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Le nuove tecnologie
in una scuola che cambia
Tecnologia dell’Istruzione e dell’Apprendimento
Docente: prof.ssa Vincenza Pellegrino
Candidata: Antonella Zambianchi MATRICOLA
188763
A. A. 2010/2011
Introduzione
Circa alla metà del secolo scorso si verificò un evento di straordinaria
portata: comparve l'elaboratore elettronico, una macchina
rivoluzionaria, fondamentalmente diversa da tutte le altre inventate
dall'uomo. La sua peculiarità si può ricondurre al fatto che essa non
opera sulla materia, ma agisce su quell'entità astratta e impalpabile
che è l'informazione. 1 A quel tempo il computer era uno strumento
per pochi eletti: il solo saperlo usare richiedeva una notevole
esperienza, infatti, chi lo utilizzava doveva molto spesso conoscerne
le caratteristiche tecniche e saper utilizzare linguaggi sofisticati.
All’epoca i computer erano estremamente costosi!
Col tempo le cose sono notevolmente cambiate: i prezzi dei computer
sono letteralmente crollati, la tecnologia ha fatto passi da gigante e le
case costruttrici hanno pensato bene di renderli anche facili da usare.
Il grande salto di qualità si è avuto quando sono nati i sistemi
“standard”, cioè computer appartenenti ad una stessa categoria che
si utilizzano tutti allo stesso modo; questi fattori hanno contribuito a
far sì che “l’elaboratore elettronico” oggi non sia più sconosciuto: tutti
sanno cos’è. Si è cominciato a rendere il prodotto sempre più
appetibile realizzando programmi per il computer che potevano
essere di grande ausilio nella gestione dell’ufficio e nella contabilità,
ma anche nella didattica, nel lavoro quotidiano di un professionista o
di uno studente o che potevano addirittura avere una funzione
ricreativa; quindi poco alla volta il computer ha cominciato ad entrare
nelle case della gente un po’ come accadde per il televisore all’inizio
degli anni cinquanta.
A questo punto i sistemi scolastici, compreso quello italiano, hanno
capito che questa nuova branca del sapere non poteva essere
1 http://www.museoaica.it/index.php?id=computer
ignorata e hanno introdotto nelle scuole l’insegnamento
dell’informatica.
L’informatica è una scienza che, seppur ancora molto giovane, ha un
suo ruolo ben preciso all’interno dell’universo scientifico; ha, infatti,
formalizzato le basi teoriche e pratiche su cui si sono sviluppate, e
continuano a svilupparsi, sia le componenti logiche dei computer che
la gestione formale dei dati da elaborare; essa utilizza inoltre, come
del resto le altre scienze, i computer stessi come proprio strumento di
ricerca. L’insegnamento dell’informatica quindi, va inteso come
conoscenza di ciò che sta alla base del funzionamento logico di un
computer e del suo utilizzo ai fini dello sviluppo di prodotti software di
qualunque natura e relativa a qualunque disciplina. Questione ben
diversa è invece l’introduzione dell’uso del computer nelle scuole. La
scuola, ha come compito fondamentale quello di alfabetizzazione
culturale, cioè l’acquisizione delle abilità essenziali per leggere,
interpretare e valutare sia la realtà naturale che quella costruita
dall’uomo. Per questo è chiamata a formare i bambini in funzione
delle modifiche della società seguendone le rivoluzioni culturali e
scientifiche. Nel nostro sistema scolastico si continua a confondere
l’informatica con il computer, dove si usa il computer si dice che si
studia l’informatica. Questa è una confusione diffusa sia presso la
classe insegnante che presso i genitori, e gli enti competenti del
Ministero continuano, con il susseguirsi delle legislazioni, a modificare
il ruolo e l’importanza dell’informatica nel curricolo attraverso i
decreti. Bisognerebbe considerare le applicazioni dell’informatica
possibili in tutti i campi del sapere, e quindi considerare il computer
uno strumento utile, che diventerà indispensabile, nello studio di tutte
le discipline, dall’italiano alla lingua straniera, dalla matematica alle
scienze, dalla storia alla geografia, dalla musica ad arte e immagine,
e proprio per questa trasversalità dovrebbe essere presente in tutte le
scuole di ogni ordine e grado, per trattare l'informatica come uno
strumento piuttosto che come materia di studio fine a sé stessa. Ogni
insegnante, per quello che riguarda la sua disciplina, deve essere in
grado di mettere a frutto i vantaggi che il progresso tecnologico gli
mette a disposizione offrendo ai suoi studenti una quantità di
conoscenze e di strumenti adeguati per soddisfare la loro sete di
sapere, che caratterizza l'età scolare, e le future richieste che un
giorno avranno da parte del mondo del lavoro. L’insegnante deve a
questo punto creare una nuova didattica, che si basi su un personale
aggiornamento delle proprie competenze e conoscenze in materia.
Tale didattica dovrà essere basata su progetti sperimentali,
attraverso laboratori multimediali, grazie alla presenza di almeno un
computer in ogni classe. Per ora, credo in questa modalità perché
ritengo che in Italia i tempi non siano ancora maturi per parlare della
presenza di un computer in rete su ogni banco di scuola, ma penso
che questo sarà l’inevitabile epilogo dell’informatizzazione della
nostra società. A sostegno delle mie parole interviene anche la crisi
della psicologia cognitivista, per lasciare spazio a quella costruttivista,
basata sulla costruzione del proprio sapere tramite elementi socio-
culturali e non solo aspetti cognitivi, lasciando all’invenzione e alla
creatività della persona l’obiettivo delle attività, puntando così agli
aspetti costruttivi del pensiero attraverso l’integrazione tra linguaggio
di programmazione classico ed elementi di multimedialità, per
considerare in questo modo i processi di apprendimento attraverso le
nuove tecnologie, come risorse del nostro sapere. Questi temi
verranno ripresi nella trattazione che segue.
Premessa
Le nuove tecnologie oggi hanno assunto un ruolo centrale nella vita
quotidiana di ogni individuo. Il lavoro, il tempo, gli spazi, le
conoscenze, le informazioni, la comunicazione, vengono sommersi
sempre più da questo irreversibile processo di tecnologizzazione. E’
necessario capire il senso di queste diverse dimensioni proprie di una
realtà tecnologica multiforme e sfuggevole, destinata a cambiare le
nostre tradizionali abitudini sociali. Alla scuola, che dopo la famiglia
rappresenta la principale agenzia educativa, spetta il compito di
individuare gli itinerari di una nuova mission formativa,
riorganizzando le attività di insegnamento–apprendimento,
adeguando le proprie strategie curricolari, reinventando nuovi spazi
d’azione e di formazione non solo per la professionalità docente che
deve lasciarsi dietro le spalle il tradizionale modello “istruttivo” ma
anche per il soggetto studente che, a partire dalla Scuola
dell’Infanzia, deve esplorare tutte le potenzialità che l’informatica e la
telematica mettono a disposizione nella costruzione di una
conoscenza sempre più diffusa e condivisa. I processi di
collaborazione e cooperazione, conseguenti all’utilizzo delle nuove
tecnologie nella scuola, fanno intravedere fin da ora nuovi scenari per
l’insegnamento–apprendimento, per il superamento del gruppo
classe, per la costruzione dei curricoli in verticale, per una formazione
organizzata sia in presenza che in distanza.
I. L’AVVENTO DELLA TECNOLOGIA A SCUOLA
1.1 Trasformazioni culturali, le tecnologie.
Quali sono stati i cambiamenti che hanno radicalmente modificato il
nostro modo di vivere e di pensare, quali gli effetti nella stessa
organizzazione dei saperi e della conoscenza che si sono prodotti e
seguiti nella rivoluzione digitale?2
Fino a vent'anni fa il nostro modello di conoscenza era basato su
discipline quali l’arte, la scienza, la religione, la filosofia, la politica;
discipline, queste, fortemente convinte, ognuna per proprio conto, di
alcuni principi irrinunciabili e cristallizzati, che costituivano il
fondamento.
I mass-media3 tradizionali - radio, cinema, tv, giornali - sono serviti
da cassa di risonanza per un modello di sapere rivolto a una pluralità
di individui, un pubblico indifferenziato sparso per il mondo, a cui i
mezzi di comunicazione di massa hanno propinato in modo
“totalizzante”4 una molteplicità di informazioni.
L’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa si è avuta sia nel
pubblico, che nel privato, e tale realtà tende a saturare sempre più il
mondo in cui viviamo.
Ai ritmi vertiginosi di sviluppo delle capacità di telecomunicazione e
delle tecnologie informatiche corrisponde, infatti, oggi la tendenza a
unire insieme i diversi media, che ci permette di scambiare dati e
programmi all’interno di reti globali, comunicare con persone e
istituzioni lontanissime in tempi e con costi insignificanti, dando il via
a quella che il filosofo Gianni Vattimo5 definisce la “società
trasparente” in cui, la presa di parola da parte di un numero
crescente di sub culture determina il passaggio dalla nostra società
alla post-modernità.
