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Il presente fascicolo è reperibile e scaricabile da www.icminerbe.gov.it, alla home page, a sinistra, in basso: pubblicazioni
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Una bella notizia Con il lavoro realizzato dalla scuola per la ricorrenza del 4 novembre, dal 2008 ad oggi e raccolto in sintesi nel presente fascicolo, l’Istituto ha partecipato, nell’anno scolastico 2013-14, al Concorso indetto dalla Ragione Veneto per il Centenario della Grande guerra, risultando vincitore di uno dei tre primi premi assegnati. La comunicazione del premio raggiunto è pervenuta negli ultimi giorni di ottobre e la premiazione ha avuto riscontro anche nella stampa locale come sotto documentato.
05.11.2014
Gli studenti premiati al concorso sulla guerra L'istituto comprensivo di Minerbe è stato premiato con 2mila euro dalle Regione per la miglior
ricerca al concorso «1914: verso l'entrata in guerra dell'Italia». Oggi, alle 10, a Villa Contarini di
Piazzola sul Brenta (Padova), una rappresentanza della scuola minerbese parteciperà alla
cerimonia di premiazione. Il risultato è stato ottenuto grazie ad un progetto che le classi di quinta
elementare e terza media della scuola di Minerbe portano avanti già dal 2008.
Ogni anno, gli alunni, con l'aiuto di maestre e professoresse di lettere, studiano in maniera
approfondita la storia di tre soldati minerbesi sempre diversi. I militari vengono scelti dagli
studenti: si tratta spesso di parenti lontani, alcuni ancora in vita, su cui gli stessi ragazzi portano
poi a scuola molti documenti. Per completare il tutto vengono poi organizzate uscite anche
all'archivio di Stato di Verona. Un lavoro di sei anni, quindi, che ha portato ad approfondire la vita
di una quindicina di soldati minerbesi che hanno combattuto nella prima guerra mondiale. «La
ricerca», spiega la dirigente scolastica Loretta Bertassello, «è nata per dare la possibilità agli
studenti di studiare le radici del proprio territorio e per vivere la giornata del IV novembre in
maniera più coinvolgente». F.S.
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LA REGIONE PROMUOVE I VALORI SIMBOLO DELLA GRANDE GUERRA NELLE SCUOLE
Comunicato stampa N° 2440 del 28/10/2014 (AVN) – Venezia, 28 ottobre 2014
Nell’ambito delle celebrazioni per il Centenario della Grande Guerra, promosse dalla Regione del Veneto,
l’Assessorato all’Istruzione, Formazione e Lavoro ha inteso rafforzare, negli studenti delle scuole del Veneto
di ogni ordine e grado, i valori etici e morali impartiti dall’esperienza storica che ha interessato in prima
linea i territori e le genti venete ed onorare i caduti di quella tragedia collettiva, sollecitando l’elaborazione di
temi e prodotti multimediali che analizzassero le cause che sono state alla base dell’esordio del primo
conflitto mondiale.
La delibera di Giunta n. 444 del 4 aprile 2014 approva quindi un concorso per l’assegnazione di premi in
denaro alla scuole primarie e secondarie di I e II grado, statali e paritarie per elaborati originali sul tema
dell’entrata in guerra dell’Italia.
Dopo accurata valutazione, da parte di una Commissione di esperti, degli elaborati pervenuti, è stata
approvata la graduatoria che prevede l’assegnazione di premi in denaro alle 12 scuole vincitrici per una
somma complessiva di 15.000 euro. Agli Istituti classificati al primo posto verrà assegnata la somma di €
2.000,00, ai secondi € 1.500,00, ai terzi € 1.000,00 e ai classificati al 4° - 5° - 6° - 7 ° posto € 500.00.
Per le diverse sezioni sono risultati vincitori i seguenti Istituti:
Scuole Primarie
- I.C. ‘B. BARBARANI’ di Minerbe (VR) con l’elaborato “100 anni 1914 -2014 – dal 1914 verso l’entrata in
Guerra dell’Italia al 2014: verso la celebrazione del centenario dello scoppio della grande Guerra”
Scuole Secondarie di I grado
- I.C. ‘G. PONTI' di Trebaseleghe (PD) con l’elaborato “Il sole tramonta a Sarajevo”
Scuole secondarie di II grado
- I.I.S. –LICEO ARTISTICO ‘M. POLO’ Venezia con l’elaborato ‘Il Piave mormorò
La cerimonia di premiazione delle scuole vincitrici, alla presenza dell’Assessore Donazzan, avrà luogo nella
splendida cornice di Villa Contarini di Piazzola sul Brenta nella mattinata di mercoledì 5 novembre p.v.
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INDICE
RINGRAZIAMENTI CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA: UNA PRESENTAZIONE NECESSARIA pag. 8 LA PARTENZA pag. 10 DUE QUADRI D’ONORE: IL PRIMO pag. 10 IL SECONDO pag. 14
IL FASCICOLO DEL CENTENARIO pag. 19
UNO SGUARDO GENERALE: ARRUOLATI, DISPENSATI, RIVEDIBILI, NUMERO DI FRATELLI IN GUERRA, DI CADUTI E DI RICOMPENSE CHE HANNO RIGUARDATO I SOLDATI DI MINERBE IN RAPPORTO AI DATI NAZIONALI pag. 21
I soldati arruolati pag. 21 I dispensati pag. 21 I rivedibili pag. 21 I fratelli in guerra pag. 22 I caduti pag. 22 Ricompense al valore militare pag. 24
I SOLDATI DEL CENTENARIO pag. 27
PERAZZOLO DOTTOR VALENTINO, TENENTE (1881 – 1973) pag. 27 BONFANTE CARLO (1894- 1917), BONFANTE AUGUSTO (1897) pag. 32 ROSSINI GIOVANNI (1894-1943), ROSSINI ANTONIO (1896), ZAMPERIOLI EMILIO (1896-1915) pag. 36 ZANON GIUSEPPE (1891) medaglia d’argento, ZANON ANTONIO (1893-'15), ZANON CARLO (1897), ZANON SILVIO (1899-192..) pag. 40 ZANON DOTTOR SANTE, TENENTE (1886 - 1950) pag. 45
I PERCORSI PRECEDENTI pag. 48 4 Novembre 2008
UN PAESE CHE RICORDA IL MONUMENTO AI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE pag. 48
4 Novembre 2009
UN PAESE ALLA GUERRA pag. 49
I SOLDATI DECEDUTI pag. 50
STORIE DI SOLDATI - FRATELLI D’ITALIA pag. 54
ANGELO (1888) E ANTONIO BORDIN (1882 -1958) pag. 54 I FRATELLI MARCELLO (1896) E ANTONIO ROSSI (1900 - 1971) pag. 56 I FRATELLI ANGELO (1888), CARLO (1892 – 1969) , ANTONIO (1895 ) e GABRIELE TURCATO (1899) pag. 58 GIACOMELLI FELICE (1892) pag. 63 BERTOLDI LUIGI (1888-1952) pag. 63 BONFÀ AUGUSTO (1895) pag. 65
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GASPARELLO SILVIO (1890 - 1936) pag. 67 MOTTERAN ANDREA SILVIO (1897- 1917) pag. 71 MOTTERAN ANDREA (1897) pag. 74 TAVIAN CESARE (1892) , TAVIAN GIUSEPPE (1895 - 1919 ) pag. 75 FERRARI EGIDIO (1897-1967) pag. 78 GIRONDA BENIAMINO (1888 – 1953) pag. 81
4 Novembre 2010
UNA FAMIGLIA ALLA GUERRA, I FRATELLI GIULIARI pag. 84
4 Novembre 2011
L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE pag. 89
4 Novembre 2012
UNA MEDAGLIA D’ARGENTO, IL SOLDATO ALFONSO BELLINATO pag. 91
4 Novembre 2013
UN CAPITANO VALOROSO E ALTRI SOLDATI pag. 94 BIONDANI ENRICO (1890 -1956) pag. 94
OTTAVIANI IGINO (1894 - 1967) pag. 99 CATTAN LEONE (1995) pag. 103 MILANESE LEONE (1898 - 1979) pag. 104 FACCIOLI FRANCESCO (1881) pag. 105 CHIAVENATO SILVIO (1895) pag. 110 DAL CORTIVO GIUSEPPE (1893) pag. 111 FAVALLI GIUSEPPE (1879) pag. 112 PENSIERI, RIFLESSIONI E POESIE DEGLI ALUNNI DELLE CLASSI QUINTE pag. 113
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RINGRAZIAMENTI Cento anni dalla grande guerra che hanno visto grandi cambiamenti.
Il mondo e l’Italia non sono più quelli. Anche la Scuola è profondamente cambiata ma vuole
conservare il suo ruolo culturale consentendo ai giovani l’emozione di trovare un passato, anche
proprio, come possibilità di ‘mettersi nei panni di….’ attraverso ‘piccole storie’ di giovani soldati che
hanno vissuto un universo diverso, molto lontano dagli adolescenti di oggi che scandiranno altre
stagioni della vita italiana.
Strappati alla spensieratezza dei loro anni, ma che fecero, nella stragrande maggioranza, la loro
parte in maniera esemplare.
Un ringraziamento a quanti hanno contribuito a realizzare questo fascicolo.
Innanzitutto tutte le famiglie che hanno messo a disposizione i loro materiali.
Quindi tutti i docenti che, nel corso degli anni, su tali materiali hanno sviluppato storie e coinvolto gli alunni.
Tutti gli insegnanti che, in diverse riprese, hanno trascritto i fogli matricolari, dopo le visite all’Archivio di
stato di Verona.
Un ringraziamento speciale all’insegnante Rosa Danese, regista silenziosa di tante interviste a parenti e
familiari.
8
ISTITUTO COMPRENSIVO “B. Barbarani” Via Verdi, 114 – 37046 MINERBE (VR)
Tel. 0442640144/0442640074 r.a. Fax 0442649508
C. F. 82000470235
E-Mail istituzionale: [email protected] / altra e-mail: [email protected]
Pec: [email protected]
Sito: www.icminerbe.it
CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA:
UNA PRESENTAZIONE NECESSARIA L’elaborato con il quale la scuola primaria e secondaria di Minerbe intendono commemorare il 4 novembre 2014 e, allo stesso tempo, contribuire alla celebrazione del Centenario dallo scoppio della Grande Guerra
è il frutto del lavoro sinergico delle classi terminali (quarte, quinte) della scuola primaria e secondaria di I grado di Minerbe
è un lavoro svolto nel corso degli ultimi sei anni (dal 2008 ad oggi) conseguente all’idea di dare un diverso significato alla tradizionale celebrazione del 4 Novembre, annualmente condivisa con Associazioni locali e Amministrazione comunale
Ogni 4 Novembre, tanti 4 Novembre utili pertanto a:
riportare alla luce il ricordo ormai sbiadito di quel tempo onorando il sacrificio dei giovani del paese che parteciparono alla prima guerra mondiale, e vi persero la vita, come di coloro che, con altrettanto coraggio e ardimento, hanno contribuito all’affermazione dell’Italia ritornando vincitori alle proprie case
rafforzare il legame della Scuola con il suo territorio attraverso una condivisa ri-costruzione di storie di persone e di soldati all’interno della più vasta cornice storico-culturale di quel tempo
prepararsi in modo adeguato alla Celebrazione del centenario della Grande Guerra ripartendo nel corso degli anni le ricerche sui giovani soldati del paese che vi hanno partecipato, grazie alla documentazione messa a disposizione delle famiglie ed in particolare in virtù del ritrovamento di due Quadri d’onore contenenti foto e anni di nascita dei combattenti la prima guerra mondiale
trasmettere gli ideali che sono alla base di quel patrimonio fatto di storie, di dolori e di sacrifici, vissuti dai nonni e dai bisnonni degli attuali studenti dell’istituto
interpretare e ricostruire la storia di molti giovani minerbesi alla guerra attraverso ricerche e testimonianze
ricordare e onorare il loro sacrificio davanti al monumento, in piazza, quale luogo adibito alla loro memoria, ma anche deputato a far sì che ciò che è stato non sia dimenticato
far conoscere le iniziative di studio e approfondimento attuate dalla scuola
e, in modo specifico, dare particolare e significativo rilievo alla ricorrenza del Centenario.
Condensare tutto il lavoro svolto nel corso di questi ultimi anni dalle varie classi della scuola primaria e secondaria di Minerbe risulta pertanto doveroso.
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Lo impone il desiderio e la volontà di dare riconoscimento alle vicende di molti soldati: il sacrificio di Augusto Bonfà, la storia dei quattro fratelli Turcato tutti in guerra, unita a quella dei fratelli Rossi, dei fratelli Bordin e dei fratelli Ottaviani, il ferimento del soldato Faccioli e le conseguenze della guerra sulle condizioni fisiche del soldato Milanese, l’eroismo di Bellinato Alfonso e la medaglia al valore conquistata dal capitano Biondani e così via per molte altre storie di soldati…. tutte confrontate con le notizie riportate nei fogli matricolari, ricercati presso gli Archivi di stato, che, opportunamente trascritte, integrano questo fascicolo celebrativo del centenario.
Una Celebrazione del Centenario che, avendo come obiettivo quello di conservare anche per le generazioni a venire la memoria di quanto ci si appresta a ricordare, racchiude numerose manifestazioni:
mercoledì 1 ottobre visita guidata alle trincee di Bosco Chiesanuova da parte degli alunni delle classi terze della scuola secondaria di Minerbe accompagnati dai loro docenti
martedì 4 novembre cerimonia di commemorazione a cura degli alunni delle classi quarte e quinte della scuola primaria di Minerbe con il seguente programma: ore 10.00: Breve Cerimonia presso il Cippo Martiri di
Nassiriya ore 10.30: Inizio sfilata lungo via del Bersagliere e via Roma ore 10.45: Alzabandiera al monumento ai caduti in piazza IV
novembre con interventi commemorativi, canti e poesie a cura degli alunni delle IV e V della scuola primaria
martedì 4 novembre evento musicale a cura degli studenti della classi terze della
scuola secondaria di Minerbe e del Coro Valli Grandi: ‘1914 –
una fede: vittoria 2014 –un volere: pace! alle ore 20:30, presso il
teatro parrocchiale San Lorenzo di Minerbe
mercoledì 5 novembre a Piazzola sul Brenta, presso Villa Contarini, ritiro del Primo Premio da parte degli studenti delle classi quinte della primaria di Minerbe, con i loro insegnanti. Riconoscimento della Regione Veneto per il lavoro svolto lo scorso anno ‘Dal 1914: verso l’entrata in guerra dell’Italia al 2014: verso la celebrazione del centenario dallo scoppio della grande guerra’ nell’ambito del Concorso indetto dalla regione Veneto per la celebrazione del Centenario
domenica 9 novembre alle ore 12:00 circa, dopo la messa, cerimonia commemorativa davanti al monumento ai caduti di San Zenone animata dai canti e dalle poesie degli alunni delle classi quarte e quinte della scuola primaria di Minerbe
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LA PARTENZA Va inizialmente precisato che tutto il lavoro di ricerca è stato reso possibile grazie al ritrovamento di due Quadri d’Onore sui soldati di Minerbe, che hanno partecipato alla prima guerra mondiale, gelosamente custoditi dai proprietari e messi a disposizione della scuola. Da lì infatti è potuto partire nel tempo la ricerca che ha portato a sviluppare due, tre storie all’anno, in relazione alle parentele che via via venivano scoperte, dalle famiglie degli studenti, con i soldati ivi fotografati. Il centenario dà l’occasione di riunirle tutte assieme in ordine cronologico partendo proprio dai due quadri d’onore e quindi presentando il lavoro di ricerca di quest’anno e, a seguire, quello degli scorsi anni, per finire infine con le riflessioni degli alunni di classe quinta, con le quali animeranno le cerimonie davanti al monumento ai caduti di Minerbe e di San Zenone, di martedì 4 e domenica 9 novembre. DUE QUADRI D’ONORE: IL PRIMO
Il primo quadro d’onore riporta il ritratto a mezzobusto di 159 persone e la scritta: “Gruppo d’onore 1915 - ex combattenti per la patria”.
Il secondo, sempre a firma S. Pinazzi – Venezia, riporta la scritta “Gli eroi caduti - I mutilati ed invalidi - I reduci di Minerbe e frazione San Zenone”.
In tutto le persone presenti in questo gruppo d’onore sono 246, più altre cinque disposte intorno, raffiguranti personaggi significativi del tempo. La foto riporta la sigla A/VII che si presume sia l’indicazione della data di composizione del gruppo, vale a dire il settimo anno dell’era fascista, quindi il 1929, dieci anni dopo la fine della guerra.
I combattenti rappresentati nel primo gruppo d’onore, che nell’originale misura 60 x 70 cm, sono in tutto 159, disposti secondo ordine alfabetico, e di questi, quelli raffigurati come caduti (sopra il loro ritratto è posta una croce) sono 7. Le fotografie sono disposte nel foglio in maniera molto semplice: sono affiancate in 10 file orizzontali, una sotto l’altra, ciascuna riportante 17 combattenti, mentre l’ultima, la decima, ne riporta solo 6, 3 a destra e 3 a sinistra e in mezzo la scritta: Gruppo d’onore ex-combattenti per la Patria, Comune di Minerbe.
Osservando le foto si nota il diverso abbigliamento: militare o civile. Nonostante la giovane età l’aspetto è sempre maturo, spesso accentuato dalla presenza di baffi importanti, secondo la foggia di allora: il lavoro fisico cominciava molto presto rendendo adulti precocemente. Dietro ogni volto c’è una storia, una famiglia con degli affetti, una vita in corso, a volte bruscamente interrotta dalla brutale esperienza della guerra. Ci sono padri, zii, nonni di attuali cittadini di Minerbe. I ricordi di questi soldati nelle famiglie di oggi a volte sono vivi e impressi, in altri casi meno, ma le testimonianze ugualmente preziose. A seguire si riporta il primo gruppo d’onore, la numerazione dei vari ovali fotografici in esso presenti e i relativi nomi e anno di nascita.
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File
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10
1 13 6 15 11 12 14 16 5 10 9 8 7 2 3 4 17
18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34
35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51
52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 67 66 68
69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85
86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102
110 111 112 113 114 115 116 118 117 119
128 129 130 131 132 133 134 135 136
103 106 104 107 108 105 109
120
137
154
123 124 125 126 127
144 143 142 141 140 139 138
121 122
149 148 147 146 145 153 152 151 150
157 158 159
156 155
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I loro nomi, in ordine di fila ed in successione nella riga, sono i seguenti:
Antonioli
Giuseppe
1888
Andreolini
Pietro
1877
Baldin
Pietro
1877
Baldin
Tommaso
1890
Baldin
Angelo
1899
Bonfante
Guglielmo
1899
Bonfante
Domenico
1895
Bonfante
Arturo
1899
Bonfante
Gaetano
1893
Borin
Carlo
1892
Borin
Antonio
1882
+
Bressan
Giuseppe
1890
Bressan
Narciso
1883
Bressan
Antonio
1899
Bressan
Luigi 1892
Bressan
Sante
1886
Bressan
Angelo
?
Buffo
Benvenuto
1877
Borsati
Cherubino
1885
Bordini
Angelo
1888
Bordini
Antonio
1882
+
Bonfà
Augusto
1895
Brusaferro
Giacomo
1894
Bogoncello
Sante
1889
Bozza
Battista
1876
Bonato
Francesco
1878
Bonato
Gaetano
1883
+
Bernuzzi
Antonio
1892
Biggini
Domenico
1893
Bressello
Marco
1877
Camellato
Giuseppe
1880
Chinaglia
Antonio
1887
Catan
Leone
1899
Corrà
Luigi
1881
+
Colato
Augusto
1882
Corsini
Silvio
1888
Casalini
Mario
1892
Cortelazzi
Antonio
1880
Carmeli
Bernardo
1883
Cortese
Giuseppe
1889
Costantini
Pietro
1878
Coilotto
Floriano
1897
Cailotto
Remo
1899
Caneva
Mario
1892
Chiavenato
Anselmo
1898
Corso
Attilio
1880
Corso
Menotti
1884
Corso
Giovanni
1888
Castiglioni
Giuseppe
1898
Comola
Galliano
1896
Deganello
Giovanni
1896
De Mori
Luigi
1889
Doni
Giuseppe
1895
Danin
Mario
1896
Eminente
Vittorio
1897
Eminente
Giacinto
1874
Ferrari
Emilio
1879
Ferrari
Eugenio
1895
Ferrari
Guerrino
1899
Ferrari
Egidio
1897
Fin
Mosè
1879
Fin
Giuseppe
1897
Franceschetti
Natale
1892
Fasolo
Pietro
1899
Facchetto
Mario
1876
Filippini
Lucindo
1894
Filippini
Alessandro
1880
Franco
Augusto
1891
Fontana
Antonio
1889
Favazza
Attilio
1879
Gironda
Beniamino
1888
Gironda
Antonio
1879
Galantini
Marino
1896
Galantini
Marino
1899
+
Ghellere
Giovanni
1884
Guarniero
Augusto
1884
Guerniero
Albino
1891
Guarniero
Lorenzo
1899
Girardi
Eugenio
1886
Goi
Carlo
1880
Lauro
Francesco
1877
Menegolo
Marino
1900
Menin
Eliseo
1885
Menin
Zeffirino
1892
Menin
Giuseppe
1886
Marchesini
Agostino
1882
Merlin
Pietro
1882
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Gaetano
1891
Maroccolo
Domenico
1876
Molo
Augusto
1894
Milanese
Pietro
1874
Moro
Gedeone
1895
Meggiorini
Giovanni
1889
Monastero
Felice
1899
Monastero
Antonio
1895
Mantovani
Camillo
1896
Mantovani
Giuseppe
1899
Mantovani
Alessandro
1894
Mengatti
Antonio
1880
Motteran
Andrea
1897
Motteran
Giuseppe
1898
Migliorini
Riccardo
1886
Morello
Luigi
1881
Menini
Roberto
1881
Nalin
Lino
1898
Nalin
Bruno
1900
Ottaviani
Gino
1894
Ottaviani
Augusto
1885
Ottaviani
Ermenegildo
1884
Papavero
Giovanni
1875
Piccoli
Giovanni
1884
Prando
Ernesto
1876
Peretta
Angelo
1897
Peruzzolo
Valentino
1881
Passarini
Arturo
1897
Pironato
Massimiliano
1881
Paganotto
Giovanni
1897
Quaglia
Pietro
1898
Rossi
Antonio
1900
Rossi
Marcello
1896
Rossini
Eusebio
1877
Stegagnolo
Umberto
1888
Rinetti
Giuseppe
1892
Rinetti
Arturo
1898
Ridolfi
Alessandro
1895
Ridolfi
Antonio
1897
Rossin
Augusto
1880
+
Ruffo
Giovanni
1886
Ricoldi
Arnaldo
1900
+
Santinello
Pietro
1896
Santinello
Tiberio
1898
Sorze
Aurelio
1879
Spavieri
Giuseppe
1880
Salgarello
Alfonso
1881
Strabello
Augusto
1886
Stella
Alfonso
1892
Taccon
Stefano
1891
Taccon
Scipio
1889
Taccon
Ernesto
1897
Taccon
Giovanni
1899
Taccon
Domenico
1894
Tecchiato
Luigi
1894
Turisendo
Mario
1897
Turcato
Claudio
1892
Turcato
Gabriele
1899
Turcato
Antonio
1895
Turcato
Angelo
1888
Versobio
Giuseppe
1881
Vesentini
Luigi
1895
Venturi
Antonio
1899
Venturi
Silvio
1889
Zanini
Ernesto
1878
Zanardo
Albino
1893
Zanardo
Silverio
1896
Zanetti
Giulio
1892
- MCMXV - Gruppo D’onore - MCMXVIII
Ex Combattenti Per La Patria – Comune Di Minerbe
Foto S. Pinazzi San Marco 5025 Venezia
Zambelli
Luigi
1899
Zambelli
Mario
1894
Zampa
Placido
1899
14
IL SECONDO QUADRO D’ONORE
Il secondo Quadro d’onore, fornito alla scuola per motivi di studio, proviene dal Gruppo Alpini di Minerbe. Si tratta anche in questo caso di un Quadro d’onore realizzato dalla ditta fotografica S. Pinazzi di Venezia. Raggruppa duecentoquarantasei foto di giovani uomini di Minerbe e San Zenone nati negli anni dal 1871 al 1899, vestiti in borghese o da militari. Nel quadro sono riuniti otto nomi di graduati, trentuno nomi di eroi caduti, undici nomi di invalidi. I rimanenti reduci di guerra sono divisi a zone, e in ognuna è rispettato l’ordine alfabetico. Intorno agli ovali delle foto è quasi sempre leggibile il nome e cognome del soldato completi dell’anno di nascita: dati importanti per rintracciare presso l’Archivio di Stato di Verona i fogli matricolari personali che ne riassumono le vicende militari. In basso a sinistra appare un numero romano che potrebbe indicare la data di composizione e stampa: il settimo anno dell’era fascista, che corrisponderebbe agli anni 1928 – ’29. Il 28 settembre ’22 infatti, data della marcia su Roma, era il “capodanno” fascista secondo il regime di Mussolini che nella simbologia richiamava l’antica Roma. Si osserva infatti l’uso della V al posto di U nelle scritte a carattere stampa maiuscolo.
In alto, a sinistra e a destra, si notano i fasci littori con la scure, simboli del potere nell’antichità romana. In questo caso la raffigurazione è sormontata dall’elmetto della prima guerra mondiale e diagonalmente da una spada. L’effigie, circondata da rami d’alloro, ricorda quindi il potere fascista che a dieci anni dalla vittoria commemora la guerra che portò all’unità nazionale. Completano il quadro d’onore cinque visi in posizioni preminenti perché importanti in quel momento storico. Al centro, in alto, Vittorio Emanuele III di Savoia. Nel ’29 aveva sessant’anni essendo nato nel 1869, unico figlio di Umberto II e della Regina Margherita. Il suo lungo regno, contrassegnato da eventi decisivi per la storia d’Italia, durerà ben quarantasei anni. Durante la guerra, dichiarata più sulla spinta popolare che sulla decisione del Parlamento, egli si dimostrò costantemente vicino alle truppe, visitando il fronte e le retrovie, controllando gli eventi. Ma le strategie sul campo se le divisero i due generali raffigurati ai suoi lati. A destra Luigi Cadorna, l’anziano militare destituito dopo la disfatta di Caporetto. Armando Diaz, alla sinistra del Re, è il generale che firmò il bollettino della vittoria, trascritto su lapidi in
molte piazze e palazzi municipali italiani. I ritratti nei tondi in basso sono difficilmente riconoscibili, ma dal confronto con quadri simili si può desumere che la foto di sinistra sia di Benito Mussolini, allora capo del governo fascista.
15
La foto di destra ritrae Carlo Delcroix, fondatore e presidente dal 1924 dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra. Era lui stesso grande invalido: personaggio politico di spicco nonché letterato, ebbe la medaglia d’argento al valor militare, per un tragico incidente, in un episodio di eroismo e di coraggio. Dato che il subalterno si tirò indietro, sminò lui stesso una zona innevata, ma un ordigno senza sicura gli fu fatale per gli occhi e le mani. Al centro è raffigurato il monumento ai Caduti di Minerbe. Fu costruito nel ’22 come simbolo partecipato della popolazione che contribuì in prima persona istituendo perfino una lotteria, come testimonia una foto dell’epoca. È un’opera che si distingue tra i monumenti ai Caduti della zona, per finezza, simbologia e materiali. Commissionato all’artista padovano Polazzo Terzo, raffigura il soldato che difende la civiltà, rappresentata dalle due alte colonne greche, dalla barbarie della guerra.
Intorno il basamento si vede la cancellata in ferro che originariamente recintava il monumento. Al centro del quadro fanno da cornice agli eroi caduti due lampade votive che simboleggiano il fuoco eterno ad onorare la loro memoria.
Anche se tra la maggior parte dei cognomi dei soldati,
sia nel primo che nel secondo Quadro d’onore, è stato
possibile ravvisare famiglie minerbesi di oggi, non
sono mancate difficoltà a collegarli alle giovani
generazioni che frequentano la nostra scuola. E non
per tutti è stato possibile fare questo collegamento
anche per la loro elevata quantità.
17
IL SECONDO QUADRO D’ONORE
1A 2A 3A 4A 5A 6A 7A
9A 8A 11
A
12
A
13
A
14
A
10
A
15
A
17
A
16
A
Sez. A
3B 2B 1B
5B 6B 7B 8B 9B 10
B
11
B
12
B
13
B
4B
14
B
15
B
16
B
17
B
18
B
19
B
20
B
21
B
23
B
30
B
22
B
24
B
25
B
26
B
27
B
28
B
29
B
31
B
32
B
33
B
34
B
35
B
36
B
37
B
38
B
39
B
40
B
41
B
42
B
43
B
44
B
45
B
46
B
47
B
48
B 49
B
50
B
51
B
52
B
53
B
54
B
55
B
56
B
57
B 2C 1C
6C 7C 8C 9C 10
C
3C 4C 5C
12
C
13
C
14
C
15
C
16
C 17
C
11
C
18
C
20
C
19
C
21
C
22
C
23
C
24
C
2D 3D 4D 5D 6D 7D 1D
5E 6E 7E 8E 9E 10
E
11
E
12
E
13
E
9D 8D 10
D
11
D
12
D
13
D
14
D
15
D
16
D
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D 1E 2E 3E 4E
15
E
16
E
17
E
18
E
19
E
20
E
21
E
23
E
24
E
25
E
26
E
27
E
28
E
29
E
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E
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E
34
E
35
E 36
E
37
E 31
E
39
E
40
E
41
E
42
E
43
E
44
E
45
E
47
E 48
E 49
E
50
E
51
E
52
E
53
E
56
E
57
E
54
E
55
E
46
E
38
E
30
E
22
E
14
E
58
E 1F 2F
3F 4F 5F 6F 7F 8F 9F 10
F
11
F
12
F
13
F
14
F
15
F
16
F
17
F
18
F
19
F
20
F
21
F
22
F
23
F
1G 13G
6
G
5
G
4
G
3
G
2
G
7
G
12
G
11
G
10
G
9
G
8
G
2H 1H 3H
10
H
9H 8H 14
H 13
H
12
H
11
H
7H 5H 6H
15
L
14
L
10
L 9L 8L
3L 2L 1L
16
L 17
L
5L 6L 7L
11
L
12
L 13
L
4L
2M 3M 1M
6M
4H
5M
9M 10M
7M
11M
8M 4M
Sez. C
Sez. E
Sez. D
Sez. B
Sez. F
Sez. L
Sez. H
Sez. G
18
Luigi Cadorna
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1914-1917)
Vittorio Emanuele III
re d’Italia
1900-1946
Armando Diaz
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1917-1919)
Ministro della guerra(1922-1924)
Aramini
Benvenuto
1887
Bertelli
Eugenio
1891
Bertoldi
Luigi
1888
Cagalli
Giuseppe
1891
Cortese
Ilario
1898
Cortese
Giovanni
1891
Cortese
Giuseppe
1890
Corso
Luigi
1886
Cagalli
Gaetano
1893
Dani
Giuseppe
1895
Fante
Andrea
1894
Ferrari
Guerrino
1899
Ferrari
Arsenio
18..?
Ferrari
Eugenio
1896
Foscarin
Antonio
1898
Galanti
Luigi
1888
Gironda
Antonio
1879
Girardi
Bortolo
1889
Lanzerto
Pietro
1887
Marconcini
Cesare
1887
Murari
Virgilio
1883
Zanon
Giuseppe
Giacomelli
Felice
1882
Stella
Girolamo
1877
Natalini
Andrea
1879
Magorso
Ulisse
1894
Melotto
Giovanni
1897
Molon
Augusto
1874
Precivalle
Vittorio
1887
Ronchini
Silvestro
1870
Ruffo
Antonio
1884
Sperandio
Redenzio
?
Sperandio
Sperandio
?
