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Università Telematica Pegaso Il diritto comparato: aspetti generali (parte prima)
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 CENNI INTRODUTTIVI ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 COS’È IL DIRITTO COMPARATO? ------------------------------------------------------------------------------------- 5
3 LE FUNZIONI E LO SCOPO DEL DIRITTO COMPARATO ------------------------------------------------------ 7
3.1. IL DIRITTO COMPARATO QUALE MATERIA UTILE PER IL LEGISLATORE ------------------------------------------------------ 8 3.2. FINO A CHE PUNTO IL DIRITTO COMPARATO PUÒ ESSERE IMPIEGATO PER LA COSTRUZIONE DELLE NORME DI
DIRITTO NAZIONALE? -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 3.3. LE DIVERSITÀ TRA LA COMPARAZIONE E L’IMPOSIZIONE GIURIDICA ------------------------------------------------------ 10 3.4. L’INFLUENZA DEL DIRITTO COMPARATO NELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE. ---------------------------------------- 14 3.5. LA FUNZIONE DEL DIRITTO COMPARATO NELL’AMBITO DELL’INSEGNAMENTO ACCADEMICO ------------------------ 17
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
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Università Telematica Pegaso Il diritto comparato: aspetti generali (parte prima)
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1 Cenni introduttivi
Quando parliamo di sistemi penali comparati intendiamo non solo la materia del diritto
penale, ovvero quella del processo penale, ma l’intera gamma del diritto penale.
E’ evidente però che, per ragioni pratiche ma anche metodologiche, in un corso non si può esporre
in modo esaustivo un complesso sistema come quello penalistico, il quale trova nel diritto penale e
nella procedura solo alcuni dei suoi componenti.
Anche se è indubbio che altri elementi come il diritto penitenziario, il diritto penale dell’esecuzione,
il diritto penale europeo, il diritto penale internazionale, la criminologia ecc. costituiscono altrettanti
validi argomenti sui quali vale la pena soffermarsi, è chiaro che occorre fare delle scelte.
E allora si è deciso di circoscrivere l’oggetto del corso solo su alcuna di esse, nella certezza che gli
studenti saranno comprensivi. Cosi come si è certi che lo stesso spirito di comprensione sarà
riservato anche al titolare di questo insegnamento, vuoi per le eventuali lacune, vuoi in relazione ai
limiti espositivi e didattici che potranno evidenziarsi durante lo svolgimento delle lezioni.
Tornando al corso, il suo scopo principale sarà quello di offrire agli studenti, senza pretese di
esaustività, una buona conoscenza del sistema penale di alcuni paesi dell’Europa, sforzandosi di
evidenziare alcune delle principali analogie, ma anche diversità tra gli ordinamenti presi in esame e
quello italiano.
In particolare si cercherà di affrontare in chiave comparata l’analisi dei principali ordinamenti
giuridici europei. Principio di legalità, classificazione dei reati, elemento oggettivo e soggettivo del
reato, cause di giustificazione e di non imputabilità, tentativo, concorso di persone, concorso di
reati, sistema sanzionatorio nell’ordinamento francese, spagnolo e tedesco. Non mancheranno,
peraltro, note illustrative circa le prospettive europee del diritto penale alla luce della Costituzione
per l’Europa, ovvero di testi come il Corpus Juris.
Verrà affrontata l’analisi dei sistemi di civil law e di common law, mirata ad evidenziare
differenze e similitudini, pregi e difetti, soprattutto sul piano delle garanzie e dell’effettività del
sistema.
La finalità principale del corso sarà quella di offrire allo studente dei validi strumenti conoscitivi, in
modo tale da permettergli di orientarsi con successo nel mondo delle norme penali, prescindendo
dalla loro provenienza. L’idea di fondo è, infatti, quella di garantire al discente, attraverso un
naturale percorso di studi, la possibilità di conoscere i principali istituti di rilevanza penalistica di
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alcuni importanti paesi europei, nella speranza che ciò gli possa giovare nel suo percorso
professionale e personale, se non altro aiutandolo a ragionare in modo profondo e con chiavi di
lettura diverse circa i problemi pratici cui sarà un indomani chiamato a risolvere.
Prima però di procedere all’analisi del diritto e della procedura penale in una prospettiva comparata,
è opportuno dedicare alcune pagine alla spiegazioni di alcune nozioni cardine della materia, in
modo tale che lo studente possa familiarizzare con essa fin da subito.
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2 Cos’è il diritto comparato?
Pare opportuno iniziare questo corso cercando di rispondere fin da subito alla domanda:
cos’è il diritto comparato?
Quando si parla di diritto comparato, per evitare di imbattersi in errori, bisogna in primis capire il
significato del termine. E’ allora ragionevole precisare fin da subito che con diritto comparato
bisogna intendere il processo intellettuale che ha il diritto come oggetto e la comparazione come
strumento (1).
