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a cura diEugenio Anessi Pessina
Elena Cantù
Rapporto OASI 2005L’aziendalizzazione
della sanità in Italia
prefazione di Elio Borgonovie Francesco Longo
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Rapporto
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Collana CERGASCentro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi
L’aziendalizzazione della sanità in Italia
Il rinnovamento dei sistemi sanitari è da tempo al centro del dibattito politico e scien-tifico nazionale e internazionale. Con l’istituzione di OASI (Osservatorio sulla funzio-nalità delle Aziende Sanitarie Italiane), il CERGAS ha voluto confermarsi quale pun-to di riferimento per l’analisi dei cambiamenti in atto nel sistema sanitario italiano se-condo un approccio economico-aziendale. Ha inoltre creato un tavolo comune dovemondo accademico e operatori del SSN possono interagire ed essere nel contempo pro-motori e fruitori di nuova conoscenza.Ogni anno, l’attività di ricerca di OASI viene raccolta in un Rapporto Annuale. Il Rap-porto 2005:• presenta l’assetto complessivo del SSN e i principali dati che lo caratterizzano;• a livello regionale analizza gli strumenti e i contenuti dei Piani Sanitari Regionali; leindicazioni in merito all’assetto organizzativo delle aziende; i bilanci consolidati deiSSR; le scelte di governo della medicina generale;• a livello aziendale indaga le nuove tipologie di aziende scaturite dai recenti processidi riassetto istituzionale; approfondisce il ruolo dei dipartimenti, delle farmacie ospe-daliere e del controllo di gestione; analizza le scelte aziendali in tema di accreditamen-to e certificazione della qualità, di programmazione e controllo per le cure primarie, dicontabilità analitica, di introduzione dei sistemi ERP, di ricorso al leasing e al lavorointerinale degli infermieri. Analizza infine due temi ispirati alla rilettura dell’organiz-zazione per processi: da un lato l’interpretazione del concetto di «governo clinico» e glistrumenti in cui viene declinato, dall’altro la riorganizzazione dei servizi di supportonon sanitari.
CERGAS CENTRO DI RICERCHESULLA GESTIONEDELL’ASSISTENZA SANITARIA E SOCIALEDELL’UNIVERSITÀ BOCCONI
Eugenio Anessi Pessina si è laureato in Economia aziendale presso l’Uni-versità Bocconi. Ha successivamente conseguito un Master of Arts e unPh.D. in Managerial Science and Applied Economics presso la WhartonSchool dell’Università di Pennsylvania. Attualmente è professore straordi-nario di Economia aziendale presso l’Università Cattolica (sede di Roma)e senior fellow della Wharton School. È responsabile scientifico di OASI.
Elena Cantù si è laureata in Economia Aziendale presso l’Università Boc-coni. Ha successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in Economia del-le aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Università degli Studidi Parma. Attualmente è ricercatore a contratto al CERGAS Bocconi e svol-ge attività di docenza presso la SDA. È coordinatrice di OASI.
www.egeaonline.it
Rapporto OASI 2005
€ 42,00
9 788823 850576
ISBN 88-238-5057-6
5057-6 Cergas Oasi 05 24-11-2005 13:43 Pagina 1
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5 I piani sanitari delle Regioni italianedi Giovanni Fattore e Francesca Lecci*
5.1 Introduzione
Il tema della pianificazione di sistema è da tempo trascurato negli studi di mana-gement e politica sanitaria. Negli ultimi anni si è registrato un certo interesse per itemi della programmazione strategica (Cuccurullo 2003; Lega 2004), legati adapprocci selettivi, destrutturati e flessibili alla pianificazione di lungo periodo econ enfasi su aspetti quali il rapporto tra aziende e ambiente esterno, soprattutto inrelazione alle dinamiche competitive, la coerenza tra risorse, politiche e obiettivie la gestione dei progetti innovativi. Questi contributi hanno interessato in modosoltanto marginale il livello di sistema: è ormai 15 anni che il tema della pianifica-zione di medio-lungo periodo di sistema, per esempio, dei gruppi regionali, staricevendo scarsa attenzione.
In questo contributo intendiamo innanzitutto suscitare interesse su questo te-ma; siamo convinti che l’onda lunga che ha messo da parte i temi della pianifica-zione di sistema sia in fase calante e che siano quanto mai necessarie attenteriflessioni sugli strumenti di governo dei sistemi sanitari, compresi quelli tesi aidentificare gli obiettivi, le azioni e i programmi nel medio-lungo periodo. Ovvia-mente, qualsiasi riflessione sulla programmazione di sistema deve fare i conti conl’evoluzione delle aziende e dei sistemi sanitari e non può pretendere di riproporrevecchi schemi interpretativi. Il contenuto della pianificazione e degli strumentiper realizzarla è cambiato in funzione delle profonde modifiche degli assetti isti-
* Gli autori hanno condiviso l’ideazione, lo sviluppo e la realizzazione del progetto di ricerca dacui deriva il presente capitolo. In termini di stesura finale i parr. 5.2, 5.4, 5.6 e 5.7 sono da attribuirsia Giovanni Fattore, i parr. 5.1, 5.3 e 5.5 a Francesca Lecci.
Il capitolo è stato realizzato grazie al contributo del PRIN (Programmi di Ricerca Scientifica diRilevante Interesse Nazionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) 2003,protocollo 2003130120_005 dal titolo: «L’aziendalizzazione in sanità: concezioni di azienda estrumenti di management nei piani sanitari nazionali e regionali» (responsabile scientifico profes-sor Gilberto Muraro).
