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Dolore e morte. L’esperienza del dolore e della morte nell’arte del ‘900
17/06/2015
a cura di Sara Pisani
docente di Religione presso Istituto Superiore G. Romani
1
Dolore e morte. L’esperienza del dolore e della morte nell’arte del ‘900
L’elaborato presenta il frutto della mia personale riflessione sul tema della sofferenza e della morte e
sulla risposta che l’arte ha saputo dare nei secoli. Nel complesso, il lavoro ha la forma di un’unità
didattica poiché riporta schematicamente l’idea operativa – per ora non realizzata- da svolgersi in una
classe seconda dell’IS «G. Romani» di Casalmaggiore, sottoposta a progetto Generazione Web e dove
pertanto al cdc è stato richiesto di elaborare delle forme articolate di lavori con metodo multimediale. Si
pensa di realizzare questa UD il prossimo a.s. al mio rientro a scuola.
Scheda di presentazione dell’unità didatticaObiettivo generale
Il corso prevede di condurre lo studente che si avvale di IRC alla conoscenza critica della
percezione della morte dal Medioevo al ‘900 dal punto di vista storico a quello iconografico.
Obiettivi particolari
Gli obiettivi particolari perseguiti sono così ripartiti:
Conoscenze
sviluppare un pensiero critico relativo al rapporto tra l’uomo e la sofferenza, la morte, il
senso della vita
sviluppare, in un contesto di pluralità culturale, la conoscenza dell’orientamento della
Chiesa sul rapporto tra coscienza, libertà e verità con particolare riferimento ai temi della
bioetica (fine vita)
conoscere fonti storiche inerenti la percezione della morte nelle varie epoche
Abilità
confrontare orientamenti e risposte cristiane alle più profonde questioni della condizione
umana
affrontare un percorso diacronico attraverso l’arte del ‘900 con la visione di alcune opere
selezionate per autore
Competenze interdisciplinari
sviluppare un maturo senso critico aperto alla conoscenza dell’esercizio della solidarietà
umana sperimentata da artisti di varie estrazioni nell’affrontare il tema del dolore e della
morte
collaborare con discipline affini quali Storia dell’arte, Storia del ‘900, Filosofia.
Strumenti
manuale di classe cartaceo e in formato e-book
teologia biblica/bioetica
proiezione iconografia su LIM
Destinatari
La classe II A LSSA (Liceo Scientifico) dell’Istituto Superiore di Istruzione di Secondo Grado «G.
Romani» di Casalmaggiore (Cremona).
Tempi
6 ore ca.
Azioni
Letture da Storia della morte in Occidente: dal medioevo ai giorni nostri, di P. Ariès,
Rizzoli, Milano 1989
Letture da Etica per i giovani Elledici, Leumann 1998
Lettura da Dizionario di bioetica, Tettamanzi, 1990
Proiezione immagini di autori scelti: Chagall, Munch, Gauguin, Picasso, Klee, Rembrandt,
Soutin, Bacon, Segantin, Fautrier, Rouault, Caspar, Guttuso, Manzù, Serrano, Spalletti.
