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ELEZIONI IN INDIA
NEW YORK — «Resisteremo inquesta storica battaglia... sefalliremo, i dittatori sarannofelici e i terroristi trionfanti»:così, scrivendo sull’Observer,
il premier ingleseTony Blair haribadito il suoimpegno, moralee politico, allanascita d’unregimedemocratico inIraq. Giovedì,
però, nei meeting con ilpresidente Usa, Bush, e con ilsegretario dell’Onu, KofiAnnan, Blair non userà laretorica cara a Churchill.
Giorgio L. è un professore univer-sitario di Roma. Si è sposato tre vol-te in quello che lui stesso definisce«un crescendo omogamo», una ten-denza continuata a scegliere unpartner che per professione e condi-zione sociale gli somiglia. La primavolta ha preso in moglie un’inse-gnante, la seconda una docente uni-
versitaria di ar-cheologia e laterza ancorauna insegnantee della sua stes-sa materia, sto-ria dell ’arte.«Ho avuto sem-pre mogli conuna certa cultu-
ra, ma non le ho scelte per questo, ilfatto è che mi sono innamorato di lo-ro. Dio ci fa e poi ci accoppia».
Giuseppina Mele è avvocato di-vorzista a Torino, convive da annicon un avvocato penalista ed è laprima a dire che i legali si sposanotra di loro. «Le relazioni inizianonei luoghi di lavoro intorno ai 27 an-ni, subito dopo la laurea, spesso nel-lo studio dove si fa il praticantato».
NAPOLI
NAPOLI — EmilioCapano, 14 anni, èmorto in ospedaledopo essere entratoin coma 11 giorniprima. In salaoperatoria perricomporre unafrattura a unbraccio in seguito aun incidentestradale, Emilio si èsentito male e nonsi è più risvegliato.La Procura haaperto un’inchiesta.
«Braccio rotto»Emilio, 14 annimuore in ospedale
Bufi
Cala la mobilità sociale: matrimoni tra chi è simile per lavoro e istruzione
Il decreto per Alitalia: cassa integrazione e meno tasse
U A pag. 29 Bagnoli
E gli italiani salvano un imprenditore inglese
Sposi d’Italia: stessi soldi, stessa cultura
Maroni: giovedì la decisione, non aspetteremo l’agonia della società. Sostegno al reddito per 2.500 lavoratori
Rahul e la nuova corsa dei Gandhi
Il sesso? Serve anche a riparare il nostro Dna
di GIANNI RIOTTA
«PRIMO FIGLIOPRESTO UN BONUSDI MILLE EURO»
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BUSH E L’IRAQSENZA IRACHENI
Gli Usa a caccia del leader sciita. Bush: «Settimana difficile, la situazione però sta migliorando»La sfida degli ostaggi: alcuni liberati ma le milizie sequestrano altri americani, tre cechi e 11 russi
di DARIO DI VICO
Così è possibile la «manutenzione» dell’elica della vita che va trasmessa integra
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L E S T R A T E G I E
MARONI
AMETHI (India) — Rahul, 33 anni, una laurea ad Har-vard, è la nuova grande speranza per la dinastia dei Gan-dhi. Alle elezioni, il 20 aprile, guiderà il partito del Con-gresso, dopo il padre Rajiv (ucciso nel 1991) e la madreSonia (italiana di Torino). (Nella foto Reuters Rahul Gan-dhi, a destra, con la sorella Priyanka) U A pagina 13 Taino
Nessun interlocutore, solo fazioni religiose
BAGDAD — Gary Teeley, ingle-se di 37 anni, titolare di un'impre-sa di lavanderie industriali in Qa-tar, padre di 5 figli, è stato liberato
dopo una settimana di prigioniacon una azione di forza dei soldatiitaliani. (Nella foto Ap, Teeley conil generale Chiarini) U A pagina 2
N A S S I R I Y A
«Catturareil ribelleAlSadrvivoomorto»
CONTINUA A PAGINA 15
L ’ I N C H I E S T A
Sofri, premier in campoLa Lega fa ancora muro
CONTINUA A PAGINA 25
E L’EUROCAMBIO’L’EUROPA
G I A N N E L L I
ROMA — «Non aspette-remo la lenta agonia del-l’Alitalia». Lo ha detto ie-ri il ministro del Lavoro,Roberto Maroni, annun-ciando che giovedì il verti-ce interministeriale con-vocato dal premier Berlu-sconi discuterà il decretosui cosiddetti «requisitidi sistema» che dovrebbesalvare la compagnia ae-rea dal fallimento. Sonoprevisti interventi di cas-sa integrazione e mobili-tà per 2.000-2.500 lavora-tori del trasporto aereo,di cui mille del personaledi terra dell’Alitalia. Allostudio anche il taglio deidiritti di sorvolo dovuti al-l’Enav, la riduzione del-l’Iva sui biglietti, delle ro-yalties sugli scali e delleaccise sul carburante.L’azienda punta a conclu-dere l’accordo con i sinda-cati sul piano di ristruttu-razione entro il 20 aprile.
