IL SETTING E LA PRASSI DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
INTRODUZIONE
Il concetto di mediazione è applicabile ad una vasta gamma di prestazioni che vanno,spesso
impropriamente sotto questo nome.
L’uso del termine mediazione è infatti ritrovabile in diversi ambiti, i quali, anche se riguardano la
famiglia, configurano spesso interventi di tutt’altra natura e, in alcuni casi, alquanto ambigui.
Si parla ad esempio
di mediazione prematrimoniale (per indicare interventi su coppie con incertezze sulla decisione di
sposarsi);
si parla di mediazione per famiglie con disabili (per indicare interventi riguardanti controversie
sull’assistenza di familiari con disabilità )
si parla di mediazione anche per indicare interventi per coppie in crisi; in questi casi si tratta di vere
e proprie psicoterapie che nulla hanno a che vedere con la mediazione familiare di cui noi ci
occuperemo.
La m.f. oggetto delle nostre riflessionii, affronta tutte le problematiche insorte con la separazione.
DEFINIZIONE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE secondo la SIMEF.
La M.F, è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in
seguito alla separazione o al divorzio; in un contesto strutturato, il mediatore, come
neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto
professionale, e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori
elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli
in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale
Chi sono i protagonisti della mediazione familiare:
genitori separati o divorziati o in via di separazione.
Questo è uno dei paradossi della M.F. nel senso che la sua efficacia e i suoi esiti positivi
sono strettamente correlati al fatto di lavorare con genitori separati o che comunque hanno
deciso in modo inequivocabile di separarsi.
La mediazione familiare non è dunque riconciliazione della coppia.
Quali sono le caratteristiche relazionali e comportamentali di una coppia di genitori separati
che ha deciso di iniziare un percorso di mediazione familiare:
A) la conflittualità;
B) il disaccordo su tutto ciò che riguarda la riorganizzazione della propria vira e dei figli.
In particolare il disaccordo può interessare specificatamente
A la gestione della quotidianità dei figli
B la gestione degli aspetti economici e patrimoniali.
Parliamo di mediazione globale quando la M.F. si occupa sia degli aspetti patrimoniali che
dei problemi dei figli
Parliamo di mediazione parziale quando si affrontano solo le problematiche riguardanti i
figli.
La mediazione che viene praticata in Italia è la mediazione parziale mentre quella globale è
più utilizzata in America.
Spesso entrambi i problemi si intrecciano tra di loro per cui anche il mediatore che applica
la mediazione parziale potrebbe imbattersi, nel corso del suo lavoro, con problematiche di
altra natura come quelle di tipo economico e finanziario.
Sarà allora compito del mediatore rinviare ad altri contesti o ad altre figure professionali i
due genitori per risolvere questioni che esulano dal suo lavoro..
Quale può essere il percorso di una coppia di genitori partendo dalla conflittualità iniziale prima di
raggiungere gli obiettivi prefissati dalla M.f.
1 conflittualità iniziale
2 comunicazione disfunzionale
3 comunicazione funzionale
4 ascolto dell’altro
5 comprensione dei vissuti dell’altro
6 riconoscimento della reciproca genitorialità
7 condivisione di obiettivi comuni
8 base per una prima forma di accordo
9 progetto educativo per i figli
Se volessimo sintetizzare tutto questo in una semplice frase potremmo senz’altro dire che la M.F.
trasforma la sofferenza e l’angoscia del conflitto in dialogo costruttivo in cui l’IO e il TU si
incontrano permettendo cosi’ad ognuno di non restare raggomitolati su se stessi ma d’incontrare
l’altro accettandone la diversità.
“Se è vero che le crisi gravi si prestano a mettere in luce il lato peggiore di noi è anche vero
che quelle stesse crisi possono mobilitare le nostre migliori risorse” Karl Jaspers
Il pensiero di questo filosofo esistenzialista racchiude in modo straordinario l’essenza della M.F.
anche se ci rendiamo conto che tutto questo è molto più semplice teorizzarlo che metterlo in pratica.
Sapere avvicinarsi alla mediazione familiare significa avere la consapevolezza di addentrarsi
in un mondo,quello della separazione e del divorzio,dove la sofferenza è grande e coinvolge,se
pur in modo diverso, indistintamente tutti: coniugi,figli,familiari.
Il vissuto emozionale più intenso è il sentimento di perdita che colpisce non solo chi è stato
abbandonato ma anche chi ha deciso di abbandonare.
Infatti la rottura di un legame, quale che ne sia la ragione,comporta sempre per tutti la
perdita dei riferimenti della propria vita: materiali, affettivi, relazionali e la necessità di dover
cambiare qualcosa, al di la delle semplici abitudini acquisite nel corso degli anni della
convivenza, si accompagna sempre ad una grande tristezza.
Per tutti dunque separarsi significa crollo di un universo emotivo perdita di amici, parenti, di
spazi fisici e psicologici. E’ un’esperienza di vuoto senza la prospettiva di riempirlo, di crollo
di progetti comuni e di speranze condivise.
Il superamento di questo stato di crisi è sempre laborioso e non sempre è condotto a termine
nel migliore dei modi.
La mediazione familiare si rivolge a tutte quelle persone separate, che travolte e sopraffatte
dalla loro separazione, non riescono autonomamente ad uscire fuori dal cerchio stretto del
loro legame e della loro storia..
Quello della separazione è dunque un contesto incandescente e per questo delicato che richiede
particolari abilità e competenze che vanno al di la’ delle conoscenze specificatamente tecniche e
teoriche.
Noi riteniamo che tali competenze possono comunque essere acquisite, se ci si predispone, senza
pregiudizi, ad accogliere le persone che, rese vulnerabili da particolari eventi della loro
vita,decidono di raccontarsi nella prospettiva di trovare una risoluzione ai loro problemi.
Parleremo del setting e della prassi della mediazione ricordando,alla luce di quanto detto, che non
basta conoscere le procedure della mediazione familiare per definirsi bravi mediatori.
e.
La mediazione familiare è ormai accettata come disciplina a pieno titolo con un proprio patrimonio
di conoscenze teoriche e pratiche,di principi e di regole di base
IL SETTING DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE.
La mediazione familiare è uno strumento extragiudiziale,ovvero completamente indipendente
da qualsiasi competizione legale,un procedimento strutturato, un setting particolare, (il
termine setting preso in prestito dalla lingua inglese che letteralmente vuole significare
scenario, ambientazione, in campo psicoterapeutico delimita un’area spazio-temporale
vincolata da regole che determinano ruoli e funzioni.)
Pertanto, come ogni setting, anche quello della mediazione familiare ha le sue regole e le sue
connotazioni particolari. Tuttavia trattandosi di una metodologia nuova e applicata in contesti
abbastanza diversificati tra di loro, varie sono le strategie e le modalità di intervento messe in atto
dalle strutture e dalle associazioni che la propongono. e la praticano.
Questo vuol significare che non tutti i mediatori condividono e adottano rigidamente le stesse
regole e lo stesso metodo; ciò nonostante ci sono delle regole di base, che sono specifiche del
setting della mediazione, e per questo sono accettate e rispettate da tutti.
REGOLE DEL SETTING CONDIVISE DA TUTTI I MEDIATORI
Per tutti vale la norma che in mediazione si lavora all’interno di un contesto con caratteristiche e
regole ben precise, con un numero prefissato, anche se non rigidamente, di sedute ( in genere 8-10
sedute) della durata di un’ora e trenta, due ore al massimo,a cadenza quindicinale, distribuite lungo
un arco di tempo variabile da sei mesi ad un anno circa.
