreno biologico assorbe circa 1.200 kg di carbonio all’anno, contro i circa 200 kg di un terreno convenzionale).

Meno consumo di acqua

In Agricoltura Biologica, oltre a produzioni meno intensive, l’utilizzo di concimi organici e la pratica dei sovesci stimolano l’accumulo della sostanza organica, a sua volta fondamentale per trattenere l’acqua del terreno.

Niente pesticidi

L’Agricoltura Biologica ritiene che una pianta sana in un terreno sano è più resistente ai parassiti, e adotta una vasta gamma di metodi naturali per aumentare la fertilità del suolo e la resistenza delle piante a parassiti e malattie.

Più valore nutrizionale

Diversi studi hanno dimostrato che gli alimenti biologici contengono una quantità inferiore di nitrati e di acqua, un maggior contenuto di vitamine, polifenoli e antiossidanti nella frutta e negli ortaggi, mentre il latte di vacca ha livelli maggiori di omega-3, acidi grassi, vitamina E beta-carotene, tutte sostanze antiossidanti utili nella prevenzione del cancro.

Salvaguardia delle varietà locali

L’Agricoltura Biologica è attenta alla salvaguardia delle varietà e delle razze di antica introduzione, al fine di conservare la diversità genetica di piante e animali.

ATTENZIONE ALL’ETICHETTA E ALLA DISINFORMAZIONE

Le parole “naturale”, “ecologico” sono tra le più abusate in pubblicità e sulle etichette. Questo penalizza il settore “veramente” biologico e consente una serie di speculazioni a

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danno di chi non riesce a districarsi nella giungla del “naturale”. Naturale non vuole dire niente, ecologica neppure.Quasi tutte le grandi distribuzioni vendono prodotti che evocano una agricoltura “naturale”, ma non sono certificate e neppure biologiche quindi non si spiega perché devono costare di più.

BIOLOGICO E BIODINAMICO

Nell’attesa che le autorità informino adeguatamente i consumatori cerchiamo di capire cos’è il metodo biologico usato in agricoltura.

Prima di tutto la chimica viene bandita categoricamente.Oggi è possibile trovare concimi e insetticidi naturali già preparati dall’industria.Per concimare si usa il letame o preparati a base di leguminose, ricche di azoto.Per combattere i parassiti e gli insetti dannosi si usa anche la lotta biologica che inserisce gli insetti utili che si nutrono dei parassiti delle piante o le trappole ai ferormoni che attirano i maschi di alcune specie di insetti dannosi alle piante.In questi ultimi anni l’agroecologica ha messo a punto sistemi scientifici di difesa naturali migliorando il sistema agricolo usato per millenni dall’uomo (prima che arrivasse la chimica, soltanto 50 anni fa).Comunque sono ancora molto in uso antiparassitari e antifungicidi tradizionali come il solfato di rame, che essendo un metallo viene ammesso nel metodo biologico.

Mentre sui terreni convenzionali si usano i pesticidi per togliere le erbacce, nell’ agricoltura biologica il diserbo è a macchina o a mano.Anche nel biologico si possono ottenere frutta e verdura di serra, al posto degli ormoni sintetici si utilizzano impollinatori naturali come i bombi (simili ai calabroni).

Nel metodo biologico non sono ammessi i conservanti chimici per mantenere a lungo la frutta ma esclusivamente la conservazione con il freddo.Tutti questi sistemi alternativi alla chimica aumentano i costi, la mano d’opera e la perdita del prodotto e giustificano in parte i prezzi più alti rispetto ai prodotti convenzionali.

BiodinamicaGuardando bene le etichette si può notare che il biologico non è l’unico metodo che bandisce la chimica, esiste infatti la biodinamica che si distingue sul mercato grazie al il marchio Demeter.La biodinamica usa la lotta biologica ma ha come obiettivo principale quello di rendere la terra più ricca di vita, per fare questo si utilizzano preparati naturali da unire al terreno al momento dell’irrorazione, della semina e da unire ai concimi che si ottengono dal compostaggio del letame.

