Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno - Park Hotel Villa Carpenada
Aspetti fiscali riguardanti
PATTO DI FAMIGLIA
DONAZIONI
FONDO PATRIMONIALE
Organizzato da:
Comitato Unitario delle Professioni di Belluno Fondazione Studi Giuridici ed Economici di Belluno Relatore: Fausto Gallo
Indice
01. Patto di famiglia (art. 768-bis e seguenti del Codice Civile) ........................... 1
02. Le imposte dirette nel trasferimento dell'azienda con il patto di famiglia ................................................................................................... 4
03. Le imposte dirette nel trasferimento delle partecipazioni societarie con il patto di famiglia ................................................................................................... 6
04. La liquidazione dei legittimari ai fini delle imposte dirette nel patto di famiglia ................................................................................................................................ 8
05. La norma antielusiva nel patto di famiglia e nella donazione d'azienda ............................................................................................................................. 9
06. Cessione a titolo oneroso da parte di persona fisica di quote societarie acquisite per donazione .......................................................................... 16
07. Cessione a titolo oneroso da parte di persona fisica di immobile acquisito per donazione............................................................................................... 18
08. Le imposte indirette nel patto di famiglia nella donazione d'azienda e di quote societarie ................................................................................. 20
09. Fondo patrimoniale (art. 167 e seguenti Codice Civile) .................................. 26
10. Le imposte sui redditi e il fondo patrimoniale .................................................... 28
11. Analisi dei profili fiscali delle differenti tipologie di fondo patrimoniale ........................................................................................................ 32
12. Le imposte indirette e il fondo patrimoniale ....................................................... 39
13. L'imposta di successione e donazione nel fondo patrimoniale ..................... 41
14. Cessazione del fondo patrimoniale ......................................................................... 47
15. L'imposta di registro e il fondo patrimoniale ...................................................... 48
16. L'imposta ipotecaria e catastale e il fondo patrimoniale ................................ 50
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01.
Patto di famiglia
(art. 768-bis e seguenti del Codice Civile)
La disciplina del patto di famiglia è stata regolamentata dalla Legge 14
febbraio 2006, n. 55 che ha introdotto nel Codice Civile gli articoli da
768-bis a 768-octies.
E' patto di famiglia
il contratto con cui
l'imprenditore (disponente)
trasferisce
(in tutto o in parte)
l'azienda
ad uno o più discendenti (assegnatario/i)
ovvero
il titolare di partecipazioni societarie (disponente)
trasferisce
(in tutto o in parte)
le proprie quote societarie
ad uno o più discendenti (assegnatario/i)
Pertanto, oggetto del patto di famiglia possono essere:
� l'azienda;
� le quote societarie.
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Il contratto deve essere:
� concluso per atto pubblico a pena di nullità;
� compatibile con le disposizioni in materia di impresa familiare e
nel rispetto delle differenti tipologie societarie;
� sottoscritto dal disponente (imprenditore o titolare di quote
societarie), dal coniuge e da tutti coloro che sarebbero legittimari
ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio
dell'imprenditore.
Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono
liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino
in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al
valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti
possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in
natura. I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti
non assegnatari dell'azienda, secondo il valore attribuito in contratto,
sono imputati alle quote di legittima loro spettante; l'assegnazione può
essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente
dichiarato collegato al primo e purchè vi intervegano i medesimi
soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li
abbiano sostituiti. Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a
collazione o a riduzione.
In merito al regime fiscale del patto di famiglia va detto che la
disciplina di natura civilistica non è stata accompagnata da specifiche
norme di carattere fiscale ai fini delle imposte dirette, mentre per
l'applicazione delle imposte di successione e donazione l'istituto è
menzionato, insieme ad altri trasferimenti, nel Decreto Legislativo
346/1990, art. 3, comma 4-ter.
Va tuttavia segnalato che l'Agenzia delle Entrate (Circolare 22 gennaio
2008 n. 3 par. 8.3.2 e 29 maggio 2013 n. 18 par. 5.3.2) ha così
delineato l'istituto:
"La finalità che si intende perseguire con i patti di famiglia è di
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regolamentare il passaggio generazionale delle aziende mediante
effetti anticipatori della successione.
Il patto di famiglia è riconducibile nell'ambito degli atti a titolo
gratuito, in quanto:
� da una parte, è caratterizzato dall'intento - non prettamente
donativo - di prevenire liti ereditarie e lo smembramento di aziende
o partecipazioni societarie ovvero l'assegnazione di tali beni a
soggetti inidonei ad assicurare la continuità gestionale degli stessi;
� dall'altra parte, non comporta il pagamento di un corrispettivo da
parte dell'assegnatario dell'azienda o delle partecipazioni sociali,
ma solo l'onere in capo a quest'ultimo di liquidare gli altri
partecipanti al contratto, in denaro o in natura".
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02.
Le imposte dirette
nel trasferimento dell'azienda
con il patto di famiglia
Se si parte dal presupposto che il trasferimento dell'azienda mediante
patto di famiglia è un atto a titolo gratuito dobbiamo pervenire alla
conclusione che, ai fini delle imposte sui redditi, il trasferimento
d'azienda non costituisce realizzo di plusvalenze e, pertanto,
il primo passaggio
cioè quello tra
l'imprenditore disponente
e
il discente assegnatario
è fiscalmente neutrale.
Tuttavia, occorre rimarcare che la dottrina civilistica non è uniforme
nel definire tale negozio.
Infatti, taluni sostengono che il patto di famiglia realizzi un
"trasferimento in funzione successoria avente struttura divisionale".
Altri lo intendono come una "qualificata ipotesi di donazione gravata
da onere a carico del donatario".
C'è chi lo ritiene "un atto tra vivi essendo il trasferimento immediato
privo di corrispettivo per l'imprenditore e caratterizzato da causa di
liberalità, ma non gratuito per il destinatario che deve liquidare
anticipatamente la quota di legittima ai legittimari attuali e quella
accresciuta degli interessi ai legittimari sopravvenuti".
Non pare comunque essere un contratto a prestazioni corrispettive,
bensì oneroso per il solo discendente assegnatario dell'azienda o delle
quote societarie.
Tornando all'aspetto fiscale, la norma tributaria (art. 58 del Testo
Unico delle Imposte sui Redditi) ci dice che:
IL TRASFERIMENTO DI AZIENDA
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PER CAUSA DI MORTE O PER ATTO GRATUITO
NON COSTITUISCE REALIZZO DI PLUSVALENZE.
L'AZIENDA E' ASSUNTA
AI MEDESIMI VALORI FISCALMENTE RICONOSCIUTI
NEI CONFRONTI DEL DANTE CAUSA.
La norma ha così inteso evitare che un eccessivo carico fiscale
impedisca all'assegnatario dell'azienda di proseguire l'attività
obbligandolo a liquidare i beni aziendali per far fronte al debito
tributario, quantunque l'assegnatario è talvolta costretto a vendere
alcuni beni per liquidare gli altri partecipanti al contratto del patto di
famiglia.
Tuttavia, la norma non rinuncia alle imposte dirette sui pregressi
plusvalori maturati in capo all'imprenditore perchè questi plusvalori
emergeranno al momento delle successive cessioni dei beni o
dell'azienda stessa.
Per la quantificazione della plusvalenza che l'assegnatario dell'azienda
realizzerà al momento dell'eventuale cessione dell'azienda stessa
occorre ragionare sulla possibilità di configurare le liquidazioni
effettuate dall'assegnatario ai legittimari quali costi inerenti
l'acquisizione dell'azienda. Se riconosciamo un valore di corrispettivo
alle predette liquidazioni possiamo dire che la plusvalenza diminuirà
dell'ammontare liquidato dall'assegnatario ai legittimari; va però detto
che se aderiamo a questa tesi viene meno la neutralità fiscale prevista
dall'art. 58 del T.U.I.R. a cui eravamo pervenuti quando discutevamo
dell'eventuale tassazione sul primo passaggio, cioè quello tra
l'imprenditore disponente
e
il discendente assegnatario.
La dottrina è quasi unanime nel considerare le predette liquidazioni
costi indeducibili nella determinazione della plusvalenza/minusvalenza
nell'eventuale ipotesi di successiva cessione dell'azienda.
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03.
Le imposte dirette
nel trasferimento delle partecipazioni societarie
con il patto di famiglia
Per il trasferimento gratuito delle partecipazioni non c'è una norma
analoga a quella prevista per l'azienda perchè (salvo il rarissimo caso
di una partecipazione detenuta da un imprenditore individuale ed
inserita nell'ambito dei beni d'impresa) l'atto gratuito posto in essere
da una persona fisica non realizza una plusvalenza per l'imprenditore
disponente e nemmeno un reddito imponibile per il discendente
assegnatario non imprenditore che acquisirà i beni assumendo quale
costo quello sostenuto dall'imprenditore disponente (art. 68, comma 6
del T.U.I.R.).
L'eventuale maggior valore iscritto in contabilità non dovrebbe aver
rilevanza fiscale e non dovrebbe pregiudicare la sospensione della
tassazione su tali maggiori valori ("Le imposte sui redditi del Testo
Unico" - Maurizio Leo - giugno 2014). In via prudenziale, appare, però
preferibile mantenere i valori contabili del disponente.
Sempre secondo il Leo, desta perplessità la risposta del 3 novembre
2005 fornita dall'Agenzia delle Entrate ad un interpello promosso dalla
Direzione Regionale della Basilicata con la quale l'Agenzia ha ritenuto
applicabile la norma in esame che dispone la neutralità del
trasferimento di azienda solo con riguardo al donante mentre il
donatario, se riceve l'azienda in qualità di imprenditore
realizza una sopravvenienza attiva tassabile ai sensi dell'art. 88 del
T.U.I.R. pari al valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda stessa.
Osserva il Leo che tale interpretazione è incoerente con lo spirito della
norma inteso ad agevolare il trasferimento gratuito dell'azienda in
continuità di valori.
Favorevole al contribuente è invece una pronuncia dell'Agenzia delle
Entrate (Risoluzione n. 341 del 23 novembre 2007) in risposta ad
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un'istanza di interpello relativa ad una donazione d'azienda operata da
un imprenditore individuale a favore dei figli e alla successiva
regolarizzazione della società di fatto costituitasi tra i figli stessi in una
delle società tipiche disciplinate dal Codice Civile. In particolare,
l'Agenzia ha ricordato che il trasferimento d'azienda avviene in un
regime di neutralità "purché, però, il valore dei beni costituenti il
complesso aziendale dell'imprenditore individuale siano assunti dal
donatario al costo fiscalmente riconosciuto che gli stessi avevano in
capo al donante". Ciò in quanto "la plusvalenza, che in assenza della
disposizione in commento avrebbe realizzato il donante, resta allo
stato latente e concorrerà alla formazione del reddito da parte del
donatario all'atto della cessione dell'azienda o dei singoli beni che la
compongono". Viene precisato, inoltre, che la regolarizzazione della
società di fatto costituitasi tra i figli dell'imprenditore in una delle
società tipiche del Codice Civile è regolata dalla disciplina della
trasformazione prevista dall'art. 170 del T.U.I.R..
