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RELAZIONE FINALE
PER L’ESAME DI STATO
La frase semplice: lavorare insieme per scoprire le relazioni tra le parole
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
Specializzando: Manuela Lanari
Classe di concorso: A043/A050
Libretto n° 267388
Scuola sede di tirocinio: Scuola Secondaria di Primo Grado “Paola Garelli”
Docente accogliente: prof.ssa Marina Bozzola
Supervisore: prof.ssa Carla Gatti
S C U O L A I N T E R A T E N E O D I S P E C I A L I Z Z A Z I O N E P E R L A F O R M A Z I O N E D E G L I I N S E G N A N T I D E L L A
S C U O L A S E C O N D A R I A S I S
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PARTE PRIMA
1. LE TEORIE DI RIFERIMENTO
1.1 L’approccio socio costruttivista e la co-costruzione dei significati 3
1.2 Il significato dell’intervento in relazione alla disciplina 4
1.3 Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare 5
PARTE SECONDA
2. IL PROGETTO
2.1 Indirizzo scolastico e caratteristiche della classe 7
2.2 I contenuti: prerequisiti e obiettivi del percorso 8
2.3 Il progetto in sintesi 10
2.4 Le verifiche dell’apprendimento 14
PARTE TERZA
3. ANALISI DEL PROCESSO
3.1 Lo svolgimento dell’intervento didattico 16
3.2 Le ragioni delle modifiche apportate 22
3.3 La dimensione relazionale 24
3.4 Analisi critica dei risultati 26
3.4.1 Lavorare in gruppo, lavorare nel gruppo 26
3.4.2 La verifica sommativa 27
3.5 Riflessione critica sull’esperienza didattica condotta 30
4. CONCLUSIONI 33
BIBLIOGRAFIA 36
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PARTE PRIMA
LE TEORIE DI RIFERIMENTO
Le grandi imprese non si compiono da soli
(D.W. Johnson, R.T. Johnson, Apprendimento
cooperativo in classe)
All’insegnamento si addice la chiarezza
(Abelardo, Carmen ad Astralabium filium)
1.1 L’approccio socio - costruttivista e la co-costruzione dei significati
La progettazione, lo svolgimento e la riflessione critica sull’intervento qui di seguito illustrato trovano il
loro fondamento teorico nella riflessione socio costruttivista e negli studi pionieristici di Lev Vygotskij. Il
riferimento al suo pensiero e a quello di Bruner, ha significato in prima battuta il riconoscimento e la
valorizzazione della natura sociale dei processi di apprendimento, nonché del ruolo attivamente costruttivo
del soggetto protagonista di tali processi. In questa prospettiva, e ancor più nelle sue recenti elaborazioni,
infatti, il processo di insegnamento/apprendimento è concepito come co-costruzione di significati, rispetto a
cui l’insegnante assolve ad una funzione di mediazione tra il soggetto e l’oggetto della conoscenza,
organizzando adeguatamente le interazioni con l’allievo e tra pari.
Coerente con questo quadro teorico è l’adozione di una prospettiva di lavoro interazionista e sistemica,
particolarmente utile in un contesto atipico come quello del tirocinio, che può rendere più complessa la
costruzione di un rapporto di intersoggettività tra docente e allievi. Ancor più indispensabile, quindi, diviene
il riferimento costante a quel principio di dialogicità che consente di sviluppare autonomia e responsabilità,
permettendo di interpretare la costruzione della conoscenza come processo di «organizzazione, messa in
relazione e in contesto di informazioni diverse».1
In questo senso, in linea con quanto suggerito dagli studi svolti, nel corso dell’intervento la co-
costruzione di conoscenza – o, meglio, di significati - si è manifestata con una notevole varietà di forme
conversazionali: si è andato dalla cooperazione nel completamento dell’asserzione all’interazione di tipo
ellittico, dall’argomentazione e dall’opposizione, ossia da forme discorsive più complesse attraverso cui la
1 J. Morin, La testa ben fatta, Milano, Raffaello Cortina, 2000, p. 9
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tirocinante ha potuto regolare e verificare l’apprendimento, fino a forme di peer interaction e di
apprendimento cooperativo.2
D’altra parte, i contributi del modello psicanalitico allo studio e alla gestione delle dinamiche del
gruppo-classe hanno svolto una funzione di monito nel corso dell’intero intervento didattico, ricordando la
necessità della consapevolezza da parte del docente dei vissuti emotivi legati all’interazione. L’assunzione di
questo vertice osservativo (e autoosservativo) ha comportato un’interpretazione dell’interazione in chiave
psicodinamica: l’efficacia della gestione del processo di insegnamento/apprendimento è stata legata
innanzitutto all’atteggiamento mentale (ed emotivo) dell’insegnante, ossia alla sua capacità di stabilire e
favorire relazioni riconoscendo e rispettando i bisogni dei singoli e del gruppo.
In questo senso, la scelta dei contenuti proposti come delle forme di interazione privilegiate ha risposto
al duplice obiettivo di costruire una rete di conoscenze, e quindi di saperi e di saper fare, e di favorire lo
sviluppo sociale ed emotivo del saper essere, secondo quelle che sono le finalità ultime di una buona
relazione educativa.
1.2 Il significato dell’intervento in relazione alla disciplina
E’ stato osservato come oggi più di ieri la scuola dell’autonomia si trovi a rispondere ad un compito
impossibile: apparentemente le viene richiesto di fornire beni educativi e apprendimento, mentre, a livello
inconscio, i suoi protagonisti sono obbligati a confrontarsi con la richiesta ardua e difficilmente praticabile di
mettere tutti gli allievi in grado di apprendere e di avere gli strumenti necessari a divenire adulti completi,
capaci di rispondere alle richieste della società e del mondo del lavoro.3
La responsabilità psicologica e professionale legata ad un simile obiettivo è così elevata da poter
generare sconforto, senso di impotenza o inadeguatezza, frustrazione. Tuttavia, se si abbandona per un
attimo l’utopia dell’optimum e si pensa alla classe, ovvero al luogo dei legami – legami tra contenuti e tra
persone -, quel compito appare si elevato, ma certo meno impossibile.
Ciò che la scuola dovrebbe perseguire, infatti, è la sufficienza, ossia un livello “sufficientemente” buono,
realistico e decisamente più efficace di formazione volto a promuovere climi di lavoro democratici che
favoriscono il cambiamento.4 Questa prospettiva dovrebbe essere perseguita con ancora più decisione nella
scuola secondaria di primo grado, il cui fine ultimo è l’unità del sapere e lo sviluppo delle capacità di
astrazione e di sintesi, ma anche l’acquisizione e il potenziamento di capacità di relazione. Un sostegno alla
socializzazione decisivo e imprescindibile soprattutto in età puberale e preadolescenziale, durante la quale il
2 C. Pontecorvo, A.M. Ajello, C. Zucchermaglio, Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola,
Roma, Carocci, 2004, p. 79-81. 3 G. Blandino, B. Granieri, Le risorse emotive nella scuola, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2002, p. 143. 4 Ivi, pp. 4-9.
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compito di sviluppo è molto oneroso investendo direttamente e in modo sempre più consapevole la
ridefinizione della propria identità.
Da qui l’idea di legare indissolubilmente l’insegnamento/apprendimento delle discipline linguistiche
letterarie al sostegno della cooperazione, ovvero della condivisione tra soggetti in formazione di impegni
operativi e di orizzonti ideali. Questo sodalizio, infatti, non solo sembra rispondere a pieno alla possibilità di
raggiungere quell’unità del sapere cui si è accennato, ma, per le stesse caratteristiche della disciplina,
consente di sviluppare forme di pensiero riflessivo: permette cioè di fare metacognizione e metaemozione.5
In questa ottica, l’acquisizione di competenze logico linguistiche e lo sviluppo di capacità relazionali
sono al tempo stesso macro obiettivi e condizioni indispensabili della crescita mentale ed emotiva degli
allievi. Per questo si è scelto di affrontare l’analisi della frase semplice insistendo sulla scoperta dei legami
tra i suoi elementi a partire da un’interazione costante tra docente e allievi e tra pari e di rifuggire ogni
trasmissione lineare di nozioni, concetti e definizioni. Con ciò non si è inteso abdicare al primato dei
contenuti disciplinari; piuttosto si è tentato di far esperire direttamente agli allievi l’esistenza e i caratteri dei
rapporti tra le parole, utilizzando testi diversi e ricreando contesti prossimi alla loro vita quotidiana. Durante
questo percorso di scoperta, che ha avuto anche una dimensione ludica volta a valorizzare la pregnanza
emotiva ed affettiva del lavoro in classe, la tirocinante ha assunto ora il ruolo di mediatrice, ora quello di
animatrice ora, ancora, le vesti dell’esperta che accompagna la costruzione della conoscenze e facilita la loro
messa in relazione.
Così nell’economia del lavoro proposto l’acquisizione di saperi e competenze specifiche relative alla
decodificazione di un testo ha rappresentato l’occasione per superare modalità di apprendimento passive,
modificando il vissuto di inerzia che, purtroppo, ancora troppo spesso è associato allo studio della lingua
italiana.
1.3 Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare
Il raggiungimento degli obiettivi cognitivi, metacognitivi e relazionali fissati è stato perseguito
avvalendosi di strategie didattiche diverse, nella convinzione che l’eterogeneità delle modalità di intervento
risponda ad una necessaria modulazione del discorso che deve tener conto sia dei diversi stili cognitivi degli
allievi, sia dei loro tempi fisiologici di attenzione e partecipazione.
Per le stesse ragioni la tirocinante ha ritenuto di esplicitare all’inizio del percorso gli obiettivi e le
caratteristiche del lavoro che la classe si accingeva ad intraprendere; una scelta questa che affonda le radici
nella consapevolezza, mutuata dai nuovi approcci allo studio della comunicazione, che ogni atto
comunicativo implica l’attivazione di una dimensione costruttiva di strutturazione e ristrutturazione del
5 Ivi, p. 179.
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significato da parte di entrambi i soggetti coinvolti.6 In questo senso, una maggiore chiarezza rispetto ai
contenuti, alle modalità di lavoro e, soprattutto, alle aspettative può favorire una partecipazione più
consapevole e attiva al processo di apprendimento.
Come accennato in precedenza, il tratto distintivo dell’intervento è stato il ricorso costante a forme di
interazione e cooperazione, ispirate al modello della community of learners. Se da questo, più che l’uso di
molteplici strumenti di lavoro, è stata mutuata l’idea del tutoraggio tra pari e la centralità dello scambio e del
confronto, dalla riflessione sui contesti di apprendimento cooperativo è venuta la consapevolezza della
necessità di favorire in primo luogo l’istaurarsi di un’interdipendenza positiva tra i soggetti coinvolti. Questo
non solo per facilitare lo sviluppo di specifiche competenze relazionali, ma anche per migliorare i risultati
cognitivi sia dal punto di vista della motivazione al lavoro, da cui poi scaturisce una memorizzazione più
certa ed efficace, sia rispetto all’incremento delle capacità di autocontrollo e di autogestione. Purtroppo,
sebbene in sede di progettazione sia stata prestata particolare attenzione alla costruzione di gruppi eterogenei
e all’assegnazione di ruoli adeguati e chiari, non sempre si è stabilità un’interdipendenza positiva: in un caso,
infatti, la cooperazione si è limitata allo scopo, mancando la condivisione della ricompensa, mentre in un
altro contesto non si è realizzata pienamente una leadership distribuita.
Al lavoro cooperativo è stata dedicata l’ultima fase del percorso, così come stabilito nella fase iniziale
dell’intervento nell’ambito della negoziazione dei tempi e delle regole dell’attività da svolgere. Alla stipula
di questo patto didattico, ha fatto seguito un’alternanza di lezioni frontali dialogate, nell’ambito delle quali la
tirocinante ha programmato spazi di problematizzazione dei contenuti, di esercizio e di libera interazione
affidata a brain storming, e fasi problem posing e problem solving. In contesti di particolare difficoltà
cognitiva, o di stanchezza mostrata dagli allievi, questo tipo di attività di ricerca e risoluzione è stata
sostenuta e accompagnata da una scoperta guidata delle soluzioni possibili.
Data la complessità di alcuni passaggi e il rischio di dispersione connesso alla sperimentazione di un
modo nuovo di apprendere – quello interattivo e cooperativo - si è scelto di fare largo uso della lavagna
utilizzata per costruire collettivamente mappe concettuali o, più semplicemente, schemi utili a collegare le
rilevanze emerse durante la lezione. Nel corso di questi momenti di riepilogo, volti ad evidenziare i legami
logici tra concetti, la tirocinante ha svolto un ruolo di supervisione, intervenendo solo per correggere
eventuali errori o per sottolineare gli aspetti più significativi.
6 Il riferimento è qui alla scuola di Palo Alto e alla Pragmatica della comunicazione di Watzlawitk e Beavin.
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PARTE SECONDA
IL PROGETTO
2.1 Indirizzo scolastico e caratteristiche della classe
L’intervento didattico qui illustrato è stato svolto nella classe II^ A della scuola secondaria di primo
grado “Paola Garelli” dell’istituto comprensivo Tetti Francesi. La scuola, che conta cinque sezioni a pieno
ciclo più una sesta di nuova istituzione, «utilizza l’intera gamma delle flessibilità organizzative consentite
dall’autonomia, ricercando nuove soluzioni integrate e più efficaci, agendo soprattutto sulla variabile
tempo».7 Il progetto formativo proposto mira a costruire una comunità scolastica in costante rapporto con il
territorio, le sue istituzioni e le famiglie degli allievi, all’interno della quale ciascun soggetto beneficia di
un’offerta formativa altamente flessibile e differenziata. Di questa fanno parte tra gli altri spazi di studio in
orario scolastico, denominati F1 e F2, nel corso dei quali gli allievi svolgono le loro attività in gruppi classe
tra loro mescolati o in gruppi elettivi supervisionati da docenti diversi, cui va aggiunto il modulo “3x2”,
destinato al recupero, al potenziamento e al consolidamento dei saperi. A completare il quadro del monte ore
di attività opzionali e facoltative concorrono sei unità orarie settimanali che ciascun allievo può utilizzare
scegliendo tra le varie opportunità formative offerte dall’istituto ogni quadrimestre.8 L’intera offerta
didattica, valutata e aggiornata collegialmente quattro volte l’anno al fine di monitorarne la reale efficacia, si
avvale di ambienti virtuali di apprendimento, di spazi laboratoriali e di un’aula magna attrezzata per il teatro
e l’esercizio musicale.
Il gruppo classe, che è stato oggetto di un’osservazione preliminare nei primi mesi dell’anno, è composto
di 21 allievi; di questi, uno è in possesso di specifica certificazione di diversa abilità cognitiva per la quale,
tuttavia, non usufruisce di ulteriori momenti di sostegno: al pari dei compagni beneficia di un piano di offerta
formativa personalizzato, caratterizzato da un elevato grado di flessibilità e disarticolazione. Fin dalle prime
settimane di scuola, infatti, gli allievi sono protagonisti di un percorso formativo molto ricco ed eterogeneo
che l’istituto offre, il cui obiettivo ultimo è quello di stimolare in modo deciso le capacità di autogestione e
l’autonomia del singolo. In questo senso, la densità e l’elasticità del calendario, che pure rappresentano
un’importante risorsa per l’utenza e per l’intero territorio nella misura in cui prevedono anche momenti di
studio per gli allievi all’interno della struttura e numerosi momenti di incontro e aggregazione con le
famiglie e con la comunità, possono tradursi anche in un carico di lavoro oneroso. Infatti, se da un lato gli
allievi vengono progressivamente abituati a gestire spazi ed impegni molto diversi, dall’altro, come messo in
evidenza dalla stessa docente accogliente e da alcuni membri del consiglio di classe, la quantità di stimoli cui
7 Cfr. Paola, un peperoncino nella didattica, POF dell’istituto “Paola Garelli”, a.s. 2005-2006. 8 Tra gli altri corsi per il conseguimento del DELF o del FIRSTH CERTIFICATE, attività teatrali e sportive, laboratori di informatica.
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sono sottoposti rischia di incidere sulla soglia di attenzione e sulla capacità di concentrazione. In questo
senso, all’interno del gruppo, un gruppo caratterizzato da una notevole capacità di adattamento e da una forte
curiosità, che non presenta particolare problemi disciplinari, è stata riscontra una certa insofferenza e fatica
nel rispettare i tempi della vita di classe, che contemplano l’alternanza di momenti di ascolto, di intervento
attivo e di riflessione individuale. Alcuni allievi, per altro molto dotati ma con un rendimento scolastico non
sempre positivo, mostrano non poche difficoltà a partecipare in modo continuativo e produttivo all’attività
scolastica; d’altra parte, in alcuni momenti, la voglia di prendere parte alle lezioni finisce per tradursi in una
serie di slanci non facili da governare e armonizzare.