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Le allergie e le intolleranze alimentari

La maggior parte delle persone può mangiare una grande varietà di cibi senza alcun problema. Per una piccola percentuale di individui, tuttavia, determinati alimenti o componenti alimentari possono provocare reazioni negative, da una leggera eruzione cutanea ad una risposta allergica di grave entità.

Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate da allergia alimentare o intolleranza alimentare. Benché circa una persona su tre ritenga di essere "allergica" a certi alimenti, l’allergia alimentare ha un’incidenza effettiva intorno al 2% della popolazione adulta. Nei bambini, il dato sale al 3-7%, anche se, nella maggior parte dei casi, l’allergia viene superata con l’età scolare.

Qual è la differenza tra allergie e intolleranze alimentari?

La reazione negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare. In molti casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo microbico, un’avversione psicologica al cibo o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento.

L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza ad alimenti o a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario. Un allergene (proteina presente nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto innocua) innesca una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito, naso che cola, tosse o affanno. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita.

L’intolleranza alimentare coinvolge il metabolismo ma non il sistema immunitario. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte.

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SINTOMI DI REAZIONI ALLERGICHE AGLI ALIMENTI

Respiratori

Naso che cola o congestione nasaleStarnutiAsma (difficoltà a respirare)TosseRespiro affannoso-sibilante

Cutanei

Gonfiore di labbra, bocca, lingua, faccia e/o gola (angioedema)OrticariaEruzioni cutanee o rossoriPruritoEczema

Gastrointestinali

Crampi addominaliDiarreaNauseaVomitoColicheGonfiore

Sistemici

Shock anafilattico (grave shock generalizzato)

Intolleranza al glutine

L’intolleranza al glutine è una disfunzione intestinale che si manifesta quando il corpo non tollera il glutine (proteina presente nel grano, nella segale, nell’orzo e nell’avena, anche se quest’ultima è oggetto di controversie e di ricerche per stabilirne l’effettivo ruolo). La diffusione della malattia, comunemente chiamata celiachia o intolleranza al glutine, è sottostimata. Gli esami serologici rilevano questa malattia, che altrimenti non verrebbe diagnosticata, in 1 individuo su 100 della popolazione Europea (con differenze regionali).

La celiachia è una disfunzione permanente e può essere diagnosticata a qualsiasi età. Se la persona che ne è affetta consuma un alimento contenente glutine, le pareti di rivestimento dell’intestino tenue si danneggiano e subiscono una riduzione della capacità di assorbire nutrienti essenziali quali grassi, proteine, carboidrati, minerali e vitamine. I sintomi includono diarrea, debolezza dovuta a perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, possono manifestarsi sintomi di malnutrizione come, ad esempio, una crescita insufficiente. Attualmente, l’unico aiuto per i pazienti celiaci è una dieta priva di glutine. I centri di dietologia e le organizzazioni di informazione sulla celiachia mettono a disposizione gli elenchi degli alimenti privi di glutine. Escludendo tale sostanza dalla dieta, l’intestino si ripara gradualmente e i sintomi scompaiono.

Sono in corso ricerche per individuare l’esatta natura e sequenza degli aminoacidi del glutine che determinano la celiachia e queste conoscenze potrebbero costituire, in futuro, la base per l’applicazione della biotecnologia allo sviluppo di cereali che non causano intolleranza.

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Test cutanei

Sulla base dell’anamnesi dietetica, gli alimenti sospettati di provocare reazioni allergiche sono inseriti nella serie utilizzata per i test cutanei. Il valore di questo tipo di test è molto controverso e i risultati non sono affidabili al cento per cento. I test consistono nell’inserimento sottocutaneo di estratti di un determinato alimento, mediante iniezione o sfregamento, per verificare l’eventuale comparsa di una reazione di prurito o di gonfiore.

Perché le allergie e le intolleranze sono sempre diffuse?