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tuzionali, degli scenari finanziari e, più in generale, dei paradigmi socio-culturalidominanti in tema di governo e direzione dei sistemi sanitari pubblici.
Rispetto a un tema vasto quale è quello della pianificazione, si è scelto unoggetto d’indagine relativamente circoscritto e facile da analizzare: i piani sanitariregionali. L’oggetto di questo contributo non è pertanto la pianificazione di siste-ma in generale, ma piuttosto il piano sanitario, che di essa rappresenta un elemen-to importante, se non altro per la complessità dei processi tecnici e politici a essosottesi e per la visibilità che tende ad avere per i portatori d’interesse.
5.2 Il metodo d’indagine
La base empirica della presente ricerca consiste nei piani sanitari emanati dalleRegioni italiane negli ultimi 10 anni. Per ogni Regione, tramite l’analisi dei sitiweb regionali, della normativa e attraverso contatti con il personale degli assesso-rati alla sanità, è stato individuato l’ultimo piano sanitario reso pubblico dal 1995.Una volta identificato il documento, esso è stato recuperato in formato cartaceo oelettronico. Per una sola Regione (Piemonte) al momento della stesura di questocontributo non era stata recuperata l’intera documentazione relativa al piano.
Si è pertanto deciso di non limitare l’analisi dei piani ai soli documenti appro-vati, nella convinzione che i piani possano rappresentare un importante riferimen-to per i portatori d’interesse, anche nelle situazioni in cui non sono stati completa-ti gli iter legislativi previsti.
I piani sono stati analizzati per mezzo di tre griglie: la prima finalizzata a coglieregli aspetti formali e strutturali del documento, la seconda volta a classificare la natu-ra del piano e la terza ad approfondire il tema della valutazione delle aziende.
Per quanto riguarda gli aspetti formali e strutturali, sono stati rilevati: l’ambito dipertinenza del piano (se si tratta di piani strettamente sanitari o che coinvolgonoanche la dimensione socio-assistenziale), il periodo di riferimento, il titolo se esi-stente, la lunghezza in pagine e una sintesi dell’indice. Quest’ultimo elemento dellagriglia ha richiesto un certo lavoro di interpretazione e sintesi e quindi non può esse-re considerato come una semplice riproduzione di elementi contenuti nei piani. Perle restanti voci, invece, la griglia è sostanzialmente uno strumento di catalogazione.
Questa griglia può offrire alcuni spunti di analisi su aspetti quali il raccordo, alivello di pianificazione regionale, tra interventi sanitari e socio-assistenziali, ilgrado di aggiornamento dei documenti e il titolo del piano come strumento dicomunicazione. Inoltre, l’ultima parte della griglia, proponendo una misura della«lunghezza» del piano, può offrire alcuni spunti di riflessione sui destinatari e lefinalità stesse del piano, mentre la ricostruzione delle principali parti logiche chelo compongono può fornire una prima idea dell’impostazione del piano stesso,dei temi dominanti e di alcuni termini particolarmente ricorrenti o significativi.
La seconda griglia consiste in uno schema di classificazione del piano in base allasua finalità. Vengono proposti quattro possibili profili, non alternativi tra loro. Il
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piano può innanzitutto essere un documento di programmazione strategica di grup-po: presenta una lettura della realtà che distingue tra ambiente interno ed esterno,identifica un orientamento di fondo (che può coincidere con le politiche sanitariepubbliche della Regione) ed è principalmente rivolto al personale regionale e delleaziende e ai soggetti esterni con rilevanti interessi economici (operatori privati, for-nitori ecc.). Il piano può poi presentarsi come un documento di orientamento politi-co. In questo caso è forte il richiamo ai principi, a idee portanti, a un modello «a ten-dere» del sistema regionale e l’audience di riferimento è l’arena politica, in primoluogo i cittadini elettori. Tendenzialmente, un piano con queste finalità evita un lin-guaggio tecnico e inquadra la politica sanitaria all’interno di più ampi disegni del-l’azione politico-sociale del governo regionale. Completamente diversi sono gli ele-menti che caratterizzano il piano come strumento di programmazione: riferimenti amodelli a forte razionalità, identificazione e approfondimento delle diverse fasi delciclo di programmazione (analisi dei bisogni, definizione degli obiettivi, identifica-zione delle azioni e delle risorse), ampio utilizzo di indicatori, indici e altre misuresintetiche dei fenomeni. È questa, forse, l’accezione più tradizionale che può essereattribuita al piano sanitario, coerente con una concezione di programmazione sani-taria come insieme di attività razionalmente ordinate, sistematiche e puntuali pergovernare il sistema pubblico. Infine, alcune Regioni possono volere utilizzare ilpiano per deliberare e comunicare modifiche negli assetti organizzativi (soprattuttoin termini strutturali) e istituzionali (per esempio, la definizione del ruolo dei comu-ni o di eventuali soggetti privati).
La terza griglia si concentra, infine, sul tema della valutazione delle aziende, inte-sa come insieme di attività volte a descrivere, analizzare, interpretare e giudicare leazioni intraprese dalle aziende in base a dati di input (risorse messe a disposizione),processo, output (attività svolte) o outcome (risultati in termini di soddisfacimentodel bisogno di salute) e secondo criteri di giudizio che possono riguardare, in primaapprossimazione, l’equilibrio economico-finanziario, l’efficienza, l’efficacia, l’e-quità o altri criteri maggiormente specifici quali l’appropriatezza, l’accessibilità ol’imprenditorialità. Questa griglia riporta i risultati di un lavoro di estrazione, inter-pretazione e sintesi di elementi presenti nei piani. Per costruirla si è proceduto nelseguente modo: in primo luogo sono state estratte tutte le parti dei piani che poteva-no fare riferimento al tema della valutazione; sulla base di questi estratti si è poi pro-ceduto a definire gli elementi oggetto di attenzione. Una volta definiti questi ele-menti (le dimensioni d’indagine) si è tornati agli estratti dei piani e, quando ritenutonecessario, ai piani nella loro interezza per applicare la griglia a ogni Regione.