Certo, è evidente che quando parliamo di comparazione non bisogna fare confusione e dunque non
bisogna intendere qualsiasi confronto tra principi all’interno dello stesso sistema, poiché ciò rientra
nel lavoro quotidiano di qualsiasi giurista.
Quando parliamo di comparazione, l’elemento in più è rappresentato da un quid sopranazionale. In
questo senso, il diritto comparato si presenta come una comparazione di diversi sistemi giuridici.
Si parla di comparazione o di analisi comparata, infatti, solo quando uno stesso oggetto giuridico
viene esaminato alla luce delle disposizioni di due o più ordinamenti giuridici allo scopo di fare i
dovuti raffronti, cioè di cogliere le affinità e le differenze.
Secondo Marc Ancel, uno dei più importanti e brillanti comparatisti del novecento, il diritto
comparato consiste nella “constatazione dei punti comuni e delle divergenze che esistono tra due
diritti o due sistemi” (2), posto che il diritto comparato trova la sua essenza in un processo di
comparazione (3).
Insomma, il presupposto essenziale per l’analisi comparata è rappresentato dunque dall’esistenza di
due diversi oggetti giuridici (4).
E’ allora chiaro che la scienza del diritto comparato ha come suo precipuo compito quello di
raggruppare fenomeni giuridici comparabili secondo le loro rassomiglianze; e per fare ciò è
necessario che venga in primis esperita una classificazione dei sistemi, tenendo conto che molti di
essi accolgono nel loro interno una molteplicità di modelli, dal momento che nessun ordinamento è
1 K. ZWEIGART – H KOTZ, Introduzione al diritto comparato, Principi fondamentali, Vol I, Milano 1998, p. 2.
2 M. ANCEL, Utilité et methodes du droit comparé, Neuchatel, 1971, p. 31.
3 M.ROTONDI, Dogmatic and Comparative Law, in Tul. L. Rev. 8, 1933, p. 83 ss.
4 J. CARBONNIER, L’apport du droit comparé à la sociologie juridique, in Livre du centenarie du la Societé de
législation comparée, I, 1969, p. 75 ss.
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pienamente fedele ad un unico modello ma, spesso e volentieri, è una sintesi di molte componenti
giuridiche (5).
Nel passato vi è stato un forte dibattito circa la natura di questa branca del diritto: segnatamente
molti studiosi si sono chiesti se il diritto comparato dovesse ritenersi una vera e propria scienza
ovvero una disciplina metodologica.
Alcuni studiosi hanno osservato che si tratta di una vera e proprio scienza, indipendente dunque
dalle altre, a fronte di altri che hanno invece sottolineato come la comparazione giuridica costituisca
un metodo che, attraverso il confronto tra due o più istituti già esistenti, è in grado di apportare a dei
risultati nuovi, contribuendo dunque al miglioramento del diritto in generale. Sarebbe per questo
motivo, sostengono alcuni, che spesso si parla di studi comparati del diritto piuttosto che di diritto
comparato (6).
Al di là delle dispute sulla natura del diritto comparato – dispute in verità di scarso contenuto
pratico – è indubbio che l’essenza del diritto comparato sta nella finalità di contribuire allo sviluppo
del diritto, attraverso il confronto tra due o più diritti appartenenti a due realtà geograficamente e
giuridicamente diverse.
Insomma, il diritto comparato pone il confronto quale elemento centrale cui avvalersi per accrescere
le proprie conoscenze e dunque contribuire al miglioramento delle discipline giuridiche.
5 G. MARIDAKIS, Droit, doit mondial, droit comparé, in Problémes contemporains de droit comparé, II, 1962, p. 193
ss. 6 Sul punto v. A. SHEGANI, E drejtë penale e krahasuar, II ed., Tiranë, 2008, p. 12 ss.
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3 Le funzioni e lo scopo del diritto comparato
La funzione primaria del diritto comparato è, come quella di tutti i metodi scientifici, la
conoscenza. Se per scienza del diritto s’intende non solamente la scienza interpretativa concernente
le leggi, i principi del diritto comparato, le “rules” e gli “standarts” nazionali, ma anche di ricerca di
modelli per evitare e risolvere i conflitti sociali, allora è chiaro che il diritto comparato ha a sua
disposizione una maggiore gamma di modelli di soluzione di quelli di cui dispone la scienza del
diritto che si limiti a studiare l’ordinamento giuridico nazionale (7).
E’ infatti evidente che gli ordinamenti giuridici presenti in tutto il mondo possono produrre un
maggior numero ed una maggiore varietà di soluzioni di quelle che può escogitare, nella sua breve
esistenza, anche il più fantasioso dei giuristi, il quale agisca nei limiti del proprio ordinamento
giuridico nazionale.
Il diritto comparato, amplia dunque ed arricchisce le soluzioni, offrendo la possibilità
all’osservatore di una più ampia gamma di opzioni ermeneutiche in relazione al tempo e al luogo in
cui si trova.