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04.
La liquidazione dei legittimari
ai fini delle imposte dirette nel patto di famiglia
Dal punto di vista dell'imposizione diretta non sembra che la
liquidazione dei legittimari assuma rilevanza. Infatti, una volta escluso
che in sede di liquidazione si corrispondano somme in sostituzione di
redditi ex art. 6 del T.U.I.R. si può affermare che la liquidazione del
credito del legittimario, avvenendo al di fuori della sfera
imprenditoriale, esclude qualsiasi rilievo impositivo. Alle stesse
conclusioni si deve giungere se si accede alla tesi che configura
l'ipotesi come una liquidazione anticipata della quota di legittima. In
nessun caso, peraltro, si può affermare che i legittimari, attraverso la
liquidazione, assumono un'obbligazione di fare, non fare o permettere,
imponibile ex art. 67, comma 1, lettera l) del T.U.I.R..
Per quanto riguarda il discendente assegnatario che deve procedere
alla liquidazione, la configurazione del debito da liquidazione come
debito suo proprio, che non attiene comunque al complesso aziendale
o alle partecipazioni ricevute, rende tale costo indeducibile.
Specularmente, l'eventuale rinunzia dei legittimari alla liquidazione non
rileverà come sopravvenienza attiva imponibile per il beneficiario.
Particolarmente penalizzata, invece, l'ipotesi in cui il patto di famiglia
preveda l'obbligo di liquidare i legittimari attraverso il trasferimento di
beni già oggetto del primo passaggio dal disponente al discendente
assegnatario determinando l'emersione di una plusvalenza imponibile
in capo al discendete stesso per destinazione a finalità estranea: è
quanto accade se, ad esempio, il Patto prevede che il discendente
assegnatario liquidi i legittimari con la cessione della proprietà degli
immobili che facevano parte del complesso aziendale assegnatogli
mantenendoli comunque a titolo di locazione.
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05.
La norma antielusiva
nel patto di famiglia e nella donazione d'azienda
L'art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 prevede, al comma 1, che:
"Sono inopponibili all'Amministrazione Finanziaria gli atti, i fatti e i
negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni
economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o
rimborsi, altrimenti indebiti".
Si tratta di una norma che potrebbe interessare alcune operazioni
particolari e straordinarie, solitamente propedeutiche al patto di
famiglia, ma a volte anche successive; si pensi, ad esempio, all'ipotesi
in cui il discendente assegnatario debba intervenire sul patrimonio
ricevuto al fine di rendere disponibili le risorse da assegnare ai
legittimari esclusi e, conseguentemente, ponga in essere
un'operazione di scissione al fine di trasferire, in tutto o in parte, il
patrimonio immobiliare della società ai legittimari non assegnatari. In
tali ipotesi, dovrebbe escludersi l'applicazione dell'art. 37-bis in quanto
sussistono le valide ragioni economiche, trattandosi di operazione
espressamente funzionale all'esecuzione del patto di famiglia.
In particolare, il comma 3 dell'art. 37-bis prevede espressamente le
operazioni per le quali può valere il disposto antielusivo; tra queste:
trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni
ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da
quelle formate con utili, conferimenti in società, nonchè negozi
aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende;
operazioni, da chiunque effettuate, aventi ad oggetto
partecipazioni societarie.
A supporto dell'opportunità di ritenere non applicabile al caso di specie
la normativa antielusiva di cui all'art. 37-bis, in quanto nella stipula di
un patto di famiglia sono generalmente ravvisabili valide ragioni
economiche, va ricordato il parere n. 40 del 14 ottobre 2005 del
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comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive,
favorevole al contribuente.
Per una maggiore certezza del diritto tributario e una diffusa
applicazione del meritevole istituto del patto di famiglia sarebbe
auspicabile la disattivazione, nei confronti delle operazioni precedenti
e successiva al patto di famiglia, della norma antielusiva attraverso
una modifica dell'art. 37-bis in cui le ragioni economiche di operazioni
straordinarie poste in essere tra soggetti legati da vincoli di parentela
entro il quarto grado siano considerate automaticamente valide. Va
tuttavia osservato che il parere 25 marzo 2004, n. 6 rilasciato dal
Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive ha
ritenuto che un'operazione finalizzata a favorire l'inserimento dei figli
nell'attività commerciale può configurare i validi motivi di ordine
economico previsti dall'art. 37-bis.
Come detto in precedenza, al fine di creare la struttura necessaria alla
realizzazione del patto di famiglia spesso si rendono necessarie alcune
operazioni di natura straordinaria, propedeutiche al patto stesso.
Inoltre, non si può escludere che, una volta stipulato il patto, il
soggetto assegnatario debba intervenire sul patrimonio ricevuto al fine
di rendere disponibili le risorse da assegnare ai legittimari esclusi.
Si pone la questione se, in siffatte circostanze, possa escludersi
l'applicazione dell'art. 37-bis, D.P.R. 600/1973 in quanto sussistono le
valide ragioni economiche, trattandosi di operazione espressamente
funzionale all'esecuzione del patto di famiglia.
Come chiarito nella R.M. 27 novembre 2013, n. 84 l'accertamento
dell'elusività non comporta contestazioni sulla validità, sotto un profilo
civilistico, degli atti posti in essere dal contribuente, sia nei confronti di
altri soggetti, sia nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria,
implicando esclusivamente il disconoscimento di vantaggi fiscali di cui
ci si è voluti impropriamente avvalere e la richiesta di versamento
della maggiore imposta dovuta. In particolare, la Risoluzione citata si
sofferma sul concetto di inopponibilità all'Amministrazione Finanziaria,
affermando che «questa ha una valenza esclusivamente fiscale, per
cui i comportamenti posti in essere dai contribuenti sono, in ogni caso,
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validi e rilevanti sul piano civilistico. Inoltre, il riferimento alla nozione
di inopponibilità avviene in modo del tutto particolare, cioè senza
rispettare l'ordinaria nozione di efficacia (effetto tipicamente connesso
alla inopponibilità) poiché quest'ultima ha normalmente portata
generale nei confronti del soggetto nei cui confronti si produce;
mentre, in questo caso, detta inefficacia è soltanto relativa, giacché
l'atto, il fatto o il negozio conserva piena rilevanza effettuale sotto tutti
gli altri profili tributari diversi da quelli che attengono al fenomeno
elusivo (per esempio, per le imposte indirette). In sostanza, al
verificarsi della fattispecie delineata dalla norma, l'Amministrazione
finanziaria ed il giudice tributario, in caso di controversia, possono
disapplicare, in materia di imposte dirette, la disciplina che è propria
della fattispecie medesima per applicare a quest'ultima quella dettata
dalla disposizione elusa. Per tale motivo, questa norma ha il "limitato"
effetto di consentire all'Amministrazione Finanziaria di disconoscere i
soli vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi
definiti dalla disciplina in analisi, avendo, eventualmente, l'effetto di
renderli inefficaci nel senso limitato che si è descritto. In questo senso,
l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria riguarde-
rebbe ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente
pretenda di far discendere dalla operazione elusiva (Cass. Civ. SS. UU.
sent. n. 30055/2008)». Tuttavia, affinché sia integrato un
comportamento elusivo, è necessario che l'operazione posta
in essere sia priva di valide ragioni economiche. A rigore la
norma dovrebbe essere interpretata nel senso che se, nel caso con-
creto, il comportamento del contribuente è giustificato da valide
ragioni economiche, il comportamento elusivo non si perfeziona,
ancorché il contribuente abbia realizzato una condotta che ha
obiettivamente determinato un risparmio d'imposta. L'esistenza di
valide ragioni economiche dovrebbe pertanto rappresentare
un'esimente che consente di considerare legittimo (non indebito) il
risparmio di imposta ottenuto.
In linea generale, nel contesto delle attività commerciali, le valide
ragioni economiche sono apprezzabili sotto il profilo delle logiche
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aziendali che giustificano il compimento di determinate operazioni per
la realizzazione di finalità imprenditoriali, anche in assenza di una
convenienza fiscale. Secondo un approccio improntato a ragioni di
tutela fiscale è necessario che l'operazione compiuta possa essere
giustificata con una rilevanza economica diversa e autonoma dal mero
risparmio fiscale (a titolo meramente esemplificativo l'incremento delle
quote di mercato, le economie di scala, le sinergie tra le società
partecipanti alla fusione, le sostanziali modifiche nella struttura
amministrativa, l'abbandono di posizioni non strategiche, ecc.). Le
prime interpretazioni dell'Amministrazione Finanziaria hanno posto
l'accento su ragioni di carattere essenzialmente «aziendale».
La R.M. 23 marzo 2001, n. 32 ha chiarito che «L'espressione valide
ragioni economiche, non sottintende una validità giuridica, ma una
apprezzabilità economico gestionale, che si manifesta quando
l'operazione è motivata da concrete esigenze aziendali di natura
produttiva ed operativa, è diretta al miglioramento della gestione dei
costi aziendali, ed ha finalità di razionalizzazione e ristrutturazione
dell'impresa». In ordine all'individuazione delle valide ragioni
economiche di un'operazione, tuttavia, un'autorevole e significativa
posizione è stata presa dalla Associazione dottori commercialisti di
Milano che ha sottolineato come: «Il criterio del vantaggio economico
direttamente perseguito nella gestione delle imprese interessate
all'operazione (cosiddetto business purpose) non può essere usato
come unico criterio predeterminato per escludere automaticamente
ragioni economiche fondate su presupposti differenti» (Norma di
comportamento n. 147/2002). In questa prospettiva potrebbero
essere riconosciute come valide anche ragioni economiche che:
� finiscano per determinare un apprezzabile interesse della società
allo loro sistemazione o soluzione; ovvero
� che a prescindere dai vantaggi economici, mirino a limitare o
contenere regressioni reddituali, patrimoniali o finanziarie, nonché
rischi di impresa.
Il documento dell'Associazione dottori commercialisti di Milano assume
rilevanza in quanto propone il superamento della nozione di valide
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ragioni economiche così come inizialmente elaborata dalla prassi
ministeriale, per giungere invece ad una nozione più attenta alle
esigenze di conservazione dell'impresa e del passaggio generazionale.
In sintesi il documento propone il superamento dei criteri aprioristici e
predeterminati nel riconoscimento o disconoscimento delle ragioni
economiche prospettate dal contribuente.
Spesso infatti le pronunce dell'Amministrazione finanziaria appaiono
rispondenti a schemi precostituiti, senza una reale e completa
valutazione dei presupposti e delle motivazioni sottese alle operazioni
prospettate. L'esistenza di valide ragioni economiche non andrebbe
valutata, secondo questa impostazione più moderna, con esclusivo
riferimento al business purpose (maggiori utili, maggiore efficienza,
aumento delle quote di mercato) ma vagliata anche alla luce del
possibile contenimento di fenomeni economici regressivi, rischi o altre
circostanze esterne che potrebbero pregiudicare, in assenza di rimedi,
la sopravvivenza stessa dell'impresa (cd. principio della continuità
aziendale). In quest'ottica fra le motivazioni economiche che possono
giustificare l'effettuazione di operazioni straordinarie sono annoverate,
in via esemplificativa, anche la volontà:
� di risolvere e prevenire dissidi fra soci;
� di attuare il processo di ricambio generazionale al vertice
dell'impresa o del gruppo.