La griglia ha preso in considerazione sette elementi. In primo luogo si è valutatoil grado di attenzione al tema della valutazione che appare dal piano secondo unascala a cinque livelli. L’attribuzione è stata principalmente effettuata sulla base dellafrequenza con cui il tema ricorre nel piano e del significato che essa sembra assume-re nell’economia complessiva del documento. Il secondo elemento riguarda l’og-getto della valutazione; in particolare si è voluto indagare se il riferimento dellavalutazione sia l’azienda o il sistema regionale (il gruppo di aziende); per ogni piano
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si è riportato se sia presente il riferimento ai due possibili oggetti e se uno dei due siaconsiderato prevalente. Data l’importanza dei sistemi informativi per generare datiadeguati per i processi di valutazione si è anche valutato il riferimento al loro poten-ziamento; in questo caso si è utilizzata una scala a tre livelli (debole, medio o forte).Si è poi indagato il riferimento nel piano a indicatori di sintesi da utilizzare nei pro-cessi di valutazione; si è inoltre verificato se siano presenti indicazioni sul tipo diindicatori da utilizzare (per esempio, di processo o di risultato). Il quinto elementodella griglia riguarda la presenza all’interno del piano di indicazioni sul processo ele strutture necessarie per svolgere la valutazione. In questo caso si è voluto coglierese il piano riconosca apertamente l’importanza di progettare processi adeguati e dipredisporre le risorse necessarie per attivare concretamente le attività di valutazione.L’elemento successivo fa riferimento ai criteri di valutazione (per esempio, se l’og-getto della valutazione siano l’equilibrio economico-finanziario, indici di salute,livelli di attività, indicatori di integrazione tra attività sanitarie e socio assistenziali).Infine, l’ultimo elemento della griglia riguarda un tema particolarmente critico,come anche sottolineato in precedenti contributi pubblicati nei Rapporti OASI (DelVecchio e Barbieri 2002; Longo et al. 2003): il collegamento tra la valutazione delleaziende e la valutazione dei direttori generali delle stesse. In particolare, nella gri-glia è stata registrata l’eventuale presenza nel piano di tale collegamento ed eventua-li specifiche indicazioni relative alle sue caratteristiche.
5.3 Aspetti formali e strutturali dei piani sanitari
Le province autonome di Bolzano e Trento e 18 delle 19 Regioni hanno approvatoo reso comunque pubblico almeno un piano sanitario negli ultimi 10 anni (Tab.5.1). In Sardegna e nella PA di Trento gli ultimi piani sanitari approvati fannorispettivamente riferimento al periodo 1983-1985 e 1993-1995. Tuttavia, entram-be mettono attualmente a disposizione sul sito web istituzionale i piani non anco-ra approvati. In accordo con il criterio di inclusione richiamato nel par. 5.2. si èdeciso di includerli nell’analisi. Negli ultimi 10 anni in Molise è stato emanato unpiano regionale relativo alle sole tematiche socio-assistenziali. Tutti i piani eccet-to quello delle Marche (2003-2006), sono di durata triennale. Sei piani (32 percento) fanno riferimento sistematico anche alle tematiche socio-assistenziali. Il26 per cento dei piani censiti (cinque) è ancora in vigore nel 2005, anno in cui èstata effettuata l’analisi. Tre piani (16 per cento) sono scaduti da almeno cinqueanni. Il valore mediano del periodo di riferimento dei 19 piani sanitari censiti è iltriennio 2001-2003, mentre quello medio è circa il triennio 2000-2002. Su questiaspetti non sembrano essere presenti differenze significative tra le aree geografi-che del paese, né tra Regioni amministrate da coalizioni di centro-destra o di cen-tro-sinistra. Appare invece interessante notare come Regioni con una notevole tra-dizione di programmazione sanitaria come l’Emilia Romagna, il Friuli VeneziaGiulia e il Veneto abbiano piani più datati.
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170 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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1715 • I piani sanitari delle Regioni italiane
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Come anticipato, per il Piemonte non è stato possibile recuperare il piano in tem-po utile. Pertanto, l’analisi seguente si riferisce a 19 piani. Di questi, nove hanno untitolo che permette di individuare alcune parole chiave (Tab. 5.2). Oltre al terminesalute, che richiama le finalità ultime del sistema sanitario e l’importanza di politi-che per la salute più ampie di quelle relative ai servizi sanitari, due sono i termini piùricorrenti: la parola «solidarietà» (citata in tre piani) e la parola «integrazione».Rispetto alla prima, se si tiene conto di altre parole chiave che rimandano ai temidella solidarietà, quali cittadinanza sociale ed equità, appare chiara la volontà diribadire la natura solidale del sistema sanitario. Tuttavia, due precisazioni sembranoutili a proposito. In primo luogo, la ricorrenza della parola solidarietà e non del ter-mine uguaglianza, e l’utilizzo del termine equità in un solo piano possono suggerireuno spostamento di enfasi da posizioni egalitarie più tradizionali a visioni più arti-colate della solidarietà sociale. Rispetto alla seconda è importante notare come ilconcetto di integrazione faccia riferimento a livelli differenti che riguardano, aseconda dei casi, il coordinamento tra diverse strutture, tra sociale e sanitario e tra ivari servizi lungo il «percorso del paziente». È importante notare, infine, che alcunipiani non fanno riferimento esplicito nei titoli a questi temi, preferendo richiami al-l’innovazione (Lombardia e Umbria) e alla libertà (Lombardia).
