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Traduzione a cura di Nicoletta Colombini.
INDICE
Prefazione
Ringraziamenti
Capitolo 1
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La scienza modema amplia la spaccatura
Un successo e un insuccesso di Cartesio
La riflessione di Locke dimenticata
L'esagerazione della tabula rasa
Una reinterpretazione di Berkeley
Hume e la "decostruzione" delle relazioni concettuali
Bentham e Vico: pionieri dell'analisi concettuale
L'impresa trascendentale" di Kant
Un ri-esame della causalit
Nuovo carburante per lo strumentalismo
Ipotesi e finzioni
1 fondarnenti dell'analisi linguistica
Conclusioni
Capitolo III
Jean Piaget: una teoria costruttivista dei conoscere
La premessa biologica
La costruzione attiva
1 punti di partenza
La costruzione della realt esperienziale
L'identit individuale
L'assimilazione
Dai riflessi alla teoria degli schemi
L'accomodamento
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Il riconoscimento
La necessit di un agente
Il significato come ri-presentazione
Il potere dei simboli
La teoria dell'astrazione secondo Piaget
La forma e il contenuto
I quattro tipi di astrazione
La questione della consapevolezza
La consapevolezza operazionale
Conclusione
Postscritto filosofico
Capitolo VI
E s e gli altri
L'illusione dell'informazione codificata
La realt dell'esperienza
L'analisi della costruzione empirica
La questione dell'oggettivit
La conferma tramite gli altri
Il s elusivo
La nozione di ambiente
Il s percepito
Gli indizi sensoriali
Le immagini riflesse
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Capitolo IX
Unit, pluralit e numero
Una definizione elusiva
Cose e unit.
Concezione piuttosto che percezione
Il modello attenzionale
Un'iterazione di impulsi
La genesi della pluralit
Il concetto astratto di numero
Il "potere indicativo" dei numeri
La certezza matematica
Capitolo X
L'avviamento degli studenti alla costruzione concettuale
Qual' il nostro obbiettivo?
Insegnare, non addestrare
Gli stimoli ambientali
Il rinforzo
Il carattere illusorio del linguaggio
La funzione che orienta
Il materiale percettuale
Un punto geometrico
La necessit di inferire il pensiero degli studenti
Aiutare, non dare istruzioni
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Circa a quei tempi cominciai a lavorare con Les Steffe all'approccio costruttivista per
l'apprendimento e l'insegnamento dell'aritmetica. Senza di lui il costruttivismo radicalesarebbe rimasto un'impresa privata. La sua inclinazione per analisi operazionali
plausibili di ci che sembrano fare i bambini della scuola elementare quando hanno ache fare coi numeri ha portato ad applicazioni pratiche nelle aule scolastiche.
Ogniqualvolta gli esperimenti duravano per almeno due anni, i risultati eccedevano lenostre aspettative. Pi di ogni altra cosa ci mi incoraggi a continuare con la mia
elaborazione della teoria costruttivista del conoscere.
Una cosa che sicuramente non ci aspettavamo, era che il "costruttivismo radicale"
sarebbe diventato uno slogan - con tutti i vantaggi e gli svantaggi dovuti alla popolarit.
Le reazioni erano varie e, sia quelle positive sia quelle negative, avevano dalla loro un
che di appassionato. Scopo di questo libro, quindi quello di illustrare le ideecostruttiviste pi importanti.
Qualche lettore potr essere sorpreso del fatto che io opponga le mie idee a quelle del
comportamentismo. Non vado perdendo tempo ed energia sul gi-detto e fatto. Mi sentodi affermare che il comportamentismo un movimento pass, ma alcune delle sue idee
centrali sono ancora ben vive sia in psicologia che in didattica. Chi si aggrappa a ci
avr una visione distorta del costruttivismo.
La maggior parte di questo testo nuovo, ma le idee esposte sono state centrali per molti
anni nelle mie opere. Alcune vengono qui ampliate, altre riassunte. Le sovrapposizionicon scritti precedenti, sono segnalate.
Nel primo capitolo racconto come giunsi ad abbracciare un modo di pensare
costruttivista. Il secondo un percorso eclettico attraverso la storia della filosofiaoccidentale. Vuol mostrare che non c' nulla di realmente nuovo circa le idee cheformano il nocciolo del mio pensiero. Mi sono limitato ai filosofi e non ho menzionato
scrittori quali Pirandello, Musil e Fowles che svilupparono un loro propriocostruttivismo. E sono comunque consapevole delle lacune cos come so che ci sono
delle omissioni di cui non ho conoscenza.
Suppongo che capiti a tutti coloro che cercano di formulare i risultati di lungheriflessioni. Vi sedete con la penna in mano, o alla tastiera, e guardate la frase appena
scritta. Sembra non esserci nulla da cambiare, Ma improvvisamente vi sentite incerti: da
dove arriva tutto ci? L'ho gi letto da qualche parte? Cercate nella vostra mente e vichiedete chi potrebbe aver detto queste cose.
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Tutto ci che ho fatto e scritto stato guidato dalla volont di acquisire un'attitudine che
i miei genitori mi avevano mostrato: seguire pensieri chiari invece di dogma, ed essereleale nei confronti delle persone piuttosto che delle nazioni. Il loro esempio fu un regalo
meraviglioso.
Per quanto riguarda il presente voglio esprimere la mia riconoscenza per l'amorevole
supporto ed incoraggiamento di mia moglie Charlotte. Il lettore dovrebbe apprezzare ilsuo aiuto perch stata lei a ricordarmi continuamente il precetto di Wittgenstein "ogni
cosa che pu essere detta, pu venir detta chiaraniente", ed grazie a lei che molte mie
frasi sono state accorciate.
Sono in debito con l'Universit della Georgia per avermi offerto, venticinque anni fa, unaposizione accademica anche senza la necessaria qualifica di Pli. D. Lavorando con
colleghi del Dipartimento di Psicologia ampliai i miei orizzonti, e l'intensa interazione
con gli studenti fu di grande stimolo per perfezionare le mie idee.
Ringrazio Jack Lochhead per avermi offerto un posto nel suo Istituto dopo che mi ritirai
dalla Georgia, per la sua incrollabile amicizia e per le molte volte in cui mi ha sostenuto
indicandomi anche alcune lacune concettuali nei miei scritti.
Voglio anche ringraziare tutti quelli che hanno preso il mio lavoro seriamente e che ne
hanno scritto con intelligenza - specialmente Siegfried Schmidt negli ambienti di lingua
tedesca, Felice Accame e Mauro Ceruti in Italia, Jean-Louis Le Moigne in Francia eJacques Dsautels e Marie Larochelle in Canada. Di altri da cui ho avuto stimoli, aiuto e
sostegno parler nel capitolo I.
Per quanto riguarda questo libro, sono grato a Paul Emest e alla Falmer Press per avermi
suggerito di scriverlo. Ho cercato di soddisfare le loro aspettative. Se fossi un po'pigiovane mi prenderei ancora un anno per lavorar di lima. Spero che questa presentazione
del mio lavoro possa stimolare i lettori a pensare nelle linee suggerite e a risolvere i
divari che vi troveranno.
Scientific Reasoning Research Institute Amherst, giugno 1994
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Parlo qui, sin dall'inizio, di soggettivit, perch credo che il modo migliore di presentare
il costruttivismo radicale sia raccontare come io, in quanto soggetto individuale, arrivai
ad abbracciarlo come orientamento generale.
Inevitabilmente l'inizio di questa storia ha a che fare con la mia vita e con le radici
dell'insoddisfazione nei confronti delle tradizionali teorie della conoscenza. Sar lacronaca del mio incontro con le idee delle persone conosciute e di autori letti, nessuno
dei quali, sospetto, converrebbe completamente col modo in cui io li interpretai e costruii
il mio modello. Voglio quindi far precedere i miei ragionamenti da due avvertimenti.
Il primo, tutto ci che viene detto in questo libro semplicemente la visione dell'autore.E un tentativo di spiegare un modo di pensare e non mira a descrivere una realt
indipendente. Ecco perch preferisco chiamarlo un approccio o una teoria del conoscere.Bench li abbia usati nel passato, ora cercher di evitare i termini "epistemologia" o
"teoria della conoscenza" per il mio costruttivismo, perch essi tendono ad implicare lo
scenario tradizionale secondo il quale gli esseri umani nascono in un mondo gi-pronto,
che essi devono cercare di scoprire e "rappresentare" a se stessi. Dal punto di vistacostruttivista il soggetto non pu trascendere i limiti dell'esperienza individuale.
Comunque, questa condizione non elimina per nulla l'influenza e gli effetti formatividell'interazione sociale.
Il secondo avvertimento riguarda le mie memorie e l'atto di ricordare in generale. Come
ha sottolineato il filosofo italiano Giambattista Vico (1744-1961), non possiamo
ricostruire il passato esattamente com'era perch non possiamo fare a meno di articolaree capire i nostri ricordi in base ai concetti che abbiamo nel presente. Indipendentemente,
due secoli pi tardi, Jean Piaget arriv alla stessa conclusione (1968). Quindi la storia
che mi accingo ora a raccontare la storia come la vedo ora.
Torna a capo.
Quale lingua ce lo dice "cos com'"?
Problemi riguardanti il concetto di realt affiorarono molto presto nella mia vita perchcrebbi con pi di una lingua. 1 miei genitori erano austriaci e di solito in casa parlavano
in tedesco. Ma fino alla fine della prima guerra mondiale mio padre era stato nel serviziodiplomatico e si era abituato a parlare spesso in inglese, anche con mia madre. Quando
ero piccolo usavano l'inglese ogni volta che volevano parlare di questioni che ritenevano
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Ingenuamente e certamente senza formularlo ero inciampato in un modo di pensare che,
come scoprii ventanni dopo, era il nocciolo della ben nota ipotesi Sapir-Whorf. In parolepovere, questa ipotesi afferma che il modo in cui le persone vedono e parlano del proprio
mondo in gran parte determinato dalla loro madre lingua (WHORF, 1956). Inretrospettiva penso che fu l'esperienza di prima mano di questo fenomeno che mi spinse
ad interessarmi di epistemologia. Se la lingua ha qualcosa a che fare con la strutturadella mia esperienza e, quindi, in qualche modo, con il mondo che io consideravo reale,
non potevo evitare a lungo di chiedermi di che tipo potesse essere la reale realt dietro la
mia lingua e come la si potrebbe conoscere e descrivere.
Torna a capo.
