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Page 1: CU LT U R A ERCOLED« Riecco Umberto Orsini Il Grande ... · Apertura del Festival teatrale nel segno di Dostoevskij In scena nell3ex fabbrica A RANCO RANCO - Il valore della memoria

42CU LT U R A & SPET TACOLI42 MERCOLEDÌ 5 LUGLIO 2017

Riecco Umberto OrsiniIl Grande Inquisitoredomani al Sacro MonteApertura del Festival teatrale nel segno di Dostoevskij

In scena nell’ex fabbricaA RANCO

RANCO - Il valore della memoria è im-portante e spesso, a pochi passi danoi, ci sono tante storie interessanti esconosciute. L’attrice varesina BettyColombo ha avuto il merito di portar-ne in scena una, ovvero quella diun’antica fabbrica del nostro territo-rio.L’appuntamento è per stasera alle21.30 al Cortile Ex ILAR (ex Tessil Mot-ta) per lo spettacolo (che debutta pro-prio oggi) “Aiutami a Dire… Ricordi Fi-lati: tra storia e leggenda della vec-chia fabbrica ranchese”: Betty, autri-ce, interprete e regista della pièce, sulpalco sarà accompagnata dal poli-strumentista Adalberto Ferrari al sax,clarinetti e fiati etnici.L’evento, a ingresso libero, fa partedel “Festival Lago Cromatico-Suoni,Colori e Sapori del Lago Maggiore”che si snoda lungo tutta l’estate connumerosi eventi tra musica, teatro egastronomia toccando i principali Co-muni lacustri di quella zona (oltre aRanco ci sono infatti Angera, LavenoMombello, Leggiuno, Ispra, Monvallee Taino). Colombo ha raccontato diaver scoperto la storia della vecchia

fabbrica di Ranco grazie al sindacoche le ha chiesto appunto di scrivereuno spettacolo a riguardo, realizzatoad hoc per il Festival . «Non sono unastorica - ha precisato Betty - sonoun’attrice. Ma attraverso il teatro potròfar rivivere sul palco le testimonianzeche ho raccolto». L’interprete e regi-sta varesina reciterà nel cortile dellafabbrica con l’obiettivo, ha spiegato«del recupero di un patrimonio stori-co, che ha un valore davvero impor-tante».Colombo ha raccolto documenti foto-grafici e ha intervistato anche tre an-ziane signore che lavorarono nellafabbrica di lana d’angora, che oggihanno tra i 93 e i 98 anni. «Ho trascor-so mattine intere all’interno della strut-tura e così sono nate numerose sug-gestioni. La storia è inventata ma so-no partita appunto da testimonianzereali: il teatro è un veicolo di emozionima anche di notizie che non si san-no». L’attrice varesina ha spiegatoche non avrà scenografia, ci sarà leicon pochissimi elementi: tutto ruoteràattorno a voce e corpo, con l’accom-pagnamento della musica.

VARESE - A inizio anno l’aveva-mo visto al Teatro Openjobmetis,domani lo troveremo al Sacro Mon-te. Dopo una (troppo) lunga assenzadalla nostra città, doppia presenzavaresina nell’arco di qualche meseper Umberto Orsini. Nella strutturadi piazza Repubblica aveva propo-sto “Il giuoco delle parti” di LuigiPirandello in versione “noir”, allaTerrazza del Mosè si trasformerà in-vece in Grande Inquisitore. Misu-randosi con un autore a lui partico-larmente caro, Fedor Dostoevskij.Recitando, in splendida solitudine,un testo tratto da “I fratelli Karama-zov”.Sopracciglia rasate, capelli perquanto possibile decolorati persembrare albino; così l’attore nova-rese, classe 1934, il 18 novembre1969 apparve sugli schermi del Pro-gramma Nazionale della Rai, alloraunico canale televisivo. Nei pannidel freddo ed egoista Ivan, uno deitre fratelli; gli altri erano interpretatida Corrado Pani e da Carlo Simoni.«Vivo da quarant’anni con il Gran-de Inquisitore», ha spiegato l’attoreche fece i suoi primi “colpi di tea-tro” nello studio notarile in cui la-vorava - da quando cominciai ad oc-cuparmene in occasione di un ro-manzo sceneggiato che alla fine de-gli anni Sessanta fu realizzato daSandro Bolchi e seguito da venti mi-lioni di persone per otto settimane diseguito. Qualcosa di inimmaginabi-le oggi».

