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CAPITOLO 3
La procedura e l’iter del contenzioso tributario.
A cura di Matteo Manfriani e Federico Pianigiani
3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina………….... pag. 49
3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva
notificazione dell’atto originante il contenzioso
tributario………………………………………………..
pag.
49
3.1.2. Calcolo termine per la proposizione del ricorso………. pag. 51
3.1.3. Redazione ricorso – procura alla lite – istanza di
pubblica udienza - istanza sospensione giudiziale……
pag.
52
3.1.4. Proposizione del ricorso: notifica all’organo che ha
emanato l’atto impugnato……………………………...
pag.
59
3.1.5. Proposizione del ricorso: costituzione in giudizio pag. 60
3.1.6 Una volta ricevuto l’avviso di trattazione, consultare il
fascicolo di causa……………………………………....
pag.
61
3.1.7. Discussione in pubblica udienza e successiva
comunicazione del dispositivo da parte della segreteria
pag.
63
3.2. Il procedimento davanti la CTR Toscana…………….. pag. 64
3.2.1 Il sistema delle impugnazioni…………………………. pag. 64
3.2.2. Procedimento a seguito di sentenza della CTP
interamente favorevole al contribuente ed appellata
dall’Ufficio……………………………………………..
pag.
66
3.2.3. Procedimento a seguito di sentenza della CTP contraria
al contribuente ed appellata dal medesimo…………….
pag.
70
3.2.4. Procedimento a seguito di sentenza della CTP
parzialmente favorevole al contribuente ed appellata
dall’Ufficio……………………………………………..
pag.
75
3.2.5. Decisione della CTR Toscana ed eventuale ricorso in
Cassazione (brevi cenni)……………………………….
pag.
77
3.1. Il procedimento davanti la CTP Fiorentina.
3.1.1. Preventiva verifica della corretta e tempestiva notificazione
dell’atto originante il contenzioso tributario. Dopo la propedeutica verifica sull’impugnabilità dell’atto (vedasi art. 19
D.Lgs. 546/1992 – d’ora in avanti il Decreto - per l’esatta individuazione
degli atti impugnabili) occorre riscontrare la corretta e tempestiva
notificazione dell’atto originante il contenzioso tributario.
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Dal momento che l’esatto adempimento da parte del contribuente di ogni
imposta, tassa, contributo o altro gravame può esser contestato dall’organo
accertatore entro un determinato lasso di tempo (per verifica dei termini di
accertamento delle principali imposte e tasse si rimanda alla tabella 3 Sez. I
in allegato), occorre controllare immediatamente la tempestiva
notificazione, da parte dell’organo accertatore dell’atto originante il
contenzioso.
La Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 3/2010, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. nella parte in cui, come da
interpretazione del diritto vivente espresso dalla giurisprudenza di
Cassazione (SS.UU. sentenza 13 gennaio 2005, n. 458) stabilisce che gli
effetti della notifica decorrono, nei confronti del notificatario, dalla data di
spedizione della raccomandata anziché dalla data in cui questi ha ricevuto il
plico o, comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
Al contrario, a seguito di tale pronuncia, è ora presente nel nostro
ordinamento processuale, il principio in base al quale il momento in cui la
notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi
da quello in cui la stessa è ritenuta perfezionata per il notificatario , ossia il
principio di “scissione del momento di perfezionamento della notifica”: il
perfezionamento dell’atto segue strade separate per chi lo emette e per chi lo
riceve. Con riguardo alla materia tributaria qualora la notifica dell’atto
avvenga tramite le modalità previste dall’art. 140 c.p.c., il termine a quo per
la proposizione del ricorso non coincide più con la data di spedizione della
raccomandata bensì con quello della ricezione della stessa, o, comunque,
decorsi dieci giorni dal momento della relativa spedizione.
La recente Giurisprudenza (Cassazione sentenza 16 marzo 2011, n. 6102),
contrariamente ad un suo precedente orientamento (Cassazione sentenza 21
agosto 2001, n. 11105) e penalizzando oltremisura i contribuenti non
reperibili di fronte al fisco, ha sancito che per i contribuenti “irreperibili
assoluti” non è necessaria la raccomandata con avviso di ricevimento, come
disposto dall’art. 140 c.p.c..
La c.d. “irreperibilità assoluta” riguarda il caso in cui il messo non reperisca
il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti
trasferito in luogo sconosciuto, da cui discende il venir meno della necessità
della raccomandata.
Ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973 la notifica degli atti fiscali è valida
con l’affissione dell’avviso di deposito dell’atto nell’albo comunale e si ha
per eseguita l’ottavo giorno successivo, nonostante tale norma preveda che
per le notifiche degli atti tributari devono esser osservate le disposizioni ex
art. 137 e segg. c.p.c. (in effetti l’art. 140 c.p.c. prevede che in caso di
assenza del destinatario, rifiuto, assenza o inidoneità delle persone abilitate
a ricevere la copia dell’atto l’ufficiale giudiziario deve provvedere a:
depositare la copia dell’atto nella casa comunale, ad affiggere l’avviso del
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deposito alla porta dell’abitazione o ufficio o dell’azienda del destinatario,
dare notizia al destinatario tramite raccomandata a.r.).
Al contrario la “irreperibilità relativa”, disciplinata dall’art. 140 c.p.c. ed
applicabile per la notifica degli accertamenti (stante il rinvio dell’art. 60
D.P.R. 600/1973) riguarda invece i casi in cui non sia possibile eseguire la
notifica per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla
ricezione del provvedimento: in questo caso l’agente notificatore ai sensi
dell’art. 140 c.p.c., deposita la copia dell’atto da notificare alla casa del
Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in
busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione/ufficio/azienda del
destinatario e gliene da notizia tramite r.a.r..
3.1.2. Calcolo termine per la proposizione del ricorso.
Il ricorso deve esser proposto entro e non oltre 60 giorni dalla data di
notificazione dell’atto impugnato. Come si evince dall’art. 21 del Decreto
tale termine è perentorio, per cui la sua inosservanza (che è rilevabile anche
d’ufficio in ogni grado di giudizio) comporta l’inammissibilità del ricorso.
Tale tassatività non viene meno neanche per effetto di “atipici differimenti”
(tra l’altro in spregio dello Statuto del Contribuente) ad opera di circolari o
comunicazioni ministeriali: l’Amministrazione Finanziaria ad esempio può
sospendere o limitare la sua azione ma non può in alcun modo incidere sul
termine prescritto dalla normativa in oggetto (vedasi ad esempio CTP
Alessandria sentenza 10 marzo 1999 n. 165).
Per il computo dei termini vanno rispettate le norme contenute nell’art. 2963
c.c. e dall’art. 155 c.p.c. .
Nel calcolo dei giorni utili alla proposizione del ricorso si esclude il dies a
quo, ossia il giorno iniziale in cui ad esempio si è ricevuto l’atto notificato,
mentre si conteggia il dies a quem , ovvero il giorno finale.
Se il giorno finale del termine è festivo, la scadenza è prorogata al primo
giorno successivo non festivo (si precisa che il sabato, a seguito della
modifica dell’art. 155 c.p.c. è parificato a tutti gli effetti ad un giorno
festivo).
Anche al processo tributario è applicabile il cosiddetto periodo feriale (pari
a 46 giorni intercorrenti dal primo agosto al 15 settembre di ogni anno) per
cui in tale lasso di tempo i termini risultano sospesi.
Si precisa che, a norma del secondo comma dell’art. 21 del Decreto, il
ricorso avverso il silenzio rifiuto tacito della restituzione ex art. 19 c.1. lett.
g) del Decreto può esser proposto decorsi 90 giorni dalla domanda stessa di
restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e
sino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.
Per l’esatto termine per la proposizione del ricorso si rimanda alla Tabella 4
Sezione I, in allegato.
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3.1.3. Redazione ricorso – procura alla lite – istanza di pubblica udienza
e istanza sospensione giudiziale. E’ sempre il contribuente che si rivolge al giudice tributario, dato che
l’Amministrazione, in base alla origine amministrativistica della tassazione,
va ad incidere di propria iniziativa, con atti unilaterali (spesso addirittura
senza alcun contraddittorio), nella sua sfera privata.
Il ricorso del contribuente alla Commissione tributaria provinciale
costituisce l’atto introduttivo, centrale e basilare di tutto il processo
tributario ed ha la funzione, tramite il cosiddetto “principio della domanda”,
di chiamare in giudizio l’Ente che ha emesso l’atto impugnato (vocatio in
ius) e di domanda di tutela giurisdizionale rivolta al giudice (edictio
actionis).
Data la natura “documentale” e “cartolare” del processo tributario, il ricorso
introduttivo è l’atto di maggior rilevanza, in quanto, giusto il disposto
dell’art. 57 (che vieta la proposizione di domande nuove nel giudizio di
appello) e del successivo art. 58 (che vieta ai giudici di secondo grado di
disporre nuove prove, salvo casi particolari che saranno esaminati nei
prossimi paragrafi), il ricorrente deve indicare i motivi e le prove di fatto e
di diritto a sostegno della sua tesi.
Per valutare il fondamento probatorio delle pretese della controparte,
occorre infatti risolvere “questioni di fatto”, ossia stabilire in che modo si
sono svolti eventi del passato, e “questioni di diritto” che attengono
all’applicazione di disposizioni normative (cristallizzate nella c.d.
“gerarchia delle fonti”) su tali avvenimenti passati.
Nel giudizio di fatto vengono interpretati elementi conoscitivi inerenti ad
eventi passati (quali a mero titolo esemplificativo documenti, reperti fisici,
materiale fotografico, dichiarazioni scritte di terzi).
Nel giudizio di diritto vengono interpretati testi normativi inerenti alla
materia del contendere.
Questo aspetto interpretativo, tipico dei giudizi di fatto, dà risalto al
probabilismo (nei casi in cui la ricostruzione appare molto probabile si usa
infatti l’espressione “al di sopra di ogni ragionevole dubbio”).
Il giudizio di fatto deve in sostanza individuare il più probabile andamento
dei fatti passati, in base a considerazioni empiriche di esperienza comune (id
quod plerumque accidit) e dunque il ricorso deve tendere a convincere il
giudice che la ricostruzione degli eventi passati è “fortemente probabile”.
Il giudizio di fatto è poi doverosamente verificabile attraverso la
motivazione, che ovviamente può esser sindacata attraverso un appello ai
giudici di secondo grado (vedasi paragrafo 3.2.), nella quale viene illustrato
il percorso logico-argomentativo che ha portato ad una determinata
decisione.