A Vienna al momento sbagliato
Dopo le superiori continuai a studiare matematica, che avevo sempre amato -
probabilmente perch sembrava l'unica materia che non dipendeva da una linguanaturale. Mi iscrissi all'Universit di Zurigo, ma dopo un semestre mio padre mi disse
che non c'erano pi a disposizione franchi svizzeri e se avessi voluto continuare i mieistudi avrei dovuto farlo a Vienna. Non fui entusiasta di questo spostamento ma ci andai,
nell'autunno del 1936. Il movimento nazista austriaco, anche se ufficialmente proibito, sifaceva sentire ovunque compresi i corridoi e le aule universitarie. Era un'atmosfera
deprimente e quando, prima della fine del secondo trimestre, mi fu offerta l'opportunit
di un inverno in Australia come istruttore di sci, accettai con entusiasmo.
Fu la fine della mia educazione accademica. Ma Vienna mi aveva introdotto a due autori
che mi influenzarono profondamente: Freud e Wittgenstein. Il lavoro di Freud(specialmente la suaInterpretazione dei sogni, Wedizione, 1930) suggeriva che si pu
escogitare un modello razionale del lavoro delle menti individuali; e questo metodorichiedeva che l'analisi di ci che gli individui avevano inconsciamente implementato
nelle loro stesse menti dovesse essere compiuta dagli individui stessi (Freud stesso
sembra essersi dimenticato di questo principio in alcuni suoi lavori posteriori e moltipsicanalisti lo trascurano del tutto).
Il Tractatus del Wittgenstein (Y edizione, 1933) cattur la mia attenzione soprattutto perl'elegante nitidezza della sua esposizione. Sembrava convincente, anche se non lo capii
del tutto. Negli anni che seguirono rilessi il libro molte volte e un giomo mi svegliai
dall'incantesimo quando arrivai alla proposizione 2.223:
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"Dei principi della conoscenza umana"(1710). Non era un autore superficiale che
sceglieva i suoi titoli senza pensarci. Se scelse quello, fu perch intendeva parlare diconoscenza umana, non di ontologia. In secondo luogo rivel esplicitamente che cosa
intendeva con quel motto latino:
Il tavolo su cui scrivo dico che esiste, cio, lo vedo e lo sento; e se io fossi fuori dal mio
studio direi che esisteva - intendendo in tal modo che se fossi nel mio studio potreipercepirlo, o che qualche altro spirito potrebbe effettivamente percepirlo (BERKELEY,
1710).
E Berkley aggiunge una spiegazione generale:
C'era un odore, cio lo si sentiva; c'era un suono, cio lo si udiva; un colore o una figura,ed era percepito con la vista o con il tatto. Questo tutto quello che posso capire con
queste e simili espressioni. Perch per quanto riguarda ci che si dice dell'assoluta
esistenza di cose non-pensanti senza alcuna relazione col loro essere percepite, ci mi
sembra perfettamente inintelleggibile (ibidem,parte I, par. 3).
Di fatto Berkeley sta definendo il modo in cui vuole usare i vocaboli "esse" (essere),
esistere" ed "esistenza" quando ha a che fare con la conoscenza umana. Inoltre, per lui, iltermine esistenza non ha alcun significato intelleggibile oltre il dominio dell'esperienza.
La sua ontologia un'altra questione. Era un cristiano credente (tanto che divenne
vescovo) e quindi basava la sua ontologia sulla rivelazione, non sulla conoscenzarazionale. Per farla concordare con la sua teoria della conoscenza aggiunse un dettaglio
mistico: siccome Dio percepisce tutte le cose sempre, la loro permanenza assicurata.Ma questa permanenza appartiene al dominio della metafisica, non allo studio della
conoscenza razionale umana (ho raccolto molte altre cose di Berkeley durante gli anni eil suo nome ritorner in altre sezioni di questo libro).
Nel 1939 venne pubblicatoFinnegans Wake e, sebbene Joyce vivesse in un esilio
autoimposto da circa due decenni, l'evento fu celebrato come non altri nei circoliintellettuali di Dublino. Si riun un gruppo informale di persone che conoscevano altre
lingue per cercare di sbrogliare gli innumerevoli giochi di parole che formavano lostraordinario testo di Joyce. Il gruppo dur due riunioni durante le quali coprimmo le
prime tre pagine, ma poi il nostro entusiasmo, cos come il nostro whiskey irlandese, siprosciug. Nei versi di apertura diFinnegans Wake, comunque, c' il primo di moltiriferimenti a Vico, un nome che non avevo mai sentito prima. Mi dissero che
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parlavo quattro lingue e avevo interesssi affini, mi chiese di unirmi al gruppo. Mi
accalappi subito avendomi spiegato che stavano cercando di ridurre tutti i significatilinguistici, non ad altre parole, ma ad operazioni mentali.
L'idea di definire i concetti in termini di operazioni derivava da Percy Bridgman, il fisicopremio Nobel. Egli aveva sviluppato l'idea nel contesto dell'analisi dei concetti chiave
nella teoria della relativit di Einstein (BRIDGMAN, 1927). Sfortunatamente ilmovimento comportamentista in psicologia si appropri dell-operazionalismo" di
Bridgman che, a sua volta, divenne oggetto di critica di filosofi che lessero branifocalizzandosi sulle operazioni fisiche della misurazione, generalmente ignorando ci
che Bridgman diceva della costruzione mentale dei concetti. Per me la tesi che le parole
significano concetti e che le definizioni dovrebbero specificare le operazioni che si
devono eseguire per costruire questi concetti, calzava esattamente con il principio dellacostruzione della conoscenza di Vico.
Negli anni seguenti il mio apprendistato nel gruppo di Ceccato, che si incontrava
formalmente due o tre volte l'anno per un paio di giorni di intense discussioni, miinsegn a dubitare di tutte le idee convenzionali e dei taciti assunti delle tradizionali
teorie della conoscenza. Nel 1949 Ceccato fond "Methodos", una rivista internazionale
sull'analisi del linguaggio e sulla logica formale e mi venne chiesto di tradurre in inglese
i contributi scritti in italiano e in tedesco (2). La paga era misera, ma era una opportunitunica e riuscivo a mantenermi lavorando come giornalista.
Quando Ceccato mi diede il suo articolo per il primo numero di "Methodos" da tradurre
in inglese, non avevo idea di quanto potesse essere difficile. Aveva scritto una parodiache presentava la storia dell'epistemologia come un gioco, non molto diverso dal poker,
in cui i grandi filosofi del mondo occidentale erano i giocatori. li fine era quello di
stabilire un valore fondamentale, ma era proibito concordarlo all'inizio. Quindi ogni
giocatore dovevaintrodurre la sua scelta surrettiziamente e, se era abile, doveva farlosembrare necessario e auto-evidente alla fine (CEccATo, 1949).
Oggi, non riesco a leggere la mia traduzione senza imbarazzo. C'erano allusioni che non
avevo capito e molta dell'ironia mi sfuggi. Col tempo, comunque, il continuo contatto
con la rivista ampli i miei orizzonti filosofici e il tradurre era il miglior allenamentopossibile nell'uso delle parole.
Torna a capo.
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(Cercai di leggere la sua lettera al chiaro di luna)
Have this ready by Friday
(Prepari ci entro venerd)
My doctor swears by vitamic C
(11 mio medico giura sulla vitamina C).
Si dovevano distinguere anche altre relazioni in un'analisi dettagliata, perch in ognunadelle lingue con cui abbiamo avuto a che fare servivano molte espressioni per tradurre la
preposizione inglese "by". Essendo una questione di relazioni concettuali, ci dimostra
che le lingue determinano concettualizzazioni diverse.
Lavorare in quest'ambito (in cui ci sono innumerevoli esempi di discrepanze concettuali
tra nomi, verbi ed aggettivi dati come equivalenti nei dizionari bilingue) conferm la mia
profonda sensazione che ogni lingua comporta un mondo concettualmente diverso. Tra
durre, nel senso di rendere in una seconda lingua l'identica struttura concettuale espressa
nella prima, era impossibile, e le nostre analisi concettuali dimostrarono il perch.Ovviamente, c' una gran quantit di coincidenze pratiche perch le differenze sonospesso sottili e sembrano irrilevanti nelle situazioni esperienziali quotidiane. Ci che
chiamiamo comunicazione funziona abbastanza bene se una ragazza inglese dice I likethat boy, o un'italiana "questo ragazzo mi piace" - non sembra essere importante che una
espressione assegni il ruolo attivo alla ragazza, l'altra al ragazzo. Ma mostra che i mondi
di chi parla sono concettualizzati in modo diverso.
Torna a capo.
Il salto in America
Qualche mese dopo il termine del progetto di Ceccato, un altro ufficio di ricerca delleForze Aeree statunitensi incominci ad interessarsi al tipo di analisi concettuale che
stavamo conducendo e decise di finanziare un lavoro pi modesto. Ceccato non volle picontinuare i lavori sulla traduzione e mi rivolsi a Paolo Terzi, il direttore dell'Istituto per
la Documentazione di Milano, e lo trovai disposto ad ospitare un tale progetto. Ancheloro avevano bisogno di traduttori e condividevano la speranza che i computer sarebbero
stati presto in grado di aiutarli in quel lavoro.
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ti di informatica e comunicazione. Fu allora che, come la Fatina Buona, l'universit della
Georgia, con la quale avevamo un contratto con il Centro Informatico, si fece avanti e ciadott tutti. Brian Dutton, che aveva sostituito Jehane Barton e la cui tesi di laurea era in
realt sulla poesia mediovale spagnola, s'infil nel dipartimento di lingue romanze, PieroPisani fu posto al centro computer e io al dipartimento di Psicologia. Inizi cosi una vita
in accademia mai contemplata.
Torna a capo.
Introduzione alla Psicologia
Due membri del dipartimento, diversamente dai loro colleghi comportamentisti avevano
una certa simpatia per le mie idee sul linguaggio e mi aiutarono permettendomi di
presenziare ai loro corsi. Uno era Bob Pollack, che proprio allora (1969) era statocuratore di un libro sugli studi di Alfred Binet. L'autore francese risultava come uno
psicologo ben pi profondo di quanto potesse far credere la sua "Scala di Intelligenza".L'altro era Charles Smock un esperto di psicologia genetica, che aveva studiato per un
certo periodo a Ginevra.
Per stare al passo con il corso di Pollack dovetti leggere molto sulla percezione, la suaspecialit. Avevo scarsa conoscenza dei meccanismi della vista ed imparai molto sui
modelli correnti in psicologia. Da una parte li trovavo affascinanti per gli esperimenti
ingegnosi che fornivano i dati con cui si potevano "confermare" i modelli. Dall'altra ero
stupito per la generale mancanza di considerazioni epistemologiche. Ci che l'occhiovede - luce, colore e forma - veniva solitamente dato per certo, come un dato fisico, e la
ricerca si focalizzava sui meccanismi sensoriali che potevano trasmettere una presuntarealt al cervello. Nessuno sembrava dubitare dell'assunto che Wittgenstein aveva
espresso cos succintamente nella sua proposizione 2.223 (v. sopra). Scopo degliesperimenti era sempre quello di scoprire che cosa fa l'occhio per vedere ci che c' l,
come se percepire fosse semplicemente ricevere qualcosa che esiste gi-pronto. La
ingenua metafora della camera fotografica dominava il campo nonostante il fatto che lascena di fronte alla macchina fotografica, cos come l'immagine che ne viene fuori, siano
ovviamente un prodotto dei molti processi percettuali che stavamo studiando.