Uno dei motivi risiede nel fatto che oggi la diagnosi è più precisa e precoce, rispetto ad un tempo. Ciò consente di identificare un maggior numero di allergie i cui disturbi un tempo venivano facilmente confusi con altri. Una seconda spiegazione chiama in causa il nostro stile di vita e, in particolare, le abitudini alimentari. Infatti si ricorre ormai diffusamente ad additivi alimentari (coloranti, conservanti,

esaltatori del gusto, aromi naturali ed artificiali) che sono tutti potenziali allergeni; sulle nostre tavole inoltre arriva una grande varietà di frutta e verdura proveniente da tutto il mondo, il cui consumo non è più limitato alle sole stagioni naturali, favorendo così il contatto con un numero sempre maggiore di sostanze potenzialmente allergizzanti. Infine è in diminuzione il numero delle madri che allattano al seno e questo provoca un aumento dei neonati allergici al latte vaccino.

Intolleranza al lattosio

Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Normalmente, l’enzima chiamato lattasi, presente nell’intestino tenue, scompone il lattosio in zuccheri più semplici (glucosio e galattosio) che entrano poi in circolo nel sangue. Quando l’attività enzimatica è ridotta, il lattosio non viene scomposto e viene trasportato nell’intestino crasso dove viene fermentato dai batteri presenti in quella parte del corpo. Questo può determinare sintomi come flatulenza, dolore intestinale e diarrea. La quantità di latte e latticini tale da determinare sintomi di intolleranza è molto variabile. Molti soggetti che hanno una ridotta attività intestinale della lattasi possono bere un bicchiere di latte senza alcun problema. Analogamente, i formaggi stagionati, che hanno un basso contenuto di lattosio, e i prodotti a base di latte fermentato, come lo yogurt, sono in genere ben tollerati. Questo potrebbe spiegare l’ampio consumo di prodotti a base di colture di latte e di yogurt nelle regioni del mondo in cui la carenza di lattasi è più diffusa.

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Alimentazione mediterranea

La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino del mediterraneo, in particolare Italia, Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia, Spagna e Marocco.

Il modello alimentare italiano di oggi conserva solo pochi aspetti della vera DIETA MEDITERRANEA che si caratterizzava per una alimentazione composta da cibi naturali, senza additivi o conservanti chimici. Salvo per alcuni prodotti di cui era necessario approvvigionarsi per la stagione invernale (carne di maiale elaborata e conservata o la frutta trasformata in marmellate o mantenuta in cantine ben ventilate), tutto il resto veniva consumato praticamente fresco o nell'arco di qualche giorno.La ricetta che sintetizza emblematicamente il modello mediterraneo è certamente la "pasta e fagioli", tipica alimentazione contadina dei tempi passati. Non a caso i legumi sono sempre stati definiti come "la carne dei poveri". Se poi la pasta è all'uovo e fatta in casa si realizza un mixer elevato di proteine nobili, glicidi complessi, preziosi minerali, vitamine e fibre.

Pertanto la dieta mediterranea non è abbondanza di pane e pasta. Innanzitutto il pane è integrale e la pasta non solo di grano duro ma anche di vari cereali. Uno spazio particolare occupano i legumi. La carne è poca e la preferenza viene data a quella bianca e pesce azzurro. Pochi grassi con utilizzo principale di olio extravergine di oliva. Molta verdura e frutta fresca, inoltre frutta a guscio e vino.Una ulteriore caratteristica è la grande varietà dei prodotti con la possibilità di abbinare un'infinita varietà di gusti e sapori, adattabili a tutte le esigenze. L'elenco delle ricette è praticamente infinita e si amplia ulteriormente in relazione agli usi e costumi locali.Dieta mediterranea è anche movimento e attività fisica. Il contadino e l'operaio dei decenni passati lavoravano manualmente tutto il giorno e si spostavano per lo più a piedi o con mezzi di locomozione non motorizzati. Pertanto un sufficiente e costante apporto energetico, soprattutto glicidico, diventava indispensabile.