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Marro
La nuova partitadell’alleato Blair
Quel che sta accaden-do in Iraq dimostra sìl’errore commesso dagliamericani (e da molti al-tri, a cominciare da chiscrive) nell’aver credutoche la guerra a Saddampotesse servire come unsegnale politico fortecontro il terrorismo isla-mista; ma mostra qual-cosa di ancor più grave.E cioè che in Iraq esisto-no gli sciiti, esistono isunniti, i curdi, ma nonesistono gli iracheni:non esiste, in altre paro-le, un’opinione pubblica(se l’espressione sem-bra troppo occidentale,diciamo pure un grupposociale appena appenaconsistente) di tipo na-zionale, che dunque sap-pia e voglia farsi caricodel problema generaledel Paese, che sia capa-ce di elaborare per essouna qualche prospettivapolitica, ma a prescinde-re dalla propria specifi-ca filiazione religiosa.Ovvero un tale gruppoesiste anche, magari,ma esso è così debole eintimidito che è come senon ci fosse.
È questo il vero sco-glio contro cui sta nau-fragando la strategiaamericana. EliminatoSaddam, il gioco si è ri-stretto alle sole compo-nenti religiose del Pae-se, oggi unite (non allea-te!) dalla comune volon-tà di cacciare gli Usa,ma domani — chi puòdubitarne? — pronte aregolare a mano armatai conti tra di loro al finedi imporre ognuna ilproprio predominio sul-le altre. Gli americani siritrovano così senza in-terlocutori che non sia-no i gran sacerdoti dellevarie confessioni musul-mane, la loro presenzamilitare non riesce adavere alcuna proiezionepolitica che non passi at-traverso le moschee. Bi-sogna ammettere cheper una democrazia de-vota ai principi della se-parazione tra la Chiesae lo Stato il compitonon potrebbe essere piùarduo oltre che parados-sale.
Ma tutto ciò la dicelunga sul fallimento cla-moroso dei processi dimodernizzazione e dilaicizzazione accreditati
da molti in Occidente amerito (almeno quello!)dei vari movimenti di so-cialismo arabo o nazio-nal-panarabisti fioriti inMedio Oriente dalla fi-ne degli anni Cinquan-ta. E’ in nome per l’ap-punto del maggiore diessi — il partito del Baa-th — che Saddam ha go-vernato l’Iraq per circaun venticinquennio.
I risultati della suapresunta opera di laiciz-zazione e modernizza-zione del Paese si vedo-no oggi: nonostante lecospicue entrate dellarendita petrolifera, nep-pure la parvenza di unastruttura industriale,nulla che assomigli auna classe media, nessu-na vera lotta culturalecontro l’estremismo isla-mista. Tutta la moderni-tà e tutta la laicità — inIraq come in tanti altriPaesi del Medio Orien-te — si sono ridotte anull’altro che a efficien-ti apparati di polizia e diterrore, a spese militariimmense, a spietate per-secuzioni contro i dissi-denti, religiosi e non.