Il diritto comparato facilita poi una migliore comprensione delle differenti istituzioni sociali e
culturali del nostro mondo, facilitando, di conseguenza, il venir meno di pregiudizi nazionali privi
di fondamento favorendo un miglioramento dell’intesa internazionale.
Esso può essere poi di grande utilità per l’evoluzione del diritto nei paesi in via di sviluppo.
La ricerca comparatistica stimola, infine, la critica al proprio sistema di diritto, contribuendo cosi
allo sviluppo dello stesso, più di quanto non faccia la dogmatica nazionale, di per sé limitata (8).
Queste funzioni specifiche del diritto comparato, che concernono la prassi, abbisognano, tuttavia, di
un esame più approfondito: il diritto penale come materiale per il legislatore, come strumento
d’interpretazione, la sua posizione nell’ambito dell’insegnamento universitario e nelle facoltà di
diritto, la sua importanza per l’unificazione del diritto sopranazionale, sono i pilastri su cui si regge
l’idea stessa di questa materia (9).
7 A. MARSH, Comparative Law and Law Reform, BabelsZ, 44, 1977, p. 649 ss.
8 A. SHEGANI, E drejtë penale e krahasuar, cit, p., 12 ss.
9 K. ZWEIGART – H KOTZ, Introduzione al diritto comparato, Principi fondamentali, cit., p., 16.
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3.1. Il diritto comparato quale materia utile per il legislatore
Sotto il primo profilo, quello del diritto comparato come materiale per il legislatore, è
sufficiente osservare come il materiale elaborato dalla scienza comparatistica, sia se predisposto in
pareri che sotto forma di consigli “ad hoc”, costituisce oggi come nel passato, in molte materie ed in
molti paesi, uno strumento di lavoro indispensabile per un legislatore che punta alla qualità.
Basti pensare che a fine ottocento nel Reich tedesco, il legislatore fece un ampio uso di vasti lavori
preparatori comparatistici per unificare l’ordinamento giudiziario e il diritto penale. A questo fine
non si tenne conto solamente dei diritti particolari tedeschi, ma anche del diritto olandese, francese,
svizzero, italiano.
O ancora.
Il codice di procedura penale della Repubblica d’Albania è in gran parte una riproduzione del
codice penale italiano. E ancora oggi il progetto di riforma dello stesso si rifà molto all’esperienza e
agli approdi giurisprudenziali italiani.
E lo stesso può dirsi del codice penale della stessa repubblica d’oltre Adriatico. Nonostante
quest’ultimo sia molto più vicino al codice francese, la sua elaborazione è stata preceduta da un
ampio studio di natura comparative che ha portata all’adozione di principi propri del codice italiano,
ovvero all’introduzione di istituti che appartengono alla tradizione legislativa scandinava, come la
mediazione penale in corso di causa ecc.
Oggi si può dire che dalla seconda guerra mondiale in poi, non vi è più stato nessuna grande
produzione legislativa, la cui preparazione non sia stata accompagnata da più o meno estese
considerazioni comparative.
Del resto, quando l’analisi comparativa indica il modo in cui un determinato problema viene risolto
all’estero, non si può contrastare la recezione di tale soluzione all’interno del diritto patrio solo
perché si tratta di una regolamentazione straniera e – in quanto tale – ritenerla inaccettabile.
A tale obbiezione, basata su motivi attinenti alla nazionalità, si può ribattere con la frase di Rudolph
Jhering:
“La questione della recezione di istituzioni giuridiche straniere non è una questione inerente alla
nazionalità, ma semplicemente una questione di finalità, di bisogno. Nessuno si preoccuperà di
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cercare lontano, ciò di cui dispone altrettanto bene a casa sua, ma soltanto uno stolto rifiuterà la
chinina perché non è cresciuta nel proprio orto” (10
).
Naturalmente non bisogna limitarsi ad accertare, di caso in caso, che la soluzione straniera
considerata migliore abbia buoni risultati nell’ordinamento d’origine, ma occorre verificare che sia
altrettanto appropriata per il proprio paese. Può avvenire che le soluzione sviluppatesi all’estero,
dove vi hanno fatto buona prova, non possano essere confuse nel nostro diritto – o almeno non lo
possano essere rimanendo invariate – e ciò può avvenire per le ragioni più svariate: o perché nel
nostro ordinamento il procedimento giudiziario è diversamente organizzato, o perché all’autorità
sono affidati altri compiti, o perché il substrato sociale, in cui deve essere introdotta la soluzione in
questione, è per ulteriori motivi diverso da quello straniero.
3.2. Fino a che punto il diritto comparato può essere impiegato per la costruzione delle norme di diritto nazionale?
La domanda che si pone è particolarmente importante poiché riguarda i risvolti pratici del
diritto comparato.