Il “principio della domanda” è in stretta correlazione con la decisione del
giudice, poiché delimita il thema decidendum, determinando così il potere-
dovere del giudice di decidere: in base all’art. 112 c.p.c. il giudice deve
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pronunciare esclusivamente nei limiti della corrispondenza tra il chiesto ed
il pronunciato (di guisa, in base al “principio della corrispondenza tra
chiesto e il pronunciato” è fatto obbligo al giudice di pronunciare entro tale
limite).
Altro fondamentale principio del processo tributario, da tener presente nella
proposizione del ricorso introduttivo, è costituito dal “principio dispositivo e
inquisitorio” (art. 7 del Decreto) secondo il quale il Giudice deve decidere
sulla base di ciò che risulta dell’atto impugnato, dalle censure fatte valere
dal ricorrente e dalle controdeduzioni fatte valere dall’organo impositore.
Occorre dunque verificare attentamente l’allegazione dei fatti sui quali i
giudici devono pronunciarsi ed acquisire i mezzi di prova inerenti a quei
fatti: è il ricorrente che ha sia l’onere di allegazione dei fatti che quello di
indicare le relative prove.
Ma accanto a tali “oneri della prova”, il giudice tributario può acquisire
informazioni utili per pronunciarsi attraverso numerosi mezzi istruttori a sua
disposizione (anche se attenuati con la formulazione dell’art. 7 comma 4 che
vieta, in sede di processo tributario, il giuramento e la prova per testimoni).
Per non ledere il principio costituzionale di cui all’art. 111 comma 2 Cost. –
“parità delle parti nel processo” - il ricorrente può però produrre in
giudizio dichiarazioni scritte di terzi (aventi carattere testimoniale), che
possono costituire utili indizi che dovranno poi esser liberamente apprezzati
e valutati dal giudice (Cassazione sentenza del 10 ottobre 2002, n. 5957;
Cassazione sentenza del 22 dicembre 1999, n. 14427 in base alle quali pur
dovendo esser liberamente valutate dal giudice possono costituire prove
sufficienti dei fatti posti dall’Ufficio alla base delle proprie pretese;
Cassazione sentenza del 15 novembre 2000, n. 14774 in base alla quale tali
dichiarazioni integrano semplici elementi indiziari).
Nella redazione del ricorso introduttivo inoltre è opportuno tener presente le
recenti novità legislative (vedesi capitolo 2 su art. 2 e 3 D.L. 40/2010 cd.
“Decreto Incentivi”) in tema di “disponibilità delle prove”: la novella
introdotta nell’art. 115 c.p.c. rappresenta il punto cruciale della difesa
tributaria e, recependo il recente e consolidato orientamento
giurisprudenziale, viene statuito che i fatti allegati da una parte devono esser
considerati “pacifici” se la controparte li abbia esplicitamente ammessi o
abbia assunto una posizione difensiva incompatibile con la loro negazione
(Cassazione sentenza del 14 marzo 2006 n. 5488). Risulta dunque
indispensabile una puntuale contestazione, sin dal ricorso introduttivo, delle
eccezioni di controparte, evitando qualsiasi forma generica.
Il ricorso deve esser redatto nel modo più chiaro possibile in modo da
facilitare l’evidenziazione e la bontà delle proprie ragioni, tenendo presente
il “principio del libero convincimento del giudice” (art. 116 c.p.c.): a
prescindere infatti dai casi di prova legale (atto pubblico, confessione del
ricorrente) le prove e tutti gli elementi processuali sono valutati liberamente
dal giudice “secondo il suo prudente apprezzamento”.
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Il giudice, secondo logica e buon senso, può scegliere tra i vari elementi
probatori a sua disposizione, in quanto non esiste una precostituita gerarchia
dei mezzi di prova (Cassazione sentenza del 20 giugno 1994 n. 5925): tra
più elementi potrà valutare quello/quelli più attendibili e porli alla base della
decisione (si specifica che secondo la Cassazione sentenza del 18 maggio
1994 n. 4833, il giudice possa radicare il suo convincimento anche su di una
sola presunzione).
Gli elementi essenziali del ricorso (vedasi fac-simile n.1 e n.2 nella Sezione
II atti del contenzioso tributario, in allegato al presente lavoro), individuati
dall’art. 18 del Decreto, sono costituiti dall’indicazione:
a) della Commissione tributaria provinciale a cui è diretto (ossia quella
territorialmente competente, quella nel cui ambito ha sede l’organo
impositore che ha emanato l’atto generante il contenzioso);
b) del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o
sede legale o domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato,
nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata;
c) dell’ufficio del Ministero delle Finanze o ente locale o concessionario del
servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto (la
controparte resistente). Si specifica che nella provincia di Firenze dal 8
febbraio 2010 è attiva la Direzione Provinciale di Firenze, che si articola
in un Ufficio Controlli ed in quattro Uffici Territoriali. Per quanto attiene
al Contenzioso i ricorsi proposti dal 8 febbraio 2010 devono indicare
come controparte l'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di
Firenze - Ufficio Controlli – Area Legale - Via Santa Caterina d’Alessandria n. 23 - 50129 Firenze;
d) dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda (petitum);
e) dei motivi (causa petendi);
f) della sottoscrizione da parte del ricorrente e/o del professionista all’uopo
delegato mediante mandato.
Ai sensi del novellato comma 4 dell’art. 18 del Decreto il ricorso è
inammissibile se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di
cui alle lettere sopraindicate, ad eccezione di quella relativa al codice fiscale
e all’indirizzo di posta elettronica certificata.
Si precisa che a norma dell’art. 13, comma 3-bis, del D.P.R. 30 maggio
2002 n.115 (d’ora in avanti T.U.S.G. – acronimo di testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia),
come modificato dalla lettera q) dell’art. 37, comma 6, decreto legge n.
98/2011 e dall’art. 2, comma 35-bis, lett. B), del decreto legge n. 138/2011,
convertito dalla legge n. 148/2011, in caso di omessa indicazione del
proprio indirizzo di posta elettronica certificata e del codice fiscale, il
contributo unificato (vedi infra) è aumentato della metà.
Inoltre, ai sensi dell’art.14, comma 3 bis del T.U.S.G. il valore della lite, a
partire dal 17 settembre 2011 - a seguito dell’entrata in vigore della legge di
conversione del D.L. n. 138 del 13 agosto 2011 - deve risultare da apposita
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dichiarazione rilasciata dalla parte e apposta nelle conclusioni del ricorso
(vedasi atto del contenzioso n. 1 e n. 2, in allegato Sez.I).
In merito alle liti di valore non superiore a Euro 20.000,00 con riferimento
agli atti notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, l’art. 17-bis prescrive, a
pena di inammissibilità del ricorso, la presentazione di un apposito reclamo
da presentare alla Direzione Provinciale o alla Direzione Regionale che ha
emanato l’atto (per maggiori dettagli su reclamo e mediazione vedasi
capitolo 2).
Sin dal ricorso introduttivo, proprio tenendo conto del fondamentale
“principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”, è dunque
fondamentale specificare la causa petendi, ossia il fatto giuridico che
l’attore pone a fondamento della sua domanda, ed il petitum, che
sostanzialmente è ciò che viene richiesto al giudice, ovvero lo specifico
provvedimento richiesto, che in relazione alla prospettazione della causa
petendi fatta valere nel ricorso, sia idoneo a dare una risposta di giustizia
adeguata a fornire una concreta soddisfazione del diritto che viene ritenuto
leso.
Per quanto attiene i requisiti formali del ricorso, a decorrere dal 7 luglio
2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del D.L. 6
luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del T.U.S.G.,
l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche da bollo
da Euro 14,62 ogni 4 facciate) è stata sostituita dal contributo unificato, il
cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un minimo di Euro
30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella al capitolo 2 paragrafo
2.2.1.).
L’attuale art. 18, comma 1, quarto periodo del T.U.S.G. stabilisce infatti che
gli atti e provvedimenti del processo tributario sono “… tutti gli atti
processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali al
procedimento giurisdizionale tributario”.
Per il pagamento del contributo unificato sono previste 3 distinte modalità:
a) versamento, anche telematico, tramite modello F23, codice tributo 941T
(codice tributo 750T solo a seguito dell’invito dell’ufficio di segreteria a
regolarizzare il tributo), codice ufficio per CTP Firenze: U65, codice
ufficio per CTR Firenze: Z01;
b) versamento agli uffici postali attraverso il conto corrente intestato alla
Tesoreria dello Stato competente per provincia;
c) versamento presso le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.
Le ricevute di pagamento del contributo unificato si allegano al ricorso che
si deposita presso la segreteria della Commissione Tributaria competente.
Per maggiori dettagli in merito all’introduzione del contributo unificato nel
processo tributario si veda Circolare Ministero Economia e Finanze n. 1/DF
del 21 settembre 2011.
Ai sensi dell’art. 12 del Decreto, per valore della lite, il cui importo deve
esser indicato nelle conclusioni del ricorso (pena pagamento del contributo
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unificato nella misura massima di Euro 1.500,00) si intende l’importo del
tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni; nel caso di atti
contenenti solo sanzioni, il valore della lite è data dalla sommatoria delle
stessa.
Il ricorso deve esser sottoscritto dal difensore del ricorrente, in base ad
apposita procura notarile o più semplicemente in calce o a margine come
detto precedentemente.
Solo nei due casi espressamente sanciti dai commi 5 e 6 dell’art. 12,
controversie minori (controversie di valore inferiore ad � 2.582,28) o
soggetto abilitato a difendere altri (soggetti individuabili dal comma 2
dell’art. 12 ovvero principalmente dottori commercialisti e ragionieri,
avvocati, periti commerciali, consulenti del lavoro purché non dipendenti
della Pubblica Amministrazione), il ricorso può esser direttamente
sottoscritto dal ricorrente (o dal suo legale rappresentante).
Si rammenta che la sottoscrizione del ricorso deve esser apposta sia
sull’originale del ricorso (da notificare all’organo impositore) che sulle
copie destinate alle altre parti, a pena di inammissibilità del contenuto
dell’atto (cd. “inesistenza giuridica” dell’atto non sottoscritto, vedasi
Cassazione sentenze numero 4999/2001; 4051/2001; 6111/1999).