È anche questo stori-co fallimento dell’Islamcosiddetto laico-sociali-sta nei confronti dellamodernità che ha fattonascere e fa oggi prospe-rare il fondamentalismoe la sua propaggine ter-roristica. Ed è sempreesso che fa sì che oggi— non già solo gli StatiUniti in Iraq, ma l’Occi-dente in tutto il mondoislamico — si trovino da-vanti a una sorta di vuo-to sociale dove sembra-no stagliarsi solo il Pote-re e la Religione, dovesolo un potere perlopiùbrutale e una religioneperlopiù esposta al ven-to del fanatismo appaio-no in grado di assumereun ruolo attivo consi-stente. È questa la verae massima asimmetriatra «noi e loro», nonquella di carattere pura-mente militare tra eser-cito convenzionale e ka-mikaze. È l'asimmetriache rende problematicoed evanescente ogni dia-logo, ed alla quale an-che i buoni uffici del-l’Onu sembra difficileche possano porre qual-che rimedio nell’imme-diato futuro.
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
di GIULIANO GALLO
«Catturate Al Sadr vivo o morto». E’questo l’ordine dato dal comando mili-tare americano alle truppe della coali-zione, da giorni impegnate in combat-timento con le milizie guidate dal lea-der sciita. Ieri i militari Usa hanno an-che circondato l’università di Ba-gdad.
R Tragico bilancio. La settimana diPasqua e i giorni che l’hanno precedu-ta sono stati tra i periodi più sanguino-si dalla resa dell’esercito di SaddamHussein. In 12 giorni sul terreno sonorimaste 84 vittime americane e alme-no 700 iracheni. Anche il presidentedegli Stati Uniti George W. Bush hadovuto riconoscere che il momento èdifficile. «Ma la situazione sta miglio-rando», ha aggiunto.
R Il dramma degli ostaggi. La piagadei rapimenti indiscriminati intantosi allarga. Qualche ostaggio è stato li-berato, ma nel frattempo le miliziehanno sequestrato altri nove america-ni, tre giornalisti della Repubblica ce-ca e undici operai russi. Sempre incer-ta la sorte dei prigionieri giapponesi.
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Accattoli, Altichieri, Caretto, Di CaroL.Cremonesi, Farkas, Frattini, Nese
Radice, Sarzanini, Stimolo, Zecchinelli
In dodici giorni uccisi 70 soldati statunitensi e 700 iracheni. Assedio all’università di Bagdad
Pannella interrompe lo sciopero della sete
A che serve il sesso? Perla riproduzione (e per ilpiacere) di chi lo pratica,si dice. Si sa che possonofarne a meno quasi tuttigli organismi inferiori,molte piante e su 43 milaspecie note di vertebratisolo pochi pesci, rettili,anfibi; ma non i mammife-ri. Perché? Due le spiega-zioni a confronto: la pri-ma che il sesso serve a ri-mescolare i geni e favori-re l’evoluzione e la salva-guardia della specie, la se-conda — più recente — èquella che vede il sesso co-me momento di «ripara-zione» del Dna.
di VITTORIO SGARAMELLA
«La lunga via dell’eu-ro» è il titolo del nuovolibro di Tommaso Pa-doa-Schioppa, in uscitadal Mulino. Ne pubbli-chiamo un capitolo.
Moneta e scelte politiche
di TOMMASOPADOA-SCHIOPPA
Il mio impegno perla moneta unica nasce-va da alcune ferme con-vinzioni: che le dueguerre mondiali ci aves-sero lasciato in ereditàil compito di ricondur-re la sovranità degli Sta-ti nazionali europei en-tro un ordinamento co-mune legalmente costi-tuito; che il raggiungi-mento di questo ordinerichiedesse istituzionicapaci di individuare erisolvere i problemi co-muni; che un mercatounico dovesse essereaccompagnato da un'unione monetaria, en-trambi sorretti da soli-de fondamenta istitu-zionali.
Per circostanze abba-stanza eccezionali, que-ste idee, frutto di unasecolare tradizione dipensiero economico epolitico, produssero unrisultato del tutto nuo-vo: il trasferimento delpotere di emettere mo-neta dallo Stato nazio-nale a un'entità —l'Unione europea —che, pur essendo uno«Stato in formazione»,era certamente priva dialcune prerogative fon-damentali degli Statimoderni.