2 I. Tanoni, Nuove tecnologie e scuola di base, Carrocci, Roma 2001 pag. 18-20.3 I mass media sono in base al significato letterale dell’espressione, i mezzi che consentono la diffusione di massa di questi messaggi.4 Cfr. Lèvy, Cybercultura, cit., p. 112 “Siccome il messaggio mediatico sarà letto e ascoltato, guardato da migliaia o milioni di persone sparse per il mondo, viene strutturato in modo da incontrare il “comune denominatore” mentale dei destinatari. 5 U. Avalle, M. Maranzana, La cultura pedagogica, Paravia, Torino 1998, pag. 194
Nonostante il ruolo di attori protagonisti dei telespettatori, coinvolti
emotivamente nella comunicazione mediatica senza mai esserlo
praticamente (non c’è stata mai effettiva interazione), la mass-
medialità si è diffusa essenzialmente attraverso immagini, suoni,
parole, rappresentate in codice analogico6.
La digitalizzazione (il termine deriva dall’inglese digit = cifra) consiste
nella decodificazione di un’informazione in codice binario (una
sequenza di 0 e di 1). Digitalizzare un’informazione significa dunque
tradurla, e attribuire un numero a ogni lettera dell’alfabeto: qualsiasi
testo può così essere “transcodificato” in una sequenza di numero 0 e
1.
La digitalizzazione in definitiva ha comportato una smaterializzazione
della parola, dell’immagine e del suono che sono diventati del tutto
sganciati dal mondo reale e dalle sue rappresentazioni per arrivare a
poter essere prodotti autonomamente da un computer.
La definizione che appare più appropriata è quella di una cultura
organizzata su un’ipertestualità sempre incompleta e in continua
evoluzione (Internet) di fronte alla quale solo un soggetto
culturalmente ben preparato sarà capace di dare risposte, risolvere
problemi, ricostruire percorsi di senso.
I messaggi inviati dai mass media, infatti, il più delle volte vengono
recepiti e assorbiti dagli utenti (soprattutto i bambini) a livello
meramente visivo/ uditivo, cioè senza essere recepiti razionalmente
ed inseriti criticamente nel proprio quadro simbolico - culturale ed
esperienziale; per evitare il pericolo di una massificazione, intesa
socialmente come manipolazione dell’individuo, s’impone l’esigenza
di un progetto pedagogico per la loro utilizzazione.
La scuola non può rimanere indifferente di fronte all’esplosione dei
media, ma deve individuare e programmarne le modalità di fruizione
6 Analogico significa variabile in modo continuo, questo termine viene riferito a un dispositivo o a un segnale che varia interrottamente in intensità e quantità, come ad esempio la tensione della corrente elettrica o l’audio. Poiché una quantità analogica può assumere qualsiasi valore entro un’estensione delimitata, è l’esatto opposto del termine digitale che varia nell’ambito di un numero finito di livelli o stati, esempio 0 e 1.
e di impiego, dal momento che questi hanno rinnovato i canali
d’informazione e le strategie didattiche stesse dell’apprendimento,
considerando che essi sono pur sempre parte integrante del vissuto
esperienziale degli studenti.
1.2 Tecnologia e bambini.
Nella società dell’informazione e della conoscenza si cerca di
individuare linee guida che aiutino ad apprendere come utilizzare i
nuovi strumenti che la tecnologia propone con tempi sempre più
veloci. In questo tipo di ambiente sociale, i bambini sono capaci di
giocare in una logica di adattamento ed evoluzione. Siamo di fronte
ad una generazione figlia della Playstation e del Nintendo per i quali
le TIC7 sono strumenti ludici, di cui possono apprendere il
funzionamento nel giro di qualche giorno;
la tecnologia fa parte della nostra vita come della loro: la sfida
consiste nell'utilizzarla nel migliore dei modi8, senza cadere in forme
di determinismo tecnologico, attribuendole così loro il potere
autonomo di modificare i comportamenti e le relazioni umane.
Il necessario equilibrio potrà essere mantenuto attraverso
un'educazione guidata agli strumenti di ultima generazione, che
dovrà essere possibile fin dalla scuola dell’infanzia, perché l’utilizzo di
giochi multimediali - già presenti nella realtà quotidiana dei piccoli
utenti – è un'opportunità che la scuola non può perdere, in qualità di
fruitore sano di nuovi mezzi di apprendimento.
Una semplice e lucida analisi della realtà ci mostra come i bambini
hanno un contatto assai precoce con gli strumenti tecnologici e più
nello specifico con il computer. Oggi quasi ogni famiglia dispone di un
Personal computer a cui il bambino spesso si accosta, dapprima
7 TIC: Tecnologie dell’informazione e della comunicazione.8 E’ più che mai opportuno non trascurare il rischio del cosiddetto digital divide, ovvero il possibile divario che può formarsi tra chi ha accesso alla tecnologia e chi invece, per ragioni legate essenzialmente ad uno svantaggio socio-culturale, ne resta escluso, divenendo un potenziale“analfabeta della società dell’informazione”. L’unica istituzione che può contrapporsi efficacemente all’innescarsi di questo fenomeno è proprio la scuola
osservando i propri genitori utilizzarlo, poi servendosene come
strumento di gioco. A molti di noi è capitato di vedere bambini in
tenera età, utilizzare con una facilità, che in parte ci sorprende, e in
parte suscita in noi una dose di invidia, il mouse, il joypad, e superare
senza difficoltà complessi giochi di abilità; l’uso del computer per loro
è sorprendentemente naturale, come per noi è naturale l'uso della
nostra lingua madre. Quello digitale, infatti, è un vero e proprio
linguaggio, e come tale ha dato vita ad una generazione di
“madrelingua” che chiameremo digital natives; si tratta dei nostri
bambini, immersi nelle tecnologie, con cui convivono e con le quali
interagiscono ogni giorno. Queste nuove generazioni sono
contrapposte ai Digital Immigrants, ovvero individui che sono nati
prima dell'avvento del digitale, per i quali è difficile perdere l'accento
della loro lingua non digitale. Quindi, i nostri alunni sarebbero la tribù
che vive sull'isola digitale, di cui noi saremmo visitatori stranieri: ci
troviamo a parlare idiomi diversi. Inoltre, sappiamo che esperienze di
vita diverse determinano formae mentis diverse, quindi, l'essere
cresciuti nel digitale determina un atteggiamento nell'apprendimento
che è molto differente da quello avuto dalle generazioni precedenti.
Siamo di fronte a bambini che sono abituati a ricevere informazioni in
modo rapido, preferiscono i messaggi iconici a quelli testuali,
prediligono processi in parallelo e eseguono più attività
contemporaneamente, sono cioè multitasking, preferiscono il
divertimento al duro lavoro e si attivano più nei compiti da eseguire in
rete rispetto a quelli svolti singolarmente. Noi insegnanti, d'altro
canto, siamo cresciuti apprendendo informazioni passo dopo passo,
una cosa alla volta e percependo lo studio come qualcosa di faticoso
a cui dedicarsi in modo serio. Come superare il divario che
sembrerebbe essersi instaurato tra Natives e Immigrants? Il
bilinguismo sembrerebbe la via migliore. Dobbiamo metterci
nell'ottica, cioè, che il cervello dei bambini che abbiamo di fronte
funziona in modo leggermente differente dal nostro e possiamo
adeguarci alle necessità delle loro curiose e vivaci menti.
Le madrelingua del digitale utilizzano il computer con i propri amici e
con i fratelli, è per questo che non si può ignorare l’influenza nella
crescita sin da quando sono piccoli.
Nel gennaio 2007 è stata fatta una ricerca dall’università di Udine che
fotografa il rapporto dei bambini italiani, tra gli otto egli undici anni,
con i media e le nuove tecnologie. É stata coordinata dal professore
Francesco Pira, docente di Comunicazione sociale e pubblica e di
Relazioni pubbliche; l’obbiettivo di questa ricerca è la comprensione
dei consumi mediali e tecnologici dei bambini, attraverso la
somministrazione di un questionario in alcune scuole elementari
campione nel nord, centro e sud attraverso 29 quesiti in risposta
multipla. Dai dati emerge chiaramente che la famiglia deve
recuperare un ruolo fondamentale: quello di aiutare i bambini nel
processo evolutivo, senza identificare nelle nuove tecnologie delle
diavolerie incontrollabili di cui limitare ossessivamente l'uso o
permetterlo senza controllo alcuno. Le tecnologie devono diventare
patrimonio di tutta la famiglia e non soltanto dei più piccoli per “farli
stare più buoni”. Si dovrebbe parlare di "elettronica con moderazione"
perché, se è vero che alcuni giocattoli elettronici sono caratterizzati
da potenzialità che ne fanno strumenti educativi riferiti allo sviluppo
cognitivo, non è detto che venga altrettanto stimolato lo sviluppo dei
processi di tipo simbolico- costruttivo e, non ultimo, lo sviluppo
motorio. Se questi aspetti vengono sottovalutati i rischi per lo
sviluppo integrale del bambino non sono pochi. Vanno tenuti presenti
i rischi della dipendenza, dell'unica tipologia di giocattoli, quelli
elettronici appunto e della cosiddetta "emozione al silicio". Il contesto
sociale e relazionale è fondamentale per uno sviluppo armonico.
