INDICE:
Introduzione pag.2
Capitolo 1 - Esegesi dell’istituto “Rito Abbreviato” pag.3 Capitolo 2 - Presupposti del giudizio abbreviato pag.10 2.1 Richiesta – rigetto 2.2 Atti utilizzabili 2.3 Termine per eccepire la inutilizzabilità 2.4 Integrazione probatoria 2.5 Revoca del giudizio Abbreviato 2.6 Compatibilità abbreviato – patteggiamento 2.7 Abbreviato parziale 2.8 Reati punibili con l’ergastolo 2.9 Effetti della sentenza costituzionale n. 169/2003 2.10 Concessioni delle attenuanti generiche
Capitolo 3 – Svolgimento del giudizio abbreviato pag. 17 3.1 Applicabilità del regime processuale dell’udienza preliminare 3.2 Facoltà della parte civile 3.3 Interrogatorio dell’imputato 3.4 Sospensione dei termini di custodia cautelare 3.5 Integrazione probatoria di ufficio
Capitolo 4 - Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni sul giudizio abbreviato pag. 22 4.1 Applicazione pratica
Capitolo 5 – Decisione pag. 24 5.1 Natura della riduzione della pena per il rito 5.2 Modalità di applicazione della riduzione 5.3 Continuazione 5.4 Pene accessorie e misure di sicurezza 5.5 Lettura della sentenza 5.6 Notifica della sentenza 5.7 Attenuanti generiche
Capitolo 6 – Limiti all’appello pag. 28 6.1 Appellabilità della sentenza da parte del P.M 6.2 Termini per l’impugnazione 6.3 Impugnazione delle statuizioni de libertate 6.4 Impugnazione delle condanne alla sola pena pecuniaria 6.5 Sospensione condizionale della pena
Conclusione pag. 31
Vademecum pag. 31 Formulario pag.33
INTRODUZIONE
Il presente lavoro tratta una parte fondamentale del processo penale, quella relativa ai riti speciali, in particolar modo al rito speciale del giudizio abbreviato. Il giudizio abbreviato è un rito speciale tra i più usati nel processo penale ed è il procedimento che nel rapporto possibilità difensiva/benefici premiali dell’imputato, rappresenta l’optimum nel caso si voglia accedere alla possibilità di definire il procedimento all’esito di un rito speciale. Il presente lavoro vuole rappresentare un aiuto per tutti i professionisti del diritto che potranno aggiornarsi facilmente attraverso un formato digitale gratuito e scaricabile velocemente.
Cap. 1
ESEGESI DELL’ISTITUTO “RITO ABBREVIATO”
Il giudizio abbreviato, disciplinato dalle norme di cui agli articoli 438 e successivi del codice di procedura penale, libro VI, titolo I, è un rito speciale alternativo al normale procedimento di fasi e sconosciuto al vecchio dettame codicistico dell’epoca fascista. Il giudizio abbreviato può essere ricollegato all’esperienza inglese del summary trial1, ossia al procedimento davanti a un magistrate’s court senza la partecipazione della giuria (per reati di minore importanza senza il consenso dell’imputato, o col suo consenso anche per i reati più gravi), oppure all’esperienza americana del bench trial, il dibattimento senza giuria americano davanti ad un giudice togato e caratterizzato da un affievolimento delle regole probatorie; in sostanza vi è uno sconto di pena collegato alla rinuncia del diritto ad essere giudicato da una giuria (sesto emendamento)2. Il normale alternarsi di fasi presuppone che dopo l’iscrizione di un fatto-reato nel registro delle notizie di reato si instauri tutta una serie di attività volte ad accertare se vi siano possibilità che il fatto reato sia stato commesso dal soggetto al quale lo si attribuisce e volte a ricercare indizi e fonti di prova da usare nel processo, sede naturale di elezione delle fonti di prova a piena prova. Con i riti speciali3 abbiamo, quindi, un corto circuito nel normale proseguimento delle fasi. Vi sono riti speciali che si esplicano dinanzi al GIP (Giudice per le indagini preliminari) come il decreto penale di condanna; riti che saltano la fase dell’udienza preliminare arrivando direttamente al dibattimento vero e proprio (giudizio direttissimo e giudizio abbreviato) e, infine, vi sono riti che, svolgendosi nella fase dell’udienza preliminare, saltano la fase dibattimentale. Tutti i riti che saltano la fase dibattimentale sono detti riti premiali. Premiali perché lo Stato premia il cittadino che accetti di essere giudicato solo sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero. Il giudizio abbreviato è uno di questi riti. Vorrei far rilevare come tali procedure deflattive del dibattimento sono particolarmente avvezze al sistema processuale nord-americano, dove circa il 90% dei processi non perviene al dibattimento4. Bisogna tracciare una riga di delimitazione prima della quale il rito abbreviato era un rito allo stato degli atti, così come il patteggiamento, e dopo la quale diventa un giudizio in cui si accettano anche le fonti di prova fornite dalla difesa. La linea di demarcazione la tracciamo con la Legge 16 dicembre 1999 n. 479, la cosiddetta Legge Carotti.