Da tutti è richiesto che durante il lavoro di mediazione sia sospeso il tempo giuridico, ovvero il
procedimento giudiziario per permettere ai partners di funzionare secondo la nuova logica della
negoziazione con la possibilità di occuparsi del tempo futuro e non solo di distruggere il tempo
passato.
Durante il lavoro di mediazione si interrompono transitoriamente anche le indagini dei periti
d’ufficio e dei periti di parte, indagini, a nostro giudizio, di per sé aride e formali, descrittive e
centrate su un orientamento diagnostico,il cui obiettivo principale, spesso, è quello di individuare il
genitore cattivo da contrapporre al genitore buono.
Nell’ottica della mediazione, questa modalità d’intervento, disposta dal giudice,a volte su
sollecitazione delle parti,tende ad amplificare il divario esistente tra i due genitori e rischia di
compromettere seriamente i potenziali spazi destinati alla cooperazione e alla cogenitorialità.
Il nostro auspicio è che i due separati non arrivino a dover discutere e risolvere i loro conflitti
all’interno di un contesto di perizia d’ufficio che è basata sulla logica win to lose (vincitore vinto )
piuttosto che sulla logica del win to wint (vincitore vincitore ).
Il lavoro di mediazione deve procedere in totale autonomia anche rispetto ai Tribunali, che pure
possono essere gli invianti.
LIBERTA’ DI SCEGLIERE LA STRADA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
Per tutti è fondamentale la scelta spontanea della coppia di intraprendere questa strada,
anche se alla mediazione si può giungere con una spinta molto forte da parte del giudice; sarà
allora compito del mediatore, nella fase iniziale, riuscire a trasformare il contesto coatto in
uno spazio dove sia maggiormente in gioco la soggettività personale, quella dei due coniugi ma
anche quella dell’operatore. Il percorso di mediazione familiare previsto come obbligo e non
come opportunità rischia di annullare l’importante ed efficace funzione che la mediazione
familiare può svolgere come pratica non formale, se liberamente scelta dalla coppia.
La m. f. è infatti uno spazio di dialogo, di ascolto e di confronto reciprococce deve avere alla
sua base la scelta spontanea dei genitori.
Ed anche se da parte di alcuni c’è la tendenza di applicare la mediazione familiare a tutte le coppie
separandi come procedura istituzionale affidata cioè ai servizi pubblici, quindi imposta,
l’orientamento generale è quello di sperare sempre in una mediazione volontaria, decisa
autonomamente dai due genitori.. Una mediazione familiare imposta ad esempio dal giudice può
provocare una resistenza proprio per il modo in cui si determina in quanto investe i confini
dell’autonomia e della libertà individuale anche se è suggerita a scopo preventivo
Anche il Consiglio d Europa afferma che la M. F. non deve essere forzata.
OBBLIGATORIETA’ DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
La legge 6 febbraio 2006 n.54 sull’affido condiviso conteneva inizialmente una disposizione che
rendeva obbligatoria, in situazione giudiziale, la mediazione familiare. Questo passaggio contenuto
nella prima stesura della legge è stato successivamente cassato per cui le sollecitazioni e
l’informazione sulla m.f. rimangono facoltative e non definite da una specifica norma.
Infatti nell’art. 155 sexies della legge n.54 (Poteri del giudice e ascolto del minore) viene
chiaramente esplicitato questo aspetto che rimane tuttavia ancora una questione aperta e oggetto di
un acceso dibattito..
La mediazione familiare vista come obbligatoria aveva infatti suscitato la ferma reazione di
autorevoli studiosi nel campo della mediazione, non solo di quella familiare.
QUANDO INIZIARE LA MEDIAZIONE FAMILIARE
E’ giusto chiedersi quale potrebbe essere il momento più idoneo, più efficace per iniziare la
mediazione familiare.
La mediazione familiare può essere utilizzata nei vari momenti del processo di crisi:
A) nella fase della presa di decisione della separazione;
In merito a questo punto è bene precisare che ci riferiamo a coppie “separandi” ovvero a coloro che
oltrepassato il punto di non ritorno della loro storia, hanno avviato le pratiche per la separazione e
sono pertanto diversi da coloro che sono alle prese con delle crisi coniugali, litigi conflitti di coppia
ma non ancora in grado di fare valutazioni critiche e prendere decisioni sul loro futuro..
Questo è uno dei paradossi della mediazione familiare. Proprio per le sue finalità la M. F. ripone
,infatti,maggiori aspettative nelle coppie che si separano o sono già separate, piuttosto che in quelle
che ancora vivono insieme.
B) nella fase legale;
C) Nella fase post sentenza;
D)durante il processo di elaborazione psicologica del lutto;
E) in occasione della revisione dell’affidamento dei figli.
Ma indipendentemente dai modelli che vengono adottati in mediazione o dal fatto che essa sia resa
obbligatoria o volontaria, che sia in stretto collegamento con il tribunale o meno, che sia uno spazio
gratuito o remunerato dagli stessi utenti, tutti coloro che lavorano in questo ambito riconoscono
l’importanza, nell’intervento di mediazione, del fattore tempo.
Il tempo in questo contesto deve essere considerato sotto due profili:
1)pronta disponibilità della mediazione familiare;
2)necessità di una rapida soluzione.
Infatti per avere successo la mediazione familiare dovrebbe essere un servizio d’immediata
disponibilità per chi desidera avvalersene. Più brevi sono i tempi di raggiungimento di una
soluzione reciprocamente accettabile per i due clienti, più breve sarà l’indecisione e lo stress per i
genitori, cosi’ come pure meno impegnativo sarà il percorso di mediazione sia in termini finanziari
che emotivo.
Quello che abbiamo appena esposto riguarda l’aspetto positivo della precocità dell’intervento di
mediazione nel senso che un intervento tempestivo può aiutare a prevenire conseguenze gravi.
Tuttavia bisogna però anche aggiungere che il periodo che precede o segue immediatamente una
separazione spesso è un momento di crisi acuta per uno o per entrambi i partner e lo shock e la
tensione potrebbero essere troppo elevati per affrontare una mediazione familiare
Spesso le persone coinvolte in una separazione o in un divorzio sono sopraffatte dal dolore o dalla
perdita: un invito a sedersi a un tavolo per discutere civilmente su accordi futuri, rischia di essere
rifiutato per cause emotive.
I mediatori devono allora essere in grado di riconoscere lo stato di shock e di trauma a partire dal
quale la mediazione può essere opportuna o meno.
Quindi bisogna riflettere sul fatto che un intervento troppo precoce pone il rischio che vengano
prese decisioni premature, affrettate, proprio perché i partner non sono emotivamente pronti a
prendere decisioni.
Mediatori abili e coscienti, in questi casi, dovrebbero aiutare le coppie ad elaborare accordi
provvisori evitando di prendere decisioni a lungo termine per i quali in futuro potrebbero
pentirsene.
Generalmente gli avvocati vedono positivamente l’intervento di M.F.
Anche i magistrati, quelli più sensibili al problema possono inviare la coppia presso un Centro di
Mediazione,e in questo caso, di regola, rinviano l’udienza e ogni eventuale provvedimento.
Il mediatore familiare non ha però contatti diretti con le situazioni giudiziarie, sarà la coppia stessa,
infatti, a riferire al giudice sul lavoro di mediazione.
INCONTRI CONGIUNTI
Generalmente la mediazione familiare inizia con un incontro congiunto e prosegue sempre con
incontri congiunti. Non è condivisibile la scelta di accogliere, come routine, per la prima volta,i due
genitori per colloqui separati. Solo in casi eccezionali si può accettare un colloquio personale:
all’inizio della mediazione, quando ad esempio il mediatore percepisce qualche difficoltà in uno dei
due ex coniugi di tipo emotivo, allora in questi casi l’incontro individuale servirà a rassicurare,ad
incoraggiare ad abbassare il livello di tensione.