Dobbiamo chiederci, di fronte ai giocattoli elettronici che i bambini al
di sotto dei tre anni utilizzano, quale storia si nasconda all'interno del
gioco, quali siano le abilità che vengono stimolate e quali le richieste
che vengono fatte al bambino. In secondo luogo, è indispensabile
introdurre il bambino al gioco, spiegargli il funzionamento e giocare
insieme a lui. Cerchiamo di offrire un ventaglio di attività e di stimoli
che completino la formazione del bambino su più fronti, attenti allo
sviluppo emotivo e sociale come lo siamo per lo sviluppo cognitivo.
Sono questi gli alunni che varcano la porta delle nostre classi della
scuola dell'infanzia: piccoli che hanno già il loro bagaglio di
conoscenza, molta della quale è digitale! Come modificare, allora, le
nostre lezioni in modo che siano il più possibile rispondente alle
esigenze delle nuove generazioni? Facendo in modo che l'aula sia al
passo con i tempi e continuando a formare il bambino digitale con lo
sviluppo di tutte le sue potenzialità quali l'attività manuale, il disegno,
il gioco e il coinvolgimento nella drammatizzazione.
L’istituzione scolastica dovrà operare per annullare il divario che
esiste con la vita extra scolastica degli studenti e promuovere attività
finalizzate alla formazione dello spirito critico, inserendosi così in un
sistema formativo “policentrico” e nel quadro dell’educazione
permanente.
Per poter conseguire tale obiettivo, la scuola deve fornire al discente i
“pre-requisiti” necessari per una corretta fruizione dei mass- media e
cioè:
La curiosità, intesa in senso psicologico come “disposizione
intellettuale alla soluzione dei problemi” (problem solving), il
gusto per il nuovo, la creatività, la produttività immaginativa;
Il possesso di strumenti intellettuali (codici linguistici,
metodologie, concetti strutturati) e di ampie e solide cognizioni
scientifiche;
L’acquisizione di una robusta “identità personale” intesa come
fiducia di base nelle proprie capacità e risorse.
1.3 Dibattito sulle tecnologie didattiche.
Le tecnologie informatiche hanno rappresentato una novità
dirompente nell’Istruzione, innescando, dagli anni 60’ in poi, un
dibattito pedagogico - didattico intensissimo. Tuttavia non è solo da
allora che il mondo della scuola si mette in discussione in virtù della
possibilità di intervento aperte dai media. Il primo "dipartimento di
educazione all’immagine”nasce a Saint Louis nel 1905; del 1921 sono
le prime cineteche scolastiche francesi; tra 1932 e il 1939, in Iowa, si
sperimentano trasmissioni di televisione educativa; nel 1956 nasce in
Italia il Centro nazionale dei sussidi audiovisivi. Il rapporto tra media e
scuola è stato in questo secolo molto intenso e allo stesso tempo
critico, passato attraverso fasi, a volte di entusiasmo, a volte di
repulsione. Fasi naturali per due mondi tradizionalmente dotati di
strategie d’azione diverse. Concentrandoci sui media più
rappresentativi di questo secolo, radio, e specialmente cinema e tv si
osserva come loro siano accomunati da un’integrazione linguistica e
tecnologica tra parola, suono e immagine. Nella comunicazione
audiovisiva, specialmente, domina la simultaneità, la complessità, la
continuità, l’analogia, la sinestesia.
I media audiovisivi e ancor più quelli multimediali e interattivi, hanno
fatto riemergere il carattere corporeo e sensoriale dell’esperienza
conoscitiva.
La realtà non è più rappresentata da forme simboliche, ma attraverso
linguaggi nuovi.
La cultura della scuola è stata dominata storicamente dalla “
monomedialità” della parola scritta: dal libro, dal testo, e non,
dall’immagine e dal suono. La realtà è stata rappresentata, indagata,
problematizzata attraverso il linguaggio verbale, rigorosamente
codificato e formalizzato. Si sono affermati processi di apprendimento
concettuale dichiarativo delle conoscenze.
Ma negli anni 50’ il dibattito anglosassone inizia ad utilizzare
l’espressione tecnologie educative, equivalente a quelle di tecnologie
didattiche. Questa definizione rinvia alle macchine utilizzabili nei
processi formativi, come la radio, il cinema, la televisione e anche ai
supporti tecnici dove poteva essere memorizzata l’informazione,
finalizzata ai processi educativi, come una pellicola o una
registrazione.
Alla fine degli anni 60’ si iniziò ad utilizzare l’espressione nuove
tecnologie educative, per sottolineare l’irruzione della tecnologia
informatica nella formazione, che apriva scenari metodologici e
didattici inediti.
Alla fine degli anni 70’, al contrario prese forma il concetto di
tecnologie dell’istruzione, sempre nell’ambiente scientifico
anglosassone, per indicare, in una visione globale della problematica
dell’apprendimento, come modo sistematico di progettare, realizzare
e valutare il processo globale dell’apprendimento umano e delle
comunicazioni, con la combinazione delle risorse umane e non, per la
realizzazione di un’istruzione più efficace.
Alla luce del dibattito negli anni 2001-2002 verrà utilizzato il termine
epistemologicamente più corretto, Tecnologie della comunicazione
educativa.
Questo termine comprende tutti gli aspetti più rilevanti dell’attuale
problematica formativa; la pluralità delle tecnologie impiegabili nelle
scienze dell’educazione; la stretta connessione esistente nelle
strategie formative tra aspetti tecnici, comunicativi e metodologici; la
distinzione tra tecnologie di processo, le varie fasi previste in sede di
progettazione didattica e le tecnologie di prodotto- materiali didattici
e mezzi tecnici impiegati. Successivamente verrà coniato un termine
considerato più appropriato per racchiudere in toto qualsiasi sistema
tecnologico utilizzato in qualsiasi ambito: le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, le TIC. É essenziale cogliere,
in questo dibattito, l’invito ad un’impostazione globale e sistemica
delle strategie formative. Fra i media utilizzati, vecchi o nuovi, non
esistono necessariamente delle gerarchie. Non è detto, a priori, che
l’apprendimento sia inevitabilmente più efficace se supportato con un
software didattico piuttosto che con il capitolo di un libro. Così come
l’impiego di una presentazione multimediale non modifica di per sé la
relazione pedagogico - didattica con la classe (che rimane
sostanzialmente unilaterale e frontale). La sfida che le nuove
tecnologie pongono, è quella di tratteggiare una strategia formativa
in grado di combinare nel modo più efficace gli strumenti di
comunicazione disponibili rispetto agli obiettivi didattici prefissati,
secondo un paradigma di progettazione didattica.
La qualità dell’istruzione non è direttamente proporzionale al livello o
alla qualità della tecnologia impiegata, ma alla concreta relazione
pedagogica- didattica che si stabilisce con la classe sulla base di un
utilizzo integrato delle tecnologie. In questo senso, le Tecnologie
didattiche comprendono, in un rapporto di stretta interconnessione,
tutti gli elementi, di processo e di prodotto, che sono oggi
efficacemente impiegabili nell’azione educativa.
1.4 L’introduzione delle tecnologie a scuola.
Ripercorrendo la storia delle tecnologie educative in rapporto ai
documenti programmatici a fondamento della nostra scuola primaria,
ci si imbatte in un puntuale parallelismo tra indicazioni dei
programmi, concezione culturale e sociale prevalente, relativa ai
processi tecnologici e sviluppo delle tecnologie della comunicazione e
dell’informazione.9
Nella scuola secondaria di primo grado, i programmi del 1979
confinavano l’ambito della mass-medialità alle competenze del
professore di educazione tecnica, in sintonia con una concezione
strumentalistica e meccanicistica delle nuove tecnologie.