Stivanello
Sante
1886
Biondani
1889
Zanon Sante
1886
Salgarello
Italo
1879
Vicentini
Valente
1893
Zerbinati
Enrico
1892
Antonioli
Giuseppe
1890
Andeetto
Giovanni
1892
Andeetto
Amedeo
1893
Arzenton
Pietro
1899
Perazzolo
Giuseppe
Muschi
Giovanni
1876
Carrara
Ubaldo
Balan
Augusto
1894
Bertelli
Alfonso
1876
Bertelli
Giuseppe
1879
Boaretto
Antonio
1900
Borin
Antonio
1895
Borin
Giovanni
1886
Borin
Giovanni
1883
Borin
Antonio
1881
Borin
Rodolfo
1885
Bigin
Carlo
1898
Bisin
Anselmo
1894
Bisin Alberico
Bonfante
Augusto
1897
Coppiello
Giuseppe
1887
Coppiello
Francesco
1879
Castiglioni
Rodolfo
1889
Castiglioni
Silvio
1886
Carmelli
Bernardo
1883
Cadore
Ermenegi
ldo
1893
Cavaliere
Giovanni
1898
Colato
Luigi
1896
Colato
Giuseppe
1893
Casalini
Basilio
1897
Casalini
Mario
1891
Casalini
Giuseppe
1894
Corso
Giulio
1881
Corso
Giovanni
1888
Corso
Attilio
18880
Corso
Menotti
1884
Donatello
Giulio
1891
+
Bellinato
Alfonso
Deganello
Giobatta
Franco
Lodovico
1896
Franco
Giovanni
1889
Fin
Giuseppe
1897
Finiletti
Arcadio
1891
Franceschet
ti
Silvio
Galvan
Giovanni
1899
Galantin
Mario
1891
Guarnieri
Orazio
1897
Guarnieri
Silvano
1899
Guarnieri
Guido
1897
Guarniero
Augustino
Grigolo
Silvio
1893
Guerra
Guerrino
1899
Girardi
Giovanni
1879
Granzarollo
Giovanni
1880
+
Bonazzo
Angelo
1881
+
Bornuzzi
Antonio
1891
+
Borotto
Ernesto
1892
+
Bonfante
Carlo
1894
+
Bero Pietro
1893
+
Lorenzetti
Giovanni
1890
Lovelli
Giuseppe
1895
Lanzerotto
Arturo
1891
Lorenzetti
Albino
1896
Lorenzetti
Leonello
Menegol
o
Emilio
1889
Menegolo
Luigi
1889
Manfredini
Enrico
1889
Mingon
Carlo
1896
Magosso
Anselmo
1899
Manara
Alessandro
Menghini
Giuseppe
1896
Mantovani
Antonio
1884
Marola
Pietro
1887
Modena
Romolo
1899
Mirandola
Vittorio
1876
Motteran
Andrea
1897
+
Langoro
Giovanni
1895
+
Menegazzi
Ettore
1879
+
Motteran
Giuseppe
1898
+
Menegolo
Giulio
1895
+
Menin
Roberto
1881
+
Mirandola
Umberto
1883
Marcolongo
Giovanni
1878
Marcolong
o
Marino
1899
Milanese
Leone
1898
Merlin
Pietro
1881
Merlin
Angelo
1898
Merlin
Domenico
1881
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Pietro
1894
Merlin
Silvio
1898
Osani
Fernando
1899
Osani
Santo
1897
Perina
Ettore
1882
Paganotto
Gianbattista
1897
Prando
Leone
1888
Pavan
Alberico
1899
Pedrollo
Marcello
+
Polli
Giuseppe
1894
+
Pavan
Gaetano
1889
+
Santinello
Luigi
1896
+
Senno
Ottavio
1897
Pasi
Mosè
1884
Perazzolo
Gaetano
Perazzolo
Antonio
1888
Piccoli
Arturo
1896
Pesenti
Ernesto
1887
Quinzan
Augusto
1897
Rizon
Lorenzo
1897
Rinetti
Giuseppe
1892
Rossini
Giuseppe
1885
Rossini
Augusto
1879
Rizzi
Augusto
1900
Rizzi
Luigi
1897
Rossi
Telesforo
1878
Rossi
Tranquillo
Sorze
Aurelio
1879
Schiavo
Emilio
1881
Sganzerla
Pietro
1891
Stefani
Umberto
1895
Stefani
Giovanni
1897
Santinello
Tiberio
1895
Trentin
Virgilio
1886
Tavian
Cesare
1892
Tobaldini
Giuseppe
1896
Tadiello Guglielmo
1884
Turcato
Vittorio
1890
Vesentini
tiziano
Vestena
Cesare
1891
Vidali
Giuseppe
1890
+
Ambrosi
Angelo
1894
+
Bortolo
Antonio
1892
+
Bau
Francesco
1884
+
Cortese
Antonio
1893
+
Chiochetta
Luigi
1880
+
Cortese
Luigi
1895
+
Murari
Giacinto
1881
Vico
Bernardo
1894
Vivaldi
Giuseppe
1886
Zucari
Alessandr
o
Zulin
Marco
1891
Zanetti
Giulio
1892
Ambrosi
Antonio
1887
Ambroso
Giovanni
1891
+
Ronchini
Luigi
1889
+
Taccon
Giuseppe
1892
+
Taccon
Antonio
1885
+
Zanon
Silvio
1898
+
Zanon
Antonio
1898
+
Zanardo
Albino
1897
+
Zamperioli
Emilio
1897
Ambroso
Giuseppe
1894
Borolo
Giuseppe
?
Bau
Fortunato
1884
+
Bau
Marco
Boldrini
Antonio
1887
Balan
Giovanni
1899
Bussola
Giuseppe
1887
Chiochetta
Silvio
1885
Chiochetta
Angelo
Carrara
Cesare
1896
Carrara
Giuseppe
1893
Carrara
Pietro
1890
Crivellaro
Cipriano
Cortese
Giovanni
1882
Frarini
Gedeone
1894
Faella
Antonio
1877
Fante
Giulio
1899
Girardi
Graziano
1878
Guarinoni
Antonio
1887
Gironda
Beniamino
1888
Girardi
Pietro
1891
Montolli
Beniamino
1874
Meneghello
Giulio
1878
Meneghello
Ernesto
Murari
Pietro
1876
Benito Mussolini
Presidente del Consiglio dei
Ministri del Regno d’Italia
(1922-1943)
?
Catan
Emilio
Invalido
Carrara
Giuseppe
Mutilato
Franceschetti
Ettore
Invalido
Lunardi
Giovanni
Invalido
Merlin
Gaetano
Invalido
Carlo Delcroix
I896-1977
Presidente ANMIG
(Associazione Nazionale
Invalidi e Mutilati di
Guerra)
Murari
Augusto
1883
Melotto
Ettore
1885
Pironato
Vittorio
1891
Precivale
Giovanni
1879
Rossato
Augusto
1888
Rossini
Francesco
1899
Rossini
Giovanni
1894
Rossini
Antonio
1896
Rossini
Beniamino
1899
Rossini
Augusto
1880
Scarmagnan
Giulio
1880
Scarmagnan
Antonio
1887
Seghetto
Giuseppe
1883
Taccon
Alippio
1889
Marsotto
Giuseppe
1894
Invalido
Ruffo
Giuseppe
Invalido
Piccoli
Giovanni
Invalido
Rossini
Albino
Invalido
Rossi
Marcello
Invalido
Tartani
Giuseppe
1896
Vicentini
Luigi
1881
Vesentini
Luigi
1895
Vicentini
Pacifico
1874
Vicentini
Malgarito
1881
Zanardi
Silverio
1896
19
IL FASCICOLO DEL CENTENARIO
Come prima indicato 159 sono i soldati raffigurati nel primo Quadro d’onore e 256 quelli presenti nel secondo, un numero sicuramente significativo in sé, ma di certo non corrispondente alla situazione reale. Si calcola infatti che per un paese come Minerbe, la stima fosse di circa mille giovani in guerra.
Non di tutti si sono potute sviluppare le vicende, ma anche il semplice fatto di averne riportato in luce foto e nomi è di per sé significativo.
Non è però da considerare un lavoro concluso.
La ricerca, così come è stata avviata e impostata, consente infatti di sviluppare, nel tempo, altre storie di soldati e ulteriori vicende di guerra, in un continuum che può durare finché viene tramandato il ricordo di quelle vite e di quelle speranze alle giovani generazioni.
Anche quest’anno trova un ulteriore sviluppo in vista della ricorrenza celebrativa del centenario dallo scoppio della grande guerra.
Il 4 Novembre 2014 viene ad essere infatti l’occasione per vedere la scuola, ancora una volta, riunita all’intera comunità, in piazza, attorno al monumento ai Caduti, per un solenne riconoscimento a chi quella guerra l’ha effettivamente combattuta e vinta e, a seguire e con una serata commemorativa, presso il Teatro parrocchiale San Lorenzo di Minerbe.
È anche in considerazione di questo evento che si ritiene importante riunire in un unico fascicolo il lavoro finora svolto nel corso degli anni, mettendo in successione tutti i soldati di cui si sono ricostruite le storie.
La celebrazione del centenario merita infatti la ri-pubblicazione delle loro storie quale degno riconoscimento al loro sacrificio.
Le parti che vengono ripubblicate si succedono nel seguente ordine:
dal fascicolo del 4 Novembre 2008 Un paese che ricorda
dal fascicolo del 4 Novembre 2009 Un paese alla guerra
dal fascicolo del 4 Novembre 2010 Una famiglia alla guerra
dal fascicolo del 4 Novembre 2011 L’eco della fine della guerra in paese
dal fascicolo del 4 Novembre 2012 Una medaglia d’argento
dal fascicolo del 4 novembre 2013 Un capitano valoroso e storie di altri soldati Ma prima si presenta il lavoro di ricerca svolto quest’anno per il Centenario che ha riguardato i seguenti soldati:
Perazzolo, dottor Valentino, tenente nato nel 1881 Bonfante Carlo, nato nel 1894 e il fratello Augusto nato nel 1897 Rossini Giovanni, nato nel 1894 e il fratello Antonio, nato nel 1896 Zamperioli Emilio nato nel 1896, morto in guerra Zanon Giuseppe nato nel 1891, medaglia d’argento e i fratelli: Antonio nato nel 1893, Carlo, nato nel 1897 e Silvio, nato nel 1899 Zanon dottor Sante, tenente, nato nel 1886
Le loro storie sono precedute da una premessa che mette in relazione i dati di Minerbe (soldati arruolati, dispensati, rivedibili…) con i dati generali nazionali. Al termine del fascicolo pensieri, idee e riflessioni degli alunni delle classi quinte.
20
UNO SGUARDO GENERALE ARRUOLATI, DISPENSATI, RIVEDIBILI, NUMERO DI FRATELLI IN GUERRA, DI CADUTI E DI RICOMPENSE CHE HANNO RIGUARDATO I SOLDATI DI MINERBE IN RAPPORTO AI DATI NAZIONALI
Nel 1926, in occasione del decennale della Vittoria, il capo del governo Benito Mussolini, quando già molti paesi avevano provveduto a rendere onore ai propri caduti con lapidi e monumenti, commissionò uno studio sui dati numerici della guerra sotto vari punti di vista, per ricavarne motivo statistico e amor di patria. Questa fonte storica, (Pubblicazione Nazionale sotto l'Augusto Patronato di S. M. il Re con l'alto assenso di S.E. il Capo del Governo) che spicca in internet tra i molti materiali dedicati alla Grande guerra, merita di essere esaminata perché può costituire la cornice in cui inserire i dati del Comune di Minerbe di cui si è in possesso per averne delle ipotesi o delle conferme. I soldati arruolati Alla dichiarazione di guerra l'esercito regio si trovò con pochi uomini sotto le armi, che uniti a quelli che per età avevano obblighi militari assommavano a due milioni e mezzo; nel corso della guerra si aggiunsero più di tre milioni di uomini. In totale i chiamati alle armi nel Regio esercito, che computarono un numero variabile di anni di guerra, furono cinquemilioninovecentomila uomini. È evidente che di fronte alla potenza dell'esercito austriaco il Regno d'Italia fu indotto a un faticoso "rastrellamento di gente". Furono chiamate alle armi le classi dal 1874 al 1900. Anche a Minerbe così si riscontra considerati i dati provenienti da varie fonti: due quadri d'onore fotografici, due monumenti ai Caduti, lapidi, fogli matricolari conservati all'archivio di Stato di Verona, testimonianze di famiglie. In questo elenco di soldati, distinti per anno di nascita, il più adulto, primo in ordine alfabetico, risulta essere Eminente Giacinto, del 1874, che nel 1918 compiva quindi quarantaquattro anni; il più giovane, ultimo in ordine alfabetico, il bersagliere Rizzi Augusto di appena diciotto anni, chiude l’elenco. Un numero complessivo ipotetico dei chiamati alle armi per la guerra del Comune di Minerbe potrebbe derivare dalla proporzione tra i chiamati alle armi e il complessivo degli Italiani di allora. Secondo un giusto calcolo (5.903.000 chiamati su 35.845.000 cittadini italiani nel 1911, data del censimento) fu del 16% circa, per cui i maschi chiamati alle armi a Minerbe potrebbero essere stati seicentosettanta circa, dato che gli abitanti nel 1911 risultavano quattromilacentodue. È comunque un numero destinato ad aumentare di molto dato che il Veneto fu, dopo la Lombardia, la regione che diede la più alta quota di combattenti e che quasi metà dei militari in guerra proveniva dall'Italia settentrionale. In ogni caso la fascia migliore della popolazione, la più produttiva, mancò da Minerbe per periodi più o meno lunghi, o, in molti casi, mancò per tutti gli anni di guerra come documentato da fogli matricolari personali.
21
I dispensati
Il citato resoconto fascista del '29 sulla Grande Guerra registra che settecentoventimila giovani sul totale dei chiamati furono dispensati "per esigenze imprescindibili dalla produzione agricola, industriale e bellica, nonché per il funzionamento dei pubblici servizi". Dai cataloghi dei fogli matricolari conosciamo anche per Minerbe un nominativo dispensato: era Gemma Francesco, in quanto sindaco di Minerbe. Egli risulta infatti primo cittadino dal 1915 al 1920 nonché in seguito, dal 1938 al '40. Figlio di Gio Batta e di Silvia Vivaldi, essendo nato nel 1882 era giovane sindaco di trentatré anni. Alto, capelli e occhi castani, apparteneva a una famiglia di possidenti. Il foglio matricolare registra il suo regolare servizio militare nel 1902, poi il richiamo alle armi nel maggio del 1915, ma dispensato "siccome Sindaco del comune di Minerbe" nel luglio del '16. Nel 21, a guerra finita, fu dichiarato definitivamente in congedo illimitato. Guidò il Comune negli anni della guerra che furono tragici per i soldati al fronte, ma non meno difficili per la popolazione a causa di ristrettezze di vario genere acuite dalle notizie sulle morti dei giovani soldati, figli, mariti o fidanzati. Difficile anche il primissimo dopoguerra con i primi tentativi di contrattazione nel campo del lavoro agricolo: la sua firma, quale sindaco, compare in un documento contrattuale di Minerbe tra i proprietari terrieri e le rappresentanze dei lavoratori agricoli.
I rivedibili
Il documento fascista sulla Grande Guerra del '29 cita lo sforzo degli organi medico legali per inglobare e rendere utili alla guerra anche i giovani che a una prima visita erano dichiarati inabili all'esercito, costituito intenzionalmente da un numero contenuto di giovani, perciò scelti tra i migliori. Ma il conflitto aveva bisogno di uomini, tutti dovevano farsi coraggio, comprese le famiglie che avevano curato e allevato giovani cagionevoli di salute. Uno di questi fu Zanon Giuseppe, che ha richiesto un lungo iter di ricerca in quanto pur risultando nato nel 1891, come riscontrato nei registri comunali, non si è riusciti a rintracciare il suo nominativo nei cataloghi dei fogli matricolari relativi a tale anno. Era importante però reperire il suo foglio matricolare essendosi distinto tanto da guadagnare una medaglia d'argento al valor militare come lo attesta la scritta, posta attorno alla sua foto, collocata in posizione di rilievo al centro del secondo quadro d'onore, a sinistra del presidente dell'ANCR. Richiesto al Ministero della Difesa, il riscontro pervenne alla scuola con la relativa motivazione e soprattutto corredato dal numero di matricola che ha escluso possibili omonimie. Si è riscontrato quindi il suo nome tra gli arruolati del 1893, accompagnato dalla causa: le ripetute visite, già prima della guerra, con l'obiettivo di dichiararlo abile malgrado il deficit toracico. Nonostante questa diagnosi si distinse in guerra tanto da conseguire la medaglia d'argento con il corrispettivo soprassoldo.
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I fratelli in guerra
L'indagine statistica citata conteggia anche le famiglie che diedero alle armi in tempo di guerra più di un componente. Spesso si sono riscontrati due soldati di Minerbe con lo stesso cognome e gli stessi genitori, ma il loro numero è salito in qualche caso fino a quattro. Così per i quattro fratelli Turcato figli di Natale e Carolina; anche Guglielmo, Domenico, Arturo e Gaetano Bonfante erano fratelli tutti in guerra, come ha testimoniato una conoscente della famiglia. Lo studio del '29 rivela un dato che riguarda il Veneto in cui si è riscontrato il maggior numero di famiglie con molti membri in guerra. Oltre ad aver avuto la guerra "in casa" come fronte o come retrovie, oppure come pericolo di invasione, il nostro territorio ha anche questo motivo per ricordare la Grande Guerra.
I Caduti
A causa della guerra si moriva in battaglia, ovvero "sul campo d'onore"; come è scritto in qualche monumento ai Caduti, nei "letti di dolore" a causa delle ferite riportate in combattimento; ma si moriva per malattia anche negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra. I nominativi dei soldati minerbesi che persero la vita in guerra sono rinvenibili nel monumento ai Caduti di Minerbe e di San Zenone, nelle lapidi in chiesa a Minerbe, nei due quadri d'onore reperiti e nel libro Minerbe, una terra e la sua storia. Distribuiti secondo l'anno di nascita, qualora noto, si sono ottenuti la tabella e il grafico della pagina seguente che comprende anche il numero totale di nomi, conosciuti attraverso le varie fonti citate, per ogni anno di nascita. I dati evidenziano analogie con la situazione nazionale riscontrata dallo studio statistico mussoliniano: è tra i ventenni che si riscontra il maggior numero di perdite di vite umane. Tra i nati nel 1895, uno degli anni che ha dato anche a livello nazionale il maggior numero di combattenti, conosciamo ben quindici nominativi di Caduti minerbesi, di cui dodici presenti nell'Albo d'oro dei Caduti della Prima Guerra Mondiale.
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0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
1874
1876
1878
1880
1882
1884
1886
1888
1890
1892
1894
1896
1898
1900
Nominativi noti morti
Minerbe - Tabella e grafico dei soldati della guerra 1915 - 1918
Anno di nascita
n° no- minativi noti
n°
morti
1874 5 0
1875 1 0
1876 10 2
1877 8 1
1878 7 0
1879 16 3
1880 14 2
1881 21 6
1882 8 3
1883 10 3
1884 11 3
1885 14 6
1886 13 2
1887 18 1
1888 16 3
1889 21 6
1890 11 5
1891 26 5
1892 20 6
1893 23 6
1894 41 9
1895 29 15
1896 27 7
1897 34 4
1898 26 3
1899 31 2
1900 6 0
Anno di nascita
non conosciuto
34 10
Tot. 500 113
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Ricompense al valore militare Lo studio statistico citato, redatto a dieci anni dalla fine della prima guerra mondiale, definisce come ricompensa la coscienza del dovere compiuto, tuttavia vennero premiati "quegli atti singolari di genialità, di valore e di capacità che le circostanze di tempo e di luogo consentirono alla gerarchia di rilevare e di porre in evidenza." I caporali e i soldati semplici ebbero il 54% circa di decorati sul totale delle onorificenze, e questo rapporto è riscontrabile anche per Minerbe considerate le cinque onorificenze documentate che si conoscono: un Capitano, due Sergenti e due soldati semplici. La medaglia era accompagnata da un soprassoldo, ovvero un compenso annuo: per la medaglia d'argento, come si evince dal documento di Maistrello Giuseppe, parente di una famiglia minerbese, il compenso annuo fu di cento lire, ma si legge che un decreto del febbraio del '18 lo aumentò a duecentocinquanta lire. Per un raffronto del valore si sa, da un documento contrattuale minerbese del '19, che per un'ora di lavoro ordinario agricolo un bracciante era pagato 1,10 lire.
Ricompensa concessa al valor militare: MEDAGLIA D'ARGENTO a
AMBROSI ANGELO
Motivazione Ambrosi Angelo, da Minerbe, nato 24 - 7 - 1894, zappatore reggimento fanteria, n° 45138 matricola: " Primo fra tutti, si slanciava all'assalto della trincea nemica. Ferito, continuava a combattere, finché non cadde nuovamente e mortalmente colpito" Cave di Selz, 22 ottobre 1915. Decreto luogotenenziale in data 13 settembre 1916 Fonte: Ministero della Difesa
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Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO a
BELLINATO ALFONSO
Bellinato Alfonso di Alfonso, da Minerbe (Verona), sergente reggimento bersaglieri, n° 21872 matricola: "Coadiuvava efficacemente il proprio ufficiale durante furiosi attacchi nemici, e sostituiva l'ufficiale stesso nel comando del plotone, durante l'assalto alla baionetta. Rimase ucciso sul campo" Monte San Michele, 21 luglio 1915 Decreto luogotenenziale in data 13 febbraio 1916 Fonte: Ministero della Difesa, idem nel Foglio matricolare
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA DI BRONZO a
BIONDANI ENRICO Biondani Enrico di Giuseppe, da Ronco all'Adige, capitano 14° Gruppo Alpini. "Comandante di un battaglione di riserva ridotto a forze esigue in seguito a precedenti combattimenti, con la parole e con l'esempio, lo guidava sulla linea del fuoco, tra l'infuriare del bombardamento nemico. Pronunciatosi nella notte, un forte attacco avversario, ritto sulla trincea e sprezzante del pericolo, incitava i suoi uomini alla resistenza, dando bella prova di fermezza e coraggio" - Monte Asolone, 14-15 gennaio 1918 Fonte: memorie familiari, medaglia, articolo sul Giornale "Il corriere del mattino" del 17 giugno 1919.
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Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO a
BONAZZO MATERNO
Bonazzo Materno di Santo, Sergente X reparto d'assalto, nato il 13 gennaio 1895 a Minerbe, n° 41158 matricola, morto il 27 ottobre 1918 sul Montello per ferite riportate in combattimento. Fonte: Albo d'Onore dei Caduti
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO "sul campo" a
ZANON GIUSEPPE
Zanon Giuseppe, nato a Minerbe nel 1893, soldato reggimento fanteria n° 41479 matricola: "Giunto tra i primi nella trincea nemica, con mirabile slancio e coraggio, riuniva un gruppo di soldati postisi al riparo del tiro sopraffacente dell'artiglieria nemica, e li conduceva all'attacco. Ferito, non cessava d'incitare, con l'esempio e la parola, i propri compagni, finché giunse l'ordine di ripiegare" Nova - Vas, 15 settembre 1916 Decreto Luogotenenziale in data 25 gennaio 1917 Fonte: Ministero della Difesa
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I SOLDATI DEL CENTENARIO
PERAZZOLO DOTTOR VALENTINO, TENENTE
Luigi Scolaro Maria
I ________________________________ I I I
Valentino 1881 - 1973 Brocardo Francesco Giuditta Grossule '85-'68 I _________________________________________________________ I I I I I I I
Luigi '14 Elisa '15 Maria '18 Marcello '20 Raffaella '21 Giovanni '25 Carla '27 ………….. Teresa Chiavegato I _________________ I I
Annamaria Marco Anna Bevilacqua
Per risalire all'identità e alla storia dell’ufficiale Perazzolo dottor Valentino, che appare in foto nel primo quadro d'onore e al centro del secondo quale graduato, occorre spostarsi da Minerbe e risalire la Valle d'Alpone nell'est Veronese. Qui, a vedetta della vallata, si nota il campanile della frazione di Brenton da cui proviene il ceppo famigliare di Valentino Perazzolo. La famiglia ottocentesca di possidenti terrieri acquisisce in seguito un'area della zona valliva di Montecchia di Crosara con la grande casa dalla cui aia si gode la vista dei colli ricoperti di viti e si ammira l'antica pieve di San Salvatore tra le storiche case, sopraelevata in località Castello.
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La dimora padronale ha costituito nel tempo il punto di riferimento di più generazioni della numerosa famiglia, che oggi è rappresentata dal nipote Marco e dalla moglie Anna, che ha gentilmente risposto agli approcci di ricerca condotti dalla Scuola presso il Comune di Montecchia per accertare un eventuale movimento migratorio del militare raffigurato. La sorella di Marco, Annamaria, che solitamente vive lontano, si alterna al fratello e a sua moglie Anna nel ricostruire e narrare le vicende che riguardano il dottor Valentino, documentate da foto di famiglia. Nella zona del Soave doc in cui si è consolidata la redditizia coltivazione della vite, un tempo, raccontano gli eredi, l'economia si incentrava anche sull'allevamento del baco da seta che veniva fatto crescere sulle ‘arele’, nel granaio. A testimoniarlo restano a nord della grande casa maestosi gelsi, mentre a sud a delimitare e abbellire il cortile svettano alti cipressi che caratterizzano la corte, su cui si affacciano il palazzo e la casa dei mezzadri oggi restaurata e abitata dagli eredi. Anziani abitanti del luogo ricordano il lavoro nella filanda di seta del paese, miraggio di occupazione delle donne già da quando erano ragazzine, anche se sottoponeva a un lavoro davvero sgradito. Evidentemente i bozzoli, da svolgere nel sottile filo di seta sopra l'acqua bollente, erano prodotti dalle aziende agricole del luogo, accomunando per questo dato, in riferimento al secolo scorso, l'economia di quel luogo a quella minerbese.
Il foglio matricolare racconta che Valentino Perazzolo era nato nel 1881 a Montecchia di Crosara; venne avviato agli studi senz'altro in collegio, ricordano i parenti, come i giovani di quel tempo che vivevano in località prive di scuole superiori. Si indirizzerà a studi di veterinaria all'università di Bologna in ragione dei quali ritarderà il servizio di leva. I dati personali lo descrivono un giovane alto, bruno di carnagione con capelli e occhi castani. Nel febbraio del 1905, con la previsione del conseguimento della laurea, lo stato lo convoca con l'obbligo di frequentare il corso per diventare ufficiale, preceduto da servizio volontario. Quando la guerra è ancora lontana, nel 1905, diventa caporale quindi sergente, per chiudere un anno dopo il servizio di leva. Si avvicinano anni in cui l'Italia si impegna in conquiste territoriali per dare sbocchi alla popolazione in aumento, infatti, anche prima di essere richiamato alle armi per la Grande Guerra la sua situazione da militare è monitorata. La dichiarazione della guerra coincide con il richiamo alle armi e l'invio nei territori del conflitto.
A sud del paese di Montecchia di Crosara la casa padronale della
famiglia Perazzolo
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Lo stato in guerra ha bisogno di lui quale sottotenente veterinario. Viene precisato l'obbligo a presentarsi all'inizio di giugno del '15 all'Ufficio Veterinario del 5° Corpo d'Armata, parte della Prima Armata. Il foglio matricolare si interrompe dato che, come per tutti i graduati, il completamento trova registrazione come ufficiale, quindi disponibile solo negli archivi militari centralizzati. Probabilmente è vissuto lontano dalla famiglia per tutti e quattro gli anni di guerra offrendo un contributo di valore, dato che era un giovane professionista già con esperienza in campo veterinario. Il giovane laureato, infatti, vinto il concorso a Minerbe come veterinario, sposterà la residenza nel nostro paese già dal 1909, e qui, sposata nel '13 Giuditta, una ragazza di Bosco Chiesanuova, crescerà la famiglia. Qualche nascita si registra a Montecchia dato che la famiglia, che a Minerbe abitava in via Verdi, in prossimità dello sbocco in via Battisti, ha tenuto saldi i legami con la casa d'origine di Montecchia dove d'estate, in un clima migliore, trascorreva le vacanze. I figli, tutti diplomati, studieranno a Legnago al liceo o all'Istituto canossiano, costituendo nel tempo famiglie che includeranno, come mariti, veterinari e medici. Anche la moglie Giuditta ha portato in dote una realtà famigliare particolare. Il fratello Virgilio, medico, è autore di un libro, tuttora reperibile, nel quale ha raccontato in forma di diario la sua esperienza di medico nel Congo belga nei primi anni del novecento, ai tempi del re Leopoldo III. La famiglia conserva una copia de L'arena del 2008 che gli dedicò un ampio articolo dato che il dottor Virgilio aveva raccontato le condizioni della popolazione indigena e i modi aggressivi della colonizzazione. Nel nostro paese di agricoltori e allevatori, alcuni anziani ricordano la figura e l'operato del dottor Valentino che, raggiunta l'età della pensione, preferirà lasciare Minerbe per ritornare nella casa d'origine dalla quale si muoveva con il ‘birocin’ o la bicicletta per svolgere, in amicizia, qualche mansione da veterinario. Solo il figlio Giovanni, medico, sposando la minerbese Teresa, abitò in via Manzoni e dopo spostamenti, a Verona per lavoro e a Montecchia da pensionato, preferirà il nostro paese negli ultimi anni della sua vita. Il ruolo della veterinaria nella prima guerra mondiale all'interno della sanità, in cui erano arruolati novantaseimila uomini, era certamente molto importante, in un esercito in cui gli animali, da tenere in salute, costituivano un complemento indispensabile. Anche per l'esercito austro-ungarico si parla di cani e di cavalli per il traino, e soprattutto di muli. Il mulo ebbe un ruolo fondamentale come instancabile trasportatore di vettovaglie e armi per i ripidi sentieri delle Alpi. Tra gli animali, poco noto ma importante, il delicato ruolo dei piccioni viaggiatori.
L'infaticabile mulo nel Monumento agli alpini di Montecchia
Il dottor Virgilio Grossule, 1916
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Valentino venne richiamato anche per la seconda guerra mondiale ma non fu operativo. La nipote Annamaria fa notare nelle due foto, corrispondenti alla prima e alla seconda guerra mondiale, la presenza dell’identico fregio nel copricapo riferito al Corpo della sanità: la stella a cinque punte sormontata dalla corona sabauda.
L'Associazione combattenti e reduci di Verona in occasione del cinquantenario della vittoria gli assegna una medaglia con un diploma che la famiglia conserva. Si notano raffigurati gli obiettivi della guerra: riunire all'Italia i territori irridenti di Trento e Trieste.
L’ufficiale nel 1941
Perazzolo Valentino durante la Grande Guerra
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Se il padre Valentino ha partecipato alla prima guerra mondiale, i figli sono stati protagonisti nella seconda come partigiani, evidenziando alti valori civici e di partecipazione alla vita politica. Storici del luogo hanno studiato, quindi pubblicato, i documenti conservati dalla famiglia che interessano Marcello, comandante con il nome in codice di Shiva, divinità indiana, di un battaglione partigiano. Gli eredi ricordano le riunioni, a cui il Presidente Pertini aveva promesso di partecipare, in casa degli ex partigiani, che rievocavano gli eventi tragici e gli avvenimenti intensi in quella valle che offriva ai combattenti della Divisione Pasubio nascondigli adatti. Diventerà poi Brigata Stella e lotterà per affermare i valori della Resistenza nelle nostre vallate veronesi e vicentine. Bruno Anzolin, scrittore e partigiano sanbonifacese, dedicò al giovane Marcello Perazzolo, che si impegnava da partigiano per un futuro di libertà, un testo poetico intriso di nostalgia. Era l'autunno del 1944.
RAGAZZO PARTIGIANO
Shiva, ricordi? Morì presto l’estate quell’anno. E settembre venne con piogge
tristi e falò di morte
sui colli digradanti dolcemente al piano.
Braccati invano cercammo il sonno al duro bivacco dell’alpe
nella radura; e il vento gemeva lungo nei boschi.
Ed era un’alba grigia, ma alba era
al valico della Scagina, dove oggi è nome
su pietra il ragazzo che vagava ribelle
i giorni dell’ira. Ricordi, Marcello?
L’estate morì presto quell’anno.
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BONFANTE CARLO E AUGUSTO
Battista Regina
I
__________________________________________________________________
I I I I I I Carlo Augusto '97 Carlotta Augusta Vittorio Mario 1894- 1917 Venturi Amabile '97-'73
I
_____________________________________________ I I I I I Carlo Rina Remigio Renza Dino Maria Pia Rossini Michele
I
_________________ I I Gabriella Attalo Giancarlo Giuliana
I I _______________ ____________ I I I I I Ilaria Giacomo M.Vittoria Martino Anna
La signora Renza Bonfante che abita in via Sant'Antonio a San Zenone dà testimonianza del papà Augusto e dello zio Carlo. Casualmente apre anche il sipario sulla famiglia del suocero Rossini Giovanni che ha avuto tre chiamati alle armi, a dimostrare come la Grande Guerra abbia interessato buona parte della società di cento anni fa, determinando nelle famiglie conseguenze dolorose.
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La famiglia Bonfante lavorava la terra. Regina, donna forte, definita dalla nuora "un giudice", aveva avuto molti figli a cavallo del 1900. La guerra chiamerà alle armi Carlo e Augusto, nati alla fine del secolo: ne avrà gran dolore dato che il primo, giovane soldato, darà alla patria quattro anni della sua vita della quale, a guerra finita, venne privato a causa di malattia. Dopo averne seguito trepidamente le sorti per ben quattro anni, si concluse per broncopolmonite la lunga esperienza del giovane lontano dalla famiglia, che non seppe nulla della sua sepoltura. Carlo, essendo nato nel '94, è soldato di leva nel '14 e destinato al 13° Reggimento fanteria. Il foglio ci descrive un giovane di media statura con lisci capelli neri e occhi castani che dichiara la professione di contadino. Il suo servizio militare diventa "trattenimento alle armi per mobilitazione", inviato nella zona di guerra vi giunge il 24 maggio '15. Il foglio matricolare lo registra, all'inizio del '17, nella Brigata Abruzzo, ma nel settembre dello stesso anno è ricoverato in luoghi di cura. Guarirà dopo alcuni mesi tanto da essere destinato alla Compagnia Mitraglieri Fiat. La guerra finisce, ma il suo fisico, seppur giovane, debba sopportare la conseguenze di condizioni di vita impossibili, con climi rigidi, esposte a contagi. La signora Renza riferisce, compassionevole, delle semplici fasce per proteggere le gambe e della mantellina, insufficiente a proteggere dal freddo dell'alta montagna che fu teatro di guerra. Alla fine di novembre del '18, viene ricoverato nell'ospedale da campo per malattia e qualche settimana dopo, poco prima di Natale, viene registrata la sua morte in seguito a broncopolmonite che, curata con la scienza medica di cui si disponeva allora, in alcuni casi non lasciava scampo. Le ricerche delle sue spoglie da parte della famiglia sono state vane. Mamma Regina non ha saputo dove posare un fiore anche se il monumento ai Caduti riporta il suo nome. L'Albo d'oro dei caduti della Grande Guerra lo registra, e indica come luogo di morte Ruda, nei pressi dell'Isonzo. Qui infatti c'erano le retrovie del fronte con gli ospedali da campo, nonché, purtroppo, un cimitero, che cominciò a raccogliere i soldati morti. Da qui in seguito le salme furono raggruppate a Redipuglia.