Visione di alcune scene tratte da «Il settimo sigillo» di I. Bergman, 1957
Modalità
Lavoro individuale
Lavoro a piccoli gruppi creati secondo metodo di Cooperative Learning
Lezione frontale
Utilizzo in classe della LIM
PremessaL’unità didattica che vado a presentare è frutto di una progettazione che avrei voluto sperimentare
durante l’ultimo mese di scuola del presente anno scolastico (2014/2015) nell’IS «G. Romani»,
istituto di istruzione secondaria di Casalmaggiore in cui insegno da alcuni anni. Come indicato nella
scheda di presentazione, la classe che avrei voluto coinvolgere nel percorso di approfondimento
sarebbe stata una seconda dell’indirizzo liceale scientifico (LSSA). A causa della maternità a rischio
che sto vivendo non sono riuscita ad implementare il lavoro, che considero di fare il prossimo anno
scolastico. Qui di seguito le fasi del lavoro:
1. Presentazione del tema
2. Ricognizione del background culturale precedentemente acquisito dalle classi
3. Lettura/ascolto/lettura iconografica di vari documenti sul tema con relativi differenti
approcci: pre-lettura individuale; lettura collettiva skimming (superficiale, veloce) ad alta
voce; lettura a piccoli gruppi scanning (approfondita, alla ricerca di parole/concetti chiave);
post-lettura per ricostruire in sintesi il significato del nuovo testo desunto dalle sottolineature
fatte e dalla traccia che si è scelto di seguire; proiezione di immagine relative al tema
4. Confronto dei lavori dei singoli gruppi, coordinato dal docente che in questo caso svolge il
ruolo di tutor-guida. Uno stesso testo può dare adito a diverse aperture mentali, stimolando
l’attenzione su diversi aspetti in base all’interesse dei partecipanti al gruppo
5. Approfondimento condotto dal docente dei contenuti emersi nei singoli gruppi
6. Sintesi e fissaggio di quanto rielaborato
7. Verifica in classe
8. Eventuale recupero delle abilità carenti emerse dalla verifica
9. Chiusura dell’unità didattica con proiezione di alcune scene tratte dal film di Ingmar
Bergman «Il settimo sigillo» (1957)
In questa sede viene presentata soltanto la parte relativa all’excursus artistico, attraverso una breve
appendice iconografica suddivisa per periodo storico, che riflette l’ampia ricerca svolta in occasione
della dissertazione della laurea triennale ISSR S. Ilario di Poitiers (a.a. 2014-2015) intitolata Pane,
vino e altro, e attraverso l’utilizzo di slides preparate personalmente, relative invece all’approccio al
tema di differenti autori del ‘900. Si è appositamente deciso di presentare l’arte sotto le sue diverse
forme (pittorica, fotografica, fumettistica, design/contemporanea, installazioni) per rappresentare in
quanti modi la sofferenza per il dolore o per la morte possano essere vissuti. Incipit del lavoro in
classe sarà lo svolgimento del tema relativo al rapporto del Cristianesimo con la sofferenza. Ciò che
più è parso utile rappresentare è il lavoro in modalità interdisciplinare relativo all’approccio
artistico nei secoli, che ci ha molto impegnato nella preparazione del materiale da proiettare e che
sicuramente sarà maggiormente coinvolgente per gli studenti.
Svolgimento dell’unità didatticaCome detto, si è pensato di sviluppare il tema relativo alla percezione del dolore e della morte
utilizzando alcuni concetti di base che derivano da determinati strumenti, tra cui un testo esemplare
per la storia della morte occidentale nel corso dei secoli, Storia della morte in occidente1 di Philippe
Ariès. L’autore denuncia l’attuale crisi del concetto di morte, dovuta a una forte ipersocializzazione
della morte (si muore all’ospedale o nelle case di cura circondati da «specialisti del morire») e a una
desocializzazione del lutto (funerari sempre più intimi e con poca ritualità). A partire dall’analisi del
nostro tempo, in cui
le buone maniere escludono ogni riferimento alla morte, [essa] è vista come qualcosa di morboso e se ne parla come
se non esistesse […] Non si tratta più di bambini che nascono sotto i cavoli, ma di morti che spariscono tra i fiori
[…] Ci potremmo domandare se gran parte della patologia sociale dei nostri giorni non abbia la sua origine in questa
evacuazione della morte fuori della vita quotidiana, nel divieto del lutto e del diritto di piangere i propri morti.2
A questo si aggiunga che la visione cristiana, che fonda la sua speranza nel’incarnazione del Cristo,
è già sublimazione del corpo, nell’eterna giovinezza e leggerezza. E il pericolo di morte fisica per
assenza di cibo, che fino al XVIII secolo ne era la causa maggiore, è sostituito al giorno d’oggi dal
pericolo di morte per ingestione di cibo chimicamente e geneticamente modificato. Come dire: è
cambiata la percezione della morte perché è cambiato il modo di morire.