1 “I procedimenti semplificati”, Tonini, 1984
2 “Lineamenti del processo penale statunitense”, Fanchiotti, 1987
3 “La qualifica di speciale è indicativa di una semplificazione delle forme, di uno snellimento rispetto al processo
ordinario.” (Paolozzi, “Il giudizio abbreviato nel passaggio dal modello tipo al modello pretoriale”). 4 “Il processo penale negli Stati Uniti d’America”, a cura di E. Amodio e M. Cherif Bassiouni, Milano, 1988, 281.
Sommario: 1. Esegesi dell’istituto “rito abbreviato”.
Che cosa è successo all’indomani dell’entrata in vigore della legge Carotti e come ha inciso nel processo penale relativamente al rito abbreviato? La Legge 479/99 ha inciso in maniera sostanziale trasformando il rito abbreviato in un rito non più
allo stato degli atti, introducendo la possibilità da parte dell’imputato di essere ammesso al rito
abbreviato non semplice ma condizionato, vale a dire condizionato proprio alla richiesta di una
nuova prova. L’imputato, quindi, potrà chiedere al giudice (e se sceglierà tale particolare forma di
rito abbreviato, il potere si trasformerà in dovere) di essere giudicato con il rito abbreviato dopo la
formazione di un’ulteriore prova, prova che dovrà indicare egli stesso.
All’esito della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, il giudice valuterà se il processo avrà
bisogno di tale nuova prova o meno. Solo nel primo caso, se cioè egli non potrà decidere
pienamente allo stato degli atti, ammetterà l’imputato al rito abbreviato condizionato.
Mai la richiesta di nuova prova può andare contro la speditezza processuale e contro l’economia
processuale; ratio dei riti premiali, infatti, è di essere riti deflattivi al dibattimento. Loro
caratteristica è di avere il requisito della premialità proprio come contrappeso al vulnus difensivo
dell’imputato.
Anche la modifica del divieto di impugnazione da parte del pubblico ministero nasce proprio dal
fatto che con la possibilità del rito abbreviato condizionato, l’imputato non sarà più giudicato con
un rito allo stato degli atti.
Il pubblico ministero potrà benissimo impugnare la sentenza di assoluzione, cosa che prima gli era
espressamente vietata.
Infatti, non rappresentando il rito abbreviato un’ammissione di colpevolezza, ben poteva
l’imputato essere assolto, e in questo caso il Pubblico Ministero non poteva proporre appello alla
sentenza di assoluzione proprio perché tale limitazione era prevista come contraccambio
all’imputato per aver accettato di essere giudicato solo in base agli atti contenuti nel fascicolo del
pubblico ministero. Tale decisum deriva dall’ordinanza5 della Corte Costituzionale, la n. 165/2003,
che, dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata
riguardo all’art. 443 c.p.p., affermò che la menomazione dei poteri del pubblico ministero sarebbe
bilanciata dalla circostanza che il processo si svolga sulla base degli atti probatori da lui acquisiti.