Nell'ottobre 1993 ilTrattato di Maastrichtsuperava finalmentel'ostacolo della ratifica,proprio mentre il Siste-ma monetario europeo(Sme) e l'accordo euro-peo di cambio, dopoquattordici anni di vita,sembravano conclude-re la loro avventura:l'allargamento dei mar-gini di fluttuazione dal2,25 al 15 per cento pa-reva davvero segnarela fine di ogni discipli-na del cambio tra le mo-nete europee. Molti fu-rono sorpresi che l'am-bizioso programma diuna moneta unica ve-nisse ratificato proprioquando finiva lo Sme.
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U A pagina 10 un interventodi Francesco Giavazzi
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1999,NASCEIL RIVALEDEL DOLLARO. La sede della Banca centrale europea di Francoforte viene coperta da un’enorme riproduzione di una banconota da 20 euro. La circolazione è iniziata nel 2002
In realtà, e questo è forse il principa-le argomento svolto lungo i capitoli delvolume, era pura utopia considerarecome indefinitamente sostenibile unregime di cambio (fisso ma aggiustabi-le) come lo Sme; l'unica soluzione prati-cabile era proprio l'introduzione di unamoneta unica.
La situazione di fine 1993 (fine delloSme e ratifica del Trattato di Maastri-cht) non era dunque per nulla in con-traddizione con la linea di pensieroche aveva ispirato tutti i miei scritti diun decennio. Eppure, nel gennaio 1994ero io stesso pessimista sulla prospetti-va di attuazione del Trattato, e dun-que sull'effettiva istituzione della mo-neta unica.
Da un punto di vista analitico, il li-bro si basava su una logica di fondoche la dottrina e la storia economicaben conoscono e sulla quale pochi dis-sentono: essa si esprime con la proposi-zione che libertà commerciale, pienamobilità dei capitali, cambi fissi e auto-nomia delle politiche monetarie nonpossono a lungo coesistere, costitui-scono un «quartetto inconciliabile».Dalla contraddizione si esce trasfor-mando il quarto elemento in unionemonetaria oppure erodendo, in variamisura, i primi tre termini.
Negli anni Ottanta e Novanta il teo-rema del quartetto inconciliabile ave-va ricevuto scarsa attenzione da partedel mondo accademico e del dibattitopolitico. Perché gli animi cambiasserobisognava attendere che le crisi finan-ziarie della fine degli anni Novanta —innescate dall'interazione tra un'am-pia mobilità di capitali e i cambi fissima aggiustabili (currency pegs) — illu-strassero drammaticamente questa in-conciliabilità. È da notare, en passant,che neppure oggi il microcosmo euro-peo sembra catturare l'attenzione de-gli economisti, tanto concentrati sulmacrocosmo delle relazio-ni mondiali. Ma la tesi og-gi in voga che, in un am-biente di mobilità dei ca-pitali, solo i regimi di cam-bio estremi funzionano(only corner solutionswork), e che perciò i pae-si debbono scegliere trafluttuazione del cambio eabbandono completo della sovranitàmonetaria, è una diretta applicazionedel teorema del quartetto inconciliabi-le.
Alla fine del 1993 l'Europa sembravadunque affetta da schizofrenia. Ratifi-cando il Trattato e indebolendo l'accor-do di cambio, essa sembrava aver com-piuto scelte divergenti. Anche per que-sto, la mia analisi, condotta per quelloche è l'attuale capitolo XII («Dopo latempesta», ndr), era abbastanza pessi-mistica circa la prospettiva di un'effetti-va attuazione del Trattato. Come nell'agosto 1971 il sistema mondiale deicambi fissi basato sul dollaro era crolla-to sotto la pressione della mobilità deicapitali, ed era fallito ogni tentativo diripristinarlo, così nel 1993 il sistema dicambi basato sul marco tedesco sem-brava irrimediabilmente superato.L'Europa sembrava ormai veleggiareverso il regime estremo «fluttuante»,piuttosto che in direzione di quello «ri-gidamente fisso» deciso a Maastricht.
La mia conclusione nel 1993 era chel'unione monetaria sarebbe diventatarealtà solo a patto che i due fondamen-tali fattori che avevano condotto a sti-pulare il Trattato di Maastricht conti-nuassero a operare, ovvero quello eco-nomico, che spingeva a risolvere la con-traddizione tra gli elementi del quartet-to inconciliabile; e quello politico, chespingeva a creare una rule of law al disopra degli Stati per assicurare la pacetra essi e per governare i problemi che litrascendono singolarmente. Il secondodi questi due fattori sarà decisivo. Senegli anni Ottanta una contraddizioneeconomica è stata motore dell'integra-zione europea, negli anni Novanta il mo-tore sarà probabilmente una contraddi-zione politico-istituzionale.