Su questo quadro non può non aver inciso anche la discontinuità didattica: nell’anno precedente infatti la
classe ha visto avvicendarsi due docenti supplenti di lettere ottenendo un insegnate titolare solo agli inizi
dell’anno in corso.
2.2 I contenuti: prerequisiti e obiettivi del percorso
La definizione degli obiettivi del lavoro ha rappresentato la prima fase di una progettazione che ha visto
l’apporto puntuale e accorto della docente accogliente. Grazie al suo contributo è stato possibile inserire
l’intervento didattico nell’ambito di un più ampio modulo di lingua e letteratura italiana, caratterizzato da
una duplice finalità: da un lato il recupero e il consolidamento di conoscenze grammaticali pregresse,
indispensabile viste le fragilità del gruppo classe in questo campo, dall’altro lo sviluppo e l’esercizio di
specifiche competenze linguistiche in contesti complessi e vari. Dal principio dell’anno, infatti, la docente
accogliente ha condotto in parallelo un percorso di educazione linguistica e letteraria, lavorando su una
selezione di brani proposti dall’antologia sia sul piano morfologico, sia su quello testuale. La
diversificazione degli strumenti di lavoro, che dapprima ha disorientato parte degli allievi per la sua
difficoltà, si è rivelata una strategia efficace nella misura in cui ha sollecitato e sollecita un maggior impegno
cognitivo, educando gli studenti alla complessità della lingua. In questo senso, è interessante notare come, a
dispetto dei risultati ancora discontinui e altalenanti, la classe abbia sviluppato un approccio nuovo ai testi
letterari e cominci a saper cogliere i diversi livelli di lettura e di analisi possibili.
Questa capacità ha rappresentato uno dei prerequisiti necessari per affrontare con successo il percorso
proposto. Tra gli altri si segnalano: una conoscenza consolidata delle parti del discorso e, in particolare, del
nome, del verbo, dell’aggettivo, del pronome e della preposizione; la capacità di riconoscere e individuare
una frase basandosi sui legami grammaticali tra le parole e quella di collegare quest’ultime in modo corretto
al fine di produrre frasi di senso compiuto.
Parte di questi prerequisiti sono stati oggetto di lavoro e verifica nei giorni immediatamente precedenti
l’avvio dell’intervento didattico; per gli altri, in accordo con la docente accogliente, si è disposta una rapida
verifica diagnostica, di cui si allega copia. (all. 1)
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Se il possesso dei prerequisiti è stato acquisito come dato imprescindibile senza alcuna diversificazione
personale, per il conseguimento degli obiettivi è stato adottato un criterio di maggiore flessibilità in
considerazione dell’eterogeneità del quadro cognitivo della classe. Per questo, nell’ambito di quella che resta
la finalità dell’intervento didattico, ovvero la conoscenza della frase semplice e delle sue parti, nonché dei
legami logici che sottostanno alla sua costruzione e al suo utilizzo, sono stati individuati i seguenti obiettivi
minimi sia rispetto alle conoscenze, sia per le competenze. In ragione di ciò si è operato affinché al termine
del corso gli allievi interessati da questa programmazione individuale fossero in grado di:
- riconoscere la struttura di una frase;
- individuare gli elementi costituitivi della frase minima;
- espandere la frase minima;
- riconoscere il soggetto e il predicato;
- far interagire correttamente il soggetto e il predicato.
Per il conseguimento e il consolidamento di questi obiettivi minimi sono stati predisposti specifici
esercizi che, assegnati di volta in volta, hanno svolto funzione di verifica formativa; in questo caso, viste le
difficoltà e le lacune preesistenti, si è scelto di ridurre il peso e la mole del lavoro sul testo antologico.
Più complesso e ampio il quadro degli obiettivi definiti per l’intero gruppo classe. Accanto a quelli già
indicati si segnalano le seguenti conoscenze:
- l’ellissi del soggetto e del predicato
- gli argomenti del predicato;
- i diversi tipi di predicato e le loro funzioni;
- la forma, le funzioni e le caratteristiche dell’attributo e dell’apposizione.
Il lavoro è stato svolto in modo che queste nuove conoscenze dessero luogo ad altrettante competenze.
Tra queste:
- il saper riconoscere i casi di ellissi del soggetto e del predicato;
- saper distinguere il predicato nominale da quello verbale;
- saper usare correttamente gli attributi e le apposizioni per precisare o arricchire il significato di
sintagmi nominali;
- saper analizzare la frase semplice secondo le funzioni dei suoi diversi elementi;
- produrre frasi sintatticamente corrette.
Per quanto concerne il conseguimento o il rafforzamento di specifiche competenze relazionali,
l’articolazione del progetto e l’attività didattica sono state pensate perché gli allievi potessero esperire
l’importanza del rispetto delle regole intese come misura della relazione con l’altro in un contesto di
apprendimento cooperativo. Si tratta di un obiettivo su cui i docenti della classe lavorano collegialmente
dall’inizio dei corsi, mirando a sviluppare una specifica capacità di interazione e collaborazione costruttiva.
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Per questa ragione, gli indicatori assunti per analizzare e valutare l’efficacia di questa parte del lavoro sono
quelli fissati dal consiglio di classe e inseriti nel portfolio di ciascun allievo.9
2.3 Il progetto in sintesi
Per lo svolgimento dell’intero percorso sono state utilizzate sei lezioni della durata di due ore l’una.
L’apertura del primo incontro è stata utilizzata per presentare il progetto e verificare i prerequisiti necessari
al suo svolgimento; successivamente, è stata avviata l’attività didattica affidata, in prima battuta, a lezioni
frontali fortemente dialogate intervallate con spazi di esercizio individuale, cui hanno fatto seguito momenti
di autocorrezione e correzione collettiva. Una simile articolazione ha risposto al duplice obiettivo di
verificare in modo puntuale l’efficacia della spiegazione, potendo così tornare immediatamente su quegli
aspetti risultati meno chiari, e di gestire le difficoltà di concentrazione o i picchi di partecipazione
disordinata di cui si è detto.
Parte del quarto e l’intero quinto incontro hanno avuto carattere cooperativo. L’ultima lezione è stata
dedicata alla verifica sommativa in classe.
Nel corso dell’intervento didattico si è fatto ampio uso della lavagna, utilizzata ora come promemoria del
lavoro in corso di svolgimento, ora come “quaderno di classe” su cui, a turno, gli allievi erano chiamati a
scrivere, salvo poi riportare quanto fatto sul loro blocco degli esercizi. Non volendo rinunciare alla
dimensione ludica dell’apprendimento, che, a giudizio della tirocinante, riveste un ruolo centrale nella
crescita e nella formazione dei preadolescenti e degli adolescenti, sono stati utilizzati alcuni espedienti
ricreativi, quali, ad esempio, dei puzzle linguistici, che gli allievi dovevano ricostruire in un tempo
prestabilito. Altri strumenti dell’attività didattica frontale e cooperativa sono stati i titoli dei giornali, oggetto
di analisi e di specifiche esercitazioni, e i fumetti, utilizzati dagli studenti come riferimento in sede di
progettazione del loro lavoro di gruppo.
Per facilitare il raggiungimento dei singoli obiettivi cognitivi si è scelto di organizzare il percorso in
unità di apprendimento distinte ma contigue, al termine delle quali sono stati assegnati alcuni esercizi che,
come si dirà meglio in seguito, hanno avuto valore di verifica formativa.
I lezione (2 ore) Come detto, la prima parte dell’incontro è dedicata alla presentazione del percorso, nel
corso della quale vengono illustrati in modo precipuo finalità, obiettivi e responsabilità individuali. In via
preliminare, infatti, si stabilisce che la possibilità di lavorare in gruppo, prevista in sede di programmazione
dalla docente e dalla tirocinante, sarà condizionata al raggiungimento di una serie di obiettivi intermedi e,
soprattutto, al grado di partecipazione e impegno mostrati nel corso delle lezioni. 9 Fin dall’anno precedente ogni allievo gestisce sotto la guida del docente coordinatore il proprio portfolio inserendovi prove, lavori, elaborati ritenuti significativi. Il docente guida la selezione lasciando però un margine di autonomia all’allievo che, oltre a rispondere della conservazione del portfolio, è chiamato periodicamente a discuterne contenuti ed eventuali cambiamenti rilevati con il docente stesso. In questo senso, il portfolio ha una spiccata valenza formativa e mira ad attivare processi mentali riflessivi.
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Si passa poi allo svolgimento della verifica diagnostica. Terminata la prova prende inizio la spiegazione
del concetto di frase, delle sue caratteristiche e delle sue forme. A tal fine si fa ricorso alla tecnica del
problem solving, messa in atto grazie ad una serie di puzzle linguistici che gli studenti sono chiamati a
ricostruire individualmente, così da poter poi avviare una riflessione collettiva su quali sono stati i processi e
i criteri utilizzati da ciascuno. Da questo invito all’autoriflessione, che trova una sua espressione nel
brainstorming avviato dalla tirocinante per raccogliere i contributi di ciascuno, scaturisce una definizione di
frase costruita collettivamente. Le suggestioni del dibattito vengono annotate alla lavagna, così come la
formula finale e gli esempi che gli studenti sono chiamati ad inventare. A partire da questi, debitamente
integrati dalla tirocinante in funzione del fine ultimo della lezione, vengono illustrate le diverse forme della
frase: minima o nucleare, semplice e complessa; contestualmente viene chiarito il concetto di argomento e la
sua funzione logica. Conclusa questa prima parte teorica, si avvia una fase operativa con la lettura
dell’incipit del brano Il problema dei posteggi di Dino Buzzati, riportato nell’antologia adottata e affrontato
dalla docente nei giorni precedenti in apertura di un modulo dedicato all’ambiente urbano. Sotto la guida
della tirocinante gli allievi sono chiamati a sottolineare nel testo i verbi di modo finito e ad individuare le
proposizioni semplici.
La seconda parte dell’incontro è dedicata alla spiegazione del soggetto, che prederà le mosse dalle frasi
esemplificative proposte in precedenza dagli studenti. Anche in questo frangente, la definizione di soggetto
rappresenterà il frutto di un lavoro collettivo diretto dalla tirocinante, la quale avrà cura di mettere in risalto
le operazioni logiche che sottendono la sua individuazione. Nell’affrontare l’esame delle caratteristiche del
soggetto (concordanza, profilo grammaticale, posizione all’interno della frase) la tirocinante richiamerà
l’attenzione degli studenti sulle peculiarità del soggetto partitivo. La lezione si chiuderà nello stesso modo in
cui si è aperta, ovvero con la proposta di una situazione di problem solving: ad ogni coppia di compagni di
banco sarà distribuito un titolo di giornale con relativo occhiello e sarà chiesto di individuare il soggetto. I
titoli proposti sono frutto di un’attenta selezione operata dalla tirocinante il cui risultato è un insieme di frasi
in cui il soggetto è sottointeso o mancante.
In chiusura vengono assegnati per casa gli esercizi riprodotti in allegato. (all. 2) Vista la distanza
settimanale che intercorre tra un incontro e l’altro, e alla luce delle peculiarità metodologiche individuate, è
richiesto agli studenti di completare l’analisi del primo capoverso del brano di Buzzati individuando i
soggetti e descrivendone le caratteristiche grammaticali.
II lezione (2 ore) La lezione si aprirà con la correzione dei compiti assegnati la volta precedente e,
attraverso una serie di domande mirate e un brainstorming, si procederà a recuperare quanto detto nel corso
del primo incontro. La correzione, che sarà condotta a turno da diversi studenti, prevederà lo scambio dei
compiti tra i compagni affinché ciascuno sia responsabile della revisione degli scritti altrui. Al fine di fissare
i concetti spiegati si inviterà uno studente alla lavagna perché costruisca uno schema riassuntivo avvalendosi
della collaborazione dei compagni.
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Si passerà quindi ad analizzare la funzione del predicato e le sue caratteristiche, partendo dall’etimologia
del termine. Come nei casi precedenti la regola non sarà fornita dalla tirocinante, ma si chiederà agli studenti
di dedurla a partire da alcuni esempi; quest’ultimi saranno formulati dagli stessi allievi su precise consegne
della tirocinante nel corso di una sorta di gioco a premi che vedrà impegnate le diverse file di banchi presenti
in aula. L’importanza dell’argomento e la sua complessità richiederanno un tempo di spiegazione e di
esercizio piuttosto ampi, indispensabili per richiamare le conoscenze in materia di verbi servili, fraseologici e
copulativi. In questo primo incontro dedicato all’argomento del predicato, l’attenzione si soffermerà sul
predicato verbale e sulle frasi nominali, anche queste spiegate a partire dalla proposta di alcuni esempi tratti
da giornali o da fumetti che gli allievi saranno chiamati ad analizzare.
La lezione si concluderà con l’assegnazione di una serie di esercizi da svolgere a casa, cui sarà affiancato
il lavoro da svolgersi sul brano antologico Le strade e la circolazione a Roma di Jerôme Carcopino che la
docente ha spiegato nel corso dei giorni precedenti. (all. 3)
III lezione (2 ore) Oggetto di questa terza lezione sarà la spiegazione del predicato nominale e del
complemento predicativo del soggetto. Prima che questa inizi si procederà ad un’attenta correzione degli
esercizi assegnati per casa secondo le modalità utilizzate nell’incontro precedente. Successivamente si
formuleranno alcune frasi contenenti predicati nominali e si chiederà agli studenti di individuare il verbo di
ciascuna frase. Le osservazioni che emergeranno concorreranno ad arricchire la definizione di predicato
redatta nel precedente incontro; la tirocinante avrà cura di far annotare la nuova sul quaderno chiedendo a
ciascun allievo di accompagnarla con uno o più esempi. Di seguito saranno scritte alla lavagna tre frasi
contenenti un predicato composto dal verbo essere e si chiederà agli studenti di definire il tipo di predicato in
base a quanto fin qui detto. Per la risoluzione del quesito saranno concessi alcuni minuti e sarà permesso loro
di utilizzare appunti e schemi delle precedenti lezioni; al termine la tirocinante ascolterà alcune delle risposte
date e affronterà il problema delle diverse funzioni logiche e grammaticali del verbo essere. In questo
contesto introdurrà la questione dei verbi copulativi e del complemento predicativo del soggetto,
sottolineando come si tratti di una parola indispensabile per completare il significato del verbo il cui rapporto
logico diretto è con il soggetto. Vista l’età degli allievi non si soffermerà sulle diverse posizioni dei linguisti
in materia; piuttosto insisterà sulle tipologie di verbi che reggono questo tipo di complemento e concederà
ampio spazio alla formulazione di esempi e all’esercitazione. Perché questa possa essere il più mirata
possibile, in questo frangente, non si utilizzeranno i testi antologici, ma esercizi appositamente creati tratti
dalla grammatica adottata.
La lezione si chiuderà con la ripresa dello schema della frase semplice redatto nella seconda lezione e
ora arricchito delle nuove conoscenze acquisite. Come di consueto, infine, verranno assegnati gli esercizi da
svolgere a casa riprodotti in allegato. (all. 4)
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IV lezione (2 ore) La prima delle due ore a disposizione sarà utilizzata per la correzione di parte dei
compiti assegnati a casa e per l’introduzione del concetto di espansione della frase minima.10 Prendendo le
mosse dagli esempi formulati in precedenza, la tirocinante accennerà ai tre elementi che concorrono ad
ampliare il significato della frase, ovvero ai complementi, all’attributo e all’apposizione, spiegando che
oggetto di analisi in questa fase saranno gli ultimi due.
La spiegazione verrà effettuata a partire da una stessa proposizione contenente entrambi e si focalizzerà
l’attenzione sulla loro funzione logica e sulle rispettive caratteristiche grammaticali. Tanto per l’attributo
quanto per l’apposizione si insisterà sul valore accessorio, invitando gli allievi a formulare degli esempi al
fine di verificare la comprensione di quanto detto. Questi saranno arricchiti da alcune frasi proposte dalla
tirocinante al fine di evidenziare la differenza che intercorre tra un attributo e l’aggettivo che forma la parte
nominale del predicato.