Diversa è stata la situazione dell’insegnamento nella scuola
elementare. Dopo i primi entusiasmi suscitati dai Programmi del 1985
in cui i linguaggi mass-mediali erano presenti in un’area disciplinare
9 I. Tanoni. E. Foglia, Nuove tecnologie di base. Carrocci, Roma, 2001, pag. 36-38.
specifica ( educazione al suono e alla musica), l’organizzazione
modulare delle competenze e degli orari previsti dalla riforma delle
elementari (legge 5 giugno 1990, n.148) ha di fatto contratto l’area
progettuale di questi “nuovi linguaggi” a una manciata di poche ore: il
tutto a vantaggio di altri alfabeti erroneamente creduti più “forti”
come quello linguistico e/o logico- matematico. Successivamente,
oltre al Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche (PNTD) è
stata l’autonomia scolastica10 a rilanciare sul territorio, attraverso i
progetti elaborati da reti di scuole11 le potenzialità della telematica.
La vera svolta nel rapporto delle tecnologie e scuola era stata
impressa dalla legge di riordino dei cicli scolastici12 accompagnata
dalla revisione dei curricoli della scuola primaria.
Con la definizione degli obiettivi curricolari previsti dalla riforma
scolastica, era stato possibile ritagliare il quadro operativo completo e
aggiornato nell’ambito del quale si sarebbe articolato il rapporto
tecnologie/mondo scolastico negli anni futuri.
Logica conseguenza, era stata la proposta di una serie di attività
graduali che per il settore delle nuove tecnologie andavano dalle
semplici azioni di smontaggio e montaggio di oggetti, finalizzate a
cogliere il legame funzione-struttura, passando poi, all’osservazione,
analisi e rappresentazione dei processi artificiali per imparare a
riorganizzare il sapere con strumenti e modelli logici, e approdare
infine all’acquisizione di componenti metacognitive del pensiero.
Fino al 2001 questa era la situazione delle tecnologie nel sistema
scolastico: gli interrogativi erano basati sul loro utilizzo da parte dei
soli insegnanti di matematica oppure il mantenimento del carattere
transdisciplinare dei linguaggi multimediali. La risposta a questi
interrogativi, sarà possibile attraverso l’introduzione dell’informatica a 10 L’autonomia scolastica radica il suo fondamento giuridico nella legge 59/1997, meglio nota come legge
Bassani, specificamente negli art. 1 e 21. Dopo un primo periodo di sperimentazione è diventata attrattiva con tutti i suoi effetti a partire dal primo settembre dell’anno 2000.
11 L’art.7 del Regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 25 febbraio 1999: così recita: “Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali”.
12 Legge 10 febbraio 2000, n°30.
scuola come parte del curricolo scolastico per alfabetizzare i bambini
a tutti gli strumenti informatici.
1.5 L’introduzione dell’informatica a scuola.
La breve storia dell’introduzione dell’informatica nella scuola
potrebbe essere riassunta in quattro fasi, per approfondire meglio
successivamente i provvedimenti legislativi dei Ministeri
dell’Istruzione che si sono susseguiti13 nei vari governi.
Una fase iniziale risale alla fine degli anni Sessanta, con l’avvento dei
primi calcolatori a cui faceva da supporto una visione meccanicistica
e comportamentistica legata all’acquisizione delle sole performance
individuali nell’uso del computer. L’alunno studiava con un computer
tutor visto come sostituto dell’insegnante, che controllava i processi
di insegnamento - apprendimento dell’alunno (teaching machines).
Verso la fine degli anni Ottanta subentra una seconda fase che vede
al centro lo studente che apprende e il computer come mezzo per
studiare, come strumento per organizzare le conoscenze personali e
per dilatarle, in termini sia quantitativi che qualitativi coinvolgendo e
sviluppando autonomia e creatività. È l’approccio cognitivo
costruttivista a prevalere in un processo sempre meno ancorato
all’alfabetizzazione e sempre più proteso all’educazione informatica
ancora concepita come disciplina per “addetti ai lavori”.
Nei primi anni ottanta abbiamo assistito alla crescita, seppure con
ritmi lenti e molte difficoltà, della presenza delle tecnologie nei
sistemi scolastici, con il superamento di molte resistenze iniziali e
degli errori di prospettiva più comuni che si registrano nelle prime fasi
di questo processo.
13 Cfr. sull’argomento A. Calvani, Il computer nella scuola italiana, in Manuale di tecnologie dell’educazione, cit., pag.75-83.
Nel 1987, il Centro studi IBM Italia14 promuoveva una ricerca (Pillerei,
1989) sull’introduzione dell’informatica nella scuola secondaria
inferiore. L’interesse che si andava sviluppando era attorno alla
crescente richiesta di alfabetizzazione informatica, favorito anche
dalle iniziative volte a fornire un quadro generale di riferimento.
Il Piano Nazionale per l’informatica si inseriva all’interno di un più
generale dibattito sull’uso delle tecnologie per la didattica. La ricerca
affrontava molti aspetti cruciali relativi al rapporto tra scuola e
informatica, sottolineando la necessità di garantire coerenza fra le
tecnologie e gli strumenti da introdurre e l’impianto psicopedagogico
e didattico generale della scuola media. Oltre a questi temi erano
stati presi in considerazione l’importanza di predisporre un piano
coerente e produttivo di preparazione dei docenti alle esigenze di uno
sviluppo organizzativo delle unità scolastiche locali.
La ricerca della Fondazione IBM Italia, si era dedicata al ruolo che
gioca la tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni in
rapporto con i sistemi professionali e alla scuola.
La terza fase, che comprende gli inizi degli anni Novanta fino al 1997
è caratterizzata dalla multimedialità e dall’ipertestualità.
È il periodo di maggiore diffusione dell’informatica nell’intero arco
della scuola italiana: dalla scuola dell’infanzia, la primaria a quella
secondaria fino all’università15 .
La quarta fase va dal Piano dello Sviluppo delle tecnologie didattiche
ad oggi con più dell’80% delle scuole (infanzia, primarie, medie e
licei) collegate a Internet, percentuale che raggiunge il 100% nel caso
degli istituti tecnici e professionali.
Dobbiamo approdare a metà degli anni Novanta per i primi interventi
organici nel settore delle nuove tecnologie. Un primo segnale di
cambiamento si avverte in un progetto ministeriale che, pur
coinvolgendo tutti gli ordini e gradi di scuola, dal titolo sembrerebbe
14 S Bagnara, F. Butera., Scuole con il computer, Etaslibri, Milano, 1998, pag 3-4.15 I. Tanoni, E. Fogli, op. cit., Carrocci, Roma, pag.39-42.
non interessare la multimedialità. E’il Piano per la promozione della
lettura nelle scuole di ogni ordine e grado16, che nella parte centrale
contiene uno specifico paragrafo dedicato al tema dell’educazione
alla lettura di un contesto multimediale, un passo avanti nel
superamento dell’apparente contrapposizione libro/multi-media.
Due i punti salienti da evidenziare in questo documento:
a. un approccio organico e più ampio al tema della lettura che deve
assumere anche il contesto multimediale in cui viviamo; in particolare
i bambini vivono immersi in una realtà comunicativa che deve essere
accettata e compresa;
b. una concezione della lettura e del libro intesi non “come una realtà
contrapposta e alternativa agli altri media, ma un raccordo mirato a
individuare tutte le possibili connessioni tra libro e gli ambiti
comunicativi sia che utilizzano i linguaggi verbali come il giornale, sia
che si tratti di codici misti o soltanto audio visuali.
“La più importante iniziativa per questo settore, che ha modificato il
volto della scuola italiana, va individuata nel Programma di sviluppo
delle tecnologie didattiche nel periodo 1997-200017 promosso dalla
Direzione generale Istruzione tecnica nel febbraio 1997”.
A metà maggio dello stesso anno, furono resi pubblici (anche in
Internet e in tempo reale), i risultati di una commissione di saggi che
il Ministero aveva insediato; quel documento appare ancor oggi
sottintendere gran parte delle scelte culturali di Luigi Berlinguer allora
Ministro, che proseguiva una precisa politica di informazione e
consultazione di tutte le parti interessate, in vista di una globale
riforma della scuola. Bisogna ricordare che questa situazione fu
favorita dalle notevoli innovazioni a livello di autonomia scolastica
perseguito dalla legge Bassanini.18
16 Circolo ministeriale (interdirezionale) 27 marzo 1995, n°105, avente per oggetto Piano per la promozione della lettura nelle scuole di ogni ordine e grado.
17 Circolare Ministeriale n. 152 del 18 ottobre 2001 e Circolare Ministeriale n. 53 del 21 maggio 2002.18 Bagnara S., Butera F.,Scuole con il computer, Etasalibri, Milano, 1998, pag. 150-153.
Nell’ambito informatico, il Ministro lanciava un programma sulle
tecnologie didattiche a cui aderirono una notevole quantità di scuole,
fondato sullo sviluppo delle capacità di utilizzare un PC nell’ambito di
qualsiasi disciplina.
Per la prima volta veniva prevista l’introduzione dell’informatica e
della telematica in tutti gli ordini e gradi: dalla scuola dell’infanzia fino
alla secondaria, con un investimento finanziario dello Stato che nel
triennio supererà il tetto dei 10000 miliardi di Lire.