Complessivamente, l’unico termine che richiama tematiche strettamente eco-nomiche è «sostenibilità», utilizzato nei titoli dei piani di Toscana e Umbria. I ter-mini «efficienza», e anche «efficacia» e «appropriatezza», non compaiono inalcun titolo.
La lunghezza dei piani, espressa in numero di pagine, presenta una notevolevariabilità. I piani dell’Abruzzo e della Basilicata hanno più di 300 pagine,mentre quelli dell’Emilia Romagna, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto me-no di cento. La lunghezza media dei 18 piani considerati è 180 pagine, quella
172 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
Regioni Parole «chiave»
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Friuli Venezia Giulia Integrazione
Lombardia Libertà, innovazione
Marche Alleanza, welfare, salute, universalità, equità, solidarietà e qualità
Puglia Salute, integrazione
Toscana Sostenibilità, salute, comunità
Trento Solidarietà, salute, benessere
Umbria Patto, salute, innovazione, sostenibilità
Tabella 5.2 Parole «chiave» presenti nei titoli di nove piani sanitari
-
mediana 162. La variabilità della lunghezza dei documenti è uno degli elementiche suggeriscono come il piano sanitario possa avere caratteristiche comunica-tive profondamente diverse.
Osservando gli indici di sintesi dei piani si può osservare una discreta eteroge-neità della struttura dei documenti e dei termini utilizzati. Le Regioni non sembra-no seguire una traccia comune; inoltre, la struttura dei piani nazionali sembraorientare in misura ridotta la definizione di quelli regionali. Malgrado tale etero-geneità, alcune parti logiche sembrano generalmente presenti nella maggior partedei documenti.
La parte iniziale dei piani è generalmente dedicata a fornire un inquadramentogenerale della politica sanitaria rispetto alle politiche più generali della Regione,ai principi di riferimento, al metodo di lavoro per predisporre il piano o al raccor-do con le politiche nazionali e dell’Unione Europea. È questa generalmente laparte più «ideologica» dei documenti, in cui si possono cogliere gli orientamentipolitico-culturali di fondo.
Nei piani è poi quasi sempre presente una parte di descrizione e analisi dell’am-biente, spesso però circoscritta alle tematiche epidemiologiche e demografiche.Generalmente, non mancano i riferimenti al contesto socio-economico (e in alcu-ni casi anche a quello competitivo), alle traiettorie tecnologiche e all’analisi dellemutazioni di ordine socio-cultuale. Tuttavia, l’accento è nettamente sull’analisidei bisogni e della domanda di servizi.
La maggioranza dei piani contiene anche un’analisi dell’offerta in termini distrutture e attività. L’approfondimento di questa parte è molto variabile, con alcu-ne Regioni che la demandano ad altri documenti e propongono alcuni dati di rie-pilogo e altre Regioni che riportano una notevole mole di dati.
Il quarto elemento, presente in tutti i piani, è l’identificazione degli obiettivi. Iltermine «obiettivi» è presente nell’indice sintetico di 15 piani, anche se appareutilizzato a diversi livelli di specificità: da obiettivi generali, come la promozionedella prevenzione, a obiettivi specifici e operativi, come i target per le coperturevaccinali. La parte sugli obiettivi, in linea con lo schema logico dei sistemi di pro-grammazione, è generalmente seguita da indicazioni sulle attività da promuovereper raggiungerli (indicate con termini vari quali interventi, azioni, piani, program-mi). Spesso questa parte dei piani è articolata per aree di attività in relazione allastruttura dei LEA.
Molto meno presenti sono invece i riferimenti alle successive fasi del ciclo diprogrammazione: l’analisi delle compatibilità finanziarie e i processi di valutazio-ne. Non mancano gli esempi di Regioni che affrontano apertamente e diffusamen-te questi temi (per esempio, i piani delle due province autonome), ma la maggiorparte delle Regioni decide di non affrontare sistematicamente nel piano sanitarioil tema del raccordo tra i piani d’azione, gli investimenti e le politiche economi-co-finanziarie, come sono ancora una minoranza i documenti che identificanoapertamente un sistema di indicatori di verifica di attuazione del piano e cheriportano una valutazione a consuntivo dei cicli di programmazione precedenti.
1735 • I piani sanitari delle Regioni italiane
-
Nel complesso è difficile tipizzare i piani sanitari tramite indici sintetici: nonemergono modelli di piano, né si riescono a rintracciare chiare associazioni tra lastruttura dei piani, le aree geografiche o l’orientamento politico delle coalizioni algoverno. Il tema dell’aziendalizzazione compare nell’indice sintetico solo nelpiano dell’Emilia Romagna; ciò nondimeno, nella maggioranza degli indici com-pleti il termine azienda compare e appare evidente l’assimilazione di concetti eparadigmi aziendali.
5.4 Le finalità dei piani sanitari
Per ogni piano è stata attribuita la presenza delle seguenti finalità: orientamentostrategico, orientamento politico, programmazione e riorganizzazione (Tab. 5.3).Per una sola Regione nessuna delle quattro finalità appare presente. Per tutte lealtre, tranne l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia, il piano si presenta comeun documento di programmazione con chiari richiami ai modelli di pianificazionerazionale e sinottica (Meneguzzo, 1984; Borgonovi e Meneguzzo, 1985; Borgo-novi; Borgonovi 2002).