Terminata la spiegazione gli studenti saranno chiamati a svolgere alcuni esercizi sui temi affrontati; la
correzione degli stessi fornirà lo spunto per costruire anche la definizione di attributo e apposizione secondo
il modello operativo utilizzato nelle precedenti lezioni. Il lavoro si concluderà con l’assegnazione di alcuni
esercizi da svolgere a casa (all. 5)
La seconda parte della lezione sarà dedicata alla costruzione dei gruppi di lavoro e alla spiegazione della
consegna. Saranno formati cinque gruppi la cui composizione è stata accuratamente studiata con la docente e
tarata sia in funzione della difficoltà cognitiva del compito, sia rispetto alle problematiche individuali e alle
attitudini relazionali dei singoli. Ad ogni gruppo sarà assegnato il compito di illustrare su un cartoncino
colorato scelto tra quelli messi a disposizione dalla tirocinante uno dei temi affrontati: il soggetto, il
predicato verbale, il predicato nominale, il complemento predicativo del soggetto, l’attributo e
l’apposizione.11 Ciascun lavoro dovrà inserire le definizioni relative al tema trattato, alcuni esempi ed
eventuali eccezioni. Nel redigere il proprio cartellone sarà libero di scegliere la grafica che preferisce e potrà
utilizzare gli appunti della lezione, gli esercizi svolti, il libro di testo e i fumetti proposti dalla tirocinante.
Due le regole inderogabili dell’attività: la divisione e il rispetto dei ruoli all’interno di ciascun gruppo e il
tempo; per lo svolgimento del lavoro, infatti, gli alunni disporranno di due ore al termine delle quali
dovranno illustrare il proprio prodotto ai compagni immaginando di fare una breve lezione di cinque-dieci
minuti circa sul loro tema. La comunicazione del lavoro sarà infatti considerata come parte integrante
dell’attività cooperativa; per questo, in via preliminare, la tirocinante avrà cura di richiamare l’attenzione
degli studenti sulla necessità di progettare il loro cartellone tenendo presente i destinatari, ovvero i loro
compagni e, in seguito, loro stessi. Nello spiegare le regole del lavoro la tirocinante sottolineerà come
ciascun componente del gruppo sarà ritenuto responsabile del prodotto finale, il quale concorrerà alla
valutazione finale. Questo per motivare gli allievi a lavorare e a perseguire assieme un obiettivo comune,
10 Gli esercizi non corretti in aula saranno ritirati dalla docente per una correzione più puntuale e mirata e saranno poi restituiti nell’incontro successivo. 11 L’illustrazione di questi ultimi due temi, per cui è previsto un solo cartoncino, dovrà prevedere un riferimento ai concetti di frase minima, semplice e complessa con cui è stato aperto il modulo.
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sentendosi responsabili della propria attività e di quella dei compagni. Chiarito il quadro operativo e
normativo si darà inizio al lavoro, lasciando che ciascun gruppo inizi a discutere, progettare e realizzare il
proprio cartellone. Si chiederà poi agli studenti di rileggere gli appunti al fine di essere preparati per
eventuali domande poste dai compagni in fase espositiva. Inoltre, la tirocinante suggerirà di riflettere
sull’attività che stanno svolgendo in gruppo cercando idee o soluzioni ad eventuali problemi sorti in questa
prima fase.
V lezione (2 ore) La lezione sarà interamente dedicata al lavoro cooperativo e alla comunicazione alla
classe dei risultati di ciascun gruppo come illustrato sopra. Nell’ultima parte dell’incontro la tirocinante tirerà
le fila del discorso al fine di riepilogare gli aspetti più rilevanti in vista della verifica, cui farà cenno
spiegando brevemente come sarà organizzata.
VI lezione (2 ore) Dopo aver disposto i banchi l’uno separato dall’altro la tirocinante distribuirà copia
della verifica sommativa riprodotta in allegato (all. 6 e 7). Contestualmente darà a ciascun allievo la scheda
di autovalutazione e quella di valutazione dell’attività didattica della tirocinante, chiedendo di riportarle
completate in occasione del prossimo incontro durante il quale verranno restituite e commentate le prove
corrette (all. 8 e 9).
2.4 Le verifiche dell’apprendimento
Due i livelli di misurazione e valutazione del lavoro svolto. Il primo in fieri ha focalizzato l’attenzione
sui percorsi di apprendimento, avendo come oggetto di esame i compiti svolti a casa. In questo contesto le
prove sono state valutate con un segno positivo o negativo, che la tirocinante ha riprodotto in una sorta di
registro personale accompagnando ciascun risultato con un breve commento in grado di restituire il senso di
un processo. Gli appunti hanno poi concorso a formulare il giudizio che ha accompagnato la valutazione
finale e, successivamente, hanno consentito di progettare un piano di recupero individuale maggiormente
mirato.
Anche i cartelloni prodotti nel corso del lavoro cooperativo sono stati oggetto di una valutazione
positiva o negativa, mentre più puntuale e articolata è stata l’osservazione e la misurazione della dimensione
relazionale del lavoro che, come detto, ha fatto propri gli indicatori proposti dal consiglio di classe (All. 10).
I risultati ottenuti su questo piano sono stati comunicati agli allievi al momento della consegna delle prove
corrette e hanno trovato spazio nel loro portfolio, all’interno del quale sono conservate le relazioni
sull’andamento delle attività facoltative opzionali e le riflessioni in merito prodotte dagli stessi studenti.
In questo senso, convinta della necessità di una valutazione davvero formativa, che tenda ad essere
continua e interattiva oltre che regolativi, la tirocinante ha sollecitato gli studenti ad autovalutare il loro
apprendimento e l’attività della docente, assumendo così la veste di professori del professore e di se stessi.
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Per quanto concerne la rilevazione delle acquisizioni finali, la prova sommativa semistruttura è stata
redatta in una duplice versione che ha tenuto conto dei distinguo in termini di obiettivi minimi e obiettivi
generali e delle caratteristiche di alcuni percorsi formativi individuali. Su esplicita richiesta della docente,
quindi, è stata prevista una prova semplificata, in cui è stato dato maggior spazio docimologico agli esercizi
di riconoscimento e completamento, ovvero a quelle prove volte a misurare l’acquisizione di conoscenze di
base. Nell’altra prova, invece, questo tipo di esercizi ha avuto un incidenza minore e ben più ampio è stato lo
spettro delle conoscenze e delle competenze sondate. In entrambi i casi la misurazione dei punteggi è
avvenuta in centesimi secondo l’abitudine della docente e dell’intero consiglio di classe. Prima dell’inizio
della prova è stato ricordato agli studenti che il raggiungimento della sufficienza richiedeva il conseguimento
di un punteggio pari a 60.
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PARTE TERZA
ANALISI DEL PROCESSO
3.1 Lo svolgimento dell’intervento didattico
I lezione (2 ore): Il concetto di sintassi: la frase semplice e la funzione del soggetto
Dopo aver curato le reciproche presentazione, cercando di dissipare quell’alone di curiosa perplessità che
aleggiava in aula, la tirocinante ha avviato i lavori apportandovi alcune lievi modifiche volte a sollecitare un
maggior coinvolgimento della classe. Dopo aver tracciato una linea nel centro della lavagna, ha scritto sul
lato destro, al centro, l’acronimo GAS(s) e sul lato sinistro il termine greco syntaksis; intorno a quest’ultimo
ha riprodotto i gruppi di frasi che seguono:
- In vacanza la tenda i amici con a luglio assieme a
- Nel suo libri lette alla sera molti Marta letto
- Andrea ha finito tutti i compiti.
- I pantaloni di Andrea sono proprio belli!
- Marta ha prestato un foglio ad Andrea.
Ha quindi invitato un allievo a tentare di ricostruire e leggere le prime due sequenze di parole; poi, dopo
averla sottolineata, ha chiesto alla classe cos’è la parola “Andrea” in analisi grammaticale invitando alcuni
allievi a spiegare quale funzione avesse all’interno delle tre frasi. Partendo dalle risposte, che sono state
molte e corrette, si è poi soffermata sull’etimologia della parola syntaksis. In sede di progettazione della
lezione non sono mancati i timore per l’ardire di questa apertura. I risultati però hanno però fugato ogni
perplessità: lungi dallo spaventarsi per qualcosa così lontana dal loro universo cognitivo, gli studenti si sono
mostrati molto incuriositi e, comprendendo l’origine del termine, hanno meglio afferrato l’obiettivo del
lavoro: “comporre, ordinare assieme”, insomma incastrare dei pezzi e stabilire dei rapporti.
L’attenzione si è poi spostata sull’altra metà della lavagna e la tirocinante ha sfidato alcuni allievi ad
indovinare cosa significava l’acronimo riprodotto. Solo dopo aver ascoltato alcune risposte ha spiegato loro
che le lettere stavano per Guardare Ascoltare Sentire e, perché no, scrivere. GASs è stato assunto come
motto operativo e come regola assoluta da rispettare in un gioco di eco reciproca tra tirocinante e allievi.
Solo dopo aver somministrato la verifica diagnostica, ha preso inizio la spiegazione con la distribuzione
di una serie di puzzle linguistici che gli studenti sono stati chiamati a ricostruire individualmente, colorando
con una tinta scelta precedentemente tutti assieme il verbo. Il ricorso a questo piccolo espediente ludico – per
la risoluzione sono stati assegnati pochi minuti – ha consentito di avviare una riflessione più mirata su quanto
era stato svolto, permettendo anche di mantenere un’interazione continua tra classe e tirocinante. Questo
modus operandi, le cui suggestioni sono state puntualmente annotate alla lavagna e indirizzate, ha
rappresentato il presupposto per la definizione prima del concetto di proposizione e delle sue diverse forme,
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poi, nella seconda parte della lezione, di soggetto. Quest’ultima è risultata più complessa nella misura in cui
ha messo in evidenza alcune lacune grammaticali, poi riscontrate anche in sede di correzione delle prove
diagnostiche. Per questa ragione, lo spazio assegnato alla risoluzione di una situazione problematica
connessa all’individuazione del soggetto all’interno di titolazioni giornalistiche è stato ridotto, in favore di
una spiegazione più ampia e della formulazione di una serie di esempi da parte degli stessi allievi.
Con il procedere del lavoro ci si è resi conto che la necessità di focalizzare in modo chiaro alcuni punti si
accompagnava ad un forte bisogno di contenimento da parte della classe, più incline a partecipare ad un
lavoro collettivo che non a cimentarsi da subito con sfide cognitive anche non particolarmente complesse.
Per la stessa ragione la tirocinante ha deciso di insistere più di quanto era stato programmato sulla
memorizzazione attiva della definizione dei concetti proposti e sulla costante schematizzazione degli stessi.
In entrambi i casi si è proceduto per piccoli step successivi su cui è stato poi più semplice richiamare
l’attenzione.
La lezione si è chiusa con l’assegnazione di alcuni compiti per casa e con qualche protesta per la mole di
lavoro prevista.
II lezione (2 ore): La funzione del verbo: il predicato verbale
La lezione si è aperta con la correzione dei compiti assegnati la volta precedente; secondo una modalità
già sperimentata dalla docente e nota alla classe, ogni allievo è stato invitato a scambiare il proprio elaborato
con quello del compagno, e a farsi responsabile della sua revisione. La lettura degli esercizi è stata fatta a
turno, senza seguire un ordine preciso e facendo in modo di far parlare ogni allievo così da tenere desta
l’attenzione. Questo a dispetto della voglia di intervenire di alcuni che, a tratti, è stata davvero di difficile
gestione. Gli esercizi, poi ritirati per un’analisi più dettagliata, sono risultati nel complesso corretti, ma di
fronte al breve brainstorming programmato per recuperare quanto detto nel corso del primo incontro, le
risposte sono parse meno nette e decise; per questo, è stato chiesto agli studenti di costruire individualmente
un breve schema di quanto appreso nella lezione precedente e, successivamente, sono stati confrontati alcuni
dei lavori prodotti. L’attività, prevista in sede di progettazione come collettiva, ha richiesto una quantità di
tempo di gran lunga superiore a quella programmata. Ciò nonostante si è ritenuto utile procedere in questa
direzione anche in considerazione della necessità degli studenti di un supporto scritto di quanto fatto
dell’attività svolta. In questo senso, la riscrittura delle definizioni e degli esempi si è rivelata fin da subito
insufficiente e bisognosa di un’integrazione che analizzasse in forma schematica e/o descrittiva i temi trattati.
La spiegazione ha preso inizio nuovamente da un gioco con le parole: dopo aver esplicitato che oggetto
della lezione sarebbe stato il compito del verbo nella frase, la tirocinante ha chiesto a ciascun alunno di
spiegare il significato del verbo predicare e di trovarne almeno due sinonimi. Una dimensione pseudo-
competitiva molto efficace rispetto al coinvolgimento degli allievi tutti, sebbene comporti a volte un
dispendio di tempi. Da qui ha preso le mosse la costruzione interattiva e collegiale della definizione di
predicato che, per espressa volontà della tirocinante, in questo primo incontro non ha contemplato la
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distinzione tra predicato verbale e nominale. Oggetto di questa lezione, infatti, è stato solo la prima tipologia
e le frasi nominali.
Nel corso della spiegazione si è riscontrato un forte scarto tra il sapere e il saper fare, come se l’insieme
di nozioni sui verbi e sulle forme verbali che gran parte degli allievi mostravano in sede di discussione non si
traducessero in altrettante competenze. Ciò è stato particolarmente vero per i verbi fraseologici e servili, di
fronte ai quali più evidenti sono state le difficoltà: nel corso degli esercizi svolti in aula o di fronte a casi
appositamente creati dalla tirocinante molti studenti non sono riusciti ad individuare correttamente il
predicato verbale. E’ stato necessario recuperare e consolidare queste conoscenze attraverso degli esercizi in
aula, mortificando il lavoro sul testo letterario e quello previsto con i testi di giornali. Quest’ultimi sono stati
semplicemente mostrati agli studenti come sostegno al discorso sul predicato sottointeso, all’interno del
quale si è fatto notare come quotidianamente noi facciamo uso di frasi nominali e si è invitata la classe a
formulare alcuni esempi. Forse un po’ incautamente, invece, è stato assegnato da svolgere a casa il lavoro su
testi antologici assieme ad altri esercizi. Per il lavoro di recupero si è fatto uso del testo in adozione e parte
delle prove previste nella sezione hanno finito per completare il quadro dei compiti assegnati per casa.
III lezione (2 ore): la funzione del verbo: il predicato nominale e il complemento predicativo del
soggetto
Dopo la consueta correzione dei compiti, da cui è emersa una sostanziale chiarezza operativa nel
riconoscimento del predicato quando non composto da verbi servili e fraseologici, e la rinuncia al lavoro sul
testo letterario, che molti allievi hanno trovato troppo difficile, la tirocinante ha avviato la spiegazione del
predicato nominale. Posti di fronte ad una serie di frasi scritte alla lavagna contenenti predicati nominali, gli
studenti sono stati chiamati ad individuare il verbo di ciascuna descrivendone le caratteristiche grammaticali;
è stata poi richiamato il concetto di senso compiuto che deve caratterizzare il predicato e si è chiesto se il
solo verbo essere rispondesse a questa idea. Di fronte alle suggestioni emerse la tirocinante ha avuto buon
gioco nel raccontare al storia del verbo essere che collega, che unisce, ovvero che copula il soggetto con
l’aggettivo o il nome che gli viene riferito. Facendo ancora una volta ricorso al modello interattivo
sperimentato nei precedenti incontri, la tirocinante ha guidato la classe nel completamento della definizione
di predicato redatta nel precedente incontro, poi, dopo averla fatta ripetere a turno ad alcuni allievi, ha
chiesto ad ogni studente di ricopiarla sul proprio quaderno accompagnandola con uno o più esempi.