Due le modalità d’intervento:
- Progetti 1.A (Unità operative per i docenti), finalizzati a dotare
tutte le scuole dell’attrezzatura informatica minima con un’attività
formativa indirizzata all’intero corpo docente per una prima
familiarizzazione con gli strumenti multimediali;
- Progetti 1.B (Multimedialità in classe) sono stati invece
indirizzati a quelle realtà scolastiche già in possesso di attrezzature
informatiche a cui un consistente investimento è servito a completare
e migliorare la dotazione tecnologica esistente. Per l’approvazione
della seconda fase si deve aver svolto la prima e si deve presentare
un progetto didattico.19
Per quanto riguarda la seconda fase il progetto 1.B multimedialità in
classe, sono state rese adeguate le scuole potenziando la presenza di
apparecchiature unitamente ad una solida cultura progettuale, e allo
sfruttamento di ambienti di apprendimento che consentono lo
sviluppo di nuove abilità. Prendendo in considerazione il progetto 1.A
sul tema della familiarizzazione dell’insegnante con gli strumenti
multimediali possiamo affermare che in questi anni la tecnologia
introdotta nella scuola rischia di restare improduttiva per l’attività
didattica, se non c’è in primo luogo, da parte dei docenti, la
consapevolezza pedagogica del valore aggiunto che l’uso della
multimedialità può apportare nell'approccio all'insegnamento-
19 I. Tanoni, E. Fogli. Nuove tecnologie e scuola di base,Carrocci, Roma, 2001, pag 41-45.
apprendimento, e in secondo luogo l’abilità tecnica necessaria
nell’uso di queste tecnologie.
I docenti italiani si erano trovati inizialmente impacciati nell’uso delle
tecnologie, non sempre pronti a coglierne la portata innovativa per la
didattica, se si pensa che nel primo anno di attività del Programma di
Sviluppo i rapporti di monitoraggio fotografavano una realtà
allarmante, perché la maggior parte degli insegnanti non possedeva
le nozioni elementari sull’uso delle nuove tecnologie: quasi l’80% di
essi non aveva idea di come effettuare una connessione in rete
telematica o di come poter usare la posta elettronica. Ciò che
mancava e in alcuni casi manca tutt’ora al nostro sistema educativo,
è una solida cultura sull’uso pedagogico delle risorse informatiche e
multimediali.
Occorreva vincere la resistenza dei docenti intervenendo su due
diversi fronti che sono strettamente interdipendenti:
la valorizzazione della professionalità docente e in particolare
delle eccellenze;
la sistematicità e la qualità della formazione iniziale e in
servizio.
Il primo elemento incideva sulla motivazione degli insegnanti a
riqualificare la loro professionalità e l’obiettivo andava perseguito con
tutti gli strumenti a disposizione, dagli incentivi economici, agli
avanzamenti di carriera, a forme di valutazione periodica della
professionalità, all’investimento sul reclutamento di personale non
docente che potesse aiutare gli insegnanti a “sburocratizzare” il loro
lavoro investendo maggiori energie nella progettualità didattica, fino
all’istituzione di figure referenti per le nuove tecnologie che fossero
poste in condizione di esercitare realmente una determinante
funzione di supporto nei confronti dei colleghi in formazione e nei
confronti dell’intero sistema. Il secondo elemento era evidentemente
quello decisivo per la possibilità che le tecnologie fossero realmente
utilizzate in modo proficuo nei processi didattici, nella varietà di forme
e di modi in cui queste possono produrre valore aggiunto al processo
di insegnamento/apprendimento, ed era anche fattore determinante
affinché potesse maturare nei docenti una nuova concezione del
proprio ruolo: un ruolo che doveva adeguarsi alla complessità dei
tempi, alla diversa posizione che la scuola stava iniziando ad
occupare rispetto ai decenni precedenti nella società, alla presenza
innegabile di molteplici forme di accesso all’informazione, di una
pluralità di media e di forme di conoscenza, alla necessità di
comprendere che i bisogni degli allievi diventavano più che mai
eterogenei e diversificati, per non rischiare che il docente si riducesse
ad una pura presenza formale, priva di una funzione non solo reale,
ma realmente indispensabile ai giovani della “società
dell’informazione”.
Dunque c’era l’imprescindibile necessità di introdurre le TIC nel
curriculum formativo degli insegnanti di ogni ordine e grado
scolastico, diversificando magari, sull’esempio dei paesi europei più
illuminati, le tipologie di formazione, a partire da un’alfabetizzazione
obbligatoria, dove non presente, passando attraverso una formazione
specifica relativa alla conoscenza e all’uso di software educativo,
anche questa obbligatoria, fino ad una formazione specialistica
opzionale riservata alle figure dei tutor e dei formatori.
Mentre la qualità della formazione iniziale era più facilmente garantita
dalle istituzioni competenti, come le Scuole di Specializzazione
all’Insegnamento Secondario (SSIS), e le Facoltà di Scienze della
Formazione Primaria, ancora necessitava di essere fortemente
potenziata la qualità della formazione in servizio, per la quale
occorreva creare un sistema integrato e coordinato di enti ed
istituzioni competenti accreditate, avvalendosi anche, secondo
l’esempio di altri paesi europei, di partnership con industrie private.
Nel 2001, gli Enti e le Istituzioni erogavano formazione in servizio agli
insegnanti operando troppo spesso in modo scoordinato ed
occasionale e senza fornire adeguate garanzie di efficienza e qualità
didattica, rilasciando nient' altro che attestazioni relative al numero di
ore di frequenza e prive di riferimento a prove di verifica finali o
competenze acquisite; ciò risultava assolutamente inadeguato alle
esigenze del nostro sistema scolastico, in ogni campo, ma in
particolare in quello delle nuove tecnologie.
Con la Circolare n. 152/2001, finalmente era stata offerta l’occasione
di “cablare” gli edifici ospitanti le istituzioni scolastiche. Molte scuole,
infatti, grazie a questo ulteriore finanziamento, avevano avuto la
possibilità di essere fornite di accessi alla rete, consentiti in tutti i
locali dell’istituto; ciò significava che in ogni aula, con disponibilità di
stazioni multimediali portatili, si poteva effettuare, secondo le
esigenze didattiche, un collegamento alla rete telematica senza la
necessità di doversi spostare nelle aule laboratorio. Questo ridusse gli
alibi dei docenti volti ad evitare l’uso della telematica nella didattica,
incoraggiando tutte le forme di scambio e di condivisione di materiali
prodotti ed esperienze didattiche effettuate, moltiplicando le
occasioni di entrare a far parte di progetti. Cablare significava anche
investire tutte le scuole di una responsabilità nuova, riconosciuta
ormai imprescindibile a livello europeo: significava apertura alla
cittadinanza, trasformazione degli edifici scolastici in centri di servizi
polivalenti che dovevano essere in grado di garantire un facile
accesso ad Internet a tutti coloro che non ne disponevano nelle
proprie abitazioni.
Essenziale risultava inoltre, ridurre le distanze che ci separavano dalla
maggior parte dei paesi europei per quanto riguardava l’inclusione
nei programmi di studio delle TIC.
La riforma Moratti intendeva introdurre l’informatica nella scuola a
partire dalla scuola dell’infanzia utilizzando il termine alfabetizzazione
informatica, sviluppando il suo programma sulle tre i: informatica,
inglese, impresa.
Un’altra novità riguardava l'orario scolastico nella scuola primaria, 27
ore obbligatorie e 3 ore di attività e insegnamenti opzionali. Queste
tre ore potevano essere dedicate ai laboratori tra i quali poteva
essere inserito quello dedicato all’informatica.
Nei Piani Personalizzati delle Attività educative, all’interno dell’ambito
disciplinare Tecnologia e Informatica, venivano formulati come segue
gli obiettivi specifici di apprendimento.
Per la classe prima:
I principali componenti del computer: pulsante d’accensione,
monitor, tastiera, mouse.
Utilizzare il computer per eseguire semplici giochi, anche
didattici.
Accendere e spegnere la macchina con le procedure canoniche,
attivare il collegamento a Internet.
Accedere ad alcuni siti Internet (ad esempio quello della
scuola).
Per le classi seconde e terze:
Concetto di algoritmo (procedimento risolutivo).
La videoscrittura e la videografica.
Riconoscere l’algoritmo in esempi concreti.
Accedere ad Internet per cercare informazioni ( per esempio,
siti meteo e siti per ragazzi).
Scrivere piccoli e semplici brani utilizzando la videoscrittura e
una correttrice ortografica e grammaticale.
Disegnare a colori i modelli realizzati o altre immagini
adoperando semplici programmi di grafica.
Inserire nei testi le immagini realizzate.