Mi imbattei comunque in un'eccezione spettacolare: la stranezza percettuale che gli
esperti a volte chiamano "Effetto Cocktail Party". t un fenomeno famigliare a tutti anchesenza aver studiato psicologia. Qualcuno ha attaccato bottone con voi e vi sta
raccontando una storia noiosa. All'improvviso vi acccorgete che dietro a voi si sta
svolgendo una conversazione ben pi interessante. Non volete offendere il noioso e cosseguite ci che dice, ma quel poco che basta per essere in grado di fare un rumore
incoraggiante ogni volta che fa una pausa per prendere fiato. La maggior parte della
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introdusse in un'avventura tanto affascinante quanto inaspettata. Conobbi Ray Carpenter,
uno dei principali primatologi statunitensi che aveva un incarico associato conl'universit della Georgia e lo Yerkes Primate Research Center ad Atlanta. Fu lui a
parlarmi per primo della ricerca dei coniugi Gardner dell'Universit del Nevada cheproprio allora pubblicavano i primi rapporti sullo scimpanz Washoe che stava
imparando il linguaggio dei segni. La questione se gli scimpanz potessero o menoimparare un linguaggio stava diventando rovente e stava dilagando tra le riviste
specializzate. L'istituto Yerkes voleva prendere parte al dibattito e pianific esperimenti
che potessero fornire prove pi rigorose delle valutazioni soggettive dei fugaci scambi digesti manuali. Ray Carpenter promosse l'idea di creare un sistema di comunicazione
consistente in una tastiera e in un computer che poteva registrare tutte le interazioni.
Poich sapeva del nostro lavoro di analisi del linguaggio computerizzata, mi chiese sefossi interessato a progettare il linguaggio e le componenti del computer del sistema
pianificato al Yerkes Center. Ne discussi col mio collega Piero Pisani e decidemmo di
accettare l'invito.
Progettai la lingua "Yerkish", usando disegni geometrici come simboli per parole(concetti) ed una grammatica semplificata, ma molto precisa che governava la loro
formazione in frasi. Premendo sequenzialmente i tasti, venivano inviati al computer i
segnali-codice che stavano per le parole. Il computer conteneva il vocabolario, lagrammatica, il nostro sistema per controllare la correttezza delle frasi e le regole per
rispondere a circa una dozzina di richieste che la scimpanz Lana doveva formulare
usando i simboli dello yerkish. Pisani fece miracoli riuscendo a far stare tutto in unaminuscola memoria di un computer PDP8 (GLASERSFELD, 1977; PISANI, 1977) (3).
Per sei anni lavorammo con i primatologi e i tecnici dello Yerkes Center e il talento di
Lana cattur l'attenzione della stampa e della TV Era un lavoro avvincente e divertente.Ma poi venne il momento in cui rinunciammo al progetto perch erano sorte differenze
inconciliabili con la direzione della ricerca, che rimaneva saldamente fissata alla
tradizione comportamentista. Nonostante ci sono sicuro che di qualunque buona
reputazione io goda in campo psicologico sia dovuta alle notevoli prestazioni di Lana.
Il mio background nell'analisi concettuale, comunque port altri frutti. MichaelTomasello, uno degli studenti con cui ho avuto l'onore di discutere la tesi di Master,
intraprese il gigantesco compito di registrare ed analizzare, assieme alla moglie, le prime
manifestazioni linguistiche della loro figlia durante il secondo anno di vita. Che iosappia, l'unica raccolta dati completa dell'acquisizione della lingua infantile e si
dimostrata essere una miniera d'oro per lo sviluppo e il controllo delle teorie su questo
argomento. Fu un'opportunit inestimabile per vedere quanto fosse utile l'approccio di
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La comprensione del lettore viene poi ulteriormente sabotata dalla frequente omissione,
da parte del traduttore, di frasi esplicative e a volte di interi paragrafi.
Uinaccettabile traduzione di questo e di altri volumi mi spinsero a cercare di presentareil pensiero di Piaget a studenti inglesi in un modo meno distorto. Comunque, il mioobiettivo principale non era correggere le traduzioni. Dovendo insegnare Piaget su testi
inglesi, il mio scopo era correggere alcuni dei malintesi di base riguardanti la natura del
costruttivismo che forma la spina dorsale della sua "epistemologia genetica".
Torna a capo.
Dalle operazioni mentali alla costruzione della realt
Piaget non fu il primo a suggerire che noi costruiamo i nostri concetti e la nostra
immagine del mondo in cui viviamo, ma nessuno prima di lui aveva intrapreso un
approccio evolutivo. Se ci si pone domande sulla fonte e sulla validit della conoscenza(nel mio caso fu la pluralit di lingue che mi port a domandarmelo), risulta ovvio che il
modo migliore e forse unico, di scoprire come la conoscenza si sviluppa, studiare comei bambini lo fanno. Ovviamente, per i filosofi tradizionali ci significherebbe peccare
imperdonabilmente, perch legittimare la conoscenza tramite il suo sviluppo piuttostoche attraverso una logica nontemporale, per loro, "fallacia genetica". Ma Piaget non era
un filosofo tradizionale.
NeLa construction du rel chez l'enfant,presentava un modello di come si possa
costruire un'impalcatura base - la struttura concettuale di oggetti, spazio, tempo e
causalit.
Essa serve da intelaiatura entro cui costruire una realt esperienziale coerente. Ma questacostruzione non libera, inevitabilmente ristretta e limitata dai concetti checostituiscono l'impalcatura. Questo uno dei punti di coincidenza conA Theory of
Personality: Psycology of Personal Constructs di George Kelly (1963), che espresse la
propria idea in modo pi generale:
Per la creatura vivente, quindi, l'universo reale, ma non inesorabile a meno che non
scelga di interpretarla in quel modo (KELLY, 1963, p. 8).
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Per chi crede nella rappresentazione il cambiamento radicale del concetto di conoscenza
e la sua relazione con la realt, uno shock tremendo. Credono che abbandonare
l'aspetto rappresentazionale equivalga a negare la realt, cosa sicuramente folle. Il
mondo della nostra esperienza, dopo tutto non quasi mai interamente come vorremmoche fosse. Ma ci non preclude che noi stessi abbiamo costruito la nostra conoscenza di
esso.
Il costruttivismo radicale, come ho detto all'inizio, un modo di pensare la conoscenza e
l'atto del conoscere.
A causa della sua frattura con la tradizione filosofica esso stato (e lo tutt'ora incerte sfere) del tutto impopolare. Quindi i miei primi scritti furono ri iutati dalle
riviste. Un curatore, con una chiarezza incantevole afferm: '1 suoi scritti non
sono adatti per i nostri lettori".
Arrivando dall'Europa e senza alcun background in psicologia, mi ci volle tempo per
scoprire quale fosse il problema. Nel 1967 e per la decade seguente, il clima intellettuale
che pervadeva i dipartimenti di psicologia e di linguistica statunitensi era in gran partedominato dal comportamentismo. Ancora nel 1977, Skinner ripeteva: "Le variabili di cuiil comportamento umano una funzione si trovano nell'ambiente" (SKWNER, 1977, p.
1). Se si credeva in un tale determinismo, non rimaneva spazio per teorie della
costruzione mentale. Avrebbe senso credere nel determinismo ambientale se si avesseaccesso ad un ambiente oggettivo, in modo da poter mostrare che un pezzo particolare di
quell'ambiente causi un comportamento particolare. Ma ci che uno scienziato - o inveroqualunque persona riflessiva - categorizza come proprio ambiente e poi causalmente lo
mette in relazione con il comportamento osservato, sempre una parte del dominio di
esperienza di colui che osserva. Non mai un mondo esterno indipendente.
Torna a capo.
Un'amicizia decisiva
Il pensiero costruttivista trasmessomi da Ceccato e da Piaget non aveva ovviamentepossibilit alcuna di intaccare il dogma costituito delle discipline a cui, credevo, avrebbe
avuto qualcosa da dire. Se Piaget stesso non era riuscito ad essere seriamente consideratocome filosofo, era chiaro che un autore sconosciuto non potesse andare da nessuna parte.
In linguistica, l'opera di Noam Chomsky aveva brillantemente capovolto l'impostazione
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aritmetiche (STEFFE, RiCHARDs e GLASERSFELD, 1978; STEFFE, THOMPSON e
RICHARDS, 1982; STEFFE, GLAsERsFELD, RICHARDs e COBB, 1983).
Non sapevo nulla sulle ricerche di didattica e ricordavo ben poco dei pochi semestri incui avevo studiato matematica, eppure in fondo in fondo mi ero fatto l'idea che l'analisiconcettuale si sarebbe occupata, prima o poi, di concetti matematici. Per un costruttivista
ovviamente impossibile pensare a numeri e a forme geometriche come date- da-dio. N
si poteva accettare l'idea di Platone delle forme pure che galleggiano come cristalli in unregno mistico oltre l'esperienza. Si sarebbe dovuto investigare sulla loro genesi come
entit astratte in un dominio d'esperienza.
I matematici, da Euclide ai giorni nostri, ci dicono ben poco su come si sono costruiti iloro concetti di base. 1 numeri sono la materia grezza dei loro edifici astratti, e comefanno i muratori con i mattoni, li danno per scontati (6). Soltanto loro stessi potrebbero
gettare luce su come sono arrivati ai concetti elementari, ma, data la loro competenza, la
questione, ovviamente, per i matematici, banale.
Neppure i filosofi, anche se alcuni di loro sostenevano abbastanza chiaramente che il
numero "una cosa della Mente" (v. cap. 9), mi furono di grande aiuto perch nonspiegavano come si pu produrre questa entit mentale. L'unica eccezione fu Edmund
Husserl, il fondatore della fenomenologia, il quale propose che l'operazione che formaoggetti unitari discreti nel nostro campo percettivo essenzialmente la stessa che
sottosta al concetto di l'uno" e, ad un susseguente livello di astrazione, ci mette in grado
di includere ogni collezione di questi uno in un'entit unitaria discreta che chiamiamo"numero" (HuSSERL, 1887, pp. 157-68). Quest'idea fu senz'altro utile e si adattava alla
teoria dell'astrazione riflessiva di Piaget. Per convalidarla serviva un dominio di
esperienza dove potessero essere fatte tali astrazioni. L'osservazione dei bambini fu larisposta.