Nei manuali tradizionali la questione della funzione pratica del diritto comparato neanche si pone:
solitamente le dispute inerenti alla ratio e all’interpretazione delle leggi si limitano ad osservare, da
un lato, se sia la volontà del legislatore, presa in considerazione al momento dell’emanazione della
legge, a dover guidare l’interpretazione o se, invece, la legge possieda una sua autonomia, che
permetta di adeguare, di volta in volta, l’interpretazione alla realtà sociale esistente.
D’altra parte si pone qui, in una sede di studio del diritto comparato, la questione se ci si possa – o
se ci si debba – avvalere di una soluzione straniera, pronunciata da un Tribunale superiore, per
l’interpretazione della legge del proprio paese.
Certamente i rilievi relativi al diritto straniero non possono essere utilizzati per vanificare il
contenuto di esplicite norme di diritto nazionale. Del resto, il principio del rispetto della normativa
vigente, la quale non presenti particolari problemi di interpretazione, è il fondamento di qualsiasi
ordinamento giuridico. La domanda si pone, più che altro, ove sorgano dei dubbi sulla
interpretazione oppure là dove specifiche lacune di un ordinamento giuridico debbano essere
colmate da un giudice. Il procedimento puramente logico che abbiamo a disposizione a questo
10
R. JHERING, Geist des romischen Rechts, prima parte, 1995, p. 8 ss.
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proposito non è sufficiente: lo schema basato sull’analogia o sull’argumentum a contrario non
convince.
Certo in materia penale è precipuo ed esclusivo compito del legislatore riempire le lacune, ciò che
però interessa sottolineare in queste prime battute riguarda il fatto che spesso, per far fronte a delle
esigenze di sistema. il legislatore non può né deve scartare l’opzione comparativa. Ed invero, non è
un caso che i legislatori moderni tendono sempre più a comportarsi come eclettici comparatisti.
Sta di fatto che nel mondo di oggi, sempre più moderno, sempre più tecnologico, sempre più
globalizzato, l’apertura a nuovi orizzonti è indispensabile e grazie al diritto comparato si possono
realizzare norme del diritto nazionale concretamente efficaci e a passo con i tempi, in grado di
soddisfare le più contingenti esigenze.
Certo, in che misura ciò possa avvenire necessita di ulteriori chiarimenti.
Innanzitutto bisogna rispondere alla seguente domanda: il legislatore nell’avvalersi dello strumento
comparatistico può prendere come modello i sistemi che hanno una certa affinità con il proprio,
oppure qualsiasi sistema?
Possono, ad esempio, prendersi come validi modelli sistemi come quello del precedente vincolante,
tipico del sistema Common Law, ovvero i sistemi socialisti, i quali ricorrono ampiamente
all’analogia in materia penale?
A queste domande non si può rispondere in maniera dubitativa, ma bisogna dare invece una
risposata risoluta: il legislatore nell’espletare la propria funzione legislativa deve tener conto di
quegli ordinamenti che contengono maggiore affinità ed analogia con il proprio, altrimenti si rischia
che si creino degli istituti di difficile interpretazione.
Insomma, lo studio e l’analisi di sistemi diversi può essere utile e può portare ad un buon livello di
conoscenza, però bisogna portare particolare attenzione poiché se i modelli non sono omogenei
oppure se si proceda direttamente alla ricezione – acritica – di quella o di questa norma, di questo o
di quel sistema, si finisce inesorabilmente per creare dei veri e proprio mostra giuridici.
3.3. Le diversità tra la comparazione e l’imposizione giuridica
Uno dei punti in cui bisogna stare particolarmente attenti e quello della seria valutazione
delle norme provenienti da altri sistemi giuridici in relazione alla legislazione, al livello della
dottrina e della giurisprudenza, nonché del contesto di riferimento del paese in cui tali norme
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dovrebbero inserirsi. In caso contrario si rischierebbe di creare delle norme non solo inefficaci, ma
anche deputate alla realizzazione di scompiglio e sconquasso all’interno dei sistemi nazionali (11
).
Spesso, però, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ovvero in paesi che per anni hanno adottato un
determinato sistema giuridico, vi è la tendenza da parte dei legislatori locali di adottare
acriticamente disposizioni ed istituti propri di altri paesi, ritenuti meritevoli per via del loro
importante pedigree giuridico. In questi contesti spesso si scivola nella mera traduzione delle
norme, senza alcun supporto e senza alcuna seria e profonda riflessione da parte della comunità
scientifica che dovrà in definitiva interpretare ed applicare tali norme.
A ciò aggiungasi la forte pressione politica ed istituzionale da parte di istituzioni ed organismi
internazionali, i quali spingono – spesso anche con irruenza – affinché vengano realizzate delle
modifiche o migliorie legislative.