Anche l’opportunità di effettuare eventuali incontri separati, nel corso del processo di mediazione,
non viene condivisa da molti mediatori anche perché verrebbe a mancare la dinamica
dell’interazione,elemento indispensabile per poter effettuare le valutazioni necessarie.
Generalmente in mediazione non vengono redatte relazioni, ne formulate diagnosi. Ma se le
parti, per un qualche motivo, hanno intenzione di dare comunicazione sul percorso di mediazione lo
devono fare in prima persona. Tuttavia in alcuni contesti, su richiesta specifica dei due genitori
durante o al termine della Mediazione il mediatore può redigere un protocollo riguardante gli
accordi parziali o definitivi da loro decisi e il documento è noto come memorandum d’intesa.
BAMBINI E MEDIAZIONE
MEDIAZIONE SENZA BAMBINI
Generalmente sono esclusi dal percorso di mediazione i nuovi partner, la famiglia di origine e
i figli anche se già adolescenti. L’opportunità o meno che i figli partecipino direttamente agli
incontri di mediazione ha sollevato non poche controversie tra gli esperti dando origine cosi’ a
diverse scuole di pensiero.
Per alcuni infatti la corretta conduzione di un intervento di mediazione deve rispettare la regola
dell’esclusiva partecipazione dei due separati, e il setting della mediazione viene visto,in
quest’ottica come territorio dove i due adulti si confrontano da soli sulle loro idee.
Questa è l’impostazione ad esempio del Centro G.E.A. di Milano e della Scuola di formazione in
M.F. di Firenze dove gli operatori lavorano solo con i genitori.
Questi mediatori considerano inutile, se non addirittura dannoso, far partecipare i figli agli incontri
di mediazione perché in tal modo, attraverso il diretto coinvolgimento nelle dinamiche relazionali e
problematiche dei genitori, essi verrebbero ulteriormente esposti a pericolose sollecitazioni emotive.
Per questi mediatori dunque i bambini devono essere esclusi dalla mediazione familiare in quanto si
ritiene che essi debbano essere sollevati dal carico emotivo di un conflitto che non appartiene a loro
piuttosto che essere vittime o testimoni sofferenti.
E’chiaro che, anche se in molti contesti di mediazione, i figli non partecipano fisicamente a questo
itinerario, la centralità dei figli è permanente e costante.
Tuttavia anche coloro che lavorano esclusivamente con i genitori prevedono delle eccezioni a
questa regola: ci possono essere, infatti, bambini ad esempio, particolarmente provati dalla
separazione dei genitori, angosciati all’idea che i genitori possano litigare ancora per causa loro
senza poterli controllare.
In questi casi allora, e cioè, di fronte alla sofferenza dei minori, sarà utile pensare ad uno spazio ad
hoc transitorio, dove il loro desiderio possa essere accolto. Il coinvolgimento diretto dei figli, anche
se occasionale, sarà comunque sempre concordato con i genitori e potrà servire anche come
opportunità educativa per i genitori stessi.
I bambini verranno fatti entrare coi genitori nella stanza dei colloqui, potranno esplorare
l’ambiente,conoscere l’esperto ed essere rassicurati. In tale circostanza l’incontro dovrà essere
condotto concentrandosi non sul figlio presente, ma lavorando sempre con i genitori, inviando però
costantemente il segnale che lui è considerato presente a tutti gli effetti; ed anche se non è coinvolto
direttamente, è libero di vedere, ascoltare, interloquire, ma sollevato da ogni responsabilità.
Nella visita, l’incontro con tutta la famiglia naturale,e i genitori che parlano pacatamente può
essere una fonte di sollievo. Il mediatore dirà al bambino che potrà tornare ogni volta che lo
desidera. Di solito nei bambini accade che, una volta osservato l’oggetto delle loro fantasie
negative, il bisogno di assistere, di partecipare scompare
Il congedo dal bambino deve essere simile alle fasi iniziali della mediazione: il mediatore si esprime
dicendo di avere avuto piacere di conoscerlo. Rispetto alla possibilità che egli possa tornare si può
usare la formula :”se dovesse capitare che vuoi tornare, a me farà molto piacere” In questo
modo si lascia al bambino la libertà di decidere o meno di ritornare.
Se nel corso della M.F. il mediatore si rende conto che la sofferenza dei figli è particolarmente
preoccupante nel senso che insorgono sintomi patologici, mai evidenziati prima si potrà decidere di
interpellare un neuropsichiatria dell’infanzia o uno psicologo.
Ci sono poi mediatori che pur lavorando solo con i genitori considerano utile far venire i figli nella
fase di restituzione di un buon percorso di mediazione cioè alla fine.
Questa scelta ha lo scopo di ritualizzare quanto è stato fatto,e viene considerata dal mediatore una
valida occasione per i due genitori, i quali possono dire insieme, ai figli,quali sono stati gli accordi
presi per loro, in altri termini, è un’opportunità per dare loro ascolto, per riconoscere loro bisogni.
MEDIAZIONE IN PRESENZA DEI FIGLI
A fronte di questa impostazione c’è quella poi che considera opportuno la presenza dei figli in tutto
il percorso di mediazione perché questo consentirebbe loro di partecipare attivamente all’analisi
delle relazioni familiari e al loro processo di cambiamento.
La presenza dei figli agli incontri di mediazione, per i sostenitori di questa tesi, offre, inoltre, ai
genitori l’occasione di prendere reale coscienza dei vissuti emotivi dei figli e di comprendere le loro
più profonde esigenze emotive. Questo è l’orientamento, ad esempio, della Sezione di Mediazione
Familiare della Facoltà di Psicologia di Roma dove i mediatori che lavorano in tale struttura
includono i figli, soprattutto se adolescenti, nel percorso di mediazione sin dall’inizio. Essi
sostengono che la loro presenza aiuta a defocalizzare il setting dal conflitto coniugale e a
concentrare l’attenzione più sulla responsabilità genitoriale.
In sintesi possiamo concludere che indipendentemente dal fatto di far partecipare o meno i figli
al percorso di mediazione (abbiamo visto che questo è legato essenzialmente all’impostazione
e ai modelli teorici di riferimento di ogni mediatore) la mediazione familiare è centrata in ogni
caso sempre sui bambini e il lavoro che si fa in mediazione è sempre finalizzato al benessere e
alla serenità dei figli. Ciò vuol significare che i figli, pur assenti fisicamente,sono presenti nelle
rappresentazioni mentali e affettive dei genitori e il mediatore lavora con queste
rappresentazioni.
Il lavoro sui bambini non è indirizzato alla stesura di un accordo, di un’intesa riguardante, ad
esempio, chi deve avere l’affidamento dei figli. Il lavoro sui bambini è finalizzato a pensare, a
riflettere,a riorganizzare a progettare e ridisegnare la quotidianità dei figli destabilizzata
dalla separazione dei genitori..
:La Mediazione come lavoro interdisciplinare.
La mediazione prevede strutturalmente il riferimento anche ad altri professionisti mirando ad
affrontare le difficoltà della separazione in un’ottica interdisciplinare: avvocati, terapeuti,
esperti in scienze dell’educazione, e problemi finanziari.
Si tratta quindi di una attività che richiede la capacità di ascoltare e comprendere il
linguaggio di competenze diverse e di inserire il proprio lavoro nell’ambito di percorsi
caratterizzati da connotazioni spesso in conflitto tra di loro. Si potrebbe dire che la prima,
forse più importante mediazione è proprio quella che avviene nel modo di operare e integrarsi
di professionisti di aree diverse.