Torna a capo.
Esperimenti d'insegnamento
Quando cominciai a lavorare con Leslie Steffe, lui stava gi sviluppando un metodo che
aveva chiamato "Esperimento d'insegnarnento". Era un ibrido tra il "rnetodo clinico" diPiaget di interviste/colloqui ai bambini e la ricerca educativa. Mirava a stabilire un
modello "viabile" delle loro attivit costruttive nel contesto aritmetico. L'approccio diSteffe era diverso, in quanto intendeva creare situazioni che avrebbero permesso alricercatore di osservare i bambini al lavoro e di fare deduzioni su come essi costruiscono
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genetica, volevo distinguere il mio approccio da ci che gli studenti potevano leggere
altrove su versioni del costruttivismo che sembravano futili. Chiamai il modello a cuistavo lavorando "radicale" e ne formulai i due principi base:
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la conoscenza non viene ricevuta passivamente ma costruita dal soggetto "conoscente";
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la funzione della conoscenza adattiva e serve per l'organizzazione del mondo
esperienziale, non per la scoperta di una realt ontologica (7).
Torna a capo.
Le idee costruttiviste si espandono
Nel gennaio del 1978, Heinz von Foerster e Francisco Varela organizzarono a SanFrancisco una conferenza intitolata "La costruzione delle realt", si trattava di un
simposio a porte chiuse che raccoglieva una trentina di autori e scienziati di variediscipline ma che avevano in qualche modo mostrato di credere che la conoscenza non si
poteva trovare o scoprire gi-fatta, ma andava costruita.
Fu notevole scoprire che c'erano stimati ed ineccepibili pensatori di biologia, sociologia,scienze politiche, logica, linguistica, antropologia e psicoterapia che erano arrivati in
modo individualmente differente a concludere che non si poteva pi sostenerel'epistemologia tradizionale. Ma, come spesso accade quando si incontrano menti
elevate, si trascorse molto tempo a discutere su discrepanze individuali relativamentepiccole, e poco tempo a cercare di forniulare principi costruttivistici di base sui quali,
molti di essi, se non tutti, sembravano concordare.
Comunque, per me, fu un evento molto incoraggiante. Fu il mio unico incontro con
Gregory Bateson, e sentire i suoi commenti e il suo modo educato di indicare una
contraddizione nella presentazione di un oratore fu per me una lezione non meno
importante delle intuizioni fornitemi dai suoi scritti.
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Nel 1975, a Filadelfia, al congresso della Jean Piaget Society, per la prima volta
presentai l'interpretazione radicale dell'epistemologia genetica ad un pubblico vasto. Nonci fu una gran discussione perch era una sessione plenaria, ma ebbe per me due
conseguenze importanti. Hermine Sinclair che fu a lungo collaboratrice di Piaget, miincoraggi calorosamente a continuare il mio lavoro, ed a lei che devo il mio primo
invito a Ginevra. La presentazione mi permise anche una lunga chiacchierata con JackLochhead che era in procinio di avviare un gruppo di ricerca piagettiano sulla
conoscenza al dipartimento di fisica dell'Universit del Massachusetts. Negli anni
seguenti mi invit molte volte a tenere dei seminari sull'analisi concettuale, in quantoegli e i suoi colleghi stavano cercando di sviluppare un modo pi efficace di insegnare
fisica nonch la matematica che questa richiede. Come altri, i ricercatori nel settore
dell'educazione, avevano notato che molti studenti erano ben in grado di imparare leformule necessarie e di applicarle ad una gamma limitata di problemi presentati nei libri
di testo e negli esami, ma se dovevano affrontare problemi nuovi, erano carenti e
mostravano di essere ben lontani dall'aver capito i concetti rilevanti e le relazioniconcettuali che costituiscono la vera struttura della fisica.
Quando andai in pensione dall'Universit della Georgia nel 1987, Jack Lochhead mi
chiam e mi chiese perch non andassi a lavorare con lui. A quei tempi il suo gruppo si
erastabilito come istituto indipendente nel complesso dell'Universit ad ~erst. La ricercanella didattica della fisica, il modesto titolo "Scientific Reasoning Research Institute", la
neve e la possibilit di sciare nel Massachusetts, e il fatto che i bambini di Charlotte
sarebbero stati pi vicini, si dimostrarono irresistibili.
Il lavoro in quel'Istituto mi chiar subito che insegnare fisica non era proprio comeinsegnare aritmetica a livelli elementari. Bench i concetti fondamentali in entrambe le
aree siano costrutti astratti, il loro uso marcatamente diverso. In matematica i concettipossono essere combinati e correlati in tutti i modi che il matematico ritiene legittimo
entro le regole che lui stesso ha accettato; e nuove astrazioni derivate da quei composti
possono condurre a nuovi livelli di operare. Il fatto che alcune di quelle strutture astratte
risultanti possano essere applicabili a problemi del mondo pratico, pu esseregratificante per gli inventori, ma rimane irrilevante nell'ambito della matematica. In
fisica, comunque, il processo di astrazione doppiamente limitato. Non deve soloconformarsi alla logica ed essere coerente concettualmente, ma i suoi risultati devono
resistere anche alle verifiche sperimentali, vale a dire, devono adattarsi alla situazioneesperienziale. In breve, la matematica autosufficiente e i suoi obiettivi giacciono nel
suo stesso dominio. Di contro la fisica ha una componente strumentale in quanto deve
fornire modelli teorici che aiutano ad organizzare il nostro mondo esperienziale.
Torna a capo.
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fatto che la "teoria di Newton fu trovata falsa da esperimenti che fallirono nel rendere
falsa quella di Einstein", significa soltanto che crollata sotto certe circostanzeesperienziali. Lo strumentalismo, egli dice, non ha nulla di equivalente a tali verifiche.
Uno strumento pu rompersi, o pu diventare antiquato. Ma difficilmente possiamo direche sottoponiamo uno strumento alle pi severe verifiche progettabili per rifiutarlo in
caso negativo. Per esempio ogni intelaiatura aerea, pu essere "testata fino alladistruzione", ma questo test severo viene effettuato non per rifiutare tutte le intelaiature
se questa viene distrutta, ma per avere informazioni sull'intelaiatura (cio per verificareuna teoria su essa), in modo da poterla usare nei limiti della sua applicabilit (o
sicurezza).
Una teoria pu continuare ad essere usata per scopi strumentali di applicazione pratica
persino dopo la sua confutazione, entro i limiti della sua applicabilit. Un astronomo che
crede che la teoria di Newton risultata falsa non esiter ad applicare il suo formalismo
entro i limiti della sua applicabilit...
Gli strumenti, e persino le teorie in quanto strumenti, non possono essere confutati.L'interpretazione strumentalista non sar quindi in grado di render conto dei veri test,
che sono tentativi di confutazione, e non andr oltre l'asserzione che teorie differentihanno differenti campi di applicazione. Ma poi non pu forse rendere conto del
progresso scientifico (POPPER, 1968, pp. 112-113).
Forte di ci Popper conclude che lo strumentalismo una "filosofia oscurantista" (p.
113).
Per me questo passo fu davvero illuminante. Chiaramente Popper aveva capito in pieno
l'attacco dello strumentalismo. Il suo esempio dell'astronomo era un'accurata predizionedi come gli scienziati e gli ingegneri della NASA facevano i loro interessi quando
mandarono un uomo sulla Luna: essi fecero tutti i calcoli con le formule newtonianeperch ci era molto pi semplice e meno dispendioso in termini di tempo di quelle
einsteniane, anche se sapevano bene che la teoria newtoniana del sistema planetario non
era pi considerata vera da un pezzo.
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(4) Anch'io ho peccato in questo senso, perch per molto tempo ho tradotto il vocabolo francese
usato da Piaget intelligence con l'inglese "intelligence" dimenticandomi che in molti contesti va
letto come "mind" in quanto in francese questo nome manca.
(5) Se non altrimenti indicato, la traduzione delle citazioni dai testi francesi, e tedeschi, sono mie.
(6) Ovviamente un'eccezione rilevante il matematico "intuizionista" L. E. J. Brouwer, ma conobbi
il suo scritto pertinente (Brouwer, 1949) soltanto dopo che ebbi pubblicato il mio "modello
attenzionale" (Giasersfeld, 1985).
(7) Sebbene avessi usato questa definizione in conferenze e conversazioni, essa non apparve in
stampa fino al 1989 nel mio pezzo sul costruttivismo inInternational Encyclopaedia ofEducation(1989a), Supplemento 1 p. 162.
(8) Ho usato citazioni simili da Helniholtz, Mach, Einstein e Bridgman nei miei saggi, e altre sono
ritrovabili in scritti filosofici di Bolir, Dirac, Bom e Schdinger.
(9) Si noti che sto usando l'aggettivo "tecnico" per riferirmi alla tecnica o al metodo della scienza,
non alle macchine e alla tecnologia.
Torna a capo.
CAPITOLO II
IDEE FILOSOFICHE IMPOPOLARI:
UNA STORIA IN CITAZIONI
Nel primo capitolo ho raccontato come le circostanze biografiche - la mia educazione, il
vivere in certi luoghi, l'incontro di alcune persone eccezionali, le letture eclettiche - mi
abbiano portato ad un modo di pensare non- convenzionale. Eppure non c' nulla dinuovo riguardo le idee che formano il costruttivismo radicale. L'unica novit pu essere
il modo in cui sono state raccolte e separate dal contorno metafisico.
Concordo con la definizione di Bertrand Russell:
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problema serio. Rinunciando alla ricerca di una certa conoscenza della realt, si sono
privati proprio dell'argomento che i filosofi usano per distinguere la conoscenza dallamera opinione o credo. Di conseguenza questi pensatori ribelli venivano per lo pi messi
ai margini come sviati o venivano trascurati nella storia della filosofia. Il modo dipensiero tradizionale era ed tuttora troppo forte per essere scosso da una critica che non
offre un immediato rimpiazzo.
Negli ultimi cent'anni, la situazione ha cominciato a cambiare. Nel diciannovesimo
secolo la scienza era vista come una sofisticata estensione del buonsenso che avevagradualmente svelato i misteri del mondo reale. Il successo della tecnologia sembrava
una conferma indiscutibile dell'epistemologia realista. Poi vennero degli sviluppi
scientifici spettacolari - specialmente in fisica teoretica - che produssero dubbi interni al
carattere rappresentazionale delle spiegazioni scientifiche. Avrebbe potuto la scienzasvelare il carattere del mondo com'? Il passo di Heisenberg che ho riportato nel capitolo
precedente, suggerisce che lo scienziato non possa sfuggire al modo umano di vedere epensare. In questo modo l'oggettivit viene messa in dubbio. Verso la fine della sua vita,
Jacob Bronowski descrisse il cambiamento della situazione.