I PIATTI UNICI, che praticamente uniscono il primo piatto col secondo, sono una delle principali caratteristiche di questa dieta. Oltre alla pasta e fagioli (ma anche pasta e ceci, lenticchie, piselli, ecc.), altri esempi di piatti unici sono la pasta al sugo di carne con aggiunta di formaggio e olio extravergine di oliva. Inoltre i minestroni con verdure e legumi, la pizza napoletana con alici, mozzarella e pomodoro, ecc. Il pasto, accompagnato da un buon bicchiere di vino, si conclude sempre con una porzione di verdura e frutta

fresca.

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Nel modello alimentare dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, pur nella diversità, sono presenti elementi comuni di somiglianza e omogeneità.Circa 50 anni fa, l'equipe del prof. Ancel Keys effettuò uno studio minuzioso confrontando le abitudini alimentari degli Stati uniti, Giappone, Italia, Grecia, Jugoslavia, Olanda e Finlandia. Furono prese in esame 12.000 persone di età compresa tra i 40-59 anni, suddivise in 14 campioni.Dallo studio emerse che la mortalità per cardiopatia ischemica era nettamente inferiore tra le popolazioni situate intorno al mediterraneo. La mortalità superiore delle altre popolazioni fu attribuita alla dieta che includeva una quota consistente di grassi saturi quali strutto, burro, carne rossa, ecc.

Questo modello nutrizionale è stata abbandonato nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuta troppo povera e poco attraente rispetto ad altri modelli alimentari provenienti in particolare dalla ricca America, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, l'interesse dei consumatori e sta conoscendo una grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli Stati Uniti d'America. Nel 2010 è stata proclamata patrimonio orale e immateriale dell'umanità.

In tema di alimentazione molti Italiani sbagliano sulla dieta mediterranea. A mettere in rilievo tutto ciò sono stati i risultati di uno studio che è stato presentato al Congresso nazionale della Società italiana per la prevenzione cardiovascolare. In particolare i nostri connazionali non hanno idea dei nutrienti dei cibi e portano avanti un regime alimentare non equilibrato.

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Prodotti surgelati

La natura è molto generosa in alcune stagioni, assai meno in altre. Ma l'uomo, per vivere in piena forma, ha necessità di nutrirsi ogni giorno in modo variato ed equilibrato. Da questa esigenza si sono sviluppati vari sistemi di conservazione degli alimenti.  Cucinare il cibo è stato il primo modo per farlo durare più a lungo. Dopo essere passato dal "crudo" al "cotto", l'uomo ha trovato tecniche di conservazione sempre più raffinate: nel corso dei secoli ha inventato il sott'olio e il sott'aceto per gli ortaggi, l'essiccazione, la salatura, l'affumicatura e la sterilizzazione per carne, pesce e diversi altri prodotti.  L'unico procedimento che mantiene intatti la struttura e il sapore dei cibi è però la conservazione a bassa temperatura. La sua diffusione su larga scala si deve all'americano Clarence Birdseye che, all'inizio degli anni Trenta, mise a punto il primo procedimento industriale di surgelazione. Accolti favorevolmente dal mercato statunitense, i surgelati approdarono in Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale e in Italia alla fine degli anni Cinquanta, dando inizio a una rivoluzione nelle abitudini alimentari che ha reso la nostra cucina più ricca e gustosa. Grazie alla tecnologia del freddo, è infatti possibile disporre continuamente di tutti quei prodotti legati a cicli stagionali che rispondono alle necessità alimentari e alle capacità metaboliche di un altissimo numero di individui, e che altrimenti sarebbero commercializzabili solo in alcuni periodi dell'anno.