Si tratta di situazioni nelle quali possono coesistere un reale interesse
economico della società (legato alla volontà di assicurare condizioni di
stabilità e continuità aziendale) ed un interesse particolare dei soci,
senza per questo che l'interesse della prima debba risultare
sminuito/escluso da quello realizzato in capo ai soci.
Va detto tuttavia che in linea generale l'Amministrazione Finanziaria:
• tende a considerare elusive le operazioni che determinano un
vantaggio fiscale, se queste non presentano «ictu oculi» una
ragionevole apprezzabilità economica (cioè una propensione a
conseguire finalità economiche diverse dall'ottenimento di
guadagni/risparmi di natura fiscale);
• spesso concentra l'analisi su questo solo aspetto, trascurando
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l'esame degli altri requisiti che devono essere presenti nella
condotta elusiva (aggiramento e carattere indebito del risparmio
fiscale);
• ha la tendenza, sulla scia della giurisprudenza sull'abuso del diritto,
a dilatare lo spettro applicativo della norma, facendo della stessa
una (generica) norma antiabuso, con la quale contrastare le
condotte poste in essere dal contribuente per il solo fatto che
queste sono capaci di consentirgli un vantaggio (fiscale), ritenuto
non giustificato da un prevalente interesse extrafiscale.
E' evidente come tale interpretazione dell'art. 37-bis comporti, di fatto,
la sostanziale attribuzione all'Amministrazione finanziaria ed alla
giurisprudenza di un sindacato diffuso dei comportamenti posti in
essere dai contribuenti. Non sono peraltro mancate pronunce
(Risoluzioni 20 aprile 2012, n. 38, 4 ottobre 2007, n. 281, 22 marzo
2007, n. 57 e 58, 16 ottobre 2002, n. 327, Parere del Comitato 16
maggio 2006, n. 17, Parere del Comitato 14 ottobre 2005, n. 40,
Parere del Comitato 20 ottobre 2003, n. 16) nelle quali l'Amministra-
zione Finanziaria ha dimostrato una certa apertura ed anche
nell'ambito della L. 1 1 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante
disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato
alla crescita) vi sono talune indicazioni confortanti specie laddove si
vorrebbe «escludere la configurabilità di una condotta abusiva se
l'operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali
non marginali; stabilire che costituiscono ragioni extrafiscali anche
quelle che non producono necessariamente una redditività
immediata dell'operazione, ma rispondono ad esigenze di natura
organizzativa e determinano un miglioramento strutturale e
funzionale dell'azienda del contribuente» (art. 5, L. 23/2014), e
laddove si delega il Governo a provvedere alla «revisione,
razionalizzazione e coordinamento della disciplina delle società di
comodo e del regime dei beni assegnati ai soci o ai loro familiari,
nonché delle norme che regolano il trattamento dei cespiti in
occasione dei trasferimenti di proprietà, con l'obiettivo, da un lato, di
evitare vantaggi fiscali dall'uso di schermi societari per utilizzo
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personale di beni aziendali o di società di comodo e, dall'altro, di dare
continuità all'attività produttiva in caso di trasferimento della
proprietà, anche tra familiari» (art. 12, L. 23/2014).
Con riferimento alla donazione d'azienda la norma antielusiva
serve, probabilmente, a scoraggiare eventuale arbitraggi fiscali sulle
donazioni d'azienda. L'intenzione del legislatore appare essere quella
di colpire le operazioni in cui la donazione d'azienda è finalizzata alla
deviazione della plusvalenza su un familiare con bassa aliquota
marginale, il quale potrebbe vendere l'azienda al terzo acquirente
finale retrocedendo il prezzo all'imprenditore disponente. Detto
comportamento può essere contrastato dall'Amministrazione
Finanziaria anche attraverso l'art. 37, comma 3 del D.P.R. 600/1973
sull'interposizione fittizia di persona. Tuttavia in quest'ultimo caso è
onere dell'Amministrazione Finanziaria provare la dissociazione tra il
titolare apparente (familiare dell'imprenditore donatario dell'azienda) e
il possessore effettivo del reddito (imprenditore donante).
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06.
Cessione a titolo oneroso da parte di persona fisica
di quote societarie acquisite per donazione
Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del
donante.
Tale disposizione è rimasta immutata sia a seguito della soppressione
dell'imposta sulle successioni e donazioni ad opera dell'art. 13, comma
1, della legge 18 ottobre 2001 n. 383, sia a seguito della sua
reintroduzione nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001,
avvenuta con l'art. 2, commi da 47 a 53, del decreto legge 3 ottobre
2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre
2006, n. 286. Va segnalato che per le donazioni il trasferimento in
capo al donatario del costo fiscale riconosciuto della partecipazione del
donante non risulta influenzato dalla reintroduzione dell'imposta di
donazione, in quanto, ai fini della determinazione del costo fiscale
riconosciuto, si continua ad assumere il costo in capo al donante
aumentato dell'eventuale imposta di donazione a carico del donatario.
Nel caso di donazioni, il trasferimento avviene dunque in regime di
neutralità e continuità di valori eventualmente incrementati
dell'imposta stessa. Al riguardo, va precisato che la norma ripropone,
nella sostanza, il contenuto del comma 1 dell'art. 2 del decreto legge
28 gennaio 1991, n. 27 che prevedeva che "per le partecipazioni
ricevute in donazione dal cedente si fa riferimento al prezzo che è
stato pagato all'atto dell'ultimo acquisto avvenuto a titolo oneroso,
ovvero al valore definito nei confronti del precedente titolare, o, in
mancanza da lui dichiarato agli effetti delle imposte di successione".
Il legislatore ha da tempo stabilito che vada assunto il "costo di
acquisto del donante", o, meglio, il costo che il donante avrebbe
assunto come costo o valore di acquisto se, invece di donare l'attività
finanziaria, l'avesse ceduta a titolo oneroso (Circolare n. 165 del 24
giugno 1998 e n. 52 del 10 dicembre 2004). Tale scelta è dettata da
esigenze antielusive e, cioè, per evitare che la donazione possa essere
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utilizzata come strumento per elevare artificiosamente il costo della
partecipazione o del titolo.
Pertanto, in caso di donazione, il cedente dovrà assumere lo
stesso costo o valore di acquisto che poteva assumere il
donante, compreso quello rideterminato avvalendosi dell'art.
5 della legge n. 448/2001 o di uno dei successivi
provvedimenti di proroga o riapertura dei termini.
In tema di donazioni va ricordato altresì che nonostante la
reintroduzione dell'imposta di donazione e le modifiche nel frattempo
intervenute alla disciplina impositiva dei redditi diversi di natura
finanziaria, è ancora vigente negli stessi termini in cui fu
originariamente approvato l'art. 16, comma 1 della legge n. 383/2001
il quale prevede, con finalità antielusiva, che "il beneficiario di un atto
di donazione o di altra liberalità tra vivi, avente ad oggetto valori
mobiliari inclusi nel campo di applicazione dell'imposta sostitutiva di
cui all'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461,
ovvero un suo avente causa a titolo gratuito, qualora ceda i valori
stessi entro i successivi cinque anni, è tenuto al pagamento
dell'imposta sostitutiva come se la donazione non fosse stata fatta, con
diritto allo scomputo dall'imposta sostitutiva delle imposte
eventualmente assolte".
Come chiarito nella circolare n. 91 del 18 ottobre 2001 la norma
dispone che "il beneficiario è tenuto a determinare il reddito diverso di
natura finanziaria con gli stessi criteri che avrebbe dovuto seguire il
donante, anche per quanto attiene all'individuazione dell'entità della
partecipazione trasferita e, quindi, per stabilire se la stessa costituisce
una partecipazione qualificata o non qualificata".
La risoluzione n. 446 del 18 novembre 2008 ha precisato che, se il
beneficiario della donazione cede la partecipazione nei cinque anni
successivi all'atto di liberalità, deve corrispondere l'imposta sostitutiva
di cui al Decreto Legislativo n. 461/1997 come se il dante causa
dell'atto di liberalità avesse compiuto direttamente la cessione a titolo
oneroso (vedasi anche Circolare 4 agosto 2004 n. 35).
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07.
Cessione a titolo oneroso da parte di persona fisica
di immobile acquisito per donazione
E' attribuibile il carattere elusivo all'operazione di donazione del
terreno al coniuge e alle figlie pochi mesi prima della vendita,
successivamente effettuata dalle donatarie che l'Amministrazione
Finanziaria ha ritenuto fittiziamente interposte ai sensi dell'art. 37 del
DPR 600/1973.
L'art. 37 comma 3 stabilisce che:
"In sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al
contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia
dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e
concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta
persona".
Con sentenza n. 21794 del 15 ottobre 2014 la Corte di Cassazione ha
affermato che:
"La disciplina antielusiva dell'interposizione, prevista dal DPR
600/1973, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un
comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo
sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo
strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime
fiscale che costituisce il presupposto di imposta: ne deriva che il
fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può
ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il
campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo
elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza
donazione - vendita (vedasi anche Cassazione 25671/2013).
Orbene - prosegue la suprema Corte - nella fattispecie il fatto che il
contribuente abbia corrisposto tutte le imposte afferenti la donazione
e che il ricavato della vendita sia rimasto nella disponibilità delle eredi
non appare idoneo ad escludere l'inopponibilità all'Amministrazione
Finanziaria per i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di
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operazioni a ciò volte (in applicazione del principio generale antielusivo
dell'art. 53 della Costituzione il quale prevede che tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva).
Nel caso di specie risulta anzitutto la vicinanza temporale tra i due atti
(donazione e successiva vendita) nonchè la circostanza che l'acconto
del prezzo, pari ad oltre 2/3 del corrispettivo, sia stato direttamente
percepito dal donante e non anche dalle donatarie - venditrici.
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08.
Le imposte indirette nel patto di famiglia
nella donazione d'azienda e di quote societarie
Il Legislatore, tenendo conto dell'esigenza di evitare che il prelievo
fiscale possa danneggiare le imprese in occasione del passaggio
generazionale, ha inoltre disposto, all'art. 3, c. 4-ter del Decreto
Legislativo 346/1990, l'esenzione dall'imposta sulle successioni e
donazioni per i trasferimenti inter vivos o mortis causa che
realizzano la trasmissione dell'impresa.
