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La storia di una vita comincia da un punto qualsiasi, da un qualche dettaglio che per caso ci capita di
ricordare, ed a quel punto essa era già molto complessa.
Noi non sappiamo cosa sarà la vita, perciò la storia non ha inizio, e solo vagamente se ne può arguire la
meta.
Il ricordo dei fatti esteriori alla mia esistenza si è in gran parte sbiadito o è svanito nel nulla, ma i miei
incontri con l’altra realtà, i miei scontri con l’inconscio si sono impressi in modo indelebile nella mia
memoria, ogni altra cosa al confronto ha perduto importanza. Posso comprendere me stesso solo in
rapporto alle vicende interiori, sono queste che hanno caratterizzato la mia vita, ecco perché parlo
principalmente di queste esperienze; i sogni e le fantasie costituiscono parimenti la materia prima della
mia attività scientifica, sono stati per me il magma incandescente dal quale nasce cristallizandosi la pietra
che deve essere scolpita.
I miei ricordi risalgono al secondo o terzo anno di vita, ricordi frammentari, slegati, senza un nesso
apparente, fluttuanti in un mare di incertezze.
Soffrivo di indefinibili angosce notturne, percepivo presenze oscure, si udiva sempre lo scroscio sordo
delle cascate del Reno, intorno alle quali era una zona di pericolo, molti vi annegavano, ed i loro corpi
erano trascinati via dalla corrente.
Nel nostro giardino sporgeva un masso: era la mia pietra. Spesso quando ero solo andavo a sedermi su
quella pietra e cominciava allora un gioco fantastico, pressappoco di questo genere: - “Sono io quello che
è seduto sulla pietra o io sono la pietra sulla quale egli siede?”. Non nutrivo dubbi che la pietra fosse in
qualche oscuro rapporto con me e potevo starci seduto per ore, affascinato dal suo enigma. La pietra non
ha incertezze, non ha bisogno di esprimersi ed è eterna, vive per millenni pensavo…mentre io sono solo
un fenomeno passeggero che si consuma in emozioni di ogni genere…come una fiamma che divampa
rapidamente e poi si spegne…Io, ero solo la somma delle mie emozioni, e qualcosa d’altro in me era la
pietra senza tempo…Ero costantemente alla ricerca di qualcosa di misterioso, mi immergevo nella natura,
quasi mi confondevo nella sua stessa essenza fuori dal mondo degli uomini.
Oggi come allora sono un solitario perché conosco ed intuisco cose che gli altri ignorano e di solito
preferiscono ignorare.
Il matrimonio dei miei genitori fu una prova di sopportazione irta di difficoltà, entrambi facevano gli
errori tipici di molte coppie. La mamma era un’ottima madre, ma sono sicuro che in lei ci fossero due
personalità: una innocua, umana…e l’altra inquietante, arcaica e spietata, spietata come la verità e la
natura.
Anche io posseggo questa natura arcaica che in me si combina col dono, non sempre piacevole, di vederela gente e le cose come realmente sono.
A 14 anni, durante le vacanze ai piedi del Reghi mio padre mi mise in mano un biglietto e disse: - “Puoi
andare sulla cima da solo”. Ero senza parole per la felicità. La locomotiva cominciò ad arrampicarsi verso
altezze vertiginose, dove abissi e paesaggi sempre mutevoli si spalancarono ai miei occhi, finchè alla fine
giunsi sulla cima, e li’, in quell’aria insolitamente leggera, contemplai inimmaginabili lontananze.
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Si, è questo il mio mondo pensai, il vero mondo, quello segreto, dove non vi sono insegnanti e scuole e
dove uno può essere senza dover chiedere nulla…Tutto era molto solenne, e avvertivo al necessità di
essere gentile e silenzioso perché mi trovavo nel mondo di Dio…qui il suo mondo era tangibile.
I miei interessi e le ricerche erano dominati da un grave problema: che accade realmente nei malati di
mente?