Esaurita questa dimensione teorica, la tirocinante ha scritto alla lavagna tre proposizioni contenenti il
verbo essere con tre distinte funzioni logiche e ha interrogato gli studenti chiedendo loro se si trattasse di
predicato verbale o nominale e perché. Per la risoluzione del quesito sono stati concessi alcuni minuti ed è
stato permesso di utilizzare appunti e schemi delle precedenti lezioni; mentre si svolgeva l’esercizio la
tirocinante, che si è mossa tra i banchi, ha riscontrato in alcuni allievi un certo spaesamento. L’effetto era
non solo previsto ma ricercato ed è stato utilizzato per spiegare le tre diverse vite del verbo essere: ausiliare,
copula, predicato verbale. Per facilitarne la comprensione la tirocinante ha schematizzato le tre funzioni
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logiche alla lavagna accompagnandole con alcune proposizioni esemplificative. Questa immediata
“complicazione” del quadro teorico non è stata compresa con facilità, per cui ci si è soffermati più tempo di
quanto previsto e gli è stata dedicata un apposita esercitazione. In questo caso la dimensione del problem
solving si è rivelata controproducente e ciò è probabilmente imputabile al poco tempo dedicato alla
sedimentazione della “certezza” teorica costruita e acquisita. D’altra parte, sul piano cognitivo, è parsa
evidente la fragilità e la discontinuità della formazione grammaticale rispetto ai verbi di alcuni allievi; una
fragilità che la successiva spiegazione del complemento predicativo del soggetto ha reso evidente. La stessa
docente accogliente, che nelle sue ore ha proseguito il lavoro di recupero e consolidamento, ha confermato
questo dato, invitando però la tirocinante ha non sconvolgere completamente il piano didattico messo a
punto. La classe paga infatti lo scottò della discontinuità didattica dell’anno precedente, per cui è stato
disposto un piano di recupero quadrimestrale; di comune accordo si è scelto quindi di aggiungere esercizi
mirati su questi aspetti a quelli assegnati per casa e di intervallare la lezione frontale con un maggior numero
di spazi operativi, cui far seguire momenti di correzione collettiva. Inoltre, è stata potenziata l’attività di
memorizzazione attiva specie per quanto concerne l’insegnamento/apprendimento del predicativo del
soggetto. Infine, si è cercato di schematizzare in modo chiaro le differenze tra nome del predicato e
predicativo del soggetti trasformando il predicato nominale retto dal verbo essere di alcune proposizioni in
un predicato nominale retto dal verbo copulativo; questa operazione è stata svolta con la collaborazione degli
allievi. Purtroppo i tempi a disposizione non hanno permesso di esercitare a sufficienza questa parte di
conoscenza. D’accordo con la docente si è scelto di assegnare comunque alcuni esercizi a casa sul
predicativo del soggetto, decidendo però fin da ora di assegnare un peso relativo a questa parte in sede di
verifica sommativa. Agli studenti è stato inoltre richiesto di riprendere lo schema della frase semplice
costruito autonomamente nel secondo incontro e di completarlo alla luce delle nuove conoscenze sul
predicato verbale e nominale.
IV lezione (2 ore) L’attributo e l’apposizione e l’avvio del lavoro cooperativo
La correzione dei compiti a casa ha confermato le aspettative della tirocinante e della docente,
soprattutto per quel che riguarda il complemento predicativo del soggetto e la distinzione tra la funzione
ausiliaria e la funzione verbale autonoma del verbo essere, sebbene possa dirsi conseguito l’obiettivo del
riconoscimento del predicato nominale e acquisita l’idea di copula.
La successiva spiegazione del concetto di espansione della frase semplice e, in particolare dell’attributo e
dell’apposizione, non ha presentato problemi particolari, fatto salvo per il clima di fermento e agitazione
determinato dall’attesa del lavoro in gruppo. Anche la fase operativa di verifica di quanto spiegato è stata più
dispersiva del solito e la partecipazione alla costruzione delle definizioni di attributo e apposizione più
caotica. Solo un brusco richiamo all’ordine e l’obbligo di aggiornare il fascicolo del loro quaderno dedicato
al modulo in svolgimento hanno riportato la calma.
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La seconda parte della lezione si è aperta con la comunicazione della composizione dei gruppi, frutto di
accurate valutazioni condotte con la docente che hanno tenuto conto parimenti delle capacità cognitive e
delle competenze relazionali. Si è preferito comporre gruppi eterogenei sotto il primo profilo; per quanto
concerne il secondo aspetto, invece, si è cercato di mescolare i gruppi informali che caratterizzano la
consuete dinamiche di socializzazione della classe. Per questo, negli incontri precedente, è stata prestata
particolare attenzione alla normale occupazione degli spazi sia nelle ore di lezione, sia durante la ricreazione
e a tavola.12
Le polemiche suscitate dalla composizione dei gruppi hanno presto lasciato il passo all’ascolto della
consegna. Tre gli aspetti su cui la tirocinante ha insistito: l’importanza del tempo, la necessità di dividere in
modo chiaro e preciso i compiti di ciascun componente e il rispetto assoluto di toni di voce moderati. Un
punto quest’ultimo che ha richiesto ripetuti interventi di richiamo soprattutto nella fase iniziale.
I gruppi costituiti sono stati cinque e a ciascuno è stato chiesto di illustrare liberamente uno dei temi
affrontati; l’assegnazione di questi è avvenuta a discrezione della tirocinante che ha tenuto conto delle
capacità individuali dei componenti di ciascun gruppo.
In fase di progettazione del cartellone si sono registrate molte richieste di aiuto e di indicazioni operative
sul che fare. Da un lato la grande voglia di fare, dall’altro la scarsa abitudine a lavorare con il gruppo e nel
gruppo hanno determinato una certa difficoltà a focalizzare il da farsi e ad ipotizzare delle possibili
rappresentazioni della regola e dei concetti assegnati; inoltre, almeno in due gruppi, l’estro artistico di alcuni
componenti ha finito per rallentare il ritmo di lavoro: alcuni componenti sono stati troppo esigenti e
puntigliosi e hanno perso di vista l’obiettivo finale condiviso.
Alle richieste avanzate in questa fase, che hanno avuto per lo più carattere di ratifica e rassicurazione, la
tirocinante ha risposto confortando alcuni allievi e ricordando che fondamentale era la discussione tra i
compagni; inoltre, per avere la misura della correttezza della scelta grafica fatta sarebbe stato sufficiente
pensare ai destinatati, ovvero loro stessi. Assai meno problematica del previsto, invece, è risultata la
divisione dei ruoli e il rispetto degli stessi, almeno nel corso di questa prima ora di attività: poche le
polemiche presto rientrate, cui la tirocinante ha risposto ribadendo che ciascun componente sarebbe stato
ritenuto parimenti responsabile del prodotto finale.
Nella fase finale della lezione un solo gruppo presentava un ritardo importante del lavoro, delle cui
ragioni si dirà meglio oltre. Su consiglio della docente, la tirocinante ha seguito i minuti finali dell’attività di
questo gruppo offrendo degli spunti senza tuttavia condizionarne le scelte.
Diversamente da quanto ipotizzato per casa sono stati assegnati alcuni brevi esercizi sul predicativo del
soggetto, sull’attributo e sull’apposizione. La tirocinante ha però chiesto agli studenti di rivedere l’intero
fascicolo di appunti del lavoro svolto per essere preparati in fase di esposizione del proprio lavoro e di quello
dei compagni; inoltre, ha suggerito a quei gruppi in maggior difficoltà di riflettere su quel che stavano
12 Per conoscere meglio la classe sul piano delle relazioni tra pari la tirocinante ha più volte partecipato all’ora della mensa, trattenendosi durante la pausa che ne segue fino alla ripresa delle lezioni.
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facendo, di discuterne magari durante la ricreazione e di ipotizzare delle soluzioni. Un ultimo richiamo
all’importanza del rispetto dei tempi e dei ruoli ha chiuso l’incontro.
V lezione (2 ore) Conclusione del lavoro cooperativo e comunicazione dei risultati alla classe (peer
teaching)
La lezione si è aperta in modo particolarmente vivace con gli allievi ansiosi di tornare a lavorare
assieme; molti, denunciando i ritardi del loro lavoro, hanno chiesto di poter disporre di un maggior tempo.
La tirocinante ha ricordato che non sarebbero state concesse proroghe. Cercando una mediazione, in accordo
con la docente, si è deciso di permettere ai gruppi che ne hanno avuto bisogno di completare il loro lavoro
nel pomeriggio, chiamando comunque tutti ad esporre il loro progetto nella parte finale dell’incontro. La
scelta di non rinunciare alle lezioni simulate ha risposto alla volontà di attivare precisi processi metacognitivi
consentendo anche di ripassare i diversi argomenti in vista della verifica sommativa. D’altra parte, non
sarebbe stato giusto ignorare le difficoltà di gestione del tempo registrate nel corso della precedente lezione e
impedire la completa realizzazione di quelli che sono diventati strumenti dell’attività didattica futura. Prima
di aprire la fase finale del confronto, infatti, sono stati appesi ai muri della classe i cartelloni terminati e i
componenti dei gruppi scelti dai compagni come portavoce li hanno utilizzati come la loro lavagna.
L’esposizione dei lavori si è rivelata molto ricca e proficua, soprattutto sul piano relazionale. La gran
parte del tempo è stata monopolizzata dalla discussione intorno alle difficoltà riscontrate nel collaborare che
in un gruppo sono risultare determinanti, dando luogo ad una vera e propria frattura. Significativamente,
l’esposizione del lavoro da parte del suo portavoce si è aperta con una candida quanto importante
affermazione: lavorare insieme è difficilissimo, il tempo vola e può capitare che non ci piacciano per niente i
compagni. La risposta a quella che non è nata come domanda è venuta dai componenti di un altro gruppo che
hanno sottolineato come l’importante era fare ciascuno il proprio pezzo; l’interessata ha risposto dicendo che
per fare ciò è indispensabile che siano chiari i compiti e che ognuno rispetto il compagno e il suo lavoro.
Rispetto è diventata la parola chiave di un batti e ribatti che la tirocinante ha lasciato si svolgesse per alcuni
minuti, tirando poi le fila del discorso. Nel caso specifico, senza distribuire torti e ragioni, ha fatto notare
come fin dal primo momento si fosse registrata una tendenza accentratrice da parte di uno dei componenti, a
cui non è seguita né una protesta, né una vera e propria controproposta degli altri; in fondo, i membri del
gruppo non si sono assunti personalmente la responsabilità del risultato finale e, pur sentendola come hanno
dimostrato i battibecchi e le discussioni serrate, non hanno agito di conseguenza. Non hanno cioè agito
assieme.
Al monito sono parsi sensibili anche i compagni non interessati, che hanno partecipato attivamente alla
discussione, così come hanno contributo alla lezione simulata dei compagni. Soprattutto alcuni allievi hanno
giocato ad interrogare i loro compagni-insegnati attivando così un circolo virtuoso sul piano cognitivo.
Purtroppo il dilungarsi della discussione sui problemi della collaborazione ha impedito che tutti e cinque i
gruppi disponessero dello stesso tempo: quello che ha lavorato sulle espansioni della frase semplici ha
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purtroppo avuto solo pochi minuti per spiegare il suo argomento ed è mancato lo spazio per le domande dei
compagni.
VI lezione (2 ore) Verifica sommativa
Dopo aver preparato l’aula la tirocinante ha distribuito le verifiche. Prima di dar inizio alla prova ha
letto le varie consegne chiarendo i dubbi manifestati. Nel complesso, i compiti sono stati svolti nei tempi
previsti e alcuni alunni hanno anche consegnato prima della fine delle due ore concesse; a questi è stato
chiesto di completare le schede di autovalutazione e valutazione distribuite contestualmente al compito. Un
invito cui hanno risposto con entusiasmo divertiti all’idea di poter per una volta vestire i panni del professore
che dà i voti.
3.2 Le ragioni delle modifiche apportate
Nel corso dell’intero percorso la partecipazione all’attività didattica è stata sempre viva e corale, così
come l’applicazione nel lavoro individuale: complessivamente i compiti a casa sono stati svolti con costanza
e consegnati nei tempi previsti. Più eterogeneo il risultato delle attività cooperative, non tanto sul piano della
qualità dei cartelloni, quanto piuttosto su quello della realizzazione. Come spiegato, per ragioni diverse
alcuni gruppi non hanno completato il progetto che, comunque, è risultato sempre comprensibile e chiaro
nelle sue linee generali; inoltre, si è detto, il momento della spiegazione ha offerto lo spunto per discutere del
significato ultimo del lavorare assieme, ponendo al centro della dibattito la dimensione relazionale che, in
questo contesto, tirocinante e docente hanno giudicato di maggior rilievo formativo. Per queste ragioni si è
ritenuto di ridurre il peso dei prodotti in sede di valutazione finale.
La principale modifica ha interessato le scelte metodologiche. Pur non rinunciando completamente a
quanto stabilito in sede di programmazione, a partire dalla terza lezione è stato accantonato il lavoro sui testi
antologici, almeno per quanto ha riguardato le consegne individuali da svolgere a casa. Oltre alla difficoltà
nell’accertare il corretto svolgimento di questi esercizi da parte di ciascun allievo, difficoltà relative anche ai
tempi dell’operazione, infatti, è stata riscontrata una fatica diffusa nell’applicare quanto appreso in contesti
così complessi. Da una prima correzione è emersa una certa dispersione e una notevole discontinuità dei
risultati: gli stessi allievi che svolgevano correttamente le consegne degli esercizi grammaticali non erano
sempre in grado di fare altrettanto sui testi letterari, ancorché semplici da un punto di vista linguistico e
sintattico. La stessa difficoltà, d’altra parte, appariva in aula nel corso dei momenti di lavoro individuale,
anche a dispetto del sostegno offerto dalla tirocinante. Su suggerimento della stessa docente, che aveva avuto
modo di riscontrare lo stesso problema in precedenza, si è scelto di abbandonare questa pista e di privilegiare
l’esercizio collettivo in aula su prove tratte dalla grammatica in adozione o proposte dalla tirocinante; in
queste ultime, sono stati inseriti spesso tranelli o elementi distrattori al fine di renderle più complesse. La
decisione non ha voluto essere una smentita della validità di quanto stabilito in sede di programmazione: lo
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testimonia il fatto che la docente ha continuato ad utilizzare questo approccio nelle sue ore, invitando gli
allievi a riconoscere le funzioni logiche apprese durante le lezioni della tirocinante. Piuttosto, è stata una
necessità dettata dai tempi: il lavoro proposto avrebbe infatti richiesto momenti di sedimentazione,
esercitazione e consolidamento delle conoscenze ben più ampi di quelli a disposizione; perché la classe
raggiungesse una certa autonomia operativa su questo piano sarebbe stata necessaria una continuità didattica
e relazionale che, purtroppo, il contesto del tirocinio non consente. Il voler mantenere questo come obiettivo
precipuo di un percorso tutto sommato breve sarebbe stato un rischio oltre che, probabilmente, un grave
errore didattico e metodologico; più utile e sensato è stato puntare sulla buona comprensione di alcuni
argomenti e sul rafforzamento delle abilità logico analitiche.
Un altro aggiustamento ha riguardato gli strumenti del lavoro, in primo luogo la lavagna. In sede di
programmazione era stato stabilito di utilizzarla come una sorta di quaderno di classe su cui annotare i frutti
dell’elaborazione collettiva; questo approccio si è rivelato assai efficace e coinvolgente tanto da giustificare
uno sfruttamento anche maggiore di quello previsto, associato a quello più tradizionale del quaderno su cui
ogni allievo ha puntualmente riportato l’attività svolta. Questo uso intensivo ha mortificato in parte il ricorso
ad altri strumenti già confezionati come i fumetti o i giornali. In questo senso, l’uso di questi ultimi è stato
senz’altro minore di quello ipotizzato inizialmente: non tutti le pagine o le strisce selezionate sono state
presentate anche perché questo avrebbe richiesto un contenimento del dialogo e della partecipazione creativa
degli studenti. D’altra parte, su questo piano ha certo pesato una stima non corretta dei tempi che si è tradotta
in un carico di argomenti eccessivo. A dispetto di quanto rilevato della verifica diagnostica, dei risultati delle
attività di recupero svolte dalla docente nei giorni immediatamente precedenti l’avvio del modulo e degli
stessi esiti dei compiti assegnati a casa, infatti, la tabella di marcia fissata si è rivelata troppo ottimistica e, a
tratti, ingenua, pagando lo scotto di una certa ignoranza; un termine da intendere qui nel senso letterale del
suo significato: ignoranza della tirocinante che non conosceva né poteva conoscere profondamente le
capacità individuali dei singoli, le loro difficoltà cognitive ed umane e, soprattutto, le loro storie.
In questo senso, come si dirà meglio in seguito, è stato sorprendente sperimentare fino a che punto la
relazione umana sia davvero la conditio sine qua non di un insegnamento che voglia dirsi davvero formativo
e costruttivo. Relazione intesa come capacità di osservare, osservarsi e conoscere l’altro, se stessi e,
soprattutto, le molteplici forme dell’incontro: sono questi aspetti fondamentali che, purtroppo, per la stessa
natura misteriosa e imprevedibile della relazione, non sempre è possibile prevedere in modo puntuale
misurandone l’incidenza sulla più esatta e perfetta delle programmazioni.