Art. 3, c. 4-ter, D.Lgs. 346/1990
«I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui
all'articolo 768-bis e seguenti del Codice Civile, a favore dei
discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote
sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di
quote sociali e azioni di soggetti di cui all'art. 73, co. 1, lettera a), del
testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta
limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o
integrato il controllo al sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero
1), del Codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi
causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il
controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del
trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della
dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita
dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al
periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento
dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista
dall'art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli
interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima
avrebbe dovuto essere pagata»
La norma stabilisce che i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti
di famiglia di cui all'art. 768-bis e seguenti del Codice Civile a favore
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dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote
sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta sulle successioni e
donazioni; pertanto gli stessi non dovrebbero concorrere ai fini della
erosione delle franchigie in sede di coacervo (vedasi art. 8, c. 4 e art.
57 del Testo Unico Imposte sulle Successioni e Donazioni, come
interpretati nella C.M. 3/2008).
Nell'ipotesi in cui oggetto del trasferimento siano quote sociali o azioni
emesse dai soggetti di cui all'art. 73, c. 1, lettera a), del Tuir, vale a
dire «(... ) società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità
limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio
dello Stato (...)», l'esenzione spetta per il solo trasferimento di
partecipazioni «( . . . ) mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai
sensi dell'art. 2359, primo co., n. 1), del Codice civile», il quale fa riferimento
alla maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria.
Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano
l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un
periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento,
rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di
successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in cui
esplichino detto impegno.
Di conseguenza, il beneficiario del trasferimento di azienda o di rami di
esse, di quote sociali e di azioni non è tenuto a corrispondere l'imposta
sulle successioni e donazioni a condizione che per un periodo non
inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento:
• prosegua l'attività d'impresa. La prosecuzione dell'attività riguarda
tutte le ipotesi in cui il trasferimento abbia avuto ad oggetto
aziende o rami di esse;
• detenga il controllo societario. Questa ipotesi ricorre ogniqualvolta
il trasferimento abbia ad oggetto quote sociali e azioni di soggetti
di cui all'art. 73, c. 1, lettera a), del Tuir.
Il mancato rispetto di tale condizione comporta:
� la decadenza dal beneficio;
� il pagamento dell'imposta in misura ordinaria;
� il pagamento della sanzione amministrativa del 30% dell'imposta
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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non versata prevista dall'art. 13, D.Lgs. 471/1997, e degli interessi
di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe
dovuto essere pagata.
In relazione al trasferimento di azienda il concetto di prosecuzione
dell'attività di impresa per almeno un quinquennio può talora risultare
di difficile interpretazione, in caso di operazioni straordinarie.
La decadenza dal beneficio può verificarsi anche in modo parziale,
come, ad esempio, nell'ipotesi in cui il beneficiario, nel quinquennio,
ceda un ramo dell'azienda; in tal caso la decadenza dal beneficio si
verifica limitatamente al ramo di azienda trasferito, purché, per la
parte d'azienda non trasferita, il cedente prosegua l'esercizio
dell'attività d'impresa.
Il conferimento dell'azienda o della partecipazione in un'altra società
non è causa di automatica decadenza all'agevolazione. Il
conferimento, ai fini del mantenimento dell'agevolazione in parola, può
essere assimilato, infatti, al proseguimento dell'esercizio dell'attività
d'impresa.
In particolare la condizione della prosecuzione dell'attività d'impresa è
da intendersi assolta nell'ipotesi in cui, prima del decorso di cinque
anni dalla donazione o successione:
⇒⇒⇒⇒ il beneficiario conferisca l'azienda in una società di persone,
indipendentemente dal valore della partecipazione ricevuta a
fronte del conferimento;
⇒⇒⇒⇒ il beneficiario conferisca l'azienda in una società di capitali,
purché, in tal caso, le azioni o quote assegnategli a fronte del
conferimento consentano di conseguire o integrare il controllo ai
sensi dell'art. 2359, primo comma, n. 1), C.C.
Parimenti, deve intendersi assolto il requisito della prosecuzione
dell'attività d'impresa nell'ipotesi di:
• trasformazione, fusione o scissione che diano origine a società di
persone ovvero incidano sulle stesse, a prescindere dal valore
della quota di partecipazione assegnata al socio;
• trasformazione, fusione o scissione che diano origine o incidano
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su società di capitali, purché il socio mantenga o integri, nella
società di capitali, una partecipazione di controllo ai sensi dell'art.
2359, primo comma, n. 1), C.C.
Appare da escludere la permanenza dell'esenzione in caso di affitto
dell'azienda, facendo la norma riferimento non tanto all'oggettiva
continuazione dell'attività di impresa, quanto alla prosecuzione della
stessa da parte dei beneficiari del trasferimento.
La norma è chiaramente volta a favorire, mediante la leva fiscale, il
passaggio generazionale delle aziende/società di famiglia e, pertanto,
non risulta applicabile al trasferimento di titoli che, per loro natura,
non permettano di attuare tale passaggio (ad esempio, titoli
obbligazionari).
L'esenzione, inoltre, non può trovare applicazione nei casi in cui
beneficiario sia un soggetto societario o una persona fisica che non sia
«discendente» o «coniuge» del dante causa.
L'Agenzia delle Entrate, nella Circolare 3/2008, ha chiarito che
l'imposta sulle successioni e donazioni non si applica ogniqualvolta il
trasferimento riguardi partecipazioni in società di persone (non
essendo richiesto dalla norma che le partecipazioni in società di
persone debbano giocoforza assicurare l'acquisizione o l'integrazione
del controllo) purché ricorrano gli ulteriori requisiti indicati dall'art. 3,
comma 4-ter.
Viceversa, nell'ipotesi in cui il trasferimento abbia ad oggetto azioni o
quote di partecipazione in società di capitali, l'agevolazione trova
applicazione qualora il beneficiario del trasferimento, per effetto di
quest'ultimo, possa disporre del controllo della società, in quanto viene
a detenere la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.
Nulla è stato previsto in relazione alle partecipazioni in società
residenti all'estero.
Apparivano da scartare sia la conclusione secondo cui le stesse
sarebbero destinatarie dell'agevolazione indipendentemente dalla
percentuale di partecipazione trasferita (al pari delle società di
persone italiane), realizzandosi in questo caso una discriminazione «a
rovescio» a danno delle partecipazioni in società di capitali residenti
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(per le quali è richiesto l'integrazione o l'acquisizione del controllo di
diritto), sia quella secondo cui le stesse sarebbero escluse dalla
disciplina di favore, ravvisandosi in questi casi una restrizione alla
libertà di stabilimento prevista dall'art. 43 del Trattato Ce.
Nel caso di società di capitali l'Agenzia delle Entrate ha negato
l'applicabilità dell'agevolazione quando, in presenza di una pluralità di
beneficiari, ciascuno acquisti una parte delle quote o azioni in
proprietà esclusiva, ma nessun beneficiario acquisti o integri il
controllo.
In particolare nella R.M. 26 luglio 2010, n. 75, in tema di successione
d'impresa e controllo indiretto, gli istanti, Tizia e Caio, avevano
ricevuto per successione mortis causa una partecipazione pari al 43 %
del capitale sociale di una società Alfa. Gli istanti facevano altresì
presente che detenevano indirettamente un'ulteriore partecipazione in
Alfa S.p.a., pari al 9% del capitale, tramite la società Beta S.r.l.,
partecipata da Caio per il 50,25% e da Tizia per il 49,75%.
Nella risposta all'interpello viene ribadita la posizione già espressa
nella C.M. 11/2007 ove fu chiarito che nell'ipotesi in cui la
partecipazione di controllo posseduta dal dante causa sia frazionata tra
più discendenti, l'agevolazione spetta esclusivamente per l'attribuzione
che consenta l'acquisizione o integrazione del controllo. Viene altresì
confermata la posizione, espressa nella C.M. 3/2008, secondo cui
l'agevolazione si applica anche quando l'intero pacchetto azionario di
maggioranza posseduto dal dante causa venga devoluto ai suoi figli in
comproprietà tra loro. In tal caso, in base all'art. 2347 del Codice
Civile, i diritti dei comproprietari sono esercitati da un rappresentante
comune, il quale disporrà della maggioranza dei voti esercitabili in
assemblea ordinaria.
La risoluzione, oltre a ribadire posizioni già note, ha un valore
innovativo, benché rigetti la pretesa degli istanti, poiché viene
riconosciuta la possibilità di accesso al beneficio anche nel caso in cui
il controllo di diritto venga integrato in virtù di una partecipazione
indiretta detenuta per il tramite di un veicolo societario di cui il
beneficiario ha il controllo di diritto.
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Nel caso di specie, l'Amministrazione finanziaria ha disconosciuto
l'applicabilità del beneficio poiché:
1. la signora Tizia non ha il controllo di diritto nella società Beta S.r.l
(in quanto possiede solo il 49,75% del capitale sociale) e, pertanto,
le partecipazioni della società Alfa S.p.a. possedute dalla società
Beta S.r.l non possono essere computate ai fini della verifica
dell'acquisto del controllo della società Alfa S.p.a.;
2. il signor Caio, che possiede il 50,25% del capitale sociale della
società Beta, pur avendo il controllo di diritto di Beta e delle
partecipazioni in Alfa da Beta detenute non acquisisce né integra il
controllo della società Alfa S.p.a. poiché non può sommare
partecipazioni controllate in via esclusiva con partecipazioni
possedute in comproprietà.
La risoluzione dunque nega che si possano cumulare partecipazioni
detenute in piena proprietà, anche per il tramite di un veicolo
societario, con partecipazioni detenute in comunione con altri eredi,
affermando dunque una necessaria omogeneità tra le partecipazioni
già detenute e quelle pervenute mortis causa, poiché in caso di
difformità non è possibile cumulare i due possessi azionari.
Nell'ipotesi di attribuzione, in favore dei discendenti e del coniuge, di
azienda o di un ramo di essa nella quale siano compresi i beni
immobili o diritti reali immobiliari e per la quale ricorrano le condizioni
per l'esenzione, le relative formalità di trascrizione e voltura catastale
sono esenti dalle imposte ipotecaria e catastale (Circolare Agenzia
Entrate n. 3 del 22 gennaio 2008, par. 8.3.4)
Ai fini delle imposte di registro i partecipanti al patto di famiglia non
assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni sociali possono
rinunziare all'attribuzione in denaro o in natura loro spettante; tale
rinunzia non ha effetti traslativi ed è quindi soggetta alla sola imposta
di registro in misura fissa, dovuta per gli atti privi di contenuto
patrimoniale (Circolare Agenzia Entrate n. 18 del 29 maggio 2013, par.
5.3.2).
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09.
Fondo patrimoniale
(art. 167 e seguenti Codice Civile)
Possono costituire un fondo patrimoniale:
� ciascun coniuge (per atto pubblico);
� entrambi i coniugi (per atto pubblico);
� un terzo (anche per testamento),
al fine di destinare determinati beni
ai bisogni della famiglia.
I beni destinabili al fondo sono:
� gli immobili
� i mobili iscritti in pubblici registri
� i titoli di credito
La finalità della costituzione del fondo patrimoniale consiste nel:
� destinare determinati beni e i suoi frutti al soddisfacimento dei
bisogni della famiglia;
� limitare ai terzi la possibilità di agire esecutivamente sui beni del
fondo.