Per dare un quadro complessivo di questo fenomeno si è pensato, a seguito di un’introduzione
teorica e delle letture bibliografiche citate, di presentare iconograficamente la percezione della
morte nelle diverse epoche (cfr Appendice), soffermandosi in particolar modo sull’arte del ‘900
attraverso un lavoro per slides proiettate in classe alla LIM e commentate prima dagli studenti e poi
dall’insegnante. Sarà importante far notare agli studenti che la morte viene spesso rappresentata
ironicamente, il che ci induce a credere che non faccia più paura come un tempo. Insieme ai ragazzi
ci si porrà la domanda: perché non si ha più paura dell’inferno e delle sue aberrazioni? Ecco alcuni
spunti che potranno essere loro sottoposti:
1. Nel XIX secolo ha avuto avvio un processo in cui la Chiesa ha in più modi esortato i
confessori a non incutere più paure legate alla dannazione eterna, consigliando di
abbandonare «una durezza di linguaggio che possa chiudere il cuore ai penitenti» (cf.
Vincent Il corpo e l’enigma sessuale p. 226) e riducendo gli atroci supplizi che attendono i
peccatori nell’aldilà, per rendere l’immagine della vita eterna compatibile con la bontà di 1 P. ARIÈS, Storia della morte in Occidente: dal medioevo ai giorni nostri, Rizzoli, Milano 19892 G. VINCENT, Il corpo e l’enigma sessuale, in La vita privata. Il novecento, a cura di P. ARIES e G. DUBY, editori Laterza, Roma 1988, pp. 129-139.
Dio che si professa, oggi si considera l’inferno appannaggio dei grandi malfattori e non
certo dei comuni mortali. Questo di conseguenza suscitava e suscita tutt’ora non poche
domande circa l’urgenza di privarsi di beni e di piaceri terreni se non viene più coltivata la
necessità di un’importante ricompensa dopo la morte.
2. Probabilmente però la scomparsa dell’immaginario infernale è dovuta anche al fatto che la
storia raccoglie nel mondo eventi tragici paragonabili all’inferno in terra: guerre, carestie,
malnutrizione, miseria, lavoro minorile, prostituzione. L’inferno è qui e nell’aldilà si coltiva
il sogno di riscatto.
3. Un ultimo elemento può essere anche che, con il dispiegarsi della società dei consumi in
Occidente si è persa la necessità della vita eterna, perché ogni classe sociale, anche la meno
favorita, può permettersi una lieve ascesa sociale acquistando l’ultimo prodotto alla moda e
coltivando così i suoi sogni a breve scadenza. «La società dei consumi ha sradicato
l’escatologia, senza comunque riuscire a dare un senso alla vita».3
Eppure, va detto che -nonostante tutto- quel senso torna ad ogni morte, tra il dolore e l’incredulità.
Come nel racconto della morte di Cristo, il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra per circa tre
ore, così questo buio ci copre ogni volta che «una voce a noi cara, che ha detto nel mondo parole
che interpretavano i nostri pensieri, si spegne nel sonno della morte».4 Eppure il buio della morte di
Gesù non è durato per sempre, ma ha lasciato spazio alla parola dell’angelo che, rivolgendosi alle
donne, ha chiesto perché cercare tra i morti colui che è vivo. «I credenti sanno che la certezza della
vita annunciata da questo Vangelo non è solo cosa del passato, ma vale per ogni uomo».5
La scansione temporale prevede che a questa introduzione di senso vengano dedicate le prime 2
ore; in seguito si passerà alla visione di opere d’arte del ‘900 (cfr Slides), cuore del nostro lavoro,
che occuperà altre 2 ore. In questa fase gli studenti saranno invitati a riflettere su come l’autore
abbia trasposto nella sua opera il dolore per la morte partendo da due differenti e possibili visioni:
l’angoscia di fronte alla morte causata da guerre ed eventi storici catastrofici; e la percezione della
morte dovuta a eventi luttuosi personali. Nel primo caso presenterò Chagall e l’avvento del nazismo
che lo porterà a emigrare negli Stati Uniti e a dipingere Crocefissione bianca, in memoria della
“Notte dei cristalli”; Klee, che negli anni ’30 produce Cancellato dalla lista, per raccontare
l’obbligo subìto dal regime nazista di dare le dimissioni dall'Accademia di Düsseldorf, poiché il
regime giudicava la sua produzione, insieme a quella degli artisti a lui contemporanei e vicini
d'esperienza, come "arte degenerata"; Picasso che, con Guernica, racconta l’attacco aereo della 3 VINCENT, Il corpo e l’enigma sessuale p. 227.4 C. M MARTINI., Le età della vita. Una guida dall’alba al tramonto dell’avventura umana, Oscar Mondadori, Milano 2010, p. 199.5 MARTINI., Le età della vita. Una guida dall’alba al tramonto dell’avventura umana, p. 200.