Era una cosa che allora non riuscivo ancora a capire e alla quale nessuno dei miei colleghi si era mai
interessato. In quel momento Freud fu per me di vitale importanza specialmente a causa delle sue
fondamentali ricerche nel campo della psicologia dell’isteria e dei sogni.
Grazie al mio lavoro con i pazienti mi resi conto che le idee ossessive e le allucinazioni contengono un
nocciolo significativo, nascondono una personalità, la storia di una vita, paure, speranze, desideri.
In un primo tempo avevo aderito all’opinione di Freud secondo cui nell’inconscio si trovano residui di
vecchie esperienze. La mia esperienza reale dell’inconscio mi induceva invece a ritenere che questi
residui non sono affatto forme morte ma appartengono alla nostra psiche vivente. Presto mi resi conto che
come base dell’interpretazione era giusto prendere i sogni proprio cosi come sono, è questo il loro scopo,
costituiscono la realtà di fatto dalla quale dobbiamo partire.
Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta ed intima dell’anima, aperta
sull’originaria notte cosmica che era già anima molto prima che esistesse la coscienza dell’io. La
coscienza divide, ma col sogno noi penetriamo nell’uomo più profondo, universale, vero ed eterno,
ancora immerso nell’oscurità di quella notte primitiva in cui egli era tutto, e tutto era in lui, nella natura
indifferenziata e priva d’ogni Io. Da questa profondità che collega tutto nasce il sogno.
Talora con lunghi giri noi dobbiamo condurre l’individuo in una zona oscura, visbilmente insignificante,
irrilevante e inessenziale della sua anima, e dobbiamo fare ciò seguendo una via che è stata abbandonata
da tempo, riconosciuta come illusione, anzi, sciocchezza. Quella zona non è altro che il fugace, effimero,
grottesco prodotto della notte: il sogno, e la via è la comprensione del sogno. Occuparsi dei sogni
significa prendere coscienza di se. L’arte di interpretare i sogni non si può apprendere dai libri, nessuno
che conosca se stesso può conoscere l’altro, e in ognuno vi è un altro che noi non conosciamo, che ci
parla attraverso il sogno e ci comunica un immagine diversa da quella che abbiamo di noi stessi.
Poiché i sogni mi interessavano profondamente mi senti’ impegnato a sondare per prima cosa la mia
stessa psiche. Si scatenò un flusso incessante di fantasie…ero inerme di fronte a un mondo estraneo dovetutto appareva difficile e incomprensibile e forse, se non avessi tradotto le emozioni in immagini, sarei
stato distrutto dai contenuti dell’inconscio. Nel sostenere gli assalti dell’inconscio ero saldamente aiutato
dalla certezza di obbedire ad una volontà superiore e questo sentimento mi diede forza finchè non
dominai la situazione. Scrissi queste fantasie nel libro rosso che completai con disegni. Misi ogni cura per
cercare di comprendere tutte le immagini e di classificarle razionalmente per quanto possibile e
soprattutto di attuarle nella vita. Tutte le mie opere, tutta la mia attività creatrice è sorta da quelle iniziali
fantasie. Grande è la responsabilità umana verso l’inconscio…sbagliare a capirlo o eludere la
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responsabilità morale che abbiamo verso di esse significa privare l’esistenza della sua interezza, essere
condannati ad una vita penosamente frammentaria. Ho lavorato a questo libro per 16 anni, l’osservatore
superficiale lo prenderà per un’assurdità, e lo sarebbe effettivamente diventato se non fossi stato in grado
di afferrare la forza travolgente di quell’esperienza originaria. La mia famiglia e la mia professione
rimanevano sempre una gioiosa realtà e una garanzia che ero normale e reale.