Non c' permanenza dei concetti scientifici perch sono solo nostre interpretazioni di
fenomeni naturali. ... Facciamo soltanto un'invenzione temporanea che copre quellaparte del mondo accessibile a noi in quel momento (BRONOWSKI, 1978, p. 96).
Oggi la stessa filosofia della scienza brulica di idee che sovvertono la millenaria
tradizone realista e le sue mire di una -conoscenza oggettiva. Di fronte a questoscompiglio, sarebbe appropriato e legittimo rivedere la storia del dissenso
epistemologico.
Un simile riesame per me di grande interesse. Non perch spero di trovare moltipionieri del costruttivismo, ma perch registrare i pensatori che hanno contrastato il
punto di vista stabilito, conferma la necessit di un approccio radicalmente diverso al
problema del conoscere.
Torna a capo.
I Presocratici
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Invero, il ragionamento che sta nell'intuizione di Senofane coinvolge la logica del
pensare non i particolari dell'esperienza. Per pretendere vera conoscenza del mondo sideve essere certi che l'immagine che si compone sulla base delle proprie percezioni e
concezioni sia in ogni aspetto una vera rappresentazione del mondo come lo realmente.Ma per essere certi che vi sia un'uguaglianza si dovrebbe essere in grado di comparare la
rappresentazione con ci che si suppone rappresenti. E ci impossibile perch non si
pu uscire dalle modalit umane di percepire e concepire.
Circa un centinaio di anni dopo, Protagora, il primo sofista nel V sec a.C. formul la
famosa frase:
L'uorno misura di tutte le cose (PROTAGORA, 1971, p. 171).
Oggi potremmo dire: la visione che un essere umano ha del mondo, necessariamente
una visione umana. A meno di non rivendicare una certa forma di rivelazione mistica
diretta, qualunque cosa definiate conoscenza - i vostri concetti o idee, le relazioni che lecollegano, le vostre immagini di s e del mondo - saranno umani perch il modo in cui li
avete prodotti vostro, e voi, che vi piaccia o no, siete vincolati ai modi umani.
Tutti i grandi filosofi del mondo occidentale hanno ammesso l'irrefutabilit logica diquesta argomentazione. Eppure hanno faticato per trovare un modo per girargli intorno.In un modo o nell'altro, esplicitamente o surrettiziamente, sotto la maschera della
metafisica, hanno fatto ricorso al misticismo o alla rivelazione religiosa.
Platone era apparentemente conscio del carattere paradossale del concettto di
conoscenza e cerc di risolverlo con la metafora della linea divisa in quattro parti (Larepubblica, 509d-517b). 1 primi due segmenti rappresentavano il mondo dei sensi:
immagini ombrose di immaginazione e di congetture, e le forme delle cose chederiviamo dalla percezione. Queste non sono cose reali, ed egli illustr ci con il famoso
mito della cavema. In questo dominio non c' conoscenza sicura, ma solo "opinioni"(doxa). La terza sezione sosteneva la comprensione dei prodotti del pensiero (episteme),
come la matematica. La quarta corrispondeva alle idee eterne di bellezza, giustizia ebont, che sono in dotazione ad ogni uomo da quando Dio cre l'universo, ed qui che
pu essere raggiunta la vera saggezza. La metafora della linea doveva suggerire lapossibilit di sviluppo, come se si potesse fuggire dalle ombre della grotta e giungere a
vedere la Verit divina con il potere della ragione umana.
Torna a capo.
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Il secondo passo di Eriugena presagisce il Cogito ergo sum di Cartesio, ma non
incoraggia la vana speranza che la stabilizzazione della propria esistenza possa servireda base per il raggiungimento di certe verit sul mondo:
L'uomo, come Dio, pu sapere con assoluta certezza che egli , ma non pu circoscriverela sua natura in modo da essere in grado di dire che cosa egli sia (citato in KEARNEY,
1985, p. 97).
Quando i pensatori bizantini asserivano l'impossibilit di afferrare il carattere essenzialedi Dio per mezzo di concetti umani, facevano della teologia. Comunque, l'afferinazione
che i nostri concetti vengano formati sulla base della nostra esperienza e non possano
quindi essere usati per descrivere qualsiasi cosa che stia fuori dal campo esperienziale, siapplica non solo a entit superumane ma anche ad ogni "realt" che poniamo oltre le
cose di cui abbiamo esperienza. Eriugena quindi enfatizza il fatto che la ragione opera in
base alle sue stesse regole e non pu trascenderle (vedi KANT, Sotto).
Torna a capo.
La scienza moderna amplia la spaccatura
Quindi, sin da prima dell'anno mille si proponeva l'esistenza di due diversi tipi diconoscenza, anche se la divisione non era proprio quella proposta da Platone. Per lui
l'esperienza sensoriale conduceva ad "opinioni" e la ragione a "conoscenza certa". Ora,abbiamo la chiara, ma fallace conoscenza dell'esperienza e l'etema verit della
rivelazione mistica.
La spaccatura nel concetto di conoscenza fu presente, ma piuttosto latente per tutto il
Medio Evo (v. McMuLLiN, 1988, p. 13). Divenne d'attualit nel Rinascimento, quando
Copernico, Keplero e Galilei proclamarono un modello del sistema planetario in direttacontraddizione con gli insegnamenti della Chiesa. Uomini saggi quali Osiander, il
curatore dell'opera postuma di Copernico, e il cardinale Bellarmino, che cerc di aiutare
Galilei per evitargli il processo per eresia, cercarono di allentare il contrasto.Sostenevano che lo scienziato non stava commettendo un'eresia in quanto usava la sua
teoria per calcolare predizioni e per fornire plausibili modelli di fenomeni (4). L'unicacosa che non doveva fare rivendicare la descrizione della realt del mondo di Dio,
perch il mondo di Dio di competenza della Chiesa e del suo dogma. Era la prima
chiara asserzione secondo cui la conoscenza della scienza doveva essere consideratastrumentale e fallibile, mentre la saggezza mistica della rivelazione era indiscutibile ed
un fine in s.
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risolvere tutti i problemi, in~ clusi quelli posti dalla scienza. Ma non erano pronti ad
ammettere che una fede mistica o religiosa fosse il modo per afferrare quelle verit. Nonvolevano fare senza Dio, ma Egli avrebbe dovuto operare secondo la razionalit umana.
Torna a capo.
Un insuccesso e un successo di Cartesio
Cartesio profondamente turbato dal fatto che alcuni suoi contemporanei stesseroapplicando gli insegnamenti riscoperti della scuola di Pirrone alle credenze religiose,
decise di perseguire la ricerca di una conoscenza certa evitando qualsiasi compromesso.Assoggettando tutte le idee al dubbio, egli sperava di isolare quelle che non potevano
essere dubitate. Ne trov solo una: non poteva dubitare sul fatto che fosse lui che stava
pensando ai dubbi. Ma quando cerc di usare questa certezza per costruire altre idee che
fossero indubitabili, fall e dovette ricorrere ad un atto di fede. "Considerato che Dio nonimbroglia" egli disse 1a facolt della conoscenza che Lui ci ha dato non pu essere
fallace" (POPKIN, 1979, p. 177).
Invece di demolire lo scetticismo, il metodo del dubbio di Cartesio lo ha valorizzato.Altre cose dimostrano il suo genio. Una di queste fu l'invenzione della geometria
analitica, il modo ingegnoso di tradurre la geometria in algebra. Mi raccontarono come
giunse a ci quando frequentavo le scuole superiori.
La storia apocrifa ma attraente per i costruttivisti. All'et di 23 anni, Cartesio si arruole venne trasferito nel sud della Gen-nania. A quei tempi non c'era la guerra ed egli
alloggiava in una casa di contadini. Era inverno e trascorreva la maggior parte del suo
tempo in casa e, come diceva, "in una stufa". Pu suonare strano, ma se uno conosce le
case dei contadini in quella regione, non ne fa un mistero. Un angolo del soggiorno generalmente occupato da una grande stufa di ceramica che ha una struttura di legno
tutt'intorno ed sormontata, ad una sessantina di centimetri dal soffitto, da unapiattaforma larga abbastanza per distendersi. t il luogo pi caldo della casa - e lemosche lo sanno. Usano infatti questa parte del soffitto come casa base.
Sdraiato su questa piattaforma, Cartesio guardava il soffitto e vedeva le mosche
gironzolare. Avendo un'inclinazione matematica, si chiese come si potessero descrivere
accuratamente i loro movimenti - ed ebbe un colpo di genio. C'erano due linee, formatedall'incontro delle pareti con il soffitto, che si incontravano proprio ad angolo retto
nell'angolo della stanza. La posizione della mosca poteva essere descritta proiettandolasu entrambe le linee e misurando le rispettive distanze delle due proiezioni dall'angolo.
Se la mosca si muove in linea retta e se si applica la stessa procedura al punto finale del
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Questa una fonte di idee che ogni uomo ha internamente in s; e sebbene questa facolt
non sia un senso, poich non ha niente a che fare con gli oggetti esterni, essa vi siavvicina di molto e si potrebbe chiamarlasenso interno. Ma poich chiamosensazione
l'altra fonte delle nostre idee, questa la chiamer riflessione, perch per suo mezzo lamente riceve soltanto le idee che essa acquista riflettendo entro se stessa sulle proprie
operazioni. Perci appunto nel seguito del presente discorso per riflessione intendo laconoscenza che la mente acquista delle proprie operazioni, e delle loro modalit, per
mezzo delle quali si giunge ad avere idee di queste operazioni nell'intelletto (LOCKE,
1690, Libro Il, Cap. 1, par. 4).
Locke sapeva bene che Cartesio (e Galilei) avevano discreditato l'aff idabilit delle
sensazioni di colore, sapore, odore ecc. (qualit secondarie) ed egli confermava che noi
soltanto:
immaginiamo che quelle idee siano somiglianze di qualcosa realmente esistente negli
oggetti stessi (ibidem, Cap. VIII, par. 25).
In contrasto, le qualit "primarie":
volume, figura, numero, situazione, e movimento o quiete, possono essereappropriatamente chiamate qualit originali o primarie; perch sono nelle cose stesse, siache le percepiamo sia che non le percepiamo: e dalle loro diverse modificazioni
dipendono le qualit secondarie (ibidem,par. 23).
Egli non spiega perch considera queste meno "immaginarie" che la realt delle qualit
secondarie. Invero, curioso che il padre dell'empirismo qui si allinei tacitamente con
l'idealismo di Platone e che creda che ci siano idee che non derivino dall'esperienza.
Torna a capo.