Invece... il 3 maggio 1998 i capi di Sta-to e di governo degli Stati membri dell'Unione europea presero le ultime deci-sioni politiche necessarie a compiere ilpasso decisivo in direzione della mone-ta unica: la creazione della Banca cen-trale europea; la nomina del suo presi-dente e del Comitato esecutivo; la scel-ta dei Paesi che sarebbero entrati subi-to nell'area dell'euro; l'annuncio dei tas-si di conversione definitivi tra le monete
che venivano sostituite dall'euro. Il 1˚giugno 1998 fu istituita la Banca centra-le europea e il giorno successivo fu con-vocata la prima riunione del suo Comita-to esecutivo. In meno di quattro anni emezzo l'Europa mosse dall'estremo
«fluttuante» a quello «fis-so». Tra il 1992 e il 1993, do-po la tempesta suscitatadalla ratifica del Trattatodi Maastricht e il conse-guente allargamento dellabanda di fluttuazione dell'accordo di cambio, io stes-so, pur suo convinto soste-nitore, ero poco incline a
considerare la moneta unica come l'esi-to più probabile; né credetti mai chel'unione monetaria potesse realizzarsiattraverso un «gradualismo morbido»,consistente nel «raggiungere l'unionemonetaria attraverso una graduale con-vergenza dei risultati economici e degli
strumenti di politica monetaria, che di-pende in gran parte dalla cooperazionevolontaria».
Oggi dunque, a distanza di anni dal-la stesura del capitolo XII, si pone unquesito cruciale: che cosa ha funziona-to? Quali sono i fattori che hanno con-dotto alla moneta unica e alla Bancacentrale europea piuttosto che alla so-luzione più indolore e più facile di pro-lungare indefinitamente la vita dellabanda di fluttuazione allargata e di unorganismo debole come l'Istituto mo-netario europeo? I fattori economici epolitici citati sopra hanno continuatoa operare, ma in modo diverso da co-me avevo previsto. Eventi, vari e com-plessi, più legati alle vicende politichenazionali che a quelle europee, si sonocombinati fino a consentire, infine, l'at-tuazione del Trattato. Come spesso ac-
cade, tali eventi ci hanno riservato unabuona dose di sorprese e imprevisti,conducendo a risultati impensabili nelmomento in cui scrivevo le frasi soprariportate.
Tornando ai tre personaggi citati neltitolo, si può dire che i geni e l'imperato-re abbiano unito le loro forze per impor-re ai re l'attuazione del programma sta-bilito a Maastricht. I geni, ovvero i mer-cati, hanno rappresentato il fattore eco-nomico decisivo. L'imperatore, ovveroil guardiano degli interessi dell'Europa(oggi il Consiglio europeo), ha agitocon fermezza, rivelandosi il fattore poli-tico determinante. I re, ovvero gli Statimembri, sono stati costretti dai geni e,in alcune occasioni cruciali, dall'impera-tore, ad agire in conformità con l'obietti-vo ultimo della moneta unica. L'intera-zione tra i mercati, le politiche, e la poli-
tica si è sviluppata in modo inatteso econ grande forza.
I geni non sono rientrati nella botti-glia. Tuttavia, invece di continuare a«seminare disordine nei mercati e di-scordia tra i governi», hanno obbligatoi re a onorare l'impegno sottoscrittocon la firma del Trattato. Ciò è accadu-to perché i mercati hanno interpretatoin modo rigido due disposizioni delTrattato, i criteri di convergenza nume-ricamente definiti e la data fissata perl'adozione definitiva della moneta uni-ca. Essi non hanno lasciato alcuna scel-ta alle politiche nazionali. Il mercato fi-nanziario internazionale ha comincia-to a «quotare» ciascun paese in base al-la sua presunta capacità di rispettare icriteri di convergenza entro la data fis-sata per l'avvio della moneta unica. Igoverni nazionali sono stati sottoposti
a una costante pressione, a prescinde-re dalle posizioni da essi assunte neiconfronti dell'unione monetaria. An-che i governi più riluttanti venivano co-stretti dal mercato a intensificare i lo-ro sforzi per una rapida convergenza. Iritardatari venivano, in-fatti, severamente puniticon più alti tassi di inte-resse e con deprezzamen-ti del cambio.