legione tedesca in sostegno a Franco che nel ’37 porta alla distruzione della cittadina di Guernica; e
ancora Picasso con Ossario, opera che descrive l’orrore dell’olocausto; Fautrier e le sue Teste di
ostaggi, testimone indiretto delle fucilazioni naziste di Parigi; Guttuso e la sua Crocifissione che
provocò la reazione furiosa del fascismo; Manzù e Crocifissione con soldato, come risposta
all’assurdità del nazifascismo; Serrano e la sua fotografia intrisa di cattolicesimo. Nel secondo caso,
invece, gli artisti trattati saranno Chagall, Munch, Gauguin, Picasso, Soutine, Bacon, Segantini,
Rouault, Caspar, Spalletti. In entrambi i casi, si spiegherà agli studenti che la risposta che gli artisti
analizzati hanno voluto dare non era necessariamente una risposta teologica o di fede. In alcuni casi
il solo silenzio, quindi anche l’astensione dall’arte o la rappresentazione dell’incredulità dell’uomo
nell’affrontare il dolore della fine, ha potuto contenerne lo strazio; in altri casi invece è stata la
croce a porsi da baluardo della fine e da senso complessivo. È il caso di artisti quali Segantini che
trova conforto nella fede, Rouault che vede in Cristo ogni emarginato dalla società, Caspar che,
nonostante l’isolamento dalla Chiesa, realizza nel suo trittico una pietà come risposta ai mali della
Prima Guerra Mondiale; ma è anche la reazione tutta personale di Serrano che, pur non dicendosi
nella Chiesa, non disdice l’idea di trasporre in una serie di crocefissioni le difficoltà di integrazione
delle masse ispaniche cattoliche negli stati Uniti anglofoni e protestanti.
Le ultime 2 ore serviranno per la verifica (che propongo di seguito) e la fase valutativa in classe,
durante la consegna dei lavori e la discussione comune con gli studenti sull’approccio di questa UD
e sulla modalità utilizzata (pro e contro). E gli ultimi minuti saranno dedicati a una fase di relax
attraverso al visione alcune scene del film di Ingmar Bergman «Il settimo sigillo» che mi sembrava
rappresentare bene il nostro excursus tra arte (in questo caso cinematografica) e le grandi domande
dell’uomo di tutti i tempi.
Verifica6
1. Analizza l’immagine data sia dal punto di vista artistico che storico.
6 Le immagini qui riportate saranno consegnate agli studenti singolarmente in formato A4 a colori.
2. Confronta queste due immagini (che conosci), indicane titolo e autore e spiega il loro
significato simbolico alla luce di «Bue macellato» di Rembrandt che abbiamo analizzato in
classe.
Conclusioni7
La morte parla per immagini. I vivi l'hanno rappresentata e tutt'ora la rappresentano, seppur con
modalità e tipologie che appartengono alla cultura del periodo storico. La morte vive nelle
miniature medioevali, nella pittura e nella scultura di tutti i tempi, e vive anche nella fotografia e
nelle installazioni dell'arte contemporanea.
La morte vive nella quotidianità del pensiero collettivo e quindi nell'arte. La sua natura metafisica,
elemento comune a tutta la cultura occidentale, porta a realtà figurative cariche di elementi
simbolici, trasfigurati spesso in un immaginario che accompagna l'uomo verso mondi nascosti.
L'uomo occidentale ha spesso mutato atteggiamento e percezione nei confronti della morte e, di
conseguenza, rappresentazione.