Come nasce un prodotto surgelato? Anzitutto dallo scrupoloso controllo delle materie prime utilizzate, che devono essere sane e in eccellente stato di freschezza o conservazione; inoltre, com'è ovvio, non devono contenere residui o contaminanti che abbiano rilevanza per la sicurezza sanitaria del prodotto nel quale verranno impiegate.Per assicurare questo livello di eccellenza delle materie prime al momento dell'utilizzo i produttori ne controllano l'origine e il processo di produzione, collaborando strettamente con agricoltori e allevatori scrupolosamente selezionati.    Esaminiamo il processo produttivo dei vegetali, che è un esempio di fruttuosa collaborazione tra industria e agricoltura a totale vantaggio del consumatore. Innanzitutto l'Azienda sceglie attentamente i terreni di coltura, che vengono affidati all'esperienza degli agricoltori, e seleziona le migliori sementi per assicurare il massimo risultato in termini di sapore e tenerezza. Non è un caso quindi se i piselli surgelati sono così dolci e verdi o se gli spinaci surgelati hanno un sapore così delicato. Ognuna di queste fasi è caratterizzata da controlli ed analisi che garantiscono l'alta qualità del prodotto finale. Quando si avvicina il momento della raccolta, i tecnici agronomi delle Aziende scendono in campo per verificare il grado di maturazione degli ortaggi; questa procedura consente di provvedere alla raccolta dei vegetali nel momento migliore, quando cioè risultano particolarmente fragranti e le

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loro caratteristiche organolettiche assicurano la più completa soddisfazione del consumatore.

Nel vasto panorama alimentare sono pochi i prodotti che, come gli alimenti surgelati, possono offrire un così ampio ventaglio di garanzie. Oggi, dopo quasi quarant'anni di presenza sul mercato italiano, il consumatore è ben consapevole che la convenienza dei prodotti conservati con il freddo non risiede solo nella praticità di utilizzo ma anche nell'alto livello dei prodotti, sia dal punto di vista organolettico sia da quello nutrizionale. Per comunicare ad un numero sempre più esteso di consumatori le caratteristiche peculiari di tali prodotti esiste l'Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS).   L'Istituto svolge una capillare opera di informazione attraverso i media, assicurando nel contempo completa assistenza agli operatori del settore. La dinamicità del comparto degli alimenti surgelati è dimostrata dagli ottimi risultati in termini di consumi (da oltre un quindicennio in costante crescita), che incentivano i principali produttori a realizzare prodotti sempre più innovativi e stimolanti. L'elevata qualità è dunque alla base del successo dei surgelati, scelti e consumati regolarmente da oltre il 90% delle famiglie italiane.

Congelamento

Il congelamento è una tecnica di conservazione il cui scopo è quello di portare l'alimento a temperature molto basse, con conseguente solidificazione dell'acqua presente all'interno dell'alimento.

Nessuna reazione enzimatica è possibile in un prodotto nel quale il 100% dell'acqua sia solidificata, in realtà, però, la totale congelazione del prodotto è impossibile da realizzare e quindi le reazioni di degradazione, per quanto molto rallentate, avvengono ugualmente. Il prodotto congelato, quindi, non può mantenersi oltre un certo periodo di tempo.Questo avviene perché l'acqua è presente negli alimenti sottoforma di acqua libera, che congela a temperature poco inferiori allo zero, e acqua legata attraverso legami di natura elettrostatica a proteine, glucidi, cellulosa, ecc. Quest'ultima ha un punto di congelamento molto inferiore rispetto all'acqua libera.

Durante il congelamento, l'acqua legata passa allo stato di acqua libera: l'acqua legata residua si concentra sempre più e abbassa il suo punto di gelo fino a oltre -40 gradi, e quindi rimane allo stato liquido consentendo lo sviluppo delle reazioni di degradazione.

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Congelamento lento e rapido

Il processo di congelazione si svolge in due fasi: - nucleazione: si formano i cristalli di ghiaccio appena si sorpassa il punto di gelo;- accrescimento: i cristalli formati nella prima fase diventano sempre più grandi, fino alla totale solidificazione dell'alimento.