L'esagerazione della tabula rasa
t stato detto tanto dello slogan secondo cui la mente del bambino appena nato una
"tabula rasa" su cui solo l'esperienza inscrive conoscenza. Locke stesso us espressioni
quali "cabinetto vuoto---, 'Toglio bianco" e "tavoletta cerata", ma in vista di ci che eglidiceva riguardo alle idee che sorgevano dalla riflessione della mente sulle sue stesse
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Una reinterpretazione di Berkeley
Berkeley, il secondo empirista britannico, lesseEssay Concerning Human
Understandingdi Locke agli inizi del diciottesimo secolo, mentre studiava al TrinityCollege di Dublino. L'allora ventenne filosofo annot su un taccuino le prime
formulazioni di idee che poi svilupp e spieg nel suoEssay Toward a New Theory of
Vision (1709) e nel Treatise Concerning the Principles of Human Knowledge (1710) (6).
Esistono anche diversi passi che indicano accordi e disaccordi con Locke. Uno deimaggior disaccordi riguarda la relazione tra "qualit priniarie" e cose reali.
Credo che l'obiezione di Berkeley all'idea che queste qualit siano meno dipendenti
dall'osservatore e quindi "pi vere" delle secondarie, derivi da una considerazione chenon ha mai espresso meglio in altre sue opere.
Estensione, movimento, tempo includono l'idea di successione, e come tali sembranoessere di considerazione matematica. Il numero consiste di successione e di percezione
distinta che a sua volta consiste in successione, perch le cose simultaneamente percepite
si mescolano insieme nella mente. Tempo e movimento non possono essere concepitisenza successione, e l'estensione... non puo essere concepita se non come consistente di
parti che possono essere percepite distintamente e in successione (BERKELEY, 1706,par. 460).
L'espressione "considerazione niatematica" diventa chiara se si pensa che il citatoparagrafo 460 la risposta che Berkeley d ad una domanda sull'estensione da lui stesso
posta in un paragrafo precedente, il 111.
Numero non nella materia, perch esso la creatura della mente dipendente interamente
dalla sua considerazione ed essendo pi o meno come piace alla mente (ibidem,par.
110).
Berkeley era ben consapevole che tutto il pensiero matematico risultava dalla riflessione
e dall'astrazione. Quando capi che lasuccessione non poteva essere propriet deglioggetti sensoriali ma doveva essere astratta dalla riflessione di un soggetto sulla sua
propria esperienza, la chiam una nozione matematica, anche dove essa dava origine nona numeri, ma a concetti come l'estensione, il movimento e il tempo. Il punto importante
qui capire che le caratteristiche che erano considerate primarie (nel senso che riflettono
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Pi avanti nell'opera, quando discute sulla "comunicazione del moto per impulsi, come
nell'urto di due palle da biliardo" egli dichiara:
Quando quindi diciamo che un Oggetto collegato ad un altro intendiamo solo che essi
hanno acquisito una Connessione nei nostri pensieri, e
danno origine a questa inferenza, con cui ambedue diventano Prove reciproche
dell'Esistenza (ibidem, Saggio VII, parte 1).
t cruciale ricordare che Locke e Hume si interessavano di intelligenza umana, Berkley diconoscenza umana. Tutti e tre puntavano l'attenzione principalmente su come la mente
umana acquisisce conoscenza e come questa si costituisce. Quando Hume nel contestodel brano riportato parla di "esistenza" l'esistenza che Berkeley ha definito come
percettibilit nel dominio defl'esperienza, e non essere ontologico. Diventa chiaro che
quest'interpretazione viene giustificata quando si legge un altro passo di Humeconcemente la questione se le percezioni dei sensi siano prodotte da oggetti estemi che
rassomiglino loro:
E come si potr determinare questa Questione? Sicuramente con l'esperienza; come tutte
le altre Questioni di ugual Natura. Ma qui l'esperienza e deve essere interamentesilenziosa. Alla Mente non si presenta nulla tranne le percezioni e non pu possibilmente
raggiungere alcuna Esperienza della loro connessione con Oggetti. La supposizione di
una tale Connessione quindi, senza Fondamento nel ragionamento (ibidem, Saggio XII,
parte I).
Dopo ci non si pu pi onestamente giustificare la credenza che la conoscenza umanapossa rappresentare una realt assoluta, ragionando sull'esperienza. Per mantenere tale
credenza si deve ora cercare un supporto nel regno della metafisica (7).
Capire che "relazionare" in ogni circostanza un atto concettuale e che quindi richiede
una mente attiva per concepirlo, stato senza dubbio uno dei fattori che sugger a Kant
di dire che Hume lo aveva scosso dal "sonno dogmatico" (KANT, 1783, p. 260).
Torna a capo.
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Egli apre il trattato su 1a pi antica saggezza degli abitanti dell'Italia" con alcune
osservazioni etimologiche. Per il parlante latino, egli afferma, le parole verum efactum
erano intercambiabili (9), intelligere significava quasi lo stesso di "conoscere" e:
Ratio, per essi, significava s l'addizione degli elementi di aritmetica, come quella facolt
propria dell'uomo, per cui ei dai bruti differisce e di tanto avanza; ... (Vico, 1710, Cap.I. par. 1, 1).
La ragione, egli diceva, produce conoscenza scoprendo come le cose vengono messeinsieme o fatte. Essa specifica di che cosa esse consistano e come le componenti siano
messe in relazione tra loro. Per Dio, creatore del mondo, fare e sapere sono uno e lo
stesso, e la Sua conoscenza infinita.
Ora alla norma di questo vero convien rapportare tutte le verit umane; ossia che tra lecognizioni umane sono vere quelle, i cui elementi sono in noi stessi e coordinati e in noi
medesimi contenuti, e per via di postulati veniamo a dedurre all'infinito; e allorch
mettiamo insieme tali elementi, ci rendiamo i fattori di quei veri, che nel comporreconosciamo; e per conseguenza possediamo il modo, o forma, con cui addivenghiamo i
fattori di questi veri (11) (Vico, 17 10, Cap. 1, par. 111, 2).
La ragione umana, quindi, pu conoscere solo quelle cose che sono fatte di materiale acui essa ha accesso - ed materiale di esperienza - ed attraverso il fare che sorge la
loro conoscenza. Che io sappia, Vico fu il primo ad affermare in modo inequivocabile
che la nostra conoscenza razionale viene costruita da noi stessi. Era per anche un uomo
di fede e si interessava di metafisica, quindi voleva render conto anche della conoscenzametafisica. Lo fece in modo semplice ed efficace dividendo la conoscenza in due tipi:"conoscenza razionale" riguardante il mondo dell'esperienza quotidiana e della scienza; e
1a saggez~ za poetica" riguardante ci che sta oltre il mondo tangibile.
Il razionale pu venir espresso in 1inguaggio volgare" e con esso Vico intendeva le
parole che designano cose esperienziali e le relazioni da esse astratte. Il poetico, in
contrasto, espresso in metafore che mirano al di l dell'accessibile razionale. Disse
esplicitamente:
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lo usa con significati ben distinti che caratterizza per mezzo di espressioni facilmente
confondibili: trascendentale e trascendente. Egli chiama le sue indagini analiticolcritichesulla ragione "filosofia trascendentale" e specifica che essa ha a che fare con:
Intelligenza e ragione stessa come sistema di concetti e principi che riguardano oggetti ingeneralesenza l'assunto di cose che potrebbero essere date (ontologia). La seconda (il
trascendente) riguarda la Natura, cio, la somma degli oggetti dati - sia che siano dati aisensi, o se si vuole, a qualche altro tipo di intuizione (KANT, 1787; p. 873, miei
corsivi).
Egli ripete spesso che tutto ci che appartiene a questa seconda parte, cio il
'Vascendente", "speculativo" e "va oltre i limiti dell'esperienza possibile". Secondo me,questa seconda parte non razionalmente accessibile perch deve usare concetti e
linguaggio derivati dall'esperienza, e l'uso di tali mezzi "oltre i limiti dell'esperienza"
implica allora che il raggio della loro applicazione si estenda oltre il dominio in cui sisono formate. Concordo con Vico e sostengo che quando si possa parlare di una cosa
solo con metafore poetiche, quella cosa vada considerata trascendente. Pertanto
appartiene all'ambito del mistico.
La "filosofia trascendentale" di Kant, comunque, un'analisi puramente razionale dellacomprensione umana e fornisce un modello per molti versi fondamentale
all'orientamento costruttivista.
Nella prefazione alla Critica della ragion Pura~ Kant osserv che secondo lui tutti i primi
tentativi per indagare i prodotti del nostro conoscere, cio la nostra cognizione, non
progredivano con il "passo sicuro della scienza" (1787, p. VII) (14). Una ragione di ci
che:
Finora si sostenuto che tutta la conoscenza dovesse conformarsi agli oggetti. ... D'ora
in poi si potrebbe cercare di scoprire se non possiamo andare oltre .. . se partissimo
dall'assunto che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra cognizione (KANT, 1787, p.
XVI).
Disse che Galilei, Torricelli e altri scienziati "videro la luce":
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Il "dobbiamo supporre" un punto cruciale. 1 realisti saranno portati a dire che la teoria
di Kant richiede l'esistenza di "cose reali" nel senso di vere "cose-in-s". lo credo chequest'interpretazione sia sbagliata. Piuttosto, Kant qui parla di una necessit che sorge
nella "vita pratica", specialmente quando vogliamo coordinare le nostre azioni con quelle
de
gli altri. La cosa-in-s, ripete spesso Kant (es. 1787, p. 591, 610), va intesa come
"prodotto del pensiero" (Gedankending) che serve da "finzione euristica" (1787, p. 799).Secondo me, ci copre qualunque concetto di una realt ontica strutturata in spazio e
tempo. La finzione di una tale realt, comunque, diventa necessaria nelle interazioni
sociali.
In un saggio successivo, 'Uabilit di conoscere" (vom Erkenntnisvermgen, la primasezione della suaAnthropologie del 1800), quando spiega il suo approccio ai sensi,
ritorna al concetto di "apparenza":
Solo le percezioni dei sensi (presentazioni empiriche con consapevolezza) possono
venire chiamate apparenze. Esse divengono conoscenza empirica, cio esperienza, soloquando l'intelligenza le unisce e le collega con una regola di pensiero (che porta ordine
nel molteplice) (KANT, 1800, WERKE, VOI. VII, p. 144).