LA SEDE E GLI SPAZI
In termini logistici dove può essere effettuata la mediazione familiare e quali caratteristiche
dovrebbero avere gli spazi dove essa viene attuata.
GLI SPAZI.
L’ambiente deve essere innanzi tutto sicuro, riservato e accogliente, libero da elementi di disturbo e
con attrezzature appropriate, possibilmente con aree di attesa separate e un minimo di due stanze in
modo che le coppie che si rivolgono alla mediazione possono avere incontri separati, se necessario.
Se si prevede la presenza di bambini dovrebbero essere disponibili per loro attrezzature specifiche
compresi materiali di gioco per tutte le età.
Un ufficio non è la sede adatta per degli incontri di mediazione familiare e un mediatore non
dovrebbe mai sedere dietro una scrivania. Una sistemazione a cerchio, invece. con sedie
posizionate a una distanza adeguata l’una dall’altra e rivolte verso il centro permetterà di evitare
posizioni privilegiate o di svantaggio dando la possibilità al mediatore di mantenere lo stesso
contatto visivo con entrambe le parti.
SEDE.
Per gran parte degli autori, sulla base anche di confronti tra diverse realtà operative, è efficace
collocare il servizio di mediazione familiare all’interno di un tessuto di servizi per la famiglia che
costituiscono una risorsa per il territorio, a portata di mano, radicata nei luoghi di vita della persona,
ai quali esse possono rivolgersi spontaneamente anche con facilità o dove altri professionisti
possono inviare senza problemi.
In pratica i luoghi dove si possono svolgere gli incontri di mediazione familiare sono:
1) I SERVIZI PUBBLICI. A questo livello mediatori del servizio accettano richieste di questo
tipo. Oppure possono ricevere l’incarico dal tribunale. Quasi mai sono i separarti a richiedere la
mediazione per loro iniziativa.
2) I CENTRI PRIVATI. Questi si organizzano da soli o in strutture connesse ad Associazioni,
Istituti o Scuole di formazione. In ogni caso è opportuno privilegiare strutture che prevedano servizi
selettivi per le famiglie come ad esempio Centri di psicoterapia familiare e della coppia,centri di
aiuto alle madri sole o per separati,
INTERRUZIONE DELLA MEDIAZIONE.
Durante il percorso di M-F. possono verificarsi condizioni che determinano l’interruzione della
mediazione e ciò può accadere su decisione di una o di entrambe le parti o per decisione del
mediatore familiare. In questi casi parliamo di fallimento della mediazione.
FALLIMENTI
Anche in mediazione si può sperimentare il fallimento.
I fallimenti possono verificarsi lungo tutto il percorso anche dopo molti incontri. Essi possono a
volte derivare da eventi fortuiti e imprevedibili, ma più spesso i fallimenti dipendono da
fattori esterni (come l’intrusione dei nuovi partner, familiari e amici)
fattori interni al sistema separato ( come l’eccessiva conflittualità della coppia) .
INTRUSIONI
L’intrusione di elementi estranei alla vicenda separativa costituisce indubbiamente un elemento di
disturbo particolarmente significativo e può rappresentare una delle cause più importanti del
fallimento di un percorso di mediazione.
Sin dall’inizio della separazione possono insorgere, infatti, delle difficoltà dovute a fattori esterni:
tali fattori sono rappresentati dalle intrusioni di terzi esplicitamente ostili al dialogo e coinvolti in
vario modo nella vicenda separativa: (nuovi partner,ad esempio,gli avvocati, le famiglie d’ origine i
figli stessi)
.Diventa allora fondamentale curare la libertà dei due ex coniugi rispetto a tutti: il mediatore
definirà pertanto subito sia la propria autonomia sia quella dei due convenuti.
Esaminiamo più dettagliatamente le componenti extrasistemiche che possono complicare la
situazione attraverso un fenomeno d’induzione, intendendo con questo termine l’intrusione
dall’esterno di personaggi più o meno interessati alla vicenda .
Il processo di mediazione familiare può subire interferenze innanzitutto
1) dagli avvocati . A volte gli avvocati possono interferire con il percorso di mediazione
attraverso un atteggiamento di controllo sulla situazione,suggerendo al cliente,ad esempio,
un comportamento combattivo per vincere la disputa o consigliandolo di non esporsi
parlando per prima, o ancora suggerendogli di diffidare di fronte a qualsiasi proposta di
accordo.
2) 2)i nuovi partner. Generalmente il nuovo o la nuova compagna vengono percepite come
persone disposte a tutto, pronte anche a distogliere l’affetto dei figli. In questi casi di fronte
a tali sospetti possono nascere accuse di plagio o il rifiuto di prendere in considerazione ogni
proposta di compromesso.
3) 3)il mediatore. In una relazione d’aiuto quale è la mediazione familiare,può accadere che il
mediatore si senta bloccato ed avere di conseguenza difficoltà di relazione con uno dei
partecipanti: sentimenti di irritazione o di antipatia possono impedire al mediatore di
mantenere un equilibrio e pensare in modo creativo. Può anche succedere che il mediatore
si lasci coinvolgere eccessivamente dal processo rischiando di schierarsi con una delle due
parti e diventare cosi’parziale e poco obiettivo.
4) I parenti. In genere i familiari dei due separati partecipano emotivamente a tutte le
dinamiche della separazione e ne restano spesso invischiati con conseguenti ripercussioni
negative sull’intera vicenda. Ciò dipende molto spesso dal fatto che con la separazione c’è
un ritorno alle famiglie d’origine, un ritorno alla dipendenza affettiva e al bisogno di
protezione. Si creano cosi’ schieramenti, alleanze e si mobilitano risorse destinate ad acuire
pesantemente le conflittualità invece di arginarle.
CONCLUSIONE DELLA MEDIAZIONE
In genere ci si congeda dalla coppia genitoriale in modo più o meno definitivo molto sottolineando
il compimento di un percorso.
La mediazione può anche finire prima di avere completato il suo corso, senza alcuna base per un
accordo, ma questo non significa che non ci siano stati progressi.
Anche quando esistono proposte di accordo su tutte le questioni,e la mediazione può ritenersi
conclusa, solitamente i mediatori offrono un ulteriore appuntamento, se necessario, per rivedere le
soluzioni, per discutere meglio le proposte e per affrontare gli eventuali cambiamenti avvenuti nel
frattempo.
A volte può capitare che alla proposta del mediatore di concludere la mediazione uno dei due
genitori o entrambi, manifestino una certa riluttanza. Ciò può essere spiegabile con il fatto che
questo può comportare la fine del coinvolgimento attivo tra le parti nella coppia e di conseguenza
può intensificare la sofferenza per la fine del matrimonio. Ma è necessario che ci sia una fine, che ci
si distacchi.
La conclusione del rapporto tra il mediatore e i due separati,anche se possono essersi instaurati dei
legami emotivi non è mai troppo difficile:l’assenza di problematiche gravi e la relativa brevità del
percorso di solito rendono questo momento abbastanza facile. Ma ciò dipende anche dalle capacità
del mediatore Un mediatore attento e professionalmente valido,infatti, si adopera per non sviluppare
dipendenza e sentimenti di gratitudine ma punta molto sull’attivazione delle risorse personali dei
due genitori dandogli un ruolo attivo e da protagonista.