Il redattore del ricorso deve verificare che lo stesso non presenti cause di
inammissibilità, ovvero:
a) mancanza o assoluta incertezza di un requisito essenziale ex art. 18 c.2
del Decreto (ad eccezione del codice fiscale e dell’indirizzo di posta
elettronica certificata);
b) mancanza della sottoscrizione del difensore abilitato, o quando possibile
del ricorrente (la Cassazione con la sentenza n. 21172 del 31 ottobre
2005 ha ritenuto comunque valido il ricorso con sottoscrizione del
difensore esclusivamente in sede di autentificazione della procura, in
calce o a margine dell’atto, perché in tal caso comunque si “assolve al
duplice scopo di certificare l’autografia del mandato e di sottoscrivere
l’atto”;
c) per le controversie di valore non superiore ad Euro 20.000,00 inerenti ad
atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012,
relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, presentazione di
preventivo reclamo (ex art. 17-bis) alla Direzione provinciale o alla
Direzione regionale che ha emanato l’atto.
Come ormai consolidato nella attuale giurisprudenza, il ricorso privo di un
requisito essenziale si considera “inesistente” ed il suo difetto è insanabile.
Se al contrario non risponde ai requisiti propri della normativa, ma
assolvendo la sua funzione è in grado di raggiungere lo scopo, l’atto
irregolare (“nullo”) mantiene rilievo in quanto il raggiungimento dello
scopo ha sanato il difetto.
A parere di chi scrive, inoltre, dal 1° ottobre 2011, attraverso il ricorso
introduttivo è opportuno richiedere con sempre maggior frequenza alla CTP,
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ove ne ricorrano i requisiti, la sospensione dell’esecuzione dell’atto
impugnato (ex art. 47), anche eventualmente proponendo la concessione di
idonea garanzia mediante cauzione, fideiussione bancaria o polizza
assicurativa (ex art. 47 comma 5), in modo da evitare i gravi danni
economici e finanziari che potrebbero derivare ad esempio da un ipoteca su
beni aziendali (si pensi ad esempio al credit crunch che potrebbe derivare da
un ipoteca legale su immobili strumentali del contribuente).
La procedura ordinaria prevede che l’istanza di sospensione sia decisa, entro
180 giorni dalla data di presentazione della stessa, in modo collegiale dalla
Commissione, con apposita ordinanza; in casi eccezionali, nel momento in
cui il difensore riesce a comprovare motivi di urgenza, il provvedimento di
sospensione può esser adottato provvisoriamente, con apposito decreto, dal
Presidente (si evidenzia che il decreto del Presidente dovrà esser in seguito
confermato in sede di esame collegiale della Commissione).
L’art. 29 del D.L. 78/2010, norma più diffusamente esaminata nel capitolo
dedicato alle novità normative del contenzioso, ha infatti previsto che gli
avvisi di accertamento emessi, a partire dal 1° ottobre 2011, dall’Agenzia
delle Entrate (ai fini imposte sui redditi, Irap e dell’Iva inerenti ai periodi
d’imposta non anteriori al 2007) diventeranno titoli esecutivi dopo 60 giorni
dalla notifica e dovranno indicare espressamente che decorsi 30 giorni dal
termine ultimo per il pagamento (coincidente con il termine di proposizione
del ricorso) la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni
in materia di iscrizione a ruolo (e della successiva fase di spettanza degli
agenti di riscossione di formazione e notifica della cartella di pagamento), è
affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione
forzata.
L’atto impugnato è, dal 1° ottobre 2011, di per sé idoneo a fungere da titolo
esecutivo prodromico all’adozione delle misure cautelari previste dalla
legge per preservare i crediti erariali o all’avvio delle procedure
espropriative finalizzate alla riscossione degli stessi.
Alla luce di tale innovazione normativa l’istanza di sospensione degli effetti
dell’atto impugnato, procedimento cautelare incidentale endoprocessuale,
dovrà esser riportata all’interno del ricorso introduttivo (vedasi bozza n. 2
sez. I), ben illustrando le condizioni indispensabili per la concedibilità della
sospensione:
a) fumus boni juris: si verifica quando, da una delibazione nel merito,
ovvero da un esame sommario, il ricorso appare fondato;
b) periculum in mora: ovvero quando nel periodo (di solito lungo) di tempo
necessario a far valere il suo diritto in via ordinaria (attraverso il ricorso
principale) il contribuente potrebbe subire un danno grave ed
irreparabile.
La gravità del danno va valutata in relazione alle condizioni economiche
specifiche del ricorrente e dalle conseguenze che gli possono derivare
dall’atto impugnato.
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La giurisprudenza ha ravvisato il requisito della gravità del danno:
� nel caso di società con situazione finanziaria tale da non consentirle di far
fronte alla riscossione provvisoria se non attraverso lo smobilizzo a
condizioni svantaggiose delle proprietà immobiliari (CTP Firenze
Ordinanza 10 gennaio 1997 n. 1);
� nella sproporzione esistente tra il vantaggio derivante al creditore
procedente ed il pregiudizio derivante al debitore esecutato (CTP Novara,
ord. 02 dicembre 1996);
� nella specifica situazione soggettiva del contribuente (CTP Reggio
Emilia sez. VI ord. 05 luglio 1996);
� nella consistenza della pretesa erariale (CTP Lecce sez. VI, ord. 29
giugno 1996, ha ad esempio rigettato la sospensione “in ragione della
somma di denaro non certamente proibitiva” (� 2.892,16).
L’ irreparabilità del danno va valutata anch’essa i termini relativi, ovvero di
“lesione del diritto del contribuente tale da pregiudicarlo seriamente” o “di
danno ingiusto che incide stabilmente” sul contribuente, la sua famiglia e la
sua impresa, arte o professione.
La giurisprudenza ha ravvisato il requisito dell’irreparabilità del danno:
� caso di impresa con esposizione bancaria tale da non consentirle
l’assolvimento della riscossione provvisoria, con conseguente rischio di
pignoramento ed asportazione di beni aziendali strumentali aziendali
all’attività dell’impresa stessa nonché sulle possibili ripercussioni sulla
situazione occupazionale dei dipendenti (CTP Latina sez. III ordinanza
08 maggio 1996);
� quando l’entità dell’importo in contestazione (in senso assoluto e
relativo) e la lunghezza nei tempi dell’eventuale rimborso, possono
generare un danno non rimediabile (CTP Parma, sez. IX, ord. 31 maggio
1996, n. 732);
� quando il pagamento delle somme richieste a titolo di riscossione
provvisoria potrebbe esser effettuato solamente ricorrendo a mezzi
straordinari (CTP Bari sez X, ordinanza 03 maggio 1996);
� quando la riduzione della materia del contendere rileva la sproporzione
della somma iscritta a ruolo, tenendo presente che l’entità del patrimonio
personale dei soci da adeguate garanzie di solvibilità (C.T.P. Genova,
ord. 30 luglio 1996).
La valutazione sulla sussistenza o meno del danno “grave ed irreparabile”
deve esser eseguita con riferimento alla specifica attività svolta dal
contribuente ed in base alle sue concrete disponibilità finanziarie; la
Commissione deve ponderare il concetto di gravità ed irreparabilità, di volta
in volta, senza considerazioni astratte, in base alle peculiari condizioni
economiche-finanziarie del contribuente (vedasi sull’argomento C.T.P.
Pesaro, sez. IV, ord. 26 maggio 1997, n. 86).
Tornando alla predisposizione del ricorso introduttivo, pare infine
opportuno, proprio per delucidare nel miglior modo possibile la causa
59
petendi, e di conseguenza influenzare il “libero convincimento del giudice”,
richiedere espressamente nel corpo del ricorso introduttivo, la “trattazione in
pubblica udienza” (ex art. 34 – per formulazione della richiesta vedesi in
alleato Sezione II atto del contenzioso n.1 e n.2).
In caso contrario infatti la decisione della CTP sarà presa, dopo ovviamente
l’esame della documentazione cartacea, in “camera di consiglio” (ex art.
33).
Proprio la sempre più intricata e complessa normativa fiscale, sempre in
evoluzione, rende preferibile una trattazione in pubblica udienza, ove
magari l’organo giudicante può chiedere ulteriori informazioni e/o
delucidazioni per determinare il proprio convincimento, e di conseguenza la
sentenza.
3.1.4. Proposizione del ricorso: notifica all’organo che ha emanato
l’atto impugnato. Per quanto attiene la notifica del ricorso alla controparte, ovvero all’organo
che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato il provvedimento
richiesto, di solito Ufficio territoriale dell’agenzia delle Entrate, Agenzia del
Territorio, Agenzia delle Dogane, Ente locale, Agenzia della Riscossione o
altro Ente occorre tener presente che dal mese di febbraio 2010 l’Agenzia
delle Entrate ed in particolare la Direzione Provinciale di Firenze ha attuato
un processo di riordino nelle competenze all’interno della Provincia.
In particolare il ricorso può esser proposto mediante una di queste tre
alternative:
a) Consegna diretta: l’originale del ricorso (dopo l’introduzione del
contributo unificato non più in bollo) viene direttamente presentato per il
deposito all’impiegato dell’Ufficio finanziario o dell’Ente che ne rilascia
apposita ricevuta di consegna. In questo caso il ricorso si ritiene
depositato alla data che risulta dalla ricevuta rilasciata;
b) Spedizione postale: l’originale del ricorso in bollo viene spedito tramite
servizio postale, in plico raccomandato (senza busta) con avviso di
ricevimento. Il ricorso, per i motivi precedentemente esposti, si ritiene
proposto dalla data di spedizione risultante dal timbro postale.
La spedizione del ricorso in busta chiusa costituisce, salvo espressa
contestazione del contenuto da parte del destinatario, una “mera
irregolarità” (Cassazione sentenza 2 settembre 1994, n. 17702).
c) Notifica tramite ufficiale giudiziario: il ricorrente deve consegnare
originale e copia conforme del ricorso, all’ufficiale giudiziario, che ai
sensi dell’artt. 137 e segg. c.p.c. spedirà alla controparte la copia
conforme e restituirà al ricorrente l’originale con l’apposita “relata di
notifica”. Il ricorso s’intende effettuato per il ricorrente dalla data di
consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario, anche se gli effetti sono
condizionati al perfezionamento dell’intero procedimento notificatorio.
60
Si precisa che non è ammessa la consegna diretta all’Agente della
riscossione, per cui nei suoi confronti occorrerà procedere a mezzo ufficiale
giudiziario o tramite spedizione postale del plico.
3.1.5. Proposizione del ricorso: costituzione in giudizio (art. 23). Solamente con la costituzione in giudizio del ricorrente si viene ad
incardinare il processo dinnanzi alla Commissione tributaria. La mancata
costituzione in giudizio entro il termine tassativo prescritto dalla legge rende
il ricorso introduttivo presentato alla controparte “inammissibile”: tale vizio
è rilevabile in ogni grado di giudizio, anche d’ufficio.