Con successivi decreti e circolari, sono state precisate le modalità di
attuazione relative all’alfabetizzazione informatica.
Il MIUR20 si prefiggeva sostanzialmente quattro obiettivi al fine di
avviare un approccio graduale all’innovazione:
la generalizzazione dell’insegnamento della lingua inglese
nelle prime due classi della scuola elementare ove non ancora
raggiunte;
l’introduzione dell'alfabetizzazione informatica in tutte le prime
e seconde classi;
l’adozione delle Indicazioni Nazionali, in sostituzione dei
Programmi Nazionali del 1985 quale strumento per la
predisposizione dei Piani di Studio Personalizzati, limitatamente
alle prime due classi;
l’adozione di assetti organizzativi che anticipano le modifiche
strutturali, rimettendole all’autonomia delle scuole.
L'alfabetizzazione informatica costituisce un elemento indispensabile
nella costruzione delle competenze di base per far acquisire agli
allievi strumenti concettuali e operativi che permettono una prima
forma di interazione con la realtà degli oggetti prodotti dall'uomo.
Rispetto alle indicazioni nazionali il collegio doveva decidere se
adottarle e su quale base, per l’ elaborazione dei piani personalizzati
di studio.
Il MIUR aveva riconosciuto di non poter lasciare sole le scuole nel
difficile compito di ricercare soluzioni disorganiche a questioni
fondamentali quali individuazione di compiti e profili professionali
nuovi, assetti strutturali e modelli organizzativi che necessitano di un
continuo lavoro di confronto, in primo luogo con gli operatori e quindi
con le organizzazioni che li rappresentavano.
1.6 Le Indicazioni per il Curricolo del Ministro Fioroni
20 MIUR: Ministero, Istruzione, Università, Ricerca.
Con l’inizio del Ministero di Fioroni le tre I (inglese, informatica,
impresa) mantennero la loro importanza ma non del tutto, infatti,
questo Ministero mise in risalto la necessità di dedicare più ore a
materie come la geografia, la storia, non tralasciando l’importanza
delle tabelline e della grammatica nel curricolo. L’informatica al
contrario dell’inglese, non subì cambiamenti rimanendo una materia
introdotta a partire dalle elementari con un'ora settimanale, e la
possibilità di sfruttare le tre ore dedicate ai laboratori per i progetti
d’informatica.
Il Ministro Fioroni dedica alle risorse tecnologiche un ruolo importante
nella scuola con le Indicazioni per il Curricolo 2007.21
“ (…) lo sviluppo delle tecnologie multimediali e
dell’alfabetizzazione nelle tecnologie, nel pieno
rispetto del principio del pluralismo delle soluzioni
informatiche offerte dall’informazione tecnologica,
devono incoraggiare e sviluppare le doti creative e
collaborative degli studenti (…)” (art. 1, paragrafo
3, capoverso c); la promozione de “
l’apprendimento in tutto l’arco della vita” ( articolo
2, paragrafo 1, capoverso a ).
La scuola secondaria di primo grado “ (…)
organizza ed accresce, anche attraverso
l’alfabetizzazione e approfondimento nelle
tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità,
anche in relazione alla tradizione culturale
all’evoluzione sociale, culturale e scientifica delle
realtà contemporanee (…)” (articolo 2, paragrafo 1,
capoverso f )”.
Nell’ambito di questo contesto, si leggono tra gli obiettivi della scuola:
21 Indicazioni per il Curricolo 2007 del Ministero della Pubblica Istruzione pag. 107-110.
l’utilizzo dei mass media non solo per ottenere e leggere
informazioni ma anche per comunicare (area artistica);
l’acquisizione attraverso la scienza e la tecnologia, di una
capacità critica e di giudizio (area tecnologica).
Oggi assistiamo ad alcuni cambiamenti promossi dal nuovo Ministro
dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, che pur non avendo affrontato da
vicino il tema dell’informatica con il decreto legge 137/ 2008,
sponsorizza l’utilizzo di apparecchiature multimediali, ma ridurrà a
partire dal prossimo anno scolastico, stando ai provvedimenti presi, le
ore da poter dedicare all’insegnamento della disciplina.
E’ necessario perciò che anche in questo ambito siano compiute
scelte di metodo e contenuto che facciano parte di progetti didattici e
culturali ampi e a lungo termine, basati su esempi significativi e
accessibili, coerentemente sviluppati, alla scolarità dei ragazzi. .
Per esempio, è importante offrire agli alunni, fin dai primi anni,
significative opportunità di progettazione, costruzione e utilizzazione
di oggetti e procedimenti operativi, sottoposti a vincoli via via più
stringenti di efficacia e funzionalità. All’inizio saranno coinvolti
materiali e strumenti di lavoro di facile reperibilità, nell’ambito della
vita quotidiana, e in questo modo i ragazzi saranno avviati all’uso
della manualità, al passaggio continuo e non artificioso tra pratica e
teoria, all’applicazione di competenze acquisite anche in contesti
diversi del lavoro in aula. E’ altrettanto importante avviare gli alunni a
comprendere, anche in modo inizialmente semplice, i principi di
funzionamento di apparecchiature di uso quotidiano, sulla base delle
competenze “scientifiche” acquisite: a partire dagli schemi operativi e
costruttivi dei distributori automatici fino a quelli di un computer.
In questi contesti, la graduale competenza nell’uso di specifici
strumenti informatici e di comunicazione potrà consentire agli alunni
di sviluppare le proprie idee presentandole con accuratezza a sé e
agli altri, di trovare, interpretare e scambiare informazioni, di
organizzarle, di elaborarle, di ritrovarle, di archiviarle e riutilizzarle. Lo
sviluppo di capacità di critica e di valutazione, obiettivo di validità
generale, sarà poi centrale anche rispetto alle informazioni che sono
sempre più disponibili nella rete, ma che richiedono, per un loro uso
significativo e pertinente, di essere inserite in adeguati quadri di
riferimento e di organizzazione. In queste indicazioni vengono forniti i
“traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola
primaria”:
L’alunno esplora e interpreta il mondo fatto dall’uomo individua
le funzioni di un artefatto e di una semplice macchina, usa
oggetti e strumenti coerentemente con le loro funzioni e ha
acquisito i fondamentali principi di sicurezza.
Realizza oggetti seguendo una definitiva metodologia
progettuale cooperando con i compagni e valutando il tipo di
materiali in funzioni dell’impiego.
Esamina oggetti e processi in relazione all’impatto con
l’ambiente e rileva segni e simboli comunicativi analizzando i
prodotti commerciali.
Rivela le trasformazioni di utensili e processi produttivi e li
inquadra nelle tappe più significative della storia dell’umanità,
osservando oggetti del passato.
É in grado di usare le nuove tecnologie e i linguaggi
multimediali per sviluppare il proprio lavoro in più discipline, per
presentarne i risultati e anche per potenziarne le proprie
capacità comunicative.
Utilizza strumenti informatici e di comunicazione in situazioni
significative di gioco e di relazione con gli altri.
Le Indicazioni per il Curricolo vengono prese in considerazione
dall’insegnante tutt’oggi, quando devono esplicitare gli obiettivi da
raggiungere in un progetto o al fine del percorso scolastico in un
ambito disciplinare, aspettando i nuovi risvolti della Riforma Gelmini.
1.7 Il Decreto Gelmini sulla scuola primaria e secondaria.
Il provvedimento preso dalla Gelmini, Ministro dell’Istruzione in carica,
non parla esplicitamente dell’informatica ma ci sono solo alcuni
accenni, all’utilizzo di materiale multimediale, e alla diminuzione delle
ore per l’informatica in tutti gli ordini e gradi. Ha inoltre promosso
l'utilizzo di nuove versioni digitalizzate dei libri di testo.22 Nell'ottobre
2008 infine il ministro aveva stanziato i fondi per l'acquisto di 10.000
lavagne interattive multimediali, collegabili a computer ed anche alla
rete internet. Questi provvedimenti risultano positivi ed incoraggianti,
per la diffusione dei nuovi strumenti multimediali nella didattica. Ma
stando alle nuove disposizioni la riforma della Gelmini sembra
mettere in crisi la "I" di Informatica di morattiana memoria, dovuti ai
tagli economici in materia di scuola.
L'informatica, ormai utilizzata attraverso molteplici strumenti dai
nostri ragazzi e bambini, è ben più di uno strumento: è un mondo
educativo, di relazioni, che modifica la percezione della realtà e lo
stesso sistema di riferimenti cognitivi ed "informativi".
L'informatica è una "chiave" di comprensione della realtà, è il modo
attraverso il quale i bambini e ragazzi vivono la loro conoscenza, le
relazioni, il loro tempo sociale. Ecco perché credo che nella scuola
l'attenzione all'informatica debba essere sempre presente, ma allo
stesso modo chieda di essere rimodulata, non solo dal punto di vista
tecnico ma soprattutto da quello educativo e pedagogico.