Al riguardo possiamo offrire l’esempio del codice penale della Repubblica d’Albania, paese fino a
20 anni fa appartenente al blocco c.d. dell’Est e che per quasi 50 anni indottrinato da una forte
ideologia comunista. Una nazione che si apre al mondo solo nel 1990: vi è l’avvento della
democrazia; si avvicina al mondo reale (superando definitivamente la demagogia); si apre alle
istituzioni internazionali, le quali esigono l’immediato avvio di riforme istituzionali e giuridiche.
Anzi vengono imposte delle riforme, quale condizione per poter accedere agli organismi
internazionali ed Europei.
Per rispondere a tali richieste nel 1995 il legislatore albanese – con il fiato sul collo – realizza il
codice penale post regime; ma lo realizza in fretta e furia, senza riflessioni, senza meditazioni, solo
per asservire delle richieste provenienti da soggetti autorevoli (12
).
Va’ comunque dato atto che per certi versi si tratta di un codice nutrito di principi. Si trovano anche
principi cardine del codice penale italiano (es ex art. 4 c.p.alb. l’ignoranza penale non scusa, salvo
si tratti di ignoranza inevitabile, rievocando l’articolo 5 del codice Rocco dopo la lettura data dalla
Corte Costituzionale con la celeberrima sentenza 364/1988).
D’ogni modo, il codice albanese rappresenta una riproposizione, in parte, del codice penale
francese, senza mancare però di istituti diversi che rievocano quelli propri del codice Rocco (13
). Un
dato è certo: il codice penale albanese è connotato da tantissime e forti contraddizioni.
11
E. BOZHEKU, Comparazione, imposizione giuridica e diversità culturali: il singolare caso dei “reati” contro la vita
nel codice penale Albanese, in Diritti & Diritti, Reviste Juridike elektronike, URL: http:// www.diritto.it, ISSN : 1127-
8579, shkurt 2010, www.diritto.it/docs/28906. 12
Ibidem. 13
Ibidem.
http://www.diritto.it/
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Basti osservare l’articolo 81 c.p. alb. intitolato “l’uccisione del neonato”, l’infanticidio.
La norma recita:
“…L’uccisione del neonato compiuta con dolo dalla madre, immediatamente dopo il parto, costitui
sce contravvenzione penale e si condanna con la multa o con la reclusione fino a due anni…”.
Eppure la rubrica si intitola dei “delitti contro la vita”.
Eppure si punisce con la reclusione da 10 a vent’anni l’omicidio comune “di chi con dolo uccide un
uomo”.
Eppure si punisce con la reclusione non meno di 20 anni (art. 79 c.p. alb.) o con l’ergastolo “chi
realizza la condotta omicida verso un minorenne, un incapace di intendere e volere, un magistrato,
un poliziotto, un testimone, verso il denunciante”.
Eppure si punisce l’interruzione della gravidanza con la reclusione fino a 5 anni di reclusione, ecc.
ecc.
Si tratta di una vera è proprio stranezza, che un delitto contro la vita si punisca con una pena
inferiore rispetto al delitto di aborto (14
). Al di là, poi, del fatto che si parla di contravvenzione, di
multa, di arresto fino a 2 anni.
Anche sul fondamento dommatico, della diversa e senza dubbio più benevola scelta di punire la
madre infanticida diversamente dall’omicidio, il legislatore albanese non offre alcuna indicazione,
alcuna precisazione. C’è solo l’elemento dell’immediatezza del parto; troppo poco.
E allora, per capire innanzitutto la ratio della norma: bisogna parlare di minor grado di
colpevolezza della madre perché the balance of her mind was disturbed because of the birth – come
in Inghilterra? Un diminished responsability?
La scelta si fonderebbe su una causa d’onore (come in Italia e Spagna fino agli anni 80 e 90); su un
fatto di isolamento psicologico della donna dovuto ad un abbandono morale e materiale da parte dei
propri familiari, come nell’attuale art. 578 c.p italiano?
Si tratterebbe di un fatto cagionato in uno stato di turbamento, cosi come viene qualificato
l’infanticidio oggi in Germania dopo l’abolizione del kindertoetung?
Oppure, bisognerebbe parlare, paradossalmente, di minor valore della vita dell’uomo appena nato
rispetto alla vita dell’uomo maturo e (15
), quindi, dovremmo parlare di una condotta della madre che
denoterebbe un minor disvalore rispetto una condotta di omicidio comune?
14
E. BOZHEKU, Alcune riflessioni sul codice penale Albanese, in Diritti & Diritti, Rivista giuridica elettronica, URL:
http:// www.diritto.it, ISSN : 1127-8579, korrik 2010, www.diritto.it/docs/30027. 15
Ibidem.
http://www.diritto.it/http://www.diritto.it/docs/30027
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Al di là della provocatoria domanda appena posta, è assurdo che un fatto grave quale l’omicidio
dell’appena nato (per di più doloso come richiesto dalla norma) venga punito con una pena che può
arrivare al massimo a due anni di arresto o essere, addirittura, punito in via alternativa con la pena
pecuniaria (16
).