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3.3 La dimensione relazionale
Fare un bilancio dell’attività svolta dal punto di vista relazionale è cosa assai complessa. Il piano infatti
prevede tante e tali declinazioni da rendere difficile la costruzione di un sentiero di sintesi comune: vi è il
rapporto tra pari, inteso come rapporto tra individui ma anche tra gruppi di individui – gruppi formali e
informali, di lavoro e di socializzazione -, cui deve aggiungersi la relazione tra la docente tirocinante, la
classe e i singoli. Infine, elemento da non sottovalutare, esiste un piano di relazionale tra tirocinante e
insegnate accogliente che, pur sotterraneo e privato, ha un peso notevole nel determinare la riuscita di
un’esperienza peculiare come quella del tirocinio. E non solo sul piano didattico e disciplinare.
Da questo è necessario partire per spiegare le caratteristiche di un intervento che sul piano delle relazioni
umane è stato decisamente proficuo. Su queste, ovvero sullo scambio tra tirocinante e allievi, si concentrerà
l’attenzione in questo paragrafo, per poi approfondire la questione della relazione tra pari nella parte
destinata all’esame dei risultati del lavoro cooperativo.
L’attività di tirocinio osservativo prevista nel primo anno del biennio SIS non era stata svolta in questa
classe: la tirocinante aveva infatti lavorato con la docente accogliente in un’altra scuola, rimanendo davvero
entusiasta del suo modo di operare sia dal punto di vista didattico sia da quello più squisitamente umano. La
docente accogliente aveva mostrato una grande capacità empatica e relazionale, tanto da essere percepita
come punto di riferimento anche da quegli allievi più problematici e conflittuali; mai, nel corso delle lezioni
osservate, era mancato il dialogo e la chiarezza, specie in materia di regole da rispettare: poche ma essenziali
e soprattutto reciproche. Inoltre, la formazione della docente accogliente era avvenuta in contesto SIS per cui
il terreno di confronto si era rivelato estremamente proficuo anche sotto il profilo didattico metodologico.
Anche per questa ragione, in accordo con il supervisore di tirocinio, la tirocinante ha scelto di seguirla nella
sua nuova scuola.
A dispetto dei timori e di un’emozione difficile da nascondere, l’accoglienza è stata molto positiva,
preparata da un lavoro discreto ma intelligente della docente. Fin dalle prime battute, la curiosità degli allievi
ha avuto la meglio su una certa diffidenza che, per la storia del gruppo classe, è assolutamente
comprensibile. Non è da escludere che gli studenti abbiano “sentito” l’imbarazzo con cui la tirocinante si è
presentata; proprio per questo sono ancora più apprezzabili e significativi il calore e la spontaneità con cui
hanno raccolto fin dal primo momento le sollecitazioni proposte. Incoraggiata dal loro stesso entusiasmo, e
dai commenti incoraggianti e positivi della docente, la tirocinante ha abbandonato ogni remora e si è
decisamente concentrata sull’idea del lavorare tutti e lavorare insieme. L’ipotesi di proporre l’acronimo
GASs, che inizialmente aveva fatto un po’ sorridere anche la docente accogliente, e di proporlo come slogan
da ripetere coralmente sottolineandone l’assoluta reciprocità si è rivelata efficace anche per la tirocinante e
ha consentito di aprire una porta che è rimasta spalancata per l’intero percorso.
Vestiti i panni della docente, nel corso delle spiegazioni e degli interventi di chiarimento la tirocinante ha
così cercato quanto più possibile di guardare, sentire ma soprattutto ascoltare. Solo per questa via, solo cioè
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mettendo al centro le richieste più o meno consapevoli che si presentavano, è risultato possibile dar corpo a
quelle idee di partecipazione e interazione positiva apprese nel suo percorso di formazione. Coinvolgere in
modo significativo e proficuo è stato uno degli obiettivi principali di tutta l’attività svolta e, stando ai giudizi
espressi dagli studenti al termine dell’intervento, può dirsi conseguito. Alla richiesta di descrivere
l’atteggiamento della tirocinante con cinque aggettivi, molti studenti, pur completando in assoluta autonomia
la loro scheda, hanno utilizzato i termini “coinvolgente” e “comprensibile”. Termini che si accompagnano ad
altri giudizi di valore che, pur registrando qualità come l’esser severa e ferma nel far rispettare le regole
didattico disciplinari – qualità in genere che gli studenti non amano -, restituiscono un vissuto di
piacevolezza e di benessere.
Questa costante attenzione al coinvolgimento è stata ancora più accorta e mirata verso quei soggetti che
presentavano maggior difficoltà ad esprimersi e ad inserirsi nella discussione. Nei loro confronti si è cercato
di svolgere un’azione di conforto e stimolo del loro senso di autoefficacia, mostrando come sbagliare sia una
cosa assolutamente normale e come possa comunque offrire lo spunto per migliorarsi. Da questo punto di
vista ha svolto una funzione rinfrancante il racconto di alcuni aneddoti di vita personale della tirocinante e
della sua storia di allieva: al di là dell’utilità della dimensione ironica, che nei momenti topici ha consentito
di spezzare l’ansia da prestazione, è passata l’idea della naturalità dell’errore e del suo essere parte integrante
di ogni ragionamento. “Sbagliare è il segno che si sta pensando - si è più volte ripetuto - e non bisogna
vergognarsi di pensare, ma di non farlo!”13
Per questa via, si è cercato anche di mettere in discussione un imperativo psicologico alla correzione che,
in alcuni allievi, è parso da subito molto forte; questi, che pure si distinguono per un rendimento positivo,
sono infatti segnati da una certa ansia e tendono stessono a creare un clima di competizione agonistica e
prevaricatrice.
Questo insistere sulla distinzione tra persona e lavoro ha avuto un effetto molto positivo su alcuni
studenti e in particolare su quelli che presentano particolari difficoltà cognitive: a partire dal terzo incontro la
partecipazione è stata più omogenea e anche in sede di verifica sommativa si sono registrate sorprese
positive. Si è registrata così una vera e propria presa di coraggio resa possibile anche dalla buona relazione
che c’è tra i compagni e dalla disponibilità che in molti casi si registra nei confronti di quanti sono in
situazione di svantaggio.
Oltre che in uno slancio partecipativo, questa rinnovata fiducia si è tradotta in una maggiore vicinanza
con la tirocinante anche al di fuori delle ore di lezione. In questo senso, è stato davvero confortante e bello
vedere con quanto slancio molti allievi sono tornati a cercare la tirocinante al termine del modulo per parlarle
delle cose più diverse e raccontarle anche di come continuava il loro puzzle di lingua italiana.14
13 In questo contesto si è rivelato utile quanto appreso durante i corsi di didattica a proposito della didattica dell’errore e delle modalità che vanno messe in atto per far percepire agli allievi lo sbaglio come una risorsa epistemologica. 14 Nei mesi successivi la tirocinante ha svolto nello stesso complesso un altro modulo di tirocinio, avendo così la possibilità di incrociare nuovamente la classe.
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3.4 Analisi critica dei risultati
Alla luce degli obiettivi e dell’articolazione dell’intervento si ritiene utile articolare l’analisi dei risultati
in due momenti, soffermandosi prima sugli esiti del lavoro cooperativo e poi sui prodotti finali
dell’apprendimento.
3.4.1 Lavorare in gruppo, lavorare nel gruppo
Riflettendo su quanto appreso durante il percorso SIS e confrontando quel bagaglio di conoscenze
teoriche con quanto si è svolto, è emerso un primo importante dato relativo all’identità stessa dei
gruppi.15 A dispetto di quanto disposto e delle stesse indicazioni della tirocinante, quelli creati non sono
stati semplici gruppi di lavoro. La preponderanza della dimensione relazionale, infatti, ha reso questi
insiemi di persone più simili a dei gruppi di attività, nell’ambito dei quali i componenti hanno sì ricercato
e, dove possibile, condiviso obiettivi operativi e strategia, ma hanno soprattutto vissuto insieme.
Lungi dall’essere una questione puramente nominalistica, questa distinzione ha gettato una nuova
prospettiva su quanto accaduto in aula ed ha consentito di leggerne i risultati, anche e soprattutto quelli
non materiali, in modo più complesso.
In primo luogo, su esplicito invito della docente, si è riflettuto sulla categoria del fare. Fare delle
cose e, soprattutto, farle fare insieme sembra essere diventato un imperativo della didattica di oggi. Il
risultato è da un lato un eccesso di stimoli spesso unidirezionali e predefiniti, dall’altro la confusione tra
il fare degli allievi e quello del docente; non manca poi un’identificazione assai discutibile tra fare e
attività manuale, tra azione e prodotto. Invece, come ha sottolineato la docente accogliente, perché il fare
abbia un valore formativo è necessario che sia un fare meditato, organizzato intorno ad un nucleo
conoscitivo che gli studenti, veri protagonisti di questa azione, possano sviluppare liberamente.
Perciò in questa circostanza lo sguardo critico si è concentrato sul processo, sui suoi limiti e sulle sue
potenzialità; si sono cioè guardati gli atteggiamenti, le interazioni, gli scambi a scapito del risultato
finale. Tuttavia, si è ritenuto di non comunicare questo approccio agli studenti per non disincentivarli
nella realizzazione dei loro cartelloni.
Come accennato nel corso delle attività di apprendistato cooperativo si sono registrate situazioni
molto diverse. In almeno due casi, ha sorpreso la capacità di tutela dei soggetti più deboli messa
spontaneamente in atto da quelli che ciascun gruppo ha identificato come i propri leader. Va detto che
non si è trattato di una semplice azione protettiva, ma di una sollecitazione continua e delicata a
partecipare. Ha colpito come tre dei cinque gruppi abbiano mostrato una notevole capacità di
distribuzione dei compiti e di rispetto dei ruoli; il dato è ancora più significativo se si tiene conto che due
15 Il riferimento è qui alla serie di lezioni e laboratori dedicati al cooperative learning e alla dispensa di F. Tessano docente di processi e metodologie di insegnamento della SSIS veneta Gestione di gruppi di adolescenti in apprendimento.
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dei gruppi interessati avevano dato non pochi problemi in sede di costruzione. Si può ipotizzare che il
loro funzionamento sia in parte legato anche al fatto che i suoi componenti non facciano gruppo al di
fuori dell’attività scolastica: si è evitata così quella tendenza alla distrazione registrata in altri contesti.
Ma il beneficio non va letto solo in termini produttivi: in questi casi il lavorare assieme ha significato
conoscere davvero i compagni, scoprirne qualità e difetti che altrimenti non si sarebbero visti. Ma ha
anche significato – ed è questo un aspetto esplicitato con semplicità dagli stessi studenti – conoscere se
stessi, sforzarsi di andare d’accordo e non solo di sopportare perché altrimenti il lavoro non viene
bene16, come ha ammesso uno dei componenti di un gruppo che, come accennato sopra, non è riuscito
nell’intento.
Nel corso delle attività cooperative la tirocinante ha svolto un lavoro di tutoraggio e supervisione
lasciando che i gruppi sperimentassero un loro percorso di sviluppo e ampliamento del nodo concettuale
proposto. Probabilmente, un intervento più preciso e prescrittivo avrebbe contenuto i ritardi. Il prezzo
però sarebbe stato ancora una volta la confusione sopra descritta tra fare degli allievi e fare del docente,
una mortificazione della libera espressione dei gruppi e, soprattutto, un restringimento dello spazio della
cooperazione.
D’altra parte, pur non escludendo gli effetti sul piano cognitivo – si è notata una generale
corrispondenza tra l’attività svolta in gruppo e gli esiti positivi delle parti di verifica corrispondenti -, il
dato più rilevante di questa esperienza vede protagonisti da un lato i soggetti più deboli e solitamente
meno coinvolti nelle dinamiche della classe, dall’altro quelli che, invece, tendono ad un continuo
protagonismo. Esemplari in questo senso i casi di J. e D. J., solitamente molto timorosa e restia a
collaborare con compagne e compagni, ha partecipato attivamente alla progettazione del suo cartellone,
abbandonando ogni atteggiamento remissivo e passivo; di più: trovandosi in un gruppo con scarse
attitudini artistiche si è assunta la responsabilità della grafica discutendo con i compagni la sua proposta
e difendendone la legittimità. Per altro, D., dotato di una vivacità che sconfina spesso nell’irruenza, dopo
essere stato ripreso un paio di volte dagli altri membri del suo gruppo, ha scritto su diversi fogli adesivi
gli incarichi di ciascuno per ricordarli meglio e rispettarli, altrimenti non si [andava] avanti!
3.4.2 La verifica sommativa
Le due versioni della prova di verifica sommativa proposte agli studenti sono frutto di un confronto
con la docente, nel corso della quale sono stati operati alcuni tagli al progetto originario modificandone
gli equilibri docimologici. In particolare, alla luce delle modifiche apportate al programma didattico, si è
scelto di ridurre la parte dedicata alla verifica dell’apprendimento del complemento predicativo del
soggetto: la complessità del tema, il poco tempo avuto per esercitare quanto eventualmente appreso e le
16 Questa come le successive citazioni riprodotte in corsivo sono state annotate dalla tirocinante durante lo svolgimento dell’attività. Fondamentale in questo contesto la collaborazione della docente che ha aiutato la raccolta delle impressioni.
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fragilità emerse nella conoscenza delle forme verbali hanno suggerito di depennare questo dalla lista
delle conoscenze da acquisire. Tuttavia, su suggerimento della stessa docente si è preferito non eliminare
completamente questa parte assegnandogli però un valore diagnostico rispetto ad un percorso che
sarebbe stato ripreso oltre. Per questo, in sede di misurazione e valutazione, si è scelto di non penalizzare
oltre modo quegli allievi che non sono riusciti a svolgere l’esercizio proposto. Con sorpresa però ben
sette allievi sui venti che hanno svolto la prova hanno risposto correttamente a tutti i quesiti relativi al
complemento predicativo del soggetto, mentre altri quattro ne hanno risolta una metà.
Se si esclude questa parte, l’intervento può dirsi riuscito, anche se vanno fatti dei distinguo rispetto
alla solidità delle conoscenze acquisite. Per quanto concerne gli obiettivi minimi verificati con
un’apposita prova il risultato è nel complesso soddisfacente, sebbene da un punto di vista strettamente
numerico potrebbe apparire diversamente: l’allieva interessata ha infatti raggiunto un punteggio di
54/100, ma nel complesso i suoi sono stati errori di discontinuità nell’applicazione. Fatto salvo alcune
incertezze non determinanti nell’individuazione del soggetto e nel riconoscimento della funzione
attributiva, la prova è risultata corretta, come sostanzialmente corretti sono stati gli esercizi dedicati al
gruppo del predicato. Confrontando la prova finale con quella diagnostica e con i risultati dei compiti a
casa si è avuto il senso di un percorso progressivo e un parziale recupero delle lacune iniziali; per questo
il punteggio si è trasformato in un voto di sufficienza anche se non piena.
Per quanto concerne i diversi elementi della frase minima proposti, quello meglio compreso è certo
il soggetto: salvo pochissime eccezioni, infatti, gli studenti sono stati in grado di assolvere positivamente
alla consegna dell’esercizio 3 e 4. Qualche tentennamento in più si è registrato quando si è chiesto di
riconoscere le caratteristiche grammaticali dei soggetti di alcune proposizioni. Alcuni hanno faticato a
riconoscere in un avverbio o in un verbo la funzione del soggetto. Questo tipo di esercizio era stato
proposto sia in classe sia a casa con buoni risultati, per questo l’esito non completamente positivo della
prova ha sorpreso e fatto riflettere. La docente accogliente ha risposto alla perplessità della tirocinante
inquadrando l’accaduto nell’ambito dei ritardi che molti allievi mostrano rispetto all’analisi grammatica;
ritardi che, come accennato, sono oggetto di un percorso di recupero più ampio svoltosi in parte a
margine dell’intervento didattico.
Le stesse fragilità hanno reso meno netto il conseguimento degli obiettivi relativi al gruppo del
predicato. Alla luce di quanto emerso dai compiti a casa e in accordo con la docente, la verifica non ha
concesso molto spazio agli esercizi espressamente dedicati al predicato. Questo perché evidentemente
sarebbe stato necessario riprendere in maniera più decisa e continuata una serie di argomenti propri della
programmazione dell’anno precedente. Per quanto concerne la prova, se si esclude quella relativa al
predicativo del soggetto, che implica appunto una non conoscenza dei verbi copulativi, la maggiore
difficoltà ha interessato le diverse funzioni del verbo essere (copula, ausiliare, predicato autonomo).
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La quantità di errori registrati in questo esercizio e, più in generale, le incertezze emerse rispetto a
questo argomento hanno imposto una riflessione sulla correttezza della verifica diagnostica e
sull’opportunità di proseguire l’intervento nei termini in cui si è detto.