Anche se con accenti diversi vengono proposti schemi razionali che conten-gono l’analisi dei bisogni e della domanda, l’identificazione degli obiettivigenerali e specifici, la definizione dei piani d’azione e delle misure con cui con-trollarli e valutarli. I piani di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia si confi-gurano invece come documenti di orientamento strategico: centrati su un nume-ro limitato di temi, orientati a dare al sistema alcuni (non troppi) messaggi diriorientamento e relativamente sintetici.
In cinque documenti regionali si è ravvisata la presenza di un piano organiz-zativo e di ridefinizione dell’assetto istituzionale. In questo caso il piano sanita-rio anticipa o segue specifici interventi di intervento sulla struttura del grupporegionale e sul ruolo degli istituti territoriali (per esempio, i comuni in Toscana)e del settore privato (per esempio, le Fondazioni Ospedaliere in Lombardia).
Sei Regioni presentano un piano che si presenta anche come un documento diorientamento politico. Sono questi i documenti in cui è maggiormente marcatoil riferimento ai principi e ai valori, in cui il linguaggio e il «tono» sono più coe-renti con la comunicazione politica e in cui traspare una visione di sistema sani-tario per il futuro.
I due documenti che meglio semplificano questa finalità sono quelli dellaRegione Lombardia e della Regione Toscana; sebbene con riferimenti diversi,entrambi propongono e promuovono un modello a tendere «parlando» allecomunità di riferimento.
In termini generali si può constatare come spesso i piani presentino più di unafinalità principale, configurandosi come documenti molto complessi. Le Regionicercano spesso di far convivere comunicazione politica, governo strategico e pro-grammazione, sovraccaricando i piani di finalità e di esigenze comunicative.
174 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
-
5.5 Il tema della valutazione delle aziende
La Tab. 5.4 riporta i risultati relativi all’analisi dei piani rispetto allo specificotema della valutazione delle aziende. In tutti i 19 documenti il tema è affrontatoapertamente, anche se il grado di attenzione dedicata risulta variabile. AlcuneRegioni, principalmente del Sud, dedicano soltanto qualche frase e non sembranoconsiderare il tema della valutazione come particolarmente importante. Più decisisono invece i richiami di alcune Regioni del Centro-Nord (Lombardia, Emilia Ro-magna, Lazio, Marche, Toscana). In ogni caso, in nessuno dei documenti il temadella valutazione sembra assumere un ruolo fondamentale; i piani si presentanopiù che altro come strumenti per orientare l’azione, piuttosto che per identificarestrumenti e modalità di controllo.
1755 • I piani sanitari delle Regioni italiane
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Tabella 5.3 Finalità dei piani sanitari
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176 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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1775 • I piani sanitari delle Regioni italiane
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178 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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1795 • I piani sanitari delle Regioni italiane
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180 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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I Rapporti OASI fanno proprio un modello interpretativo del sistema sanitariopubblico regionale fondato sul concetto di «gruppo di aziende», con la Regione chesvolge una funzione di guida. Si è ritenuto pertanto rilevante indagare quale oggettodi valutazione ricevesse maggiore attenzione: le singole aziende o il sistema nel suocomplesso. In tutti i piani traspare un certo grado di attenzione per entrambi i livelli.Cambia tuttavia l’accento: circa la metà dei piani enfatizza il tema della valutazionedelle aziende, lasciando quello della valutazione del sistema nel suo complesso sul-lo sfondo. In altri piani il grado di attenzione prestato ai due livelli appare sostan-zialmente sovrapponibile. Solo nei documenti di Emilia Romagna e Veneto l’accen-to sembra essere sulla valutazione della performance di sistema, rivelando la con-vinzione da parte di queste Regioni che la performance di sistema non possa esserela semplice sommatoria delle performance delle aziende.
Un tema strettamente collegato alla valutazione è quello dei sistemi informati-vi. Senza adeguati sistemi per raccogliere e distribuire informazioni, i processivalutativi si rivelano difficili da attuare e poco credibili. In tutti i documenti è pre-sente un deciso richiamo al potenziamento dei sistemi informativi, anche se nonmancano differenze importanti. In generale, il riferimento da parte dei piani delleRegioni del Sud appare più deciso.
I processi di valutazione richiedono, tra l’altro, attività di sintesi in cui dati einformazioni vengono aggregati in indicatori e misure sintetiche di performance.Si tratta, forse, dell’aspetto più critico del lavoro di valutazione perché legato aprocessi interpretativi con ampi gradi di discrezionalità. Si è pertanto cercato dicogliere se il tema degli indicatori di sintesi sia presente nei piani e a che tipologiadi indicatori si faccia riferimento. Nella maggior parte dei piani il riferimento agliindicatori di sintesi per misurare la performance delle aziende e del sistema èsignificativo (medio o forte). Fanno eccezione i documenti di Veneto, Campania ePuglia. Nella maggior parte dei piani il riferimento è a indicatori sia di processoche di risultato, anche se non mancano le Regioni che propendono per uno o perl’altro tipo di indicatori. A questo proposito è utile ricordare che gli indicatori dirisultato (per esempio, riduzione della mortalità per una patologia) sono sicura-mente più significativi rispetto alle finalità istituzionali, ma riflettono fattori chepossono non essere sotto il controllo delle aziende e che quindi possono falsare ilrapporto causa-effetto. La costruzione di validi indicatori di risultato richiede unsofisticato lavoro per controllare gli effetti di confondimento. D’altra parte, gliindicatori di processo hanno un rapporto più indiretto con gli obiettivi di tuteladella salute, ma riflettono maggiormente le azioni aziendali (il grado di adesione aun protocollo è una variabile controllabile dall’azienda e dai suoi operatori, anchese potrebbe essere scarsamente correlata a un criterio di risultato).