E, sul punto, vi è un articolo – il 54 c.p.Alb. –, che prevede l’estinzione dei reati contravvenzionali
attraverso l’offerta del reo di pagare la metà del massimo della multa prevista dalla legge,
presentando la richiesta prima del verdetto finale di primo grado.
Per le contravvenzioni la multa va dai 40 euro ai 2000 euro, euro più euro meno.
L’infanticidio in Albania è dunque oblazionabile!!!
Ciò che è interessante rilevare da quest’esempio è che quando si pretende di riformare traendo
spunto dalla comparazione bisogna riflettere in termini sistematici tenendo presente quello che è il
contesto socio-culturale.
Ciò è possibile se, innanzitutto, a livello internazionale, soprattutto in relazione a paesi in via di
sviluppo, che provengono da diversi sistemi giuridici, le pretese siano calibrate alle conoscenze
dell’interlocutore.
Più che pretendere (e, di riflesso, tacitamente imporre) occorre favorire con pazienza l’analisi e la
riflessione; e ciò può avvenire solo attraverso la formazione dei giuristi del paese ospitante, in un
ottica di più ampia programmazione (17
).
Non si può, dunque, rimproverare il legislatore penale albanese perché il suo prodotto – cioè il
codice – è celere frutto di una celere richiesta avanzata dalle istituzioni internazionali, le quali
invece di creare i presupposti per le riforme le hanno, in pratica, imposte.
Oggi in Albania vi è un movimento di frenesia, dove si creano norme su norme sotto la
sollecitazione – sotto l’imposizione si potrebbe ragionevolmente dire– dall’UE e degli organismi
internazionali, i quali, pongo addirittura dei termini perentori entro i quali intervenire e ciò al fine di
consentire l’accesso a questi organismi (ad es. all’UE) nel più breve tempo, con l’inevitabile rischio
che si creino norme non meditate, spesso sproporzionate, volte solo ad asservire formalmente
l’Europa.
Ma che beneficio si trae da ciò se poi i risultati sono come quelli appena descritti.
16
E. BOZHEKU, Some remarks about the alabnian crminal code, in Tirana International Conference on “ Challenges
on Albanian’s integration in European Unino, Conference Proceedings, Tirana, 06-07 may 2010, ss. 17
Si veda anche, se si vuole, la nostra monografia E. BOZHEKU, L’Infanticidio. Spunti e rilievi di parte generale,
Napoli, 2012, p. 282 ss.
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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L’esempio dell’infanticidio, perché il più evidente, il più eclatante, è forse quello che descrive
meglio quella che è la realtà. Ma si possono certamente fare molti altri. Si può parlare del furto, dei
reati fallimentari o, ancora, della “responsabilità penale delle persone giuridiche”.
Su quest’ultimo argomento, difficile anche per l’intera comunità internazionale dotata di ben più
raffinati istituti e più sviluppate conoscenze giuridiche, cenno soltanto come vi è una profonda
confusione con la responsabilità civile, mentre, la responsabilità penale non sembrerebbe venire
neanche compresa. E ciò determina che, nella maggior parte dei casi la disciplina, in parola non
venga applicata dalla magistratura, ovvero, peggio ancora, venga applicata male, con tutti i danni
che ne derivano sotto il profilo della garanzia dei diritti.
In conclusione, le richieste da parte della comunità internazionale e comunitaria, a un certo punto,
sono indispensabili, tuttavia, ciò non può avvenire senza una previa profonda riflessione su quanto
si possa esigere e su quanto si possa avere (18
). E per avere qualche cosa bisogna, innanzitutto,
favorire – investendo risorse economiche ed umane – lo sviluppo delle conoscenze della classe
dirigenziale (19
).
3.4. L’influenza del diritto comparato nella giurisprudenza nazionale.
Il giudice, qualsiasi giudice, sia che si occupi di diritto penale, sia che svolga le sue funzioni
nel campo del diritto civile, ovvero in quello amministrativo, ha come suo precipuo compito
l’interpretazione delle disposizioni di legge.
Si pone allora la domanda se questi soggetti possono avvalersi del diritto comparato, e dunque
dell’esperienza straniera, nell’interpretazione delle norme nazionali.
In verità nel diritto civile non vi sono particolari problemi; in caso di lacune di legge ovvero quando
il ricorso all’analogia o all’argomento al contrario non convince spesso i giudici ricorrono ad
argomentazioni di natura comparativa.
Basti pensare ad esempio alla giurisprudenza dei Tribunali superiori tedeschi, ove si trovano molte
decisioni nelle quali, con l’aiuto di considerazioni comparatistiche, si sono eliminate molte
incertezze e si sono colmate molte lacune del diritto tedesco.