Certo, il bilancio degli apprendimenti non può dirsi negativo. Nell’insieme solo sei compiti non
hanno raggiunto la sufficienza. All’interno di questo gruppo vanno poi fatti dei distinguo: il primo è
quello di cui si è scritto sopra; l’altro riguarda la gravità dell’insufficienza. Solo due di questi cinque
compiti, infatti, sono risultati gravemente insufficienti, ma se in un caso ciò è dovuto ad importanti
difficoltà cognitive e relazionali, nell’altro è imputabile alla scarsa applicazione allo studio, cui l’allieva
pur dotata si dedica con molta discontinuità. Tra i compiti giudicati non ancora sufficienti vi è stato
quello di un’allieva che si è sempre distinta per gli ottimi risultati ottenuti. Nel corso dell’intervento la
partecipazione di M. era stata elevata e costruttiva; a partire dal quarto incontro, quello dedicato al lavoro
cooperativo, aveva però dato segnali di distrazione che la tirocinante e la docente avevo imputato alla
stanchezza e alle difficoltà incontrate nel gruppo di lavoro. Il compito di M. ha presentato errori
importanti, mai fatti né in classe né a casa. Inoltre, durante la prova è stata più volte ripresa mentre
cercava il compagno chiedendo conferma di quanto fatto. Lo stupore per un esito negativo assolutamente
non prevedibile ha indotto la tirocinante ad indagare su quanto accaduto; nei giorni successivi la docente
l’ha informata di un grave problema familiare sopraggiunto nella settimana precedente la prova.17
D’accordo con lei si è scelto di non modificare il voto, ma di provare a parlare con l’allieva per spiegarle
che non si trattava di nulla di grave e che la stima nei suoi confronti non era assolutamente mutata. Il
confronto, avvenuto in privato grazie alla collaborazione della docente e del personale ATA, è stato
molto positivo e liberatorio: l’allieva si è abbandonata in un pianto a dirotto cui la tirocinante ha risposto
con un silenzio e un lungo abbraccio. In un secondo momento, pur distinguendo tra piano didattico e
piano umano, ha cercato di tranquillizzarne i timori: nulla era accaduto e nulla sarebbe cambiato. Per
confortarla ulteriormente, oltre a rimarcare le sue qualità umane e cognitive e la fiducia nelle sue
capacità, le ha assegnato un compito di recupero particolare, invitandola però ad aprirsi di più con la
docente, con i compagni o con chi le ispirava più fiducia.
Per tornare ai voti, indicatori della riuscita dell’intervento o di parte di esso, sette compiti hanno
ottenuto una sufficienza piena. All’interno di questo gruppo le difficoltà maggiori si sono avute nel
riconoscimento della funzione logica del verbo essere, mentre, paradossalmente, non si sono registrati
particolari problemi nella distinzione tra predicato nominale e predicato verbale. Il fatto che consegna
che contempli per la sua risoluzione una doppia valutazione della proposizione proposta costituisca
ancora un problema troppo complesso per molti allievi, è segno che le competenze acquisite sono ancora
fragili e richiedono tempi di esercizio e consolidamento maggiori.
17 La madre dell’allieva soffre di una grave forma depressiva ed è frequentemente costretta a lunghi ricoveri; durante la sua assenza la bimba fa fronte a molti degli obblighi familiari. Questa situazione, più volte ripropostasi durante gli anni, ha visto il padre dell’allieva in grave difficoltà, sostanzialmente incapace di sostenerla ed aiutarla.
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Considerazioni simili, seppur meno rilevanti, possono essere fatte anche per i cinque allievi che
hanno ottenuto un giudizio buono, quasi buono o più che buono; due di loro, come per altro le due
studentesse che hanno avuto un distinto e un quasi ottimo, non hanno fatto errori importanti, nemmeno
nel complemento predicativo; piuttosto si sono registrate incertezze ed esitazioni che vanno nella
direzione di quanto ipotizzato sopra.
Nel formulare i giudizi, puntualmente discussi con la docente accogliente, oltre all’andamento
crescente e positivo del percorso si sono volute premiare l’applicazione, la costanza e la partecipazione
costruttiva nell’attività svolta. In questo senso, molto utile si è rivelato lo schedario personale costruito
dalla tirocinante in corso d’opera con le annotazioni sui risultati delle prove formative, sugli interventi in
aula e sulla partecipazione all’attività.
3.5 Riflessione critica sull’esperienza didattica condotta
Nel corso di altre esperienze didattica di supplenza il vero gigantesco assillo è sempre stato il tempo: il
tempo che non basta, quello che non passa, quello sprecato e quello mancato. Il Tempo e i tempi sono stati
spesso così presenti nella mente della tirocinante da diventare un vero e proprio cruccio, una preoccupazione
quando si guarda al registro o ci si confronta con alcuni colleghi. D’altra parte, il fatto di non avere alle
spalle un’esperienza consolidata o, quanto meno, una classe propria ha contributo ad acuire il problema:
pesano e hanno pesato, infatti, i timori dell’apprendista, il quale può mettere in quello che fa “solamente”
tutto se stesso.
Proprio questo aspetto del mestiere, questo essere fondato sull’incontro di persone, ha fatto però riflettere
su alcune caratteristiche peculiari di questa esperienza. Si può scomporre in modo così scientifico una
relazione umana come quella insegnanti/allievo? Se ne può comprendere davvero la natura più vera ed
autentica in un tempo – ed ecco che torna il problema – così breve? Ma prima ancora, si può considerare
quella del tirocinio una relazione di questo tipo? C’è lo spazio per la conoscenza, per l’affidamento degli
allievi all’insegnante?
Riflettere sull’esperienza condotta ha significato tentare di rispondere a queste domande. Ecco allora che
quello del tempo è diventato un problema secondario o, meglio, una variabile di una questione ben più
complessa. Pensando soprattutto ai casi di J. e di M. sopra descritti, ma anche a quelli di S., allieva migliore
della classe divisa tra la tutela dei più deboli e il desiderio di far valere le sue indiscusse capacità e per questo
amata e odiata, è emerso come il dato centrale sia la conoscenza. Conoscenza non solo e non tanto dei singoli
ma del loro modo di interagire.
Nel corso delle lezioni di metodologia della ricerca psicologica è emerso come la professione
dell’insegnante si possa intendere in qualche misura come una relazione d’aiuto. Perché questo aiuto possa
darsi, però, è indispensabile che colui che guida la relazione osservi ed ascolti se stesso e l’altro; solo in
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questo modo potrà davvero sperare di capire come incontrare l’altro, in che modo entrare in contatto con lui
al di là di ogni metodo, teoria e strategia.
Non credo che il tirocinio, come per altro supplenze molto brevi, consentano davvero di fare ciò; come
non credo sia possibile andare oltre un’osservazione seppur meditata e scrupolosa su quanto accaduto, poiché
ciò che manca in queste esperienze è proprio la pienezza di quell’incontro.
Ciò che però il tirocinio permette, e ciò che è stato reso possibile dal percorso di formazione condotto, è
il disporsi in questo stato d’animo e il lavorare perché ad esso segua un’azione coerente. Insomma, la
consapevolezza del quadro e dei pezzi che fisiologicamente mancano.
È importante dire ciò soprattutto alla luce di quanto esperito durante questa prova. Lezione dopo lezione,
infatti, ci si è resi conto come si conoscessero poco e superficialmente le personalità dei singoli e il loro
modo di stare assieme, di essere gruppi e poi classe. Ciò che si è realizzato è un’intuizione, molto positiva e
costruttiva per entrambi a giudicare anche dalle valutazioni degli allievi, ma pur sempre un’intuizione. La
questione non ha risvolti solo relazionali. Ad esempio, conoscendo meglio la classe e i suoi bisogni sarebbe
stato possibile costruire una prova diagnostica più selettiva e mirata, che tenesse conto anche del percorso di
recupero in atto parallelamente. Ovvero si sarebbe potuto ipotizzare di personalizzare parti di questa verifica
agendo in modo più individualizzato. D’altra parte, dubbi sulla sua efficacia sono apparsi quasi subito tanto
da imporre aggiustamenti continui al piano di lavoro predisposto. Ed ecco che entra in gioco il fattore tempo.
Mettere a punto una progettazione didattica è in sé una sfida culturale di alto rilievo: una vera e propria
operazione di ingegneria la cui perfezione, come più volte ha ripetuto il supervisore di tirocinio, viene spesso
smontata e distrutta dagli studenti. Questa sconfitta è tanto più preventivabile quanto meno si conoscono i
suoi destinatari. In questo caso, infatti, il solo criterio ispiratore è il buon senso confortato dalle accortezze e
dalla cautela della docente accogliente.
Così è avvenuto nel corso di questo tirocinio i cui risultati, come scritto, non sono certo negativi. Eppure,
se esistesse la possibilità di tornare indietro nel tempo e rifare quanto svolto nella stessa classe, sarebbe
opportuno ridurre la quantità di nozioni proposte e lasciare più spazio al loro esercizio, scartando da subito
l’ipotesi di un lavoro sui testi antologici: troppo complessa la consegna e poco riconoscibile il lavoro. Inoltre,
raccogliendo le suggestioni emerse dalle schede di valutazione degli studenti, si sarebbe dovuto lavorare
meglio e più a lungo sulla costruzione di casi esemplificativi. Non che questo non sia avvenuto: si è detto
infatti di come gli studenti abbiano colto questo aspetto e si siano sentiti coinvolti. Tuttavia, una conoscenza
più approfondita delle caratteristiche cognitive dei singoli e del gruppo avrebbe consentito l’uso di un
linguaggio ancora più semplice e immediato, che, forse, avrebbe facilitato l’assimilazione di quanto spiegato.
Non è un caso che alcuni allievi abbiano indicato il linguaggio e gli esempi addotti “abbastanza chiari” in
una scala di valutazione che andava rispettivamente dal “confuso” al preciso” e dall’”incomprensibile” al
“facile”.
Da questo punto di vista i tempi previsti in fase progettazione sono risultati a tratti troppo serrati e
sarebbe stata necessaria una maggiore flessibilità. Ciò è parso evidente soprattutto durante la fase di
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apprendimento cooperativo: gli allievi hanno mostrato una certa capacità organizzativa e di adattamento che
avrebbe meritato ben altri spazi di espressione. In questo caso, pur inconsciamente, la tirocinante ha
trasmesso loro il suo timore del tempo che passa e l’ansia di fare, penalizzando forse la buona riuscita di
alcuni lavori.
Un’ultima considerazione va fatta sull’autovalutazione degli allievi. Molto spesso i docenti tendono a
non ritenere i ragazzi in grado di esprimere un giudizio oggettivo e fondato sui loro lavori, ritenendo che
pecchino ora di generosità ora di durezza. Si fa un gran parlare di autocognizione e di portfolio formativo,
ma si continua ad escludere gli studenti da una riflessione significativa su se stessi. A dire il vero, fino alla
conclusione di questa esperienza, anche la tirocinante coltivava qualche perplessità, custodita però
gelosamente. Nel corso dell’intervento, infatti, sollecitata dalla docente accogliente, ha lavorato in questa
direzione ottenendo risultati sorprendenti. La gran parte dei giudizi formulati ha infatti trovato una
corrispondenza nelle autovalutazioni degli allievi, che, per questa via, hanno dato una lezione davvero
importante.
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CONCLUSIONI
È assai difficile valutare in modo pregnante e significativo un percorso non ancora conclusosi, almeno
non in tutti i suoi aspetti formali. Lo è ancor di più se il percorso che ci ha visto protagonisti non è stato
pensato e vissuto come semplice occasione di specializzazione professionale, ma come un momento di
profonda messa in discussione di sé, delle proprie certezze o incertezze, della propria capacità di relazionarsi
con l’altro: in una parola della conoscenza più profonda dei propri meccanismi. Un percorso, insomma, il cui
fine ultimo era il cambiamento, ossia la crescita umana, culturale ed emotiva dei soggetti coinvolti. Né
poteva essere altrimenti per chi ambisce con coraggio, entusiasmo e un’indispensabile dose di incoscienza ad
esercitare un «mestiere impossibile», per citare la nota definizione freudiana che accomunava l’educare al
governare e al curare.
Non è dunque facile provare a riflettere sul portato di questi due anni di lavoro, poiché significherebbe
soppesare oggi, senza il giusto tempo di meditazione e riflessione, l’entità di un cambiamento psicologico
prima ancora che professionale; due dimensioni queste che, lungi dall’essere disgiunte, rappresentano un
continuum in un «mestiere dell’umano» come l’insegnamento, che più di altri pone ed impone una costante
una messa in gioco della propria soggettività.
E’ forse la percezione profonda di questa consapevolezza e delle sue implicazione il dato più
significativo di questo percorso. Dato che, tuttavia, perderebbe di valore e di significato se non
accompagnato al mutamento che ha contraddistinto l’idea che chi scrive aveva di questa professione.
L’esperienza come allieva aveva già permesso di toccare con mano quanto errata e mistificatoria fosse la
comune convinzione che un buon insegnante era colui che sapeva: il fascino del vecchio magister non ha mai
avuto grande peso su chi scrive, neanche in anni di formazione superiore universitaria e post universitaria.
Diversamente, la capacità di entrare profondamente in relazione con l’altro, di intuirlo e comprenderlo è
sempre stata una caratteristica tanto inafferrabile quanto apprezzata, che ha aperto le porte di una conoscenza
ben più significativa.
Questa capacità è stata lungamente percepita come dono e, forse, in parte lo è. Vi sono soggetti più
inclini a relazionarsi con l’altro, ovvero a rendere, esporre, narrare ma – ed è questa la complessità e il
fascino del legame – a ricondurlo a sé, a prendersene cura, ad assumersene la responsabilità.
A dispetto di ciò, che rimane un dato ineliminabile, la figura dell’insegnante appariva agli occhi della
tirocinante con la forza di un misterioso romanticismo: un individuo che svolgeva e svolge un’importante
funzione sociale come pochi altri soggetti fanno, con militanza e idealismo. Da questa percezione non erano
affatto escluse componenti più tecniche e professionalizzanti, ma queste erano raccolte sotto una generica
“bravura” e “preparazione” dell’insegnante, che spesso coincideva con la conoscenza dei contenuti e con la
capacità di controllare i “suoi” ragazzi.
Questi due anni di formazione, però, hanno messo prima in crisi e poi modificato questo vissuto. Il
dato non è imputabile esclusivamente ad una rinnovata e incondizionata fiducia nei sistemi teorici appresi,
che pure hanno rappresentato un momento importante di strutturazione di percezioni o intuizioni
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estemporanee. Piuttosto, è stata la possibilità di confrontarsi costantemente e continuamente con i colleghi, di
creare con loro spazi di dialogo autentico proprio perché esterno alle logiche istituzionali della scuola e dei
rapporti di lavoro che ha reso possibile questa evoluzione.
L’inizio di questo percorso di profonda messa in discussione di alcune certezze che, va detto, erano
ancora legate ad orizzonti emotivi adolescenziale e post adolescenziali, è stato senza dubbio il tirocinio
osservativo. Svolta con qualche incertezza sul da farsi e su quanto si stava cercando, infatti, l’osservazione
ha permesso di intuire cosa vi fosse sotto quel misterioso romanticismo: guardare per vedere, con gli occhi
liberi da ogni ansia di prestazione che in genere contraddistingue sia l’insegnante sia gli allievi, ha consentito
di intravedere quanto lavoro di progettazione vi fosse dietro la “bravura” e la “preparazione”, nonché sotto
quella capacità di gestire la classe.
Non è un caso che il primo momento di forte riflessione e messa in discussione della certezze
pregresse abbia interessato proprio il piano disciplinare: se prima era percepito come semplice terreno di
controllo, in virtù dell’esperienza di allieva, ora viene visto e vissuto come arena di confronto, di
negoziazione determinante per entrambe le parti. Una sfida, insomma, su cui si misura la vera “bravura” del
docente.
Il peso di questa sfida non ha tardato a farsi sentire: la consapevolezza della complessità di quella
relazione, che era stata a lungo vissuta e subita da allieva, ha segnato le attività di tirocinio attivo,
diventandone la cifra distintiva. Fino a quel momento, infatti, il ruolo di docente pro tempore, assunto
sempre per periodi molto brevi e, comunque, in contesti lavorativi particolari, non aveva concesso grande
spazio alla costruzione di un rapporto vero e significativo con gli interlocutori, lasciando in chi scrive una
sensazione di incompiutezza.