Il personaggio dell'im-peratore è stato determi-nato soprattutto dal can-celliere tedesco, HelmutKohl, senza dubbio la fi-gura politica europea di maggior rilie-vo lungo tutto il decennio che porta all'euro. Alla ratifica del Trattato di Maa-stricht, Kohl era al potere da quasi do-dici anni; sotto la sua guida era statacompiuta la riunificazione pacifica del-la Germania. In Europa, nessuna inizia-
tiva poteva, in quegli anni, essere intra-presa senza il suo appoggio; e le sueproposte venivano spesso accolte sen-za opposizione, in virtù dell'autorevo-lezza del proponente. Con l'avvicinarsidella data fissata dal Trattato, intornoal 1997, molti governi e molte banchecentrali in Europa convennero che sa-rebbe stato «saggio» posporre l'intro-duzione dell'euro di almeno due anni.Si era formata una strana coalizionetra coloro che vedevano nel rinvio il pri-mo passo verso lo sperato abbandonodell'obiettivo e coloro che l'obiettivo lovolevano, ma erano spaventati dallamossa finale. Tutti i tentativi di persua-dere Helmut Kohl fallirono. La riluttan-za di buona parte dell'opinione pubbli-ca tedesca ad abbandonare il marco, ladelicatezza di qualsiasi scelta riguar-dante i Paesi non convergenti, la com-prensibile esitazione di molti esperti ebanchieri centrali, non valsero a smuo-vere Helmut Kohl. Forte nella sua con-vinzione che la moneta unica rappre-sentasse una tappa essenziale per lacreazione di un'Europa unita e pacifi-ca, il cancelliere tedesco rifiutò qualsia-si ipotesi di rinvio.
Quando questo libro fu pubblicatonel 1994, un Trattato aveva, sì, pro-grammato la sostituzione dell'effigiedei re «locali» con quella dell'imperato-re sulle monete, ma gli eventi che dove-vano effettivamente condurre a que-sto risultato erano ancora ignoti.L'obiettivo sembrava distante e incer-to. Della nuova moneta non era statoscelto neppure il nome. Oggi, mentrescriviamo, l'euro è una realtà. I cittadi-ni, i mercati, i sistemi politici sono pie-namente convinti che la moneta unicaeuropea costituisca ormai un fattocompiuto. Ed è sorprendente la rapidi-tà con cui un evento tanto eccezionalenella storia politica ed economica siastato completamente accettato. Stu-diosi di diverse discipline si sono dedi-cati all'analisi delle vicende politiche e
diplomatiche che hannocondotto alla stipulazio-ne e alla ratifica del Trat-tato di Maastricht. Que-sto volume non rientra insiffatta categoria di ope-re; né vuole essere un re-soconto a posteriori deglieventi, dettato dal sennodi poi. Esso si propone
piuttosto di porre a riscontro i fatticon le analisi: i fatti che hanno condot-to a concepire e poi attuare la monetaunica con le analisi e le proposte svilup-pate da un banchiere centrale europeocoinvolto nel processo.
I quattro anni e mezzo che corronotra la ratifica del Trattato e l'istituzionedella Banca centrale europea — anninei quali i geni e l'imperatore unirono leloro forze per tradurre in realtà il Trat-tato di Maastricht — sono stati anni si-gnificativi per molti aspetti. Per il pro-cesso di integrazione europea sono sta-ti quelli in cui l'originario progetto delTrattato di Roma è stato perfezionatocon l'introduzione di una moneta uni-ca, naturale complemento del mercatounico. Per l'attività delle banche centra-li sono stati quelli in cui, a livello nazio-nale ed europeo, si è conclusa con suc-cesso la lunga lotta per l'indipendenzae per il riconoscimento della stabilitàdei prezzi quale obiettivo prioritariodella politica monetaria. Per le econo-mie dell'Europa occidentale sono gli an-ni in cui è stata ripristinata la stabilitàmacroeconomica, eliminando le pres-sioni inflazionistiche e apportando inci-sive correzioni agli squilibri di bilancio.