Se l'alimento viene sottoposto a temperature superiori a -20 gradi, si parla di congelamento lento. In questo caso prevale la fase di accrescimento: si formano pochi cristalli di grandi dimensioni che distruggono la parete delle cellule rovinando la tessitura dell'alimento, che perde liquidi e si presenta stopposo e di sapore sgradevole. È il caso della congelazione casalinga.

Se invece l'alimento viene sottoposto a temperature di -30, -50 o inferiori, prevale la fase di nucleazione e si parla di congelamento rapido: si formano molti cristalli di piccole dimensioni che non danneggiano le cellule. Allo scongelamento, l'alimento conserva la propria tessitura e i propri liquidi intracellulari.

A livello industriale il congelamento lento è stato totalmente abbandonato.I metodi più utilizzati per congelare gli alimenti sono i seguenti:- per contatto con piastre: il prodotto viene pressato tra due piastre a -40, -50 gradi. È adatto per prodotti di forma regolare come i classici cubi di spinaci.- ad aria forzata: gli alimenti sfusi vengono sottoposti a un getto di aria a -40, -50 gradi dentro a tunnel o celle di congelamento. È il sistema utilizzato dagli abbattitori in uso anche in alcuni ristoranti. Nei congelatori a letto fluido, gli alimenti (di piccole dimensioni) vengono tenuti in sospensione da un getto di aria proveniente dal basso. Con questo sistema si congelano in tempi brevi piselli, fagiolini, carote a cubetti, ecc.- ad immersione in liquidi incongelabili: il prodotto, sigillato in confezioni impermeabili, viene immerso in soluzioni che congelano a temperature molto basse. È il caso del pollame.- con utilizzazione diretta dell'agente congelante: viene cosparso sull'alimento azoto liquido (-196 gradi) o anidride carbonica (-80), che non sono tossici e, passando allo stato gassoso, non rimangono sull'alimento.

Pastorizzazione

Il termine pastorizzazione deriva da Pasteur, che nel 1860 scoprì che riscaldando il vino a 60 gradi e mantenendo questa temperatura per alcuni minuti, poteva essere conservato a lungo.La pastorizzazione è un trattamento termico atto a distruggere tutte le forme patogene, e la maggior parte di quelle vegetative, dei microorganismi presenti nell'alimento e a disattivare gli enzimi.

La pastorizzazione non è in grado di devitalizzare i microrganismi termofili (quelli che si riproducono a temperature tra i 50 e i 60 gradi), nè le spore. Per questo motivi gli alimenti pastorizzati devono essere conservati in condizioni tali da limitare lo sviluppo di tali microrganismi: in genere la pastorizzazione è abbinata ad altri sistemi di

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conservazione come la refrigerazione, l'aggiunta di sostanze chimiche, il confezionamento sottovuoto.

La durata del trattamento e le temperature raggiunte dipendono dall'alimento e dal grado di contaminazione, si distingue infatti in:- pastorizzazione bassa: 60-65 gradi per 30 secondi, utilizzata per vino e birra, latte per produzione di formaggio;- pastorizzazione alta: 75-85 gradi per 2 o 3 minuti, metodo utilizzato un tempo per il latte e ora sostituito dall'HTST;- pastorizzazione rapida o HTST (High Temperature Short Time): 75-85 gradi per 15-20 secondi, condotta su alimenti liquidi che scorrono in uno strato sottile tra due pareti metalliche scaldate. Chiamata anche "stassanizzazione".Di norma la pastorizzazione è seguita da un rapido raffreddamento del prodotto, per limitare lo sviluppo dei microrganismi residui.La pastorizzazione consente di mantenere pressoché inalterate le qualità del prodotto originale, di contro, esso non può essere conservato a lungo. È il caso del latte fresco, che ha un sapore molto migliore rispetto a quello sterilizzato (UHT), ma si conserva solo per pochi giorni.