Entro il termine perentorio di 30 giorni (non un mese, ed escluso periodo
feriale) dalla proposizione del ricorso il ricorrente deve depositare, presso la
segreteria della CTP competente, l’originale o la copia conforme del ricorso
rispettivamente notificato a mezzo ufficiale giudiziario o spedito/presentato
alla controparte (con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione
del plico raccomandato a mezzo posta).
In particolare:
a) se la proposizione del ricorso è avvenuta mediante consegna diretta: sarà
depositata la copia conforme all’originale del ricorso (in carta semplice)
assieme alla ricevuta dell’avvenuta consegna diretta;
b) se la proposizione del ricorso è avvenuta a mezzo posta: sarà depositata
la copia conforme all’originale in carta semplice del ricorso spedito alla
controparte assieme alla fotocopia della ricevuta attestante l’avvenuta
spedizione per raccomandata a.r. e copia dell’avviso di ricevimento
ritornato al mittente (che la Circolare Ministero Finanze 3 aprile 2001 n.
36/E ha stabilito esser l’unico documento in grado di attestare l’avvenuta
notifica e la regolare costituzione del contradditorio, nell’ipotesi in cui
controparte non si sia costituita in giudizio).
c) Se la proposizione del ricorso è avvenuta per mezzo ufficiale giudiziario:
sarà depositato l’originale del ricorso (in bollo sino all’introduzione del
contributo unificato).
Assieme al ricorso (in copia conforme o in originale, nel caso c)), il
difensore abilitato deve depositare la nota di iscrizione al ruolo (art. 22
comma 1) ed il fascicolo di causa (art. 22 comma 4).
La nota di iscrizione a ruolo, contenente l’indicazione delle parti, del
difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del
contendere, del valore della controversia e della data della notificazione del
ricorso, deve esser compilata in stampatello, sottoscritta dal difensore
abilitato e depositata presso la CTP utilizzando i modelli predisposti dalla
Direzione della Giustizia Tributaria, scaricabile dal sito www.finanze.it
(per maggiori informazioni circa la nota vedasi il capitolo 2).
Il fascicolo di causa, in apposita cartella, deve presentare un apposito indice
per la facile consultazione di tutta la documentazione allegata al ricorso,
61
necessaria per influenzare il libero convincimento/apprezzamento del
giudice.
I vari allegati (ad esempio normativa – leggi o decreti a sostegno della
propria pretesa; prassi – circolari o risoluzioni emesse magari dalla stessa
controparte, in conflitto con l’atto impugnato; giurisprudenza sentenze o
ordinanze della Suprema Corte di Cassazione o di altre Commissioni
Tributarie Provinciali o Regionali che hanno già deciso in materie analoghe)
a sostegno delle proprie ragioni possono esser prodotte in originale o in
copia (Cassazione sent. 24 aprile 2009, n. 9773, ha sancito
inequivocabilmente infatti che “la produzione di documenti in copia
fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel
processo, incombendo alla controparte l’onere di contestarne la conformità
all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice
l’obbligo).
Il fascicolo di causa deve esser in grado di rappresentare nel modo più
intellegibile possibile l’iter logico seguito dal ricorrente: il ricorso,
corredato dai vari allegati, devono esser in grado di evidenziare, al di sopra
di ogni ragionevole dubbio, la stretta correlazione tra la causa petendi ed il
petitum.
Si specifica che i 30 giorni (non 1 mese!) per la costituzione in giudizio
decorrono dalla data di proposizione del ricorso.
Per il calcolo del termine non si conteggia il giorno iniziale, ma si computa
quello finale.
La copia consegnata in segreteria deve esser conforme all’originale (spedito
o consegnato).
La “dichiarazione di conformità”, ai sensi dell’art. 22 c.3 del Decreto,
(vedasi bozza in allegato Sezione II Atto del contenzioso n.1 e n.2) deve
esser apposta in calce alla copia del ricorso, e sottoscritta dal difensore
abilitato o dal ricorrente (per le controversie di minor entità, ove possibile).
In caso l’atto depositato e quello spedito/consegnato alla controparte siano
difformi, e tale difformità incidano sul contenuto o su elementi fondamentali
del ricorso, il ricorso è inammissibile.
Se le difformità sono lievi, meramente formali e prive di rilievo, o quando
manchi la “dichiarazione di conformità” le irregolarità sono state dichiarate
dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenze 14430/2005, 3562/2005)
superabili attraverso il confronto diretto tra i due documenti.
3.1.6. Una volta ricevuto l’avviso di trattazione, consultare fascicolo. Nel processo tributario, procedimento prettamente “cartolare”, il ricorso
introduttivo è l’atto di maggior rilevanza, in quanto giusto il disposto
dell’art. 57 del Decreto (che vieta la proposizione di domande nuove nel
giudizio di appello) e del successivo art. 58 del Decreto (che vieta ai giudici
di secondo grado di disporre nuove prove, salvo casi particolari che saranno
62
esaminati nel proseguo), il ricorrente deve indicare i motivi e le prove di
fatto e di diritto a sostegno della sua tesi.
Pare dunque inevitabile verificare opportunamente i motivi ed i documenti
allegati al ricorso depositato e, ove si rendesse necessario, integrare tale
documentazione seguendo la procedura indicata nell’art. 24 del Decreto.
Le parti possono produrre documenti (in originale o in fotocopia), non solo
allegandoli direttamente agli atti processuali, ma anche separatamente,
elencandoli in apposita nota di deposito sottoscritta da depositare in
originale ed in tante copie a seconda del numero delle altre parti.
Dato che la Segreteria non è obbligata a comunicare il deposito di tali
documenti, pare opportuno che ogni parte consulti periodicamente il
fascicolo per verificare le “mosse” della controparte.
Dopo la proposizione del ricorso e la costituzione in giudizio non è possibile
integrare i motivi dello stesso, ovvero ampliare l’oggetto del ricorso
introduttivo (petitum) o produrre nuovi motivi o fatti giuridici a sostegno
della propria tesi (causa petendi).
Solo nel caso di deposito di documenti (prima non conosciuti o conoscibili
dal ricorrente in base alla normale diligenza) ad opera della controparte o
per input della Commissione tributaria, il ricorrente può integrare i motivi
originariamente dedotti nel ricorso introduttivo, sempreché vi sia una
correlazione diretta tra documenti prima “non conosciuti” ed i nuovi motivi
elencati nella memoria integrativa.
I nuovi motivi sono integrati in una “memoria integrativa” avente gli stessi
requisiti e le stesse modalità previste dal ricorso introduttivo, da proporsi
entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di notizia del deposito dei
nuovi documenti:
a) se i documenti sono depositati dalle parti: il termine di 60 gg. decorre dal
momento in cui la parte ha estratto copia del documento “non conosciuto”
dal fascicolo di causa;
b) nel caso, più raro, in cui sia la Commissione tributaria ad assegnare un
termine ad una parte per la produzione di un documento, i 60 gg. decorrono
dalla scadenza di tale termine.
Se prima dello spirare di detto termine è già stata fissata la data di
trattazione della controversia, il ricorrente può fare istanza per il rinvio della
trattazione (in camera di consiglio) o dell’udienza pubblica, in modo da
consentire il deposito della memoria integrativa.
Ai sensi dell’art. 32 del Decreto è ammesso inoltre che le parti possano
depositare, nei termini perentori previsti dalla normativa:
a) documenti: sino a venti giorni liberi prima della data di trattazione;
b) memorie illustrative: sino a dieci giorni liberi prima della data di
trattazione;
c) brevi repliche scritte: entro cinque giorni liberi prima della data di
trattazione, nel solo caso di trattazione della controversia in camera di
consiglio.
63
I documenti e le memorie illustrative, esclusivamente per sviluppare ed
esporre in modo più dettagliato i motivi già dedotti nel ricorso, vengono
depositati con apposita nota di deposito in originale (in bollo) ed in tante
copie quante sono le controparti (in carta semplice).
Nel caso specifico delle brevi repliche, data l’impossibilità di contro
dedurre, non occorre il deposito per la controparte.
In base anche alle indicazioni della Corte di Cassazione (sentenza del 20
settembre 2002, 16343) il computo dei giorni liberi deve farsi a ritroso, per
cui:
a) se il primo giorno cade nel periodo feriale (1°agosto – 15 settembre) si
procede all’indietro sino al primo “giorno utile”;
b) se l’ultimo giorno è festivo (sabato o domenica) gli atti in oggetto vanno
depositati il giorno precedente non festivo.
La consegna brevi manu degli atti processuali ex art. 32 del Decreto, alla
segreteria della Commissione, ad oggi è l’unico modo di deposito prevista
dalla normativa.
E’ inoltre sempre possibile in udienza, richiedere al segretario la
verbalizzazione del deposito di documenti, conosciuti o conoscibili.
Data la natura “documentale” e “cartolare” del contenzioso tributario, la
regola generale, se almeno una delle parti non ha richiesto la discussione in
pubblica udienza, prevede che la controversia sia trattata in camera di
consiglio, senza la presenza delle parti.
3.1.7. Discussione e successiva comunicazione del dispositivo dalla
segreteria. Dopo che il relatore ha riassunto ed esposto al collegio “i fatti e le questioni
della controversia”, della trattazione viene redatto processo verbale dal
segretario.
Se al contrario, come consigliato, almeno una parte richiede (con apposita
istanza o all’interno del ricorso introduttivo, come da bozza del ricorso in
allegato Sezione II, Atto del contenzioso n.1 e n.2) la discussione in
pubblica udienza, il Relatore espone al collegio i fatti e le questioni rilevanti
della controversia, ed il Presidente ammette le parti presenti alla
discussione.
La parola passa inizialmente al ricorrente che spesso, nel breve termine a
disposizione, deve riuscire a sviluppare la disamina proposta dal relatore,
tentando di far capire le proprie ragioni e l’iter logico e di buon senso
seguito negli atti processuali depositati, in modo da influenzare il libero
convincimento ed apprezzamento di tutto il collegio giudicante.
Il ricorrente deve inoltre tener presente ed anticipare le eventuali obiezioni
che saranno proposte successivamente nella discussione orale della
controparte.
64
Illustrate le due posizioni il Presidente concede la parola al Relatore ed agli
altri componenti del Collegio giudicante, per eventuali chiarimenti o quesiti
e può, se lo ritiene opportuno, ammettere brevi repliche.
Dell’udienza il Segretario redige apposito processo verbale.
Il Collegio giudicante, dopo la discussione o la trattazione, delibera in
segreto la decisione nella camera di consiglio (e dunque senza la presenza
delle parti).