Dall'Albo d'oro dei Caduti nella guerra 1915 - 1918
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La signora Renza ricorda meglio il padre Augusto che aveva tre anni in meno del fratello Carlo. Lo ricorda con portamento eretto, un "paladino" a suo dire, causa o effetto del Corpo dell'esercito Regio a cui venne assegnato e di cui era fiero: i bersaglieri ciclisti. Il foglio matricolare conferma la prestanza fisica del giovane Augusto dai capelli neri e ricci e dagli occhi grigi che risaltavano nell'ovale del viso dall'incarnato bruno. Lo vediamo nel quadro d'onore con le piume del bel cappello da bersagliere che gli ricadono sulla fronte. Quando vedeva i figlioletti giocare con la bici nominava la sua, di quando era soldato, che comportava ben altra fatica: ruote piene, pesante, richiudibile per essere sveltamente issata in spalla per effettuare veloci ed efficaci spostamenti. Era giustamente orgoglioso, e si rammaricava che i suoi figli maschi non avessero avuto tale privilegio; comunque anche il figlio Carlo, nato nel '23, venne chiamato alle armi ed ebbe parte attiva nella seconda guerra mondiale, come pure Remigio, occupato nelle ferrovie. Augusto era già fidanzato con Amabile, una giovane di San Vito; per assicurarsi la fedeltà della ragazza, riferisce amorevolmente Renza, affidò la morosa ai genitori, in particolare alla mamma, perché le occasioni di distrazione non mancavano. Quando racconta del padre che tornò dalla guerra provato senz'altro nello spirito, ma fortunatamente non nel corpo, Renza descrive l'economia minerbese del primo dopoguerra e i modi di vita di allora, incominciando dalla bella famiglia di sei figli a cui diede origine insieme ad Amabile. Il foglio matricolare lo registra come contadino, infatti per ben quarant' anni il lavoro del castaldo in una grande azienda agricola del paese lo impegnò e lo appassionò: la moglie se ne lamentava, dicendo che per lui non era mai sera. Le coltivazioni erano quanto mai varie: patate, tabacco, frutta, barbabietole, perfino piante da olio di ricino. L'attività era anche impiegatizia quando computava settimanalmente il corrispettivo da assegnare alla manovalanza per la maggior parte femminile. Renza riferisce che fu designato quale segretario di seggio per le elezioni, tanto aveva intensificato e affinato l'attività di contabile.
Il bersagliere Bonfante Augusto in posa. Lo studio fotografico è di Gino Piemontini di Torino che "a richiesta si reca a domicilio e nelle Caserme" come è precisato nel retro.
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La figlia ricorda che prestò servizio in guerra per quattro anni con una pausa. Infatti, secondo il suo foglio matricolare, Augusto presta servizio dal 1916 al 1920. Corrisponde al '16, l'anno della spedizione punitiva sull'altopiano di Asiago, l'anno in cui compie l'età per la leva che lo include tra i bersaglieri. Due anni dopo la dichiarazione di guerra, nel maggio del 1917, giunge nei territori interessati. Difficile immaginare lo stato d'animo del giovanissimo soldato, addestrato in fretta, che si trova a contatto con la brutalità della guerra in un Corpo e in un momento che lo vuole parte attiva, come fresco rinforzo dell'esercito provato da due anni di fatiche. Il 6° Reggimento Bersaglieri, in cui viene registrato nel luglio del '17, risulta operante, all'interno del IV Corpo d'arma facente parte della Seconda Armata, sulle alpi Giulie e sul Carso. Molto probabile quindi che abbia vissuto la ritirata dopo la battaglia di Caporetto. A guerra conclusa viene trattenuto alle armi fino alla fine di maggio del '20; ebbe un'indennità di più di duecento lire e un pacco vestiario, nonché la dichiarazione di buona condotta con l'onore di avere servito lo Stato con fedeltà. Aveva trascorso buona parte della gioventù, dai diciannove ai ventitre anni, alle armi. Se i bersaglieri ciclisti erano un corpo scelto, accuratamente e severamente addestrato per essere i primi pronti all'assalto di nuove postazioni, possiamo immaginare le alte prestazioni richieste ai bersaglieri del Battaglione Mitraglieri ciclisti, all'interno del 6° Reggimento bersaglieri, entro il quale operò Augusto. Sempre di corsa, come ricorda la figlia Renza. Immaginiamo lo sforzo di riadattamento alla vita normale, il ritorno in famiglia dopo il 1920, quando eventi politici importanti sconvolgeranno il Regno d'Italia. Aveva di certo ottenuto dallo Stato riconoscimenti in medaglie, molto probabilmente anche la nomina a Cavaliere di Vittorio Veneto, ma il tempo passato ha lasciato solo il ricordo.
Anni quaranta: Carlo Bonfante con Amabile e tre dei sei figli sulla suglia di casa.
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ROSSINI GIOVANNI E ANTONIO, ZAMPERIOLI EMILIO
Michele Vestena Teresa
I
_______________________________________________________________ I I I I I I
Giovanni 1894 - '43 Antonio 1896 Beniamino '99 Suor Assunta Rosa Olimpia Carmela Chiocchetta Tersilia 1901-'74 Zamperioli Emilio I______________ 1896-1915
I I _______________________ Don Attalo I I I Orfeo Michele Giovanni Arzenton Maria Bonfante Renza I _______________________ I I I
Don Claudio Luigi Don Pierpaolo Ivana I
_____________ I I
Matteo Federico
In un ambito sociale in cui spesso i matrimoni avvenivano tra compaesani si intrecciano e si rimandano gli alberi genealogici di Bonfante e Rossini dato che Renza Bonfante, coniugata Rossini, ha introdotto a questa realtà di famiglia in cui la guerra ha avuto grande importanza. Anche la vocazione religiosa l'ha contraddistinta in più di una generazione.
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I due fratelli sacerdoti, figli di Orfeo, continuano a dare rilevanti contributi alla famiglia salesiana. La foto di famiglia, che abitava in via Ronchi, è inserita nel libro di Minerbe per esemplificare la tipica e numerosa famiglia contadina degli anni '30. I maschi adulti che attorniano l'anziana mamma Teresa sono i fratelli citati nell'albero genealogico e le relative famiglie. Erano nati alla fine dell'ottocento e perciò vennero chiamati alla guerra. Restò alla conduzione dell'azienda agricola, insieme alle donne, Beniamino, dato che aveva motivi fisici per essere lasciato in congedo.
Giovanni ci viene descritto dal foglio matricolare: alla leva è un giovane robusto e sano, di media statura, bruno di colorito, con capelli castani e occhi grigi. Si dichiara muratore. Viene chiamato alle armi nel settembre del '14 e inserito nella sesta Compagnia Sussistenza, ma poco prima della dichiarazione di guerra passa all'ottava e quindi il 23 maggio è in territorio dichiarato in stato di guerra. Il suo regolare servizio di leva diventa obbligatoriamente trattenimento alle armi per la guerra. Il foglio matricolare è scarno di notizie pur registrando il suo contributo a tutti e quattro gli anni di guerra. Dopo essere stato inserito nel febbraio del '18 nell'11° Reggimento di marcia, nel settembre del '19 viene inviato in congedo illimitato con il pagamento di una indennità di duecentocinquanta lire accompagnata dalla dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore. Al rientro alla vita civile si dedicherà all'agricoltura e formerà una famiglia con Tersilia, ma ebbe problemi di salute altalenanti che si acuirono nel '43 portandolo alla morte all'età di soli quarantotto anni, quando la moglie era in attesa del terzo figlio. Di nuovo la famiglia patriarcale soccorse la disgrazia: lo zio Antonio avviò il nipote orfano, di soli 14 anni, al mestiere di agricoltore. Ancor oggi, da anziano, Orfeo ricorda la fatica e lo sbandamento di allora, ma serba nel cuore la gratitudine per la dedizione del parente che lo avviò al lavoro agricolo che lo appassionò e gli permise di costruire una solida famiglia di cui oggi è giustamente orgoglioso. Antonio era nato, come spesso succedeva allora, giusto due anni dopo il fratello Giovanni, e le foto di ambedue saranno incluse nel quadro d'onore. Di media statura, dai capelli castani, aveva gli occhi grigi. Dichiara la professione del falegname, ma sarà l'agricoltura, negli anni successivi, a impegnare l'intera famiglia.
La famiglia Rossini
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Deve assolvere gli obblighi di leva contemporaneamente alla guerra, infatti viene chiamato alle armi negli ultimi mesi del '15 per essere incluso nella fanteria. Nell'estate del '16 giunge in territorio in stato di guerra ma vi permane per poco a causa di malattia. Sono i giorni in cui si scatena la terribile spedizione punitiva nella zona dell’Altopiano di Asiago. Ritorna in territorio di guerra nella primavera del '17 nel reparto mitragliatrici e mentre era in questo ruolo arriverà l'armistizio del 3 novembre con la resa dell'esercito austro- ungarico. Avrà il congedo alla fine del '19, con la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di essere stato un ottimo soldato. Il foglio matricolare riporta il pagamento da parte dello stato di indennità pari in totale a duecentotrenta lire più il pacco vestiario. Gli vengono riconosciuti tre anni di guerra, e li aveva spesi nel cuore della gioventù. Interessante il ruolo del soldato Antonio a guerra finita. Alla metà di novembre del '18 fu incluso in una centuria addetto alla custodia dei prigionieri; circa il luogo il nipote ricorda la città di Assisi. In molti casi, ricercati ed esaminati attraverso i fogli matricolari, si legge, all'incontrario, la sorte di soldati italiani fatti prigionieri dagli Austriaci. Sul tema della prigionia nella prima guerra mondiale si riscontrano studi e indagini che ne testimoniano la crudezza: se il cibo scarseggiava per i soldati attivi, c'è da immaginare lo scadente trattamento riservato ai prigionieri. Antonio ebbe vita più lunga del fratello Giovanni, infatti questo documento mostra la sua onorificenza a Cavaliere di Vittorio Veneto nel 1971. Il soldato riunì nel quadro le medaglie ricevute: in alto quella d'oro solido in ricordo del cinquantenario della vittoria, a sinistra la croce di Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto, a destra la Croce al merito di guerra. Soldati austriaci fatti prigionieri sul Carso
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La sorella Carmela aveva sposato Emilio Zamperioli e abitava a Borgo San Marco. Con un figlio appena nato si ritrovò giovane vedova di guerra, per cui tornò ad abitare con la famiglia d'origine che la riaccolse in uno spirito di vicinanza e solidarietà. Il figlio Attalo diventerà sacerdote rimanendo a lungo parroco della comunità di Costermano, sul Lago di Garda. Il cugino Orfeo racconta che non riuscì mai a sapere notizie precise circa la morte del padre e il luogo della sepoltura. Nemmeno i metodi informatici di oggi danno risultati migliori: nell'Albo d'oro il suo nome manca, ma, pur originario di Borgo San Marco, venne inserito con foto tra i caduti minerbesi dato che, alla compilazione del quadro, la vedova abitava a Minerbe. Si deduce che, circa la grande guerra, dati completi riguardanti la sorte dei soldati sono improbabili, soprattutto nel caso dei dispersi che erano comunicati e dichiarati dallo stato presso al famiglia come "irreperibili". Era persona sensibile e colta Don Attalo, che vive nel ricordo della famiglia e del paese dato che ha lasciato scritti poetici dialettali e in lingua pubblicando varie ed apprezzati testi. A un anno dalla morte della mamma, nel 1963, diede alle stampe un'operetta di trentacinque struggenti componimenti a lei dedicati; da orfano era rimasto il suo unico punto di riferimento familiare. In alcuni versi della prima poesia nomina la guerra:
"… Poi giunse l'amore, fior di giovinezza
ma per uscire appena dalla brattea del sogno.
Lo sposo ucciso e disperso in una guerra che fece
dei tuoi giorni tutta un'agonia…"
Nella XXVIII : "Narravi del babbo caduto e disperso
fra le doline del Carso. Perché d'un tratto
ti moriva il discorso?
Nel cielo saliva una nube…
Volevi che si disfacesse prima che la sua ombra
mi lambisse il cuore.
Veniamo a sapere che il soldato Emilio era morto già all'inizio della guerra, quando la linea del fronte era sul Carso, il suo nome era tra i dispersi. In questi versi sono gli animi di tutte le spose e le mamme dei giovani soldati morti sul campo o per malattia causata dalla guerra.
Don Attalo Zamperioli
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ZANON GIUSEPPE e ANTONIO,
CARLO e SILVIO
Zanon Antonio Zanchetta Maria
I
_________________________________________ I I Giovanni Gioachino Lanzarotto Giustina Belluzzo Fiorenza I I ______________________________________ _____________________________ I I I I I I I I I I I
Maria Giuseppe Antonio+ Teresa Silvia Giulio Carlo Silvio+ Angelina Albina Angelo 1891 1893-'15 1897 1899-192.. Brendani Maria I ____________________________________ I I I I Dario Silvio Giovanni Bruna Norma Antonioli Bruno I I
_________________ ____________ I I I I I Franca Mirella Claudio Sabrina Natasha Roberto Dall’Ara Sergio Rizzo I I _____________ _______________ I I I I Irene Sara Elia Pietro
Dà testimonianza di questa famiglia, di cui ben quattro componenti parteciparono alla Grande guerra, e da quel tragico evento fu gravemente colpita, Bruna Zanon, che già quando era studentessa della scuola media a Legnago era invitata a raccontare delle vicende belliche del padre Carlo. La riunione dei dati di paternità dei fogli matricolari in un unico albero è stata possibile dalla consultazione del registro della popolazione redatto dal comune di Minerbe nel 1901 che conferma i ricordi di Bruna circa un cugino del padre morto in guerra. I quattro giovani erano nati nell'ultimo decennio del diciannovesimo secolo.
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GIUSEPPE ZANON, MED. ARGENTO
La ricompensa di una medaglia d'argento a Giuseppe Zanon ha motivato una accurata ricerca, convalidata dal Ministero della Difesa servizio Ricompense e Onorificenze che ha comunicato la motivazione della medaglia guadagnata "sul campo" che non risulta riportata sul foglio matricolare. Viene indicata la località di Nova Vas , o Novavilla, un paese già italiano, ma sloveno dopo la seconda guerra mondiale, situato sul Carso a qualche centinaio di metri dal confine italiano. A testimoniarne l'origine anche il campanile che ricalca la foggia di quello di San Marco. La località è nota per essere stata teatro di aspri scontri fra le truppe italiane e austro-ungariche. La data registrata è la metà di settembre del '16, i giorni della sesta battaglia sull'Isonzo, gli stessi giorni della dichiarazione di guerra alla Germania. Il soldato Giuseppe è raffigurato nel secondo quadro in posizione di risalto pur non avendo acquisito alcun grado nell'esercito. Aveva guadagnato però una medaglia d'argento e, probabilmente, il relativo soprassoldo annuo. Di buona statura, i capelli castani incorniciavano il viso dal colorito roseo, aveva dichiarato la professione di muratore. Il suo foglio matricolare desta meraviglia dato che, dopo le prime note incerte, si apre il diario di un'esperienza di guerra di ben quattro anni coronata dalla onorificenza citata. Come già evidenziato nelle note precedenti circa i rivedibili, già nel '13 viene rinviato per ben due volte per inidoneità fisica, tanto da procurare ritardo al fratello Antonio, più giovane di due anni. Incluso nella Fanteria Mobile giunge in territorio dichiarato in stato di guerra dal primo giorno, il 24 maggio '15, e ne riparte nell'agosto del '19. Una permanenza di ben quattro anni, come tutti i giovani nati negli anni intorno al 1895. Il premio di congedamento fu di duecentocinquanta lire. Certamente nella medaglia commemorativa le fascette metalliche erano quattro, tante quanti gli anni di guerra a cui si devono aggiungere i periodi di addestramento militare precedenti. Fortunatamente sa rientrare nella normalità delle vita coniugandosi già dal '20, come registrato dagli appositi registri comunali della popolazione. Bruna ricorda questi lontani parenti di cui non conosciamo, per ora, i discendenti. Possiamo però immaginare lo stato d'animo dei genitori, Giustina e Giovanni, per così tanti anni in pena per le sorti dei due figli lontani per la guerra. Il caso volle Giuseppe ottimamente decorato sul Carso, invece il più giovane, Antonio, morto perché "ferito gravemente da fatto di guerra."
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ANTONIO ZANON
Il giovane, nato nel '93, si presenta alla leva nel '13 ma viene rilasciato in attesa del congedamento del fratello Giuseppe che era stato rinviato e arruolato con la classe 1893. In previsione della guerra viene chiamato alle armi per mobilitazione e iscritto nella Fanteria. Qualche giorno dopo la dichiarazione di guerra, giunge nei territori interessati. Una annotazione chiara e completa chiude in fretta il suo foglio matricolare: il 15 novembre muore nell'ospedale da campo "in seguito a ferite riportate per fatto di guerra" come riporta l'Albo d'Oro dei caduti che non specifica il luogo, ma solo il numero dell'ospedale, lo 003. Erano passati solo sei mesi dall'inizio della guerra che le autorità militari avevano giudicato "lampo" e che era diventata invece estenuante guerra di trincea. La data potrebbe corrispondere alla quarta battaglia sull'Isonzo con la quale il generale Cadorna riteneva erroneamente di avere la meglio. "Le condizioni in trincea, con l'inverno alle porte, si facevano sempre più difficili. Il rancio era scarso e freddo, le mani e i piedi spesso erano intirizziti e gonfi dal gelo, le uniformi sempre fradice e quando asciugavano all'aria, diventavano rigide come legno". Questo il probabile scenario dove perse la vita Antonio, all'età di ventidue anni; lo ricorda il Monumento ai caduti di Minerbe e il quadro d'onore riporta nella zona centrale la sua foto. Il foglio matricolare lo descrive un giovane robusto di media statura; dentatura sana, colorito bruno, occhi castani come i capelli, aveva dichiarato la professione del muratore.
Dall'Albo d'Oro, pag. 232
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CARLO ZANON
La famiglia di Bruna abitava anticamente a Minerbe in via Strada Vecchia, ai confini col territorio di Boschi Sant'Anna, e lì si dedicava all'agricoltura. La signora Fiorenza era morta giovane quando Carlo aveva appena nove anni; il padre invece, che arrotondava i guadagni con il lavoro del mediatore fu, fino alla vecchiaia, il perno della famiglia che si spostò poi in via Serraglio a San Zenone. I primi due figli maschi nascono nel '97 e '99. Ebbero dalla guerra conseguenze opposte. Bruna riferisce che il padre Carlo era sempre in prima linea. Nominava l'arma bianca, ovvero lo scontro corpo a corpo con l'uso della baionetta. Carlo raccontava episodi di ammutinamento dei soldati contro i superiori perché costoro salvaguardavano se stessi mandando avanti i fanti. Carlo ricordava che a Caporetto, durante un'azione, solo sei si erano salvati. Riferiva della severità dell'esercito che veniva dimostrata nelle uccisioni casuali con processi sommari. Essendo nato nel '97 divenne soldato di leva nel '16 mentre la guerra era in corso. Il giovane di media statura, dagli occhi cerulei e i capelli biondi e ondulati, dopo il necessario addestramento alle armi, giunge in territorio di guerra nel luglio del '17, qualche mese prima della dodicesima battaglia dell’Isonzo che si concluse con la ritirata di Caporetto. Dichiarò la professione del negoziante di bestiame. Ritornò dalle zone di guerra nel marzo del '19, cinque mesi dopo l'armistizio, e nel '20 ebbe il congedo. Visse la guerra al fronte, come ricorda la figlia, e nei suoi momenti più difficili, nominava tragiche località del fronte come il Grappa, Monte Nero, Trieste, Caporetto. Raccontava di non aver avuto paura, merito, a suo dire, di iniezioni: come si è risaputo l'esercito aveva i suoi metodi per dare coraggio ai giovani soldati che dissuadeva dalla diserzione con la minaccia delle armi. A Trieste, probabilmente dopo gli accordi di pace, si è trovato contro gli abitanti, che erano riluttanti ad essere inclusi nei confini italiani. Raccontava di peripezie, di momenti in cui la furbizia giovanile ebbe la meglio. Quando c'erano feriti da recuperare i superiori ripagavano con una maggiorazione di cibo chi si offriva nel rischioso compito che risolveva muovendosi a zig zag per sfuggire al tiro nemico. Al ritorno, quando il padre Gioachino è andato a prenderlo col ‘birocin’ era davvero malconcio. Dopo quasi quattro anni al servizio dello Stato ebbe 150 lire di indennità, insieme alla dichiarazione di buona condotta e di fedeltà nel servirlo. Bruna riferisce che gli era richiesto di testimoniare circa l'esperienza di guerra, ma non raccontava volentieri: è difficile sfuggire alla pena del ricordo di momenti tanto difficili.
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SILVIO ZANON
Era un "ragazzo del 99", soldato di leva nella primavera del 1917, mentre la guerra era in corso. Il periodo era oscuro dato che i successi erano esigui e la guerra stava stagnando con grandi perdite di vite umane sull'Isonzo, dove le battaglie si susseguivano. Dal foglio matricolare abbiamo la descrizione di un giovane molto alto rispetto alla statura media di allora, tanto che viene arruolato nel 1^ reggimento granatieri. È ancora un ragazzo, ha capelli castani e lisci, colorito roseo in cui risaltano gli occhi cerulei, si definisce per l'arte o la professione carrettiere. L'addestramento sarà stato veloce se dopo pochi mesi viene mandato in Francia nelle truppe ausiliarie. Le condizioni di vita ammalano il suo fisico, pur giovane. Nel '19 viene mandato in licenza per sei mesi e nel '20 ricoverato nell'ospedale Militare principale di Roma. Purtroppo viene registrata un'infiltrazione tubercolare all'apice destro e con questa diagnosi infausta e grave per le possibilità curative di allora, viene congedato. Gli viene riconosciuta la campagna di guerra per l'anno 1918. La nipote Bruna ricorda che rientrò in famiglia ammalato e nel tentativo di procurargli le medicine, che erano rare e costose, la famiglia andò incontro a difficoltà finanziarie. Anche le giovani nipoti ricordano che quando il fratello Carlo nel '25 si sposò, la giovane moglie Maria si trovò una situazione familiare impegnativa in cui oltre al marito c'erano il suocero vedovo e Silvio, giovane, ma malato. Morì successivamente e la sua foto è inclusa al cimitero nella lapide che raccoglie i Caduti per la patria e che invita a onorarli.
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ZANON DOTTOR SANTE, TENENTE
Leopoldo ..anon Angela
I _________________________________ I I
Sante 1886 - 1950 Virgilio 1888? Augusta Zanon Stella Zanon I I ___________________________ _____________________ I I I I I I
Leopoldo Rosetta Angelina Rosetta Mafalda Alfonso 1922- '45 Salvatore Nicola Silvana Alfano Gallina I I I ____________________________ ___________ ________ I I I I
I I I I Mariarosa Flaviana Nicoletta Valentino Giancarlo Lucia Ornella Wilma Renato
È probabile un ceppo unico all'origine dei numerosi nominativi di soldati minerbesi dal cognome Zanon, oggetto di ricerca nel presente fascicolo. Infatti il soprannome, abitudine frequente nella nostra zona, abbreviazione riferita al nome proprio del padre di Sante, accomuna gli altri rami familiari con lo stesso cognome. Il dottor Sante utilizza il nome proprio, Leopoldo, anche per il figlio primogenito, che verrà coinvolto nella seconda guerra mondiale. Nella strage sul ponte che da Caselle porta a Pressana, alla fine di aprile del '45, perde la vita Leopoldo Zanon di soli venticinque anni.
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Nel cimitero di Minerbe, ai piedi della lapide dei caduti, un vaso di marmo ha il suo nome in modo che, considera Bruna Zanon, il pensiero floreale del parente abbia una giusta collocazione. Tra le foto lo si riconosce, con i baffi, dalla divisa di carabiniere. Sante era nato nel 1886, perciò già nel 1906, all'età di vent'anni, viene chiamato alle armi nella Fanteria e ammesso al volontariato di un anno. Qualche mese dopo viene nominato caporale, quindi caporal maggiore. Contemporaneamente viene lasciato in congedo illimitato con la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e aver servito con fedeltà e onore. I dati personali lo descrivono di media statura, con occhi e capelli "castagni" che si accordano al colorito bruno. Per la professione dichiara di essere studente, condizione non frequente nella società di quel tempo, erede evidentemente di una famiglia benestante dato che allora, vista la lontananza delle scuole superiori e la difficoltà nei trasporti, spesso si frequentava in collegio già per compiere gli studi superiori. L'indirizzo di studio si evince dalla successiva annotazione del foglio matricolare: nel 1911 viene registrato nella 5a Compagnia di sanità dato che è studente di Medicina. Dopo qualche mese viene richiamato alle armi per istruzione; all'inizio di maggio del '15, quando il regio Esercito si mobilita in vista della dichiarazione di guerra, viene richiamato alle armi secondo il relativo decreto del Ministero della guerra. Giunge in territorio di guerra il giorno precedente la dichiarazione, assumendo dopo un mese il grado di sergente. Qualche mese dopo gli viene cambiata destinazione perché l'esercito usufruisca della sua preparazione in medicina quale studente del sesto anno. È probabile che il servizio militare volontario fosse motivato dal dedicarsi agli studi dopo aver assolto gli obblighi militari. Nell'aprile del '16, finiti i quattro mesi di corso accelerato, rientra al corpo. All'inizio di maggio diventa sottotenente medico di complemento. Dopo un anno dalla dichiarazione di guerra, data la sua precedente preparazione, è destinato alla direzione di Sanità di Verona per il servizio di prima nomina che lo porterà probabilmente a prestare servizio in tutti gli anni di guerra. Qui il foglio si interrompe per il completamento in catalogo militare superiore in quanto non più soldato semplice, ma ufficiale. Dopo la guerra è sicuro che completerà gli studi, dato che alcune persone anziane lo ricordano quale medico del paese, attività che gli diede modo di costruire la sobria villetta di via Verdi che viene ricordata come la sua abitazione dopo che aveva lasciato la casa di famiglia di via Casotti, l'odierna via Trieste. La sua vicenda esemplifica gli studi effettuati, che hanno dimostrato come il Regio Esercito si sia trovato al momento della guerra con carenza di personale preparato. Ciò fu un compito di rilievo: se non bastarono i comandanti della gerarchia dell'esercito, così i medici dovevano essere in giusto rapporto, impiegati negli ospedali da campo e in quelli delle retrovie, per curare i giovani feriti o affetti dalle numerose e debilitanti malattie che colpivano i combattenti, anche se giovani, obbligati a vivere in condizioni estreme. Si moriva sul campo, per ferite riportate in combattimento, ma anche per malattie dell'apparato respiratorio o dovute a contagio, date le condizioni igieniche precarie.
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Sante fu uno degli studenti in medicina diventato medico chirurgo "sul campo". Con lui nel corpo della Sanità vennero arruolati novantaseimila uomini sui quasi cinque milioni occupati in zone di guerra. Secondo più testimoni la chiesa di Santa Lucia, Ospedaletto, durante la prima guerra mondiale funzionò come ospedale militare
Abbiamo i dati sull'albero genealogico di Zanon Sante da Flaviana Zanon, che abita ora con la propria famiglia ad Albaredo, ma frequenta l'originaria Minerbe per accudire, insieme ai fratelli stabilitisi in paesi del Basso Veronese, l'anziana madre che risiede oggi in via Roma, dopo aver abitato in via Trieste. Sante, racconta Flaviana, era uno studente spiccatamente capace, ha studiato da autodidatta a Bologna avvalendosi dell’aiuto dei compagni. A ventinove anni, comunque, era arrivato quasi a finire gli studi avendo già assolto gli obblighi di leva. Probabilmente ha conseguito la laurea dopo la guerra e, purtroppo, ha avuto modo di esercitarla per curare il fratello Virgilio morto giovane, i cui discendenti ricordano il congiunto Sante come medico bravissimo, stimato da tutti. I due fratelli avevano sposato due cugine, sorelle tra loro, dando origine a numerosa discendenza. Gli eventi della seconda guerra mondiale, con l'uccisione tragica dell'unico figlio maschio da parte di truppe tedesche in ritirata, come scrive il parroco nel registro dei morti, devono averlo profondamente provato sconvolgendo la sua esistenza, che si concluderà a Minerbe. La moglie Augusta, da vedova, si trasferì con le giovani figlie a Milano, dove visse fino a tarda età, probabilmente per offrire loro lavoro negli anni dell'emigrazione interna. Flaviana, accurata regista della discendenza famigliare, nonostante la distanza desidera riprendere i contatti con Angelina, l'unica figlia di Sante probabilmente ancora in vita. Racconta con trasporto altre dure vicende di guerra di congiunti, riferite alla seconda guerra mondiale, a ricordare come queste siano state spesso tragiche e determinanti nella vita delle persone, con precoci vedovanze e figli orfani.
Vaso presso la lapide ai Caduti in cimitero Leopoldo Zanon
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I PERCORSI PRECEDENTI Del lavoro di ricerca svolto per il 4 Novembre 2008 si riporta lo stralcio relativo al monumento ai caduti della prima guerra mondiale.
UN PAESE CHE RICORDA: IL MONUMENTO AI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA
MONDIALE
L’autore del monumento ai caduti è l’architetto, pittore, scultore, Terzo Antonio Polazzo (1894-1976). Alla base, su cui poggia il combattente, c’è scritto: “Per una Patria più grande”. Nella lapide posteriore sono riportati tutti i nomi dei caduti della Grande Guerra. Il suo significato ‘Assassinio o sacrificio. La morte dell’eroe riguarda più l’equilibrio fra uomini e uomini, che ha fatto sì che i “nostri” regnino sui barbari, non i barbari sui nostri, e ciò perché loro sono la schiavitù noi i liberi (Calasso)’. Possiamo partire da questa citazione per interpretare il possibile valore simbolico del
Monumento ai Caduti di Minerbe. L’opera, eseguita in un unico blocco di pietra carsica, ritrae un soldato che sembra difendere, in una sorta di abbraccio, due colonne doriche spezzate. Il suo sguardo è rivolto orgogliosamente verso l’alto quasi sfidando il pericolo, e suggerendo in questo la volontà di immolarsi nella strenua resistenza contro il nemico che avanza. Il fante è connotato storicamente da una divisa militare con elmetto e stivali, tuttavia la vicinanza alle due colonne ci suggerisce una dimensione temporale più grande, riportandoci quindi, attraverso una serie di suggestione visive, al miles, il legionario che su modello dell’eroe greco-romano, è pronto a sacrificarsi per la propria famiglia, la propria Patria ma soprattutto (vorremmo suggerire per questa iconografia) per la difesa della civiltà. Le due colonne doriche diventerebbero quindi, in questo contesto monumentale, il simbolo di tutta la grande tradizione culturale del mondo romano-classico (elemento questo recuperato dal fascismo che nel mito della romanità tradusse non solo la volontà d creare una nuova Roma caput mundi, ma anche, una esibizione retorica dei valori della virtus ) tradizione culturale riaffermata e cantata precedentemente ad esempio da Giosuè Carducci e Gabriele D’Annunzio. Un confronto possiamo farlo anche con un’opera pittorica di grande respiro, non solo per le sue dimensioni, ma soprattutto per i contenuti: il grande fregio (La costanza vigila sul nemico mentre i lavoratori rialzano l’edificio della civiltà ) realizzato per Montecitorio, nel 1913, da Giulio Aristide Sartorio, uno degli artisti italiani più conosciuti di inizio secolo.
L’autore del monumento
ai caduti è l’architetto,
pittore, scultore, Terzo
Antonio Polazzo (1894-
1976).
Da un articolo del "Giornale d'Italia"
del 26/05/1976 si è potuto trovare che
Terzo Polazzo ha legato il suo nome e
la sua attività di architetto a numerosi
progetti ed altrettanto numerose idee
di avanguardia. Vinse numerosi
concorsi nel corso della sua attività
iniziata a Padova dove nacque nel
1894. Studiava e realizzava. Proponeva
soprattutto idee nuove.
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Come in questo particolare dell’opera di Sartorio, così nel Monumento di Minerbe, la colonna diventa l’elemento simbolico centrale; il soldato si pone perciò a difesa della cultura, dell’arte, della storia, dell’identità culturale italiana, della civiltà appunto, tutti elementi riassunti nella doppia colonna. Ritornando quindi alla citazione da Calasso, la difesa della civiltà (contro il barbaro-nemico) diventa anche soprattutto la difesa della libertà, a cui il soldato sacrifica eroicamente la propria vita offrendo il petto al fuoco nemico. Del lavoro svolto per il 4 Novembre 2009 si evidenzia la situazione del paese con tutti i suoi giovani in guerra.
UN PAESE ALLA GUERRA
30 ottobre 1918 A questo punto noterò qualche cosa dell’orribile guerra che da 4 anni infuria in tutta l’Europa, e si estende anche nell’Asia nell’America e nell’Africa e semina strage, rovina e morte in una misura così abominevole che di simile non fu mai veduta, né si vedrà giammai sulla faccia della terra e in fin che il sole risplenderà sulla sciagura umana! Cominciando dal 1914 furono chiamate sotto le armi tutte le classi a poco a poco finché nel 1915 si trovarono arruolati tutti gli uomini dai 18 ai 42 anni; nel 17 furono chiamati anche quelli da 43 e 44 (26 classi eccettuati i ciechi, gli zoppi e i gobbi) in tutto 5.250.000 uomini. Non rimasero a casa per la coltivazione dei campi che donne pochi vecchi e fanciulli.
Don Sante Gaiardoni riporta queste note nel suo libro di Memorie facendo trasparire tra le righe la sua indignazione nei confronti della guerra che ha coinvolto in modo radicale la popolazione anche della parrocchia di Minerbe, che gli era stata affidata nel 1909.