Così, nel corso del tirocinio attivo si è cercato in primo luogo di mettere in pratica quelle intuizioni di
cui si è detto; si è cercato cioè di conoscere gli allievi, di indagare il detto e il non detto, di osservare e
riflettere nel corso dell’azione. Il risultato è stata una piccola grande rivoluzione copernicana: al di là della
difficoltà del lavoro, che si aveva già presente e che si è potuta constatare con mano, si è infatti scoperto un
nuovo modo di stare in classe, un modo “leggero” ma non banale, mediato ma non artificiale, costruttivo e
faticoso ma rigenerante.
In altri termini, è stato possibile toccare con mano quanto quella visione romantica fosse in realtà
fuorviante e quanto lavoro consapevole e sistematico ne alimentava invece i tratti.
In questo senso, anche grazie ad un bagaglio teorico che si è andato significativamente rinforzandosi,
soprattutto grazie al contributo di alcune discipline trasversali quali la docimologia e la psicologia, che hanno
consentito di migliorare la gestione della relazione educativo e di ripensare il valore della valutazione
scoprendone la forza formativa, è stato possibile guardare al proprio passato di allieva e al proprio presente
di insegnante con occhi nuovi, portando in quello spazio di confronto emozioni e suggestioni maturate nel
corso dei due anni di formazione. Le perplessità, il senso di estraneità e di disorientamento che avevano
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segnato i primi mesi di lavoro si sono così dissolti, acquisendo nuovo valore e nuova importanza rispetto ad
un modo diverso e più consapevole di vivere il mestiere.
In questa evoluzione, ovvero nella capacità di osservarsi, di riflettere in modo sistematico su di sé
coniugando costantemente la dimensione emotiva e i riferimenti ad una realtà fatta di conoscenze e di
persone, risiede dunque una delle parti più significative e, a giudizio di chi scrive, professionalizzanti
dell’intero percorso. Il riferimento è ad una figura di insegnante capace di padroneggiare il pensiero intuitivo,
che sottostà all’azione e alle prese di decisione rapide, la relazionalità tecnica, attraverso cui gestire
l’insegnamento/apprendimento, e, soprattutto, il pensiero riflessivo, risorsa indispensabile per apprendere
dall’esperienza e dai propri errori. Certamente il timore di farne non è svanito, né, c’è da augurarsi, svanirà
mai. Eppure questo biennio è stato illuminante rispetto al modo di sentire l’errore come manifestazione
fisiologica di un errare, di un vagabondare libero che implica conoscenza di contenuti e di sè.
E’ stata questa una piccola ma autentica rivoluzione copernicana nel modo di concepire
l’insegnamento e l’apprendimento, che ha anticipato e accompagnato la stessa riflessione pedagogica poi
fatta oggetto di studio. Purtroppo, gli spazi relativamente ristretti dei tirocini e di attività realmente
laboratoriali, nell’ambito delle quali sperimentare attraverso simulazioni guidate quanto appreso in linea
teorica, non hanno consentito di metterla all’opera in modo più sistematico e continuativo. Rimane il monito
a conoscere il proprio setting interno, inteso come «contenitore emotivo della relazione», ad accettarlo e ad
esserne sempre consapevoli per vivere pienamente l’insegnamento, evitando di ridurlo nella reiterata, arida e
spesso inutile trasmissione di nozioni. E rimane l’attesa, viva e crescente di aver presto l’occasione per
condividerlo con degli allievi.
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BIBLIOGRAFIA
a) Fonti relative agli aspetti trasversali su cui si fonda l’esperienza di tirocinio
W. R. Bion, Apprendere dall’esperienza, Roma, Armando, 1972.
G. Blandino, B. Granieri, Le risorse emotive nella scuola, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2002.
J. Bruner, la ricerca del significato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992.
A. Calvani, Elementi di didattica. Problemi e strategie, Roma, Carocci, 2002.
M. Comoglio (a cura di), Il cooperative learning. Strategie di sperimentazione, Quaderni di animazione e
formazione, Torino, Edizione Gruppo Abele, 1999.
M. Comoglio, M.A. Cardoso, Insegnare e apprendere in gruppo. Il cooperative learning, Roma, LAS, 1998.
E. Damiano, L’azione didattica. Per una teoria dell’insegnamento, Roma, Armando Editore, 1993.
D. Goleman, L’intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1995.
D. W. Johnson, R. T. Johnson, E. J. Holubec, Apprendimento cooperativo. Migliorare il clima emotivo e il
rendimento, Trento, Erickson, 1996.
M. B. Logorio, Le Community of Learners: dalla bottega alla comunità scientifica, in A. Calvani (a cura di),
Costruire e decostruire significati, Padova, Cleup, 1995.
M. Martinelli, In gruppo si impara. Apprendimento cooperativo e personalizzazione dei processi
didattici,Torino, Società Editrice Internazionale, 2004.
C. Pontecorvo, A.M. Ajello, C. Zucchermaglio, Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a
scuola, Roma, Carocci, 2004.
G.P. Quaglino, S. Casagrande, A. Castellano, Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo: un modello di lettura
della dinamica di gruppo, Milano, Cortina, 2002.
K. Topping, Tutoring: l’insegnamento reciproco tra compagni, Trento, Erickson, 1997
L.S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, Bari, Laterza, 1990.
b) fonti relative ai contenuti disciplinari trattati nell’intervento
G. Berruto, Corso elementare di linguistica generale, Torino, UTET, 1997.
M. Sensini, La lingua e i testi. Quaderno didattico per l’insegnante, Arnoldo Mondadori Scuola, Milano,
2004.
L. Seriani, Italiano. Le Garzatine, Milano, Garzanti, 1998.
A. Sobrero, Bricolingua : grammatica italiana edizione in 4 volumi, Roma, Laterza, 2001;
c) libri di testo e/o sussidi didattici utili per gli studenti
E. Orsenna, La grammatica è una canzone dolce, Milano, Salani Editore, 2002
M. Sensini, Le parole, le regole, i testi, Arnoldo Mondadori Scuola, Milano, 2003.
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ALLEGATI
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ALLEGATO 1
Verifica diagnostica dei prerequisiti
1. Individua e sottolinea i verbi contenuti nel brano. “Una volta – si racconta – un topo di campagna accolse nella sua povera tana un topo di città, vecchio ospite che accoglie un vecchio amico: un tipo ruvido e attaccato alla roba, ma non tanto da non aprire all’ospitalità il suo amico tirato. Per farle breve: non risparmio i ceci che aveva da parte né l’avena dai chicchi allungati e gli offrì, portandoglieli con la bocca, acini passiti e pezzetti mangiucchiati di lardo, nel desiderio di vincere, con la varietà della cena, la schizzinosità dell’altro, che a mala pena sfiorava le singole portate.” (Il topo di campagna e il topo di città, di Quinto Orazio Flacco) 2. Nelle frasi che seguono individua e sottolinea in rosso i verbi transitivi e in blu i verbi
intransitivi - Il tuo telefono ha squillato in continuazioni lungo tutto il pomeriggio; - Quando tornerà a scuola la vostra professoressa; - La Ferrari ha conquistato una nuova pole position; - La macchina della polizia attraversò l’incrocio a sirene spiegate; - Gira a destra dopo il secondo semaforo; - Marco non ride mai alle battute di Franco. 3. Nel seguente brano sottolinea i nomi e poi fanne l’analisi grammaticale “Vivono i contadini con i loro animali nelle case sparse, con le anitre, con i polli, con i colombi, con il maiale, con i buoi, con le vacche. Parlano con loro ed essi rispondono. Hanno modulazioni di voce diverse per ogni specie. Richiamano le anitre, perché non si disperdano sulla strada, rispondono al maiale quando grugnisce affamato dicendo di attendere, sanno i buoi e le vacche le ore dei pasti” (Il contadino è un isolano in un mare di verde, Giovanni Comisso) 4. Sottolinea i nomi e i pronomi che subiscono le azioni espresse dai verbi contenuti nelle seguenti
frase. - Tutte le nostre richieste sono state respinte; - A Roma il potere fu a lungo detenuto dagli imperatori; - A tutti i lavoratori sarà dato un premio per il lavoro svolto; - La città di Volterra fu fondata dagli Etruschi;
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ALLEGATO 2
Esercitazione conclusiva della prima lezione
1. Trasforma in una frase semplice le parole date alla rinfusa - quella leggi lettera non perché? - Per triste colpa sono tua! - Ore il arrivò due treno con ritardo - Cortile la spesso mattina la macchina nel lavo papà domenica - Fiori sistema nel salotto i del vaso. 2. Indica se le frasi sono minime (M) semplici (S) o complesse (C) - Luigi tace (…) - E’ stata rimproverata dalla professoressa (…) - Un mago, che si era vestito da corvo, entrò dalla finestra e ruppe il vetro (…) - Gli allievi, oggi, sono troppo vivaci! (…) - Il Piemonte è una regione ricca di valli e montagne (…) - Quella cosa di cui ti avevo parlato si è risolta (…) - Ho aperto il mio regalo di compleanno.
3. In alcune di queste frasi è stato soppresso il soggetto. Recuperalo dall’elenco dei soggetti
soppressi riportato sotto. - Un ….. pesca una balena, ma la ributta in mare. Al suo amico … si meraviglia, spiega: “A casa non
ho padelle così grandi!” - Il… dice al motociclista: “Questa … non ha fanale, assicurazione, freno!Come la mettiamo? Il … gli
risponde: “Appoggiata al muro, perché manca anche il …!” - Che cosa fa l’… spiritoso? Lancia frecciatine! - Un … con i suoi uomini chiede al giornalaio: “E’ uscito…?” “Si”. “Presto, circondate l’edicola!” - Un … vede un pipistrello e dice alla mamma: “Mamma, guarda, un angelo!” Arciere, cavalletto, che, commissario, moto, motociclista, pescatore, topo, vigile. 4. Specifica a quale parte del discorso appartiene il soggetto delle seguenti frasi - Veramente è una parola molto usata …. … … - Nelle calde notti estive, Marco dorme con le finestre aperte … … … - Un accompagna i nomi maschili … …. … - Per la salute, è indispensabile mangiare leggero … …. … - E’ bello passeggiare nel parco con il cane … … … - Gli egoisti risultano molto antipatici … … … 5. Sottolinea il soggetto che compie l’azione e riquadra quello che la subisce. Se il soggetto manca
mettilo tu. - Alta nel cielo, vola l’aquila elegante e maestosa; - Andrea è stato rapinato; - Hanno fatto proprio un bel viaggio! - Il mio bisnonno combatté durante la Seconda guerra mondiale; - Voglio dare il mio contributo al lavoro di gruppo; - Sabato sera siamo tornati così tardi che già albeggiava.
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- L’Italia è considerata un paradiso di arte e natura; - Negli ultimi tempi sono cresciuti molti funghi; 6. Sottolinea i soggetti partitivi. (Attenzione ci sono dei tranelli!) - Delle foche vivono ancora a Cala Gonne - Il braccio della legge punisce i trasgressori - Delle macchie di unto hanno rovinato il disegno - Dei truffatori non se ne può più! - In montagna abbiamo visto delle vipere. - Dei soldati raggiunsero il comando in tempo. - Del gelato si era sciolto sul tavolo sporcandolo. - La nonna ama molto dei vestiti costosi
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ALLEGATO 3
1. Nelle seguenti proposizioni sottolinea il predicato - Adoro il profumo della pizza calda - I proprietari delle auto in divieto di sosta saranno multati - Alla frontiera sono stati avvistati degli strani uomini - Ieri la classe è uscita per una visita didattica - Un cagnolino abbandonato, tutto bagnato e sporco, è stato raccolto da Giulia - Fitti alberi crescevano a picco sul mare - Fa un freddo cane!! 2. In alcune di queste barzellette manca il predicato. Recuperalo dall’elenco in basso riportato sul
fondo - “Pierino, se … una fata con la bacchetta magica che ti permettesse di esaudire un desiderio, cosa …
?” “La bacchetta magica!” - Pierino … disperatamente; la mamma vuole calmarlo e gli piede perché piange in quel modo. “Al
babbo … il martello sul piede!” “Capisco, ed … che ti dispiaccia, ma non è una cosa tanto grave da piangerci sopra, caro.” “Infatti, mammina: io … ridere!”
- “Carlo, tu non … il valore del denaro!” “Per forza, papà: ma non me ne … mai!” chiederesti, conosci, dai, è bello, è caduto, incontrassi, mi ero messo, piange 3. Individua nelle seguenti frasi il predicato verbale e sottolinea in rosso quelli di forma attiva e
in blu quelli di forma passiva - Il dibattito è stato seguito da milioni di telespettatori - La nostra gioia esplose in un lungo applauso - Il programma è stato installato dal tecnico - Alla mamma è necessaria la frutta per la torta - Laura è appena tornata da scuola - Il topo è fuggito dal gatto - Il gatto di Bianca è ingrassato moltissimo - La nostra squadra è stata retrocessa in serie B 4. Solo alcuni verbi di quelli che seguono esprimono un significato compiuto anche sensa
accompagnarsi a dei complementi. Tra i verbi che seguono individua e sottolinea quelli che non hanno bisogno di nessun complemento
Tornare sbadigliare mordere restituire dormire Invecchiare partire sfogliare tossire guardare Nascere interrogare correre abbaiare stancare
5. Con i seguenti predicati scrivi otto frasi che descrivono brevemente le azioni che compi ogni
mattina per andare a scuola Uscire prendere camminare fermarsi svoltare attraversare giungere 6. Fra le seguenti frasi alcune sono ellittiche del verbo: sottolineale e scrivi accanto il verbo
sottointeso nella forma corretta - Chi è il più forte? Luca …. - Biglietti, prego! …. - Buona notte! Ne riparleremo domani ….
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- Inaspettata vittoria per la squadra femminile di pallavolo …. - Silenzio! Ho un grande mal di testa! …. - Scossa di terremoto in Turchia ….