I beni costituenti il fondo patrimoniale sono soggetti, infatti, ad alcuni
limiti come precisa la Circolare del Ministero delle Finanze n.
221/2000:
• la loro amministrazione è regolata dalle norme relative alla
comunione legale;
• non possono essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque
vincolati senza il consenso di entrambi i coniugi e se vi sono figli
minori, solo con l'autorizzazione concessa dal Giudice, salvo che
non sia stato espressamente consentito nell'atto di costituzione;
• il fondo e i suoi frutti non possono essere oggetto di operazioni
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esecutivi per debiti che il creditore sapeva essere stati contratti
per scopi estranei ai bisogni della famiglia;
• i frutti possono essere utilizzati solo per i bisogni della famiglia.
Il vincolo di destinazione del fondo viene a cessare a seguito
dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti
civili del matrimonio, tranne nell'ipotesi in cui vi sia la presenza di figli
minori; in tal caso il fondo dura sino al compimento della maggiore età
dell'ultimo figlio ed il giudice può impartire disposizioni per
l'amministrazione dei beni.
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10.
Le imposte sui redditi e il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale non è soggetto passivo ai fini delle imposte sui
redditi. Di conseguenza, non occorre presentare alcuna dichiarazione
fiscale relativamente al fondo.
I redditi derivanti dai beni conferiti nel fondo debbono, pertanto,
essere dichiarati dai coniugi nel rispetto delle modalità previste per le
singole categorie reddituali (redditi di capitale, redditi fondiari, etc).
Per quanto concerne l'IRPEF, il regime fiscale applicabile al fondo
patrimoniale è contenuto nell'art. 4, comma 1, lett. b), del D.P.R.
917/1986, secondo cui "I redditi dei beni che formano oggetto
del fondo patrimoniale di cui agli artt. 167 e seguenti del
codice civile sono imputati per metà del loro ammontare netto
a ciascuno dei coniugi".
La norma tributaria non presta rilievo alla titolarità dei diritti reali dei
beni sul fondo patrimoniale, ma stabilisce, come fosse una
presunzione assoluta, che i redditi dei beni conferiti nel fondo debbano
essere attribuiti ad entrambi i coniugi pro quota.
L'assoluta irrilevanza dell'esatta titolarità dei diritti reali sui beni del
fondo patrimoniale deriva dalla natura stessa dell'istituto che
costituisce un patrimonio separato da quello del soggetto costituente,
individuato - all'interno di quest'ultimo - dal vincolo di destinazione cui
risultano assoggettati i beni che lo compongono.
Sempre l'art. 4 dispone che "Nelle ipotesi previste nell'art. 171
del Codice Civile (vale a dire, nei casi di cessazione del fondo) i
redditi dei beni che rimangono destinati al fondo sono im-
putati per l'intero ammontare al coniuge superstite o al
coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita
l'amministratone del fondo".
In dottrina, è stato, altresì, affrontato il tema delle plusvalenze ex art.
81 (ora 67) del D.P.R. 917/1986, derivanti dal realizzo di beni o di
partecipazioni sociali, rientranti tra quelli costituiti in fondo
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patrimoniale.
In particolare, ci si è interrogati sulla questione se dette plusvalenze
dovessero considerarsi redditi derivanti dal fondo patrimoniale e,
quindi, attratti a tassazione secondo le regole dell'art. 4 del TUIR,
oppure se dovessero essere considerate come un'autonoma categoria
reddituale tassabile, per l'intero in capo al proprietario.
A parte una voce isolata in dottrina, che aveva prospettato la
possibilità di imputare le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione
a ciascun coniuge in relazione alla propria quota di diritto reale,
l'opinione maggioritaria depone a favore del medesimo trattamento
attribuito ai beni conferiti nel fondo patrimoniale, ovvero equa
ripartizione tra i due coniugi indipendentemente dalla titolarità dei beni
medesimi.
Ed infatti, considerato che l'art. 4 del TUIR non presta rilievo alla
quota di proprietà dei beni conferiti in fondo patrimoniale e
considerato che, nel caso di vendita dei beni del fondo, le relative
plusvalenze sono soggette alle stesse norme del fondo patrimoniale, si
applica il medesimo regime fiscale del fondo, con la conseguenza che
le stesse devono essere tassate secondo le modalità stabilite dall'art. 4
del TUIR (al 50 per cento in capo a ciascun coniuge). Di conseguenza,
secondo il principio generale di cui all'art. 4 del TUIR, l'onere
impositivo verrà accollato comunque per metà a ciascuno dei coniugi
anche se la titolarità giuridica del bene ceduto è riconducibile all'altro
coniuge per intero, o comunque, per una percentuale che eccede il 50
per cento.
Nel caso, infine, in cui il fondo patrimoniale sia costituito con beni
provenienti da patrimonio di terzi, il momento rilevante ai fini della
concreta imposizione dovrebbe essere quello dell'accettazione da parte
dei coniugi, avendo questa efficacia costitutiva ai sensi dell'art. 167 del
Codice Civile. Di conseguenza, fino al momento dell'accettazione, i
redditi devono essere dichiarati dal terzo e non dai coniugi.
Un aspetto non affrontato dall'art. 4 del TUIR attiene allo
sdoppiamento tra nuda proprietà e diritto reale in caso di disposizione
nel fondo.
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Cosa accade nel caso in cui al fondo patrimoniale venga attribuita la
nuda proprietà o l'usufrutto? Nel primo caso i frutti del bene non
appartengono al fondo per cui i redditi dovranno essere generalmente
dichiarati dall'usufruttuario. I coniugi, tuttavia, saranno tassati sul 50
per cento della eventuale plusvalenza derivante dall'alienazione del
diritto di nuda proprietà.
Ovviamente, se fosse attribuito il diritto di usufrutto, i coniugi risulte-
rebbero tassati sul 50 per cento dei redditi del bene immobile.
Un aspetto di particolare interesse sotto il profilo dell'imposizione
diretta emerge quando un terzo attribuisce ai coniugi un bene
immobile riservandosi, tuttavia, il diritto di proprietà. Il vincolo che si
crea sul bene a seguito del fondo si sostanzia nell'attribuire ai coniugi
un diritto reale di godimento, che potrebbe essere ricondotto in
alternativa all'usufrutto ordinario, ad una fattispecie assimilabile
all'usufrutto legale dei genitori sui beni dei figli minori o un diritto
reale di godimento assimilabile al diritto d'uso. In tal caso, il
proprietario perde il potere di alienare il bene conferito senza il con-
senso di coniugi.
I frutti generati dai beni ottenuti in godimento dal terzo con riserva
della proprietà a favore di quest'ultimo verranno tassati in capo ai
coniugi.
Tale conclusione discende dal dettato dell'art. 168, comma 2, del
Codice Civile, il quale prevede che i frutti dei beni costituenti il fondo
patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia, senza operare
alcuna distinzione tra beni conferiti in proprietà e beni conferiti in
godimento, con riserva della proprietà. Poiché i frutti spettano ai
coniugi, questi manifestano su di essi una effettiva capacità
contributiva.
La Circolare dell'Agenzia delle Entrate, n. 20 del 4 giugno 2012, ha
fornito dei chiarimenti su varie questioni interpretative riguardanti la
cedolare secca sugli affitti.
Con tale documento di prassi, l'Agenzia ha chiarito che un contratto di
locazione stipulato da uno solo dei comproprietari ha effetti fiscali
anche sul comproprietario non presente nell'atto, il quale può decidere
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
31
autonomamente se optare o meno per la nuova imposta.
Con specifico riferimento al fondo patrimoniale, la circolare ha
affermato che la disposizione di cui all'art. 4 del TUIR, la quale
stabilisce che i redditi dei beni oggetto del fondo patrimoniale siano
attribuiti ex lege in misura pari ad entrambi i coniugi,
indipendentemente dalla circostanza che la costituzione del fondo sia
avvenuta con il trasferimento del diritto di proprietà ovvero con la
riserva di proprietà in capo all'originario proprietario, possa valere
anche in sede di applicazione della cedolare secca, in considerazione
del comune presupposto impositivo e del carattere alternativo della
cedolare secca rispetto all'IRPEF, risultando assorbente del requisito
soggettivo previsto dall'art. 3 del Decreto Legislativo 23/2011
concernente la proprietà dell'immobile. Quindi, anche il coniuge non
proprietario può optare autonomamente per l'applicazione del regime
della cedolare secca sui canoni di locazione di immobili ad uso
abitativo.
L'Amministrazione Finanziaria ha inoltre ricordato che si applica anche
per la cedolare secca la regola generale, secondo la quale se un
immobile in comproprietà è affittato a terzi con contratto di locazione
stipulato da uno solo dei comproprietari, anche il comproprietario non
presente nell'atto deve dichiarare il reddito fondiario "per la quota a lui
imputabile". Il regime fiscale scelto da uno dei due coniugi, tuttavia,
non incide su quello scelto dall'altro.
Pertanto, se il comproprietario "contraente" ha già esercitato l'opzione,
l'altro comproprietario può optarvi, presentato il Modello 69, allegando
la documentazione attestante il titolo di comproprietario. Anche
quest'ultimo, dovrà, di conseguenza comunicare preventivamente al
conduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per il nuovo
regime, rinunciando agli aggiornamenti del canone a qualsiasi titolo.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
32
11.
Analisi dei profili fiscali
delle differenti tipologie di fondo patrimoniale
Le differenti modalità di costituzione del fondo patrimoniale possono
essere così rappresentate:
11.1
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
non imprenditori avente ad oggetto conferimento di beni immobili.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di immobili, e specifi-
camente di fabbricati, nel fondo patrimoniale, è per i coniugi (persone
fisiche non imprenditori), operazione fiscalmente neutrale.
I redditi dei fabbricati che formano oggetto del fondo patrimoniale so-
no imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi,
ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR.
Anche nell'ipotesi di una eventuale cessione dei fabbricati da parte dei
coniugi, l'eventuale plusvalenza va imputata al 50 per cento tra gli
stessi.
Nel caso di cessazione del fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 4, com-
ma 1, lett. b), TUIR, i redditi dei beni che rimangono destinati al fondo
sono imputati:
� in capo al coniuge superstite ovvero
� in capo al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita
l'amministrazione del fondo.
11.2
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
non imprenditori avente ad oggetto conferimento di beni mobili
iscritti in pubblici registri.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di beni mobili iscritti in
pubblici registri (ad esempio, navi, aeromobili, autovetture) nel fondo
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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patrimoniale, è per i coniugi (persone fisiche non imprenditori)
operazione fiscalmente neutrale.
Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, i redditi dei beni che
formano oggetto del fondo patrimoniale sono imputati per metà del
loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi.
In conseguenza di ciò, i redditi derivanti dalla eventuale locazione di
beni mobili iscritti in pubblici registri (costituiti dalla differenza tra
l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese
specificamente inerenti alla loro produzione), ai sensi dell'art. 67,
comma 1, lett. h) e 71, comma 2, del TUIR, vengono imputati pro
quota tra i coniugi.