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In alcune famiglie di Minerbe è presente un quadro celebrativo, probabilmente degli anni venti, che riporta foto, nome e anno di nascita di 159 ex combattenti della guerra 1915-18; tra questi otto sono contrassegnati con una croce per distinguerli come deceduti in guerra. In verità sia i combattenti che i caduti sono in numero ben maggiore. Il signor Silvano Lugoboni, responsabile dell’Archivio di Stato di Verona per il settore militare, stima almeno in un migliaio i chiamati alle armi per mobilitazione di guerra nel Comune di Minerbe. Il conto è presto fatto: se riteniamo 40-50 gli uomini del Comune per classe anagrafica di quegli anni e moltiplichiamo per 26 secondo lo scritto di Don Gaiardoni, il totale raggiunge il migliaio di soldati, la gran parte tornati e reinseriti nella vita di famiglia e di paese.
I SOLDATI DECEDUTI
I morti nel Comune di Minerbe sono riportati nella lapide posta nel basamento del monumento ai Caduti di Piazza 4 Novembre e da altre due lapidi che ora si trovano in chiesa, nel primo altare, a sinistra. Tali lapidi erano esposte nella cappella oratorio già dal 1921, abbellita secondo Don Gaiardoni anche per “posare le due lapidi a ricordo dei giovani ed uomini caduti nella guerra”.
I due elenchi si integrano sommandosi, dato che non coincidono. Nel Monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre: sono incisi i seguenti nomi ALLEGRINI AGOSTINO ANNIBALETTO G. MARIA BALBO OTTAVIO BALDIN ANTONIO BELLINATO ALFONSO BELLINI LUIGI BELLUZZO ANTONIO BERRO PIETRO BERTOLASO MARIO BERTOLINI ANTONIO BERTU’ GIUSEPPE BONAZZO ANGELO BONFA’ AUGUSTO BONFANTE CARLO BOROLO ANTONIO CERVATO AUGUSTO CHIOCCHETTA LUIGI COLLATO AUGUSTO CORTESE ANTONIO CORTESE LUIGI DE TOMI MARIO FILIPPINI ALESSANDRO
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FILIPPINI LUCINDO FRANCESCHETTI GIUSEPPE GHELLER (E) GIOVANNI GRIGATO LIONELLO LORENZETTO CESARE MANTOVANI FERDINANDO MANTOVANI UMBERTO MARINI ANTONIO MENEGAZZI ETTORE MENEGOLO GIULIO MENIN ROBERTO MIRANDOLA UMBERTO MOTTERAN ANDREA ORTELLO PIETRO PERETTA ANGELO POLO OTTAVIO PRANDO AUGUSTO RAGOSO DANTE RUFFO AGOSTINO RUFFO GIOVANNI RUFFO PIETRO SALVA PIETRO SANTINELLO LUIGI TACCON ANTONIO TACCON(I) GIUSEPPE TAVIAN(I) GIUSEPPE TURRISENDO ARTURO VIVALDI GIROLAMO VIVALDI SILVIO ZANARDO ALBINO ZANDON EMILIO ZANDON GIOVANNI ZANON ANTONIO ZANETTI SILVIO ZANOVELLO ERNESTO Secondo le lapidi in chiesa sono da aggiungere: SOAVE AUGUSTO CIRILLO SPOLADORE GIOVANNI BERNUZZI ANTONIO BRESSAN GIUSEPPE CUCCATO GIUSEPPE MARINI LUIGI GALANTIN LEONELLO MOTTERAN SILVIO EMINENTE IGINO
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Nella frazione di San Zenone i caduti sono elencati nella lapide applicata ad un’ala dell’asilo i cui nomi sono confermati dal Monumento ai Caduti in Piazza Aldo Moro.
BELLUZZO ANTONIO Cap. BRESSAN GIUSEPPE BONFANTE CARLO BOROLO ANTONIO Cap. M. CERVATO AUGUSTO CHIOCCHETTA LUIGI COLATO AUGUSTO CORTESE ANTONIO CORTESE LUIGI DE TOMI MARIO FRANCESCHETTI GIUSEPPE MANTOVANI FERDINANDO MENEGOLO GIULIO MENIN ROBERTO PERETTA ANGELO
RUFFO AGOSTINO RUFFO GIOVANNI RUFFO PIETRO TACCON ANTONIO TACCON GIUSEPPE
ZANARDO ALBINO
ZANDON ANTONIO
ZANDON EMILIO
ZANDON GIOVANNI
Da questi dati pubblici il numero dei combattenti deceduti raggiunge le 92 unità.
Un’altra fonte a cui si è attinto per ricercare i dati è stato, nella Parrocchia di Minerbe, il Registro dei morti di quegli anni.
Risulta toccante perché traspare il dolore del Sacerdote nel riportare, radunati alla fine degli anni 1915 - 16 - 17 - 18 per concludere nel 1919, i nomi dei giovani di cui nei primi casi specifica la giovane età.
Per il 1915 il registro riporta con la nota pro patria amore strenuus occubuit (valoroso cadde per la patria) i nomi dei miles: Zanovello, Bonfà, Berro e Zanon. Solo di Bonfà è nota la data di morte, per gli altri la casella risulta vuota.
Per il 1916 i nomi sono Polo, Vivaldi, Ortelli, Mantovani, Marini, Bressan, Bernuzzi, Cuccato; il parroco li numera e annota nelle osservazioni: In bello mortui,(morti in guerra) specificando che gli ultimi due sono stati dichiarati dispersi nel 15.
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Nel 1917 prosegue la numerazione da 13 a 21 con i nomi: Menegazzi, Lorenzetto, Filippini, Bonazzo, Bertolaso, Baldin, Mirandola, Allegrini, Bertù.
Non risulta alcuna data di morte e la nota dice sequentes in bello periere (coloro che seguono sono morti in guerra). Segue un ulteriore elenco di nomi con la dicitura Isti postremi anno 1916 addicatu, (questi sono da assegnare alla fine dell’anno 1916): Gheller, Tacconi, Ruffo, Zandon,
Per il 1918 (qui in molti casi è presente il giorno) risultano: Zanetti, Motteran, Bertolini, Annibaletto, Taccon, Zanardo, Marini, Filippini, Vivaldi G., Turisendo, Santinello, Balbo, Zandon.
Con Tavian si conclude, il 16/3/19, l’elenco dei morti di cui è riportato il nome.
Don Sante Gaiardoni chiude con un NB: Summatur (ergo) 43 pro salute et (magnitudine) patriae ex vulneribus vel letali morbo corrupti. Pro salute Patriae?.....Posteris (non) arduum iudicium…( Sommando, pertanto, 43 sono morti per la salvezza e la grandezza della patria per ferite o malattia mortale)
Il parroco, aggiungendo “ai posteri il non difficile giudizio”, si dichiara non convinto che la guerra come motivazione per perdere la vita così giovani sia sufficiente, né allora né mai.
Segue a piè di pagina la nota di altri due: Patussi e Boncio, morti nel ‘18 in ospedali militari.
I nomi presenti nel registro di morte della Parrocchia di Minerbe sono anche riportati nelle lapidi, e secondo lo stesso registro i morti risultano quindi 43, tra cui 14 senza nome.
Sono molti dunque, ben di più degli otto riportati nel quadro celebrativo. Si può affermare che Minerbe fosse “un paese alla guerra” perché la parte più significativa era alle armi.
Come sottolinea Don Sante Gaiardoni nelle Memorie “non rimasero a casa per le coltivazioni dei campi che donne pochi vecchi e fanciulli.”
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STORIE DI SOLDATI - FRATELLI D’ITALIA -
ANGELO E ANTONIO BORDIN
Bordin Girolamo
Pavan Anna Maria I
______________________________________________________________ I I I I I Antonio 1882 -1958 Angelo 1888 - … tre sorelle Piccoli Giuseppina I
_______________________________________________________________ I I I I I I Elvira ‘10 Lino ’11 Gino ’13 Lina ’15 Giuseppe ‘19 Ilario ’22 (intervistato) I Antonio I ____________ I I Anna Alberto Ex al. 3^ A, Sc. Media Scuola Elem. Minerbe, cl. 1^B
Anna Bordin, alunna della Scuola Media di Minerbe, ha dato l’avvio alla ragnatela di ricerche condotte quest’anno dall’Istituto per fare memoria della prima guerra mondiale nella ricorrenza del 4 novembre. Alla richiesta di materiali storici, lo scorso anno ha recapitato a scuola documenti interessanti. Il famigliare che poteva darne testimonianza era il prozio Giuseppe, diventato Don Giuseppe dopo l’ordinazione sacerdotale nel 44. Egli è testimone diretto della seconda guerra mondiale mentre la generazione interessata alla prima è quella del padre e dello zio. Don Giuseppe dice che ha poco da raccontare della guerra del 15 – 18, essendo vissuto col padre solo da piccolo dato che è entrato in Seminario già per il Ginnasio. Ricorda però che gli adulti ne parlavano durante i filò nella stalla. Custodisce con cura il documento, già citato e riprodotto, che raffigura in seconda fila il papà e lo zio: il gruppo d’onore degli ex combattenti minerbesi, in ottimo stato di conservazione, che ha permesso la ricerca dei fogli matricolari di alcuni, conservati in grandi registri presso l’Archivio di Stato a Verona. Quelle pagine, scritte con il pennino e ingiallite dal tempo, sono preziose per ricostruire la loro esperienza militare, inclusa la campagna di guerra 1915 – 1918.
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Purtroppo ci dicono i luoghi solo in caso di ferimento o morte, in genere vale “territorio dichiarato in stato di guerra”, per cui dobbiamo immaginare la linea dalle Alpi all’Adriatico lungo l’Isonzo nel 15 -16, arretrata nel 17 -18 sulla linea del Piave – Asiago – Grappa, fronti di guerra che si sono chiusi finalmente il 4 novembre 1918 con l’armistizio di Villa Giusti nei pressi di Padova. Ci interessa come il soldato, tornato dalla guerra, sia tornato alle normali occupazioni e in questa ricerca è di prezioso aiuto la famiglia che, nei casi esaminati, abita a Minerbe e ancor oggi mantenendo lo stesso cognome ne continua la discendenza. Il foglio matricolare di Antonio Bordin racconta che, di statura media, dai capelli castani e lisci e gli occhi cerulei, era contadino. Insieme al papà e al fratello coltivava la terra di proprietà dei signori Burzio che abitavano l’omonima villa che dà su via Roma. I terreni di pertinenza si stendevano a sud della villa inglobando corti agricole come la loro. Don Giuseppe racconta che, nel ‘17, dopo la sconfitta di Caporetto, anche da noi i possidenti terrieri avevano paura di perdere tutto, le donne già pensavano di “far fagotto” radunando la biancheria. Forse per questo i Burzio vogliono vendere: i loro interessi erano in città dato che il padrone vi svolgeva la professione di avvocato. La famiglia Bordin, in quegli anni difficili, spinta dalla forza di coraggio della nonna e con l’aiuto economico e disinteressato di gente generosa del paese, fa il grande salto dell’acquisto dei terreni di cui erano fittavoli, nella speranza di veder tornare i figli dalla guerra. Così è stato, e oggi Don Giuseppe racconta che conduce il suo tempo libero dagli impegni religiosi, che lo hanno occupato in varie parrocchie della Diocesi, nella stessa abitazione dove è nato, vicino alle nuove generazioni della famiglia. Il foglio matricolare registra che suo padre Antonio fa il servizio militare come bersagliere a inizio secolo. Viene chiamato per istruzione nell’ 11 e nel ‘13, ma non ne ha bisogno dato che è abile nell’uso delle armi frequentando il tiro a segno nazionale. Nel ‘15 è in guerra come bersagliere e nel ‘17 i suoi ruoli si alternano nel Genio Zappatori, (soldati addetti a sterri e manutenzioni) e Genio Telegrafisti di Firenze: il figlio infatti lo ricorda telegrafista. Partirà dal territorio di guerra nel gennaio del ‘19. Aveva lasciato a casa la moglie Piccoli Giuseppina, che aveva sposato nel 1908, e alcuni figli piccoli: Elvira nasce nel 10 e morirà da piccola per polmonite, malattia mortale a quel tempo quando non si disponeva di antibiotici. Il fratello più giovane di sei anni, Angelo, fa il militare come fante nel 1908 sottostando alla ferma di due anni, quindi nel ‘10 viene mandato in congedo illimitato con dichiarazione di buona condotta e fedeltà alla patria. È un giovane con la capigliatura nera e liscia, occhi grigi e sorriso sano, con la statura media se riferita agli indici del tempo. Viene chiamato in guerra già il 23 maggio del ‘15; il suo foglio non riferisce altro degli anni di guerra successivi e conclude registrando la sua partenza dalla zone di guerra nel giugno del ‘19. Non sappiamo il motivo del suo trasferimento in Austria- Germania del ‘13, forse la ricerca di lavoro come per altri soldati, per i quali si registrano destinazioni estere europee, o più lontane come l’America del Nord. Don Giuseppe Bordin ricorda con intensa partecipazione la sua famiglia: egli, l’unico ancora in vita dei sei fratelli, vissuto per molti anni con la sorella Lina che ha condiviso le sue esperienze nelle Parrocchie, ha l’età dei nonni, di coloro che possono raccontare il passato per giustificare il presente presso le nuove generazioni.
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I FRATELLI MARCELLO E ANTONIO ROSSI
Giuseppe Rossi Silvia Tonelli
I ________________________________________________________________________
I I I I I I I
Paolo Marcello 1896 - Tranquillo Vittorio Antonio 1900 - 1971 Letizia Marina I I_________________ ____________________________________________________________ I I I I I I I I I
Maria Giuseppe Gina Antonia Renata Rita Dino Germano Mirella (intervistata) ________________________________________________ I I I I I Nerina Elide Giovanni Maria Lucia (intervistata) I ________________ I I
Giulietta Daniela I ________________ I I Federico Francesco Sc. Elem.classe 4^B
Nel gruppo d’onore appaiono vicini in basso a sinistra. Allo scoppio della guerra il maggiore, Marcello, aveva 19 anni, mentre Antonio, alla chiamata alle armi nel ‘18, è giovanissimo come pochi: è tra i ragazzi del 99, ma in verità era nato nei primi mesi del 900. Entrambi erano nati a Palù vicino a Zevio. Probabilmente durante la guerra la famiglia si trasferisce, dato che il maggiore al momento della leva risulta iscritto a Zevio mentre Antonio a Minerbe. Marcello è un giovane di media statura con occhi chiari e capelli castani. Ha il privilegio di saper leggere e scrivere, si dichiara di professione bracciante. Come soldato cambia vari Reggimenti di Fanteria per giungere nella primavera del ‘16 in zona di guerra. Il foglio matricolare riporta il dato del procurato ritardo nel reclutamento del fratello Antonio e del trattenimento alle armi per mobilitazione.
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Nel settembre del ‘17 verrà ferito e ricoverato all’ospedale prima di Udine poi di Milano, ma già a metà dicembre di quell’anno rientra nel 79° Reggimento Fanteria. Il congedo definitivo l’avrà alla fine del ‘19 chiudendo l’esperienza militare con il compenso di 280 lire. Si farà una famiglia dopo la guerra con Rosa Taccon e avrà ben 9 figli: solo le figlie sono ancora in vita. Due di loro, Renata e Rita, diverranno suore come Piccole Figlie di San Giuseppe prendendo i nomi rispettivamente di Suor Marcella e Suor Nerea. È quest’ultima che ci ha dato telefonicamente precise notizie della famiglia. Opera come infermiera a Ronco all’Adige in un istituto per anziani, mentre la sorella Suor Marcella si trova a Mezzane dopo essersi dedicata a insegnare nella scuola materna. Riferisce che il papà parlava degli stenti patiti in guerra, ma non ne conosce i luoghi che lo hanno visto giovane soldato. Conferma il ferimento al ventre con ristagno di pallottole che lo facevano soffrire da anziano. -Lo sa che è stato miracolato? - dice. Racconta che, devoto alla Madonna di Lendinara, al momento dell’operazione questa si rivelò inutile. Era infatti una famiglia molto religiosa che sapeva ben educare i numerosi figli nati a Minerbe nella fattoria Biondani in Via Palazzina. Quando le figlie si sposarono stabilendosi in vari paesi del veronese, lui visse con il figlio Germano in via Borghetto a Minerbe. I dati militari dicono che nel 20 è stato autorizzato a fregiarsi delle medaglia commemorativa nazionale della guerra 15 - 18 e nel 22 di quella a ricordo dell’Unità d’Italia.
La signora Lucia, figlia minore di Antonio, dopo aver mostrato con orgoglio la medaglia d’oro del papà in cornice, si giustifica dicendo di non aver niente da raccontare. I ricordi che affiorano raccontano invece episodi dell’uomo che si è reinserito dopo la guerra nella vita di famiglia e ci offrono uno spaccato della vita sociale locale della prima metà del 900. Chi era salariato come lui, nel suo caso alle dipendenze della corte Biondani a San Zenone, era legato con deferenza ai Signori che avevano in affitto la Corte di proprietà dei Conti Bernini. Era un avvenimento l’arrivo delle contesse dal lago, loro abituale residenza: si spazzava la corte, si preparava pollame e molto altro. Essere alle dipendenze di una corte, come Antonio che ne gestiva il bestiame, voleva dire però avere una casa e poter disporre dei prodotti base per mantenere la numerosa famiglia: latte, polenta, farina e altro. Quando i padroni erano una famiglia di “ricchi ma signori”, come giudica Lucia, essere coinvolti nei legami di stima e considerazione era anche una gratificazione: riceveva i regalini di qualità a Natale nella grande stanza centrale del palazzo, alla Cresima ha avuto il privilegio di avere per madrina una signorina della famiglia Biondani che le aveva regalato il bel vestito bianco. Per Antonio, rimasto nello stesso ruolo per tutta la sua vita lavorativa, forse non era un vero sacrificio aspettare, seduto sulla panca di pietra, i Signori che tornavano dalla città dopo l’Opera per aprire loro il cancello, tanto più che era sua caratteristica offrire con generosità le proprie prestazioni suscitando benevolenza nei concittadini, che il giorno dei suoi funerali, nel 1971, hanno chiuso i negozi in segno di partecipazione. Il foglio matricolare racconta che venne destinato al 1° Granatieri, un corpo dell’esercito scelto, con particolari mansioni. Era infatti alto e robusto, dagli occhi chiari e capelli biondi. La folta capigliatura e un sorriso sano lo contraddistingueranno fino all’età anziana. Come molti a quel tempo sapeva leggere e scrivere solo il proprio nome. In aprile del ‘18 era dunque in zona di guerra per ripartire congedato provvisoriamente nel febbraio del ‘19. Ritornerà alle armi nel ‘20 tra i Granatieri di Parma dopo il congedo del fratello Marcello, ricevendo l’anno dopo una liquidazione di 50 lire più il pacco vestiario. Dopo la guerra, dal matrimonio con Schiavo Pierina avrà un figlio che si sistemerà in Australia con vicende familiari alterne. La maggiore delle quattro figlie morirà giovanissima in un istituto colpita da poliomielite; la guerra, questa volta la seconda, gli impedirà di vederla per il pericolo di bombardamenti. Le altre figlie, due delle quali abitano a Minerbe, ci hanno portato testimonianza del padre che della guerra citava la ritirata di Caporetto e il maresciallo Cadorna di cui andava fiero. Dalla Storia sappiamo che, dopo la sconfitta di Caporetto nell’ottobre del 17, l’anziano militare verrà sostituito dal generale Armando Diaz che riorganizzerà la lotta sulla linea del Piave portando l’Esercito Regio a resistere all’invasione degli Austroungarici nella nostra pianura.
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I FRATELLI ANGELO, CARLO, ANTONIO, GABRIELE TURCATO
Natale Turcato Ruffo Carolina
I ____________________________________________________________________________________
I I I I I
Angelo 1888 - … Carlo 1892 – 1969 Antonio 1895 - … Gabriele 1899 - … sorella Forzelin Caterina …- 1976 I
I ____________________________________ I I I Primo ’24 Giovanni ’30 – ‘50 Luigi ’32 (intervistato telefonicamente) Borin Teresa I I Stefania ________________ I I Norma Bruno (intervistato) Anche questa famiglia, rappresentata oggi dal signor Bruno che abita a San Zenone, custodisce il gruppo d’onore incorniciato simile a quello pubblicato in questo fascicolo. Il nonno Carlo infatti occupa il posto centrale della serie di ritratti in basso. Il riunire anche gli altri tre con lo stesso cognome in un’unica famiglia è stato testimoniato prima dal nipote Bruno poi, telefonicamente, dal nipote Luigi. Già avanti con gli anni egli si è stabilito da moltissimi anni in un paese del Varesotto e ricorda con precisione e piacere gli zii. Il riscontro nei fogli matricolari che questi quattro giovani, nati dal 1888 al 1899, erano fratelli, è stata comunque una sorpresa. Natale e Carolina hanno provato le ansie per i figli lontani in guerra moltiplicate per quattro. Luigi dei nonni ricorda poco; racconta che la famiglia abitava a Villaraspa nella seconda casa lungo la via che porta ad Anson, oggi via Trento. Racconta di aver frequentato lo zio Angelo, che era un giovane non alto di statura con caratteristiche castane negli occhi e nei capelli. Nel ‘10 ha già concluso gli obblighi di leva nella Fanteria, ma un anno dopo viene richiamato per la guerra in Tripolitania e Cirenaica. Si imbarca a Napoli, e magari non aveva mai visto prima il mare. Luigi racconta che in quegli eventi è rimasto leso nel fisico e che, al ritorno, perse per questo una relazione amorosa avviata. Dopo vari congedi e richiami alle armi giunge in territorio di guerra il 23 maggio del ‘15 e diventerà caporale nel dicembre dello stesso anno. Nel ‘16 fa parte del Genio Zappatori, ma in un fatto d’arme viene fatto prigioniero ad un anno dallo scoppio della guerra, per ritornare nella Fanteria come “prigioniero di guerra inabile rientrato dall’Austria” sette mesi dopo. La primavera del ‘17 lo registra al Centro Militare Invalidi di Milano.
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Una vicenda militare lunga e sofferta quella di Angelo Turcato, che finalmente nell’agosto del ‘18 è “inviato in congedo assoluto perché riconosciuto permanentemente inabile al servizio militare”. Al suo attivo viene registrata la guerra italo - turca con il privilegio di fregiarsi della relativa medaglia commemorativa. Nell’apposito spazio del foglio matricolare gli viene riconosciuta la campagna di guerra 15 – 16 e la notazione relativa alla ferita d’arma da fuoco nel fatto d’armi a Passo dell’Avena il 23 maggio ‘16. Il luogo è probabilmente vicino a Monte Avena, nei pressi di Feltre. Il signor Luigi completa il quadro riferendo che, probabilmente in seguito all’invalidità, aveva ricevuto un indennizzo con cui si era comperato la casa, e che in seguito tutta la famiglia si allontanò da Minerbe. Carlo è ritratto in questa foto degli anni 40 – 41 insieme ai tre degli otto figli nati dal matrimonio con Forzelin Caterina: Luigi è il più piccolo e insieme a Bruno ci parla del papà Carlo. Con la famiglia egli è fotografato presso la corte Verzobio in via Santa Croce dove faceva il contadino con un contratto, oggi abolito, di terziario. A causa di morti premature, alla coppia rimasero tre figli degli otto nati. Luigi, Giovanni, Primo, Caterina e Carlo Turcato Carlo svolge il servizio militare nell’Artiglieria di campagna e il suo foglio matricolare racconta che, affetto da patologie alla vista, viene nel ‘17 congedato, mentre all’inizio del ‘18 viene invece dichiarato abile così raggiunge il territorio di guerra nella Fanteria. In primavera dello steso anno si trova nella Compagnia Mitraglieri e a metà agosto viene congedato con il compenso di 210 lire. È presente la stampiglia che afferma la sua buona condotta e che ha combattuto con fedeltà e onore. Ha ricevuto la medaglia di bronzo con menzione di cui si parla oltre, e sarà iscritto nell’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto, onorificenza di cui si ha solo testimonianza orale. La famiglia ha il preciso ricordo della sua permanenza a Roma come attendente presso la ricca famiglia di un Colonnello, dato da integrare con le sue vicende militari. Negli anni cinquanta tenterà di migliorare la situazione economica familiare trasferendosi come contadino a mezzadria nell’Agro Pontino dove si erano sistemati nel 1933, come molti Veneti in quel tempo, i fratelli della moglie. Non avendo trovato una situazione adatta la famiglia ritornerà a Minerbe dove Carlo rimarrà col figlio Primo. Il figlio Luigi, apprendista barbiere da adolescente, trovata una ragazza laziale, nel periodo dello sviluppo economico italiano preferirà la vita di fabbrica da tessitore in un grande paese lombardo, Cassano Magnano, dove tuttora risiede.
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Di Turcato Antonio il nipote Luigi racconta che è morto di vecchiaia ad Orti dove era andato ad abitare. Aveva lavorato alla costruzione del Canal Bianco a sud delle Valli Grandi legnaghesi, ferendosi a un piede. Al momento dello scoppio della guerra è un giovane di vent’anni di media statura, castano nei capelli e negli occhi che non conosce la lettura e scrittura. È chiamato alle armi l’anno successivo all’obbligo, in attesa del congedo del fratello Carlo, ma già nel giugno del ’15 è in guerra e in ottobre dello stesso anno nella Fanteria. Un anno dopo l’entrata in guerra dell’Italia viene registrato nel Genio Zappatori, tra quei soldati impegnati nel gravoso compito di preparare il territorio del fronte. Il combattimento in trincea fu importato dal modello francese con la differenza che nel fronte italiano non si trattava di scavare il fango, ma chilometri di trincee nella roccia. È il 1917, l’anno funesto degli insuccessi sull’Isonzo con un numero di morti elevato ripagato da successi irrisori. Del 24 – 27 ottobre è la sconfitta di Caporetto, località dell’alto Isonzo oggi Kobarid, in territorio sloveno. Proprio della stessa data è la prigionia di guerra di Antonio, rimpatriato un anno dopo, il 3 novembre del 1918, un giorno prima della firma dell’armistizio con l’Austria. Al suo attivo ben tre anni di campagna di guerra, dal ‘15 al ’17, a cui segue, secondo i dati, un anno di prigionia. Antonio Turcato ha reso una prestazione militare certamente significativa. Gabriele condivideva con i fratelli maggiori la costituzione fisica, ma i suoi occhi sono descritti cerulei e a differenza dei fratelli ha il privilegio di saper leggere e scrivere. Il 15 giugno del ‘17 è chiamato alle armi all’età di diciotto anni. In luglio dello stesso anno è nel 33° Reggimento Fanteria e nel novembre è nel reparto Mitragliatrici. Verrà inviato in congedo illimitato nel ‘21. Il nipote Luigi racconta che tutti e quattro i fratelli avevano in comune la caratteristica fisica di uno sguardo particolare e che, rispettati da tutti, da bravi lavoratori quali erano riconosciuti, non hanno fatto mai mancare l’essenziale alle loro famiglie in quegli anni di difficoltà economiche.
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GIACOMELLI FELICE
Giacomo Giacomelli I
Felice Giacomelli, 1892 - ……
Dal quadro d'onore emerge in posizione alta e centrale, sotto l'immagine di Vittorio Emanuele III, la foto di Giacomelli Felice. Vicino al suo nome risulta il motivo della sistemazione: era il presidente dell'Associazione Combattenti e Reduci del tempo. Secondo ricerche precedenti il quadro d'onore si compose negli anni 1928-29. Nel dopoguerra infatti si costituirono tali associazioni e Minerbe ebbe in Giacomelli uno dei primi presidenti. I libri di storia riportano come fosse complesso il combattentismo del dopoguerra: l'associazione Nazionale Mutilati e Invalidi promosse nel novembre del '18 un'Associazione Nazionale Combattenti che si proponeva di partecipare attivamente alla vita politica con attività di protesta tale da richiedere un radicale rinnovamento attraverso un'assemblea costituente. Poi la nascita del Fascismo assorbì il malcontento del ceto medio che, dalle idealità e dallo stile della vita di guerra, rientrava a fatica nella routine quotidiana. Nel '28 l'associazione era in linea con il regime fascista. Verso la fine del primo decennio dell'era fascista, quando si celebrarono i Caduti con memoriali di vario genere, Felice Giacomelli era un giovane uomo di trentasei anni che aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale. Era nato a Minerbe nel 1892 da Giacomo e Giulia Cacciatori. Il foglio matricolare che descrive le sue caratteristiche fisiche racconta che all'epoca della leva, nel 1912, era un uomo di buona statura e robusto, bruno di pelle con lisci capelli castani. La dentatura già guasta denuncia le sommarie cure dentistiche del tempo. Probabilmente non molti dei coetanei minerbesi potevano dichiarare, come lui, la professione di studente e, nel 1913, la permanenza all'estero, in Svizzera, con regolare passaporto. Per questo motivo gli viene rimandata di un anno la chiamata alle armi per istruzione.
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Nel '14 è incluso nel 36° Fanteria e viene trattenuto alle armi il primo giugno del '15 quando da poco l'Italia era entrata in guerra. Da caporale di fanteria, nel '17, viene iscritto nel Reggimento Genio Minatori nel quale chiede la prima categoria e, aspirando a posizioni primarie, diventa sergente, con la ferma di tre anni, dal 28 agosto del '14 "ma con l'obbligo di rimanere alle armi per un anno almeno dalla conseguente promozione a sergente". In questo ruolo gli spettava un'indennità della quale ebbe nel '17 un acconto di cinquecento lire. Nel gennaio del '18 viene registrato quale Sottotenente di complemento del Genio assegnato al Genio Treno, nel quale riprenderà il servizio nel febbraio successivo. In calce il foglio matricolare riporta una data importante, per lui e per tutta l'Italia: il 24 maggio del '15, giorno che registra il suo arrivo in territorio dichiarato in stato di guerra presso il quartiere generale della prima Divisione di fanteria mobile. Felice è un giovane dunque che compie di certo studi superiori e partecipa interamente a tutti gli anni di guerra: il suo foglio, come per tutti gli altri soldati, non rivela i luoghi che potrebbero essere ricordati dagli eredi della famiglia. Invece testimonianze orali raccontano che la famiglia, molto in vista un tempo, non risiede più a Minerbe. Il nome Giacomo Giacomelli, sindaco di Minerbe negli anni dal 1908 al 1911, è presumibilmente il padre che, proprietario terriero, abitava nella villa Weill Weiss che aveva ristrutturato sopraelevandola di un piano: infatti verso est risulta in alto la data 1868 non certo corrispondente alla data della costruzione della casa da parte di un barone austriaco quando la zona apparteneva al Regno Lombardo-Veneto. La proprietà, in seguito a cattive sorti della famiglia Giacomelli, è stata rilevata dalla famiglia Bertoldi: il palazzo è stato ceduto per ultimo quando gli eredi si sono trasferiti a Milano. Nella parte originaria del cimitero, vicino alla cappella centrale, una tomba di famiglia riporta un'unica lapide con il nome Giacomo Giacomelli e nient'altro. Si presume che si tratti della stessa famiglia Giacomelli citata nel libro "Minerbe, un territorio e la sua storia" quale proprietaria della fornace Giacomelli dal 1902: la vicina dislocazione lo fa supporre. Così riferisce quel libro:" tale fornace lavorava l'argilla del luogo e dava lavoro a ben duecentocinquanta persone provenienti anche dai paesi limitrofi. La fornace fu venduta nel 1928 e cessò l'attività nel '30 a causa di un incendio". Ma la ciminiera, che si staglia ancora ben salda, caratterizza ancor oggi il paesaggio verso nord del paese.
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BERTOLDI LUIGI
…………
____________________________
I I
Bertoldi Leonardo Bertoldi Augusto Mattiello Catterina Piazza Teresa I I
____________________________ Ida Bertoldi I I I I I Giovanni Chiavegato
Bertoldi Luigi Giuseppe .. Guido … I
1888-1952 Agostino Chiavegato
Oro Amalia 890- 961 Carlotta Mantoan
I I
________________________________ Federico Chiavegato
I I I I Stefania Piccoli Giovanni Maria Caterina Leonello Caterina I 1912 -1935 '17 - '19 Caneva Sandra ______________
I I I
______________________________ Ida Alessia I I I I I 2^ Sec. 1°gr. 4^ B, Prim.
Giovanna Luigi Enrica Giuseppe Benedetta Bertoldi Luigi
Luigi era un giovane di vent'anni quando si è trasferito a Minerbe con la famiglia, giusto in tempo per essere inserito nei servizio di leva nel 1908 che lo ha registrato nel reggimento dei Bersaglieri. Nel corso del servizio militare si distingue come caporale, successivamente è addetto alla contabilità, quindi diventa caporale maggiore. Allo scadere del primo decennio del secolo, era il 10 settembre del 1910, viene mandato in congedo illimitato con la dichiarazione di "aver tenuto buona condotta e di aver servito la patria con fedeltà ed onore".