Vero, come inimmaginabili - ma c’ènaturalmente chi lo ricorda - appareoggi pensare che I Karamazov diBolchi non furono la prima bensìl’undicesima trasposizione Rai del-le pagine del grande scrittore russo.Firmato anche da Diego Fabbri eforte di una cast in cui svettavanoSalvo Randone, Antonio Salines,Sergio Tofano, Lea Massari e CarlaGravina, lo sceneggiato ebbe talesuccesso da far lievitare le venditedel libro in Italia. Non male per unatv pubblica che tra i suoi compiti siera posta quello di insegnare l’ita-

liano agli italiani. Decisamente fa-miliare risulta invece a “Tra Sacro eSacro Monte”, rassegna giunta al-l’ottava edizione domani al via, Do-stoevskij. Alla sua straordinaria let-teratura hanno già attinto - semprenell’ambito del Festival diretto daAndrea Chiodi - Lucilla Morlacchie Fausto Russo Alesi. A chiudere latrilogia sul Grande Inquisitore èdunque chiamato uno dei padroni discena del teatro italiano.Spettacolo alle 21, ingresso libero.Funicolare in funzione, navetta gra-tuita messa a disposizione da Mo-randi Tour (tel 0332/287146) inpartenza alle 20 da piazza MonteGrappa con fermata intermedia alpiazzale dello Stadio Franco Ossolae rientro al termine dello spettaco-lo.Tra gli appuntamenti, che dureran-no fino alla fine del mese, forte lacuriosità per l’intervento di Giaco-mo Poretti che il 27 proporrà un suotesto dal titolo “Come nasce un’a-nima”. Per lui, che, “con la regia” diMaurizio Castiglioni del Caffè Tea-tro, proprio al Sacro Monte decisecon Aldo e Giovanni di dare vita altrio comico poi dal successo travol-gente, sarà un po’ come giocare incasa.Anche per Orsini in realtà Varesenon risulta essere una città qualsia-si. Perché era quella del suo grandeamico Gianni Santuccio, altro gi-gante del teatro italiano.

Diego Pisati

Umberto Orsini, a destra la plateadi Tra Sacro e Sacro Monte, festivalche sarà aperto dall’attore novarese

BARASSO - Un palloncino salverà ilmondo: è l’oggetto-simbolo di “Legge-rezza”, spettacolo di fine corso degli al-lievi del primo anno di Valentina Ma-selli, regista (e attrice) nota sia nel ter-ritorio che a livello nazionale. La pièceha registrato un doppio sold out nelle se-rate di sabato e domenica allo SpazioOfficine Creative di Barasso: alcuni dei“ragazzi” (anche se qualcuno ha supe-rato i 60 anni) erano al loro primissimodebutto scenico, ma se la sono cavata,dimostrando passione e impegno.A recitare erano Dario Mazzon, ErikaDal Zotto, Francesca Pelizzoni, GianniDal Pozzo, Irene Juliska Gilio, RosarioNucifora, Santina Minuto e Silvio Caffi.Suggestivo il contesto, essendo appuntoricavato da un’area industriale: «Con

Massimo Zatta l’abbiamo scoperto nel2013 - ha raccontato Maselli - provandouno spettacolo per la rassegna “Tra Sa-cro e Sacro Monte” e ce ne siamo in-namorati».La scena si apre con gli attori che en-trano uno per volta tenendo per mano deipalloncini colorati; poco dopo, iniziauna prova piuttosto intensa, ovvero larecitazione in coro: gli interpreti scan-discono - come in una sorta di litania -l’elenco di azioni (svegliarsi, lavarsi identi, lavorare, addormentarsi davantialla tv) che ogni giorno compiamo inmodo meccanico e inquietante. La regi-sta ha spiegato che «la suggestione de-riva da un tema specifico, l’alienazioneappunto. Un’idea arrivata grazie al pri-mo libro di Cesare Zavattini, “Parliamo

tanto di me”. La spinta verso una svoltapositiva deriva proprio dalla leggerezza,ecco da dove nasce il titolo dello spet-tacolo».La pièce alterna momenti drammatici (lascenografia, essenziale, è composta dacappi appesi al soffitto, simbolo della di-sperazione dell’uomo che cerca la mor-te); le scene più cupe sono però smorzateda parti comiche, arricchite spesso dalsarcasmo con cui viene descritta la so-cietà odierna (c’è una scena tutta dedi-cata alle centinaia di luoghi comuni dicui siamo vittime). Il tutto risulta moltodinamico: «vengo dal teatro-danza - haspiegato la regista - e insegno ai miei al-lievi a utilizzare il corpo, che raccontatutto di noi».

