LE BANCHE CORTEGGIANO LA TUA
FIDUCIA…
MA CONOSCI IL LORO LINGUAGGIO?
Massimo impegno, minimo linguaggio… ed ecco conquistata la nostra
attenzione. Vi siete mai fermati, consulenti o clienti, a riflettere sul come vi
parla la vostra banca? E’ davvero così banale il codice linguistico che riesce
ad usare? Soprattutto può diventare interessante capire come arrivano a
catturare la nostra attenzione e talvolta anche il nostro denaro. Quando si
chiede il perché si è scelta una banca piuttosto che un’altra, la risposta più
prevedibile sta “nei numeri”, “nella convenienza”…ma siamo davvero
sicuri che è così? Le statistiche ci raccontano che le istituzioni bancarie non
soddisfano un italiano su tre (soprattutto la fascia dai 18 ai 35 anni), ma che
proprio l’Italia ne fa uso più che in tutta l’Europa!
La comunicazione che le banche costruiscono “attorno a noi”, è fatta di
sorrisi ben sbiancati, di abiti sartoriali, di barbatrucchi percentuali,
che sembrano farti scoprire una dimensione esclusivamente comoda e
felice. Dopo l’estasi, subentra inevitabilmente qualche spiacevole
sorpresina in merito ai numeretti attraenti, così si cade
nell’insoddisfazione. Stiamo descrivendo la storia di gran parte dei
cittadini italiani, che non sempre hanno la responsabilità di essere
ingenui a riguardo… piuttosto le banche, quella di non essere
trasparenti sempre.
La dimostrazione sta nel linguaggio bancario, che spesso
confonde i risparmiatori: quello che può essere espresso
nel modo più semplice ed intuitivo possibile, viene
montato con frasi eleganti e poco comprensibili.
L’evoluzione del codice linguistico bancario è in atto, ma
i clienti ancora non vedono miglioramenti notevoli.
L’errore folle e più grande che le banche non smettono
di commettere nel loro comunicare è il dare per
scontato una conoscenza tecnica che ovviamente il
cliente non ha! … E qui non c’entra di certo la quantità
d’istruzione di cui si dispone: il cervellone irreprensibile
dell’ingegneria informatica, può non avere idea di cosa
sia lo spread… O meglio ancora, in tema d’investimento,
si presuppone che il risparmiatore, oltre che ad avere il
denaro, sappia anche dove indirizzarlo e come: il
consulente mifid diventa così un “assecondatore del
cliente”, con le dovute, per lo più spiacevoli,
conseguenze.
Le banche lo sanno che cinque italiani su cento
hanno serie difficoltà a contare, a leggere e a
scrivere? Probabilmente si, e fa comodo
approfittarsene. Il metodo “Totò” dei soldi sotto la
mattonella oggi non è fattibile e siamo costretti a
scegliere un’istituzione bancaria, purtroppo… Sul
web tutti dispensano consigli su come sceglierla,
sfoggiano criteri e sbandierano numeri, cercando di
costruirne la “solidità”, ma la verità è che non si
fidano neanche quelli che scrivono! …Tornando alla
domanda di partenza, non sono solo “i numeri” a
determinare la scelta della propria banca, ma anche
altri fattori legati alle nostre percezioni consce ed
inconsce. Le statistiche mostrano come i
risparmiatori si avvicinano maggiormente alla banca
che mostra uno stile più “friendly”, più “popolare”
aggiungiamo noi, in cui i social giocano un ruolo
fondamentale ed ormai imprescindibile dal successo
della banca stessa.
E’ chiaro che il risparmiatore ha bisogno di sentirsi empatizzato
dall’istituzione che vuol conservare e/o gestire il suo denaro. La
trasparenza totale e garantita, che nel commercio e
nell’economia tutti vogliono dribblare, sarebbe una solida
attrazione per ogni singolo consumatore! Qualcuno la predica,
ma non sempre è reale. Ultimamente, complice la carenza di
denaro, ci si rende conto che il risparmiatore va rassicurato, ma
non viene fatto di certo coi contenuti corretti.
La fiducia che le banche chiedono ai possibili clienti in modo
spasmodico e maliziosamente strategico, oggi è di certo ardua
da conquistare. Ovviamente le banche si rendono necessarie
nella nostra quotidianità, ma il cliente di oggi ha una riserva
di diffidenza, un costante sospetto, del potere economico
bancario: non lo nasconde ma preferisce nascondersi in esso.
Si rende conto di essere il soldato del generale cattivo:
combatte per lui controvoglia ma sperando che lo protegga
dagli imprevisti negativi. Lo status mentale descritto è
sicuramente uguale a quello di molti promotori, ma questa è
un’altra storia… seppure ugualmente triste.
Le prese di coscienza, comunque, sono sempre un piccolo progresso, una piccola spinta
verso un cambiamento positivo. La crisi ha sicuramente deteriorato la fiducia del cittadino
verso la propria banca e non solo: in tema d’investimenti, l’unica sincera difesa che
prendiamo nei confronti delle banche sta nel distinguo, spesso dimenticato o ignorato, che
le sorti dei fondi in cui si è investito, non ha nulla a che vedere con le sorti della banca in cui
hai il conto (eccezion fatta di un investimento nel titolo della banca stessa)! Per il resto non
abbiamo elogi a portata di mano, ma continuiamo a guardare malinconicamente sotto le
mattonelle…!