Generalmente le conclusioni di un percorso di mediazione vengono riferite dai clienti al Giudice
(ove questo l’abbia disposta) o agli avvocati, ma non direttamente dai mediatori, i quali sono
vincolati dal segreto professionale. Anche su questa questione i pareri sono discordanti
. Da parte di molti si sostiene l’opportunità di un documento finale ufficiale sugli accordi presi,
sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore,da consegnare,o da utilizzare come impegno con
valore legale. In ogni caso si tratta di un intervento ben lontano da un qualsiasi accertamento
peritale ed è implicita la posizione extragiudiziale assunta dal mediatore.
Un processo di mediazione familiare, con un iter normale, si definisce concluso quando i due
genitori approdano a delle intese molto concrete e precise sull’organizzazione della vita dei
figli e coincide con il raggiungimento e con l’applicazione delle nuove regole di funzionamento
che sono state concordate.
E’chiaro che la M.F. non si risolve con la semplice adozione di comportamenti nuovi. Di solito
avviene una rimessa in gioco dei rapporti, degli stati d’animo e degli atteggiamenti reciproci
ma soprattutto viene attivata la disponibilità a mantenere un canale aperto di comunicazione
quanto più possibile stabile.
Fedele alla sua definizione il processo di mediazione può concludersi con un maggior livello di
comprensione e di tolleranza e con una nuova presa di coscienza dei propri schemi
irrigiditi.dagli eventi
Concludere positivamente la M.F non significa fare pace nel senso di una riconciliazione ma
semplicemente acquisire la capacità di agire nel rispetto reciproco per una migliore tutela dei figli
MEMORANDUM D’INTESA
L’atto formale che definisce in modo chiaro la fine della mediazione è rappresentato dalla
stesura di un documento, il memorandum d’intesa e il resoconto aperto sulle informazioni
finanziarie.
In molti paesi il memorandum d’intesa è accettato come documento ufficiale che i clienti della
mediazione familiare sono incoraggiati a discutere con i loro avvocati. Esso riassume i termini
degli accordi provvisori raggiunti in mediazione,sui quali è necessaria la consulenza
legale,prima che i partecipanti si avventurino in un accordo legalmente vincolante. Essendo
un documento legalmente privilegiato,il memorandum non può essere rivelato in tribunale a
meno che entrambi le parti non diano il loro consenso esplicito.
AZIONE PREVENTIVA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
La Mediazione familiare oltre ad avere una dimensione curativa e risolutiva del conflitto ha anche
una sua dimensione preventiva nel senso che essa può rappresentare in molti casi una esperienza di
riflessione, di pausa, di elaborazione dei vissuti e contribuire così ad evitare acting-out pericolosi,
suicidi, omicidi volontari e involontari, stati ansiosi e depressivi gravi. L’uso del linguaggio può
infatti funzionare da contenitore dell’angoscia.
L’uso del linguaggio, del verbalizzare che in mediazione assume la funzione di contenitore
dell’angoscia è infatti un’esperienza unica e forse irripetibile nel senso che agli adulti e, nei casi
specifici, ai bambini, a seconda dell’età, viene offerto uno spazio, un luogo di parola, dove la
sofferenza conseguente allo strappo di un legame, i sentimenti e le emozioni spesso innominabili e
inconfessabili; possono essere tradotti in parole.
IL processo di aiuto passa dunque attraverso il linguaggio nel tentativo di riaprire canali
comunicativi occlusi o distorti da esperienze di sofferenza comune.
ESERCITAZIONE PRATICA
Un caso di M.F. Come intervenire.
Due genitori separati da circa un anno (Francesco e Gilda) arrivano alla M. F. su invio di
un’ass.sociale Il figlio Davide di 8 anni è stato affidato al padre col consenso della madre che ha
instaurato una nuova relazione affettiva. Francesco si è sistemato con il figlio nella casa dei suoi
genitori. All’inizio non ci sono stati problemi e il bambino si recava regolarmente dalla madre
. La vicenda ha avuto una svolta quando il nuovo compagno della madre si è trasferito da lei Da
quel momento Davide lo trova sempre in casa quando va dalla madre.
Il contenzioso tra i due ex coniugi riguarda il fatto che Francesco disapprova i contatti tra il figlio e
il nuovo compagno della madre affermando che la vicinanza di questa figura, prematura,a suo
parere, rischia di diventare per il bambino una figura alternativa alla sua.
La madre, d’altra parte, sostiene che il suo compagno non turba il figlio e che entrambi hanno
sempre mantenuto un comportamento corretto.
Nonostante queste rassicurazioni da parte di Gilda.,due ex coniugi litigano aspramente .Francesco
di conseguenza comincia ad andare a riprendere il bambino in orari sempre più anticipati e a trovare
scuse sempre diverse per non mandarlo dalla madre. Gilda lo accusa di ingerenze e di turbare il
figlio. In realtà non si sono osservati sintomi o anomalie comportamentali nel minore ma Francesco
insiste per chiedere al tribunale una modifica delle condizioni di visita.
In terza seduta il padre improvvisamente afferma di non ritenere più possibile continuare con gli
incontri di mediazione perché il figlio piangendo disperatamente gli ha più volte chiesto cosa
andava a fare a queste riunioni; e nonostante Francesco abbia tentato di spigargli che si trattava di
incontri tranquilli con la mamma, Davide è convinto che si tratti di qualcos’altro e dice al
padre:”voi andate in quel posto per picchiarvi…..” A questa notizia Gilda reagisce in modo
ambivalente,in un primo momento si dichiara preoccupata dicendo che il bambino è molto sensibile
e certamente sta male,ma subito dopo inserisce un giudizio sull’ex marito.
Gilda:”se il bambino ha queste paure è perché ti ha visto più volte aggressivo verso di me. Poi
aggiunge : “sarebbe forse meglio chiedere direttamente a Davide se sta davvero male o se è
una scusa di Francesco per interrompere gli incontri di mediazione e continuare ad
attaccarmi per togliermelo del tutto.”
Francesco si arrabbia e dice:”io mi sforzo di tenere bene, sereno questo bambino e tu d’accordo
con quell’altro sei buona solo a farlo soffrire.
L’escalation simmetrica è in atto.
A questo punto il mediatore che comportamento dovrà adottare.?
Di fronte alla sofferenza del bambino che cosa è più opportuno?
Come il mediatore si relazionerà con i due genitori?
Su cosa focalizzerà l’attenzione dei genitori per attenuare la conflittualità?..
FASI DELL’NTERVENTO DEL MEDIATOREI
Il primo passo da attuare,presa coscienza della sofferenza del bambino, è quello di convocarlo.
Il successivo passo sarà quello di comunicare ai due genitori la sua decisione e valutarla insieme
concordando tempi e modi.
Il mediatore potrà dire:””Penso che il vostro Davide sia assalito dalla paura di perdervi. A mio
parere non è importante in questo momento stabilire chi ha torto o ragione in quanto il
bambino soffre,soffre da quando ha perso i suoi genitori,Mi sembra invece più opportuno
trovare insieme delle soluzioni. Penso che sarà utile che la prossima volta lui venisse qui con
voi . Potreste trovarvi al portone e salire insieme. Gli direte tutti e due che io ho,espresso il
desiderio di conoscerlo. Una raccomandazione, quella mattina saremo tre terapeuti che
aiutano un bambino. Voi dovrete attuare, per il suo bene, una tregua ai vostri litigi,una pausa
Subito dopo potrete ricominciare da capo.
L’INCONTRO:
Davide arriva tenendo per mano il padre. Sono state preparate quattro poltroncine .Il bambino è
imbarazzato. Il mediatore gli va incontro e gli stringe la mano Dice. “tu sei Davide, io sono
Giovanni, abbiamo parlato molto di te.