Nel caso di cessazione del fondo patrimoniale, i redditi dei beni che ri-
mangono destinati al fondo seguono le regole dettate dall'art. 4,
comma 1, lett. b), del TUIR e, pertanto, sono imputati:
� al coniuge superstite, ovvero
� al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione
del fondo.
11.3
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
non imprenditori avente ad oggetto conferimento di partecipazioni
in società di capitali.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di partecipazioni in
società di capitali nel fondo patrimoniale, è per i coniugi (persone
fisiche non imprenditori), operazione fiscalmente neutrale.
Gli utili derivanti dalle partecipazioni in società di capitali che formano
oggetto del fondo patrimoniale sono imputati per metà del loro
ammontare netto a ciascuno dei coniugi, ai sensi dell'art. 4, comma 1,
lett. b), del TUIR.
Pertanto, a decorrere dal giorno in cui le predette partecipazioni
confluiscono nel fondo patrimoniale, gli utili relativi alle:
� partecipazioni qualificate, concorrono a formare la base imponibile
in misura complessiva pari al 49,72% ovvero al 40% in capo ai
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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coniugi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, comma 1,
lett. b) e 47 del TUIR, nonché dell'art. 1 del D.M. 2 aprile 2008;
� partecipazioni non qualificate, sono soggetti a ritenuta a titolo di
imposta ai sensi dell'art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973.
Anche nell'ipotesi di una eventuale cessione di partecipazioni in società
di capitali da parte dei coniugi, l'eventuale plusvalenza va imputata al
50% tra gli stessi coniugi.
Così come nel caso di cessazione del fondo patrimoniale, gli utili
relativi alle partecipazioni in società di capitali che rimangono destinati
al fondo sono imputati:
al coniuge superstite, ovvero
al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione del
fondo.
Un cenno merita il trattamento tributario riservato all'ipotesi in cui am-
bo i coniugi persone fisiche non imprenditori decidano di conferire nel
fondo patrimoniale quote possedute in una srl per la quale era stata
effettuata l'opzione per il regime di trasparenza fiscale.
Non appare esservi dubbi sulla possibilità di conferire in fondo
patrimoniale le quote di una srl. Per quanto concerne il relativo
trattamento fiscale, occorre distinguere il caso in cui i coniugi siano
comproprietari al 50% delle quote della srl dalla differente ipotesi in
cui la percentuale delle quote possedute da ambo i coniugi sia
differente (ad esempio, un coniuge possieda il 65% delle quote e
l'altro il restante 35%).
Nel primo caso, si applicherà, l'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR il
quale prevede la tassazione pro quota in capo ad ambo i coniugi.
Nella seconda ipotesi, in via astratta, potrebbero applicarsi due
differenti discipline "concorrenti". Da un lato, la disciplina della
trasparenza fiscale, che prevede la tassazione, in capo ai coniugi in
proporzione alla quota di partecipazione agli utili posseduta da
ciascuno di essi (nel caso preso ad esempio, al 65 per cento e al 35
per cento) e a prescindere dalla effettiva percezione degli stessi;
dall'altro, la disciplina generale dettata dall'art. 4, comma 1, lett. b),
del TUIR.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
35
Al riguardo la Corte di Cassazione (sentenza 24 febbraio 2001, n.
2736) con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame
regolata dalla precedente lettera a) del citato art. 4 del TUIR, ha
ritenuto che i redditi siano imputati a ciascuno dei coniugi per metà
del loro ammontare netto.
Con la richiamata sentenza, in presenza di una partecipazione in una
società di persone (per la quale vige il sistema di imputazione ai soci
per trasparenza in proporzione alla quota posseduta), è stato ritenuto
comunque applicabile, nei confronti dei coniugi, l'imputazione del
reddito nella misura del 50% prevista per la comunione legale.
Stante l'analogia della fattispecie in esame a quella esaminata nella
sopra citata sentenza, anche nel caso di conferimento in fondo
patrimoniale di quote di srl possedute da coniugi in percentuali
differenti (65% e 35%), si applicherà la disciplina generale prevista
dall'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, con conseguente imputazione
ai coniugi, nella misura del 50% ciascuno, dei redditi derivanti dal
possesso delle quote societarie conferite nel fondo patrimoniale.
11.4
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
imprenditori avente ad oggetto conferimento di immobili.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di immobili, specifica-
mente di fabbricati, nel fondo patrimoniale, è per i coniugi (persone
fisiche imprenditori) operazione che comporta:
• l'emersione di un ricavo ai sensi dell'art. 57, TUIR, costituito dal
valore normale del bene destinato a finalità estranee all'esercizio
dell'impresa, qualora l'immobile costituisca l'oggetto specifico
dell'impresa, ovvero
• l'emersione di una plusvalenza, ai sensi del combinato disposto
degli artt. 56, 58 comma 3, e 86 del TUIR, costituita dalla
differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei
beni, nell'ipotesi in cui gli immobili siano strumentali ovvero beni
relativi all'impresa diversi da quelli che producono ricavo ai sensi
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
36
dell'art. 85, TUIR.
Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, i redditi dei beni che
formano oggetto del fondo patrimoniale anche in tale ipotesi sono
imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei due
coniugi.
Lo stesso dicasi per quanto concerne l'eventuale plusvalenza derivante
da cessione dei fabbricati oggetto del fondo patrimoniale, che va
imputata al 50 per cento tra i due coniugi.
La questione non muta, infine, relativamente alla cessazione del fondo
patrimoniale, laddove è previsto che, ai sensi dell'art. 4, comma 1,
lett. b), TUIR, i redditi dei beni che rimangono destinati al fondo
vengano imputati:
� al coniuge superstite, ovvero
� al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione
del fondo.
11.5
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
imprenditori avente ad oggetto conferimento di beni mobili
iscritti in pubblici registri.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di tali beni nel fondo
patrimoniale è per i coniugi (persone fisiche imprenditori) operazione
che comporta:
� l'emersione di un ricavo ai sensi dell'art. 57, TUIR, costituito dal
valore normale del bene destinato a finalità estranee all'esercizio
dell'impresa, qualora i beni mobili costituiscano l'oggetto specifico
dell'impresa, ovvero
� l'emersione di una plusvalenza, ai sensi del combinato disposto
degli artt. 56, 58 comma 3, e 86 del TUIR, costituita dalla
differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei
beni, nell'ipotesi in cui i beni mobili iscritti in pubblici registri siano
strumentali ovvero beni relativi all'impresa diversi da quelli che
producono ricavo ai sensi dell'art. 85 del TUIR.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
37
Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, i redditi dei beni che
formano oggetto del fondo patrimoniale anche in tale ipotesi sono
imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei due
coniugi.
In conseguenza di ciò, i redditi derivanti dalla locazione (eventuale)
dei beni mobili in esame (costituiti dalla differenza tra l'ammontare
percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla
loro produzione) vengono imputati in parti uguali ai coniugi.
Nel caso di cessazione del fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 4, com-
ma 1, lett. b), TUIR, i redditi dei beni che rimangono destinati al fondo
vengano imputati:
� al coniuge superstite, ovvero
� al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione
del fondo.
11.6
Fondo patrimoniale costituito da coniugi persone fisiche
imprenditori avente ad oggetto partecipazioni in società di capitali.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento in partecipazioni in so-
cietà di capitali nel fondo patrimoniale è per i coniugi (persone fisiche
imprenditori) operazione che comporta:
� ai sensi degli artt. 56 e 85, TUIR, l'emersione di un ricavo,
costituito dal valore normale del bene destinato a finalità estranee
all'esercizio dell'impresa, nell'ipotesi in cui le partecipazioni siano
iscritte nel bilancio alla voce "attivo circolante", ovvero,
� ai sensi del combinato disposto degli artt. 56 e 86, comma 1, lett.
c), l'emersione di una plusvalenza qualora le partecipazioni siano
iscritte nel bilancio alla voce "immobilizzazioni finanziarie" e non
soddisfino i requisiti per la partecipation exemption di cui all'art. 87,
TUIR.
Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, gli utili derivanti dalle
partecipazioni in società di capitali che formano oggetto del fondo
patrimoniale sono imputati per metà del loro ammontare netto a
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
38
ciascuno dei coniugi e:
• se relativi a partecipazioni qualificate, concorrono a formare la base
imponibile in misura complessiva pari al 49,72% ovvero 40% in
capo ai coniugi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4,
comma 1, lett. b) e 47 del TUIR, nonché dell'art. 1 del D.M. 2
aprile 2008, mentre,
• se relativi a partecipazioni non qualificate, sono soggetti a ritenuta
a titolo di imposta ai sensi dell'art. 27, comma 1, del D.P.R. n.
600/1973.
Nell'ipotesi (eventuale) di cessione di partecipazioni in società di
capitali da parte dei coniugi, l'eventuale plusvalenza va imputata pro
quota in capo a ciascun coniuge nella misura del 50 per cento.
Anche relativamente a questa ipotesi, infine, in caso di cessazione del
fondo patrimoniale, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), del TUIR, gli
utili relativi alla partecipazione in società di capitali che rimangono
destinati al fondo sono imputati:
� al coniuge superstite, ovvero
� al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione
del fondo.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
39
12.
Le imposte indirette e il fondo patrimoniale
Per determinare il regime fiscale applicabile al fondo patrimoniale ai
fini delle imposte indirette è necessario stabilire se si realizza l'effetto
traslativo della proprietà dei beni conferiti nel fondo. Vi è, infatti, una
sostanziale distinzione tra l'ipotesi in cui l'atto costitutivo del fondo
comporti un effetto traslativo dei beni in esso conferiti e l'ipotesi in cui
il negozio istitutivo presenti natura dichiarativa, limitandosi a
determinare il sorgere di un mero diritto di godimento sui beni
conferiti, senza implicare alcun trasferimento della proprietà dei
medesimi.
12.1
Costituzione del fondo con trasferimento della proprietà dei beni.
Qualora a seguito della stipulazione inter vivos dell'atto di costituzione
del fondo patrimoniale si realizzi il fenomeno traslativo della proprietà
dei beni conferiti, l'atto costitutivo sarà assoggettato:
• all'imposta sulle donazioni, secondo le modalità e nella misura
prevista dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346;
• all'imposta di registro in misura fissa ex D.P.R. 131/1986 (giacché
tale imposta risulta dovuta in misura proporzionale esclusivamente
in relazione agli atti traslativi a titolo oneroso, laddove, invece,
l'ipotesi in esame è caratterizzata dalla presenza dell'animus
donandi);
• alle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 347/1990.
Nell'ipotesi di costituzione del fondo patrimoniale ad opera del terzo
per atto mortis causa risulterà dovuta l'imposta sulle successioni
disciplinata dal D.Lgs. 346/1990.