La Legge 46/20066, cosiddetta Legge Pecorella, incidendo sul testo nomologico della norma di cui
all’art. 443, aveva pietrificato tale assunto rendendo inappellabili le sentenze di proscioglimento
da parte del PM e dell’imputato.
Tale tesi è oggi anacronistica data la possibilità per l’imputato di accedere al rito abbreviato
condizionato e, quindi, scegliere di non essere giudicato allo stato degli atti.
5 cfr. ordinanza. Corte Cost. n. 165 del 09/05/2003
6 Legge 20 febbraio 2006, n. 46
La Consulta7, con Sent. n. 320/2007, ha ritenuto, a giusta veduta, costituzionalmente illegittima la
norma di cui all’art. 443, I° comma, nella parte in cui non prevedeva la possibilità del PM di poter
appellare le sentenze di proscioglimento.
Successivamente, nel 20098, con Sent. n. 274/09, la Corte Costituzionale ha dichiarato che anche
l’imputato può appellare le sentenze di proscioglimento, ma solo per difetto di imputabilità
derivante da vizio totale di mente.
Con quest’ultima pronuncia, anche l’ultimo baluardo di inappellabilità delle Sentenze di
proscioglimento è venuto meno.
Si evidenzia che una recente sentenza della Cass. a Sez. Un., la n. 12822 del 2012,9 ha affermato
che “la sentenza pronunciata in appello all’esito di giudizio abbreviato deve essere pubblicata
mediante lettura del dispositivo in udienza camerale dopo la deliberazione, e non mediante
deposito in cancelleria. Tuttavia, in caso di omessa lettura, la sentenza non è abnorme o nulla,
verificandosi solo una mera irregolarità, che produce effetti però giuridici, impedendo il decorso dei
termini per l’impugnazione”.
Continuando con l’excursus storico, la Legge “Carotti”, la n. 479/99, ha rappresentato anche un
punto di svolta importante al consenso per essere ammesso al rito.
Prima della L. 479/99, infatti, il giudizio abbreviato poteva essere celebrato solo se il Pubblico
Ministero prestava il suo consenso all’ammissione al rito da parte dell’imputato. Inoltre, il Giudice
poteva non accogliere la richiesta nel caso in cui avesse ritenuto non decidibile il processo allo
stato degli atti e necessario il dibattimento per un più approfondito esame del fatto posto alla sua
attenzione.
La nuova disciplina del rito abbreviato, all’esito della Legge 479/99, non prevede più il preventivo
consenso del Pubblico Ministero e la valutazione ad opera del Giudice.
Sono stati sollevati dubbi costituzionali riguardo tale nuova disciplina procedurale ma la Corte ha
dichiarato la questione non manifestamente fondata rigettando i dubbi di non costituzionalità10.
Poiché il giudizio abbreviato comporta una rinuncia alla fase dibattimentale con tutte le garanzie
per l’imputato, la possibilità di rinunciare alla fase dibattimentale per scegliere di essere giudicato
in base al rito abbreviato spetta soltanto all’imputato (è classificabile, quindi, come richiesta
unilaterale sul rito).
Il pubblico ministero esprime un parere, ma l’eventuale dissenso non è più vincolante per
l’esperibilità del rito.
7 Corte Costituzionale, Sent. n. 320 del 20/07/2007
8 Corte Costituzionale, Sent. n. 274 del 29/10/2009
9 Sent. Cass. S.S. U.U. Sent. 21/01/2010, n.12822
10 Corte Costituzionale, Sent. n. 115 del 09/05/2001
“Circa le forme e i termini, la richiesta di definizione del processo all’udienza preliminare può essere
presentata dall’imputato, oralmente o per iscritto, personalmente o per mezzo di procuratore
speciale, fino a che non siano formulate le conclusioni nell’udienza preliminare a norma degli art.