Nel 1918-19 mi trovavo a Chatoue-dex come comandante degli internati di guerra, là ogni mattina
disegnavo un piccolo cerchio, un mandala, potevo cosi, di giorno in giorno osservare le mie
trasformazioni psichiche. Capivo poco dei disegni, ma mi sembravano molto significativi e li custodivo
come gemme preziose, in essi vedevo come operava il Sé, la mia totalità. Vidi che tutte le strade che
avevo seguito, tutti i passi intrapresi, portavano sempre in un sol punto, cioè nel centro: mi fu sempre più
chiaro che il mandala è il centro, è l’espressione di tutte le vie, è la via verso l’individuazione.
Dio è una sfera infinita, o un circolo in cui centro è dovunque e la circonferenza in nessun luogo…
Ben poca attenzione è dedicata all’essenza dell’uomo, cioè alla sua psiche, ho spesso visto persone
diventare nevrotiche per essersi accontentate di risposte inadeguate o sbagliate ai problemi della vita;
cercano la posizione, il matrimonio, la reputazione, il successo esteriore o il denaro, e rimangono infelici
e nevrotiche anche quando hanno ottenuto tutto ciò che cercavano. Persone del genere di solito sono
confinate in un orizzonte spirituale troppo angusto, la loro vita non ha sufficienti contenuti, non ha
significato, se riescono ad acquistare una personalità più ampia generalmente la loro nevrosi scompare.
Tra i cosiddetti nevrotici del nostro tempo ve ne sono molti che in altre epoche non lo sarebbero stati, non
sarebbero stati cioè in disaccordo con se stessi: se fossero vissuti in un’epoca, in un’ambiente nel qualel’uomo attraverso i miti era ancora in rapporto con il mondo ancestrale e quindi con la natura
sperimentata realmente e non vista solo dall’esterno avrebbero potuto evitare questo disaccordo con se
stessi.
Oggi si vuol sentire parlare di grandi programmi politici ed economici ossia proprio di quelle cose che
hanno condotto i popoli ad impantanarsi nella situazione attuale, ed ecco che uno viene a parlare di sogni
e di mondo interiore…tutto ciò è ridicolo, che cosa crede di ottenere di fronte ad un gigantesco
programma economico, di fronte ai cosiddetti problemi della realtà. Ma io non parlo alle nazioni, io mi
rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male,
perché io stesso vado male, perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se
stesso, e poiché l’autorità non riesce a dirmi più nulla, io ho bisogno di una conoscenza delle intime radici
del mio essere soggettivo. E’ fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito
neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui.
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Gradualmente , attraverso il mio lavoro scientifico, potei dare alle mie fantasie una solida base. Carte e
parole comunque non mi davano l’impressione di essere abbastanza concrete, avevo bisogno di qualcosa
di più: dovevo fare una professione di fede in pietra. Fu questo l’inizio della torre, la casa che mi costrui’
a Bollingen. Dapprima non progettai una casa vera e propria, ma solo una specie di dimora primitiva, a un
solo piano. Doveva essere una costruzione rotonda con un focolare al centro, avevo in mente una capanna
africana, dove il fuoco circondato da pochi sassi arde nel mezzo. Le capanne primitive realizzano un’ideadi totalità, volevo costruire una dimora che corrispondesse ai sentimenti originari dell’uomo, cosi nel
1923, sorse il primo edificio circolare, e quando fu completato vidi che era una vera e propria torre. Nel
1927 feci aggiungere la costruzione centrale. Trascorsi altri quattro anni, la dipendenza a forma di torre fu
trasformata in vera torre, e nel 1935 , ancora una volta dopo un intervallo di quattro anni, costrui’ un altro
elemento. Erano cosi sorte le quattro parti dell’edificio, e questo esattamente nel corso di 12 anni.