L'introduzione di una moneta unicae la creazione di un'unica banca centra-le costituiscono il primo caso e il primocampo nel quale il processo di unifica-zione europea, avviato ormai da mezzosecolo, raggiunge il suo punto finale.Nel campo della moneta l'Europa hafatto proprio senza riserve il tipo di co-stituzione (una moneta unica e un'uni-ca banca centrale) che storicamenteera stato adottato da e per gli Stati so-vrani. Questa scelta rappresenta allostesso tempo un traguardo e un nuovopunto di partenza. Coloro che pensava-no che l'unione politica dovesse prece-dere l'unione monetaria e coloro che,invece, sostenevano che l'unione mone-taria non potesse aspettare sono con-cordi nel riconoscere che la monetaunica è tappa di un processo storico, ilcui orizzonte non si limita certamentealle questioni economiche e moneta-rie. Spero che questo libro possa aiuta-re il lettore a comprendere il percorsoche ha condotto a questo traguardo.
«Ero pocoincline nel’94 a ritenerel’euro moltoprobabile»
L A S T R A D A
«Nessunoriuscì a
convincereKohl a
rinviare»
L ’ E U R O P A E L ’ I T A L I A
L’euro? Una svolta politicache ha cambiato l’Europa
Il «guardiano»dell’interessecollettivo agìcon fermezza
La valuta comune e la spinta della concorrenza
D E L L ’ E U R O
Padoa-Schioppa: la disciplina dei mercati e le conquiste della moneta unica
TAPPE E PROTAGONISTI
Nella prefazione alla seconda edizionede «Gli uomini che fecero l’Italia», scrittanel giugno 1990 all’indomani del succes-so elettorale delle Leghe nelle elezioni re-gionali, Giovanni Spadolini scriveva:«L’attacco al Risorgimento che ha coinci-so con la campagna elettorale non haconfronti nella storia della Repubblica.Per ritrovare una così clamorosa conte-stazione bisogna risalire agli anni del-l’anti-Europa e dell’anti-Rinascimento,un momento abbastanza particolare com-plessivamente limitato, nell’Italia deglianni 30 e 40, che rivendicava il caratteresabaudio dell’unità, contrapponendosiall’innesto tra Italia e Europa. Una De-stra che sognava quella che Curzio Mala-parte aveva chiamato «l’Italia barbara»pre-risorgimentale, una società basatasu gerarchie immutabili di valori, estra-nea al vento del liberalismo e della liber-tà. Il Risorgimento fu un fenomeno essen-zialmente europeo; l’unificazione nazio-nale fu realizzata in stretta correlazionecon l’Europa, contro ogni tentazione au-
toctona. L’Italia cominciò a farsi quan-do superò il motto «l’Italia farà da sé». Ri-cordiamolo, l’Italia nacque come parteessenziale dell’Europa, sentita quale ci-viltà comune».
Pagine di straordinaria attualità inun momento in cui il governo mal soppor-ta l’ingerenza dell’Europa nei fatti di ca-sa nostra, soprattutto quando essa è vol-ta a scardinare qualche «immutabile ge-rarchia», dagli aiuti di Stato alle squa-dre di calcio in violazione alle regole eu-ropee sulla concorrenza, a quelli all’Ali-talia. E attribuisce la nostra maggiore in-flazione rispetto al resto dell’Europa nonalla propria incapacità di introdurremaggiore concorrenza, dalle libere pro-fessioni ai servizi pubblici locali, bensìall’euro. La nuova insofferenza per l’Eu-ropa non è un male solo italiano: ma labattaglia che la Francia sta combatten-do contro Bruxelles è per gli aiuti pubbli-ci ad Alstom, un’azienda che produce ilTGV e tecnologie nucleari, non per salva-re un’azienda decotta come purtroppo èdiventata Alitalia.
La generazione di Helmut Kohl,
François Mitterrand, Carlo Azeglio Ciam-pi, Giulio Andreotti, aveva trascorso lapropria giovinezza in famiglie segnatedalle tragedie della Prima Guerra Mon-diale e poi aveva vissuto in prima perso-na quelle della Seconda: per loro le istitu-zioni europee erano gli strumenti che cihanno salvato dal ripetersi di quelle tra-gedie.