Vesna Zujovic

Un palloncino sul palco e si vola altoBuona la prima di “Leggerezza”, nuovo allestimento di Valentina Maselli

Un momento di “Leggerezza” di Valentina Maselli (foto Federica Parnio)

«I tuoi genitori hanno anche figli normali? Si saran-no pentiti di averti fatto: tu sei talmente brutto chesembri un capolavoro di arte moderna! Come ti chia-mi, sacco di lardo?».Nessuno può dimenticare il discorso del sergenteHartman nel film “Full Metal Jacket”, quando so-prannominò “Palla di lardo” il povero soldato La-wrence. O, ancora, quando scoprì la vietatissimaciambella alla crema nella sua cassetta: «Tu sei unciccione ributtante e fai schifo, palla di lardo!», fu ilsuo furibondo commento. Con quella ciambellaaveva disonorato se stesso e il suo plotone, e gli ame-ricani avrebbero perso la guerra contro il comuni-smo.Ora. In Vietnam oltre il 70% dei militari faceva usodi droghe – non solo marijuana, ma anche amfeta-mine, oppiacei ed eroina – e certamente con un eser-cito “sballato” le guerre non si vincono. Forse, allo-ra, Hartman esagerava e avrebbe dovuto occuparsidi ben altro che di ciambelle. Nondimeno, alcunigiorni fa il Pentagono ha diffuso –dopo molti anni – i

dati sulla forma fisica dei soldati americani. E pos-siamo dimenticarci l’immagine di Rambo e Schwar-zenegger, perché ben il 7,8% è in sovrappeso: uno sutredici, in pratica. Si potrebbe ironizzare non poco,immaginando militari che non riescono a entrare neicarri armati, o al fatto che con quella stazza si diventibersagli più facili da colpire. Ma la questione è seriae il Pentagono preoccupatissimo. Nel 2001, infatti,il dato era solo dell’1,6%, mentre nel 2012 sono staticongedati perché troppo “pingui” oltre 1.600 solda-ti. Inoltre, oggi due terzi dei giovani americani cheintendessero arruolarsi non riuscirebbero nemmenoa indossare la divisa.Insomma, se siamo nella “Terza guerra mondiale”,come dice Papa Francesco, tra i nemici dobbiamocontare anche milioni di trigliceridi e il colesterolo,perché un discorso simile vale anche per i cinesi e gliinglesi. Secondo il Sunday Times un paio di anni faoltre 32.000 soldati della regina sono stati bocciatialmeno una volta ai test fisici, e hanno difficoltà per-sino a fare le flessioni. Così, un gruppo di oltre set-

tecento generali e ammiragli in pensione ha fondatol’associazione Readiness, convinti che la forza degliStati Uniti dipenda dall’alimentazione dei futuri mi-litari sin dalle scuole primarie: «è una questione disicurezza nazionale», ha sentenziato l’ex-generaleAllen Youngman, tra i fondatori della Associazione.Non ha tutti i torti, perché in guerra il cibo è impor-tante. Come ripeteva Napoleone, che di battaglie sene intendeva, «un esercito marcia sul proprio stoma-co», e anche alla base dell’ammutinamento dellamitica Corazzata Potëmkin vi era la fame: gli uominiinsorsero quando furono obbligati a mangiare carneinfestata dai vermi.Come accennato, comunque, si tratta di un problemaglobale. I cinesi, ad esempio, hanno chiuso un oc-chio e cambiato i parametri: i soldati possono esserepaffuti, ma devono possedere almeno un diploma.Troppo grassi per combattere, forse, non per studia-re. E già questa è una “magra” consolazione.Il libro: AAVV, Cibo di guerra. Quinto rapportosui conflitti dimenticati, Il Mulino.

Troppo grassi per combattere

Ronald Lee Ermey, sergente Hartman in “Fu l lMetal Jacket”, uno dei capolavori di Kubrick

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Rettangolo

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