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Era nato ad Arzignano in provincia di Vicenza, nella frazione di Tezze. Faceva parte di una numerosa famiglia che si era trasferita da quei luoghi collinari nella grande proprietà terriera le Comuni di Minerbe. Era un'azienda di notevole entità: settecentocinquanta campi di proprietà della famiglia Calzavara di Verona, dedita, in città, ad attività industriali. I componenti della famiglia Bertoldi, fittavoli, ne hanno tratto buon frutto tanto che, successivamente, hanno ipotizzato di diventarne proprietari, ma, data la dislocazione lontana dal centro, hanno investito i guadagni in modo più conveniente con giusta attenzione alle esigenze sociali delle signore di famiglia. Mantenevano uno stile di vita signorile, con cocchiere e sarta di famiglia. A quei tempi le signorine benestanti andavano in collegio in città, non per un diploma che avviasse al lavoro, ma per acquisire buone maniere, dedicandosi alla musica e al disegno. Così avvenne per le giovani di questa famiglia. Le scelte importanti, un tempo, soprattutto nel campo agricolo dove c'era bisogno di manodopera, erano decise insieme: alle Comuni di Minerbe si trasferirono infatti i fratelli Leonardo ed Augusto che daranno origine a due rami familiari diversi, stabilitisi ambedue nel Minerbese. Luigi Bertoldi è raffigurato, in alto a sinistra, nel secondo quadro d'onore che la scuola ha conosciuto ed esaminato: il foglio matricolare lo descrive di buona statura, con occhi celesti, capelli biondi e lisci, dentatura sana. La sua esperienza militare lo vede richiamato alle armi nell'11, probabilmente per le guerre coloniali, ma è dispensato dato che aveva un altro fratello in servizio sotto le armi. Lo Stato cercava di salvaguardare l'integrità delle famiglie, utile in quell'economia principalmente agricola. Nel 1915 aveva ventisette anni e, come molti altri, aveva una famiglia propria avendo sposato nel '12 Amalia. Una decina di giorni prima della dichiarazione di guerra è già mobilitato per il richiamo alle armi nel corpo dei bersaglieri, soldati scelti e addestrati alle azioni veloci e rischiose. Come per gli altri militari il foglio matricolare non rivela i luoghi di guerra che lo hanno visto in azione, ma il congedo nel 1919 fa supporre che abbia partecipato a tutti gli anni di guerra; è registrato il pagamento di un premio di duecentocinquanta lire. La sua giovane famiglia lo aspetta: già era nato il maggiore Giovanni e poi vedrà la luce Caterina. Sfuggita all'attenzione dei famigliari, un incidente nella grande corte agricola toglierà la vita alla figliola di appena due anni: la nuora ricorda che il papà Luigi non è neanche potuto rientrare dal fronte per i funerali. Dopo la guerra, la famiglia si ricompone e si arricchirà della nascite di Leonello e di Caterina che rinnoverà il nome della sfortunata sorellina. Minerbe avrà in Leonello Bertoldi il suo sindaco dal 1961 al 1989. Testimone orale di questo soldato della prima guerra mondiale è la nuora Sandra Caneva Bertoldi che lo ha conosciuto per poco, ma tramanda con grande cura quanto può della sua famiglia che abiterà in via degli Alpini, dato che i due fratelli capostipiti avevano acquisito la proprietà agricola Giacomelli comprendente la grande casa padronale, la villa Weill Weiss. Luigi Bertoldi
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BONFÀ AUGUSTO
Felice Bonfà Elvira Fraccaroli
I
_____________________________________________________________________ I i I I I + 1893 Augusto ’95 Alfonso ’98 – ‘09 Carmela ’03 Guerrino ’06 I ___________________________________________________________ I I I I I I I
Francesca Giovanna Tarcisia Giovanni Tarcisio Cecilia Francesco (intervistato)
Il soldato Augusto Bonfà nasce il 3 marzo del 1895 a Minerbe, il maggiore in una famiglia segnata da mortalità infantile e dalle malattie del tempo come la difterite, che ad inizio secolo risulta fatale per il fratello Alfonso. Il foglio matricolare che lo contraddistingue con il n° 273 racconta di un giovane dal sorriso sano, alto e robusto, con capelli neri e ondulati che incorniciavano il viso dalla pelle ambrata e dagli occhi castani. Sapeva leggere e scrivere e praticava la professione del sarte. Probabilmente il papà Felice aveva bottega di sarte-barbiere nella zona di Santa Lucia dove abitava la famiglia. La mamma, originaria di Castelrotto in Valpolicella, ricordata come molto buona, probabilmente era a servizio in un famiglia minerbese. Assecondando il talento musicale che contraddistingue ancor oggi la famiglia, Augusto viene avviato, sotto l’egida della Parrocchia, a scuola di musica Ceciliana a Legnago dove Don Tessari aveva questo compito. In breve diventa un musico provetto tanto da aver l’incarico di suonare l’organo a Minerbe ed essere chiamato nelle parrocchie vicine. Il nipote Francesco racconta che fosse legato a una ragazza rimasta sconosciuta: le sue missive erano motivo di interesse romantico presso le sorelle, ma negli anni cinquanta andarono perse. Dal foglio matricolare risulta chiamato alle armi alla fine del ‘14 e lasciato in congedo illimitato. Il nipote racconta che si trovava a Roma, preoccupato per le prospettive di guerra anche se il Governo Salandra si dichiarava per la neutralità. Un mese dopo viene richiamato per istruzione all’uso delle armi e giunge “in territorio dichiarato in stato di guerra” il 25 maggio del ‘15, un giorno dopo la dichiarazione di guerra. Le note relative al servizio si interrompono troppo in fretta: la notazione “morto in combattimento” è vicina alla data, il 7 agosto del ‘15, e al luogo, Castelnuovo. É una località del Comune di Sagrado, sul Carso goriziano, in vista di Monte San Michele. Proprio qui in settembre è nato un parco letterario dedicato al poeta Giuseppe Ungaretti che, allora ventisettenne, scrisse la sua prima raccolta di poesie colpito dalle atrocità della guerra.
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Il nipote di Augusto racconta che fossero le nove di sera. Chieste informazioni presso il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra, gli venne confermata la zona di Monte San Michele come luogo del decesso, parte del fronte nel primo anno di guerra. Anche oggi il sito Internet del Ministero della Difesa conferma questi dati indicando come luogo di sepoltura il grande Sacrario militare di Redipuglia. Don Sante Gaiardoni riporta la precisa data del decesso alla fine dell’elenco dei defunti del 1915 insieme ai nomi di altri tre soldati. Il nipote Francesco racconta che a sostituirlo come organista in parrocchia fu il padre Guerrino che era un ragazzo ai tempi della guerra, garzone presso la bottega del papà di sarte-barbiere-edicolante. Riferisce infatti che distribuiva giornali presso i letti di soldati feriti ospitati nell’Ospedaletto di Santa Lucia e che andava a raccogliere gli invenduti e il corrispettivo per quelli acquistati. È un dato interessante da convalidare, ma molto veritiero perché il territorio veronese, per la sua posizione geografica, a ridosso della linea di guerra, era una zona strategica. Molti edifici vennero requisiti per essere adibiti sia a caserme che a ospedali militari per ricoverare i feriti che giungevano dal fronte. Sappiamo che dai territori in stato di guerra la gente fuggiva, così nei nostri paesi, vere e proprie retrovie, trovarono riparo anche molti profughi provenienti, per esempio, dal Vicentino. Dal fronte arrivavano, patendo molta fame, anche prigionieri austriaci e tedeschi. Il sereno viso di Augusto è in seconda fila nel quadro d’onore, morto dopo nemmeno tre mesi nell’adempiere il dovere a cui lo Stato Regio proteso all’unità l’aveva chiamato. Guerrino, che amava poco la sartoria, negli anni trenta sposterà il negozio di barbiere nel palazzo Marconcini all’inizio di via Marconi a Minerbe. Avrà sette figli che si impegneranno nel sociale in vari modi, e che mantengono ancor oggi vivo il ricordo dello sfortunato zio Augusto.
ONORIFICENZE Fronte e nastro Retro Questa medaglia in bronzo, grande più dell’attuale moneta da due euro, risulta conferita dall’Ass. Naz. Combattenti e Reduci, Fed. Prov. di Verona, a Turcato Carlo. Nella casa del nipote Bruno è l’unico ricordo tangibile ad accompagnare il quadro del gruppo d’onore degli ex combattenti del 15 - 18 minerbesi. Nel retro riporta la scritta: 24 MAGGIO 1915, UNA FEDE: VITTORIA – 24 MAGGIO 1965, UN VOLERE: PACE. Una notazione che con il tempo non ha cessato di essere al primo posto tra i valori della società umana. Testimonia che negli anni 60, per affermare la pace, è stato ricordato l’inizio della prima guerra mondiale presso gli uomini che ne furono protagonisti. Fronte Retro
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Questa seconda medaglia è in oro solido, grande come una moneta da cinque centesimi. Sono coniati i nomi di L. Mancinelli e Bartoli A. rispettivamente nel fronte e nel retro, probabilmente disegnatore e produttore. Ricorda il 50° anniversario della fine della guerra con le date 1918 -1968. È stata conferita a Rossi Antonio presso il Comune di Minerbe dal Sindaco di allora Lionello Bertoldi.
La custodisce con affetto la figlia minore Lucia in un quadro bene in vista nella sua casa. Ricorda
che quando fu conferita erano stati convocati anche altri destinatari e che lei ha provato dispiacere
perché il padre non aveva potuto godere del giusto riconoscimento dato che era deceduto da poco
tempo. In ambedue le medaglie è presente il ramo di quercia che simboleggia la forza e la dignità del popolo italiano. La prima del 1965 presenta inoltre il ramo d’ulivo come lo raffigura l’emblema della repubblica italiana: è simbolo di pace e richiama l’articolo 11 della Costituzione che cita il ripudio della guerra. Nella seconda invece il ramo che si lega alla quercia è l’alloro, già in tempi antichi simbolo di gloria e trionfo; qui ricorda la soluzione favorevole per l’Italia nella guerra. La stella presente nella medaglia d’oro è simbolo di progresso spirituale: nelle antiche rappresentazioni l’Italia era rappresentata come una donna sul cui capo splendeva una stella, la stessa che sovrasta la ruota dentata nell’emblema della nostra Repubblica. Vorremmo oggi conferire ben più di una medaglia a tutti i nostri concittadini nati alla fine dell’800 che, partecipando alla prima guerra mondiale, hanno avuto parte attiva e sofferta nella storia dello Stato Italiano.
GASPARELLO SILVIO
Gasparello Ambrogio Martinelli Teresa
I
Gasparello Silvio 1890 - 1936 Ambrosi Vittoria 1888 -…
I
________________________________________ I I I
Maria 1921 Gabriella 1923 Gaetano 1928
Il Signor Gaetano abita in via Roma e il suo negozio di alimentari riforniva fino a pochi anni fa la parte ovest del paese.
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Appassionato di storia, conserva con cura e orgoglio documenti storici del padre Silvio inerenti la prima guerra mondiale. I ricordi invece sono molto sfumati dato che il genitore è mancato prematuramente, quando lui aveva solo otto anni, per una malattia oggi perfettamente curabile dagli antibiotici. Rammenta solo che ai quei tempi i metodi educativi dei suoi genitori erano decisi e del tutto condivisi. Ricorda che i Gasparello erano tre fratelli originari dal vicentino. Trasferitosi a Minerbe probabilmente nel dopoguerra, il padre aveva gestito il negozio cooperativa a San Zenone come dipendente. Poi, con l’aiuto economico di un prozio sacerdote, aveva costruito la casa in via Roma dove ancora abita il figlio Gaetano che ne ha proseguito l’attività, dopo che anche la mamma Vittoria, rimasta vedova molto giovane con tre figli da crescere, si era data da fare nello stesso settore, nonostante i problemi di vario genere. Le difficoltà non le avevano impedito di dare al figlio maschio prospettive migliori facendogli frequentare le Medie al collegio Salesiano di Este. Gaetano frequentò poi l’Istituto per geometri di Este requisito dal comando tedesco negli anni della seconda guerra mondiale. Passato al prestigioso Istituto professionale Alessandro Rossi di Vicenza, non ha condiviso quegli studi e li ha interrotti, anche perché la guerra li rendeva oltremodo difficili. Oggi gode di buona salute e incontra, nel suo negozio ricco di ricordi, solo acquirenti di sigarette e di valori bollati. Dedica molte attenzioni all’unica sorella che gli è rimasta, ospite della locale Casa di riposo. I documenti di Silvio, soldato della prima guerra mondiale, sono interessanti ed esaurienti, ma il foglio matricolare ci manca. Le ricerche presso gli Archivi di Stato di Verona e Vicenza fino ad ora hanno dato esiti negativi, anche se i dati sono precisi e avvalorati da documenti originali. Tra i ricordi di Silvio possiamo vedere una bella foto-cartolina di un militare graduato con saluti e ringraziamenti. Il nome è difficilmente leggibile. È indirizzata al soldato Gasparello presso il Centro San Tommaso di Legnago; nel timbro postale è leggibile la provenienza, Vigevano-Pavia.
La data risulta 23 – 3- ‘14; probabilmente è relativa al servizio militare prestato già prima della guerra. Un altro documento interessante custodito da Gaetano si riferisce al conferimento di un attestato relativo alle “fatiche di guerra” emesso nell’estate del ’16 quando il conflitto era in corso da più di un anno. Il documento racconta dati precisi: il numero di matricola di Silvio e l’arma di appartenenza.
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Nel 1916 il Governo ritenne di riconoscere in questo modo l’operato dei soldati al fronte. Ne avevano diritto i militari che erano stati in guerra per almeno un anno nelle Alpi Carniche o della Venezia. È probabile quindi che il soldato Silvio fosse pervenuto nelle zone di guerra fin dal suo inizio. Silvio Gasparello ha partecipato per tempi lunghi alla prima guerra mondiale: lo raccontano i suoi documenti. Infatti il figlio conserva un quadro di grandi dimensioni, dalla cornice di legno e gesso, che contiene le medaglie che sostituiranno il distintivo e concluderanno la guerra. Gli anni hanno deteriorato la carta che in alcuni punti è vagamente leggibile, ma la rete Internet anche in questo caso aiuta mostrando documenti del tutto simili.
Il soldato Gasparello Silvio classe 1890 Matricola 358 del 20° Reggimento Artiglieria da Campagna è autorizzato a fregiarsi del distintivo istituito col R. Decreto 21 maggio 1916, N. 644 Padova 6 aprile 1917 Il Colonnello del deposito
Era un nastrino di seta largo circa quattro centimetri formato da righe verticali nei colori della bandiera nazionale alternati, da apporre sulla giacca.
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Il documento, prima del cedimento della carta, era corredato dalle due medaglie appuntate in alto a sinistra e a destra. Leggiamo, all’interno di una interessante iconografia rappresentativa dello stile di quegli anni, che il Ministro della guerra decreta il caporale Silvio Gasparello autorizzato a fregiarsi della medaglia “coniata con il bronzo nemico”. Così infatti venne chiamata la medaglia commemorativa della grande guerra, istituita nel ’20 e visibile nel quadro in alto a sinistra, corredata dal nastro a sottili righe verdi, bianche e rosse. Identici erano i nastri delle medaglie commemorative delle guerre risorgimentali, per evidenziare che la guerra ’15 – ’18 ha completato l’unità della nazione. Nel fronte vediamo coniata la testa del Re Vittorio Emanuele III, volto a sinistra, che indossa l’elmetto militare il cui uso diventò necessario durante la prima guerra mondiale. Conserva una medaglia identica la famiglia Motteran in ricordo di Andrea Silvio. È così leggibile il retro che raffigura, posata su piedistallo formato da scudi sorretti da soldati italiani, una Vittoria alata contornata da una frase: “coniata nel bronzo nemico”. Usando il metallo derivato dalla fusione delle armi pesanti sottratte al nemico se ne evidenziava la supremazia militare e si affermava la vittoria. La medaglia che era appuntata a destra, con il nastro con i colori dell’arcobaleno replicati simmetricamente, è la Medaglia interalleata della Vittoria. Nel primo dopoguerra era stata proposta una medaglia commemorativa unica, da conferire a tutti i combattenti delle Nazioni alleate. Ogni Paese invece creò una propria medaglia pur rispettando direttive comuni. Dal rovescio il bronzo di quella italiana rappresenta una Vittoria alata con una fiaccola nella destra; ai suoi piedi due coppie di leoni. La possiamo ammirare perché un alunno di quinta ci presta qui la stessa medaglia ricevuta da un suo antenato.
Dal diritto possiamo ammirare un tripode centrale dal quale si levano in volo,
da parti opposte, due colombe portanti nel becco un ramoscello d’olivo. Intorno
in alto la dicitura “grande guerra per la civiltà”; in basso la scritta “ai
combattenti delle nazioni alleate e associate”. Ai lati del tripode in numeri
romani le date 1914-1918. Era riservata a chi, come Silvio, aveva già ricevuto il
distintivo delle fatiche di guerra e comunque a chi aveva partecipato alla guerra
per almeno quattro mesi. La coppia di Silvio e Vittoria nel dopoguerra ebbe tre figli, ma non ebbe lunga vita insieme, come raccontano anche i documenti.
Medaglia interalleata
della Vittoria: il
rovescio
Medaglia interalleata della Vittoria: il dritto
Medaglia
commemorativa della
guerra ’15-‘18
Licenza di porto d’armi
Vittoria e Silvio Gasparello
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Nel 1929, VII anno dell’era fascista, Silvio Gasparello ebbe dalla Questura un “libretto personale per licenza di porto d’armi” dove possiamo rilevare con certezza i suoi dati anagrafici. Probabilmente era cacciatore se nel ’32, X anno dell’era fascista, venne autorizzato a portare un fucile “anche per uso di caccia.” Nel ’40 però, la stazione dei carabinieri reali di Minerbe ratifica che è la moglie Vittoria a denunciare il possesso di “un fucile a due canne a retrocarica”. Certamente non ha voluto disfarsi, da vedova, del bene di famiglia che le ricordava il marito che oggi, attraverso i suoi documenti conservati con cura dal figlio Gaetano, racconta esperienze di vita in cui la guerra ha avuto importanza significativa.
MOTTERAN ANDREA SILVIO
Motteran Andrea Tacconi Angela
I
Giovanni 1860 … Zuccari Maria 1862 ….
I
___________________________________________________________ I I I I I Virgilio 1883 Virginia Linda Carmela Andrea Silvio 1897- 1917 Lasferza Felicita I _________________________________________________ I I I I
Vittorio ’09-‘98 Maria Pace Alfonsa Silvia Giuseppina Palma Angela’12-‘02 I _______________________ I I I
Oliva Giovanni Ivo Maria Bellon I ______________ I I Alberto Elisabetta (Ex Alunni)
La famiglia Motteran risiede da alcune generazioni in via Casteldivento dove pratica l’agricoltura, ma il capostipite Andrea era invece artigiano del ferro battuto.
Giovanni Motteran
Zuccari Maria
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Di lui gli eredi conservano pregevoli e minuziosi disegni di inferriate: la vena artistica, espressa oggi nello scultore del legno Giovanni, era presente già nelle generazioni ottocentesche. Il soldato Andrea, ultimogenito tra i figli di Giovanni, che riportava il nome del nonno, non ha fatto in tempo ad esprimersi perché ha concluso anzitempo la sua esistenza nel dicembre del 1917 quando, dopo la disfatta di Caporetto di qualche mese precedente, l’esercito italiano al comando del generale Diaz era messo alla prova per fermare gli Austriaci che minacciavano di invadere la pianura. Il suo nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre, ma occorre completarlo col nome Silvio. Con questo solo nome è registrato nelle lapidi ai Caduti in Chiesa. Infatti Don Sante Gaiardoni annota nel registro dei morti a dicembre del ’17 il miles Silvius di Joannis. La famiglia inoltre osserva che una nipote si chiamerà Silvia in sua memoria; con il nome Silvio i parenti lo ricorderanno nella tomba di famiglia. Il foglio matricolare che lo identifica con la matricola 41492 riporta il nome completo: Andrea Silvio. In questo documento i dati personali lo descrivono un giovane di media statura; i capelli castani e lisci e il colorito bruno fanno risaltare gli occhi grigi e la dentatura sana. Domina la letto-scrittura e si dichiara di professione macellaio. Essendo nato nel 1893 è soldato di leva già nei primi mesi del 1913 e nel settembre dello stesso anno risulta nel 93° Reggimento Fanteria dove pochi mesi dopo diventerà caporale, quindi caporal maggiore. Il 24 maggio la dichiarazione di guerra lo coglierà soldato ed inviato in territorio in stato di guerra. Dall’inizio del 1916 è trattenuto alle armi nel Regio Esercito per mobilitazione. Il giovane si farà onore e nell’ottobre del ’16 viene promosso Sergente. L’ultima data che lo riguarda è l’aprile del ’17 quando viene registrato nella 93° Compagnia Mitraglieri Fiat. La tragica annotazione successiva chiude anticipatamente il suo foglio matricolare: morto in combattimento. La famiglia in verità tramanda il dato che fosse stato colpito da armi nemiche in un momento di riposo sul Monte Grappa, anzi che fosse in procinto di rientrare in famiglia. Senz’altro per una semplice licenza: il regio Esercito nel dicembre del ’17 aveva più che mai bisogno di soldati dato che la situazione era particolarmente impegnativa. Papà Giovanni e mamma Vittoria “addolorati” fecero incidere sulla sua pietra tombale le parole: Stan qui rinchiuse le spoglie gloriose del sergente Motteran Silvio colpito dal piombo nemico sul fatidico Grappa il 19 dicembre del 1917. Come si legge sulla stampiglia, la ditta fotografica di Legnago Michele Viali-Premiato Studio Fotografico ebbe l’incarico dalla famiglia di immortalarlo vestito da soldato su un supporto di cartone rigido di ampie dimensioni.
Pietra tombale nel cimitero di Minerbe
Foto di famiglia: il fratello di Andrea, Virgilio, con la
sua famiglia e la mamma che ha in grembo la foto di
Giovanni. A destra la mamma di Andrea, Maria,
intorno agli anni venti.
Foto di famiglia: Il fratello di Andrea, Virgilio, con la sua famiglia e
la mamma che ha in grembo la foto del marito Giovanni. A destra
la mamma di Andrea, Maria, intorno agli anni venti.
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Nonostante gli anni il quadro è ancora in ottimo stato, ma ha perso la cornice che, secondo la moda del tempo, era di legno e gesso. Lo sguardo del soldato è severo e maturo anche se aveva solo 24 anni; si può teneramente osservare come assomigliasse un po’ alla mamma fotografata in un documento d’identità nel 1925.
La famiglia Motteran custodisce con cura il suo orologio da taschino rovinato dall’evento bellico, inoltre un interessante libretto tascabile: il ruolino militare, con lo stemma dei Savoia, compilato di suo pugno, probabilmente per le funzioni di graduato che ricopriva nell’esercito. Sono elencati un’ottantina di nomi di militari quasi sempre completi di numero di matricola, distretto di provenienza, classe di leva e professione. La maggior parte è nata nell’ultimo decennio del secolo. Le professioni dipingono la media società del tempo: molti sono i contadini, ma ci sono anche muratori, barbieri, falegnami, panettieri. Parecchi sono i carrettieri ed è presente anche qualche ferroviere in un periodo storico in cui il trasporto su veicolo a motore era ancora lontano e quello su binari si affermava nella penisola collegando efficacemente le città. Nell’ultima pagina, tra le memorie varie, ancora una quindicina di nomi e cognomi di uomini scritti in matita, ma ben leggibili, più l’indirizzo completo di Roberto Ruggeri, un trevigiano. I distretti del territorio italiano, che indicavano le provenienze dei soldati, sono quanto mai vari, a raccontare come la grande guerra sia stata la prima esperienza comune per gli italiani unificati in un’unica nazione da pochi decenni. Sembra nuova la medaglia conservata dalla famiglia Motteran e di certo conferita al soldato Andrea Silvio alla memoria, dato che si tratta della medaglia commemorativa della guerra ’15 -’18 istituita nel ’20.
L’orologio da taschino di Silvio
Fronte Retro
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I fratelli Oliva, Giovanni e Ivo Motteran, riunendo le memorie di Andrea Silvio, hanno ricordato commossi il sacrificio del loro congiunto.
MOTTERAN ANDREA
Motteran Angelo Saggioro Maddalena
I
Andrea 1897 - …… Chissà se si sono conosciuti: quasi omonimi, uniti dalla medesima esperienza della guerra, erano nati ambedue a Minerbe a pochi anni di distanza. Chi ricerca ha dovuto prestare attenzione a non fare grossolani scambi di persona. Il combattente Motteran Andrea, nato nel 1987, figlio di Angelo e Saggioro Maddalena, è rappresentato in ambedue i “Quadri d’onore” presenti in questa ricerca/fascicolo. Il suo foglio matricolare racconta che, a differenza di Andrea Silvio, è stato regolarmente congedato nel ’20 con la paga di 150 lire più 80 pel pacco vestiario. Scorrendo i dati personali si deduce che era un po’ più alto di Andrea Silvio, roseo di colorito, occhi castani come i capelli lisci. Sapeva leggere e scrivere e faceva il carrettiere. Giunse al fronte a guerra in corso, nel settembre del ’16, quando la spedizione punitiva austriaca e la serie di battaglie sull’Isonzo registravano numerose perdite di vite umane e pochi risultati positivi. La sua esperienza militare, iniziata a 19 anni, si concluse a 23 e comprese l’esperienza della guerra in vari Reggimenti di Artiglieria Fortezza; nel gennaio del ’18 per mobilitazione sarà nella Batteria Assedio. Tra i combattenti il suo ritratto si distingue per il copricapo che completa la divisa militare, e i baffi importanti che caratterizzano il suo viso giovane. Ci si immagina che, tornato dalla guerra, Andrea si sia reinserito nella società avviando una famiglia nel Minerbese, ma per ora gli eventuali suoi discendenti ci sono ignoti.
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TAVIAN CESARE, TAVIAN GIUSEPPE
Tavian ……. I ____________________________________ I I Matteo Alessio Angelo Bertelli Luigia De Grossoli Santina I I
___________________________ _______________________________________ I I I I I Tavian Cesare 1892 - ’68 Ester.. ‘69 Tavian Giuseppe Angelina…-’82 altre sorelle Mantoan Enrichetta 1895 - 1919 Cavallaro Gino …-‘89 | _________________________________ I I
Angelo 1921 Giovanni 1920 - 1943 Flora Longero I
_________________ I I Giovanni Luisanna Giovanna Zabellan I Cristina Salvatore Roscigno I
________________ I I Alessandro Andrea (alunno 3^A) In via Raniera abita la famiglia Tavian che nelle sue generazioni ha dato un contributo significativo alla Patria. Angelo ha partecipato alla seconda guerra mondiale della quale rimane uno dei pochissimi testimoni minerbesi.
Alessandro
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La nuora, signora Giovanna ci parla della famiglia del marito, anche se conosce solo per sentito dire le notizie su Cesare, nato nell’ottocento. Allo scoppio della prima guerra mondiale il giovane aveva ventidue anni e probabilmente doveva ancora farsi una famiglia dato che i figli nasceranno nel dopoguerra. Il figlio Angelo vedrà la luce nel vicino paese di Bonavigo, ma pochi mesi dopo la famiglia si trasferì a Minerbe dove risiede tuttora. Il lavoro di braccianti agricoli impegnò gli uomini e anche le donne della famiglia Tavian, prima a Corte Comuni di Minerbe, poi presso i proprietari terrieri Bottura di Bonavigo: quando la meccanizzazione era ancora lontana, i lavori agricoli nella zona erano molti e impegnativi. Giovanna ricorda le fatiche di quelle donne impegnate a casa e fuori, e di Cesare che aveva mansioni di responsabilità come capo uomini. Allo scoppio della seconda guerra mondiale ambedue i suoi figli maschi furono mobilitati per la guerra. Se Angelo, pur parzialmente invalido, è tornato alla vita da civile facendosi una famiglia, Giovanni rientrerà dalla guerra gravemente malato di polmonite, tanto da morire nel ’43 a soli 23 anni. Sepolto dapprima nella tomba di famiglia, riposa ora tra i Caduti per la Patria minerbesi e, in suo ricordo, il nipote ne riporterà il nome di battesimo. Il foglio matricolare di Cesare racconta che, essendo nato a Bonavigo nel 1892, già nel ’12 venne chiamato alle armi per istruzione nel Reggimento Fanteria di Mantova e richiamato all’inizio di maggio del ’15 per costituire le truppe chi si dislocavano in territorio di guerra all’approssimarsi della dichiarazione del conflitto. L’attitudine alla responsabilità gli viene attribuita con la promozione a caporale nel ruolo di zappatore, mansione importante per preparare la zona di guerra scavando trincee e costruendo il necessario. Il 24 ottobre del ’17 è data memorabile per l’Italia dato che l’esercito Austro-ungarico a Caporetto, località oggi slovena, ha la netta prevalenza sulle nostre truppe. Non sappiamo il luogo, ma il soldato Cesare proprio in questa data viene fatto prigioniero, come ben ricorda il nipote Giovanni. Verrà rimpatriato più di un anno dopo, nel dicembre del 1918, a guerra conclusa. L’anno dopo cambia vari Reggimenti per avere il congedo illimitato nell’agosto del ’19. La stampiglia che dichiara che ha tenuto buona condotta e che ha servito la Patria con fedeltà e onore chiude le sue due esperienze militari, prima e dopo la guerra. Gli verranno riconosciuti tre anni di guerra e il foglio matricolare è corredato da due scritte stampate che testimoniano l’attribuzione di due riconoscimenti di cui la famiglia non ha traccia: la medaglia commemorativa della guerra, istituita nel ’20, con numero di fascette corrispondenti agli anni di guerra, e la medaglia interalleata della vittoria con il nastro con i colori dell’arcobaleno. Le riportiamo provenienti da altre fonti:
Vaso ricordo presso la Tomba ai Caduti
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Angelo racconta che un suo secondo cugino è morto nella guerra ’15 – ‘18: Giuseppe Tavian, il cui nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre. Era quasi coetaneo di Cesare; la sorella di lui, Angelina, abitava nello stesso nucleo di case poi cedute dai suoi figli, emigrati all’estero, ai discendenti Tavian del ramo originato da Cesare. Angelo conferma infatti che Cesare e Giuseppe, che abitavano vicini, erano legati da parentela di primo grado quali discendenti della stessa famiglia. In seguito alla partecipazione alla prima guerra mondiale i due cugini ebbero sorti ben diverse. Giuseppe è sepolto presso la tomba dei Caduti per la patria di Minerbe. Nel registro dei morti Don Sante Gaiardoni nel marzo del 1919 chiude con il suo nome l’elenco dei miles morti in guerra o per le gravi conseguenze riportate. Il foglio matricolare racconta che era un giovane abbastanza alto e magro, con caratteristiche castane negli occhi e nei capelli lisci. Era bruno d’incarnato e aveva dentatura sana. Sapeva leggere e scrivere e si dichiarò falegname. Si presentò alle armi già nel ’14 a diciannove anni, ma nel gennaio del ’15 viene richiamato per istruzione, quindi inserito nella Fanteria. Allo scoppio del conflitto, il 24 maggio, fu destinato a zone di guerra nelle quali rimase probabilmente per tutta la sua durata, dato che l’altra data che il suo diario militare registra è quella della sua morte nell’ospedale da campo n° 332, qualche mese dopo la fine del conflitto, probabilmente per le conseguenze di ferite o per malattie contratte in quei luoghi che mettevano a dura prova le forti fibre giovanili dei nostri soldati.
Tomba ai caduti nella nuova
area del Cimitero
Pietra tombale
presso la
primitiva sede
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FERRARI EGIDIO
Ferrari Tullio Soave Giuseppina
I
___________________________________ I I I Egidio 1897-1967 Guerrino 1899- 1981 Maria Migliorini Ines Carrara Leone I ______________________________ I I I I
Tullio Luigi Fernanda Eugenia I
____________ I I Alessia Francesca (ex alunne) Nel quadro d’onore Egidio occupa la posizione centrale. Vicino a lui sono stati collocati altri giovani soldati con lo stesso cognome rappresentato a Minerbe da molte famiglie. In questo caso il rapporto di parentela esiste, dato che Guerrino è il fratello più giovane di Egidio; Eugenio era un cugino di Santo Stefano ed Emilio uno zio.
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Egidio era il più giovane dei quattro soldati, chiamati o trattenuti alle armi per la guerra del ’15-’18. Allora, dice il signor Tullio, tutti i giovani sani erano chiamati alle armi; il servizio militare da obbligatorio è diventato volontario a partire dai nati nel 1986. Parla del papà Egidio, il Sindaco che ha amministrato Minerbe per sedici anni, il signor Tullio Ferrari, che riporta il nome proprio del nonno vissuto nell’ottocento. Lo fa gentilmente, rivolto agli studenti di oggi che sono interessati a conoscere i fatti e le persone della prima guerra mondiale che hanno portato all’Italia di oggi. Il foglio matricolare di Egidio è il documento che ci racconta le sue vicende militari, i dati e i contrassegni. Nato nel vicino paese di San Pietro di Morubio, era un giovane alto e robusto con i capelli ondulati, castani come gli occhi. Aveva denti sani che risaltavano nel viso dal colorito roseo. Sapeva leggere e scrivere bene, conosceva anche l’emergente mondo dei motori tanto da dichiarare la professione di automobilista che sarà determinante per l’esperienza militare, che solitamente metteva a frutto le abilità personali acquisite. Ha l’età della leva nel ’16 e subito viene inviato in zone di guerra mentre questa era in pieno svolgimento e stagnava come logorante guerra di trincea. Pochi giorni dopo è iscritto nell’ottavo Reggimento Artiglieria da Campagna con “specialità treno”. Il Signor Tullio esaudisce la curiosità degli studenti spiegando che l’artiglieria raggruppa le armi da fuoco pesanti e che il treno era usato per cannoni di lunghissima gittata, tanto pesanti da poter muoversi solo su binari. Jacopo
L’attitudine al comando e a darsi da fare lo vede diventare caporale, quindi sergente. Svolge il suo ruolo in vari reparti di autoparco che, contrassegnati da numeri, raggruppavano i veicoli a disposizione dell’esercito. Racconterà in famiglia che il suo compito era far pervenire su camion al fronte ciò di cui abbisognava la guerra in corso: armi, cibo, altro. Dopo Caporetto trasportò in zone sicure perfino soldati sbandati che con fatica difenderanno poi la linea del Piave. Era pericoloso, racconta Tullio, era possibile diventare bersaglio degli Austriaci e con un carico di munizioni le conseguenze sarebbero state disastrose. A guerra finita, nel ’20, viene congedato con un’indennità di 330 lire e la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e aver servito la Patria con fedeltà e onore. Nel ’21 la stampiglia nel suo foglio matricolare lo registra nella forza in congedo degli automobilisti. Avrà il congedo definitivo nel ’38 perché fino a questa data, spiega il signor Tullio ai ragazzi, poteva essere richiamato alle armi. Il fratello Guerrino tornò dalla guerra leso all’udito probabilmente in conseguenza dei botti d’arma da fuoco. Tullio racconta che nel dopoguerra il padre, con i numerosi fratelli, intraprese l’attività agricola. Minerbe ricorda il Signor Egidio Ferrari per un ruolo importante legato all’agricoltura: fu promotore del Consorzio Ortofrutticolo e primo presidente, dal ’56 fino all’anno della morte.