Se, in generale, si può affermare che le Regioni rivelano nei piani sanitari unacerta sensibilità al tema della misurazione come parte fondamentale dei processidi valutazione, sono invece molto deboli i riferimenti alla costruzione di indicato-ri complessivi che aggreghino indicatori specifici e che permettano di formularemisure sintetiche di performance. La tendenza a costruire scale di sintesi in grado
1815 • I piani sanitari delle Regioni italiane
-
di esprimere giudizi complessivi su fenomeni anche estremamente complessi,tendenza che si sta affermando in diversi ambiti delle politiche pubbliche, non tro-va un riscontro nei piani sanitari regionali.
Sul tema della valutazione lo scarto tra intenzioni e fatti è generalmente rilevante.Spesso, ai richiami dell’importanza della valutazione in documenti di varia naturanon corrispondono iniziative concrete per diverse ragioni (operative, di gestionedella comunicazione, di raccordo con altri sistemi operativi). Ovviamente, non èl’analisi dei piani che permette di verificare concretamente l’entità di questo scartotra «teoria» e «pratica». Tuttavia, può essere utile verificare se i piani dedichino spa-zio alle problematiche attuative, facendo riferimento ai processi, agli strumenti eagli attori della valutazione. Affrontare le problematiche operative necessarie persviluppare l’attività di valutazione può essere considerato un elemento che ne favo-risce la realizzazione e che rivela una tensione concreta da parte della Regione.Anche su questo aspetto la griglia presenta uno scenario eterogeneo, con la maggio-ranza dei piani che affrontano il tema del processo di valutazione in modo marginalee altri che danno spazio all’identificazione degli attori coinvolti, alle dinamiche delprocesso, agli strumenti utilizzati e alle conseguenze dell’attività di valutazione.Alcune Regioni (principalmente Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria,Abruzzo, Bolzano e Valle d’Aosta) dedicano ampio spazio nei piani alla definizionedegli strumenti con cui rendere operativo il sistema di valutazione. Per altre Regio-ni, invece, i riferimenti sembrano più che altro rituali.
L’elemento successivo della griglia riguarda i criteri di valutazione. In questocaso la situazione appare molto più omogenea, principalmente perché praticamentetutte le Regioni si mostrano particolarmente generose nel promuovere un’ampiagamma di criteri di valutazione: sugli esiti in termini di salute, sull’appropriatezza,sui livelli di attività, sull’equilibrio economico-finanziaro, sull’accessibilità dei ser-vizi, sulle liste di attesa e su aspetti più strettamente gestionali. In questa abbondan-za di criteri proposti è difficile trovare delle regolarità. L’impressione è che si vogliaincludere tutto e che i piani non forniscano indicazioni rilevanti sui principali criteriche le Regioni intendono utilizzare per valutare le aziende.
L’ultimo elemento della griglia riguarda i riferimenti alla valutazione dei Diret-tori Generali. In alcuni piani il tema non viene neanche menzionato (Basilicata,Calabria, Puglia, Provincia autonoma di Trento e Veneto); in altri sono presentisolo alcuni riferimenti sintetici, mentre in altri ancora i riferimenti sono frequentie, a volte, specifici, come nel caso della Liguria che esplicita nel piano l’impor-tanza degli obiettivi di riorganizzazione delle rete ospedaliera come componenterilevante per la valutazione dei DG.
5.6 Alcune riflessioni sul metodo
Il presente contributo nasce dalla convinzione che i piani sanitari regionali sianoun elemento importante per capire le politiche regionali e che sia utile un richia-
182 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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mo di attenzione ai temi della pianificazione di sistema. I piani sanitari, per i pro-cessi che portano alla loro emanazione e per la loro valenza in termini di comuni-cazione interna ed esterna, sono un importante elemento per comprendere gliorientamenti delle regioni, soprattutto in una fase storica come questa dove cre-scono alcuni spazi di autonomia regionale e, aspetto forse più importante, cresco-no anche le attese che questi spazi siano pienamente sfruttati.
Non si vuole qui affermare che i piani sanitari siano la rappresentazione dellepolitiche sanitarie e tanto meno che siano lo strumento principale di programma-zione sanitaria. Una prima impressione che abbiamo tratto dall’analisi dei docu-menti è che la stessa idea di piano sanitario sia concepita con finalità diverse dalleRegioni. Ciò nonostante, occorre riconoscere che i piani sono spesso un punto diriferimento importante per il lavoro delle Regioni e delle aziende e sono forse ildocumento di sintesi sul sistema sanitario regionale che maggiormente circola tragli operatori e a livello politico. Riteniamo pertanto utile considerare i piani sani-tari un importante materiale di ricerca.
Il lavoro di ricerca su documenti scritti può essere svolto con diversi strumentipiù o meno strutturati. In un altro contributo di OASI (Fattore e Longo 2002) erastato proposto uno schema d’analisi con cui comparare sinteticamente la strutturae i contenuti principali dei piani sanitari di tre Regioni sicuramente significativenel panorama italiano: Emilia Romagna, Lombardia, Toscana. L’analisi era stataeffettuata con l’ausilio di una griglia, ma comunque seguiva un metodo pocostrutturato. Ciò aveva permesso di tipizzare i tre piani e, in particolare, di sottoli-neare come esistesse un’importante differenza tra il modello di sistema sanitariopresentato nel piano lombardo e i modelli presenti nei piani emiliano e toscano. Inquesto progetto abbiamo cercato di iniziare un percorso di ricerca diverso, carat-terizzato da due elementi principali: l’utilizzo di un metodo maggiormente strut-turato e la volontà di lavorare su tutte le Regioni italiane.