Nelle miniature medioevali la morte diventa diavolo e nei bassorilievi delle facciate delle cattedrali
le immagini mostruose avvertono i fedeli che il peccato è morte. Ma non mancano opere che
riprendono la cronaca dell'epoca, come la morte epica del paladino Orlando a Roncisvalle.
L'immagine della morte attraversa i secoli, passando con gradualità da una familiarità diffusa
dell'alto medioevo ad una concezione drammatica e legata a fatti concreti come le grandi pestilenze.
In questo ultimo contesto si inseriscono le danze macabre del basso medioevo che sono l'allegoria
della fugacità della vita, quasi una visione apotropaica per allontanare la morte dalla quotidianità.
Con la diffusione dei tarocchi in epoca rinascimentale la morte entra nel gioco della vita. Il principe
conosce il suo futuro attraverso le divinazioni e le alchimie, la morte è rappresentata da una carta
sulla quale vive uno scheletro con la falce, simbologia che arriverà fino ai nostri giorni.
Nel seicento prende il sopravvento una nuova espressione; Caravaggio non ha bisogno di elementi
esterni o simbolici, la morte è dentro i protagonisti dell'opera, nelle loro facce, nelle loro posture.
Rembrandt dipinge una lezione di anatomia dove il cadavere è solo l'oggetto di un'indagine
scientifica. Per ricordare l'immagine antica della morte, quella della putrefazione dei corpi e dei
teschi, rimangono i monumenti funebri eretti nelle chiese. Anche il culto delle tombe prende grande
vigore, specie nel settecento, secolo nel quale l'amore per la vita porta ad un clima di depressione
collettiva che riversa nell'esteriorità estetica dei cimiteri tutto il carico oggettivo della morte. Gli
eccessi barocchi delle nostre tombe sono evidenti soprattutto in rapporto alla cultura protestante, sia
nella vecchia Europa che nel nuovo mondo. Poi arriva la morte romantica, quella che si configura
nell'ottocento. La morte parla in diverse lingue, parla nelle fucilazioni di Goya, parla sul letto di
morte per i grandi personaggi della politica, parla nell'opera lirica, opera di amore e di morte che
7 Tratto da S. Pisani, Pane, vino e altro, dissertazione presentata in occasione della laurea triennale ISSR S. Ilario di Poitiers, febbraio 2015.
interpreta i bisogni di grandi strati di popolazione. Parla con la nuova macchina fotografica che
mostra al mondo il poeta Leopardi disteso senza vita.
Con l'avvento della società industriale avviene una decisa rottura con le configurazioni precedenti.
La morte raffigurata non scompare, ma si mostra secondo altri modelli. Dal significato al
significante. Le isterie legate al lutto e alla sua causa (la morte) rimangono confinate. Non è più
tempo di eccessi diretti, di temi erotico-macabri, di nature morte con teschi e candele, di una varia
iconografia dell'ars moriendi, di cappelle di famiglia con l'angelo alato; nel novecento i modelli
vengono reinterpretati e annessi al sistema del nuovo consumo che si va diffondendo.
La morte continua a parlare, ma in un esperanto confinato e solitario. La società industriale e le sue
logiche non hanno tempo per affrontare il concetto di morte e lo risolvono con provvedimenti
burocratici. Eppure la morte vive ancora, parla con le sue nuove trasfigurazioni. Ha parlato nella
guerra civile spagnola, Viva la Muerte! gridavano i falangisti. Ha parlato nel Settimo sigillo di
Bergman, ha parlato con Bacon e Tapies, parla ancora con Cattelan e Hirst. Parla nei fumetti, parla
nei loghi che rimandano ad una vita spericolata. Nel giorno di Carnevale la morte ha il sopravvento
e la vecchia che la simboleggia finisce al rogo. Solo sfruttamento dell'archetipo? Solo
banalizzazione e nascondimento? Non proprio, in molte città d'Italia esistono i caffè della morte
dove si può parlare del comune destino bevendo un tè caldo. E in Messico la morte è assunta come
Santa Morte nelle feste popolari.
La morte non finisce di stupire, e non smetterà di farlo.
Appendice iconografica