Si noti, infine, che, con riferimento alle imposte ipotecaria e catastale,
le stesse sono dovute indipendentemente che la costituzione del fondo
avvenga da parte di un terzo, da parte di entrambi i coniugi o di uno
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
40
solo di essi, ovvero con atto inter vivos o mortis causa. L'unica
condizione necessaria ai fini dell'applicazione di dette imposte è
rappresentata dalla ricorrenza di un effetto traslativo sui beni mobili
conferiti.
12.2
Costituzione del fondo senza trasferimento della proprietà dei beni.
Qualora la costituzione del fondo patrimoniale non comporti il
verificarsi di un effetto traslativo, ma solo il sorgere dello specifico
vincolo di destinazione dei beni in esso conferiti al soddisfacimento
delle esigenze della famiglia, l'atto costitutivo non integrerà il
presupposto dell'imposta sulle donazioni, atteso che quest'ultimo si
ricollega "... ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra
liberalità tra vivi" (art. 1, comma 1, D.Lgs. 346/1990). Pertanto, l'atto
costitutivo sarà assoggettato alla sola imposta di registro in misura
fissa.
Come sopra detto, non saranno dovute le imposte ipocatastali, il cui
presupposto è costituito dal verificarsi dell'effetto traslativo dei beni
costituiti nel fondo patrimoniale.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
41
13.
L'imposta di successione e donazione
nel fondo patrimoniale
L'atto di costituzione del fondo patrimoniale è iscrivibile nella categoria
degli "atti di costituzione di vincoli di destinazione", i quali, a seguito
della novella operata dal D.L. n. 262/2006 (convertito dalla Legge n.
286/2006) sono soggetti all'applicazione dell'imposta sulle successioni
e donazioni.
L'imposta di successione si applica qualora il fondo patrimoniale venga
costituito con testamento. Qualora lo stesso, invece, venga costituito
con atto tra vivi, si applicherà l'imposta di donazione, al verificarsi del
presupposto tipico di tale imposta (effetto traslativo della proprietà dei
beni costituiti nel fondo).
Tanto ha chiarito, infatti, l'Amministrazione Finanziaria, con la circolare
22 gennaio 2008, n. 3, par. 5.1, secondo cui "con specifico riferimento
all'imposta sulle successioni e donazioni, tale principio comporta la
necessità di verificare, volta per volta, gli effetti giuridici che la
costituzione di un vincolo di destinazione produce, per modo che
l'imposta possa essere assolta solo in relazione a vincoli di
destinazione costituiti mediante trasferimento di beni. Diversamente, il
vincolo realizzato su beni che, seppur separati rispetto al patrimonio
del disponente, rimangano a quest'ultimo intestati, non può
considerarsi un atto dispositivo rilevante ai fini dell'applicazione
dell'imposta. Ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni si rende
necessario, pertanto, distinguere le costituzioni di vincoli di
destinazione produttivi di effetti traslativi, da quelle che, invece, lo
stesso effetto non evidenziano".
In merito all'applicazione delle imposta di donazione e successione e
all'imposta di registro chiarimenti sono stati forniti dalla C.M. 221 del
30 novembre 2000, la quale ha, in particolare, analizzato le seguenti
ipotesi:
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
42
13.1
Fondo costituito con beni di proprietà di entrambi i coniugi.
Nel caso in cui il fondo patrimoniale sia costituito con beni di proprietà
comune di entrambi i coniugi, si determina solo l'assoggettamento dei
beni ad un vincolo di destinazione, ma non si verifica alcun effetto
traslativo che possa giustificare l'applicazione dell'imposta di
successione e donazione.
Ne consegue l'inapplicabilità dell'imposta sulle successioni e donazioni
in assenza del presupposto impositivo, ossia il trasferimento di beni e
diritti a titolo gratuito per atto inter vivos o mortis causa.
Ai fini, invece, dell'imposta di registro, l'atto di costituzione del fondo
non potrà considerarsi nemmeno di natura dichiarativa. E infatti,
mentre gli atti con efficacia dichiarativa rafforzano, affievoliscono,
specificano la situazione precedente oppure eliminano una situazione
di incertezza, l'atto di costituzione del fondo crea sui beni che ne
fanno parte un vincolo di destinazione, realizzato attraverso particolari
regole di amministrazione e di responsabilità.
Pertanto, in tale ipotesi, l'atto di costituzione del fondo patrimoniale
sconterà l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa, ai sensi
dell'art. 11 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986 (atti non
aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale).
Anche secondo l'opinione pacifica della giurisprudenza di legittimità,
"l'atto costitutivo del patrimonio familiare, muta soltanto il regime
giuridico dei beni, costituendo un patrimonio separato, cioè un vincolo
di destinazione dei beni confluiti nel fondo e dei loro frutti, al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia, senza che sia creata una
nuova soggettività patrimoniale e senza che insorgano posizioni di
diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare.
Ne consegue che l'imposta di registro è applicabile nella misura fissa
prevista dall'art. 11 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n.
131 e non nella misura proporzionale indicata nell'art. 9 della Tariffa
né in quella di cui al precedente art. 3 (Cass. 7 luglio 2003, n. 10666).
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
43
13.2
Fondo costituito con beni di proprietà di uno solo dei coniugi
che se ne riserva la proprietà.
Anche in questo caso, non si verifica alcun effetto traslativo, essendo il
fondo costituito con beni di proprietà esclusiva di uno dei coniugi che
se ne riserva la proprietà. In tal caso, infatti, i beni, pur essendo
vincolati al fondo, restano di proprietà esclusiva del coniuge. Manca,
pertanto, il presupposto impositivo per l'applicazione dell'imposta di
successione e donazione, con la conseguenza che si applicherà
l'imposta fissa di registro ai sensi dell'art. 11 della Tariffa, Parte I,
allegata al D.P.R. 131/1986.
13.3
Fondo costituito con beni di proprietà di uno solo dei coniugi,
che non se ne riserva la proprietà.
Nel caso in cui il fondo sia costituito con beni di proprietà esclusiva di
un coniuge, ma quest'ultimo non se ne riservi la proprietà, secondo la
C.M. 221/2000 occorre distinguere l'ipotesi in cui l'altro coniuge accetti
i beni da quella in cui, al contrario non accetti i beni.
Nel primo caso, ovvero se il coniuge accetta la costituzione del fondo
patrimoniale, si verifica l'effetto traslativo a titolo gratuito di una quota
pari al 50% dei beni destinati al fondo. Su tale quota verrà applicata
l'imposta sulle donazioni, secondo le aliquote e con le modalità
individuate dal D.L. n. 262/2006 (convertito dalla Legge n. 286/2006).
Considerato che il trasferimento avviene in favore dell'altro coniuge, si
ritiene che in tal caso si applichi l'aliquota del 4% con la franchigia di 1
milione di euro, ai sensi dell'art. 2, comma 49, del D.L. n. 262/2006.
Ci si è chiesti se tali conclusioni abbiano o meno subito delle modifiche
ad opera delle recenti disposizioni che hanno reintrodotto l'imposta
sulle successioni e donazioni, prevedendo espressamente
l'assoggettamento a tale imposta della costituzione di vincoli di
destinazione. In particolare, la questione controversa atteneva
all'applicabilità dell'imposta anche in assenza di una volontà traslativa
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
44
da parte del coniuge i cui beni sono costituiti nel fondo patrimoniale.
A tal proposito, i primi chiarimenti sono stati forniti in occasione del
convegno di "Telefisco 2007", ove era emerso che la costituzione di
vincoli di destinazione era da intendersi riferita "all'ipotesi di
costituzione negoziale del vincolo che comporti il contestuale
trasferimento di beni, anche temporaneo, in capo a un soggetto
diverso dal disponente". Pertanto, ai fini dell'assoggettamento
all'imposta di donazione, sembrava confermata l'interpretazione
precedente secondo cui in assenza di volontà traslativa l'atto non è
soggetto a tassazione.
Nel secondo caso, invece, ovvero qualora l'altro coniuge non accetti la
costituzione del fondo patrimoniale, non si verifica alcun effetto
traslativo della proprietà, con la conseguenza che si applicherà
l'imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art. 11 della Tariffa,
Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986.
13.4
Fondo costituito con beni di un terzo
che non se ne riserva la proprietà.
Il trattamento fiscale di tale ipotesi differisce a seconda che i coniugi
accettino o meno i beni costituiti in fondo patrimoniale.
In caso di mancata accettazione, il fondo patrimoniale non si
costituisce, atteso che, a norma dell'art. 167, comma 2 del Codice
Civile, la costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi,
effettuata da un terzo, si perfeziona con l'accettazione. Di
conseguenza, manca il presupposto per l'applicazione dell'imposta di
successione e donazione.
Nel differente caso in cui i coniugi accettino i beni costituiti in fondo
patrimoniale, secondo la C.M. 221/2000 si verifica l'effetto traslativo
della proprietà. In tal caso, è dovuta l'imposta sulla successione e
donazione, le cui aliquote, varianti a seconda del rapporto di parentela
e di affinità esistente tra terzo e coniuge, sono definite dall'art. 2,
comma 49, del D.L. n. 262/2006, convertito dalla Legge n. 286/2006.
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45
13.5
Fondo costituito con beni di un terzo che se ne riserva la proprietà.
La C.M. 221/2000 stabilisce che, qualora il fondo patrimoniale sia
costituito con beni di proprietà esclusiva del terzo che se ne riserva la
proprietà, sebbene non si verifichi alcun effetto traslativo, l'imposta
sulle donazioni è dovuta in considerazione del fatto che "dalla
costituzione del fondo deriva per i coniugi il vantaggio, di carattere
economico, di utilizzare i frutti prodotti dai beni che vi sono destinata".
Tali frutti saranno destinati da entrambi i coniugi al soddisfacimento
dei bisogni familiari cui, altrimenti, avrebbero dovuto provvedere in
prima persona. Pertanto, la costituzione del fondo patrimoniale, in
questo caso, fa emergere una certa capacità contributiva in capo ai
coniugi e rende legittima l'applicazione dell'imposta di donazione.
L'imposta di donazione verrà, conseguentemente applicata, secondo le
aliquote dettate dal rapporto di parentela o affinità tra terzo e coniugi,
sul diritto che sorge in capo ai coniugi sui beni oggetto del fondo,
rimasti nella proprietà esclusiva del terzo, che taluni autori hanno
qualificato come usufrutto legale, mentre altri, come un normale
usufrutto.
La qualificazione di tale diritto rileva ai fini della determinazione della
base imponibile, la quale, nel caso di fondo patrimoniale costituito con
i beni di un terzo che se ne riserva la proprietà, è determinata
utilizzando i criteri definiti per le rendite e le pensioni dall'art. 17 del
D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.
Alcuni autori, in dottrina, successivamente all'emanazione della
Circolare 221/2000, si sono soffermati sul confronto tra l'ipotesi di
costituzione del fondo patrimoniale ad opera del coniuge, proprietario
esclusivo del bene con riserva di proprietà a proprio favore, con la
differente fattispecie del fondo costituito dal terzo che se ne riserva la
proprietà, ravvisandovi delle incongruenze.