In primo luogo si è deciso di costruire delle griglie di analisi più rigide, cheriducessero gli spazi di libertà nel lavoro di estrazione dei dati e di loro classifica-zione. Per far ciò si è scelto di far riferimento agli elementi maggiormente oggetti-vabili dei piani (periodo di riferimento, lunghezza, linguaggio presente nei titoli),di tipizzare e classificare quattro possibili finalità dei documenti e di scegliere untema specifico da enucleare e approfondire. Il tema prescelto è stato quello dellavalutazione delle aziende; si tratta di un tema complesso, su cui era prevedibileriscontare rilevanti differenze tra i piani.
In secondo luogo si è deciso di lavorare su tutte le Regioni, identificando perognuna il più recente piano emanato negli ultimi 10 anni. Ciò ha permesso di identi-ficare 20 documenti e di lavorare su più di 3000 pagine. Proprio anche la mole delmateriale raccolto ci ha indotto ad adottare una approccio strutturato e controllabile.In sostanza, abbiamo cercato di classificare i piani secondo un metodo esplicito,sistematico e il più possibile ripetibile, limitando gli spazi per interpretazioni libere.Anche per la classificazione dei piani secondo le loro finalità abbiamo cercato diutilizzare una serie di criteri espliciti, come esposto nel par. 5.2.
1835 • I piani sanitari delle Regioni italiane
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In conclusione, riteniamo di potere affermare che questo lavoro di classifica-zione sia utile per due ragioni principali. Primo, mette a disposizione materialeintermedio di ricerca, utile ad altri ricercatori per formulare ipotesi e per portareavanti lavori con un taglio maggiormente interpretativo, sfruttando materiale giàsistematizzato. Secondo, il lavoro di classificazione e analisi ci ha effettivamentepermesso di conoscere meglio i piani sanitari e di generare alcune riflessioni sulleloro caratteristiche.
Un tema metodologico particolarmente critico di questo progetto di ricercariguarda l’oggetto dell’analisi. Da un lato, i piani sono documenti rilevanti e auto-sufficienti e possono quindi essere considerati un elemento significativo dellapolitica sanitaria regionale, dall’altro nel lavoro concreto è apertamente emersocome altri documenti regionali (circolari, delibere ecc.) affrontino e specifichinomeglio i contenuti presenti nel piano. Soprattutto nell’utilizzo della griglia sullavalutazione delle aziende è emerso come i contenuti dei piani rappresentino soloin minima parte le politiche regionali su questo tema. Ciò nondimeno, rimaniamoconvinti che la rilevanza dei piani li rende un oggetto di studio importante e utileper comprendere l’evoluzione dei sistemi sanitari regionali.
5.7 Alcune riflessioni sui piani sanitari
Come premesso nel paragrafo precedente il lavoro di attenta classificazione con-dotto ha messo in luce alcuni elementi dei piani sanitari regionali che suggerisco-no alcune riflessioni e alcune ipotesi da sottoporre a verifica.
Attualmente le Regioni utilizzano questo strumento di programmazione mol-to di più di quanto accadesse in passato, quando era luogo comune sostenereche la funzione di governo del sistema fosse strettamente collegata alla produ-zione di «piani». Soltanto una Regione (di piccole dimensioni) non ha prodottoun piano negli ultimi 10 anni e 15 Regioni o province autonome hanno emanatoun piano negli ultimi cinque anni. Pertanto, in un contesto di decentramentodelle politiche sanitarie pubbliche, le Regioni sentono generalmente la necessi-tà di impegnarsi per la produzione di un documento che sintetizzi alcune infor-mazioni e alcuni messaggi.
I piani presentano quasi sempre molteplici finalità fondamentali. Per alcuneRegioni abbiamo addirittura riscontrato che finalità di orientamento strategico delgruppo pubblico, di presentazione dell’orientamento politico e di programmazio-ne operativa coesistono nello stesso documento. Ci si può pertanto chiedere sedietro l’etichetta «piano sanitario» non si celi ormai uni insieme molto eterogeneodi strumenti per il governo del sistema sanitario.
Le Regioni individuano il piano come una leva di governo importante, flessibi-le e versatile. Come appena sottolineato, sotto l’etichetta «piano sanitario» posso-no celarsi documenti con finalità profondamente diverse. Ciò è in parte conferma-to anche dalla diversa lunghezza dei documenti; alcuni sono decisamente sintetici
184 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2005
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(qualche decina di pagine) e hanno una struttura essenziale, mentre altri si presen-tano come documenti pesanti, ricchi di informazioni e con strutture molto artico-late. Se da un lato alcuni piani sembrano allontanarsi dal template programmato-rio più tradizionale, per altri sembra porsi il rischio di sovraccarico: troppe finalitàe troppi destinatari per un solo documento.