Alla mia generazione e a quella dei no-stri figli consiglio soprattutto la letturadella cronologia che accompagna il bel li-bro di Tommaso Padoa-Schioppa, soffer-mandosi su quella data, luglio 1961, quan-do il comitato Monnet propose di realiz-zare un’Unione Europea delle riserve mo-netarie, primo passo verso una monetaeuropea, un processo il cui compimentorichiederà 40 anni e che rappresenta, se-condo me, il risultato più alto che l’Euro-pa ha conseguito dal dopoguerra. A chi,con sicurezza e malcelato fastidio, attri-buisce all’euro molti dei guai che attra-versiamo, consiglio di riflettere sull’effet-to che ha avuto sul nostro sistema indu-striale l’uso effimero delle svalutazionidella lira per guadagnare brevi margini
di competitività: non l’incentivo ad inve-stire in ricerca, innovazione, nello svilup-po di settori che consentissero un duratu-ro vantaggio concorrenziale, bensì l’illu-sione che si possano consolidare le quotedi mercato solo grazie alla temporaneariduzione dei costi prodotti dal cambio.Nella ricostruzione accurata e intelligen-te che Padoa-Schioppa fa delle vicendemonetarie dell’Europa mi sarebbe forsepiaciuto trovare qualche riferimento inpiù agli effetti dell’euro sull’economia re-ale; essi sono, a mio avviso, e almeno perl’Italia, particolarmente importanti. Per-ché obbligano, purtroppo con vent’annidi ritardo, i nostri imprenditori a chie-dersi in che cosa davvero consista il lorovantaggio comparato. Alcuni, talvoltamaggiori, sono arrivati rapidamente al-la conclusione che il loro futuro è tuttodomestico e risiede nelle rendite di cui lascarsa concorrenza ha disseminato l’Ita-lia: dai telefoni all’energia elettrica. For-se le loro aziende ne trarranno ampi pro-fitti, ma non è certo dalla suddivisionedelle rendite che un Paese trae la spintaper crescere.
LETTO DA...
SUCCESSI E SORPRESEPROGETTI E SCADENZE
Stupisce larapidità di unevento tantoeccezionale
1991. Helmut Kohl, a Maastricht, dice sìal Trattato sull’unione monetaria
di TOMMASO PADOA-SCHIOPPA
1998. Carlo Azeglio Ciampi tiene l’euro abattesimo con l’adesione dell’Italia
2004. Jean-Claude Trichet guida la Bcementre l’euro tocca i massimi sul dollaro
SEGUE DALLA PRIMA
Esce in questi giorni per i tipi de «Il Mulino» il nuovo libro di Tomma-so Padoa-Schioppa, «La lunga via dell’euro». Dal ’98 nel Comitato ese-cutivo della Banca centrale europea, e prima ancora a lungo dirigentedella Banca d’Italia, Padoa-Schioppa riordina alcuni dei suoi saggi de-gli anni 80 e 90 con un obiettivo: «Cogliere le contraddizioni e le tensio-ni in cui si trovavano le relazioni economiche e monetarie tra i Paesieuropei prima della moneta unica». I capitoli del libro ripercorrono co-sì la «via dell’euro» dal ’79 al ’99, gli anni nei quali «l’idea di una monetaeuropea pareva inizialmente fantasiosa e poi gradualmente si faceva
strada, senza che tuttavia alcuno sapesse se si sarebbe attuata davve-ro».
Ma il successo del progetto, sul terreno della politica oltre che del-l’economia, fa ora sembrare lontane le «tensioni e contraddizioni» diquegli anni. Padoa-Schioppa le ricorda: «Lotte commerciali, corsa deiprezzi, squilibrio della finanza pubblica, instabilità finanziaria, coerci-zione del risparmio». Sono questi i fattori che prima dell’avvio del-l’unione monetaria «ponevano i Paesi europei, e in particolare l’Italia,sotto la costante minaccia di crisi e conflitti».
di FRANCESCO GIAVAZZI
1988. Jacques Delors ispira in Europa lapiena libertà di circolazione dei capitali
10 MARTEDÌ 13 APRILE 2004 POLITICA Corriere della Sera