421 e 422 c.p.p., cioè anche all’esito di quella speciale fase costituita dall’eventuale attività
d’integrazione probatoria del giudice ed altresì, sembra indiscutibile, della discussione nella nuova
udienza preliminare fissata dal giudice con l’ordinanza per l’integrazione delle indagini da parte del
pubblico ministero a norma dell’art. 421 bis c.p.p., inserito dall’art. 21 L. n. 479 del 1999.”11
L’abbreviato è un giudizio non di colpevolezza, bensì è un giudizio di merito sulla colpevolezza o
sull’innocenza dell’imputato e, in caso di condanna, l’imputato otterrà una serie di rilevanti
benefici quali la riduzione della pena nella misura secca di un terzo; inoltre la Legge 4/200112 ha
precisato che nel caso di pena dell’ergastolo, essa è sostituita con una reclusione ad anni 30 e nel
caso di ergastolo con isolamento diurno, la pena viene sostituita in ergastolo senza isolamento
diurno.
La Corte Costituzionale ha mutato sostanzialmente orientamento riguardo l’applicabilità della
riduzione di pena per i reati puniti con l’ergastolo. Nel 199113 la Consulta dichiarò l’illegittimità
costituzionale della norma di cui all’art. 442, comma 2, c.p.p. nella parte in cui consentiva appunto
il giudizio abbreviato anche per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo.
Successivamente la Corte di Cassazione a Sezioni Unite14, nel 1995, stabilì che “La diminuzione di
un terzo della pena e la sostituzione dell’ergastolo con la reclusione di trent’anni costituiscono
trattamenti penali di favore con caratteristiche peculiari perché si ricollegano ad un
comportamento dell’imputato successivo al reato e di natura processuale”.
E cosa è successo ai giorni nostri?
Nel 201315 la Corte Costituzionale è ritornata sui suoi passi aderendo alla più recente
giurisprudenza europea.
Infatti, con sentenza 18 luglio 2013, n. 210, depositata e scritta da Giorgio Lattanzi, la Consulta ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, del DL 341/2000, recante
“Disposizioni urgenti per l’efficacia e l’efficienza dell’Amministrazione della giustizia”, convertito,
con modificazioni, dalla legge 4/2001 che, con effetto retroattivo, ha determinato la condanna
all'ergastolo di imputati, giudicati con rito abbreviato, per i quali era applicabile la precedente
norma, più favorevole, secondo cui la pena massima stabilita era quella dei 30 anni di reclusione.
Nella fattispecie concreta posta all’esame della Corte, il ricorrente si trovava in una situazione
molto simile a quella del caso "Scoppola contro Italia" che aveva portato, nel 2009, alla sentenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 17 settembre 200916, con la quale tale
11
Giudizio abbreviato [agg. IV, 2000] Enciclopedia del diritto, di Canzio Giovanni 12
Legge 19 gennaio 2001, n. 4 13
Sentenza Corte Costituzionale 23/04/1991, n. 176 14
Cass. S.S. U.U. 21 aprile 1995, n. 7227 15
Corte Costituzionale, sentenza 18/07/2013, n. 210 16
Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 17 settembre 2009 - Ricorso n.10249/03 - Scoppola c. Italia
Corte aveva dichiarato che lo Stato italiano era tenuto ad assicurare che la pena dell’ergastolo,
inflitta al ricorrente, sig. Scoppola, fosse sostituita con una pena non superiore a quella della
reclusione di anni trenta. Secondo la Corte europea, infatti: “se è vero che gli articoli 438 e 441-
443 del c.p.p. descrivono il campo di applicazione e le fasi processuali del giudizio abbreviato,
rimane comunque il fatto che il paragrafo 2 dell’articolo 442 è interamente dedicato alla severità
della pena da infliggere quando il processo si è svolto secondo questa procedura semplificata”,
quindi è previsto il diritto dell’imputato di beneficiare della legge penale successiva alla
commissione del reato che prevede una sanzione meno severa di quella stabilita in precedenza. In
sostanza, quindi, la pena massima stabilita per il rito abbreviato, in condizione di un reato punito
con la pena dell’ergastolo, è prevista in 30 anni di reclusione.