Interviene il padre:”hai visto è tutto tranquillo.
Interviene la madre : siamo qui per te… cosi’ non avrai più paura…..
Il mediatore a questo punto deve agire tenendo in considerazione la presenza del minore senza però
coinvolgerlo direttamente nella dinamica relazionale con i genitori.
Potrà dire al bambino: “Senti io adesso devo chiedere alcune cose ai tuoi genitori, tu potrai
alzarti se vuoi, ci sono dei fumetti su quel tavolo puoi guardarli se ti fa piacere. Se vuoi
chiedermi qualcosa fammi un segno con il dito”. Poi si rivolge alla madre::”signora Gilda non
le ho ancora chiesto una cosa importante,mi racconti della nascita di Davide”
Questa domanda ha lo scopo di stemperare la tensione tra i due ex coniugi e li conduce
gradualmente a spostare l’attenzione dal conflitto sul figlio Inoltre con l’inizio del nuovo argomento
portato avanti con una certa pacatezza, trattandosi di ricordi belli per entrambi,Davide viene aiutato
a rasserenarsi e a spostare la sua attenzione altrove.
In questi casi molto dipenderà dall’abilità del mediatore riuscire a segnalare al bambino
l’importanza della sua presenza e il rispetto che è portato alla sua persona, nello stesso tempo gli
viene inviata la precisa informazione che non accade niente che lo possa preoccupare
FIGURA DEL MEDIATORE FAMILIARE E SUO RUOLO.
Figura del mediatore familiare dal punto di vista giuridico
Allo stato attuale la figura del mediatore familiare in Italia non è ancora riconosciuta sul piano
giuridico. ed anche l’applicazione della mediazione familiare è caratterizzata da un grande e
diversificato proliferare di iniziative .Solo in Gran Bretagna e Norvegia la M.F. è già regolamentata
in modo specifico A livello europeo ci troviamo di fronte ad uno scenario abbastanza variegato e
complesso e tutti riconoscono a riguardo l’importanza e la necessità di dare sistematicità e ordine
nell’applicazione di questo strumento
Un momento importante del tentativo di dare un assetto organico alla m.f.. è la formulazione nel
1992 della Charte Europeenne de la formation des mèdiateurs familiaux dans les situations de
divorce et separation.
La Carta Europea, cui aderiscono numerosi paesi quali Germania, Belgio, Francia, Gran Bretagna,
Svizzera, Italia, quest’ultima rappresentata dalla Ass.GEA di Milano, ha lo scopo di garantire
ordine, coerenza, omogeneità, professionalità in un panorama quale è quello attuale..
Un altro passo importante in questo senso è stato compiuto con la costituzione del Forum Europeo
per la formazione e la ricerca in M.F. avvenuta a Marsiglia nel 1992
I mediatori che attualmente in Italia lavorano nel campo della M.f. utilizzano come criterio di
riferimento per il loro lavoro il codice deontologico della mediazione familiare presentato per
l’approvazione all’Assemblea dell’APMF a Lione nel 1998. Esso è conforme alla Carta Europea di
formazione dei mediatori familiari che l’APMF ha messo in atto dal 1992.
Figura del mediatore familiare dal punto di vista tecnico professionale.
I mediatori hanno stili personali diversi. Alcuni hanno un approccio molto
professionale,mantengono il ritmo e sono “problem solving” solutori di problemi, efficaci,tuttavia
possono perder uno o più partecipanti a causa della loro mancanza di calore e di considerazione per
i sentimenti.
Altri invece sanno trattare meglio con le persone, hanno un ritmo più lento e hanno spiccate
capacità terapeutiche, però possono essere meno capaci nell’analizzare le informazioni e
nell’elaborare soluzioni concrete.
I mediatori più abili sembrano quelli che riescono ad integrare l’abilità nei rapporti interpersonali
con quella di problem solving.
La figura del mediatore è una figura centrale, fondamentale per il lavoro di mediazione.
Chi è il mediatore.
Il mediatore è innanzitutto un professionista qualificato, equidistante che accoglie i coniugi in un
luogo discreto e accogliente; è un operatore con una formazione specifica capace di destrutturarsi
rispetto alla propria competenza precedente. Ciò vale soprattutto per gli psicologi, terapeuti che
rischiano di essere interpretativi e prescrittivi (dettano o impongono regole). Per questo motivo non
è affatto accettabile il luogo comune secondo il quale solo gli psicologi in quanto esperti della
relazione possono avere la capacità di fare mediazione. In mediazione c’è bisogno di uomini e
donne liberi da fantasmi e ortodossie di ogni sorta, capaci di svincolarsi dal loro sistema teorico di
riferimento.
Le figure professionali che possono diventare mediatori sono tracciate dalla Carta Europea che è a
tale riguardo molto aperta: esperti di diritto, psicologi iscritti all’albo, educatori laureati in scienze
dell’educazione, assistenti sociali, che devono aggiungere alla loro preparazione di base stages di
formazione distribuiti su due anni per acquisire la metodologia specifica della mediazione. Per molti
le figure più avvantaggiate per svolgere questa attività sono quelle che dispongono di una
preparazione secondo l’indirizzo relazionale.
La formazione del mediatore è una formazione lunga e rigorosa che verte sulla gestione dei
conflitti, sull’evoluzione sociologica della famiglia, sul quadro legale, e soprattutto sulla
separazione e il divorzio.
Poichè la mediazione familiare non può esistere al di fuori di un quadro legale, la formazione deve
riguardare anche la collaborazione tra magistrati, avvocati, operatori sociali, notai, psicologi e
consulenti familiari. Tutti coloro che a vario titolo si occupano di mediazione familiare concordano
nell’affermare che non basta quindi una laurea, una specializzazione, una terapia personale per
poter diventare buoni mediatori.
Oggi, in verità, proliferano i mediatori ma è sempre più evidente il rischio che alcuni individuino in
questa figura professionale semplicemente un nuovo mestiere lucroso, un’occasione per riciclarsi a
basso costo, e a trasformare la mediazione in una nuova promessa miracolistica.
Per molti la m. f. è sia una scienza che un’arte e i mediatori hanno bisogno di un insieme di
conoscenze, comprensione umana e abilità particolari per aiutare la coppia ad affrontare la
separazione o il divorzio,per impegnarsi in un dialogo e per elaborare modalità di accordo valide
anche per il futuro per loro e per i loro figli.
Quando la m.f. è vista come scienza l’attenzione viene posta sulla necessità di avere::
1) padronanza intellettuale della M.F. intesa come processo razionale in cui si raccolgono
fatti,si identificano le opzioni possibili;
2) competenza in campo legale e finanziario;
3) conoscenza ed esperienze di accordi relativi al divorzio;
4) tecniche di negoziato e contrattazione che comportano logica e razionalità
Quando la M.f, è vista come arte occorre guardare soprattutto all’importanza dei seguenti aspetti:
1) empatia,comprensione intuitiva e capacità di occuparsi delle persone;
2) maturità ed esperienza di vita,non solo conoscenze derivate dallo studio;
3) abilità nel gestire le situazioni di crisi;
4) uno stile di lavoro personale e flessibile che renda possibile variare la struttura e l’andatura
del processo secondo la dinamcità della coppia e della famiglia.
5) un interesse per la famiglia :nel suo insieme dove i buoni rapporti e la cooperazione fra i
membri vengono considerati più importanti dell’accordo in se;
6) l’abilità nella comunicazione, un uso del linguaggio coinvolgente e la capacità di tradurre e
interpretare.’
Il lavoro di mediazione presuppone dunque che il mediatore oltre alle conoscenze teoriche e
competenze tecniche specifiche acquisite con la formazione abbia anche alcune caratteristiche
personali.