A Bollingen mi trovo nella mia vera natura, in ciò che esprime profondamente me stesso, sono per cosi
dire “l’antichissimo figlio della madre”. La torre, è un luogo in un certo senso di maturazione, di grembo
materno, nel quale è possibile diventare ciò che fui, sono…e sarò…
A volte è come se mi espandessi nel paesaggio e all’interno delle cose… e vivessi in ogni albero, nellosciaquio delle onde, negli animali, nelle nuvole che vanno e vengono, nelle cose…
Non vi è nulla qui che non sia cresciuto e non si sia sviluppato nel corso dei decenni, nulla a cui non mi
senta legato…Tutto qui ha una sua storia, e la mia…Vi è lo spazio per l’infinito regno sotterraneo della
psiche.
A Bollingen mi circonda un silenzio quasi tangibile, si presentano pensieri che risalgono indietro nei
secoli e al tempo stesso anticipano un lontano futuro, si placa il tormento della creazione. La creatività, e
il gioco stanno l’uno accanto all’altro. Ho rinunciato alla corrente elettrica, io stesso accendo il focolare e
la stufa e di sera accendo le vecchie lampade, non vi è acqua corrente, e pompo l’acqua da un pozzo,
spacco la legna e cucino il cibo…questi atti semplici rendono l’uomo semplice, e quanto è difficile esseresemplici…
Nel 1950 eressi una specie di monumento di pietra per esprimere cosa la torre significasse per me. Sul
lato prospiciente, il lago, lascia per cosi dire che fosse la pietra stessa a parlare, in una iscrizione latina:
“Sono orfano, solo, ma vengo trovato ovunque… Sono uno, ma ho di fronte il mio opposto. Sono insiemegiovane e vecchio. Non ho padre né madre, per questo devono trarmi dal profondo come un pesce, per
questo cado dal cielo come una pietra bianca, vago per boschi e monti ma sono celata nell’intimo
dell’uomo. Per tutti sono mortale, eppure il mutare dei tempi non mi tocca. Qui, sta la comune pietra il cui
prezzo è assai modesto quanto più è disprezzata dagli stolti tanto più è amata dai saggi. Il tempo è un
fanciullo che gioca a dadi, questo è Telesforo che percorre le oscure regioni del cosmo e dal profondo
risplende come una stella, indica la via alle porte del sole e alla terra dei sogni.”
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Il mare in cui nuotano i pesci inconsci è ora alla fine, l’acqua si trova ormai nella brocca dell’acquario,
cioè, nel vaso della coscienza. Siamo scissi dall’istinto, dall’inconscio…dobbiamo quindi nutrire l’istinto
per non inaridire…per questo l’acquario dà da bere al pesce.
L’inizio del 1944 mi fratturai una gamba, e a questa disavventura segui’ un infarto cardiaco. In stato
d’incoscienza ebbi deliri e visioni.
MI pareva di essere sospeso in aria, nello spazio, e sotto di me, lontano, vedevo il globo terrestre avvolto
in una splendida luce azzurrina e distinguevo i continenti e l’azzurro scuro del mare. In molti punti il
globo sembrava colorato o macchiato di verde scuro, come argento ossidato. Scorgevo il deserto giallo-
rossastro dell’Arabia come se l’argento della terra in quel punto avesse preso una sfumatura di oro-
rossiccio. Poi, seguiva il Mar Rosso. Sapevo di essere sul punto di lasciare la terra… Vedevo ora a breve
distanza un enorme blocco di pietra, era sospeso nello spazio cosmico, e io pure fluttuavo per il cosmo.