La sentenza, pronunciata in nome del popolo italiano ed intestata alla
Repubblica Italiana, deve contenere:
a) composizione collegio giudicante, parti ed eventuali difensori;
b) esposizione dello svolgimento del processo;
c) richiesta delle parti;
d) succinta esposizione dei fatti di fatto e di diritto;
e) il dispositivo della sentenza
f) data della deliberazione;
g) sottoscrizione del presidente ed estensore.
Si precisa che la mancanza dei requisiti f) e g) determina la nullità assoluta
ed insanabile della sentenza (la Cassazione SS.UU. del 9 marzo 1981, n.
1297).
Ai sensi dell’art. 37 infine “la sentenza è resa pubblica, nel testo integrale
originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria
entro trenta giorni dalla data della deliberazione”.
Il dispositivo della sentenza è poi comunicato alle parti costituite in
giudizio, entro 10 gg. dal deposito della stessa.
3.2. Il procedimento davanti la CTR Toscana.
3.2.1. Il sistema delle impugnazioni. Attraverso l’impugnazione la parte che risulti soccombente (integralmente o
parzialmente) può rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti da una
sentenza, rivolgendosi ad un altro giudice. I mezzi di impugnazione delle
sentenze tributarie sono tassativamente elencati nell’art. 50 del Decreto e si
legittimano nei seguenti atti:
- atto di appello, alla Commissione tributaria regionale avverso le sentenze
della Commissione tributaria provinciale;
- ricorso per cassazione, per impugnare le sentenze della Commissione
tributaria regionale;
- ricorso per revocazione (revocazione ordinaria e straordinaria), nei casi
previsti dall’art. 395 c.p.c., per impugnare le sentenze della Commissione
tributarie provinciale e/o regionale.
Per l’atto di appello, impugnazione di merito, si rimanda ai paragrafi 3.2.3 e
3.2.4; per il ricorso per cassazione, impugnazione di legittimità, si rinvia al
paragrafo 3.2.5. Per il ricorso per revocazione (sezione IV del Decreto, artt.
da 64 a 67), vista la sua natura di mezzo di impugnazione di carattere
eccezionale, valgono le seguenti osservazioni.
65
L’istituto della revocazione consente di impugnare le sentenze della
Commissione tributaria provinciale o Commissione tributaria regionale che
comportano accertamenti di fatto e che sul punto non possono essere
ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate (art. 64 del Decreto).
Con la revocazione il ricorrente denuncia, allo stesso giudice che ha emesso
la sentenza contestata, i seguenti errori di giudizio previsti in maniera
tassativa dall’art. 395 c.p.c. (al quale il Decreto compie esplicito rimando):
1. dolo di una parte a danno dell’altra (revocazione straordinaria);
2. prove false (revocazione straordinaria);
3. ritrovamento, dopo una sentenza di uno o più documenti decisivi della
controversia (revocazione straordinaria);
4. erronea supposizione di un fatto (revocazione ordinaria);
5. contrarietà ad un precedente giudicato (revocazione ordinaria);
6. dolo del giudice (revocazione straordinaria).
La revocazione è ordinaria quando i vizi dell’atto sono palesi (nn. 4 e 5
dell’art. 395 c.p.c. sopra riportato) e impediscono il passaggio in giudicato
della sentenza contestata, mentre è straordinaria (nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395
c.p.c. sopra riportato) quando i vizi sono occulti e quindi può essere esperita
anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Perciò, nei casi di revocazione ordinaria il ricorso può essere esperito nel
termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza oppure nel temine cd.
‘lungo’ dei 6 mesi dalla mancata notifica (più gli eventuali 46 giorni di
sospensione feriale), mentre nei casi di revocazione straordinaria la parte
interessata deve proporre ricorso sempre entro 60 giorni ma decorrenti,
stavolta, dalla scoperta dei motivi che la rendono ammissibile (art. 51
secondo comma del Decreto).
I termini previsti dalla legge per il ricorso per revocazione, come per gli altri
mezzi di impugnazione, sono perentori.
Ai sensi dell’art. 65 del Decreto competente per la revocazione è la
medesima Commissione tributaria che ha emesso la sentenza contestata e la
forma del ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:
- gli elementi previsti dall’art. 53 del Decreto (ovvero gli elementi essenziali
dell’atto di appello, per i quali vedi infra);
- la specifica indicazione del motivo di revocazione;
- la prova dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 c.p.c.;
- la data della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del
documento.
La prova della sentenza passata in giudicato che accerta il dolo del giudice
deve essere data mediante la sua produzione in copia autentica.
Per la presentazione del ricorso per revocazione, il Decreto rimanda alla
modalità prevista per la presentazione dell’atto di appello (si veda in
proposito il paragrafo 3.2.3).
Per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento
davanti ad essa e contro la sentenza emessa sono ammessi i mezzi
66
d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata
per revocazione (art. 66 e 67 del Decreto).
3.2.2 Procedimento a seguito di sentenza della CTP interamente
favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio. Una volta ricevuto il dispositivo di accoglimento totale del ricorso di parte,
al fine di ottenere la definitività di quanto statuito nella sentenza, il
contribuente può tenere due comportamenti: attivo, ovvero ritirare dalla
segreteria della CTP Firenze copia autentica della sentenza (numero due
copie) per notificarla alla controparte ai sensi dell’art. 38, oppure passivo,
vale a dire attendere il decorso del termine cd. ‘lungo’ di impugnazione
della sentenza (o l’eventuale notifica dell’atto di appello dell’Ufficio, presso
il domicilio eletto nell’instaurato contenzioso).
Ai sensi dell’art. 327 c.p.c. (come modificato dall’art. 46 comma 10 della L.
18 giugno 2009) per termine lungo di impugnazione si intende il decorso del
termine di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza (cioè dal deposito in
segreteria), per i giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009 (più, ovviamente, 46
giorni se la data insiste nel periodo di sospensione feriale, che decorre dal 1
agosto al 15 settembre e previsto dalla L. 7 ottobre 1969 n.742).
Per i giudizi instaurati in data antecedente al 4 luglio 2009 resta in vigore il
temine lungo di un anno e 46 giorni dal deposito o pubblicazione della
sentenza: in generale, si ritiene che il momento in cui si debba considerare
instaurato il giudizio coincida con la data di notifica del ricorso di primo
grado e non con la data della successiva costituzione in giudizio, con la
conseguenza che per tali giudizi continui ad applicarsi il termine lungo di un
anno anche se la sentenza da appellare o contro cui si ricorre per cassazione
sia stata depositata o notificata dopo tale data (tale interpretazione è animata
da uno spirito prudenziale che privilegia l’interpretazione secondo la quale
il termine lungo valga a partire dalla data di notifica del ricorso introduttivo
e non dalla costituzione in giudizio di parte, ovviamente posteriore. Trova
riscontro anche in recente giurisprudenza, vedasi CTP Torino Sezione XI
sentenza n.130/2011).
La notifica della sentenza può considerarsi comportamento attivo in quanto
se l’ufficio non notifica l’atto di appello entro 60 gg. dalla data di notifica
della sentenza, il giudicato di primo grado, interamente favorevole al
contribuente, diviene definitivo.
Per effettuare la notifica della sentenza l’art. 38 del Decreto, come novellato
dall’art. 3 comma 1 lett. a) del DL 25 marzo 2010 n.40, dispone di
richiedere numero due copie della sentenza alla CTP Firenze conformi
all’originale, da notificare all’altra parte attraverso l’Ufficiale giudiziario,
oppure tramite il servizio postale con raccomandata in plico senza busta con
ricevuta di ritorno ovvero, ed in ultimo, a mezzo consegna diretta alla
controparte con una ricevuta sulla copia.
67
La richiesta delle copie conformi della sentenza alla segreteria della
commissione tributaria provinciale (oppure regionale, nel caso di notifica
della sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale) è effettuata
mediante istanza in carta bollata (marca da euro 14,62) con applicazione di
marca da bollo da euro 14,62 per ogni quattro facciate su entrambe le copie
delle sentenza richieste. La segreteria adita è tenuta ad adempiere alla
richiesta entro 5 giorni (termine ordinatorio) ed a riscuotere i diritti di copia
pari ad euro 0,516 fino a quattro facciate (vedasi tabella dell’art.1 Decreto
del 1 ottobre 1996 Ministero Finanze pubblicato in G.U. n.235 del 7 ottobre
1996). Se le sentenze sono chieste in forma esecutiva per procedere ad
esecuzione forzata nei confronti della controparte, le copie della sentenza
sono esenti da bollo in quanto il processo di esecuzione è soggetto al
contributo unificato (Risoluzione Ministeriale n.106/E del 29 luglio 2005).
Nel caso il ricorso di parte sia stato notificato successivamente al 6 luglio
2011 è dovuto il contributo unificato e quindi, anche per il ritiro di copie
conformi delle sentenze, non è più richiesta l’applicazione della marca da
bollo da 14,62 (mentre restano dovuti i diritti di copia come sopra indicati).
Mentre le notifiche della sentenza diretta oppure a mezzo posta non recano
particolari problemi, per la notifica a mezzo Ufficiale giudiziario occorre
apporre la seguente relata di notifica (propria degli atti ex art. 137 e segg.
c.p.c.) in calce o sul retro dell’ultimo foglio sulle due copie rilasciate dalla
Commissione.
** ** **
relazione di notificazione
A richiesta del dott. … … , con studio in … …, difensore domiciliata rio del
contribuente … … , come da procura speciale alle liti risultante in atti, io
sottoscritto Ufficiale giudiziario, presso la Corte di Appello di Firenze, ho
notificato la suestesa sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di
Firenze alla … (controparte) … , in persona del direttore pro tempore,
rimettendone e consegnandone copia conforme alla sede di … … , via … …
ed ivi a mani di … … (oppure a mezzo dell’Ufficio postale di … …).
** ** **
La notifica deve avvenire ad istanza di parte, ovvero per mano del
contribuente o del proprio procuratore in giudizio.
Nei successivi 30 giorni dalla notifica, la parte notificante deve depositare
l’originale (o copia autentica dell’originale notificato), ovvero copia
autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della
ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del
servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento presso la segreteria
della CTP (o della CTR per la notifica delle sentenze di secondo grado), che
ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo d’ufficio.