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Tullio spiega che in quegli anni si avvertiva presso i locali produttori di frutta la necessità di mettersi insieme in cooperativa e di vendere direttamente la frutta, conservata nei frigoriferi, nelle città, dove il crescente benessere richiedeva il consumo delle nostre ottime mele. Egidio Ferrari, favorendo l’insediamento a Minerbe piuttosto che nei paesi limitrofi della società ortofrutticola, ha contribuito a determinare lo sviluppo del paese creando possibilità di lavoro soprattutto femminile. Nella rete delle relazioni parentali, Tullio Ferrari ci dà testimonianza anche del soldato Carrara Leone, purtroppo assente dagli elenchi di combattenti per ora a nostra disposizione. Sarà il marito della zia, la maestra Ferrari Maria che insegnò a Minerbe per molti anni. Chiamato alla guerra, Leone fu inviato insieme alle truppe di occupazione alleate in Bulgaria. Qui lo colse la terribile influenza denominata “Spagnola” che fortunatamente gli risparmiò la vita, ma al rientro, con i commilitoni, venne sottoposto a un periodo di quarantena a Brindisi. Racconta il signor Tullio che nel clima del dopoguerra quei soldati vennero addirittura dimenticati. Negli anni cinquanta la coppia sarà una delle più in vista del paese, i tre figli si applicheranno agli studi con successo.
Angelo
Anna
Silvia
L’uso dei mezzi a motore
nella prima guerra mondiale
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GIRONDA BENIAMINO
Giuseppe Zanarotto Albina
I _______________________
I I Beniamino 1888 – 1953 Sante – Lino e altri nove Bonfante Carlotta figli I _____________________________________________________________________________ I I I I I I I
Mario ’15 – ‘82 Luigino 20 – ’43 Giuseppina ’18 Rita Luciano ’27 Stefano M. Teresa ’34 Ferrari Maria I ______________________________________________________________________________ I I I I I I I I I Annamaria Luigino Giuseppina M. Teresa Beniamino Giovanni Francesco Carlo Silvana Sonia Rossin I ______________________ I I
Jonathan Nicolas (Ex alunni)
Osservando l’albero genealogico della famiglia, originata dal capostipite Giovanni, si può osservare come la numerosità dei figli fosse una costante in più di una generazione, caratteristica abbastanza comune nella società del passato. Dei componenti nati nell’800 citiamo Sante quale padre di Lino, uno degli ultimi testimoni minerbesi della seconda guerra mondiale già conosciuto per le ricerche scolastiche di genere storico legate al 150° dell’Unità d’Italia. Sia la famiglia di Beniamino che quella del fratello Sante era permeata di spirito religioso: sono tre le cugine diventate suore nell’Ordine delle Sorelle della Misericordia di cui una piccola Comunità era presente nell’Asilo Infantile di San Zenone fin dall’anno 1944. Oggi Maria Teresa, col nome di Suor Pia Beniamina, opera a Crotone, in Calabria: è la figlia minore di Beniamino il cui nome, inciso nel ‘43, come quello del fratello Sante, nella lapide che comprende i benefattori dell’asilo di San Zenone, racconta la prodigalità e la stima verso la struttura religiosa del paese.
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Famiglie dunque dai solidi principi che si sono espressi anche nella considerazione e nel rispetto delle generazioni precedenti rinnovandone i nomi. Anche Beniamino, che vive a san Zenone in via San Feliciano con la famiglia, riporta il nome del nonno nato alla fine dell’800. Conserva gelosamente alcune foto di famiglia, tra cui il nonno Beniamino giovane soldato, impeccabile nel ritratto fotografico. È l’unico documento relativo alla guerra, della quale gli vennero riconosciuti tre anni, dal ’16 al ’18. Era originario della vicina Pressana, piuttosto basso di statura e robusto. I lineamenti armoniosi che tramanderà ai discendenti risaltavano per i folti capelli neri, occhi castani e incarnato roseo. Il foglio matricolare rileva inoltre che sapeva leggere e scrivere e che faceva l’agricoltore, attività che proseguirà dopo la guerra in una piccola azienda a San Zenone, mentre successivamente alcuni dei suoi figli si impiegheranno nelle fabbriche locali. Il nipote Beniamino ricorda che, dopo aver abitato nella grande casa oggi in via di ristrutturazione nel quartiere Ballarotto, con carro e cavallo, la famiglia del nonno, da lì, trasferì vecchi mattoni, recuperati da annessi rustici demoliti, per costruire le due case, simili e vicine, di via San Feliciano, dove si stabiliranno i due fratelli con le rispettive famiglie. Il suo documento racconta che entra nell’Esercito Regio come fante e nell’estate del ’16 è in territorio di guerra dal quale si assenta qualche mese per malattia. Veniamo a conoscere che l’industria Italiana Fiat era la ditta che allora forniva armi da guerra come mitragliatrici, nel cui Centro di mobilitazione venne registrato nell’estate del ’17. Passato giusto un anno, a qualche mese dalla fine della guerra, Beniamino venne fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici e rimpatriato dopo il conflitto. La stampiglie successive dichiarano la sua buona condotta, la fedeltà e l’onore nel servizio alla Patria. Congedo assoluto e ripristino nella posizione di congedo illimitato si succedono e poi concludono definitivamente le sue esperienze militari. Il confronto con i documenti rivela che prima della guerra aveva famiglia con il primo figlio già nato. Il nipote Beniamino racconta che, basso di statura, Beniamino scelse saggiamente Carlotta, che in foto per fare bella figura col marito sceglieva la posizione da seduta. Alla coppia la Patria chiese ancora molto: il loro secondo figlio Luigino risulterà tra i dispersi della
seconda guerra mondiale; il suo nome è ricordato nel monumento ai Caduti. Anche la sorte della prigionia di Beniamino fu senz’altro sofferta, come del resto quella dei soldati austro-ungarici in territorio italiano. Si ha memoria di soldati stranieri prigionieri nella zona di Villa Bartolomea che barattavano quel che avevano per avere di che sopravvivere. I prigionieri di guerra erano allora tutelati dalla Convenzione di Ginevra della Croce Rossa internazionale, ma se erano in cattive condizioni i soldati al fronte che decidevano le sorti degli Stati, si può ben immaginare come stavano i prigionieri nei rispettivi territori nemici. I dati contano 600.000 prigionieri italiani di cui un buon numero non è sopravvissuto.
Il soldato Gironda Beniamino
Beniamino, la moglie Carlotta, il figlio
Mario
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Il signor Beniamino, che si dedica a lavori nell’edilizia, è felice di essere l’anello di congiunzione tra la generazione dei padri, oggi ancora rappresentata dalle due zie Rita e Suor Pia Beniamina, e quella dei suoi figli, ai quali intende tramandare i valori di famiglia, tra cui lo spirito civico.
La famiglia di Beniamino con i figli; il terzo da sinistra è Luigino, disperso in guerra
nella seconda guerra mondiale.
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Il lavoro di ricerca per il 4 Novembre 2010 si apre su una famiglia di Minerbe che ha contribuito con
grande disponibilità, offrendo uno squarcio toccante dal punto di vista umano e davvero interessante dal
punto di vista storico.
UNA FAMIGLIA ALLA GUERRA
È la famiglia di Pio Giuliari che abita in via Comuni. Giuseppe Giuliari, il nonno, risiedeva nella seconda
metà dell’800 a Donzellino d’Illasi, una zona del Comune al di là del Progno più vicina a Lavagno che al
Comune di Illasi, in piena zona agricola. Il terreno era piuttosto arido, adatto solo a viti, mandorli e
melograni, per cui successivamente i discendenti si stabiliranno in altre zone del veronese, tra cui Palù di
Zevio dove avvieranno culture innovative.
L’albero genealogico originato da Giuseppe Giuliari e Lucia Grigolini risulta così articolato:
Giuliari Giuseppe ↔ Grigolini Lucia
↓ ________________________________________________________________________________ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ Antonio Attilio Luigi Silvino Francesco Marcello Stella Maria ↓ (1892) (1894) (1895) (1901) (1903) Silvio ↓ ↓ ↓ destinatario autore delle lettere Intervistato ↓ Pio ↓ Silvia ↓
Francesco, alunno della cl. III B della Scuola media di Minerbe
Come si può rilevare si tratta di una famiglia numerosa come molte a quel tempo.
Otto erano i figli e tra questi quattro maschi erano nati, verso la fine del secolo, in anni così vicini che i fogli
matricolari che li riguardano parlano di rinvii in congedo provvisorio in attesa del congedamento del fratello
maggiore. Evidentemente la legge intendeva salvaguardare il più possibile l’integrità delle famiglie.
In modo diverso tutti i maschi hanno partecipato a vicende belliche tanto che, racconta Sivio Giuliari,
intervistato dalla scuola, il pensiero della guerra, trascorsa o percepita come pericolo imminente, permeava la
vita dei giovani del tempo e in particolare la sua famiglia, come lui ben ricorda.
Antonio, il maggiore, partecipò alla guerra di Libia, quindi alla prima Guerra mondiale contemporaneamente
ai tre fratelli nati prima della fine del secolo.
La famiglia riferisce che anche Francesco e Marcello saranno interessati dalla seconda guerra mondiale.
Davvero si può affermare “una famiglia alla guerra”. Il nipote Silvio, oggi anziano, afferma: “Un miracolo
che siano tornati tutti”.
Silvio Giuliari racconta anche del forte legame nell’intera numerosa famiglia, e nello specifico della cura per
la corrispondenza epistolare dei fratelli soldati fra loro, e con il resto della famiglia a casa, nel veronese.
Silvio Giuliari abita a Lonigo dove ha svolto attività importanti di insegnamento nella Scuola di agraria. È il
discendente della famiglia che ha vivo il ricordo degli zii e che si è messo a disposizione dei ragazzi della
Scuola interessati alla ricerca.
Attraverso questa testimonianza indiretta è come avessimo conosciuto di persona alcuni dei protagonisti
della grande guerra e i loro problemi, impensabili ai nostri giorni.
E Silvino la prima guerra mondiale l’ha vissuta davvero, come racconta in alcune lettere conservate dalla
famiglia Giuliari e pervenute attraverso il nipote Francesco.
SILVINO E LUIGI GIULIARI
Lo scrivente Silvino Giuliari, dimostra grande vicinanza verso il fratello Luigi, il quale avrà senz’altro
risposto a missive così significative. Erano vicini d’età essendo nati il primo nel 1894 e il secondo nel 1895.
Le notizie dei due soldati ci giungono dai ricordi di famiglia, come già detto, e dai fogli matricolari rilevati
dall’Archivio di Stato di Verona, messi gentilmente a disposizione dalle famiglia, anch’essa interessata a
ricostruire le vicende familiari.
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I dati personali riguardanti Luigi, destinatario delle lettere in nostro possesso, parlano di un giovane nato il
12 novembre del 1894, sano, dai capelli e occhi castani, che sa leggere e scrivere, di professione contadino;
nel settembre del 1914 viene chiamato alle armi nel Compagnia Sussistenza, un Corpo dell’esercito che si
occupa dei vettovagliamenti.
Nel maggio del 1915 è in “territorio dichiarato in stato di guerra”. Vive tutta la guerra: viene infatti registrato
come “partito da territorio di guerra” nel settembre del 1919 e in congedo alla fine dello stesso mese.
Avendo partecipato all’intera campagna di guerra dal 15 al 18, la stampiglia dice che nel 1920 venne viene
autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa ed apporre sui nastri della stessa medaglia le fascette
corrispondenti agli anni di guerra.
Il fratello Silvino Giuliari, lo scrivente, era nato il 19 novembre del 1895 e nei dati personali viene descritto
con i capelli più scuri del fratello, di professione studente.
Come riferito dal nipote Silvio, aveva frequentato il Ginnasio poi il Liceo presso l’Istituto Maffei di Verona:
consultati i registri ha trovato il suo nome tra gli ex alunni.
Il Regio Decreto del 22 maggio del 1915 lo chiama alle armi per mobilitazione e il 1 giugno del 1915 è nella
Quinta Compagnia Sanità.
Nella stessa data viene mandato in territorio “dichiarato in stato di guerra”. Nel 1917 fa parte del 72° e poi
del 71° Reggimento fanteria.
Il foglio matricolare dice che da marzo del 1917 frequenta la scuola allievi ufficiali del 13° Corpo d’armata
di Campolongo, quindi dal luglio dello stesso anno viene registrato come aspirante ufficiale. Con questo
ruolo viene mandato al fronte.
Scrive bene Silvino: il linguaggio è preciso, colorito. Dimostra uno spirito arguto e ottimista. É poco più di
un ragazzo, ma dimostra la solidità di un uomo affettuosamente vicino al fratello con il quale condivide
l’esperienza della guerra.
Le cinque lettere in nostro possesso sono distribuite nei tre anni di guerra italiana.
6.6.1916
La prima lettera è molto interessante, ricca di riferimenti alla realtà circostante. Dal foglio di matricola risulta
che era arrivato da pochi giorni e infatti rivela tra le righe, scritte con buona grafia, l’attonito stupore di
fronte alla terribile realtà.
È ignota quale mansione avesse nell’ospedale militare di Thiene. Al fratello Luigi, anche lui in territorio di
guerra, descrive la situazione generale e lo strazio della guerra per i soldati e i civili.
La “spedizione punitiva” da parte austriaca che ha occupato l’altopiano di Asiago è di poco antecedente.
Alcuni contenuti riguardanti le responsabilità circa l’evolversi della situazione bellica fanno pensare che la
missiva non fosse stata censurata. Secondo Silvio Giuliari la censura era in verità una prassi che rimaneva
sulla carta, data la confusione, la mancanza di tempo e i problemi impellenti di ben altra natura. Anche i
francobolli erano merce rara, come annota in fondo alla prima pagina il soldato Silvino.
Thiene 6 giugno 1916
Caro Luigi, ho ricevuto or ora la cartolina che mi spedisti il primo corrente mese e m’affretto a
risponderti. Causa di questo mio lungo silenzio è stato il grande affollamento di feriti in quest’ospedale, che,
dalla metà di maggio sino al presente lo tiene sempre pieno zeppo. Si lavora giorno e notte. Ti basti sapere
che mentre prima l’ospedale funzionava con un numero di 300 letti, ora questo numero si è quasi triplicato.
C’è stato qualche giorno in cui ne sono entrati poco meno di 800 mentre la media è di 300. E quasi tutti
vengono traslocati su altri ospedali poche ore dopo il loro arrivo, e così è un continuo entrare e uscire. E
come ti dico c’è molto da lavorare perché il personale di truppa è sempre lo stesso.
In questi giorni caro Luigi ho potuto conoscere un pochino a fondo cosa voglia dire la parola “guerra”!
Quante disgrazie!
Quanti padri di famiglia dovranno vivere inoperosi per tutta la loro vita, incapaci di qualsiasi lavoro!
Forse avrai sentito dire che gli abitanti di tutti questi paesetti di confine, a cominciare da 5 Km sopra Tiene
hanno dovuto abbandonare le loro case smettere dai loro interessi per andare in altri paesi più tranquilli. A
vederli passare questi poveri montanari con un paio di vaccherelle magre con un pollo con una forma di
formaggio insomma con tutto quello che avevano di più prezioso nel loro paese, vederli passare dico, inerti
e silenziosi come compagnie di frati, era uno spettacolo assai triste. Anche a Schio stanno facendo S.
Martino, e tutti i signori di Thiene se ne sono andati come pure tutti i negozianti di stoffe i pizzicagnoli e via
discorrendo. Ora non si trova più nulla..
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Se continua di questo passo fra pochi giorni dovremo abbandonare anche l’ospedale. Sembra anzi, che, nel
caso si dovesse partire si vada a Montebello Vicentino, poco lontano da Lonigo.
I feriti raccontano che gli austriaci si avanzano a schiere serrate. E quasi sempre si avvicinano tanto che i
nostri sono costretti a far scoppiare i proiettili a qualche centinaio di metri dalla bocca del cannone. In
questo modo i nostri ne distruggono delle compagnie intiere, ma distrutta una ce n’è subito pronta un’altra e
sempre così. Insomma i morti da parte del nemico in qualche posto hanno raggiunto l’altezza di qualche
metro.
Mentre dalla nostra parte ci sono pochissimi morti. E questo perché non si espongono molto ai pericoli, e se
è il caso si ritirano.
Il coraggio degli austriaci è dovuto al cognac alla graspa e ad altri liquori che hanno nello stomaco.
Non avrei mai creduto che si giungesse a tal punto da dover abbandonare delle posizioni, che, tutti quelli
che le hanno visitate dicono che si potevano difendere con i sassi. Il male è stato che i nostri c’erano sulle
montagne, ma non avevano l’ordine di sparare, e così hanno dovuto abbandonare quei siti.
E qui c’è del mistero, che molti lo spiegano con la parola tradimento da parte dei nostri comandanti.
C’è una posizione, che in linea retta non dista più di 20 Km da Tiene, sulla quale si vedono benissimo a
occhi nudo scoppiare i proiettili del nemico. Cadono così fitti che nessuno arriva a contarli, neppure per
cinque minuti.
A dirtela in poche parole c’è molto pericolo che gli austriaci riescano a scendere dalle montagne. E allora?
…..Speriamo che non abbia mai a spuntare l’alba di quel giorno.
I preparativi che si stanno facendo da queste parti è una cosa che non ti puoi immaginare. Ci sono già
diverse squadroni di cavalleria, la quale serve solo per le campagne guerresche in pianura.
Pensando a tutte queste cose noi dobbiamo a maggior ragione stare allegri che dopo tutto siamo abbastanza
fortunati. Ti pare? Da casa mi scrivono che godono ottima salute, che hanno notizie dei fratelli, e che gli
affari van bene.
Nella speranza di poter ancora fra una settimana inviarti i miei saluti da quest’Ospedale ti saluta caramente
il tuo Silvino Ciao Ciao
(Non trovandosi a Thiene francobolli di sorta sono costretto ad affrancarla con 9 carte francobolli che per
caso mi trovo in tasca)
Nell’obiettivo di inserire la lettera sopra trascritta nel contesto geografico e storico, la scuola ha chiesto e
ricevuto notizie e fotografie da uno storico della zona dell’alto vicentino: Luca Valente.
Per quanto riguarda l’ospedale militare egli afferma che a Tiene erano in funzione più ospedali militari, oltre
a diversi posti di medicazione.
A suo parere, l’ospedale citato nella lettera, visto l’alto numero di accoglienze, poteva essere l’ospedale del
Barcon al Collegio Vescovile, tra Thiene e Sarcedo, perché questo godeva di una struttura molto ampia:
l’ipotesi però non è convalidata da alcun dato.
Per quanto riguarda i discorsi sul ‘tradimento’, parola sottolineata da Silvino nella lettera olografa, lo storico
Valente precisa che erano chiacchiere pessimiste e disfattiste da retrovia, tipiche di quando la situazione al
fronte era difficile: in quel momento infatti sembrava imminente lo sfondamento austriaco.
Le foto che ci sono pervenute costituiscono
interessante riscontro visivo ai contenuti della lettera.
Profughi di Arsiero al loro arrivo a Marano Vicentino la mattina del 19 maggio 1916
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12.10.1917
Dal gennaio del 1917 Silvino è nel Reggimento fanteria come Ufficiale, e il 9 ottobre viene ferito
leggermente al petto. Rimane nell’ospedale da campo di Cervignano del Friuli per tutto il mese.
Si nota qui l’impatto con il pericolo vero e, in quel frangente doloroso, il desiderio di avere la vicinanza del
fratello. Poi si pente di averlo allarmato, così lo rassicura e gli dice che “è una cosuccia da poco”.
Inserendo questa data nelle vicende belliche generali, è da ricordare che da agosto a settembre il nostro
esercito consegue qualche successo sull’Isonzo, ma viene sfondato nell’ottobre dalla massiccia offensiva che
prende il nome da Caporetto.
Zona guerra, li 12.10. 1917
Mio caro Luigi, il giorno 9 corrente sono sceso dalla trincea con una leggera ferita al petto. Mi
trovo ricoverato nell’ospedale da campo in Cervignano, dal quale uscirò guarito fra pochi giorni. Sono stato
fortunato assai. Pensa che fui colpito proprio in direzione del cuore. Se per disgrazia quella palletta di
shrapnel avesse avuto un pochina di forza maggiore mi avrebbe mandato all’altro mondo senza lasciarmi
gridare nemmeno “mamma”. Invece fortuna volle che si arrestasse nella carne senza quasi toccarmi la
costola. Me la levarono subito, non mi ha arrecato tanto dolore. Fu una palletta molto intelligente. Adesso
sto benone, senza febbre solo con grande appetito. Se per caso ti venisse la voglia di venirmi a trovare il mio
indirizzo è questo: G. S. Ospedale da campo 037 Cervignano.
Però puoi farne a meno che si tratta di una cosuccia da poco. Termino inviandoti un saluto e un bacio
affettuoso. Silvino Ciao
26 ottobre 1917
Crede di ritornare alla Compagnia anche se non del tutto guarito. Gli “garba poco” partecipare alla “grande
offensiva” in siti, ironicamente, definiti “deliziosi”. Promette di andare a trovare il fratello qualora
disponesse di una bicicletta. Lo consiglia di non rinunciare a una licenza per aspettarlo, ma eventualmente di
approfittarne per divertirsi. La gioventù reclama i suoi diritti.
Sono i tragici giorni della disfatta di Caporetto (24-27 ottobre) quando il nostro schieramento è obbligato a
retrocedere disordinatamente sino al Piave abbandonando vaste zone del Veneto.
La località citata, dove ha la “solita occupazione” il fratello, è molto probabilmente Capriva del Friuli, nei
pressi di Gorizia, sul confine del 1914.
Zona guerra, li 26.10. 1917
Mio carissimo Luigi, da quanto ho potuto capire stamattina io rientrerò alla mia compagnia presto,
prima che si sia rimarginata completamente la ferita. Di questo poco me ne importa dato che non soffro
dolore alcuno. Mi secca solo perché vado proprio in tempo per partecipare alla grande offensiva di cui si
parla tanto. A onor del vero uscire da qui prima della completa guarigione per andare in siti tanto deliziosi,
mi garba poco affatto. Questo mi pare abbastanza giusto, non è vero? Però stai tranquillo che ci tenterò per
quanto mi sarà possibile, di fare una scappata costì a Capriva. Anzi ti assicurerei di venire, il guaio solo che
si frappone sta nel trovare la bicicletta. In un modo o nell’altro spero di dileguare questo inconveniente.
Allora, carissimo, ti racconterò tante cose. Per ora abbiti auguri e saluti infiniti e cari. Aff.mo Silvino.
Se hai l’occasione di ottenere la licenza ti raccomando tanto di non lasciarla scappare per me. Vai, se puoi,
in licenza subito e divertiti, se io farò una scappata costì e non ti troverò, sarò sempre contento lo stesso.
Una passeggiata fa sempre bene, non ti pare? Di nuovo Silvino, ciao.
14 novembre 1917
Scrive in carta intestata della famiglia. Diversamente dalle previsioni, in seguito alla ferita è destinato a un
ospedale qualunque, perciò arriva a Verona e dalla città torna spesso a casa. Così partecipa alla vita della
propria famiglia di agricoltori, con gli affari di compravendite che si intrecciano con le difficoltà procurate
dalla guerra. Si dimostra preoccupato per la minaccia di sgomberi del territorio con il pericolo di perdere
ogni bene, così comunica al fratello l’idea di mettere al sicuro biancheria e altro, e nello stesso tempo
presidiare l’azienda perché “non vada tutto sciupato”.
Il periodo storico corrisponde ai giorni successivi a Caporetto, quando la preoccupazione dell’invasione
austriaca arrivava evidentemente fino alle zone del veronese.
Li 14 novembre 1917
Carissimo Luigi, dopo lungo silenzio ti do mie nuove. Dunque il giorno 28 dello scorso ottobre
lasciai l’ospedale di Cervignano, e, un po’ a piedi un po’ in camions, dopo due giorni mi recai a S. Donà di
Piave. Là mi presentai all’ospedale di tappa dal quale venni messo in uscita il giorno appresso perché mi
recassi in un ospedale territoriale qualunque.
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Approfittai di quella occasione venni a Calmiero quindi a casa e al primo di questo mese mi presentai
all’ospedale di Verona. Il giorno 10 venni messo in uscita con 10 giorni di riposo da passare a Verona. In
questi giorni scappo sempre a casa. Non so presso quale reggimento verrò assegnato. E tu hai sempre la
solita occupazione? Non occorre che ti descriva il viaggio che feci poiché anche tu l’avrai provato. Non è
vero? Qui a casa sono sempre indecisi sul da fare.
Alcuni signorotti come Gelmini(?) Mancini e tanti altri hanno spedito della biancheria in Toscana. Io
consigliai il papà di fare un viaggio sull’appennino e trovare una stanza o una casetta in campagna e
spedire subito la biancheria migliore, i materassi di lana e quanto altro più si può. Nel caso poi capitasse la
disgrazia di sgomberare mandare subito la famiglia laggiù e qui restare in uno coi Zanini(?) perché non
vada tutto sciupato. Forse partirà domani in cerca di questo locale. Che ti pare? Io mi sono interessato
assai in città e questa soluzione credo sia la migliore.
In questi giorni abbiamo smerciato tutta la legna e un paio di vitelli. Adesso abbiamo dei buoi. In tutto sono
dieci. Forse due o quattro li diamo al governo. Sarebbe molto bene poiché li paga a buon prezzo, più della
piazza. Il vino invece non si può smerciare. Ne abbiamo intorno 400 quintali.
Tu stai sempre allegro e sappi che qui si fa sempre quello che meglio consigliano. Fra qualche giorno, se la
burrasca incomincia a cessare, ti spedirò io un bel vaglia. Per adesso abbiti un’infinità di saluti
affettuosissimi e gli auguri più sinceri dal tuo aff.mo Silvino.
5 giugno 1918
La zona di guerra è l’alta montagna dove l’inverno si prolunga. Silvino esprime il desiderio di tornare a casa
anche per poche ore. Descrive in modo efficace la battaglia (marmittoni austriaci, l’abbaiare delle armi
italiane) che si alterna alla calma quando le condizioni climatiche sono avverse. Ma nei pensieri di questo
giovane soldato c’è la famiglia e la preoccupazione per il fratello Luigi al quale invia un’infinità di saluti
affettuosissimi e gli auguri più sinceri.
In questa lettera cita anche il fratello Attilio, classe 1892, arruolato come bersagliere nel 1913 e coinvolto
anche lui dalla guerra 1915 – 18 con le mansioni di automobilista, come registrato nel foglio di matricola che
lo riguarda.
Pochi giorni dopo la data della lettera, l’esercito austriaco riprenderà l’offensiva sul Piave, e, passato il
fiume, occuperà il Montello. Qui l’offensiva sarà respinta e nel luglio ci sarà la ritirata austriaca.
In questa situazione di guerra di trincea Silvino non fa cenno all’esatta località in cui si trova, ma la dipinge a
parole in modo efficace.
Il nipote Silvio racconta che, per ragioni strategiche, era obbligatorio omettere il nome della località di
partenza della lettera a vantaggio di una generica dicitura “zona di guerra”, come si legge nell’intestazione
delle lettere di Silvino dal fronte.
Zona guerra, li 5.6.1918
Caro Luigi, mi trovo sempre quassù in mezzo alla neve. Anche adesso fuori il tempo imperversa,
vento e neve. Non mi par vero che in pianura la stagione sia splendida e che il sole si renda insopportabile.
Fra un paio di settimane metterò a riposo, potrò più facilmente persuadermi. Allora poi se mi verrà
accordato un breve permesso voglio scappare a casa, anche per poche ore. Di salute sto magnificamente
bene, e anche per il sito. Adesso vi è calma assoluta, solo quando scompare la nebbia e si fa vedere il sole
arrivano certi marmittoni che mettono il male in corpo. Anche i nostri però non sono da disprezzare, e basta
che il nemico spari pochi colpi perché si mettano ad abbaiare ferocemente. Non ho ancora ricevuto uno
scritto da casa in cui mi dicano che Attilio è arrivato a destinazione. Spero di riceverlo fra non molto. Anche
tu dimmi se te la passi sempre bene, come io ti auguro con tutto il cuore. Termino salutandoti
affettuosamente Silvino
La famiglia ricorda che Silvino dopo la guerra lavorerà per un periodo
presso un Istituto bancario a Tregnago, ma poi si dedicherà al suo lavoro
preferito: l’agricoltura, un amore mai abbandonato che durante il periodo in
cui era in armi lo aveva persino spinto ad innestare le rose selvatiche presenti
nelle zone di guerra.
Silvino Giuliari; sposerà Tersilia, avrà nove figli e vivrà fino all’età di
93 anni
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Del lavoro di ricerca svolto per la celebrazione del 4 Novembre 2011 si riporta uno stralcio tratto dalle
Memorie del parroco Don Sante Gaiardoni che consentono di rilevare gli entusiasmi della gente alla notizia
della fine della guerra
L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Le notizie sugli anni della prima guerra mondiale nel paese di Minerbe sono tratte dalle memorie manoscritte
di Don Sante Gaiardoni, nato a Sommacampagna nel 1869, che guiderà la parrocchia dal 1907 al 1925.
Già lo abbiamo conosciuto esaminando le sue cronache relative alle giovani vittime causate dalla guerra.
Abbiamo rilevato la sua saggezza insieme all’indignazione del suo animo nei confronti della “orribile
guerra”, la vicinanza in quei tristi momenti sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e altrettanto a chi in
paese attendeva notizie: i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni minerbesi erano,
dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini.
(trascrizione) Minerbe, 5 novembre 1918
Ieri mattina arrivò la notizia che i nostri soldati sono entrati in Trento e Trieste ed hanno issato la bandiera
italiana sulla torre del castello di ambedue le città liberate. Appena avuta la notizia feci esporre due
bandiere sul campanile e suonare le campane. Ieri, 4 nov., lo stesso: verso le sette (di sera) arrivò l’altra
notizia che alle 13 fu messo in esecuzione l’armistizio con l’Austria, cessata da quest’ora ogni ostilità per
terra per mare ed in aria. Se la notizia mi fosse stata comunicata avrei tosto dato ordine di suonare le
campane, invece io andai a letto senza saperla. Alla mezzanotte alcuni patriotti! di Minerbe in parte
imboscati, in parte nascosti! presi non da patriottismo ma da alcoolismo, ruppero le serrature del campanile
e entrarono a suonare le campane da pazzi fino alle 2 e 30 dopo mezzanotte, con grande disturbo di tutto il
paese e facendo piangere specialmente le 48 madri e spose che hanno perduto il figlio ed (o) il marito.
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Ed avrebbero continuato fino alla mattina se alle 2 e 30 non fossi disceso io a mandarli a casa.
Ieri poi i medesimi patriotti (il ……., B……, il suo garzone da Orti, Angelo S….. , il daziale A….., il
segretario ed altri giovinastri) apersero la porta del campanile coi grimaldelli e cominciarono a suonare. Al
mio apparire se la svignarono a casa ma poi con ….. e …. e bestemmie ed insulti al parroco insistevano.
Mandai a chiamare il sindaco, il quale mi pregò di concedere un paio di suonate. Entravano quindi col detto
permesso nel campanile, ma poi invece di due suonate, continuarono fino a mezzanotte!...Tutto per il buon
ordine e per patriottialcoolismo! Vedremo stasera che cosa avverrà, dopo che ne avrò dato avviso al
brigadiere.
Io ho fatto suonare quanto era conveniente e durante il giorno: essi volevano di notte recando immenso
dolore alle povere vedove e madri dei caduti.
10 novembre 1918
Questa mattina dietro invito dell’arciprete interverranno alla messa ultima e al canto del Te Deum tutte le
autorità civili, militari e società con le loro bandiere. Fu raccolta un’offerta per i fratelli della terra liberata
che fruttò lire 152.50 spedita al comitato di Verona.
Feci suonare in concerto le campane, la sera, la mattina alle 10.30 e al Te Deum.
11 Nov.
Anche questa mattina ricorrendo il Natalizio del re interverranno alle ore 10 al Te Deum le autorità
comunali, i RR Cavalieri, l’asilo infantile ecc.
12 Nov.
Alle ore 6 fu firmato l’armistizio anche con la Germania e alle 11 cessarono le ostilità su tutti i fronti!...
Deo Gratias!
L’annotazione riportata è del 5 novembre del 1918, un giorno successivo a quello che celebriamo ogni anno
ricordando la fine della prima guerra mondiale, le Forze Armate e l’Unità nazionale.
È del parroco di Minerbe, Don Sante Gaiardoni che abbiamo già conosciuto esaminando le sue cronache lo
scorso anno e di cui abbiamo rilevato la saggezza d’animo ma anche l’indignazione nei confronti della
“orribile guerra”, e la vicinanza, in quei tristi momenti, sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e
altrettanto a chi in paese attendeva notizie; i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni
minerbesi erano, dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini.