Spesso il giudizio abbreviato è anche definito come patteggiamento sul rito in contrapposizione
all’applicazione della pena su richiesta delle parti, volgarmente definita patteggiamento sulla
pena, evidenziando così la differenza ontologica tra i due riti premiali.
L’interrogatorio dell’imputato è sempre ammesso se egli ne faccia richiesta (e la sua mancanza,
violando il diritto dell’autodifesa, è sanzionata come nullità a regime intermedio e quindi
deducibile dalle parti e rilevabile dal giudice fino alla deliberazione della sentenza di primo grado,
se precedenti alla sentenza, e fino alla sentenza del grado successivo se verificatesi in giudizio, art.
180 c.p.p.).
Per quanto riguarda le eventuali misure cautelari adottate precedentemente all’accettazione del
rito da parte dell’imputato, per evitare che nelle more del rito abbreviato possano scadere i
termini massimi di custodia, la Legge 144/20017 ha modificato la norma di cui all’art. 303, comma
1, relativo ai “termini di durata massima della custodia cautelare”, stabilendo che “la custodia
cautelare[284, 285, 286] perde efficacia [306, 307] quando: a) dall'inizio della sua esecuzione sono
decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o
l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell'articolo 438: 1) tre mesi,
quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non
superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge
stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal
numero 3; 3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena
dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei
delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a) (3), sempre che per lo stesso la legge preveda la
pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni”.
In sostanza si è previsto che l’ordinanza del giudice che ammette il giudizio abbreviato fa iniziare
una nuova fase processuale con decorso di nuovi termini.
L’udienza di celebrazione del giudizio abbreviato avviene in camera di consiglio, senza pubblico, ed
è ammessa la costituzione di parte civile.
17
Legge 5 Giugno 2000, n. 144
Se, però, nel caso di richiesta, raccolta e valutazione di nuove prove e di modifica dell’imputazione,
l’imputato può revocare la richiesta di giudizio abbreviato chiedendo di procedere con le forme
ordinarie per non privare l’imputato delle ordinarie garanzie dibattimentali, in questo caso (è
pensiero di chi scrive) il difensore dell’imputato potrà chiedere nuovo termine a difesa, di regola
10 giorni.
Alcune precisazioni per la costituzione di parte civile sono importanti. Una volta che il giudice
abbia accolto la richiesta di giudizio abbreviato, la parte civile può non accettare tale rito: in
questo caso, se il giudice pronuncia sentenza di assoluzione, tale provvedimento non ha efficacia
di giudicato e la parte civile può esercitare l’azione risarcitoria davanti al giudice civile senza subire
la sospensione di tale procedimento fino a sentenza penale definitiva.
Viceversa, la parte civile che ha accettato il giudizio abbreviato in modo espresso o implicito
subisce la sospensione del processo civile, eventualmente promosso, fino alla sentenza penale
irrevocabile e subisce altresì la conseguente efficacia del giudicato di assoluzione.
La decisione di condanna nel giudizio abbreviato, quindi, ha efficacia di giudicato, salva l’ipotesi in
cui la parte civile, che non abbia accettato il rito, si opponga a tale efficacia.
Se il giudice procede ad integrazione probatoria d’ufficio o a seguito della richiesta condizionata
dell’imputato, il diritto alla prova contraria spetta soltanto al pubblico ministero, e non anche alla
parte civile.
Quindi, in conclusione, “alla totale separazione tra giudizio di merito e rito speciale che, riguardo
all’azione civile, connota il patteggiamento, corrisponde nel giudizio abbreviato una disciplina
articolata che trova la propria fonte nella direttiva n. 53, secondo cui la sentenza fa stato nel
giudizio civile soltanto quando la parte civile consente all’abbreviazione del rito18”.
A questo punto, per il prosieguo della trattazione, è utile soffermarsi attentamente, nei prossimi
capitoli, sulle singole disposizioni del codice di rito per analizzare le più recenti pronunce
giurisprudenziali.
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Giudizio Abbreviato, Digesto, a cura di Eugenio Selvaggi, 1991