Con la notificazione della sentenza inizia a decorrere il termine ‘breve’ di 60
giorni, in luogo di quello ‘lungo’ di 6 mesi (più gli eventuali 46 giorni di
sospensione feriale) dalla data del deposito della sentenza nella Segreteria
68
della CTP, per l’impugnazione attraverso l’atto di appello dell’ufficio
soccombente. Una particolarità da tenere nella dovuta considerazione è la
sovrapposizione del termine breve (a seguito di notifica) con quello lungo
(decorrente, ripetiamolo, dal deposito della sentenza): in questo caso prevale
il termine lungo, nel senso che se il termine lungo scade antecedentemente
al termine breve (perché la parte notifica la sentenza nei 60 gg. prima dello
spirare del temine lungo), quest’ultimo vale come termine utile alla
definitività della sentenza il termine lungo e non occorre attendere lo spirare
del termine breve, ad esso posteriore. A titolo di esempio, per un
contenzioso instaurato successivamente al 4 luglio 2009, se il deposito della
sentenza è il 30 novembre 2011 e provvediamo alla notifica della sentenza
all’ufficio il 30 aprile 2012, il termine ultimo per l’ufficio per notificare
l’atto di appello è il 30 maggio (termine lungo di sei mesi) e non il 29
giugno (termine breve di 60 gg. dalla notifica). Tale impostazione è
confermata da giurisprudenza di Cassazione, si veda per tutte la sentenza del
27 marzo 1990, la n. 2475.
Ipotizziamo, inoltre, che sia tenendo il comportamento attivo che passivo il
contribuente riceva l’atto di appello notificato dall’Ufficio.
Innanzitutto, occorre verificare che l’atto di appello dell’ufficio sia stato
notificato ‘nei termini’ di legge sopra ricordati perché, se così non fosse, lo
stesso risulterebbe inammissibile. L’inammissibilità dell’appello, rilevabile
anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Cassazione
11 febbraio 1985 n. 1115) comporta la definitività del giudicato favorevole
al contribuente ex art. 324 c.p.c..
Tale vizio non può essere sanato nemmeno dalla costituzione in giudizio
dell’appellato, in quanto trattasi di un adempimento a pena di decadenza del
quale deriva il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (Cassazione
18 luglio 2003 n. 11227).
Dopo questo primo controllo, nei soli casi di notifica dell’atto di appello
mediante consegna diretta oppure mediante spedizione a mezzo posta
(procedura nella prassi maggiormente seguita), è opportuno verificare che
l’Ufficio abbia depositato copia dell’atto notificato presso la segreteria della
commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata.
Anche in tale circostanza, l’eventuale mancato deposito comporta
l’inammissibilità del gravame.
Con l’entrata in vigore del D.L. 25 marzo 2010 convertito con modificazioni
dalla L. 22 maggio 2010 n.73, art.3 comma 1 lett.c) non è più necessario
verificare se l’atto di appello principale sia stato previamente autorizzato
(gli uffici periferici del Dipartimento delle entrate - uffici locali o
dipartimenti provinciali dell’Agenzia delle Entrate - dovevano essere
autorizzati alla proposizione dell’atto di appello dal responsabile del
servizio del contenzioso della competente direzione regionale delle entrate).
E’ pur vero che recente giurisprudenza di Cassazione (Sezioni Unite,
sentenza del 14 gennaio 2005 n. 604) riteneva che tale norma fosse stata
69
resa inefficace già dall’entrata in vigore del D.Lgs. 30 agosto 1999 n. 300
relativo alla istituzione delle agenzie fiscali ed alla soppressione dei
dipartimenti e degli uffici del ministero delle finanze (ai quali fa esplicito
riferimento al norma citata del Decreto), ma lo stesso ministero (Direzione
Centrale Normativa e Contenzioso) continuava a pretendere che le Direzioni
provinciali e regionali continuassero ad applicare la procedura
dell’autorizzazione all’appello (Circolare Agenzia Entrate 3 dicembre 2007
n. 65/E). Con la modifica di legge apportata dal DL 73 del 2010, all’art. 52
comma 2 (abrogato) la questione può definitivamente dirsi chiusa: per la
produzione dell’atto di appello l’ufficio periferico del Dipartimento delle
entrate non necessita dell’autorizzazione del responsabile del servizio del
contenzioso della direzione regionale delle entrate.
Dopo avere correttamente ricevuto, a mezzo di consegna diretta, posta
raccomandata a.r. o notifica, l’atto di appello dell’ufficio, il contribuente
resistente deve provvedere a costituirsi in giudizio entro il termine di 60
giorni dalla ricezione dell’appello dell’Ufficio mediante il deposito presso la
segreteria della CTR Toscana (alla via Lorenzo il Magnifico, 68 -
50129 Firenze tel. 055470168, fax 055475236) di un apposito atto di
controdeduzioni (art. 54 del Decreto).
Il deposito può anche avvenire con invio per posta con la medesima
modalità vista nel primo grado di giudizio: in plico senza busta con
raccomandata a.r.. In tale ipotesi il termine dei 60 giorni si intende rispettato
con la data di spedizione della propria costituzione in giudizio.
Tale atto di controdeduzioni (o atto di contrappello o controricorso in
appello) per il richiamo all’art. 23 del Decreto deve essere redatto in tante
copie quante sono le parti, a cui va aggiunto l’originale che resta nel
fascicolo di ufficio. L’atto non è assoggettato a contributo unificato in
quanto non risulta incluso tra gli atti di cui agli artt. 13 e 18 del T.U.S.G..
Anche in appello, come per il primo grado di giudizio, il termine di 60 gg.
previsto per il deposito delle controdeduzioni della parte resistente non è
perentorio pertanto la costituzione in giudizio potrà anche essere fatta
tardivamente con la perdita però, così facendo, di una serie di garanzie
processuali (invio dell’avviso di trattazione – art. 31 c.1 del Decreto,
dell’istanza di trattazione in pubblica udienza – art. 28 c.1 del Decreto, del
dispositivo della sentenza – art. 37 c.2 del Decreto, della denuncia di
variazione del domicilio - art. 17 c.1 del Decreto, di altri decreti del
Presidente e così via ...).
Nel caso sottoposto, ossia di totale vittoria nel giudizio di primo grado, la
parte può argomentare la propria costituzione in giudizio limitandosi ad una
memoria di resistenza alle ragioni addotte dall’appellante (Cassazione 4
giugno 1999 n. 5495) sottolineando le argomentazioni vincenti del ricorso
che hanno trovato conferma nella decisione dei giudici di prime cure. In tale
caso, si potrebbe ribadire esplicitamente le argomentazioni che il giudice di
70
primo grado non avesse ripetuto nella sentenza, per evitare che le medesime
possano essere considerate come rinunciate dal giudice di secondo grado.
Si nota che l’appello presentato dalla parte totalmente vittoriosa è dichiarato
inammissibile per carenza di interesse ad agire (Cassazione 27 novembre
2002 n. 16768).
L’atto di controdeduzioni deve quindi esporre le tesi difensive
controbattendo puntualmente ad ogni argomentazione dell’appello,
indicando le prove di cui avvalersi, può altresì proporre eventuali eccezioni
non rilevabili d’ufficio e richiedere l’eventuale chiamata in causa di un
terzo.
L’atto di controdeduzioni deve essere sottoscritto dal difensore o dalla parte;
deve essere rilasciata procura speciale alle liti a meno che la procura
rilasciata nel ricorso introduttivo non consenta la difesa in ogni stato e grado
del giudizio (come, peraltro, pare auspicabile).
Una volta depositato l’atto di controdeduzioni, con modalità e tempi
anzidetti, alla segreteria della Commissione tributaria regionale, occorre
attendere la comunicazione dell’avviso di trattazione della controversia la
quale, ritenendolo opportuno, sarà in pubblica udienza per richiesta di parte
resistente (dando per scontato che la pubblica udienza non sia già stata
richiesta dalla parte appellante).
Una volta incardinato il contenzioso presso la Commissione tributaria
regionale, valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e
3.1.7 circa le possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più
in generale, la modalità di gestione del contenzioso da parte del
contribuente.
3.2.3. Procedimento a seguito di sentenza della CTP contraria al
contribuente ed appellata dal medesimo. Diversamente da quanto sopra argomentato, se il dispositivo di sentenza
respinge il ricorso, il contribuente potrà impugnare la sentenza sfavorevole
presso la CTR Toscana. Come ricordato al paragrafo precedente, il termine
per impugnare la sentenza decorre dalla data di pubblicazione della
medesima (che coincide con il deposito in segreteria della CTP – data che
peraltro si desume anche dal dispositivo della sentenza che viene inviato per
posta al domicilio eletto del ricorrente) ed è:
a) termine ‘lungo’: entro 6 mesi ed eventuali 46 giorni di sospensione feriale
– nel caso in cui non venga notificata la sentenza dall’altra parte;
b) termine ‘breve’: entro 60 giorni - nel caso in cui la sentenza sia notificata
dalla parte vittoriosa in primo grado.
In considerazione della perentorietà del termine ‘lungo’ e/o ‘breve’, la
presentazione tardiva dell’atto di appello comporta l’inammissibilità dello
stesso.
Ai sensi dell’art. 53 del Decreto, l’appello deve contenere:
a) indicazione della commissione tributaria a cui è diretto;
71
b) indicazione dell’appellante e della altre parti nei cui confronti è proposto;
c) gli estremi della sentenza impugnata (non occorre l’allegazione della
medesima in quanto la commissione tributaria regionale provvedere a
richiedere il fascicolo alla provinciale, con sentenza in copia autentica);
d) l’esposizione sommaria dei fatti;
e) l’oggetto della domanda, ovvero la richiesta di riforma o di annullamento
totale o parziale della sentenza pronunciata in primo grado;
f) i motivi specifici dell’impugnazione, che devono riguardare la sentenza
impugnata e non l’atto di accertamento e devono essere specificatamente
enunciati;
g) la sottoscrizione – sia sull’originale che sulle copie – del difensore
dell’appellante che agisce in forza della procura alla lite o del
contribuente stesso per i casi in cui può stare in giudizio personalmente.
La mancanza di uno solo dei requisiti sopra ricordati è causa di
inammissibilità dell’appello; in tale caso è comunque possibile presentare
nuovamente un nuovo atto di appello atteso che non sia già stata dichiarata
l’inammissibilità dal giudice oppure che non siano scaduti i termini per
impugnare la sentenza (Cassazione 7 gennaio 2004 n. 50). Non si ritiene che
tale principio di riproponibilità dell’atto possa valere anche per ricorso di
primo grado in quanto non si tratta di principio generale ma relativo al solo
giudizio di impugnazione (art. 60 del Decreto).