L'incongruenza sarebbe ravvisabile nella circostanza secondo cui, sia
nel caso di fondo patrimoniale costituito con beni di proprietà comune
dei coniugi che nel caso di fondo patrimoniale costituito con beni di
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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proprietà esclusiva di uno solo dei coniugi che se ne riserva la
proprietà, non si verificherebbe alcun effetto traslativo, in quanto,
come sostiene la circolare, "l'atto di costituzione del fondo crea sui
beni che ne fanno parte un vincolo di destinazione", con conseguente
inapplicabilità dell'imposta di donazione.
In particolare, nell'ipotesi del fondo costituito con beni di proprietà
esclusiva di uno solo dei coniuge che se ne riserva la proprietà, la
circolare, nell'intento di fornire una giustificazione al mancato effetto
traslativo, specifica che "a tale conclusione induce la considerazione
che il fondo è funzionale ai bisogni della famiglia e che fa carico ai
coniugi e più precisamente al coniuge proprietario l'obbligo di
assistenza economico-materiale della famiglia".
Alle stesse conclusioni, tuttavia, non si perviene con riferimento alla
differente ipotesi del fondo patrimoniale costituito con i beni di un
terzo che se ne riserva la proprietà, laddove viene specificato che "il
relativo atto deve essere assoggettato al trattamento impositivo
previsto per gli atti di trasferimento a titolo gratuito" poiché, "sebbene
non si verifichi l'effetto traslativo della piena proprietà dei beni
conferiti, tuttavia, dalla costituzione del fondo deriva per i coniugi il
vantaggio, di carattere economico, di utilizzare i frutti prodotti dai beni
che vi sono destinati".
Ciò premesso, non si comprende la differenza tra ambo le ipotesi, po-
sto che, anche nel caso del fondo patrimoniale costituito con beni di
un terzo che se ne riserva la proprietà deriverebbe "un vantaggio di
tipo economico", come per l'ipotesi del fondo patrimoniale costituito
con beni di proprietà esclusiva di uno solo dei coniugi che se ne
riserva la proprietà, ma non certo la costituzione o il trasferimento di
uno specifico e peculiare diritto reale tale da giustificare l'applicazione
dell'imposta di donazione.
Sarebbe, pertanto, auspicabile, al fine di superare tale discrasia, un
ulteriore intervento in merito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
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14.
Cessazione del fondo patrimoniale
La circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 3/E del 22 gennaio 2008 si è
occupata del trattamento fiscale applicabile al caso di cessazione del
fondo patrimoniale, con particolare riguardo all'imposta di
successione.
La circolare precisa che, in caso di cessazione del fondo, i beni
possono essere ritrasferiti in capo a soggetti diversi.
In particolare, l'esempio citato dalla circolare fa riferimento al caso di
cessazione del fondo patrimoniale per annullamento degli effetti civili
del matrimonio con attribuzione dei beni in proprietà ai figli per
disposizione del giudice. In tal caso, la circolare precisa che
l'attribuzione dei beni del fondo a soggetti terzi va assoggettata ad
autonoma imposizione, in base agli effetti giuridici prodotti.
Un caso ulteriore di cessazione del fondo patrimoniale è costituito
dalla morte di uno dei coniugi. In tal caso, infatti, il fondo patrimoniale
cessa, a meno che non vi siano figli minori, secondo quanto prescritto
dall'art. 171 C.C. I diritti che il coniuge deceduto vantava sui beni che
ne erano oggetto cadono in successione e sono soggetti
all'applicazione della relativa imposta.
Infine, nel caso in cui il fondo patrimoniale cessi per altre cause e non
esistano figli minori occorrerà distinguere:
� se uno dei coniugi o il terzo costituente si sia riservato la proprietà
sui beni costituiti in fondo, i beni restano nella sua piena proprietà;
� in assenza di riserva della proprietà, i coniugi si trovano titolari in
comunione ordinaria dei beni del fondo e possono scegliere di
mantenere tale regime o di procedere alla divisione.
In entrambi i casi, non realizzandosi alcun effetto traslativo, non si
verifica il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle successioni
e donazioni.
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15.
L'imposta di registro e il fondo patrimoniale
L'art. 167 del Codice Civile richiede la forma dell'atto pubblico per
l'atto di costituzione del fondo patrimoniale operato per atto tra vivi.
Tale atto è soggetto a registrazione in termine fisso a norma dell'art.
11 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, in quanto atto
non avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale. A tal
proposito, giova ricordare che le modalità di applicazione (misura fissa
o proporzionale) dell'imposta di registro ha causato un vero e proprio
dibattito in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
In un primo momento, infatti, si era diffusa tra i giudici di legittimità
l'opinione secondo cui l'atto di costituzione del fondo, anche quando
non implica il trasferimento dei beni, "ha per effetto la costituzione di
un vincolo giuridico di destinazione di determinati beni ai bisogni della
famiglia". L'atto in parola, dunque, avrebbe contenuto patrimoniale, e
per questo, sarebbe soggetto all'applicazione dell'imposta di registro in
misura proporzionale (1%), ai sensi dell'art. 3 della Tariffa allegata al
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Di opposto avviso, altre pronunce giurisprudenziali, favorevoli
all'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa nei casi in cui
l'atto costitutivo del fondo non comporti alcuna attribuzione
patrimoniale, ai sensi dell'art. 11 della citata Tariffa.
La qualificazione dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale tra gli atti
pubblici e le scritture private autenticate non aventi ad oggetto
prestazioni a contenuto patrimoniale (di cui all'art. 11 della tariffa,
Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986) è ormai sostenuta dalla
giurisprudenza maggioritaria.
Secondo tale filone giurisprudenziale, infatti, l'atto costitutivo del
fondo patrimoniale non può essere inquadrato né tra gli atti traslativi a
titolo oneroso della proprietà (art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al
D.P.R. n. 131/1986), in quanto, anche ove realizzi effetti traslativi,
l'atto di costituzione è privo di corrispettivo; né tra gli atti aventi ad
oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (art. 9 della Tariffa,
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Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986), in quanto tra gli stipulanti non
vi è alcuno scambio di prestazioni e controprestazioni patrimoniali; né
tra gli atti di natura meramente dichiarativa, atteso che esso
costituisce un vincolo di destinazione su beni.
Tale atto di costituzione si configura, invece, come "una convenzione
che introduce un nuovo regime giuridico dei beni conferiti, sottoposti
al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, e come tale è
correttamente da includersi nella categoria residuale degli atti di cui
all'art. 11 della Tariffa, quelli, cioè, non aventi per oggetto prestazioni
a contenuto patrimoniale, con la consequenziale applicazione del
regime di tassazione dell'imposta di registro in misura fissa"
(Cassazione 6 giugno 2002, n. 8162).
Conseguentemente, quando l'atto di costituzione di un fondo
patrimoniale non configura gli estremi per l'applicazione dell'imposta
sulle successioni e donazioni, in quanto non si verifica alcun effetto
traslativo, l’atto di costituzione del fondo patrimoniale sconta l'imposta
di registro in misura fissa ai sensi dell'art. 11 della tariffa, Parte I,
allegata al D.P.R. n. 131/1986.
Tale opinione giurisprudenziale ha ottenuto, altresì, l'avallo della prassi
e della più autorevole dottrina. Infatti, l'Amministrazione Finanziaria,
con la Circolare 30 novembre 2000, n. 221, ha sostenuto che, sia nel
caso del fondo costituito con beni di proprietà di entrambi i coniugi,
sia nel caso di fondo costituito con beni di proprietà di uno solo dei
coniugi che se ne riserva la proprietà, trova applicazione l'art. 11 della
Tariffa con conseguente applicazione dell'imposta di registro in misura
fissa.
Nello stesso senso si è espressa anche autorevole dottrina, la quale,
nel ritenere che l'atto costitutivo del fondo patrimoniale non rientra tra
gli atti dichiarativi, ha precisato che lo stesso non ha ad oggetto
prestazioni a contenuto patrimoniale, con la conseguenza che risulta
applicabile l’imposta di registro in misura fissa.
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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16.
L'imposta ipotecaria e catastale e il fondo patrimoniale
Nel caso in cui oggetto del fondo patrimoniale sia un bene immobile, si
applicheranno anche le imposte ipocatastali.
L'obbligo di trascrizione del vincolo derivante dalla costituzione del
fondo patrimoniale deriva dall'art. 2647 del Codice Civile, il quale
dispone espressamente che "devono essere trascritti, se hanno per
oggetto beni immobili, la costituzione del fondo patrimoniale".
Con riferimento alle imposte ipocatastali, occorre distinguere il caso in
cui alla costituzione del fondo non si accompagna il trasferimento della
proprietà del bene immobile da quello in cui, invece, si registrano
effetti traslativi della proprietà.
Nel primo caso, e con riferimento alla formalità della trascrizione, si
applicherà l'imposta ipotecaria in misura fissa, ai sensi dell'art. 4 della
Tariffa allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, unitamente
all'imposta di registro.
Nella seconda ipotesi, invece, le imposte ipotecarie e catastali saranno
dovute in misura proporzionale, sulla scorta di quanto previsto dagli
artt. 1 e 10 della Tariffa, allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347,
unitamente alle imposte sulle successioni e donazioni. In merito, la
Circolare 3/2008, richiamando la n. 221/2000, chiarisce che per il
fondo patrimoniale deve essere effettuata una sola trascrizione per la
quale è dovuta l'imposta ipotecaria in misura proporzionale o fissa a
seconda che lo stesso comporti o meno un trasferimento di beni.
La base imponibile su cui applicare le imposte ipotecaria e catastale è
la medesima utilizzata per l'applicazione dell'imposta sulle successioni
e donazioni.
A differenza di quanto previsto per l'atto di costituzione del fondo
patrimoniale, per il quale l'obbligo di trascrizione è dettato
testualmente dall'art. 2647 del Codice Civile, per la cessazione del
fondo patrimoniale non è prevista alcuna disciplina specifica.
Tuttavia, l'art. 171, comma 4 del Codice Civile, rubricato "Cessazione
del fondo", dispone che "Se non vi sono figli, si applicano le
Aspetti fiscali riguardanti: Patto di Famiglia - Donazioni - Fondo Patrimoniale Relatore: Fausto Gallo - Convegno 28 Novembre 2014 - Belluno
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disposizioni sullo scioglimento della comunione legali” di cui all'art.
2647 C.C., il quale impone la trascrizione degli atti o dei provvedimenti
di scioglimento della comunione legale che hanno per oggetto beni
immobili.
In virtù del rinvio operato dall'art. 171, comma 4, del Codice Civile alla
disciplina della comunione legale di cui all'art. 2647, alcuni autori
hanno ritenuto che l'obbligo di trascrizione ricada anche sull'atto o
provvedimento di cessazione del fondo patrimoniale avente ad oggetto
beni immobili. In tal caso, l'atto di trascrizione della cessazione del
fondo sconterebbe l'imposta ipotecaria in misura fissa, non
realizzandosi effetti traslativi, ad eccezione dell'ipotesi di trasferimento
di beni a terzi.