18
E. BOZHEKU, Comparazione, imposizione giuridica e diversità culturali: il singolare caso dei “reati” contro la vita
nel codice penale Albanese, in Diritti & Diritti, Reviste Juridike elektronike, URL: http:// www.diritto.it, ISSN : 1127-
8579, shkurt 2010, www.diritto.it/docs/28906. 19
Ibidem.
http://www.diritto.it/
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Naturalmente in queste decisioni il metodo comparatistico viene utilizzato in aggiunta ai mezzi di
interpretazione tradizionali. Esso è stato piuttosto utilizzato per confermare e per sostenere un
risultato, cui si era pervenuti già in precedenza grazie ai metodi interpretativi tradizionali.
Gli esempi più famosi si trovano nelle sentenze della Corte Federale tedesca, nella quale la Corte ha
sviluppato il principio secondo cui, in casi di lesione del diritto alla personalità, all’attore spetta il
risarcimento del danno morale.
Questo principio è stato difeso dalla Corte Federale tedesca, facendo presente che:
“in quasi tutti i sistemi giuridici, nei quali vige come da noi il principio del valore della persona,
come principio al quale deve essere attribuito un posto di rilevanza centrale ne sistema giuridico,
viene riconosciuto il risarcimento del danno immateriale come adeguata sanzione privatistica per
la lesione della personalità. Dato che anche in questi sistemi giuridici la libertà di stampa ha un
importanza basilare, che tuttavia non viene scalfita dal fatto di concedere il risarcimento di danni
ideali, restando intatta nella sua essenza, è infondata la critica secondo cui l’ammissione del
risarcimento di tali danni, nel caso di lesione di diritti inerenti alla libertà di stampa o, addirittura,
una messa in pericolo di questa libertà” (20
).
In un'altra decisione, La Corte Federale tedesca ha limitato la concessione del risarcimento dei
danni immateriali ai casi in cui la lesione dei diritti inerenti alla personalità fosse stata
particolarmente grave.
Nella relativa sentenza è dato leggere che:
“viene presa in considerazione anche dal diritto svizzero, che ha dedicato alla tutela giuridica della
personalità molta più attenzione di quanto non abbia fatto il codice civile tedesco” (21
).
Certo nel campo del diritto civile la possibilità di ricorrere ad adiuvandum ad interpretazioni cui è
pervenuta la giurisprudenza di altri paesi è molto più facile, posto che nel diritto civile non vige il
principio della tassatività.
Ci sono però anche dei casi in cui in materia di diritto e soprattutto in tema di interpretazioni delle
disposizioni di natura processuale penale, la giurisprudenza di un paese ha preso a modello le
pronunce di un altro paese vicino.
Emblematico è il caso della giurisprudenza della Suprema Corte della Repubblica d’Albania, la
quale, spesso e volentieri per l’interpretazione delle disposizioni previste dal codice penale e
soprattutto di quelle previste dal codice di procedura penale si rifà alle massime e alle decisioni più
20
BGHZ, 39, 124, 132. 21
BGHZ, 35, 363, 369.
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importanti della giurisprudenza italiana. E ciò si comprende sol che si osservi che il codice penale
del “Paese delle Aquile” è in buona sostanza una riproduzione del codice Vassalli del 1988, tanto
che viene considerato come il suo fratello minore.
Nel complesso, però, è indubbio che oggi la giurisprudenza non concede alle argomentazioni
derivanti dal diritto comparato il ruolo che esse dovrebbero svolgere nell’interpretazione e nello
sviluppo del diritto.
Migliore è la situazione, quando si tratta di interpretare i principi del diritto entrati in modo
uniforme in più stati.
Si pensi, ad esempio, alle disposizioni previste dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ove
principio come la ragionevole durata del processo, il principio del contraddittorio, il principio della
presunzione di innocenza ecc., rappresentano gli elementi fondanti della giustizia penale in gran
parte dei paesi europei.
Vi sono, poi, alcune disposizioni che di regola poggiano su trattati internazionali, su cooperazione
del Governi partecipanti, oppure anche su atti di internazionali, che stante la loro reiterata
applicazione e il loro indiscusso valore giuridico e sociale sono ormai parte integrante del diritto
nazionale.
Essi sono sempre finalizzati al raggiungimento di un diritto uniforme ed è a questo scopo che deve
essere orientata anche la loro interpretazione e il loro sviluppo.
La conseguenza è che il giudice nazionale, che si trovi di fronte ad un tale compito, non può
utilizzare semplicemente le regole interpretative proprie del diritto nazionale, ma deve piuttosto
modificarle al fine di garantire l’unità giuridica, in modo che il risultato di tale operazione sia
accettabile a livello internazionale.
A tal fine egli non può esimersi dal tener conto degli studi di diritto comparato. In questa
prospettiva l’interprete può validamente richiamare la regolamentazione straniera che abbia tenuto a
battesimo la norma oggetto di interpretazione. Il giudice potrà tenere conto anche dei risultati che
sono stati raggiunti dalla giurisprudenza e dalle dottrine straniere nell’interpretazione della norma
controversa. Potrà colmare le esistenti lacune tenendo conto dei principi generali del diritto,
risultanti dall’insieme dei sistemi giuridici nazionali interessati.