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ALLEGATO 4 1. Nelle seguenti frasi è presente un predicato nominale. Individua e sottolinea una volta la
copula e due volte il nome del predicato - La macchina nuova di mio padre è bellissima! - Oggi il tempo è davvero brutto! - Ieri sera il mare era agitato. - I biglietti per la partita erano esauriti - Il computer è rotto. - Federica è una vera amica. - Il telefono del medico è sempre occupato. 2. Completa le seguenti frasi in modo da formare un predicato nominale - Lo zio di Laura è ………… - Quel medico è proprio ……………. - Le mie scarpe sono ………….. - Quest’anno l’Inter è …………… - Da grande Marco sarà un ………….. 3. Nelle seguenti proposizioni aggiungi la copula mancante a formare il predicato nominale - Marta … molto graziosa se non usasse troppo rossetto - Il libro di storia dell’anno scorso … interessante e facile, quello di quest’anno … più difficile - Durante un’eclissi di sole, il cielo … scuro in pieno giorno - Ora … molto stanchi, poiché il viaggio … più faticoso del previsto 4. Nei seguenti periodi sottolinea il verbo essere una volta quando è copula, due quando è
predicato verbale - Fra i dischi c’erano alcuni che ci erano molto cari, perché ci erano stati regalati da omici ormai
lontani - Sul vostro albero ci sono molte albicocche che ci piacciono - Siamo arrivati in ritardo perché siamo stati indecisi fino all’ultimo momento - Chi era in biblioteca? C’erano i nostri amici che ci erano venuti incontro 5. Modifica le seguenti frasi inserendo un verbo servile o fraseologico (dovere, volere, potere,
sapere, finire, cominciare, stare, lasciare, …) Es: Il nuovo supermercato sarà inaugurato sabato prossimo Il nuovo supermercato deve essere inaugurato sabato prossimo - Leggo da più di un’ora e non mi sono ancora stancato di questo libro - Vi dirò ciò che penso? - I ragazzi hanno mangiato da poco la merenda - Matteo si allena tutti i giorni un’ora in piscina - Quando attraversi la strada, stai attento ai semafori 6. Nelle seguenti frasi sottolineate i verbi che possono reggere un complemento predicativo del
soggetto e cerchiate il complemento predicativo del soggetto
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- Nei tempi antichi lo stretto di Gibilterra era considerato un limite invalicabile - Le rose crescevano rigogliose nel piccolo giardino - L’isola fu chiamata San Salvador - Considera questa somma un anticipo - In classe Daniele è soprannominato Dado - L’accusato fu giudicato colpevole - Fui convocato come testimone - I partigiani tornarono vincitori dalla battaglia 7. Nelle seguenti proposizioni sottolineate una volta il predicato nominale, due volte il verbo
copulativo e cerchiate il complemento predicativo del soggetto
Esempio: La mia nipotina era la reginetta della festa La mia nipotina appariva della festa 1. Gli allievi erano tranquilli e silenziosi in attesa dell’insegnante 2. Gli allievi stavano tranquilli e silenziosi in attesa dell’insegnante 3. Se ci fosse il vento, il cielo sarebbe sereno 4. Se ci fosse il vento, il cielo diventerebbe sereno 5. La scalata del Monviso rimase memorabile per noi 6. La scalata del Monviso fu memorabile per noi
La reginetta
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ALLEGATO 5 Attributo e apposizione Nelle seguenti frasi sottolinea gli attributi e poi collega ciascuno al termine a cui si riferisce ES: Le montagne innevate sono meravigliose! Non sono ancora una sciatrice esperta Il cappotto bianco si sporca facilmente Oggi abbiamo imparato cose nuove e facili Mio fratello ama suonare la chitarre Sotto il sole caldissimo di mezzogiorno non riesco a stare: mi brucio! Questo compito è un disastro! Per ciascuno dei seguenti aggettivi componi due frasi sul quaderno; nella prima utilizza l’aggettivo come nome del predicato, nella seconda come attributo Es: Questo compito è corretto e ordinato Andrea, mi piacerebbe avere un compito corretto e ordinato
Allegro, semplice, calmo, silenzioso, secco, delicato
Nelle seguenti frasi sottolinea gli aggettivi in nero se sono attributi e in rosso se sono nomi del predicato Durante la spiegazione gli scolari erano molto attenti La tua allegria è contagiosa! Molte persone amano i cani Oggi Andrea è silenzioso Andrea è una persona silenziosa Lungo i pendii scoscesi i torrenti sono impetuosi Nei seguenti periodi sottolinea le apposizioni
- Mentre chiacchieravo con il padre di Marco, insegnante di matematica in un liceo, ho capito di amare molto quella materia
- Roma, capitale d’Italia, è una città splendida - Per le vacanze estive andrò in Sicilia, terra di origine dei miei genitori - Il professor Bianchi mi ha interrogato in scienze - Il pittore Modigliani dipinse a lungo a Parigi
Componi alcune frasi utilizzando i seguenti nomi in funzione di apposizione. Operaio, chirurgo, oceano, elettricista, nonna, capitale, sorella
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ALLEGATO 6 VERIFCA SOMMATIVA Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere o false
1. La frase semplice contiene un solo verbo V F 2. Il soggetto può essere sottointeso V F 3. L’attributo è costituito da un aggettivo V F 4. L’apposizioni è costituita da un avverbio V F 5. L’apposizione non può essere accompagnata da un attributo V F 6. La parte verbale del predicato nominale si chiama copula V F 7. Il complemento predicativo del soggetto segue sempre il verbo essere V F
Punteggio … / 7 Le diverse parti che compongono le seguenti frasi sono state assemblate in modo disordinato. Riscrivile nell’ordine corretto affinché i gruppi di parole abbiano un significato compiuto
1. Sul balcone i rampicanti ha annaffiato la mamma 2. La storia studia Luisella con interesse 3. I ragazzi di storia la lezione ripetevano 4. I con attenzione ragazzi ripassavano la lezione di storia 5. I fumetti leggevano di nascosto i ragazzi sotto il banco
Punteggio … / 5
In ciascuna delle seguenti frasi individua il soggetto, espresso o sottointeso, e trascrivilo affianco.
1. Responsabili dell’incendio di Roma furono ritenuti i cristiani ………… 2. Sull’autostrada scorrevano lunghe file di automobili ………… 3. Perché non siete andati al concerto? … … … . 4. Cari amici, anche questa sera ci siamo divertiti molto ………… 5. Nel teatro non c’era più un posto libero … … ….. 6. Tutti hanno finito il cartellone? … … … . 7. Un vecchio mendicante buono è il protagonista del film … … … . 8. Poco fa ha telefonato un amico di Martina ………….
Punteggio … / 16 Sottolinea nelle seguenti frasi i soggetti, poi riportali nella tabella sottostante dividendoli tra quelli che compiono un’azione, quelli che la subiscono e quelli che si trovano in un certo stato d’animo, una qualità, un modo d’essere o una condizione
1. La gita scolastica è stata bellissima
2. La trasmissione fu seguita da molti spettatori
3. Andrea legge il libro di narrativa
4. Il libro di narrativa di quest’anno è piaciuto molto ai ragazzi
5. Noi studia diligentemente la lezione di storia
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6. Dopo il pranzo in nonno è sempre assonnato
7. Claudia fu sgridata dalla mamma
8. Dopo un lungo inseguimento il ladro è stato arrestato
9. Lo scorso anno, marco si è rotto una gamba mentre sciava
10. Il merito della vittoria fu di tutta la squadra
Il soggetto compie l’azione Il soggetto subisce l’azione Il soggetto si trova in una condizione, stato d’animo, modo di essere nelle frasi
Punteggio … / 20
Sottolinea i soggetti delle seguenti frasi e indica a quale parte del discorso appartengono
1. Franco e Giuseppe bevono spesso vino con gli amici …….
2. Non ci piace studiare …….
3. Alcuni erano distratti durante la conferenza … …
4. Domani sarà una bella giornata di festa ………
5. Non mi piace studiare ………
6. I maleducati sono davvero insopportabili ………
7. Il è l’articolo utilizzato per i nomi maschili ………
(mezzo punto per ogni soggetto individuato, uno per ogni soggetto individuato e di cui si è riconosciuta la funzione grammaticale)
Punteggio …/ 7
Individua il predicato nelle seguenti frasi. Sottolinea una volta il predicato verbale, due volte il predicato nominale
1. Molti alunni erano nell’atrio della scuola 2. Sono felice per te! 3. Il dottor Rossi è stato condotto al pronto soccorso 4. Siamo soddisfatti del tuo risultato 5. Paola è la maestra di mio fratello 6. Sei stato ritenuto colpevole dell’accaduto 7. Si è fatto tardi
Punteggio … / 7
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Nelle seguenti frasi indica se il verbo essere ha una funzione di copula, di ausiliare o di predicato verbale Copula ausiliare pred. Verb.
1. È in casa Marco? 2. È partito un’ora fa. 3. C’è ancora qualcuno in palestra? 4. Quel bambino è amato da tutti 5. Sono dispiaciuta per te 6. Questo quadro è un vero capolavoro
Punteggio … / 12
Unisci le due frasi in una sola proposizione, poi sottolinea una volta l’attributo e due volte l’apposizione
Es: Anna è mia sorella
Anna ha molti amici
Anna, mia sorella, ha molti amici
1. Mozart era un grande artista; Mozart ebbe molti successi
2. Calvino è un narratore italiano; Calvino ha scritto molti libri
3. Roma è la capitale d’Italia, Roma ha tantissimi monumenti
4. Alessandro Del Piero è un calciatore italiano; Alessandro Del Piero ha segnato bei gol
Punteggio … /12
Nelle seguenti frasi sottolinea una volta il nome del predicato e due volte il complemento predicativo del soggetto. Attenzione ai tranelli!!
1. Leonardo è considerato un genio universale
2. Stasera il cane è agitato
3. Andrea, non essere impaziente!
4. I cani sono ritenuti dagli studiosi discendenti dell’uomo
5. All’esame di maturità tutti i candidati sono stati riconosciuti idonei
6. All’esame tutti i candidati sono stati promossi
7. La Baviera è la regione più bella della Germania
8. Il tuo tema è stato molto apprezzato dall’insegnante
Punteggio … / 8
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Per ciascuna delle seguenti frasi componi due frasi; nella prima utilizza l’aggettivo come nome del predicato, nella seconda come attributo
Es: comoda.
- Questa poltrona è comoda
- Vorrei sdraiarmi su una comoda poltrona
fragile, semplice, dannoso Punteggio … / 6
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ALLEGATO 7 VERIFICA SOMMATIVA (2)
Leggi con attenzione le sequenze di parole qui proposte. Sottolinea solo quelle che esprimono un significato compiuto
- L’archeologo donò alcune anfore greche al museo - A cui le anfore donerebbe forse - Le anfore antiche sono ancora oggi ammirate per l’eleganza delle decorazioni - Un tronco cavo d’albero cosicché galleggiasse facilmente - Un tronco cavo di albero fu la prima imbarcazione dell’uomo primitivo - L’uomo solo con imbarcazioni a vela affrontò navigazioni in acque lontane - Lunghi viaggi facessimo imbarcazioni a vela costruito - I ragazzi, per aspettarti, hanno ritardato la gita
Punteggio … / 8 Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere o false
1 La frase semplice contiene un solo verbo V F 2. Il soggetto può essere sottointeso V F 3. L’attributo è costituito da un aggettivo V F 5. L’apposizioni è costituita da un avverbio V F 6. L’apposizione non può essere accompagnata da un attributo V F 7. La parte verbale del predicato nominale si chiama copula V F 8. Il complemento predicativo del soggetto segue sempre il verbo essere V F
Punteggio … / 7
Le diverse parti che compongono le seguenti frasi sono state assemblate in modo disordinato. Riscrivile nell’ordine corretto affinché i gruppi di parole abbiano un significato compiuto Es: Zoo per nuovo costruito un è pesci tropicali allo acquario i stato Allo zoo è stato costruito un nuovo acquario per i pesci tropicali
1. Sul balcone i rampicanti ha annaffiato la mamma 2. La storia studia Luisella con interesse 3. I ragazzi di storia la lezione ripetevano 4. I con attenzione ragazzi ripassavano la lezione di storia 5. I fumetti leggevano di nascosto i ragazzi sotto il banco 6. Occorre per storia imparare lezione di impegnarsi la 7. Ai primi i fiori si schiudono di tepori di aprile
Punteggio … / 7
In ciascuna delle seguenti frasi individua il soggetto, espresso o sottointeso, e trascrivilo affianco.
Es: Tarquino il superbo fu l’ultimo re di Roma Tarquino Ragazzi, oggi sono proprio triste! (Io)
1. Responsabili dell’incendio di Roma furono ritenuti i cristiani …………
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2. Sull’autostrada scorrevano lunghe file di automobili ………… 3. Perché non siete andati al concerto? … … … . 4. Nel teatro non c’era più un posto libero … … ….. 5. Tutti hanno finito il cartellone? … … … . 6. Sono già state servite le bibite? … … … . 7. Ieri sono arrivate in porto due magnifiche navi da crociera …………. 8. Poco fa ha telefonato un amico di Martina ………….
… / 16 Sottolinea nelle seguenti frasi i soggetti, poi riportali nella tabella sottostante dividendoli tra quelli che compiono un’azione, quelli che la subiscono e quelli che si trovano in un certo stato d’animo, una qualità, un modo d’essere o una condizione
1. La gita scolastica è stata bellissima
2. La trasmissione fu seguita da molti spettatori
3. Andrea legge il libro di narrativa
4. Il libro di narrativa di quest’anno è piaciuto molto ai ragazzi
5. Dopo il pranzo in nonno va sempre a dormire
6. Claudia fu sgridata dalla mamma
7. Lo scorso anno, marco si è rotto una gamba mentre sciava
Il soggetto compie l’azione Il soggetto subisce l’azione Il soggetto si trova in una condizione, stato d’animo, modo di essere nelle frasi
… / 14
Completa le seguenti frasi collegandole con il soggetto adatto
La strada con sorprendente agilità difese la rete
Le ombre parlavano e cantavano a pieni polmoni
Il portiere recitava con calore e convinzione
Tutti disegnavano di notte strane figure sul terreno
L’attore era umida e fangosa
Punteggio … / 5
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Individua il predicato nelle seguenti frasi. Sottolinea una volta il predicato verbale e due volte il predicato nominale
1. Molti alunni erano nell’atrio della scuola 2. Sono felice per te! 3. Il dottor Rossi è stato condotto al pronto soccorso 4. Siamo soddisfatti del tuo risultato 5. Paola è la maestra di mio fratello 6. Sei stato ritenuto colpevole dell’accaduto 7. Si è fatto tardi 8. Dove andrai in vacanza?
Punteggio … / 8
Nelle seguenti frasi indica se il verbo essere ha una funzione di copula, di ausiliare o di predicato verbale Copula ausiliare pred. Verb.
7. È in casa Marco? 8. È partito un’ora fa. 9. Mario è stanco 10. Quel bambino è amato da tutti 11. Sono dispiaciuta per te
Punteggio … / 10
Sottolinea le apposizioni che si trovano nelle seguenti frasi. Con una freccia indica a quale nome di riferiscono Es: Il poeta Dante nacque a Firenze Il poeta �Dante nacque a Firenze
1. Marcella come cuoca è un disastro 2. Recentemente il presidente Ciampi è venuto in Piemonte 3. Dedico il mio libro al mio amico Franco 4. Il professor Bianchi, l’insegnante di matematica, sgridò la classe che urlava 5. Il pianeta Mercurio è il più vicino al sole (due punti per ogni apposizione e collegamento corretti, un punto per la sola apposizione individuata) Punteggio … /10
Sottolinea gli attributi che si trovano nelle seguenti frasi. Con una freccia indica a quale nome di riferiscono Es: La mia amica Francesca ha una casa bellissima La mia � amica Francesca ha una casa �bellissima
1. Imparo bene la parte per essere un bravo attore
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2. Le rose del tuo giardino sono appassite 3. Il caldo opprimente mi sta uccidendo! 4. Quell’animale mi sembra un orso 5. Durante l’inverno le grandi montagne alpine sono splendide (due punti per ogni attributo e collegamento corretti, un punto per il solo attributo individuato) Punteggio … /10
Nelle seguenti frasi sottolinea il complemento predicativo del soggetto
Es: Il giovane fu considerato colpevole di furto
Il giovane fu considerato colpevole di furto
Ho saputo che Gianluca è stato nominato capoclasse
Oggi Mara sembra più triste del solito
Gabriele è considerato una promessa del tennis
Malgrado la sua aria dura, il professore mi sembra molto sensibile
Gli abitanti dell’America furono chiamati indiani perché Colombo era convinto di essere arrivato in India
Punteggio … / 5
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ALLEGATO 8
ADESSO VALUTO IO.
UN GIUDIZIO SULL’INSEGNANTE
L’insegnante ha spiegato bene gli obiettivi del lavoro?
� si � abbastanza � non molto � no
L’insegnante ha spiegato gli argomenti trattati in modo
� confuso � poco chiaro � abbastanza chiaro � chiaro � preciso
Durante la spiegazione ha utilizzato un linguaggio
� incomprensibile � difficile � comprensibile � facile
Per chiarire i concetti ha fatto degli esempi chiari e utili?
� si � abbastanza � non molto � no
Nel corso delle lezioni è riuscita a coinvolgere gli allievi?
� si � abbastanza � non molto � no
Scegli uno o più aggettivi per dare un giudizio sul metodo di insegnamento utilizzato dall’insegnante
� adatto � buono � inadatto � sbagliato
� inadeguato � confuso � coinvolgente � complesso
Scegli cinque aggettivi per descrivere l’insegnante e il lavoro che ha svolto
…………………………………………………………………………………………………………
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ALLEGATO 9
LA FRASE SEMPLICE E I SUOI ELEMENTI SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE
Nel corso di queste lezioni ho imparato: ………………………………………………………………..………………………………………………………………..……………………………………………………………………………… Ho incontrato difficoltà � nessuna � poca � alcune � molte L’argomento/gli argomenti che ho trovato più difficile/i è/sono ………………………………………………………………..………………………………………………………………..……………………………………………………………………………… Rispetto agli argomenti trattati penso
� di aver imparato tutto bene e in modo approfondito � di aver imparato molte cose anche se non in modo molto approfondito � di avere alcune incertezze � di avere molte incertezze � di aver imparato poche cose
Se dovessi darmi un voto mi darei
� non sufficiente � quasi sufficiente � sufficiente � pienamente sufficiente � buono � molto buono � distinto � ottimo
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ALLEGATO 10 GRIGLIA DI MISURAZIONE DELL’ATTIVITA’ COOPERATIVA Interdipendenza
positiva Responsabilità
individuale Interazione costruttiva
Socializzazione Valutazione del lavoro di gruppo
GRUPPO 1 Allievo 1.1. Allievo 1.2 Allievo 1.3 Allievo 1.4 GRUPPO 2 Allievo 2.1 Allievo 2.2 Allievo 2.3 Allievo 2.4 GRUPPO 3 Allievo 3.1 Allievo 3.2 Allievo 3.3 Allievo 3.4 GRUPPO 4 Allievo 4.1 Allievo 4.2 Allievo 4.3 Allievo 4.4 GRUPPO 5 Allievo 5.1 Allievo 5.2 Allievo 5.3 Allievo 5.4 Allievo 5.5