Il termine kantiano "il molteplice" (das Mannigfaltige) indica un altro concetto chiave,
ed comprensibile solo congiuntamente al presupposto fondamentale deilla sua teoria
secondo cui spazio e tempo sono forme basilari che la ragione umana impone su tuttal'esperienza. Queste fori-ne sono a priori perch riguardano il funzionamento della
ragione. Il "molteplice", quindi la materia grezza su cui possono operare la percezionee la ragione costruttive. William Jarnes l'ha chiamato "una grande fiorente e ronzante
confusione" (James, 1962, p. 29). Per la neurofisiologia contemporanea, si potrebbe dire,
la totalit degli impulsi elettrochimici continuamente generati dagli organi sensori delsistema. E anche se assumessimo che questi impulsi fossero causati da differenze di un
substrato ontico, essi non potrebbero condurre informazioni qualitative perch
qualitativamente sono tutti uguali (vedi sotto, capitolo VI).
Cos esperienza ci che il soggetto coordina (costruisce) impiegando gli elementi delmolteplice - ed il fatto che solo certe cose siano costruite mentre altre no, vien
deterininato dalla struttura della ragione, che Kant considera l'argomento primario della
sua filosofia trascendentale. Questa filosofia si chiama giustamente "idealismorazionale". Propone un ingegnoso e meticoloso modello che la ragione costruisce di se
stessa e riduce la visione dell'universo interamente alle idee. Per tutto ci che giace fuori
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Ma c'erano altri scienziati - e alcuni dei pi grandi - che non condividevano questo facile
ottimismo. Hermann von Helmholtz, per esempio, attento lettore di Hume e di Kant,scrisse:
Solo tardi (nella mia vita) mi fu chiaro che il principio di causalit di fatto nient'altroche la presupposizione della sistematicit di tutte le apparizioni della natura (1---
IELMHOLTZ,1881/1977) (16).
La causalit, quindi parte di un progetto che la ragione impone all'esperienza perrenderla intelleggibile. Ma un tale progetto da dove arriva? Hume sugger che sorgeva
dalla ripetuta contiguit delle percezioni nel flusso dell'esperienza. Quest'idea venne
presto screditata da una semplice osservazione: nella nostra esperienza, la notte contigua al giomo e il giorno contiguo alla notte, eppure non ha senso considerarne
uno causa dell'altro. Per Kant, la relazione di causa ed effetto era una categoria "a priori
sintetica", intrinseca all'inizio del nostro pensiero. Non la intendeva innata o data-da-Dionel senso platonico. Era una di quelle finzioni euristiche di cui la ragione ha bisogno per
generare un'immagine razionale di s come produttrice della comprensione.
Tale circolarit una caratteristica inevitabile non solo della filosofia trascendentale di
Kant ma di qualunque tentativo di costruire un modello razionale di come noi generiamoun'immagine coerente del mondo dall'interno della nostra esperienza. Costituisce il
mezzo per colmare le lacune che la mistica soddisfa con una metafora poetica. Il
costruttivista sa bene che la circolarit inevitabile, ma vorrebbe ridurla al minimo. Nelcaso della causalit, un'analisi concettuale plausibile venne fornita molto tempo dopo,
dalla Genetic Epistemology di Piaget (v. Cap. III).
Torna a capo.
Nuovo carburante per lo strumentalismo
Per tutti gli approcci strumentalisti alla conoscenza, l'evento pi importante deldiciannovesimo secolo fu la pubblicazione della teoria dell'evoluzione di Darwin.
Probabilmente William James fu il primo a fare il collegamento pi rilevante. In un
brillante saggio in cui oppone la precisa nozione di selezione di Darwin ai vuoti assunti
sociologici di Spencer, egli esprime il suo parere sulle origini dei nuovi concetti:
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Comunque, "conferma nell'esperienza" un argomento ben pi complesso se coinvolge
strutture concettuali piuttosto che risposte o attributi biologici. Il modo di operare dell
"'adattamento" a livello concettuale non lo stesso del livello fisico dell'organismo
(l'equilibrio concettuale sar discusso nel cap. III).
Il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel osserv pi tardi che l'approccioevoluzionistico:
Elimina il dualismo di una verit in-s indipendente e... l'esperienza o la selezione
concernente l'interazione pratica con il mondo come giungiamo a conoscerlo - perchl'esperienza degli effetti delle azioni allo stesso tempo crea verit (SIMMIEL, 1895, p.
44).
In altre parole, la necessit che la conoscenza venga definita vera solo se riflette unmondo reale viene abbandonata per la necessit che venga trovata conducente al
raggiungimento dei nostri fini secondo le nostre aspettative. Con questo modo di vedere
diviene chiaro che la modalit con cui esperiamo il mondo dipende dalle ipotesi e dalla
conoscenza che ci aiuta a concettualizzare il nostro ambiente esperienziale. Questo ciche intendeva Heisenberg quando diceva che pi profondamente gli scienziati naturalistiguardano nella natura, pi essi capiscono che ci che vedono il riflesso dei loro stessi
concetti (v. cap. 1).
Malgrado questo problema, il movimento dell'epistemologia evoluzionistica che si
svilupp intorno all'opera di Konrad Lorenz, ha ottenuto un successo considerevole,specialmente nella forma estesa datagli da Donald Campbell che la caratterizz come
"realismo cri
tico ipotetico". Egli concorda con Lorenz che i concetti di spazio, tempo, causalit non
sono, come pensava Kant, elementi a priori della ragione umana, ma piuttosto il risultato
dell'adattamento all'universo di organismi viventi. Sostiene per che la fisica moderna
"procura una visione della realt molto pi finemente parcellizzata".
Il Ding an sich viene sempre conosciuto indirettamente, sempre nel linguaggio deipostulati dei conoscitore, sia che queste mutazioni govemino forme corporee, o percetti
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indagini sull'uso comune del linguaggio, Vaihinger segue Kant e analizza le possibilit
di concettualizzazione. Ci lo porta ad accentuare la distinzione estremamenteimportante tra "finzioni euristiche" (un termine di derivazione kantiana) e "ipotesi".
Il modo in cui distingue i due concetti suona assai semplice, ma condurrebbe ad un'erratainterpretazione se il lettore non tenesse in considerazione la sua derivazione dalla teoria
della conoscenza razionale kantiana.
Un'ipotesi, come abbiamo visto, deve essere verificabile. Deve essere definitivamente
inclusa nella famiglia delle idee scientifiche quando Si scopre che vera, cio,
verificata. ... Una finzione non pu essere confermata dall'esperienza ma pu essere
giustificata con il servizio che rende alla scienza. ... Una volta giustificata, la finzioneverr ammessa come membro utile al dominio delle idee. Quando aiuta un computomentale a produrre un risultato utilepraticamente, come per esempio, quando il metododegli infinitesimali rende computabile una curva, quando una spartizione conduce ad un
ordinepratico, allora queste idee ausiliarie sono giustificate. ... Proprio come l'ipotesi sottomessa ad una verifica della realt esperienziale di ci che era stato ipotizzato, cosla finzione viene verificata per l'utilit e l'appropriatezza pratica di ci che ha inventato
(VAMINGER, 1913, pp. 610-611).
La "verifica" di cui parla all'inizio del passo riportato non intesa ontologicamente, ma,come l'autore stesso chiarisce pi tardi, intesa come conferma per mezzo
dell'esperienza. Sebbene Vaihinger abbia creato un notevole guazzabuglio tra i pensatoridell'Europa continentale, fu praticamente ignorato tra i filosofi inglesi. E comunque la
sua nozione di finzione utile recentemente riapparsa sotto altro nome. GregoryBateson, nel suo ben noto e spesso citato "Metalogue: What is an Istinct?"(1972), parla
di un "principio esplicatore" che, come la gravit, pu spiegare "tutto ci che vuoi che
spieghi". Il modo in cui Bateson distingue i principi esplicatori dalle ipotesi non esplicito come quello di Vaihinger, ma collega l'idea della finzione utile a quella del
cibernetico che costruisce un modello concettuale o meccanico per sostituire qualcosa diinaccessibile. Egli spiega ci a sua figlia:
Padre: Vedi, un'ipotesi cerca di spiegare un qualcosa di particolare, ma un principioesplicatore - come la gravit o l'istinto - non spiega proprio niente. t una sorta di accordo
convenzionale tra gli scienziati per smettere di cercare di spiegare cose ad un certo
punto.
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filosofici, il suo principio pi importante e cio che il significato delle parole va ricercato
nella mente del parlante piuttosto che nel dominio dei cosiddetti oggetti reali.
Dobbiamo un compendio della teoria di Saussure a due suoi assistenti che compilaronoun libro, molto interessante e leggibile, da appunti loro e di altri studenti e, fatto piimportante, dagli appunti delle lezioni preparati dal loro maestro.
Ci che distingue le indagini di de Saussure da quelle dei filologi e di molti altri linguisti
che egli non inizia analizzando un vocabolario o le regole grammaticali, ma piuttostoesaminando come funziona il lingaggio. Quando due persone parlano tra loro, egli
annota, entrambe emettono suoni ed entrambe odono i suoni emessi dall'altro. Egli
illustra ci in un diagramma con due parlanti collegati da due frecce a formare uncircuito.
Supponete che due persone, A e B, stiano conversando tra loro. Supponete che l'aperturadel circuito sia nel cervello di A, dove i fatti mentali (concetti) sono associati alle
rappresentazioni dei suoni linguistici (immagini-suono) usati per esprimersi. Un concettodato fa scattare una corrispondente immagine-suono nel cervello; questo fenomeno
puramentepsicologico seguito da un processofisiologico: il cervello trasmette un
impulso corrispondente all'immagine, agli organi usati per produrre suoni. Quindi leonde sonore viaggiano dalla bocca di A all'orecchio di B: un processo puramente fisico.Poi, il circuito continua in B, ma in ordine inverso: dall'orecchio al cervello, la
trasmissione fisiologica dell'immagine-suono; nel cervello l'associazione psicologicadell'immagine con il concetto. Se B poi parla, un nuovo atto - dal suo cervello a quello di
A - seguir esattamente lo stesso corso del primo e passer attraverso le stesse fasi
successive, ... (DE SAUSSURE, 1959, p. 11-12).
Questa spiegazione allo stesso tempo semplice e fondamentale. Offre un modello dellameccanica della comunicazione che illustra due cose.
I. La corrispondenza nei due sensi tra immagini sonore e concetti, che di fatto laconnessionesemantica tra un vocabolo e il suo significato, il risultato di
un'associazione psicologica. Le associazioni psicologiche, comunque possono essere
forinate soltanto da un individuo nella sua esperienza soggettiva (v. Cap. VII).