Nonostante che l’art. 13 comma 3-bis e l’art. 14 comma 3-bis del T.U.S.G.
non facciano esplicito riferimento all’atto di appello, riteniamo opportuno
indicare nell’atto di appello sia l’indirizzo di posta elettronica certificata del
difensore ed il codice fiscale della parte, sia l’indicazione del valore della
lite (determinato ai sensi del comma 5 dell’art. 12 del Decreto). In
particolare, per espressa segnalazione della CTR di Firenze, la mancanza
della dichiarazione del valore della lite nell’atto di appello comporta
l’applicazione del contributo unificato nella misura massima di euro
1.500,00 mentre solo la mancanza dell’indicazione dell’indirizzo di posta
certificata e del codice fiscale della parte nell’atto di appello può essere
tempestivamente sanata con apposita dichiarazione, anche separata, ovvero
nella Nota di iscrizione a ruolo e comunque prima dell’invito al pagamento
(per un approfondimento del contributo unificato si rimanda al capitolo II,
par. 2.2.1).
E’ possibile redigere un unico atto di appello contro diverse sentenze rese
tra le stesse parti e con oggetto comune, purché siano espressamente
indicate le sentenze impugnate ed inequivocabile la volontà di impugnarle.
Per una corretta redazione dell’atto di appello si vedano gli articoli del
Decreto disciplinanti le questioni ed eccezioni non riproposte in appello, le
domande ed eccezioni nuove e le nuove prove in appello (artt. 56, 57 e 58).
In particolare valgano i seguenti principi:
1. Questioni ed eccezioni non riproposte in appello: nella redazione
dell’atto di appello occorre prestare attenzione al principio per cui le
72
questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, non
specificatamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
L’appellante che vuol riproporre al giudice di secondo grado le
domande ed eccezioni già introdotte in giudizio con il proprio ricorso
che, però, non sono state accolte dai giudici di prime cure, deve
specificatamente esplicitarle nel proprio atto: nell’art. 56 del Decreto
c’è quindi una presunzione assoluta di decadenza delle domande ed
eccezioni non riproposte.
2. Domande ed eccezioni nuove: nel giudizio di appello non si possono
proporre nuove domande, cioè domande che non siano già state
sottoposte ai giudici di primo grado, ciò nonostante è consentito al
giudice di appello pronunciarsi su domande proposte in prime cure sulle
quali il giudice non si sia pronunciato (circolare ministeriale 23 aprile
1999 n. 98/E). Per verificare la presenza o meno di domande nuove
occorre fare riferimento agli elementi costitutivi della domanda, vale a
dire ai soggetti, al ‘petitum’ ed alla ‘causa petendi’. Le domande nuove,
se proposte, vengono dichiarate inammissibili d’ufficio. Secondo la
Cassazione si ha domanda nuova “improponibile nel giudizio
d’appello, quando il contribuente, nell’atto di appello, introduce, al
fine di ottenere l’eliminazione dell’atto impugnato, una causa petendi
diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo
grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine”
(Cassazione sentenza n. 4335/02, ribadita da sentenza del 30 luglio
2007 n. 16829). Inoltre si ha domanda nuova in appello quando “i
nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino
il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando
l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in
modo da porre in essere una pretesa diversa … da quella fatta valere in
primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il
contraddittorio” (Cassazione sentenza del 2 aprile 2007 n. 8169). Nel
giudizio d’appello, altresì, non possono essere proposte nuove eccezioni
ad esclusione di quelle rilevabili d’ufficio: è quindi possibile illustrare
con nuovi argomenti le eccezioni già formulate, ovviamente stando ben
attenti a non violare il divieto di ampliamento del thema decidendum
(Cassazione sentenza del 12 agosto 2004 n. 15646). Per inciso, si
intende ‘eccezione’ il mezzo di cui una parte si avvale per contrastare le
domande della controparte.
3. Nuove prove: davanti al Giudice della Commissione tributaria regionale
possono essere prodotte nuove prove dalle parti solo se il medesimo
giudice lo ritiene necessario ai fini della decisione oppure se la parte
dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio
per causa ad essa non imputabile. Invece è consentito alla parte di
produrre nuovi documenti in appello, indipendentemente dalla
possibilità o meno di non aver potuto fornire i documenti nel precedente
73
giudizio per causa alla parte imputabile ed ovviamente con il limite
della materia che si è definita in primo grado (Cassazione sentenza del 8
aprile 2009 n. 8489 e sentenza del 9 gennaio 2009 n. 232).
Il ricorso in appello è proposto secondo le medesime modalità del ricorso
introduttivo ovvero deve essere notificato all’altra parte in giudizio:
� tramite ufficiale giudiziario ex art. 137 e segg. c.p.c.;
� tramite servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta
raccomandato senza avviso di ricevimento;
� direttamente tramite deposito a tutte le altre parti che hanno partecipato al
giudizio.
L’atto di appello, una volta notificato, deve essere depositato a norma
dell’art. 22 del Decreto, secondo le modalità proprie del deposito del ricorso
introduttivo (costituzione in giudizio del ricorrente): entro 30 gg dalla
notifica, come sopra effettuata, l’appellante deve depositare o spedire in
plico raccomandato a/r senza busta presso la segreteria della Commissione
tributaria regionale copia dell’atto di appello consegnato alla controparte
con la ricevuta di consegna della controparte (in caso di notifica diretta
dell’atto di appello) oppure copia dell’atto di appello spedito a mezzo posta
all’altra parte con ricevuta della raccomandata a/r di spedizione (in caso di
notifica a mezzo posta) oppure l’originale dell’atto di appello (in caso di
notifica a mezzo ufficiale giudiziario). I 30 giorni si computano senza
considerare il dies a quo (data di notifica) e conteggiando il giorno finale
(dies a quem), come nel primo grado di giudizio. In caso di unico gravame
con più parti si considera come dies a quo, per far decorre i 30 giorni,
l’ultima notificazione effettuata (Circolare Ministero Finanze 18 dicembre
1996 n. 291/E).
Nei soli casi di notifica dell’atto di appello mediante consegna diretta
oppure mediante spedizione a mezzo posta (procedura nella prassi
maggiormente seguita), l’appellante deve dichiarare nel proprio atto di
appello (in calce) la conformità tra atto notificato e depositato ed inoltre
l’appellante medesimo deve depositare (e non spedire!!!) copia dell’atto
notificato presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale che
ha emesso la sentenza impugnata. Tale secondo adempimento è stato
introdotto dall’art.3-bis comma 7 DL 30 settembre 2005 n. 203 convertito
con modificazioni dalla L 2 dicembre 2005 n.248 e si applica agli atti di
appello notificati a decorrere dal 3 novembre 2005. La norma non prevede
alcun termine per l’adempimento mentre la Corte Costituzionale ha chiarito
che il deposito dell’atto presso la Commissione tributaria provinciale deve
avvenire nel termine per la costituzione in giudizio.
Si suggerisce di presentare alla Commissione tributaria regionale (insieme ai
documenti necessari per la propria costituzione in giudizio) una copia della
ricevuta rilasciata dalla commissione tributaria provinciale relativa
all’avvenuto deposito della copia dell’atto di appello.
74
La mancata conformità tra l’atto notificato e depositato determina
l’inammissibilità del gravame, al pari del mancato deposito dell’atto di
appello presso la Commissione tributaria provinciale che ha emesso la
sentenza impugnata (art. 53 comma 2 del Decreto). La mancata indicazione
nell’appello della conformità tra atto notificato e depositato non comporta
l’inammissibilità dell’appello in quanto la conformità trai i due atti può
essere accertata mediante confronto tra i due esemplari.
Al momento della costituzione in giudizio, il ricorrente deve allegare al
ricorso anche la nota di iscrizione a ruolo, come dispone il novellato art. 22
comma 1 del Decreto. La nota di iscrizione a ruolo, obbligatoria per le
costituzioni in giudizio dei ricorrenti a decorrere dal 17 settembre 2011, è
composta dalle seguenti sezioni:
1. intestazione: dove deve essere indicata la Commissione regionale
competente ed il proponente (contribuente);
2. richiesta di iscrizione al registro generale appelli: occorre indicare se è
stata presentata istanza di sospensione sulle sanzioni, richiesta di
trattazione in pubblica udienza e il numero degli eventuali allegati;
3. valore della controversia: si rimanda a quanto detto in occasione del
primo grado di giudizio;
4. contributo unificato: si rinvia come sopra;
5. numero parti ricorrenti e modulo dati della parte ricorrente: si rinvia
come sopra;
6. numero parti resistenti e modulo dati della parte resistente: occorre
indicare i dati della parte resistente, del rappresentante legale della
società, del difensore della resistente e la domiciliazione (ultime due
indicazioni non compilare se la parte resistente è l’ufficio impositore);
7. modulo dati relativi alla sentenza impugnata: occorre indicare la sede
della commissione tributaria provinciale che ha emesso al sentenza, il
numero, la data di deposito della medesima e il numero di r.g.r. del
ricorso;
8. modulo relativo agli atti impugnati in appello: il modulo, numerato
appositamente, deve contenere indicazione da chi è stato emesso l’atto
impugnato, denominazione dell’ufficio impositore, denominazione,
numero e importo dell’atto nonché il periodo d’imposta.
In caso di mancata compilazione della nota di deposito l’appello verrà
comunque ritirato ma la segreteria della Commissione tributaria regionale
non assegnerà il numero di registro generale appelli (fin quando non verrà
prodotta la nota). Senza attribuzione del numero di registro generale appelli,
il ricorso resta depositato in segreteria e non viene inviato al Presidente
della Commissione per l’assegnazione alla Sezione competente per la
discussione.
Per quanto attiene i requisiti formali dell’appello, a decorrere dal 7 luglio
2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del D.L. 6
luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del T.U.S.G.,
75
l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche da bollo
da Euro 14,62 ogni 4 facciate) sono state sostituite dal contributo unificato,
il cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un minimo di Euro
30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella n. 3 in allegato),
aumentato della metà a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base alla novella
contenuta nella L. 12.11.2011, n.183 (legge stabilità 2012) art. 28, comma 1
e 3.
L’attuale art. 18, comma 1, quarto periodo del T.U.S.G. stabilisce infatti che
gli atti e provvedimenti del processo tributario sono “… tutti gli atti
processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali” al
procedimento giurisdizionale tributario”.
Circa le modalità applicative del contributo unificato si rimanda a quanto
già descritto in tema di ricorso introduttivo, paragrafo 3.1.3.. Per
disposizione della CTR Firenze facciamo notare che nel caso di versamento
del contributo unificato presso una rivendita di generi di monopolio e di
valori bollati, il contrassegno comprovante l’avvenuto pagamento del
contributo unificato deve essere apposto sulla nota di iscrizione a ruolo
presentata alla CTR. Non saranno in nessun modo ammesse fotocopie del
contrassegno, che verrà considerato come non versato salvo prova contraria
a cura della parte o del suo difensore.