Possiamo immaginare il bel campanile di Minerbe che, dalla sua altezza, fa sventolare la bandiera tricolore,
simbolo dell’appartenenza alla giovane nazione italiana. L’animo dei cittadini avrà gioito insieme al parroco
che mise all’opera i suoi campanari per suonare le campane. Suonavano, probabilmente a distesa, ben visibili
da ogni punto di accesso al paese.
Ma l’altra notizia tanto attesa della fine della guerra, con la resa degli Austriaci e l’armistizio, arrivò verso
sera. Il parroco racconta che non ha avuto modo di sapere la notizia per tempo, probabilmente diffusa via
radio o telegrafo. E succede che l’uomo di chiesa, che ha presenti tutte le situazioni familiari dei suoi
parrocchiani, si scontra con gli spiriti giovanili e intraprendenti tanto da giudicarli con forte severità.
Il sollievo era probabilmente incontenibile.
Ma Don Sante aveva annotato nel registro dei morti troppi
nomi di miles con l’osservazione “in bello mortui”, morti in
guerra. Di sicuro aveva consolato mamme e spose
inconsolabili, molte volte private anche delle tombe di
sepoltura su cui piangere.
A piè di pagina, con un pennino che sembra differente, e
quindi probabilmente in un momento successivo alla prima
stesura, il parroco giustifica il proprio severo operato e il
pesante giudizio: a suo parere, da parte di tutti la gioia
doveva essere manifestata con misura, per evitare
“l’immenso dolore” alle numerose famiglie che, interessate
dal richiamo alle armi e dall’invio in zone di guerra dei loro
componenti maschi più giovani e sani, ne avevano pianto la tragica morte.
Oggi i bambini di quinta della scuola primaria, ricordando i Caduti e apprezzando il suono delle campane del
paese che segnano ancora eventi religiosi e civili, con matita e colori interpretano l’eco, nel paese, degli
eventi bellici del novembre 1918, così importanti per la storia nazionale.
Marina
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Dal fascicolo predisposto per il 4 Novembre 2012 si riporta la ricerca sul soldato Alfonso Bellinato,
medaglia d’argento al valor militare.
UNA MEDAGLIA D’ARGENTO
IL SOLDATO ALFONSO BELLINATO
Bellinato Luigi 1795 - 1870
Quartieri Maria Vittoria …- 1878 I
Bellinato Alfonso 1842 - 1905 Francesca Tecchio … – 1893
I
________________________________________________________________________ I I I I I I
Sebastiano Vittoria Maria Vittoria Francesco Giuseppa Alfonso Carlo 1876 -… 1878-1932 1879 - 1881-82 1883 - 1958 1885 -1915 Menin Lino Meneghini Adele 1888-1987 1890 -… _____________________________________I I
I _____________________________ I I I I
Francesco Francesca Giuseppina Alfonso Giuseppe 1927 - 1999 1909 - 2001 1910 - 2003 1913 - 1936 Chiavegato Carla 1931 - 1990 I __________________ I I
Paola Lino Tale albero genealogico, dove compare evidenziato il nome del soldato Alfonso, si basa su supposizioni
desunte dai nomi e dalle date incise in una tomba di famiglia che si distingue nella parte vecchia del cimitero
di Minerbe per elegante vetustà. È riservata alla famiglia Bellinato - Menin.
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La personalità ottocentesca, ma nata negli ultimi anni del settecento, è Luigi, dichiarato "reduce dalle guerre
napoleoniche". La famiglia lo ricorda quale innovatore nell'agricoltura locale e amministratore per lunghi
anni del Comune.
Sono anni così lontani che nella ricostruzione della storia amministrativa di Minerbe nel libro Minerbe, una
terra e la sua storia tale nome non compare, dato che i sindaci sono registrati a partire dal 1879.
In quell'elenco, come sindaco di Minerbe per tre anni, dal 1879 al 1881, compare invece Alfonso, "ingegnere
per la scienza, soldato per la patria, agricoltore per la famiglia", come recita la pietra tombale.
Si trattava senz'altro di una prestigiosa famiglia di possidenti terrieri in seno alla quale si coltivavano ideali
di impegno civile.
Il membro che sarà tragicamente coinvolto dalla prima guerra mondiale è probabilmente il figlio di quel
sindaco, Alfonso Carlo, nato nel 1885. Il foglio matricolare lo dichiara infatti figlio di Alfonso tralasciando
purtroppo il nome materno. Era nato a Minerbe proprio il 24 maggio, il giorno che ricorda una data fatale per
la storia d'Italia: la dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria.
I dati personali lo descrivono di media statura, dal colorito bruno con occhi e capelli castani. Circa l'arte o
professione viene registrato come industriale.
Nel libro su Minerbe pubblicato nel 2001 infatti, viene citata come una delle prime industrie minerbesi lo
stabilimento bacologico fondato nel 1872 dall'ing. Cav. Alfonso Bellinato, senz'altro suo padre. Qui,
"venivano selezionati i semi, le uova e i piccoli bachi da seta destinati
alla vendita locale e all'esportazione, uno dei maggiori di tutta la
provincia veronese".
La signora Sandra Caneva Bertoldi ricorda che lo spazio adibito a tale
produzione era il piano terra della villa Spolverini dove abitava, al
piano nobile, la famiglia Bellinato.
La villa, con lo stemma dei nobili Spolverini sul portale, era chiamato
il "palazzon", un poderoso cubo affiancato da rustici e racchiuso da
mura, che delimita ancor oggi l'incrocio tra via Roma e via Cesare
Battisti.
Foto di Alfonso Bellinato e retro
Villa Spolverini
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Ora il palazzo, acquisito da un istituto bancario, attende restauri. In occasione del riordino per il cambio di
proprietà, in questa villa è stata ritrovata la foto originale di quella riprodotta al centro del quadro d'onore che
dallo scorso anno è oggetto di ricerca storica da parte della Scuola.
Nella foto Alfonso Carlo appare vestito da militare con la divisa completata dal cappello di bersagliere dal
voluminoso decoro di piume di urogallo. Dalla pietra tombale veniamo a sapere che era bersagliere ciclista,
una specialità nata alla fine del 1800 che si rivelò in breve tempo estremamente funzionale perché quei fanti
sapevano muoversi con grande celerità appoggiando efficacemente le armi pesanti. Il soldato diventava un
ciclista di prim'ordine con severi addestramenti quotidiani. La bicicletta era del tutto particolare: pieghevole
per essere trasportato in spalla, aveva la parte meccanica semplicissima per consentire la riparazione a
chiunque. I bersaglieri ciclisti dunque erano addestrati al pericolo, preposti a mettere concretamente piede su
una posizione avanzata, pronti alla battaglia corpo a corpo con la baionetta. Così fu per Alfonso Bellinato.
Il foglio matricolare registra il suo normale servizio di leva, quindi il congedo illimitato nel 1906 dopo aver
acquisito il grado di sergente. Nel '10 e poi nel '13 viene mobilitato per istruzione all'uso delle armi; subito
dopo otterrà un ulteriore congedo, ma in vista della guerra, il 15 marzo del '15, è nuovamente chiamato alle
armi.
Permarrà nelle zone di guerra per pochi mesi: il foglio matricolare si chiude con l'annotazione: "Ucciso il
giorno 21 luglio nel combattimento di San Michele". Gli ufficiali firmeranno in agosto il verbale di morte e il
tutto verrà verificato e concluso nell'ottobre seguente. Nella sezione del foglio matricolare dedicato ad
annotazioni ed azioni particolari si registra:
"Decorato della medaglia d'argento al valor militare pel seguente motivo: «Coadiuvava efficacemente il
proprio ufficiale durante furiosi attacchi nemici, e sostituiva l'ufficiale stesso nel comando del plotone
durante l'assalto alla baionetta. Rimase ucciso sul campo» Monte san Michele, 21 luglio 1915 (D.L. 13
febbraio 1916)
Probabilmente è questa azione di merito riconosciuta e decorata che lo pone nel quadro d'onore tra i Caduti,
ma con l'immagine più grande e proprio al di sopra della raffigurazione del Monumento ai Caduti. Il suo
nome, accompagnato dal secondo nome Carlo, è citato nel Libro d'oro dei Caduti della Prima Guerra
Mondiale accompagnato dal luogo e motivo della morte.
L'uccisione di Alfonso corrisponde all'inizio della guerra; la linea delle ripetute offensive era quella
sull'Isonzo prima che la cosiddetta spedizione punitiva, puntando al fianco del nostro schieramento,
costringesse a retrocedere. La zona di monte San Michele, riconosciuto luogo tragico per il nostro esercito,
fu sede di ben dodici battaglie. La data della morte corrisponde alla seconda battaglia sull'Isonzo chiamata
anche Battaglia di San Michele, iniziata giusto il 18 luglio; due giorni dopo il colle venne occupato dagli
Italiani per essere ripreso da un contrattacco austriaco il giorno successivo. Questo incagliarsi dei movimenti
di guerra fa intuire il costo in vite umane di ambedue i fronti. Noto per non averne tenuto conto abbastanza,
così scrive il Generale Luigi Cadorna al figlio Raffaele:
"…occupammo per una notte il S. Michele, ma è più facile prenderlo
che restarci perché, appena conquistate le creste, ci coprirono di
proiettili e poi un contrattacco ce lo portò via..."
È in questo teatro di guerra che perse la vita Alfonso Carlo Bellinato,
decorato con medaglia d'argento. Aveva da poco compiuto trent'anni,
era sposato con figli.
Il suo nome è scolpito nella pietra tombale di famiglia al di sotto del
capostipite Luigi ed è accompagnato con un epitaffio che non si
dimentica:
"A dì 21 di luglio Alfonso Bellinato sergente dei bersaglieri ciclisti
sulle rupestri terre d'Italia caricando il nemico la vita - che gli
sorrideva dell'amore di tre pargoli dell'affetto di giovine sposa
offriva fiero e lieto in santo olocausto alla patria 1885 - 1915" In ricordo di Alfonso nella tomba di famiglia
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Dal fascicolo, in fase di elaborazione in vista del 4 Novembre 2013, si riporta la ricerca sugli ulteriori soldati minerbesi coinvolti nella Grande Guerra.
UN CAPITANO VALOROSO E ALTRI SOLDATI BIONDANI ENRICO
Giuseppe Biondani 1851 - … Padovani Emilia 1861 - …
I ______________________________________________________________________ I I I I I I I I Palmiro Enrico 1890 - 1956 Italo Lucillo Rino Maria Epimenide Enrichetta Ballarin Maria '92 -'48 …. I I________________ ______________________________ I I I I _______________ Mario '19 - '90 Giuseppe '22 - '07 Eugenia I … … …….. Dani Giancarla Luigi Ferrari Giuseppe I I …….. _____________ ____________ I I I I I Italo
Federico Cristina Giorgio Maria Enrica Paola Il quadro d'onore che raccoglie le foto di duecentoquarantasei soldati di Minerbe e San Zenone, che hanno partecipato alla Grande Guerra con destini diversi, riporta, raggruppati in alto al di sotto del Re e dei Generali, un gruppo di uomini che hanno avuto ruoli importanti: sono tenenti, capitani o soldati eroici ricompensati con medaglie. Se le vicende di tutti i soldati meritano onore e ricordo, l'analisi dei fatti che coinvolgono i graduati assumono valore storico particolare perché erano coloro che avevano responsabilità di vario genere nei confronti di soldati sottoposti, di beni militari e degli esiti della guerra in genere. Uno di questi è Biondani Enrico, che appare nella foto a sinistra del presidente dell'Associazione Combattenti e Reduci, Giacomelli Felice. Fronte alta e baffi importanti lo contraddistinguono, il suo nome riportato a mano è accompagnato dall'anno di nascita 1889 e dalla qualifica di Capit., ovvero capitano. Abitava nel palazzo che si affaccia all'estesa corte conosciuta da tutti come Corte Biondani, a San Zenone di Minerbe dove vi lavoravano fino a sessanta braccianti agricoli impegnati in coltivazioni e allevamenti.
Corte Biondani oggi
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I proprietari erano i Conti Bernini, che risiedevano nelle zone lacustri e visitavano le proprietà una volta l'anno. Il capostipite Giuseppe Biondani vi aveva destinato nel primo dopoguerra il figlio Enrico. Egli era membro di una famiglia di Buttapietra che si era stabilita nell'Ottocento a Ronco all'Adige in una grande casa di campagna nel pressi del fiume a Tombasozana: denominata il "Cason", è oggi gestita come agriturismo dall'erede Italo che custodisce con cura i ricordi della famiglia. Era un nucleo numeroso come molti a quel tempo: come si vede dalla ricostruzione dell'albero genealogico Enrico avrà altri fratelli che si stabiliranno in zone limitrofe quali imprenditori agricoli: Palmiro ad Angiari, Lucillo a Bonavigo, mentre Italo rimarrà al Cason. La conduzione del fondo Bernini da parte del giovane Enrico era qualificata, dato che dopo aver frequentato un collegio maschile nei pressi del Lago di Garda, su invito di un professore, aveva frequentato il Politecnico a Milano. Un quadro di casa con stampa ormai sbiadita riporta a suo nome il diploma in Scienze Agrarie nell'anno 1914. La dichiarazione di guerra era alle porte.
IN NOME DI S. M. VITTORIO EMANUELE III per volere di Dio e per volontà della nazione
RE D'ITALIA Il direttore delle Scuola Superiore di Agricoltura in Milano visto il risultato finale degli esami sostenuti dal signor Biondani Enrico figlio di Giuseppe nato a Ronco all'Adige proclama il medesimo Dottore in Scienze Agrarie laureato in questa scuola e gli rilascia il presente diploma affinché possa valere per le prerogative e per gli effetti previsti dalla legge. Dato dalla scuola Superiore di Agricoltura di Milano
27 …. 1914 Oggi gli eredi di Enrico, la nuora e i nipoti, abitano a Roverchiara. Negli anni 70 il figlio Giuseppe, lasciando ad altri la conduzione dell'azienda di San Zenone, si stabilì con la famiglia a Roverchiara. I nipoti conservano con cura i ricordi di famiglia nella quale spicca per le vicende militari anche il figlio del capitano Enrico, Giuseppe, che insieme al fratello Mario verrà coinvolto dalla seconda guerra mondiale. Dopo l'8 settembre '43 si troveranno in fronti opposti: il primo, dopo la battaglia di Montecassino, avanzerà con gli Alleati; il secondo, scampato a una strage in Grecia, fu fatto prigioniero. Per quanto riguarda il capitano Enrico Biondani, la ricerca del suo foglio matricolare inizialmente è risultata difficoltosa in quanto l'anno di nascita non è risultato essere l'89 come riportato nel secondo Quadro d'Onore, bensì il 1890, ma alla fine lo si è potuto reperire presso l'Archivio di Stato di Verona dove è registrato con il numero di matricola 33967. Il foglio è scarno e non collima del tutto con i documenti significativi conservati dalla famiglia. Vi si può però leggere che era un giovane studente, con corporatura alta e robusta, che già nel '10 era stato reclutato, ma ammesso a ritardare la leva per motivi di studio. Due giorni prima della dichiarazione di guerra viene chiamato alle armi e vi giunge per l'inizio di giugno del '15. Quale laureato, inizia la scuola Ufficiali a Modena. Il 30 settembre dello stesso anno è sottotenente di complemento Alpini. Gli eredi integrano questi pochi dati con documenti di famiglia e altri, legati alla guerra, di vivo interesse storico. Quelli che maggiormente interessano risalgono al 1939. È una lettera proveniente da Roma che riporta l'indirizzo di Enrico Biondani mentre il mittente risulta essere il Cav. Gaetani Giuseppe, residente a Roma, in via Pietro Giannone, n° 28. Le ricerche in merito hanno dato per ora esito negativo, ma il documento ha una sua leggibilità intrinseca.
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Si possono osservare la busta e la lettera con a fianco la trascrizione.
«Roma, li 4 Ag. 1939 - XVII Caro Dott. Biondani, Ho ricevuto la V/ del 1 corr. m. Vi ringrazio e domando tante scuse del disturbo.
La descrizione della marcia di ripiegamento delle almerie da V/ comandate sbalordisce solamente a leggerla. L'A.M. in I del X alpini mi ha detto di dirvi che sarà certamente inserita sulla monografia, perché merita onorevole memoria.
A suo tempo vi sarà mandata una copia della Monografia in parole.
Il Comitato di redazione ha bisogno di ricordi o appunti qualunque essi siano altrimenti la Monografia viene troppo breve, tanto più che, disgraziatamente, il nostro bel Battaglione non ha potuto lottare fino alla fine della vittoriosa guerra. Sarei pertanto a pregarVi di rispondere a qualche altro numero della mia precedente lettera. Dopo tanti anni io non posso ricordarmi di tutto. La forza dei quadrupedi e la formazione delle Salmerie è necessaria. Se vi è possibile dateci qualche indicazione di cui al n° 7 della precedente lettera. Godo sapervi maggiore e che sul Grappa foste decorato al V.(alor) m(ilitare)
Cordiali saluti e auguri per le feste. Dev.mo Gaetani Giuseppe» Insieme a tale lettera, in cui si rileva la promozione di Biondani a Maggiore, la famiglia ha conservato ripiegato un foglio di carta robusta della grandezza di un foglio protocollo; il testo sembra scritto con matita indelebile. Capirne il capo e la fine è stato problematico, ma non impossibile, e si interpreta che si tratti di una brutta copia scritta su un foglio di banca riutilizzato. Lo scrivente avrà voluto giustamente tenere una copia del testo inviato. Si ha la notizia di due richieste successive di dati circa una monografia su imprese dei Battaglioni in epoca di guerra: non sappiamo se quella di cui disponiamo sia la prima o la seconda risposta. In ogni caso è il racconto di un evento, un percorso a piedi, che per la sua drammaticità è ripetuto due volte.
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Con pazienza si sono ritrovati i luoghi sulla carta geografica e si sono collegati ai drammatici eventi di quell'anno del conflitto. Biondani, a distanza di anni, ricorda i fatti del novembre del '17. La rottura del fronte a Caporetto era avvenuta il 24 ottobre precedente, per cui si tratta di una marcia di ripiegamento delle forze dell'esercito, dispiegate a monte delle valli del Piave e del Tagliamento, che dovevano compattarsi su un fronte ben più arretrato. Il tutto si può leggere in questa carta ripresa da Internet: tra i due fronti c'è la marcia del Capitano Biondani con i suoi uomini e animali. Contrassegnata in rosso a pallini la linea del fronte prima della rotta di Caporetto, con la linea rossa continua il fronte tre mesi dopo. In questa carta si sono localizzati i luoghi e, con le due frecce tratteggiate in rosso, la marcia di ripiegamento del Cap. Biondani Enrico con le Salmerie del Battaglione Mercantour. La trascrizione della copia manoscritta dal capitano Biondani alla richiesta avanzata dal tenente Caetani è la seguente.
«Caro tenente Gaetani, ho ricevuto la vostra richiesta per una breve cronistoria delle Salmerie del M. Mercantour, reparto che io comandai dalla formazione Aprile-Maggio 1916 allo scioglimento del Battaglione Ott. Nov. 1917. Sembrami però che riuscirebbe di poco interesse tale narrazione giacché le fatiche passate, son passate, e le vicende trascorse non sa e non può comprenderle che chi ha saputo superarle. Un fatto solo è importante in così lungo periodo e in tante vicende della guerra ed è che viveri e munizioni non sono mai mancati in linea e merci l'abnegazione di tutti i miei bravi conducenti abbiamo sempre provveduto a quel minimo di confort che si è potuto procurare per i soldati e i muli. Interessante invece parmi raccontare l'ultima vicenda, quando a malincuore dovemmo separarci dal Battaglione per mettere in salvo le salmerie attraverso la mulattiera di Alesso- San Francesco- Tre-monti (Tramonti)- Claut - Longarone - e da qui a Quero dove trovammo il ponte bloccato dai nemici e ci salvammo per la Valle del Calcino attraversando il Monfenera discendendo finalmente a Cavaso e di qui a S. Eulalia al sicuro tra i nostri. Creda, è stata una marcia eroica. Tre giorni e tre notti di durissimo cammino guidati solo dall'orientamento personale!
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Per via la colonna continuava ad ingrossarsi con salmerie di altri reparti e potei in tal modo portare in salvo oltre 300 muli e conducenti passando a guado il Meduna in morbida, le Clautane con la neve alta oltre un metro e poi quando finalmente arrivammo a Longarone in Val di Piave e di qui scendemmo a Belluno deserta e a Quero superare l'ultimo ostacolo per non cadere prigionieri e gettarci su per la vallata del Calcino e superato il Monfenera discendere a Cavaso! Notte del 4 novembre 1917. Tutto questo lo sapranno i conducenti del M. Mercantour a me solo è rimasta la gioia del dovere compiuto e di essermi fortunatamente salvato dalla prigionia. A Sandrigo, due o tre giorni dopo, passai tutti i quadrupedi e gli uomini ad un comando alpino di concentramento ed io passai a comandare una compagnia del Batt. Fenestrelle sul Grappa. Ero in quei giorni Capitano e si cercava di resistere come si resistette sul Grappa al tracotante invasore. Per me incomincia (ò?) da questi giorni un nuovo periodo di guerra di cui conservo qualche segno di valore e non mi resta che un nostalgico ricordo del caro Batt. Mercantour»
A parte le località, punti di riferimento precisi, in pratica il Battaglione è partito dalla valle del Tagliamento dove è Alesso, per portarsi attraverso le montagne nella valle del Piave, a Longarone, e da qui scendere verso sud "al sicuro fra i nostri". Il testo è molto chiaro, ma merita evidenziare l'affetto del Capitano per il reparto del Battaglione di cui aveva il comando, e l'attenzione a uomini e muli. Giusto il compiacimento del giovane graduato che era riuscito a compiere il dovere mettendo in salvo quadrupedi, conducenti e Salmerie per resistere più a valle "al tracotante invasore". Con il reparto Salmerie del Mercantour aveva in carico il complesso di viveri, munizioni e rifornimenti vari necessari alla truppa. Enrico Biondani aveva ottenuto i gradi militari tra gli Alpini, le cui truppe, nate nel 1872, erano destinate a operare di preferenza nelle regioni di alta montagna che erano diventate il difficile confine naturale. Allo scoppio del primo conflitto mondiale si crearono nuove unità, prima Compagnie poi Battaglioni, che vennero distinti con nomi di monti tra cui il Mercantour, monte di quasi tremila metri, nelle Alpi Marittime, al confine con la Francia. Tale Battaglione, con altri otto, faceva parte del 1° Reggimento Alpini come confermato dal foglio matricolare. Allo scioglimento, alla fine del '17, Biondani passerà al 3° Reggimento e, con una compagnia del Battaglione Fenestrelle, sarà il Grappa il suo teatro d'azione. Molti anni dopo la guerra, egli visitò quei luoghi con i famigliari e nel 1841 riceverà la promozione a Tenente Colonnello.
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OTTAVIANI IGINO
Ottaviani Francesco Lorato Anna
I ___________________________________________ I I I I
Attilio Ermenegildo Linda Igino 1894 - 1967 Monastero Amabile
I
__________________________________________________________________________ I I I I I I I I I
Idelma Maria Elda Maria Adelina Dante Elda Franca Franco Giuseppe ………. I ______________________________ I I I I
Barbara Daniela Veronica Elisabetta Righetti Michele Andrea Turcato I I
Alessandro ______________ I I Francesco, 2^A Fabio I famigliari di Ottaviani Igino, a distanza di generazioni, non scordano che il loro congiunto ha fatto la guerra, anche perché di quel periodo e di quello successivo egli ha lasciato generoso diario. Gino parla della sua esperienza di quando aveva poco più di vent'anni nella prima parte dei suoi scritti, e probabilmente dopo il conflitto. Riferisce date e luoghi precisi, a confermare quanto quei fatti siano rimasti indelebili nella sua memoria.
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Le nipoti oggi ricordano il nonno trascrivendo con cura le sue memorie che qui si riportano:
«Ottaviani Gino, Nato il 9 settembre 1894 in corte Comuni – Comune di Minerbe Figlio di Francesco e di Lorato Anna. Ai 12 settembre 1915, in detta data fui chiamato alle armi. Prima di partire feci la domanda di essere assegnato nel corpo dei Reali Carabinieri. Tutte le pratiche fatte mi risultarono favorevoli fino alla visita superiore a Roma che da un Colonnello medico fui dichiarato inabile per quel corpo, per una (periostasi) al piede sinistro. E lì fui assegnato al 14° Fanteria Foggia. Il mio dolore fu grande, e per forza dovetti rassegnarmi e fare il buon soldato in quel corpo che certo non mi gustava. Non mi dilungo col citare tutti i nomi dei compagni d’armi, e della vita trascorsa fino al 24 maggio, data in cui l’Italia ha dichiarato guerra all’Austria. Io, col mio Reggimento 4 giorni prima era già al fronte cioè a Palmanova. La guerra fu terribile, quasi tutte le nazioni europee ne presero parte. Intanto con il passar dei giorni abbiamo occupato oltre il vecchio confine e abbiamo preso contatto con il nemico che certo ci attendeva fortificato sulle prime colline dopo subito il fiume Isonzo. La lotta, notte e giorno, fu sanguinosa ed io purtroppo il 20 di giugno fui ferito da una scheggia di Idrappenes nemico alla coscia destra, (località) ai picchi del Monte Seibusi (Ronchi dei Legionari). La ferita per fortuna non fu grave, ma dovetti essere trasportato all’ospedale, prima da campo e poi con il treno della Croce Rossa fui portato a Reggio Emilia dove fui ricoverato per 40 giorni, e poi mandato in convalescenza per 20 giorni (prima ancora di partire fui promosso Caporale). Trascorsa in Famiglia la convalescenza, mi presentai al deposito di Foggia – qui debbo ringraziare di cuore e sempre l’amico Menin Zefferino, che al deposito lo trovai come Caporal Maggiore Armaiouolo… …fui assegnato al 529 B Compagnia Presidiaria che in quei giorni stavano formandola per mandarla al Fronte e fare servizi sedentari. Anch’io partii e ci hanno mandato sull’alto Cordevole Col di Lana di corvé alla sussistenza e podizia al campo nella 18^ Divisione. Il servizio non era tanto pericoloso e si passava la vista discretamente. Chi comandava la suddetta compagnia c’erano ufficiali che erano come si dice, Padri di Famiglia. Non passavano molti giorni che fui assegnato caporale di cucina, non mancai anche in questa carica di impegnarmi lodevolmente il mio servizio (come del resto era il mio carattere) e la vita la passavo discretamente godendo anche di stima dei miei superiori. Questo lo posso dire francamente, e la prova la tengo sempre presente e anche qui mi faccio memoria, cioè il Tenente che comandava la compagnia di nome D’Erario Marcello di Bari. … Per me questo era un grande uomo che sempre lo ricordai. Dal Col di Lana nel ’17, causa della ritirata di Caporetto, abbiamo dovuto ritirarsi sul Grappa, nuova posizione ancora difficile, ma io sempre nella presidiaria e sempre in cucina prima come caporale e poi come caporalmaggiore feci sempre vita buona fino al congedo fui quasi sempre in cucina. Ho tracciato in linee brevi la mia vita prima, durante la vita militare, perché questo non è il mio scopo cioè di raccontare la storia del mio passato. Ciò che è detto e per avere un semplice ricordo di quello che fino al momento del mio congedo -12 settembre 1915 (?) - fu la mia esistenza». Il suo foglio matricolare conferma e integra gli scritti. Era nato a Corte Comuni dove molti braccianti minerbesi erano impegnati nella grande azienda agricola dei Conti Bernini. Qui riprese il lavoro dopo la guerra assumendo ruoli di responsabilità e abitando nella contrada di Anson. Il foglio lo descrive di buona statura, con capelli neri e occhi castani, di professione contadino. Non solo sapeva leggere e scrivere come registra il foglio, ma evidentemente amava lasciare traccia del suo vissuto sulla carta.
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Per quanto riguarda queste abilità, la famiglia ricorda che era punto di riferimento presso gli operai della corte in un periodo storico in cui un'adeguata alfabetizzazione non era patrimonio di tutti. Nel '14 è soldato di leva che chiede la ferma di tre anni con l'inclusione nell'Arma dei Carabinieri Reali. Nel diario Igino, con marcato disappunto, racconta che gli fu negato l'accesso a quel Corpo per marginali problemi di salute, che non gli impedirono però di essere trattenuto alle armi per mobilitazione nel gennaio del '17. Il suo testo integra il foglio matricolare e racconta dell'occupazione dei territori oltre il vecchio confine. Sembra corrispondere alla primavera del 1916. Egli cita il Monte Sei Busi, in realtà una modesta altura di neanche duecento metri, che fu terreno di aspre lotte tra i fanti italiani e le truppe straniere che lo difendevano. Interessante e impressionate dal sito della Proloco Fogliano - Redipuglia:
«Il Monte Sei Busi, che si trova a destra del Sacrario di Redipuglia, presenta ancora oggi la landa carsica che caratterizzò l'aspro paesaggio carsico agli inizi del 1900. Sono ancora evidenti e visitabili i resti delle trincee italiane e austriache nelle quali i soldati combatterono le prime Battaglie dell'Isonzo. L’esigua distanza fra i due schieramenti fa capire quanto anomala fosse questa guerra. In alcune zone, infatti, la distanza era così ridotta che i soldati avrebbero potuto colpirsi anche lanciandosi delle pietre… » Veniamo a conoscere dalle sue parole il ruolo fondamentale della Croce Rossa, istituzione umanitaria apolitica nata nella seconda metà dell'Ottocento per soccorrere i feriti di ogni conflitto. Inoltre apprendiamo il ruolo del treno come valido ausilio alla Sanità per trasportare velocemente i feriti.
Il foglio matricolare riporta le promozioni a Caporale e quindi a Caporal maggiore e l'inclusione in una Compagnia della Sussistenza, successivamente al suo ferimento di cui manca la registrazione. Venne destinato ai luoghi dell'alto Bellunese: il Col di Lana, con le cime di circa duemila metri, località di confine tra l'Impero Austro-Ungarico e il Regno d'Italia, è stato teatro di aspri combattimenti che hanno lasciato sul terreno circa ottomila morti, tanto da essere soprannominato "Col di Sangue".
Nel diario Igino racconta la propria discreta situazione, sottoposto a Ufficiali dal comportamento onesto di "padri di famiglia". Racconta in prima persona di un tale impegno nel servizio di cucina da ottenere ricompense di stima dai superiori concretizzate nel riconoscimento militare.
Si legge tra le righe il valore dell'amicizia nella vita di guerra: Gino nomina Marcello, di Bari, a raccontare come la prima guerra mondiale abbia creato gli Italiani, in quanto obbligato motivo di conoscenza e vicinanza tra giovani di varia provenienza. L'altro solidale amico minerbese di cui parla, Menin Zeffirino, è riscontrabile in foto nel primo quadro d'onore in cui è registrato Sergente: maggiore di due anni, Igino lo nomina quale Caporal Maggiore Armaiolo.
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Tale giovane non è l'unico del quadro legato al nome di Igino: leggendo la minuziosa ricostruzione dell'albero genealogico risalente al '600 che la famiglia Ottaviani ha elaborato, tre giovani dello stesso cognome risultano legati tra loro: Ermenegildo è il fratello maggiore di dieci anni, mentre Augusto era un cugino nato nell’85.
Anche in questa famiglia la Prima Guerra Mondiale ha assunto una grande importanza impegnandone le forze maschili più giovani nate nell'ultimo ventennio dell'Ottocento. A Igino sono riconosciuti tutti e quattro gli anni di guerra, infatti, nel diario si legge anche dell'arretramento del fronte al Grappa nell'autunno del '17, posizione giudicata "difficile", dopo la ritirata di Caporetto. Fu infine congedato nell'autunno del '19 con il pagamento di un'indennità di duecento lire.
Occorre riconoscere che la sua esperienza di guerra, che si rileva dal foglio matricolare e dal diario, dopo il ferimento nel '17, non fu cruenta perché a lungo impegnato nella Presidiaria. Tali Compagnie, composte da soldati più o meno temporaneamente non abili al servizio in linea, assumevano compiti di controllo e ufficio all'interno della stessa Divisione.
Già il Corpo dei Reali Carabinieri, nel quale gli furono escluse posizioni primarie, alla richiesta di ferma lo inviò ai servizi speciali inserito nella Fanteria. Nel '21, infatti, è registrato quale iscritto nella forza in congedo di tale Corpo che merita un breve approfondimento.
In questo albero genealogico della famiglia Ottaviani tre soldati della Prima Guerra Mondiale.
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CATTAN LEONE
Giulio Cattan Virginia Bordin
____________________________________________________________________________
I I I I I I I I I
Leone Emilio Marcello Ferruccio Ermete Vittorio Arduino Marianna Maria 1995- ... Maria ……… I
I _____________________________ ______________ I I I
I I Renata Vanna Paola Spartaco Sergio Bruno Turcato I
_________________ I I Andrea Roberta Veronica I ______________ I I
Francesco, 2^A Fabio
La famiglia di cui Leone era il primogenito mostra come la figliolanza fosse numerosa all'affacciarsi del ventesimo secolo; egli si presenta alle armi all'inizio del '15, un anno dopo del dovere, per attendere il congedamento del fratello Emilio vicinissimo d'età. Dopo qualche mese, il 22 maggio del '15, viene chiamato alle armi per mobilitazione e all'inizio di giugno è in zone di guerra. La sua destinazione era la Terza Armata che, secondo i libri di storia, presidiava i luoghi del Basso Isonzo, da Gorizia al mare. Il suo foglio racconta di assenza dal fronte per alcuni mesi, tra il '16 e il '17, a causa di malattia. Nel marzo del '17 è registrato nella Fanteria e alla fine dello stesso anno è nel Genio Ferrovieri con sede a Torino. Era un giovane alto, con capelli neri e colorito bruno, che dichiarò la professione di cameriere. Dalla vicina Bevilacqua dove era nato, la famiglia si trasferì in via S. Antonio a San Zenone, dove il fratello Vittorio visse con gli anziani genitori. Leone invece fece la scelta di trasferirsi in città, a Como, probabilmente per trovare lavoro, per poi ritornare nelle nostre zone con una nuova unione dopo la precoce vedovanza.