Alcune Regioni hanno scelto di dotare il piano sanitario di un titolo, presumi-bilmente per identificare alcuni messaggi «chiave» e valorizzarli in termini dicomunicazione (Tab. 5.2). I termini più frequenti fanno riferimento ai principi disolidarietà e tutela della salute, in linea con l’impostazione tradizionale del nostrosistema sanitario. Non mancano tuttavia titoli che scelgono di spostare l’enfasi sualtri aspetti, quali l’innovazione e la sostenibilità. Anche nei titoli dei piani sanita-ri sembra pertanto rivelarsi una tensione che appare come il tema ricorrente dellepolitiche sanitarie in Europa: da un lato la difesa di un modello fortemente solida-ristico di sistema sanitario, dall’altro la ricerca di soluzioni innovative che per-mettano di coniugare i principi di solidarietà con maggiori aspettative di autono-mia, personalizzazione, responsabilizzazione e dinamismo economico-sociale1.
In termini più generali, emerge la persistenza di un modello tendenzialmente«tradizionale» di piano sanitario, coerente con un’idea di razionalizzazione pro-spettica e onnicomprensiva della politica sanitaria: il piano come documento che,in base a una sequenza di passaggi logici, definisce le linee d’azione nel medioperiodo per i principali soggetti del sistema. È questo il modello dominante so-prattutto per le Regioni del Centro-Sud. Sono invece le Regioni con una maggioretradizione di programmazione quelle che presentano più segni di insoddisfazioneper il modello tradizionale di piano sanitario. Il Veneto, una Regione con forte tra-dizione di pianificazione regionale, non emana un piano dal 1996; l’Emilia Ro-magna ha anch’essa un piano relativamente datato, molto snello e sembra privile-giare altri strumenti di programmazione; anche il Friuli Venezia Giulia, piccolaRegione spesso all’avanguardia nell’adozione di innovativi strumenti di program-mazione regionale, è senza piano da un triennio. La nostra valutazione a propositoè che le Regioni che più investono in sistemi di programmazione sanitaria regio-nale e che hanno maturato più esperienza siano alla ricerca di un nuovo significatoper il piano sanitario o addirittura lo considerino un documento ormai poco utilenella sua accezione più tradizionale.
Nella terza griglia abbiamo indagato un tema decisamente più specifico: lavalutazione delle aziende. Come ricordato sopra, il limite principale di questaparte del lavoro deriva dal fatto che in molte Regioni altri documenti specifica-no meglio le politiche regionali su questo tema e che, pertanto, i riferimenticontenuti nei piani vanno principalmente interpretati come indirizzi generali. Iltema della valutazione delle aziende è presente in tutti i piani, anche se con
1855 • I piani sanitari delle Regioni italiane
1 Per una panoramica aggiornata delle politiche sanitarie dei principali paesi dell’Unione Euro-pea si veda il recente numero speciale del Journal of Health Policy, Politics and Law del 2005 e inparticolare il saggio di introduttivo di Oliver e Mossialos (2005).
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accenti ed enfasi diverse. Nella maggior parte dei casi le Regioni non prestanoparticolare attenzione al tema, sottolineano l’azienda come oggetto della valu-tazione mettendo in secondo piano il livello di sistema, insistono con decisionesulla necessità di potenziare i sistemi informativi e, generalmente, non dedica-no spazio al problema di come concretizzare i sistemi di valutazione. Si puòaffermare che in queste Regioni il tema della valutazione è sentito, ma non haancora assunto un elevato livello di priorità nelle politiche regionali. In altreRegioni, principalmente del Centro-Nord, le indicazioni dei piani sembranoriflettere maggiormente una situazione in cui si sta effettivamente lavorando perla costruzione di sistemi evoluti di valutazione delle aziende e, al tempo stesso,si stanno incontrando una serie di temi particolarmente critici. Se ne consideri-no due: il rapporto tra valutazione delle aziende e valutazione del sistema regio-nale e il tema dei sistemi informativi.
L’affermazione del modello aziendale ha portato l’attenzione sull’importanzadi considerare l’azienda nella sua unitarietà come luogo di espressione di autono-mia nell’utilizzo dei mezzi per il raggiungimento delle finalità istituzionali. Diconseguenza, soprattutto in contesti in cui non si fa forte riferimento al mercatoper la valutazione della performance, risulta coerente sottolineare l’azienda comeoggetto della valutazione e, contestualmente, concepire la performance di gruppocome sommatoria delle performance delle aziende. Tuttavia questo approccio,proprio se gli spazi di autonomia vengono occupati e i meccanismi di ricompensaistituzionale a livello di azienda sono consistenti, può indurre rilevanti aberrazioniin cui al miglioramento della performance delle singole aziende non corrispondeil miglioramento della performance di sistema. Pertanto non stupisce che le Re-gioni che da più tempo lavorano sulla performance delle aziende richiamino conmaggiore decisione l’importanza di spostare l’enfasi sulla performance del siste-ma, sottolineando la rilevanza delle interdipendenze tra le aziende e l’importanzadi politiche di coordinamento.
Anche sui temi dei sistemi informativi è possibile cogliere un problema dimaturità delle politiche. L’impressione è che le Regioni con i sistemi informativimeno evoluti siano anche quelle che più insistono sulla necessità di svilupparliper potere realmente supportare l’attivazione di solidi sistemi di misurazione evalutazione. Senza dubbio il tema dell’adeguatezza dei sistemi informativi è rile-vante per dare solidità e credibilità alla valutazione delle aziende. Tuttavia, unaspetto altrettanto importante è anche quello dei modelli di interpretazione deidati. La complessità dei fenomeni oggetto delle misurazioni e valutazioni è taleche, senza adeguate capacità di interpretazione, i sistemi informativi finiscono peressere ridondanti e inefficaci. In questo senso, l’impressione è anche che alcuneRegioni siano ormai realmente consapevoli che il problema principale per costrui-re adeguate misure di performance risieda nel modello di interpretazione deifenomeni, piuttosto che nel potenziamento dei siste