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Conclusione
A questo punto ormai chiaro che questa carrellata attraverso la storia delle idee la
presentazione soggettiva di brani che un lettore eclettico ha collezionato nel suo
tentativo di costruire un modello della conoscenza relativamente coerente e non-contraddittorio. Non mira a presentare un'interpretazione oggettiva di ci che gli autori
menzionati intendevano, ma solo una lettura viabile. Credo che neanche una ricercaermeneutica possa produrre una vera replica dei concetti che i pensatori avevano in
mente. Ho scelto quindi di interpretare i loro testi come meglio ho potuto dal mio punto
di vista. Concordo con il poeta (e matematico) francese Paul Valry, che disse:
Ho gi spiegato ci che penso dell'interpretazione letterale; ma non si insiste maiabbastanza: non c' un vero significato di un testo.Nessuna autorit dell'autore.
Qualunque cosa avesse voluto dire, scrisse ci che scrisse. Una volta pubblicato, un testo
come un utensile che tutti possono usare come vogliono e in accordo ai propri mezzi:
non detto che il costruttore potesse usarlo meglio di qualunque altra persona(VALERY, 1957, p. 1507).
Ho cercato di dar corpo all'asserto secondo cui la ragione non pu avere a che fare con la
mistica e con la sua saggezza. 1 pre~socratici dimostrarono gi che una realtindipendente dalle modalit di conoscenza non accessibile perch non possiamo uscire
dalle nostre modalit di conoscenza. Questa era una limitazione puramente logica. I
teologi bizantini aggiunsero un'altra argomentazione. Siccome i nostri concetti vengonoformati con l'astrazione dall'esperienza, non si pu catturare nulla che stia al di l della
nostra esperienza. Il miStico medioevale Scoto Eriugena, poi, anticip sia Vico che Kant
dicendo che la ragione pu conoscere e capire solo ci che essa stessa fa seguendo le sue
stesse regole.
La nascita della scienza moderna nel Rinascimento sugger che la conoscenza scientifica
fosse strumentale e avrebbe potuto quindi essere separata dalla mistica, che era senza
tempo. Ma la riscoperta dell'antica scuola degli scettici di Pirrone incoraggi qualcunoad usare le argomentazioni degli scettici contro certa conoscenza per mettere in dubbio il
dogma della Chiesa. Cartesio cerc di impedire ci dimostrando che c'erano, invero,cose che potevano essere conosciute con certezza. Il suo metodo del dubbio radicale, alla
fine, conferm soltanto la posizione degli scettici.
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In fine, de Saussure ha caratterizzato il linguaggio come un sistema di segni in cui la sola
cosa essenziale l'unione dei significati con le immagini-suono, ed in cui entrambe leparti del segno sono psicologiche (DE SAUSSURE, 1959, p. 15).
Siccome quest'unione deve venir creata da ogni fruitore della lingua sulla base dellapropria esperienza individuale, i significati che attribuiamo alle parole non possono
essere altro che soggettivi. Ci elimina la tradizionale "Teoria di riferimento obiettivo"che si basa sulla nozione che le parole si riferiscono alle cose-in-s. Invece ora si pensa
che le parole si riferiscano a qualsivoglia astrazione dall'esperienza, cio, a qualunque
significato che il fruitore individuale capita di aver fatto.
La nozione di comunicazione sorge dall'assunto che gli organismi che vivono in gruppo
e hanno la capacit di astrarre immagini ed idee dalla loro esperienze, faranno molte diquelle astrazioni in situazioni in cui sono in compagnia di altri - il che li porta all'assunto
che gli altri hanno fatto le stesse astrazioni eseguite da loro. Una volta che hannoassociato le immagini sonore delle parole con le loro idee, arriveranno a credere che i
significati delle parole siano gli stessi ogni volta che le loro interazioni con gli altri li
mostrano compatibili. Siccome questa compatibilit cruciale in molte forme dicollaborazione necessaria, i membri di una comunit faranno del loro meglio per rendere
i significati compatibili con quelli degli altri.
1 nostri significati, quindi, possono essere modificati ed adattati all'uso comune ininterazioni sia linguistiche che non linguistiche che abbiamo con gli altri; ma il risultato
di tale adattamento, al massimo, raggiunge una relativa compatibilit, ma mai
un'identit.
Da tutto ci, con l'aiuto della teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget (v. Cap. 111), il
costruttivismo radicale ha formulato i suoi principi fondamentali:
I. - la conoscenza non viene ricevuta passivamente n attraverso i sensi n grazie allacomunicazione;
- la conoscenza viene attivamente costruita dal soggetto "conoscente".
2. - La funzione della conoscenza adattiva, nel senso biologico del termine, e tende
verso l'adattezza o la viabilit;
- La conoscenza serve all'organizzazione del mondo esperienziale del soggetto, non allascoperta di una realt ontologicamente oggettiva.
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(9) Si noti che nell'inglese attuale "it is true that...- ( vero che ... ) e---it is a fact that_"( un fatto
che
sono intercambiabili.
(10) Mi riferisco al trattato di Vico dell'edizione dei 1850, che contiene sia il testo latino che la
tradu~ zione di Pomodoro, con i numeri dei capitoli, paragrafi e proposizioni originali.
(11) Chi ha letto Piaget sar sorpreso da questa notevole anticipazione delle idee piagetiane.
(12) Egli dice "ogni metafora una favola in breve".
(13) Nonostante la chiarezza di questa distinzione, Vico stesso non vacillava della sua fede religiosa
e dedic molto tempo e scritti alla metafisica. In maniera parallela, ma non identica a quella di
Berkeley, tent di dare validit etema ai costruiti razionali dell'uomo.
(14) Kant usa la parolaErkenntnis, che contiene la radice tedesca di "riconoscere" piuttosto che di
sapere. Perci traduco "cognizione".
(15) La parola Vorstellung un termine chiave nella filosofia di Kant. Quando viene tradotto con
representation (rappresentazione) si rischia di malinterpretare perch la parola inglese, cos come
quella italiana, suggerisce che ci sia un originale che si sta ri-presentando. La fine della frase citata
rende chiaro che Kant usa il termine come nonnalmente in tedesco, vale a dire indicando qualcosa
che uno presenta a se stesso spontaneamente e non una copia di qualcos'altro.
(16) Questo fu scritto nel 1881 come aggiunta al trattato di Helmholtz dei 1847 sulla
"conservazione di forza". Lo si pu trovare a p. 180 dei suoi scritti epistemologici, 1977.
Storicamente interessante che il passo sia stato citato in una delle ultime conferenze del corso su--
- Ifondamenti fisici delle scienze naturali" da Franz Exner (1919), che Erwin Schrdinger pi tardi
cit come suo maestro.
(17) Sulla relazione tra esperienza e realt, James afferm, profondamente e sottilmente: "Ogni cosa
reale deve essere esperibile da qualche parte, e ogni tipo di cosa esperita deve essere da qualche
parte vera" (1912, p. 159; mia sottolineatura). Ho sottolineato "tipo" perch potrebbe essere facile
trascurare la distinzione di James. Come Berkeley, egli chiama cose "reali" solo quelle che possono
essere esperite da qualche parte; e tipi di cose, cio, i concetti che abbiamo astratto, devono basarsi
su cose che sono "reali" nel senso da lui definito - altrimenti sono vuote o, come direbbe Vico,
"metafore poetiche".
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Piaget non una lettura facile. Sebbene non abbia mai cessato di elogiare la virt della
"decentrazione" - l'abilit di cambiare la propria prospettiva -, egli stesso, come scrittore,
non sempre cerc di mettersi nei panni del lettore. Credo che spesso per lui, come per
molti altri pensatori originali, scrivere fosse un'elaborazione delle sue idee per se stesso.I suoi indefessi sforzi per esprimere i suoi pensieri nel modo pi dettagliato possibile
non sempre sono d'aiuto al lettore. Eppure non ho mai dubitato che valesse la penasuperare queste difficolt, infatti lo sforzo mi ha condotto ad una visione del conoscere
umano che nessun'altra fonte mi avrebbe mai dato.
Per sei o sette anni mi concentrai esclusivamente su Piaget, e da allora, sono tornato
sporadicamente ai suoi scritti per quasi due decenni. Eppure voglio sottolineare che ciche traccio in queste pagine il senso che un lettore abbastanza diligente ne ha estratto.
Non l'unica interpretazione possibile, e sicuramente non quella ufficiale. Ma
un'interpretazione che io trovo cogente e molto utile in molte applicazioni. Ma ci non larende meno soggettiva.
Ci sono almeno una mezza dozzina di concetti che meritano una caratterizzazioneprecisa se si vuole arrivare ad un'interpretazione coerente della teoria di Piaget. Il
compito di caratterizzare i concetti di qualcun altro necessariamente congetturale.Nessuno pu entrare nella testa di un altro per esaminare le strutture concettuali che ha
associato a certe parole. Quindi, in qualit di lettori delle opere di Piaget possiamo solofar congetture su cosa significasse una data parola per lui. Ogni volta che incontriamo
quel vocabolo nelle sue opere, possiamo cercare di modificare o ricostruire la nostra
supposizione nella speranza di arrivare ad un'interpretazione che si adatti, se non a tutte,ad un buon numero di ricorrenze. Nei principi, questo il processo dell'ermeneutica,
l'arte di sbrogliare il significato originale dei testi. Dovrebbe esser chiaro che non ci
possono essere risposte assolute. Il tentativo del lettore di costruire per ogni parola unsignificato costante che possa adeguarsi a tutti i contesti incontrati pu portare soltanto a
risultati relativi. Da una parte, la nozione di adeguamento inevitabilmente relativa e,dall'altra, si basa sull'assunto che i significati in un dato autore, sono costanti. Questo
assunto improbabile nel caso in cui l'autore, come Piaget, ha usato alcune delle sue
parole chiave per molti decenni durante i quali il suo pensiero era in continuaespansione. Eppure sono convinto che la direzione della sua ricerca rimase invariata. Le
interpretazioni e le definizioni che d qui sono quelle che per me hanno un senso alla
luce delle opere di Piaget e di certi passaggi che considero centrali.
Torna a capo.La premessa biologica
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La ricerca dei meccanismi per l'adattamento biologico e l'analisi di quella pi alta forma
di adattamento che il pensiero scientifico, la cui interpretazione epistemologica
sempre stata il mio obiettivo centrale (PIAGET, in GRUBER e VoNtcHE, 1977 p. XII).
Che l'acquisizione della conoscenza fosse "adattiva" era stato suggerito da James,
Simmel e altri intorno alla fine dell'ottocento, ma Piaget vide che l'adattamento neldominio cognitivo/concettuale non era lo stesso dell'adattamento fisiologico degli
organismi biologici. Egli capi che a livello di cognizione non era una questione diretta di
sopravvivenza o di estinzione, ma piuttosto un equilibrio concettuale. Quindi importante tenere a mente che quando parla di "quella pi alta forma di adattamento", i
meccanismi che sta cercando sono mentali e non biologici.
Fu questa ricerca dei meccanismi della cognizione che motiv l'interesse di Piaget per i
bambini. Osservando le interazioni