Per quanto riguarda l’informatica nella scuola, la situazione sembra
essere allarmante: ci si trova di fronte ad un regresso in relazione ai
passi fatti negli anni precedenti, ma tra le iniziative del Ministero è
stato messo a punto un progetto di formazione sulla navigazione
sicura degli adolescenti sul Web,23 anche se i protagonisti non sono i
bambini della scuola primaria. Questa iniziativa può essere vista
22 Articolo 15 del D.L. 25 giugno 2008, n.112.23 Ministero della Pubblica Istruzione, Normative Marzo 2008.
comunque come un buon inizio per considerare la tecnologia
importante nel processo educativo.
L'importanza è quella di far capire che Internet, pur essendo una
straordinaria risorsa per lo studio e per nuove forme di socialità,
tuttavia nasconde anche insidie. Il progetto si pone l'obiettivo di
aiutare i ragazzi ad affrontarle con attenzione e consapevolezza il
mondo del web sia per scopi didattici che ludici; è inoltre rivolto agli
insegnanti e ai genitori allo scopo di affiancare i ragazzi nel percorso
conoscitivo della rete. Docenti e consigli di classe potranno valutare
l'opportunità di utilizzarlo anche in classi diverse da quelle per le quali
è raccomandato.
II. GLI STRUMENTI
“… Le simulazioni al computer, insieme ai
videogiochi e ai micromondi, costituiscono uno dei
modi che possono consentire di realizzare un
apprendimento esperienziale, basato sull’azione,
dove si impara facendo, manipolando oggetti e,
magari, divertendosi.24”
Gli strumenti didattici tradizionali.
2.1 La lavagna nera
Nonostante tutte le rivoluzioni in atto, che hanno portato all’introduzione in tempi successivi di mezzi didattici sempre nuovi, la lavagna nera rappresenta il mezzo più
24 F. Antinucci - Con il computer nelle scuole simulando (e giocando) s’impara -Telèma n.16 – In Internet: http://baldo.fub.it/telema.
utilizzato in assoluto, tanto che, se si pensa a un’aula scolastica, sicuramente la lavagna è la prima cosa che viene in mente. Ciononostante essa è stata sempre poco indagata dal punto di vista della comunicazione didattica, in quanto gli studi hanno sempre avuto per oggetto i mezzi di volta in volta "di moda", trascurando proprio la lavagna che continua a essere sempre utilizzata e passa indenne attraverso le varie rivoluzioni.
La lavagna nera, al pari di altri mezzi dalle tecnologie più sofisticate, è assai complessa da gestire, anche perché l’errore più comune degli insegnanti è quello di usarla solo come una estensione della propria mente. Essa andrebbe usata, invece, come un qualsiasi altro mezzo didattico, cioè dovrebbe servire da ponte fra la mente del docente e quella degli alunni.
Provocatoriamente la lavagna nera può essere pensata come un mezzo sofisticato, composto di hardware, la tavola di ardesia e il gesso, e di un software, l’insieme dei segni che il docente pone su di essa.25
In tutte le aule scolastiche se ne trova almeno una, che serve
all'insegnante per illustrare le proprie spiegazioni alla classe e agli
studenti per scrivere durante le interrogazioni. Le scritte possono
essere cancellate sfregandole con un cancellino: in questo modo la
lavagna si può riutilizzare un numero indefinito di volte.26 Il nome
lavagna si è con il tempo esteso anche a quelle realizzate con
materiali diversi dall'ardesia; in altri paesi dove non sono presenti
cave di ardesia, come Francia e Regno Unito, le lavagne vengono
realizzate con rocce calcaree verniciate di viola. Oggi si sta
diffondendo l'utilizzo di lavagne il cui piano di scrittura (di plastica o di
cartone rigido) è bianco e rivestito da una pellicola di plastica
trasparente e impermeabile, sulla quale si scrive con un pennarello
nero o di altro colore. Le lavagne usate nelle aule scolastiche sono di
grandi dimensioni (in genere due - tre metri di larghezza per un metro
circa di altezza) e di norma sono collocate in posizione verticale di
fronte agli studenti e a lato della cattedra dell'insegnante, appese al
muro oppure montate su un supporto munito di ruote.
2.2 Valore didattico
25 http://www.simonescuola.it/idee/5_5.htm26 Sito internet: www.wikipedia.org/wiki/lavagna.
Attraverso la lavagna l’insegnante può fissare alcuni termini chiave,
mostrare la grafia di nomi poco familiari, svolgere in maniera pubblica
calcoli ed esercizi, tratteggiare piante e disegni, e così via. La lavagna
è uno strumento che privilegia fortemente la scrittura, sia essa
alfabetica o matematica. L’uso della lavagna è più limitato per
presentare le immagini, perché presuppone da un lato che le
immagini siano rappresentabili con l’uso del colore nero della lavagna
e del gessetto, dall’altro che il maestro sia un buon disegnatore. Non
è un caso che le immagini disegnate alla lavagna debbano essere di
necessità sommarie e schematiche, e che talvolta sia necessario
ricorrere a delle estensioni tecnologiche dalla tradizionale lavagna
bianca e nera: gessetti colorati, o lavagne bianche cancellabili su cui
scrivere o disegnare con pennarelli colorati. Ma si tratta di rimedi
parziali, impotenti, ad esempio a rendere la lavagna uno strumento
adatto a mostrare alla classe fotografie e filmati. La dimensione
sonora resta del tutto estranea all’uso della lavagna, almeno nella sua
forma tradizionale. E’ uno strumento di uso didattico immediato,
infatti, l’insegnante non può preparare in anticipo, ad esempio a casa,
schermate di lavagna da utilizzare al momento opportuno e magari
riutilizzare in seguito; inoltre non è possibile conservare la copia di
quanto scritto sulla lavagna, se non copiandolo su carta.
Provocatoriamente la lavagna nera può essere pensata come un
mezzo sofisticato, composto di hardware, la tavola di ardesia e il
gesso, e di un software, l’insieme dei segni che l’insegnante pone su
di essa. E’ un mezzo datato negli anni ed è per questo che ha dei
limiti dovuti alle nuove esigenze didattiche questi limiti sono da
rilevare idealmente nell’hardware, considerando il gesso, che
sfaldandosi, non produce contorni netti e sporca la superficie, nera
diminuendo il contrasto. Costringe l’insegnante a volgere le spalle agli
alunni anche mentre sta parlando; le immagini realizzate su di essa
non possono essere conservate ma devono essere cancellate, spesso
dopo poco tempo, al cambio dell’insegnante al termine dell’ora di
lezione. L’insegnante spesso, utilizza la lavagna come estensione
della propria mente per visualizzare parte del ragionamento che sta
esponendo, tracciando segni (il più delle volte senza ordine e con
grafia illeggibile!)mentre parla. L’alunno è costretto a tenere il ritmo,
spesso frenetico, dell'insegnante, rinunciando a volte - per necessità
di tempistica – a prendere appunti.
2.3 Il libro
Il libro è uno strumento culturale e didattico, fin dalla sua nascita.
Tutto inizia nel 1400, quando i rapporti economici sociali hanno creato
le condizioni tecniche, ed economiche, per la valorizzazione
dell’invenzione della stampa, mettendo a disposizione di una più
vasta utenza l’ambiente fondamentale per l’apprendimento.
Da allora, i processi formali di trasmissione della conoscenza, e in
particolare la scuola, hanno sempre più utilizzato questa modalità,
identificando il sapere in ciò che è verbalizzabile e caratterizzando
l’apprendimento sostanzialmente come la “capacità di decodificare i
simboli e ricostruire nella mente ciò a cui essi si riferiscono."
Esperienza comune è stato il passaggio dalla scrittura manuale all’uso
di un semplice word processor, questo cambiamento avviene anche a
livello di fruizione e manipolazione del testo e dei concetti, portando
ad una modificazione non solo delle modalità di scrittura, ma anche
della costruzione del pensiero.27
27 A. Carletti, A.Varani, Ambienti di apprendimento e nuove tecnologie, Erikson, Gardoli, 2007, pag 237.
2.4 I nuovi strumenti didattici
La tecnologia si applica ai sistemi formativi utilizzando i media
dell’informazione e della comunicazione. La tecnologia didattica ha lo
scopo di coordinare i principali media didattici: Il computer, la lavagna
luminosa, la lavagna interattiva multimediale (LIM), il banco
elettronico ed il video.
Il Computer
Il computer è un apparecchio elettronico che, a livello strutturale, non
ha niente di diverso da un televisore, uno stereo, un telefono cellulare
o una calcolatrice, semplicemente è progettato per svolgere altre
funzioni.