Certamente si tratta di un compito difficile e pretenzioso, che potrà spesso essere considerato troppo
gravoso dal giudice nazionale, che solo occasionalmente si trova ad applicare il diritto uniforme.
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Le divergenze a livello nazionale nell’interpretazione e nell’evoluzione del diritto uniforme
potranno perciò, nel lungo termine, essere evitate attribuendo ad una Corte internazionale le
competenze relative.
Per gli Stati membri dell’Unione Europea ciò viene fatto dalla Corte di Giustizia Europea, la quale
molte volte ha applicato con successo il metodo dell’interpretazione comparativa. Lo stesso dicasi
per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, alla quale i cittadini degli stati aderenti ricorrono
sempre più spesso, nei casi in cui vi è stata una lesione dei proprio diritti da parte degli organi
giudiziari nazionali; non è un caso che oggi qualche autore identifica nella Corte di Strasburgo il
quarto grado di giudizio.
3.5. La funzione del diritto comparato nell’ambito dell’insegnamento accademico
Il fatto che in una società sempre più permeabile dall’esterno, il diritto nazionale venga
tutt’ora considerato un’entità indipendente sia dalla scienza del diritto che nell’ambito
dell’insegnamento nelle università, è senz’altro espressione di un’assurda arretratezza.
Il diritto comparato deve essere concepito come una nuova dimensione, capace di arricchire lo
studente di diritto e di insegnargli il rispetto verso la cultura giuridica indipendente di altri popoli, di
fornirgli una più approfondita conoscenza del diritto patrio e gli strumenti critici per il suo
perfezionamento, di evidenziare il condizionamento sociologico delle norme di diritto ed analizzare
la struttura degli istituti giuridici.
Proprio la nascente generazione di giuristi, ma molto probabilmente anche quella attualmente
consolidata, dovrà affrontare un fenomeno d’internazionalizzazione del diritto senza pari in
precedenza.
La caduta del muro di Berlino e la scomparsa del sistema socialista ha portato alla intensificazione
dei rapporti tra gli stati dell’est e dell’ovest europeo, favorito da un forte movimento di
ravvicinamento ideologico rappresentato dal capitalismo e dall’economia di mercato. Lo stesso
vale per le relazioni tra i paesi del terzo mondo e quelli indistrualizzati. Quest’ultimi hanno – e
devono avere – il compito di aiutare i primi nella formazione giuridica. E ciò rende necessaria la
responsabilizzazione anche dei giuristi, i quali, attraverso la diffusione della conoscenza del diritto,
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devono favorire il superamento dei contrasti razionali, contribuendo cosi al miglioramento
dell’ambiente e allo sviluppo della giustizia sociale.
Tale obbiettivo è raggiungibile, però, solo se si crede fermamente e si lavora nell’ottica della
cooperazione tra Stati e tra popoli.
In questo contesto, vien da sé come sia di fondamentale importanza l’insegnamento del diritto
comparato, il quale, in contrapposizione al positivismo, al dogmatismo e allo stretto nazionalismo,
indica i valori trascendenti del diritto ed il valore universale della scienza giuridica.
Il diritto comparato supera una situazione dominata da tecnici specializzati per proporre un pensiero
giuridico ad un più alto e più generale livello, operante sulla base di più vaste categorie, il cui senso
critico mette a disposizione un’immensa gamma di soluzioni.
Sotto il profilo strettamente accademico, si assiste una un notevole miglioramento
dell’insegnamento di tale disciplina.
Si nota, infatti, una costante crescita del materiale di studio, cosi come delle materie oggetto di studi
comparati. Se per molto tempo la materia era riservata al confronto degli istituti propri del diritto
civile, oggi si assiste a studi comparati anche in altri campi del diritto, come quello costituzionale,
quello penale, amministrativo, tributario, processuale ecc.
In futuro non si potrà pensare di inserire il diritto comparato come un singolo corso universitario, in
quanto ormai la materia ha raggiunto il massimo della sua espansione, ma si rendono necessari più
insegnamenti specifici che analizzino in chiave comparata diverse materie giuridiche.
Insomma, in conclusione di questi primi cenni introduttivi, non vi è dubbio che oggi, attraverso il
diritto comparato, si riesce a sviscerare con grande limpidezza le singole problematiche, tenendo
presenti le soluzioni offerte dai diversi sistemi giuridici moderni; al tempo stesso la comparazione
offre gli strumenti per osservarle con distanza critica e per compararle con le soluzioni offerte dal
sistema giuridico nazionale.
In questo modo le soluzioni attualmente vigenti nel nostro sistema di diritto nazionale possono
essere viste nella giusta luce; solo cosi può essere inteso correttamente il significato delle riforme ed
il senso di responsabilità che si vuole sviluppare al fine di un sostanziale miglioramento del diritto.
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