Alcuni gradini conducevano alle porte di un tempio. Ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse
all’improvviso tolto violentemente…non di meno qualcosa rimase: consistevo della mia storia personale e
avvertivo con certezza “questo è ciò che sono”. Questa esperienza mi dava la sensazione di estrema
miseria e al tempo stesso di grande appagamento. Non vi era più nella che volessi o desiderassi. Non
sussisteva più il rimpianto che qualcosa fosse scomparso o fosse stato sottratto…al contrario, possedevo
tutto ciò che ero…e solo questo. Avevo ora la certezza di entrare in una stanza illuminata e di incontrarvi
tutte quelle alle quali in realtà appartengo… Là finalmente avrei capito da quale nesso storico dipendesse
il mio Io e la mia vita, e avrei conosciuto ciò che era stato prima di me, il perché della mia venuta almondo e verso che cosa dovesse continuare a fluire la vita. Ma improvvisamente dal basso, dalla
direzione dell’Europa, fluiva l’immagine del mio medico, mi disse che c’era una protesta contro la mia
decisione di andarmene, non avevo il diritto di lasciare la terra e dovevo ritornare…la visione fini’…
Dopo la malattia cominciò per me un fruttuoso periodo di lavoro, molte delle mie opere principali furono
scritte solo allora. La conoscenza o l’intuizione che avevo avuto della fine di tutte le cose mi diede il
coraggio di intraprendere nuove formulazioni. Da allora in poi non mi sono mai liberato completamenteche questa vita sia solo un frammento dell’esistenza che si svolge in un Universo tridimensionale,
disposto a tale scopo. Pur rifugendo dalla parola “eterno” posso descrivere la mia esperienza solo come
“beatitudine della condizione non temporale, nella quale passato, presente e futuro, sono una cosa sola.
E’ decisivo che l’uomo sia orientato verso l’infinito, è il problema essenziale della sua vita. Quanto più un
uomo corre dietro ai falsi beni e quanto meno è sensibile a ciò che è essenziale, tantomeno è
soddisfacente la sua vita, si sentirà limitato, perché limitati sono i suoi scopi. Se riusciamo a capire e a
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sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l’infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti
mutano… Ma possiamo raggiungere il sentimento dell’infinito solo se siamo differenziati al massimo
livello possibile, se so di essere unico nella mia combinazione individuale, e cioè limitato, posso prendere
coscienza anche dell’illimitato. Perciò, l’uomo ha bisogno per prima cosa di conoscere se stesso,
guardando senza reticenze quanto bene può fare, ma anche di quali infamie è capace.
Ciascuno è seguito da un’ombra, meno viene integrata nella vita cosciente dell’individuo, più diventa
nera e intensa. Nessuno sta fuori dalla nera ombra collettiva dell’umanità. Sarà quindi bene avere
un’immaginazione del male poiché soltanto gli sciocchi possono trascurare la presenza della loro natura.
Sono accadute e accadono tuttora cose terribili, ma sono sempre gli altri che le hanno fatte; noi portiamo
invece nel nostro essere invariate e inamovibili la capacità e l’inclinazione a ripetere cose simili, siamo, in
forza del nostro essere umani, “criminali in potenza”.
Sia nella mia esperienza di medico che nella mia vita mi sono ripetutamente trovato di fronte al mistero
dell’amore, e non sono mai stato in grado di spiegare cosa esso sia. Qui si trovano il massimo e il minimo,
il più remoto e il più vicino, il più alto e il più basso, e non si può mai parlare di uno senza considerare
anche l’altro. L’amore soffre ogni cosa, e sopporta ogni cosa. Queste parole dicono tutto ciò che c’è da
dire, non c’è nulla da aggiungere. Perché noi siamo, nel senso più profondo, le vittime o i mezzi e gli
strumenti dell’amore cosmico.
Essendo una parte, l’uomo non può intendere il tutto, è alla sua mercè. L’amore non viene mai meno, sia
che parli la lingua degli angeli, sia che tracci la vita della cellula con esattezza scientifica risalendo fino al
suo ultimo fondamento. Se possiede un granello di saggezza l’uomo deporrà le armi e chiamerà l’ignotocon il più ignoto, cioè con il nome di Dio…sarà una confessione di imperfezione e dipendenza, di
sottomissione, ma al tempo stesso una testimonianza della sua libertà di scelta tra la verità e l’errore.
“Il primo uomo viene dalla terra ed è terreno…il secondo uomo viene dal cielo ed è spirituale…che tu lo
chiami o no, Dio sarà presente”
(Carl Gustav Jung)