104
La sua non era una famiglia contadina, ma di piccoli imprenditori nell'ambito della ristorazione e alimentare. Le informazioni ci vengono fornite dalla nipote Paola Cattan che conserva ricordi sfumati dello zio e della sua famiglia. Al soldato Leone verranno riconosciuti tre anni di guerra, infatti, dal foglio matricolare non si rilevano interruzioni tra la destinazione al Genio Ferrovieri e il congedo illimitato nell'ottobre del '19, quando ottenne un’indennità di 290 lire.
MILANESE LEONE
Luigi Milanese Maria Teresa Milanese
I
_____________________________________________________ I I I I Augusta Mario 1895 - Leone 1898 - '79 Maria ……….. Rossini Luigia I I
__________________________________ _____________________________ I I I I I I I
Luigi Giovanni Annamaria Maria Teresa Raffaella Maria Teresa Luciana Nei due quadri d'onore, fonti di ricerca, molti sono i soldati raffigurati che riportano il cognome Milanese ancor oggi ricorrente nel Minerbese. A Santo Stefano, frazione di Minerbe, quali coltivatori diretti, viveva alla fine dell'Ottocento la famiglia di Luigi Milanese, originario di Bonavigo, e di Maria Teresa, anche lei di cognome Milanese, che custodiva la casa di famiglia, Villa Visconti. La signora Maria Teresa era una donna in gamba; una piccola foto la ritrae sotto la pergola davanti alla casa con i tre figli piccoli. Durante la prima guerra mondiale ella ha dovuto essere particolarmente coraggiosa e intraprendente dato che i due figli maschi che aveva avuto, Mario nel '95 e Leone nel 98, erano in guerra. Era vedova da pochissimo e comunicava ai figli lontani la situazione dell'azienda. Questo dato convalida quello che riferisce il Parroco di allora nelle Memorie della parrocchia: "… non rimasero a casa per la coltivazione dei campi che donne, pochi vecchi e fanciulli". Leone era molto legato alla madre e, pur lontano, ne viveva le ansie. Dopo la guerra parlava poco di quell'esperienza, ma conservava un garofano sottratto alla corona di fiori deposta al muro del Castello del Buon Consiglio di Trento dove Cesare Battisti, irredentista italiano, venne giustiziato il 12 luglio del '16.
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Il soldato Leone è raffigurato nel primo quadro d'onore. Il suo foglio matricolare riporta il n° 14593 e lo descrive di buona statura e scuro di capelli. La dichiarazione di guerra lo coglie giovanissimo, nel gennaio del '17 è soldato di leva. Un mese dopo viene chiamato alle armi nel 38° Reggimento Fanteria. Il foglio è eccezionalmente incompleto dato che non riporta altri dati, ma questi sono integrati dalla testimonianza orale della figlia Maria Teresa che conserva documenti riferiti all'esperienza militare del padre. Lei ricorda che era partito nella primavera del '17 e che, come Caporal maggiore, istruiva le reclute ad Alessandria. Di seguito, certamente, venne mandato nelle zone di guerra quale combattente: nominava luoghi tragici come Nervesa della Battaglia e il Piave. Immerso per un'intera notte nell'acqua di quel fiume diventato nuova linea del fronte dopo la disfatta di Caporetto, ne uscì febbricitante, tanto che fu costretto al ricovero in un ospedale da campo. Maria Teresa ricorda che lo zio Mario, soldato in guerra come motociclista portaordini, saputo del ricovero del fratello, ebbe il modo di recarsi in visita: tra le brande non lo riconobbe, tanto era sofferente e denutrito. Fu il malato stesso a richiamare a fatica l'attenzione del congiunto. Di questo episodio Leone ebbe il riconoscimento in una piccola pensione di guerra, solo per alcuni anni, dato che nel tempo non accusò postumi della malattia contratta al fronte. Dopo la guerra sposò Rossini Luigia e continuò nella coltivazione dei terreni; ebbe tre figlie che frequentarono
l'Istituto Canossiano a Legnago. Nel 1972 Leone ha ricevuto l'onorificenza di Cavaliere dell'ordine di Vittorio Veneto "per riconosciuti meriti combattentistici con facoltà di fregiarsi delle relative insegne".
FACCIOLI FRANCESCO
____________________________________ I I Faccioli Francesco Melotto Elisa Angiari 25.08.1881 Angiari 10.05.1882 mugnaio __________________________________________________________________________ I I I I I I I I Idamia Elide Remigio Rosa Maria Amneris Anna Maria Ampelio Diego 28.5.1907 23.7.1909 3.6.1911 9.11.1912 20.8.1913 26.7.1915 26.7.1915 30.8.1920 I sposa Leone Bianca I ___________________________________________________ I I I I Gemma Gilberto Gianluca Fulvio I Francesca
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Il soldato Francesco Faccioli è il nonno della signora Gemma e il bisnonno dell’alunna Francesca Serafini che ha portato a scuola i documenti dell’avo relativi alle sue vicende di guerra. Attraverso essi è stato così possibile ricostruirne la storia. Francesco parte per il fronte di guerra, come soldato richiamato alle armi, l’8 maggio 1915. Essendo nato il 25 agosto 1881 ha 34 anni e quindi una famiglia alle spalle costituita dalla moglie Elisa e da cinque figli più due gemelli in arrivo, Anna Maria e Giovanni, che nasceranno di lì a pochi mesi, il 26 luglio 1915. Il suo foglio matricolare consente di rilevarne la professione, fa il mugnaio, e le caratteristiche fisiche: alto un metro e sessantasette cm., capelli biondi lisci, occhi grigi. Non solo sa leggere, ma il foglio matricolare indica che gli è stata rilasciata l’attestazione per l’elettorato politico. La signora Gemma ci riferisce che la raccolta dei documenti, che ci consentono oggi di ripercorrere le vicende del soldato Francesco Faccioli, è dovuta alla cura minuziosa che di essi ha fatto la sua mamma, la signora Bianca Leoni, moglie del terzogenito di Francesco, Remigio, di professione falegname. La signora Bianca, infatti, sposatasi con Remigio, è andata ad abitare nella casa del suocero condividendone l’abitazione e accudendolo fino al momento della morte avvenuta il 23 giugno 1957, all’età di 76 anni. La signora Gemma, grazie ai ricordi della madre, può così ora riferirci che il nonno possedeva un mulino sull’Adige e grazie al suo lavoro poteva mantenere con un certo agio la famiglia ricca di figli. La partenza di Francesco comporta però gravi conseguenze sull’economia familiare. La moglie di Francesco, infatti, la signora Elisa Melotto, con sette figli da mantenere è costretta a indebitarsi. Al termine dalla guerra pertanto Francesco, che ritorna invalido per una ferita che ne compromette la deambulazione, è costretto a vendere casa e mulino per ripianare i debiti. Si trasferisce in una dimora più modesta e cambia lavoro. La ferita di guerra, infatti, gli ha procurato un danno permanente all’anca sinistra che gli rende difficile il camminare. Percepisce per questo una modesta pensione, ma non essendo sufficiente per le varie necessità, si adatta a fare il trasportatore per conto terzi. Consegna merci nelle varie località della zona, trasportando con il suo carro farina, legna, carbone e quanto altro venisse richiesto. Le vicende per il riconoscimento della ferita come causa di servizio per fatti di guerra. Il carteggio tenuto con cura dalla famiglia consente di ricostruire i fatti relativi alla ferita riportata e il non semplice percorso svolto per ottenerne il riconoscimento come fatto avvenuto per vera e propria causa di servizio. Se ne riportano i vari passaggi citando la documentazione di riferimento. 1. Processo verbale del 28 giugno 1917 con il quale il comandante del 20° Reggimento Fanteria e il
comandante del reparto, cui il soldato Faccioli è assegnato, unitamente a due testimoni presenti ai fatti, rilasciano la dichiarazione che il fatto d’armi nel quale è stato coinvolto il soldato Faccioli Francesco, è avvenuto in data 8 giugno a quota 100 (Monfalcone)
2. Atto deliberativo del Consiglio d’Amministrazione del 20° Reggimento Fanteria con sede
presso Reggio Calabria, datato 5 novembre 1917 con il quale si esprime il seguente parere: “ essere abbastanza provata la realtà del fatto cui viene attribuita la ferita e riunire in sé il fatto condizioni tali da potersi considerare come avvenuto per vera e propria causa di guerra”
3. Foglio di licenza illimitato concessa al soldato Francesco Faccioli per recarsi da Reggio Calabria
ad Angiari, datato 20 dicembre 1918 dove si attesta che ‘parte soddisfatto di cinque giorni’ e per questo riceve 25 lire. È un bellissimo foglio che riporta molte annotazioni.
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In alto a destra sono indicati tutti i segni di riconoscimento del militare: statura, capelli, dentatura, carnagione, colore degli occhi, altezza,..; in basso invece il foglio è suddiviso in due parti: a sinistra sono elencate le norme di viaggio, a destra le avvertenze per i militari in licenza. Sul retro sono invece presenti le principali linee delle tradotte militari con relativi orari.
4. Foglio di congedo illimitato che riporta la storia del soldato Faccioli Francesco. Vi si attesta che esso viene consegnato al soldato Faccioli, numero di matricola 12867, in data 15 agosto 1919. Nel foglio inoltre vi si attesta che durante il tempo passato sotto le armi ha tenuto buona condotta e ha servito con fedeltà e onore.
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Viene riportato che il primo arruolamento avviene il 13 luglio 1901; mentre la chiamata alle armi riporta la data del 14 marzo 1902. Dal distretto di Verona è trasferito quindi al 3° Reggimento Fanteria il 22 marzo 1902 e giunge alle armi per mobilitazione l’8 maggio 1915. Rinviato in congedo illimitato il 15 agosto 1919. Campagne di guerra: 1915-1916-1917. Anche il retro del foglio riporta notizie molto interessanti e in particolare nella parte superiore vengono indicati Doveri e facoltà del militare in congedo, nella parte sotto i Doveri del militare in caso di richiamo alle armi.
5. Comunicazione del Ministero della guerra al comando dei RRCC di Legnago con il quale il Collegio medico superiore ritiene utile sottoporre a visita diretta il soldato Faccioli Francesco per cui il Comando viene invitato a dare gli opportuni ordini affinché il militare sia fatto ricoverare nell’ospedale del Celio a Roma.
6. Il successivo documento è il biglietto d’uscita dall’ospedale militare di Roma dove viene riportato che il soldato Faccioli è entrato nell’ospedale il 14 marzo 1922 uscendone il 16 marzo 1922 e partendo soddisfatto coll’indennità di trasferta per n. 2 giornate pagate con lire 23,45.
7. A seguire il decreto n.° 351985 del Ministero del tesoro, del 15 aprile 1922 a firma del ministro Pavone che riporta le seguenti annotazioni: ‘considerato che era stato concesso l’assegno rinnovabile di terza categoria in lire 618, per tre anni dal 20.05.1919 e l’assegno mensile di lire 20, ‘visti i nuovi atti sanitari e vista la deliberazione del Collegio Medico superiore in data 15.03.1922,’
si decreta di liquidare al soldato Faccioli Francesco, affetto da infermità contratta a causa di guerra ascrivibile in via definitiva alla 5 categoria, una Pensione annua da durare a vita dal 26 maggio 1919 di lire 756, elevata a lire 1440 dal 6 gennaio 1919 al 30 giugno 1923, con pagamento da eseguirsi in Angiari’.
Di questa pensione il soldato Faccioli godrà definitivamente per tutta la sua vita senza altre revisioni e verifiche.
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‘In memoria di Ognuno’
“Tutti avevano la faccia del Cristo
nella livida aureola dell’elmetto.
Tutti portavano l’insegna del supplizio
nella croce della baionetta.
E nelle tasche il pane dell’Ultima Cena
e nella gola il pianto dell’ultimo addio”
Le parole di questo sconosciuto, scolpite nella galleria del Castelletto delle Tofane, offrono la sintesi commossa di ciò che la guerra ha significato per chi l’ha vissuta. All’interno della nostra classe sono stati individuati cinque bisnonni che hanno partecipato alla prima guerra mondiale. Tre di essi siamo riusciti ad intervistarli attraverso i loro figli, i nostri nonni. Ecco una sintesi dei “loro” racconti, corredati da onorificenze acquisite sul campo di battaglia.
CHIAVENATO SILVIO
Il bisnonno paterno di Simone nasce a Pressana (VR) nel 1895. In famiglia erano cinque fratelli. A vent’anni viene chiamato alle armi, in fanteria; parte con la tradotta da Cologna Veneta. Partecipa alla battaglia sul Piave, dove per non farsi prendere dagli austriaci, con altri commilitoni si immerge completamente nelle acque del fiume, respirando con delle canne di bambù. Si offre volontario per tagliare i reticolati nemici. In questa operazione, che gli varrà la medaglia di bronzo, viene ferito ad un fianco dalla scheggia di una granata. Questo episodio, per quanto drammatico, probabilmente gli salverà la vita. Infatti, dopo essere stato dimesso dall’ospedale militare, viene rispedito al fronte. La gamba continua a dolergli e per questo viene congedato.
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GIUSEPPE DAL CORTIVO È il bisnonno materno di Elena. Nasce a Montecchia di Crosara (VR) il 9 /6/1893, figlio di Carlo e di Danese Ginevra. Dal foglio matricolare si apprende che è alto 171cm, che ha i capelli ondulati, color castano, gli occhi grigi e la dentatura sana. Di professione fa il contadino e sa leggere e scrivere. Riceve la cartolina di chiamata alle armi per mobilitazione (Regio Decreto del 28 maggio 1915) il 1/6/1915 e insieme al fratello, che partirà con lui, s’incammina verso San Bonifacio per salire sulla tradotta, il convoglio speciale riservato ai militari. Viene destinato all’artiglieria, sezione bombardieri. Combatte in guerra in varie zone e viene congedato definitivamente solo il 19 settembre 1919, dopo aver ricevuto il pagamento del premio di congedamento di £ 250,00 (circolare n° 114 del G.M. 1919) e avere meritato una dichiarazione di buona condotta e di aver servito con fedeltà e onore. Purtroppo al fratello non toccherà la stessa sorte, in quanto morirà in combattimento.
Onorificenza in ricordo della
partecipazione alla Grande Guerra
Ricordo donato al signor Dal Cortivo in occasione del cinquantesimo della fine della prima guerra mondiale.
Interessante la dedica: “Sia perenne come il tempo l’amor di patria”
(Disegno di Giulio)
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FAVALLI GIUSEPPE
Favalli Giuseppe è il bisnonno della mamma di Angelica. Nato a Cerea (VR) il 19/3/1879; data l’età (37 anni), partecipa alla grande guerra come conducente muli. Opera tra la Vallarsa e la Val d’Adige, a quel tempo linea di confine tra l’Italia e l’impero austro-ungarico. Riforniva di viveri e munizioni i militari di prima linea. Alla fine del conflitto, ormai trentanovenne, torna a casa tra i primi soldati congedati essendo venuto meno il compito per cui era stato precettato.
Documento che attesta il conferimento della cittadinanza onoraria da parte
della città di Treviso al signor Favalli Giuseppe, in occasione del quarantesimo
anniversario della fine della guerra.
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Pensieri, riflessioni e poesie degli alunni delle classi quinte
UNA “STORIA” LONTANA SOLO CENTO ANNI FA
4 NOVEMBRE :ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA
FESTA DELL’UNITA’ D’ITALIA
E DELLE FORZE ARMATE.
1914 2014
Il 4 novembre è l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, è la festa dell’Unità
d’Italia e delle Forze Armate.
Ricordiamo i momenti più importanti della Grande Guerra.
- Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, così chiamata perché vi parteciparono tanti
Stati europei e due Stati non europei: gli Stati Uniti
d’America e il Giappone.
- Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò nel conflitto e
combatté a fianco della Triplice Intesa (Francia,
Russia, Inghilterra). L’Italia dichiarò guerra
all’Austria per liberare le due città italiane di Trento
(Trentino Alto Adige) e Trieste (Friuli Venezia
Giulia).
- L’esercito italiano, all’inizio, riportò numerose
vittorie, ma il 28 ottobre 1917 fu sconfitto dagli
Austriaci e dai Tedeschi a Caporetto. I soldati italiani non fuggirono, ma divennero ancora
più forti, si sentirono più uniti e fermarono gli invasori sul fiume Piave e sul monte
Grappa.
- Nell’ottobre del 1918, dopo un anno di resistenza sul Piave, l’esercito italiano sconfisse
definitivamente l’esercito austriaco a Vittorio Veneto e
liberò Trento e Trieste.
- La vittoria dell’esercito italiano fu decisiva, perché con
essa la guerra finalmente finì.
- il 4 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia.
114
MINERBE RACCONTA Una piazza e dodici vie per ricordare la prima guerra mondiale
in tutti i suoi aspetti: i protagonisti, i fatti e gli ambienti.
I nomi di queste strade ci raccontano storie esemplari,
non ascoltarle vuol dire, essere circondati da tante voci, ma… essere sordi!
115
RIPERCORRIAMO ALLORA LA MINERBE DELLA GRANDE GUERRA.
VIA CAVALIERI VITTORIO
VENETO
ricorda la battaglia di Vittorio Veneto, fu
l'ultimo scontro armato tra Italia e Impero
austro-ungarico nel corso della prima guerra
mondiale.
Si combatté tra il 24 ottobre e il 4 novembre
1918 nella zona tra il fiume Piave, il Massiccio
del Grappa, il Trentino e il Friuli e vide la
decisiva vittoria Italiana.
VIA RAGAZZI DEL 99, l’ultima leva dell’Ottocento. Molti non avevano
ancora diciott’anni.
Nel bollettino di guerra, il capo di stato maggiore, Armando Diaz, scriveva:
«I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il loro battesimo del fuoco.
Il loro contegno è stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra
al nemico le vie della patria, in un superbo contrattacco, unito al loro
entusiasmo all’esperienza dei compagni più anziani hanno trionfato».
116
VIA CESARE BATTISTI
Cesare Battisti è stato un patriota
irredentista italiano. Cittadino austriaco
fu deputato al Parlamento di Vienna.
Allo scoppio della grande guerra
combatté per la parte italiana.
Catturato dagli austriaci, fu processato e impiccato per alto tradimento in
quanto deputato austriaco.
VIA PASUBIO
Il Pasubio è un massiccio
situato al confine tra le
provincie di Vicenza e Trento. È
stato un importante luogo dei
combattimenti della prima
guerra mondiale.
117
VIA DEGLI ALPINI
Gli alpini, “i figli dei monti” come li chiamava Cesare Battisti, si erano
distinti durante la prima guerra mondiale quando furono impiegati nei
combattimenti al confine nord-est con l’Austria Ungheria, dove per tre anni
dovettero confrontarsi con le truppe da montagna austriache e tedesche.
118
Da via degli Alpini si raggiunge il quartiere Primavera dedicato alle Forze
Armate: Via dell’Aviere, Via del Bersagliere, Via del Granatiere via
Dell’Artigliere, via Del Fante e via Dei Lagunari.
Tutti corpi dell’esercito coinvolti nel conflitto e nei quali molti dei nostri
concittadini sono stati arruolati.
VIA TRENTO E VIA TRIESTE,
collocate a Ovest di Minerbe in direzione Nord la prima e in direzione Sud la
seconda, ricordano due città liberate.
120
Una poesia per aiutarci a capire…..
l’animo dei soldati
Questa poesia è una metafora per spiegare
che in guerra il pericolo è sempre vicino.
G. Ungaretti paragona le foglie autunnali
ai soldati: le foglie in autunno cadono
dagli alberi in un attimo, così in un attimo
i soldati …muoiono.
Il poeta prova tanto dolore e tanta tristezza
per la perdita di tanti amici.
“SOLDATI”
SI STA COME
D’AUTUNNO
SUGLI ALBERI
LE FOGLIE.
G. Ungaretti
121
RIFLESSIONI:
Abbiamo visto filmati sulla Grande Guerra, letto testimonianze, osservato immagini e
discusso.
Ora esprimiamo le nostre opinioni.
Cos’è per te la guerra?
Elena: ”Per me la guerra è un metodo orrendo usato dalle persone per risolvere
controversie di tipo politico, religioso, economico”:
Salvatore: ”Per me la guerra è un litigio inutile e crudele che costringe molti uomini a
dare la vita per ristabilire un ordine”.
Salwa: ”La guerra è un litigio tra persone e tra stati. In guerra muoiono i soldati
innocenti e anche le persone innocenti. In guerra nessuno vince perché tutti
perdono persone care.
Cosa pensi quando senti questa parola?
Aurora: ” Penso di sentire come se ci fosse una persona che mi urli dentro mentre
muore”.
Martina: ” Penso ai bambini che sono in mezzo alle bombe e hanno paura di uscire
fuori di casa. Se io fossi in loro sarei terrorizzata.
Sofia: ” Penso che le famiglie in cui il marito o papà è in guerra stiano molto male”.
Michele: ” Penso al terrore dei soldati di essere uccisi e a tutti gli innocenti che hanno
perso la vita”.
Kevin: ” Penso ai morti che si sono sacrificati per la pace, a quelli che sono rimasti
mutilati e alla povertà di uno stato in guerra”.
Giada: ”Quando sento questa parola penso ai fucili, ai cannoni, alle bombe e a
quante distruzioni e sofferenze hanno portato queste armi”.
Carolina: ”Penso che la guerra sia un’ingiustizia perché uccide tante persone e tanti
bambini. Penso alla preoccupazione delle famiglie che avevano in guerra
parenti e amici”.
Francesco: ”Guerra è una parola che mi fa pensare al tormento dei soldati sul campo di
battaglia, alla paura di morire; al sangue, alle armi, alle trincee, ai gas
velenosi, alle munizioni, al cielo grigio, alla puzza della polvere da sparo, al
cibo disgustoso”.
Enrico: ”Quando penso alla guerra, penso alla crudeltà e alla sofferenza che ha portato
la guerra”.
Lorenzo: ”La guerra suscita in me brutti sentimenti: tristezza e paura”.
122
Ti è stata illustrata la storia di alcuni soldati, giovani ragazzi del tuo paese, ritieni sia
utili ricostruire queste storie?
Tommaso: ”Sì perché è giusto che anche loro abbiano un onore e che la gente
sappia il loro sacrificio”.
Elena: ”Sì, loro sono la STORIA!”
Salvatore: ”Sì perché possiamo capire cosa era successo e come si sentivano quei
soldati in guerra”.
Luca S.: ”Sì perché i soldati che sono morti in guerra lo hanno fatto anche per
noi e per questo dobbiamo conoscerli e ricordarli”.
Alberto: ”Sì perché ci fa capire quanto sia brutta la guerra”.
Enxhi: ”Sì perché almeno non facciamo gli stessi errori”.
Leonardo: ”Si perché questi giovani sono stati obbligati ad andare in guerra
senza saperne il perché e si sono sacrificati per la Patria”.
Ilaria: ”Ritengo sia importante perché ci fa capire quanto hanno sofferto e
tutti i sacrifici che hanno dovuto sopportare per la Patria”.
Moaad: ”Sì, mi è stata illustrata la storia di alcuni giovani soldati di Minerbe
che hanno dovuto lasciare il paese e la loro famiglia per andare a
combattere al fronte. Ora che conosco le sofferenze di questi soldati
spero che resti sempre la pace”.
Alberto: ”Sì, perché noi ragazzi possiamo conoscere le loro vite, le loro
famiglie, che lavoro facevano, dove abitavano e come era la guerra.
Per ricordarci che la guerra non si deve fare, ma bisogna volersi bene”.
Maria Vittoria D.: ”Sì, perché hanno combattuto per noi per liberare l’Italia dagli
stranieri che la comandavano”.
Francesca: ”Sì, perché tutti i soldati hanno una storia, un nome, una famiglia. Essi
avevano tanti progetti: studiare, lavorare, sposarsi, ma la guerra li ha
uccisi. Per questo non devono essere dimenticati e noi, il 4 novembre,
li ricorderemo e festeggeremo la fine della prima guerra mondiale
convinti che la guerra non è una cosa da fare”.
Costanza: ”Sì, perché sono di Minerbe e forse li conoscevano”.
Maria Vittoria M.: ”Sì, ritengo utile ricostruire la storia dei soldati perché sono
interessanti, ma soprattutto perché si capisca che la guerra non si deve
ripetere più”.
Paola: ”Sì, mi sono state illustrate alcune storie di giovani soldati del mio
paese caduti in guerra. Anche mio nonno era uno di loro. È molto utile
ricostruire queste storie per non dimenticare la crudeltà della guerra e
perché queste ORRIBILI vicende non debbano più accadere”.
123
Nel nostro paese è stato eretto un monumento ai martiri di Nassiriya e ai granatieri
di Sardegna. A loro il nostro ricordo e la nostra preghiera.
Preghiera del Carabiniere
Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra, noi Carabinieri d'Italia,
a Te eleviamo reverente il pensiero, fiduciosa la preghiera e fervido il cuore!
Tu che le nostre Legioni invocano confortatrice e protettrice
con il titolo di "VIRGO FIDELIS". Tu accogli ogni nostro proposito di bene e fanne vigore e luce per la Patria nostra.
Tu accompagna la nostra vigilanza, Tu consiglia il nostro dire, Tu anima la nostra azione,
Tu sostenta il nostro sacrificio, Tu infiamma la devozione nostra!
E da un capo all'altro d'Italia suscita in ognuno di noi
l'entusiasmo di testimoniare, con la fedeltà fino alla morte
l'amore a Dio e ai fratelli italiani.
Amen
quando: 12 novembre 2003
dove: Nasirya, IRAQ
fatto: attentato suicida
obiettivo: militari italiani
responsabili: militari di AL-
QA-IDA
morti: 28 italiani dell’arma
dei carabinieri
Cronaca:
un camion cisterna pieno di
esplosivo fu fatto scoppiare
davanti alla base italiana dei
Carabinieri provocando
l’esplosione del deposito di
munizioni della stessa base.
28 giovani dell’arma che
portavano la pace hanno
trovato la morte.
124
PREGHIERA DEL GRANATIERE
Signore Dio,
che hai voluto distinta in molti popoli
l'umana famiglia, da Te creata e redenta,
guarda benigno a noi
che abbiamo lasciato le nostre case
per servire, in armi, l'Italia.
Aiutaci, o Signore,
affinché, forti della tua fede,
affrontiamo fatiche e pericoli
in generosa fraternità d'intenti
offrendo alla Patria
la nostra pronta obbedienza
ed il nostro sereno sacrificio.
Fa’ che sentiamo ogni giorno,
nella voce del dovere che ci guida,
l'eco della tua voce.
Fa’ che i Granatieri d'Italia
siano d'esempio a tutti i cittadini
nella fedeltà ai Tuoi comandamenti e alla Tua Chiesa,
nella osservanza delle patrie leggi,
nella consapevole disciplina verso l'autorità costituita.
E concedi all'Italia nostra
che, rispettata ed amata nel mondo,
meriti la protezione Tua e la materna custodia di Maria,
anche in virtù
della concordia operosa
dei suoi figli.
Amen.
125
RIFLESSIONE:
Il nostro monumento, con i nomi dei caduti in guerra, ci ricorda che ogni famiglia ha
avuto, nel suo passato, un lutto e che coloro che non hanno più fatto ritorno erano persone
con nome, volto, desideri e speranze.
Noi ragazzi vogliamo dedicare loro un pensiero per non dimenticare il sacrificio e per
testimoniare, ogni giorno, il valore della pace.
ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA
ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA
E CHE TIRAVA UN FORTE VENTO
IMMAGINATEVI CHE GRANDE TORMENTO
PER UN ALPINO CHE STA A VEGLIAR.
A MEZZANOTTE ARRIVA IL CAMBIO
ACCOMPAGNATO DAL CAPOPOSTO
OHI, SENTINELLA RITORNA AL TUO POSTO
SOTTO LA TENDA A RIPOSAR.
QUANDO FUI STATO SOTTO LA TENDA
SENTII UN RUMORE GIU’ PER LA VALLE
SENTIVO L’ACQUA GIU’ PER LE SPALLE
SENTIVO I SASSI A ROTOLAR.
MENTRE DORMIVO NELLA MIA TENDA
SOGNAVO D’ESSER CON LA MIA BELLA
E INVECE ERO DI SENTINELLA
A FAR LA GUARDIA ALLO STRANIER.
126
Poesia: “ NON DIMENTICATE”
Vi chiedo solo una cosa:
se sopravvivete a quest’epoca,
non dimenticate.
Non dimenticate
né i buoni né i cattivi.
Raccogliete con pazienza
le testimonianze di quanti sono caduti
per loro e per voi.
Un bel giorno, oggi sarà il passato,
e si parlerà di una grande epoca
e degli eroi anonimi
che hanno creato la storia.
Vorrei che tutti sapessero
che non esistono eroi anonimi.
Erano persone, con nome, volto,
desideri e speranze.
Il dolore dell’ultimo
non era meno grande
del dolore del primo!
Vorrei che tutti costoro
vi fossero sempre vicini
come persone che avete conosciuto,
come membri della vostra famiglia,
come voi stessi….
Iulius Fucik
127
RIFLESSIONE:
Noi ragazzi di oggi pensiamo che sia molto importante riflettere sugli avvenimenti della
guerra e ricavarne degli insegnamenti;
esprimere gratitudine e riconoscenza e onorare la memoria di tutti gli eroici soldati che
lottarono, soffrirono e morirono per renderci uomini liberi;
fare nostri quei valori che ci hanno lasciato in eredità i nostri bisnonni e i nostri nonni: il
valore della libertà, il valore della Patria e il valore della pace, che tutti dovrebbero
custodire nel proprio cuore. Ma spesso ci chiediamo : “Perché i grandi fanno la guerra?”
…NON TROVIAMO RISPOSTE NEL NOSTRO CUORE…
Canto: RISPOSTA NON C’È
Quante le strade che un uomo farà
e quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà
attraversar
per giungere e per riposar?
Quando tutta la gente del mondo riavrà
per sempre la sua libertà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
Quando dal mare un'onda verrà
che i monti lavare potrà?
Quante volte un uomo dovrà litigar
sapendo che è inutile odiar?
E poi quante persone dovranno morir
perché siamo in troppi a morir?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa, caduta nel vento sarà.
Quanti cannoni dovranno sparar
e quando la pace verrà?
Quanti bimbi innocenti dovranno morir
e senza sapere il perché?
Quanto giovane sangue versato sarà
finché un'alba nuova verrà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
128
VALORE
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola,
la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi
non si è mai risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora
poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di
scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere
permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza
ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual
è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura
della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
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RIFLESSIONE:
La guerra non potrà essere evitata fino a quando non sarà rimossa la causa del suo
continuo ripetersi, rappresentata dalla sconfinata estensione del pianeta su cui viviamo.
Solo eliminando le distanze e la lontananza tra i cuori si creeranno le condizioni per una
migliore convivenza, assicurando così stabili rapporti d’amicizia.
Canto: “L’AMICIZIA”
L’Amicizia vuol dire chiamarsi fratelli!
Nasce con un pugno dato per antipatia,
nasce al capezzale di una lunga malattia,
nasce al bar o sotto il fuoco dell’artiglieria,
…….
L’Amicizia vuol dire chiamarsi fratelli,
guardare nella stessa direzione.
L’Amicizia sincera è un grande dono,
il più raro che c’è.
L’Amicizia sincera è un grande dono,
il più caro che c’è.
Amerò ogni cosa che non ci dividerà,
spero che fra noi l’amicizia rimarrà.
L’Amicizia sincera è un grande dono, il più caro che c’è.
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Poesia: “PROMEMORIA”
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.
Gianni Rodari
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I NOSTRI MESSAGGI DI PACE:
“LA PACE” La pace è essere felici Con i propri amici. La pace è la libertà anche se si è in povertà. La pace è l’amore che dimostriamo verso gli altri. E’ questa la pace: volersi bene.
Asmaa C. cl. V° A
“PACE”
Oggi nel mondo la pace è lontana e soffia un vento di tramontana. Ogni bambino della Terra vorrebbe la pace per pensare solo a giocare ed essere vivace. Perché la pace arrivi nei cuori di tutti e cancelli finalmente i giorni brutti, i popoli uniti in un grande coraggio gridino forte il loro messaggio: la pace illumini e porti gioia esultiamo riuniti la nostra vittoria! Emma R. cl. V° A
“VORREI CHE…”
Vorrei che in questo mondo ci fosse più rispetto vorrei che in questo mondo ci fosse più amore. Negli occhi di un bambino nelle mani di un adulto può crescere a dismisura e abbattere le frontiere. La voce del perdono ci porterà lontano lo schianto di una bomba ci abbatterà in un secondo. Nel rispetto per la vita nella gioia di un sorriso scriviamo PACE in ogni riga in ogni angolo del cuore. Anna A. cl. V° A
“LA PACE”
La pace vuol dire stare insieme e volersi bene, dare ad un amico la mano e volare con lui lontano, la pace è il sorriso di un bambino quando la sua mamma gli è vicino, la pace è guardare tutti insieme un arcobaleno su un cielo sereno, la pace è giocare con gli amici e sorridere tutti felici Alice B. cl. V° A
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LA PACE VISTA DAI RAGAZZI
La pace è
vivere con le altre persone in armonia, rispettando chi è diverso
è segno di affetto
è il contrario di guerra
è la forza che distrugge la guerra
è gioia
è una festa che non finisce mai
è generosità, aiutandosi l’un l’altro
è un bene preziosissimo
è un sentimento bellissimo
la pace porta amicizia, allegria e felicità
la pace è soprattutto amore e dialogo.
Classe VB