La catena del freddo

Il percorso che un alimento surgelato compie per arrivare integro sulla vostra tavola si chiama "catena del freddo". La legge regola con precisione tutti i passaggi dei prodotti surgelati dalla produzione fino al banco di vendita, che rappresenta l'ultimo anello della catena. Ogni fase è programmata per mantenere bassa la temperatura dell'alimento surgelato e, di conseguenza, alta la sua qualità. Il produttore, da parte sua, pone ogni attenzione affinché ciascun anello della catena sia efficiente, avendo come obiettivo quello di offrire al consumatore prodotti di assoluta qualità.

Anche il consumatore, però, deve adottare alcune semplici precauzioni: comprare i surgelati per ultimi durante la spesa e, specialmente nella stagione calda o se il tragitto è lungo, riporli nell'apposito sacchetto per surgelati, che ne rallenta l'innalzamento della temperatura durante il trasporto fino al congelatore di casa.

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Lo spreco di cibo

Il cibo rappresenta una delle principali ossessioni dell'umanità che, nel momento attuale, può essere divisa tra coloro che cercano disperatamente di mangiare e coloro che cercano disperatamente di non mangiare. La penuria di cibo viene considerata un problema dei Paesi in via di sviluppo, l'eccessiva opulenza un problema dei Paesi sviluppati, anche se problemi di accesso al cibo si stanno verificando anche nei Paesi sviluppati a causa della crisi economica.

Tale fenomeno sta assumendo dimensioni tali da mobilitare le istituzioni e la società civile fino ad arrivare a nuovi movimenti per il libero accesso al cibo sprecato. Questo perché la gran parte del cibo scartato nei Paesi sviluppati non è né poco igienico, né di cattiva qualità, anzi è veramente tanto.

Lo spreco di cibo è considerato una variabile di marketing ineliminabile, scaricando però i costi sui più deboli: i consumatori, i piccoli produttori agricoli, le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo e l'ambiente.

Attualmente la società si trova in una situazione di sazietà le cui caratteristiche principali sono: la crescente disponibilità di cibo e il prezzo tendenzialmente decrescente degli alimenti.

In generale il cibo continua ad avere una notevole importanza a livello culturale, ma nella quotidianità l'attenzione a questa voce in termini di spesa ha perso rilevanza poiché da almeno trent'anni nelle società occidentali è abbondante e a basso prezzo. Ne segue una contraddizione: da un lato il cibo ha perso rilevanza in termini di spesa, mentre la domanda di cibo da parte dei consumatori dei Paesi sviluppati continua ad aumentare. In ogni caso il cibo deve essere tanto e la domanda deve poter spaziare in una gamma molto ampia, in modo da poter soddisfare le esigenze più diverse.

Il cibo, proprio perché abbondante e a basso prezzo, rappresenta oggi il primo livello di "lusso accessibile" ad ampi strati sociali che, indipendentemente dal reddito, pongono scarsa attenzione alla spesa alimentare, che assume spesso valenze compensatorie rispetto alla moderazione imposta da altri tipi di spesa.

Nell'epoca della società alimentare, è stata introdotta la variabile della bulimia alimentare, che presenta due aspetti principali: quello di consumo (mangiare eccessivamente rispetto alla necessità) e quello di acquisto (acquistare quantità di cibo superiori alle capacità di consumo).

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Si identificano, quindi, due realtà contrapposte. Da un parte l'Occidente sta diventando sempre più grasso anche perché la cultura del consumatore media è bassa (in pochi sanno leggere le etichette, capire la funzione della data di scadenza…), dall'altra una crescente quota di consumatori è sempre più attenta alle caratteristiche e alla qualità del cibo come dimostrano l'affermarsi di alcune associazioni come Slow Food, l'aumento della domanda di prodotti tipici, certificati e biologici.

I dati e le indagini ci dicono che, nella media dei Paesi sviluppati, i prodotti alimentari rappresentano dal 30 al 40% del peso dei rifiuti e che in media le famiglie buttano per ogni componente da 70 a 96 Kg l'anno. Ciò lascia intuire che il comportamento d'acquisto, ovvero un approvvigionamento quantitativamente superiore alle necessità, interessa la quasi totalità dei consumatori e coinvolge tutte le tipologie di prodotti: non vi è una distinzione nel comportamento d'acquisto per tipologia qualitativa, mentre appare evidente la tendenza a sprecare alimenti freschi ad alta deperibilità o prodotti confezionati appartenenti a fasce di prezzo basso.