Una volta depositato in segreteria della CTR l’atto di appello, con modalità
e tempi anzidetti, occorre attendere la comunicazione dell’avviso di
trattazione della controversia la quale, se opportuno, sarà in pubblica
udienza per richiesta di parte.
Incardinato così il contenzioso presso la Commissione tributaria regionale,
valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e 3.1.7 afferenti
le possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più in generale,
la modalità di gestione del contenzioso da parte del ricorrente.
3.2.4. Procedimento a seguito di sentenza della CTP parzialmente
favorevole al contribuente ed appellata dall’Ufficio. Supponiamo che la sentenza della Commissione tributaria provinciale sia
parzialmente favorevole al contribuente ricorrente e che l’ufficio resistente
proponga atto di appello secondo i tempi e le modalità descritte al paragrafo
3.2.2.. Il contribuente resistente deve quindi costituirsi in giudizio con atto
di controdeduzioni, secondo le modalità ed i tempi di cui all’art.23 del
Decreto ed indicati al paragrafo 3.2.2, oppure può costituirsi in giudizio con
atto di controdeduzioni ed allo stesso tempo proporre appello incidentale nei
confronti della sentenza o meglio, nei confronti dei capi della sentenza che
lo hanno visto soccombente in giudizio (ex art.54 del Decreto).
In quest’ultimo caso, che rappresenta poi l’oggetto del presente paragrafo, la
parte che vuole appellare la sentenza della Commissione tributaria
provinciale nella parte sfavorevole con appello già presentato dall’altra parte
in giudizio, entro 60 giorni dalla notifica o consegna o ricevuta a mezzo
76
posta dell’appello principale dell’altra parte in giudizio, propone atto di
controdeduzioni ed appello incidentale mediante deposito in segreteria della
Commissione tributaria regionale in tante copie quante sono le parti in
giudizio, unitamente al fascicolo. L’appello incidentale può essere proposto
solo se la parte ha interesse ad agire, ovvero sia rimasta soccombente in
giudizio: non deve proporre appello incidentale chi abbia interesse non alla
riforma ma alla conferma della sentenza impugnata.
“Solo il tempo costituisce il criterio per distinguere tra appello principale e
incidentale. Ciò che rileva è il solo fattore temporale e non già le
denominazioni che possono aver impiegato le parti. Deve considerarsi
principale l’impugnazione proposta per prima” (Circolare Ministeriale 23
aprile 1996 n.98/E).
Se l’appello incidentale viene prodotto oltre il termine di 60 giorni dalla
notifica della sentenza oppure oltre il termine lungo dei 6 mesi dalla
pubblicazione della sentenza si dice ‘tardivo’, indipendentemente dalla
circostanza che sia proposto entro il termine ordinario dei 60 giorni dalla
notifica, consegna o spedizione dell’appello principale dell’altra parte in
giudizio. Se l’appello principale dell’altra parte in giudizio viene dichiarato
inammissibile anche l’appello incidentale ‘tardivo’ diviene inammissibile,
proprio perché proposto oltre i termini ordinari di impugnazione della
sentenza (Circolare Ministeriale 23 aprile 1996 n.98/E).
Riguardo la modalità di redazione dell’atto valga quanto già esposto in tema
di redazione dell’atto di controdeduzioni (paragrafo 3.2.1.) e in tema di
redazione dell’atto di appello (paragrafo 3.2.2.).
In merito all’obbligatorietà del pagamento del contributo unificato nell’atto
di appello incidentale, il nuovo comma 6-quater dell'articolo 13 del
T.U.S.G. prevede che per i ricorsi principale e incidentale, proposti innanzi
le Commissioni tributarie, il contributo unificato è dovuto verso gli importi
e con le modalità di cui abbiamo già dato conto nel paragrafo 3.1.3.. Più nel
dettaglio, come recita la Circolare Dipartimento delle Finanze del 21
settembre 2011 n.1/DF “nel giudizio d'appello … al pagamento del
contributo unificato è tenuta, normalmente, la parte soccombente in tutto o
in parte nel giudizio di primo grado. Nell'ipotesi di soccombenza parziale in
primo grado, in cui la sentenza sia stata appellata con distinti ricorsi dal
contribuente e dall'amministrazione, ciascuna parte che ricorre è tenuta al
pagamento del contributo in relazione al valore della controversia oggetto
dei rispettivi ricorsi. Tuttavia, qualora il giudizio si sia instaurato innanzi
alle Commissioni tributarie e il resistente si sia costituito in giudizio prima
dell'attore, il soggetto obbligato al pagamento del contributo unificato
risulta essere la parte resistente”.
In merito all’obbligatorietà di presentazione della nota di iscrizione del
ricorso di cui all’art. 22 del Decreto, che vale anche per l’atto di appello (si
veda il paragrafo precedente), si ritiene che in caso di atto di
controdeduzioni con appello incidentale (di cui all’art. 53 del Decreto) non
77
debba essere presentata alla Commissione tributaria regionale all’atto della
costituzione in giudizio in quanto proprio l’ultima norma citata richiama
l’art. 23 del Decreto (costituzione in giudizio della parte resistente) e non
l’art. 22 del Decreto (costituzione in giudizio del ricorrente).
Una volta proposto l’atto di controdeduzioni con appello incidentale
valgono le stesse argomentazioni esposte nei paragrafi 3.1.6 e 3.1.7 afferenti
alle possibilità di produrre documenti e memoria illustrative e, più in
generale, alla modalità di gestione del contenzioso da parte del contribuente.
3.2.5. Decisione della CTR Toscana ed eventuale ricorso in Cassazione
(brevi cenni). Contro la sentenza della Commissione tributaria regionale può essere
proposto ricorso per cassazione. L’oggetto esclusivo del giudizio di
cassazione è la sentenza emessa dai giudici della Commissione tributaria
regionale e pertanto, con il ricorso, non avviene la riproposizione del
giudizio o la sua rinnovazione: la Corte di cassazione può cassare la
sentenza di appello impugnata ma non statuire il merito della causa.
Il riscorso per cassazione può essere proposto solamente per i seguenti
motivi (art. 62 del Decreto che rimanda all’art. 360 c.p.c.):
1. per i motivi attinenti alla giurisdizione;
2. per violazione delle norme sulla competenza;
3. per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto;
4. per nullità della sentenza o del procedimento;
5. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio.
Non è consentito alle parti “prospettare davanti ai giudici di legittimità
problemi nuovi, fondati su elementi di fatto diversi da quelli dedotti nel
giudizio di merito” (Cassazione sentenza del 29 agosto 2000 n. 11314).
Alla luce delle novità legislative introdotte dalla L. 69/2009, in vigore per le
sentenze depositate in Cassazione dopo il 4 luglio 2009, il ricorso alla Corte
di Cassazione è inammissibile se il provvedimento impugnato ha deciso le
questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e
l’esame dei motivi del ricorso non offre elementi per confermare o mutare
l’orientamento della stessa ed, inoltre, risulta sempre inammissibile quando
è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi
regolatori del giusto processo (art. 360-bis c.p.c.).
Inoltre, il ricorso, debitamente sottoscritto da un avvocato iscritto all’Albo
dei patrocinanti dinanzi la Corte di Cassazione e le altre magistrature
superiori e munito di procura speciale, è inammissibile se manca uno dei
seguenti elementi:
a) indicazione delle parti;
b) indicazione della sentenza impugnata;
c) esposizione sommaria dei fatti della causa;
78
d) motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza ed i principi di
diritto su cui si fondano;
e) l’indicazione della procura, se non già conferita in atti;
f) la specifica indicazione degli atti processuali, documenti e contratti che
fondano il ricorso.
In questo grado di giudizio la parte non può stare in giudizio personalmente
ma deve rappresentata da un difensore nominato tara gli avvocati iscritti
nell’Albo dei patrocinanti dinanzi la Corte di Cassazione e le altre
magistrature superiori, a mezzo di una procura speciale (autenticata dal
difensore sia sull’atto originale che sulla copia). Occorre prendere
domiciliazione presso uno studio di Roma in quanto in caso di mancanza di
domiciliazione le notificazioni della Segreteria vengono effettuate presso la
cancelleria della Corte di cassazione (eventualmente il difensore può
richiedere di ricevere le notificazioni tra i difensori e le comunicazioni della
cancelleria a mezzo fax oppure all’indirizzo di posta elettronica).
Una volta redatto il ricorso il medesimo deve essere notificato a controparte
entro 60 giorni dalla notifica della sentenza della Commissione tributaria
regionale operata dall’altra parte in giudizio oppure entro sei mesi in caso di
mancata notifica della sentenza. Entro 20 giorni dalla notifica del ricorso per
Cassazione (oppure entro 20 giorni dall’ultima notifica in caso di più
controparti) l’originale del ricorso, la copia autentica della sentenza
impugnata e gli atti e documenti necessari alla difesa di parte devono essere
depositati presso la cancelleria della Corte di cassazione, a pena di
improcedibilità.
La parte che intende resistere alle pretese del ricorrente può presentare un
controricorso entro 20 giorni dalla scadenza stabilita per il deposito del
ricorso (in pratica, entro 40 giorni dalla notifica del ricorso). La
presentazione del controricorso avviene mediante notifica al ricorrente nel
domicilio eletto e la mancata notifica impedisce la presentazioni di eventuali
memorie consentendo la sola partecipazione alla discussione orale.
Per quanto attiene i requisiti formali del ricorso in Cassazione, a decorrere
dal 7 luglio 2011, a seguito delle novità introdotte dall’art. 37, comma 6, del
D.L. 6 luglio 2011, n. 98 all’art. 18, comma 1, secondo periodo del
T.U.S.G., l’imposta di bollo (sinora adempiuta con l’apposizione di marche
da bollo da Euro 14,62 ogni 4 facciate) è stata sostituita dal contributo
unificato, il cui importo, commisurato al valore della lite, varia da un
minimo di Euro 30,00 ad un massimo di Euro 1.500 (vedasi tabella n. 3 in
allegato), aumentato del doppio a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base alla
novella contenuta nella L.12.11.2011, n.183 (legge stabilità 2012) art.28,
comma 1 e 3.
Per tutto quanto non detto, valga il principio dettato dal comma 2 dell’art.
62 del Decreto, secondo cui al procedimento di ricorso per cassazione si
applicano le norme dettate dal c.p.c. (art. 360 e seguenti) che siano però
79
compatibili con quelle dettate dal Decreto disciplinante la materia del
contenzioso tributario.
Il rinvio è d’obbligo in quanto il Decreto disciplina solo il giudizio di rinvio
(nell’art. 63) ossia il solo caso per il quale la Cassazione provveda al rinvio
della controversia alla Commissione tributaria provinciale o regionale per
un rinnovo del grado di giudizio.