Il mediatore dunque:
1) deve avere capacità di ascolto
Ciò vuol significare che deve lasciare spazio ai due genitori di esprimersi liberamente di
raccontarsi,ed intervenire solo se necessario;
2) deve avere equilibrio emotivo
In mediazione si lavora all’interno di un contesto incandescente, di grande tensione emotiva per cui
diventa necessario mantenere un comportamento equidistante dalle conflittualità della coppia
Infatti, lavorando con la famiglia in crisi il mediatore si confronta inevitabilmente con i suoi ricordi,
con i suoi vissuti, con le sue figure parentali, con la sua storia personale;
4) deve essere creativo
Per creatività del mediatore si intende la capacità di accompagnare la coppia genitoriale nel loro
percorso di reinventarsi o scoprire soluzioni nuove per risolvere i loro conflitti;
5) deve essere libero da preconcetti e pregiudizi
Il mediatore come tutti prova dei sentimenti,ha una sua storia , un bagaglio personale di esperienze
che possono creargli pregiudizi e renderlo spesso parziale. Il suo sforzo sarà quello di lavorare per
superare questi limiti e raggiungere gli obiettivi comuni ai tre protagonisti: vivere meglio e più
pacificamente con i propri figli;
6) deve essere autorevole
L’autorevolezza del mediatore si esprime con la sua capacità di riuscire a bloccare l’inizio di un
conflitto tra i due genitori (evento più che probabile in mediazione).Di fronte a due genitori litigiosi
si deve rimandare un’immagine di neutralità e autocontrollo. attraverso la capacità di saper
bilanciare gli interventi offrendo ad entrambi i genitori, in modo equo, la possibilità di intervenire.
Nella separazione infatti non c’è mai un rapporto paritario tra i due coniugi e il rischio di
prevaricare è alto. Il buon mediatore .si adopera per far emergere il padre e la madre;
7) deve essere neutrale e indipendente.
Il mediatore deve mantenere una posizione neutrale evitando in modo assoluto di esprimere giudizi
e di schierarsi in modo più o meno esplicito a favore di una delle parti. Ciò significa che il
mediatore:
A) non è di parte ma equidistante e concede a tutti e due i partecipanti le stesse attenzioni e
gestisce il processo in modo equilibrato.
B) non ha interessi personali rispetto all’esito del processo.
C) non si lascia manipolare, ma assumerà di volta in volta il punto di vista del bambino, della
madre o del padre. La minima percezione di una preferenza del mediatore verso l’uno o l’altro dei
genitori può fare abortire la mediazione
Essere indipendente vuol significare che il mediatore rifiuta ogni delega di decisionalità nel senso
che non prende decisioni per i due coniugi ma li aiuta a ricercare soluzioni adeguate ai problemi
concreti che si vengono a determinare con la loro separazione.
Poiché lavoriamo all’interno di contesti relazionali appare abbastanza difficile per il mediatore
riuscire ad operare in modo assolutamente asettico evitando cioè di influenzare non solo il modo in
cui le parti negoziano, ma anche il contenuto del loro negoziare .In altri termini è impossibile che il
mediatore non porti i propri valori nel processo di mediazione influenzandolo..
8) deve essere il depositario delle regole
Il mediatore è il custode delle regole del setting.
Molti mediatori prima ancora di iniziare la mediazione informano i genitori che in mediazione ci
sono regole che vanno rispettate. L’esperienza dimostra che la maggior parte dei partecipanti
apprezza il fatto di sapere che esistono delle regole.
Ad es
A) .il mediatore fa in modo che venga rispettato l’orario e non inizia mai la seduta se entrambi i
genitori non sono presenti.
B) a ogni partecipante sarà dato un tempo sufficiente per spiegare le proprie posizioni e per
esprimere le proprie preoccupazioni;
C) a ogni partecipante verrà chiesto di ascoltare l’altro senza interruzione.( solo il mediatore ha la
facoltà di interrompere, se necessario),.
D) ogni partecipante verrà informato che non sono ammesse discussioni o contatti individuali,
neppure telefonici, se non per modificare la data o l’ora dell’incontro successivo.
9) deve rispettare il segreto professionale
Il mediatore si fa carico di non riferire ai giudici o avvocati tutto quello che accade in mediazione
familiare. Infatti sono i genitori che devono portare all’esterno i risultati della mediazione; dal
momento in cui il mediatore incontra i genitori entra immediatamente in “segreto professionale”. Se
l’avvocato interpella il mediatore familiare per sapere ad esempio chi è venuto all’appuntamento
verrà informato dal mediatore stesso sui vincoli del lavoro di mediazione.
10) deve essere un facilitatore della comunicazione per creare un clima relazionale efficace
Aiuta i due partners a tirar fuori gli aspetti più sani, le capacità meno conosciute dell’altro e rinforza
le abilità emerse;
11) deve avere una progettualità
La progettualità è finalizzata al raggiungimento di accordi tra le due parti;
13) Lavora sul futuro.
In mediazione si discute sul futuro e poco del passato. Hynes dice che “più il mediatore si sofferma
sulle storie iniziali più rimane intrappolato nella disputa su un passato che non può cambiare, e ciò
aumenta la frustrazione e il senso di impotenza dei clienti”. Ciò non vuol dire che si possa negare il
“prima,”ne’ il mediatore può contestare,soprattutto nelle prime sedute, un richiamo a momenti
dolorosi o drammatici. Si dovranno gestire queste evenienze con professionalità
14) deve avere rispetto della libertà dell’altro
La mediazione esige di non decidere per altri ma di fare in modo che i due antagonisti esercitino la
propria libertà e trovino essi stessi la soluzione al blocco o alla distorsione della comunicazione che
li affligge. Il mediatore non porta mai la soluzione ma promuove, senza sostituirsi ai genitori il
libero progredire di nuovi equilibri;
12) deve avere la consapevolezza di essere solo
Benché la mediazione sia considerato un lavoro interdisciplinare ovvero di collaborazione con altre
figure professionali il mediatore, di fatto, lavora in perfetta solitudine; deve affrontare e risolvere da
solo i suoi momenti di crisi, il senso di impotenza che a volte emerge quando la situazione appare
particolarmente difficile, bloccata nella sua evoluzione. Il mediatore deve imparare a fare i conti
con i suoi sentimenti di frustrazione;
15) fa buon uso delle parole
Questo aspetto richiederebbe una trattazione particolare perché è riferita ad una competenza ben
specifica del mediatore. Il linguaggio è uno dei principali strumenti di comunicazione e i mediatori
sono comunicatori che necessitano di capacità particolarmente buone, per utilizzarlo in modo
positivo,utile e preciso. In mediazione familiare più che in qualsiasi altro contesto terapeutico le
parole hanno un peso Pertanto è opportuno:
A) Impiegare un linguaggio semplice. Quando siamo sotto stress la nostra capacità di
assimilare informazioni è limitata, utilizzare un linguaggio chiaro e semplice rende più
facile la comprensione.
B) Impiegare un linguaggio positivo. Dinanzi a persone in conflitto tra loro è particolarmente
importante utilizzare un linguaggio positivo. Un messaggio verbale può disinnescare o
intensificare il conflitto a seconda di come è espresso .I genitori che si separano sono molto
sensibili all’uso del linguaggio. Ad esempio è meglio parlare delle loro preoccupazioni per i
figli piuttosto che di dispute sui figli e di sostegno per i bambini piuttosto che di
mantenimento. Cosi’ com’è preferibile utilizzare il termine “genitori”anziché coppia,
marito, o moglie. In mediazione infatti bisogna sempre focalizzare l’attenzione sull’attività
e sul protagonismo dei genitori.