C'è molta indifferenza nei confronti della tipologia di cibi che vengono acquistati e scartati: per il consumatore occidentale, a parità di costo d'acquisto, è del tutto indifferente scartare insalata, banane, carne fresca, sushi, pasta…. Tale aspetto è molto grave, in quanto dimostra che la crescente separazione tra produzione e consumo fa sì che pochi consumatori siano a conoscenza dei processi produttivi alimentari e siano in grado di leggere le filiere alimentari. La conseguenza è un enorme spreco di risorse da parte dei consumatori dei Paesi sviluppati, che va a detrimento delle risorse disponibili, non solo per i consumatori dei Paesi in via di sviluppo, ma per tutto il pianeta.

Gli sprechi di cibo da parte delle famiglie sono principalmente imputabili a un eccesso degli acquisti rispetto ai consumi: è difficile per il consumatore effettuare un'analisi economica per stabilire velocemente in quale quantità e a quale prezzo i vari alimenti soddisfino i suoi bisogni senza produrre sprechi. Il cibo incide poco nella maggioranza dei bilanci familiari e quindi non merita un tale sforzo di ragionamento.

Il consumatore dei Paesi sviluppati vuole essere certo di trovare subito, in qualunque orario e nella maggior parte dei posti possibili, la quantità e la varietà che desidera di qualunque bene di largo consumo, bisogno che viene soddisfatto in particolare dalle grandi catene di distribuzione. Ciò fa si che nel mondo occidentale tutti gli attori del mercato del cibo (consumatori, distribuzione, ristorazione, industria alimentare) buttano via alimenti in gran parte ancora commestibili, che potrebbero essere consumati senza rischi per la salute. Si tratta di un sistema che produce per quasi la metà lo spreco stesso.

L'insensatezza maggiore riguarda l'inadeguatezza della legislazione relativa alla gestione degli scarti alimentari: altri tipi di prodotti che potrebbero essere ottenuti dagli scarti alimentari (è più conveniente smaltire i rifiuti, piuttosto che trasformarli considerato anche il fatto che non esistono normative in tal senso); il sistema delle date di scadenza, responsabile di una buona parte dei rifiuti alimentari (tale sistema, di difficile comprensione

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per i consumatori, ha come matrice comune quella di tutelare l'industria alimentare e la grande distribuzione).

L'itinerario dal campo alla tavola evidenzia quali siano i punti della filiera nei quali si verificano sprechi. Si osserva che i primi rilevanti sprechi vengono registrati a seguito delle perdite post-raccolto e riguardano in larga misura i Paesi in via di sviluppo a causa degli scarsi investimenti fatti nelle strutture di trasporto e di stoccaggio, dove una parte rilevante dei prodotti viene danneggiata o distrutta da funghi e parassiti.

Si può quindi affermare che tanto il modello di consumo quanto quello di produzione e distribuzione gravano in modo non sostenibile sul pianeta.

Le società moderne sopravvivono in una situazione di sazietà e apatia. I dati relativi allo sperpero alimentare sono preoccupanti e sfregiano la dignità dell’uomo: più di 4 mila tonnellate di prodotti alimentari acquistati dagli italiani e gettati ogni giorno nelle discariche, 6 milioni ogni anno…In altri paesi della vecchia Europa gli sciali sono addirittura più gravosi che da noi, tuttavia questo non deve suscitate un quid di sollievo. I dati negativi che riassumono gli stili di vita dei paesi dell’occidente hanno una sorta di omogeneità con picchi al

negativo. Gli sprechi di una famiglia italiana, ad esempio, sono quantificabili attorno al 13-14%; ben di più quelli di una del nord Europa che si attestano attorno al 30% circa, mentre quelli degli americani raggiungono il 40%.

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