C) Non porre domande dirette. Il mediatore dovrà evitare domande del tipo :”cosa è
successo?; oppure:”cosa non funzionava quando vi siete separati?”
D) Ripetere e riassumere. Ripetere le cose dette da ogni persona usando le stesse parole è
importante nella mediazione per varie ragioni:dimostra innanzi tutto che c’è stato un ascolto
attento e la volontà di capire, offre a ognuno l’opportunità di confermare o correggere se
necessario quanto espresso..
15) non teme di giocare a carte scoperte
Il mediatore dovrà sforzarsi di fare appello ai genitori come individui adulti responsabili;
Dovrà dunque evitare tutte quelle tecniche, quei comportamenti e atteggiamenti che conducono
all’infantilizzazione dei genitori, la scarsa chiarezza degli obiettivi, il linguaggio gergale, l’eccesso
di autoritarismo o di permissivismo. I più esperti tra i mediatori in attività concordano nel
sottolineare che il mediatore non ha autorità né potere. Non risponde a nessun altro del suo operato
se non a se stesso e ai genitori che gli si sono rivolti..
L’esigenza etica di non avere potere richiede dunque mediatori solidi, sereni, che accettino di essere
soli, indipendenti, ausiliari delle persone che assistono. La sola autorità, in fin dei conti, che si
esprime nella mediazione è l’autorità morale del mediatore che non è data dal pur necessario pezzo
di carta ma dagli altri.
Riassumendo potremmo così riconoscere al mediatore alcuni compiti particolari, isolabili per motivi
illustrativi, ma che ovviamente s’intrecciano nel lavoro con la coppia:
1) facilitare la comunicazione nella coppia. Il mediatore non è un solutore di controversie ne’ un
suggeritore di soluzioni ma un facilitatore di comunicazione sufficientemente sana tale da favorire
la ricerca di accordi spontanei.
2) facilitare l’espressione dei sentimenti connessi con gli eventi e le decisioni da prendere.
3) fornire il sostegno necessario, far prendere coscienza del modo con cui ciascuno gestisce i
conflitti.
4) far prendere coscienza delle risorse disponibili per la soluzione del conflitto.
5) facilitare la presa in considerazione di tutte le opzioni possibili, che già sono presenti nella
coppia.
6) proporre nuove soluzioni indirizzate verso nuove risorse (durante o dopo la mediazione
come ad esempio la consultazione di un notaio o di un terapeuta)
Superare il senso di impotenza,
Stabilire intese comuni,
Proteggere la vulnerabilità dei figli
Privilegiare la genitorialità
Questi, in sintesi, sono i significati principali del paziente lavoro del mediatore familiare.
In questa prospettiva la M.F. è un’arte che fa appello all’intelligenza emotiva, una modalità fatta di
ascolto, di riformulazione dei termini del conflitto.
Oggi si parla molto di mediazione familiare e sia pure con molta fatica, numerosi equivoci e
incomprensioni, si sta facendo strada la convinzione che si tratta di un efficace strumento di pace,
che permette di rendere più umana la separazione e il divorzio e quindi di rivoluzionare in
prospettiva le procedure di separazione tra genitori.
Dal momento in cui una coppia si separa la coppia coniugale non esiste più ma la coppia genitoriale
continua ad esistere e continuerà ad esistere ben oltre la maggiore età dei figli.
La M.F. permette ai genitori di riprendere un dialogo interrotto, non sappiamo quando e come..
COMPORTAMENTO DEL MEDIATORE AL PRIMO INCONTRO CON I DUE
GENITORI
Nella sua forma più semplice la mediazione presenta tre fasi :iniziale centrale e finale
indipendentemente dall’esito.
Prima fase o fase iniziale. Le attività più rilevanti di questa prima fase sono:
1) Accogliere entrambi i partecipanti,fare le presentazioni, decidere se utilizzare i nomi o i
cognomi.(sono aboliti in mediazione i titoli personali come dott. ingn.ecc….)
2) Accertare che i due genitori abbiano compreso i principi base della mediazione.
3) Una volta accertato questo si chiederà a loro di firmare il consenso alla mediazione.
4) Molti mediatori a questo punto consegnano ai due genitori un questionario preliminarmente
stilato che dovranno compilare individualmente. Ciò allo scopo di raccogliere più
informazioni possibili in merito alla vicenda separativa ed anche per confrontare i due punti
di vista
5) Identificare le questioni più importanti. le preoccupazioni comuni. Questo contribuirà a
ridimensionare il livello di tensione e farà si che la mediazione si metta in moto
6) E’ necessario concordare un ordine del giorno:cosa si deve discutere pre prima tenendo
presente che è bene dare priorità ai problemi più urgenti..
7) L’ultimo quarto d’ora dovrebbe essere utilizzato per .a) ricapitolare, riassumere ; b) per
concordare la data l’ora e il tema del prossimo incontro.
ESERCITAZIONE PRATICA
Privilegiare la genitorialità.
Come si può rappresentare graficamente questo concetto fondamentale del processo di mediazuione
Graficamente possiamo rappresentarlo in questo modo
La coppia genitoriale intesa come due persone che si comunicano le cose importanti riguardanti il
figlio e dove il bambino viene posto al vertice di un triangolo.
Il mediatore come può tradurre nella pratica operativa questo concetto fondamentale della
mediazione familiare.
Il mediatore parte sempre da una situazione di conflitto, di controversia e di opposizione tra due ex
coniugi, spesso con la percezione di trovarsi tra due persone che oltre a non andare d’accordo
sembrano non condividere nulla. Pertanto il mediatore pur accettando la contrapposizione tra le due
parti troverà il modo per spostare lentamente l’attenzione dalla personale posizione di ognuno, alla
posizione ontologica di genitore.
E’ proprio con l’introduzione dei legami d’amore passati e presenti verso i figli, che la mediazione
può spingere con successo due genitori,separati,ma pur sempre genitori verso la trattativa . A quel
punto, partendo dal presupposto che tutti i padri e le madri non desiderano altro che il bene e la
PADRE MADRE
BAMBINO
serenità dei propri figli, il mediatore potrà far leva su questa percezione. Il modo migliore sarà
quello di cominciare a porre domande sulla vita dei figli. Le domande saranno sempre discrete e
genuinamente disinteressate,riguarderanno le loro abitudini,le caratteristiche di personalità. Si
raccoglieranno notizie e aneddoti riguardanti la scuola, le amicizie,gli hobbies,e su come i figli
hanno mantenuto i contatti con la rete parentale di ciascun genitore. Questo modo di procedere
determina uno slittamento da contenuti simmetrici e di solito rinforza la congiunzione tra i due
genitori.
ESERCITAZIONE PRATICA
Parole chiave del lavoro di mediazione.
Percorso
Riorganizzazione
Relazione familiare
Segreto professionale
Formazione
Autonomia ambito giuridico
Sollecito delle parti
Segreto professionale
Neutralità
Programma delle lezioni svolte.
Prima lezione
“Il setting e la prassi della mediazione familiare”
Definizione della mediazione familiare secondo la SIMEF
Regole del setting
Caratteristiche del contesto separativo
Bambini e mediazione
La sede e gli spazi
La prassi della mediazione familiare
Seconda lezione
“Il ruolo del mediatore familiare e il Codice deontologico”
Inquadramento della figura del mediatore familiare in Italia dal punto di vista giuridico
Competenze tecniche del mediatore familiare
Aspetti personolgici, del mediatore familiare
Comportamento del mediatore durante il processo di mediazione