Come tutte le macchine, non ha nessuna capacità decisionale o
discrezionale, ma si limita a compiere determinate azioni secondo
procedure prestabilite (programmi). Si può affermare
paradossalmente, che il computer è in grado di compiere un'unica
azione: eseguire istruzioni; dal momento in cui viene avviato al
momento in cui viene spento, il computer esegue un'istruzione dietro
l'altra senza mai nessuna interruzione (molti milioni di volte per
secondo). Il computer come elaboratore elettronico è identificabile
come un automa, ciò in una macchina che riceve informazioni (INPUT)
e le elabora e le offre in uscita (OUTPUT).
Parlando del computer si deve fare una distinzione fra Hardware e
Software:
per Hardware si intendono tutti i componenti fisici del computer
(circuiti elettrici ed elettronici, cavi, supporti, e in generale tutto
ciò che si può toccare materialmente);
per Software si intendono tutti i programmi, i dati e i documenti
che stabiliscono le procedure di funzionamento della macchina,
e che si trovano registrati sui dischi o nella memoria.
La lavagna luminosa e la lavagna interattiva multimediale
(LIM)
“La lavagna interattiva multimediale, detta anche LIM, è un dispositivo elettronico
avente le dimensioni di una tradizionale lavagna didattica, sul quale è possibile
disegnare usando dei pennarelli virtuali. Tipicamente è collegata ad un personal
computer, del quale riproduce lo schermo. Permette quindi di mantenere il classico
paradigma didattico centrato sulla lavagna, estendendolo con l'integrazione di
multimedia, l'accesso ad internet e la possibilità di usare software didattico in modo
condiviso” 28
Tecnologia nella scuola è spesso sinonimo di "aule per i computer". Ci
sono spazi appositi dedicati alla fruizione delle nuove tecnologie, ma
quanti di noi ancora guardano all'aula come ad un luogo destinato
solo a contenere gli alunni mentre facciamo lezione?
Tutti i mezzi di comunicazione sono caratterizzati da specificità
tecnologiche e linguistiche per la trasmissione dei contenuti. La
lavagna luminosa è una tecnologia semplice sotto l’aspetto tecnico-
linguistico e particolarmente vantaggiosa sotto l’aspetto didattico -
comunicativo, in quanto può essere utilizzata per una molteplicità di
situazioni comunicative. La lavagna luminosa è un proiettore
diascopico, utilizzabile anche in ambienti non totalmente oscurati, per 28 http://www.aula-digitale.it/joomla/component/content/article/46-mondo-20/58-la-lim-lavagna-interattiva-multimediale
ingrandire in modo lineare i segni- grafici, fotografici, scripto-visivi
impressi su supporti trasparenti (fogli di acetato, pellicole fotografiche
ecc.). E’ un mezzo che consente di comunicare con messaggi visivi a
più persone, con modalità multimediali.
La lavagna luminosa è costituita da elementi come la lampada e il
riflettore, dispositivi specifici di raffreddamento della lampada
(ventilatori a pale), il piano di lavoro (superficie di materiale plastico o
di cristallo), la lente Fresnel, l’obiettivo, e lo specchio riflettente.
Esistono due modelli di lavagna luminosa:
- a cassonetto, pesante voluminosa non facilmente trasportabile, ricca
di dispositivi.
- piatta, pieghevole, facilmente trasportabile, dotata di dispositivi
essenziali, adatta ad usi in micro-ambienti.
I materiali utilizzati dalla lavagna luminosa sono i lucidi o trasparenti,
che sono costituiti da pellicole di triacetato di cellulosa per la
visualizzazione scenica. Per scrivere sui lucidi occorrono pennarelli
specifici a inchiostro, poi strumenti come pellicole autoadesive
trasparenti, lettere e numeri trasparenti e autoadesivi di vari colori,
strumenti per cancellare. Esistono poi lucidi appositi per fotocopie e
stampe utilizzati per la produzione scenica sul foglio.
Analizziamo invece l'innovazione della LIM, dove "L" sta per lavagna",
"I" sta per "interattiva" e "M" sta per "multimediale". Da alcuni anni
introdotte in Italia e largamente diffuse in Europa, le Interactive
Whiteboards, questo il nome ufficiale - stanno modificando il modo di
fare lezione.
Collegate al computer, conservano l'efficacia della lavagna classica,
arricchita dalle potenzialità delle nuove tecnologie, per una fruizione
condivisa del pacchetto software o del cd-rom che si sta utilizzando.
Si può disegnare sulla lavagna attraverso una penna ottica particolare
e si può toccare la lavagna per spostare gli oggetti, per farli ruotare,
per appaiarli, per confrontarli e per raggrupparli. L'apprendimento di
semplici concetti come le forme, i colori, le grandezze viene agito!
Pensiamo alle attività tipiche della scuola dell'infanzia, attività che di
solito si fanno manualmente e alla possibilità di "astrarre" dalla
manualità per riflettere tutti insieme sullo stesso spazio elettronico.
Senza mai trascurare il coinvolgimento di tutti i bambini con oggetti
reali da prendere fra le mani e da manipolare ciò che la LIM aggiunge
è la possibilità di vedere, da parte di tutti nell'aula, il "modo di fare",
di manipolare che l'insegnante presenta o che uno dei bambini
propone. La meraviglia della LIM consiste proprio nell'ingrandire con
una lente il comportamento di un "esperto" in un dato compito e
nell'essere di esempio ai molto "novizi" che devono osservare da
vicino come è meglio svolgere una data attività.
Questa lavagna speciale, su cui è possibile scrivere, proiettare filmati,
spostare immagini e altri oggetti multimediali con le mani o con
apposite penne digitali, salvare la lezione svolta sul computer per
poterla riutilizzare in seguito e metterla a disposizione degli allievi,
consente di svolgere lezioni già pronte, oppure modificabili a seconda
delle esigenze, e attività interattive da fare in classe con i ragazzi,
come esercizi per il recupero, laboratori ed esplorazioni virtuali.
La prima lavagna interattiva è stata prodotta nel 1982, ma l’utilizzo
nella didattica si è espanso a partire della fine degli anni Novanta nei
paesi anglosassoni. In Italia ha fatto la sua prima comparsa dopo il
2000, ma dal 2005 si osserva un aumento esponenziale del numero di
lavagne nelle scuole, grazie anche a progetti ministeriali, di enti locali
e allo sviluppo di software didattico per il loro utilizzo.
La sua applicazione didattica è molto versatile: permette un approccio
frontale innovativo, percorsi formativi di tipo collaborativo e
costruzionista e peer education, facilitando alle maestre la
spiegazione di processi, la descrizione di situazioni e ambienti,
l’analisi dei testi grazie alla possibilità di visualizzarli in modo
condiviso su uno schermo comune a tutti, assicurando l’attenzione
sull’oggetto corretto. Non solo, rende il momento di recupero più
dinamico e interattivo, agendo su intelligenze diverse, e migliorando i
risultati di apprendimento, come dimostrato da diversi studi. La LIM
offre la possibilità, di utilizzare facilmente approcci didattici diversi,
grazie anche alla disponibilità di software didattici. E’ uno strumento
che piace anche agli alunni per diversi motivi:
- gli alunni hanno familiarità con il linguaggio delle immagini e dei
filmati;
- le lezioni interattive sono più coinvolgenti e permettono di
comprendere più rapidamente;
- mette a disposizione diversi canali di apprendimento che stimolano
diverse intelligenze;
- l’introduzione della LIM ha favorito attività didattiche di
apprendimento collaborativo che pongono gli alunni al centro del
processo di apprendimenti ed emulazioni di attività laboratoriali.
Il banco elettronico
Oltre alla lavagna elettronica da pochi anni sono entrati in commercio
anche gli Smart Table, ovvero banchi interattivi che consentono il
lavoro in piccoli gruppi. Ideale per la scuola dell'infanzia " Uno
strumento adatto a favorire un apprendimento di tipo cooperativo
(Rosati 2007) poiché i bambini possono interagire e consultarsi per
ottenere il risultato richiesto dall'esercizio. Ad esempio si hanno a
disposizione una serie di immagini da "trasportare" - in senso
letterale, attraverso l'uso dell'indice! - sulla parte del corpo del
manichino che appare sullo schermo. L'introduzione di questi banchi
nelle nostre aule porterà risultati efficaci sia a livello di
apprendimento che di interazione di gruppo. Molteplici sono gli studi
che dimostrano come la multimedialità favorisca l'apprendimento, ma
il banco multimediale consente una magia in più: offre un'occasione
di interazione per raggiungere uno scopo. Non ricorda un pochino
l'interazione in équipe che sta divenendo sempre più caratteristica del
modo di lavorare contemporaneo? Formiamo i bambini a lavorare a
stretto contatto con gli altri fin da subito: il banco interattivo
rappresenta uno dei mezzi più efficaci. E se ancora non abbiamo a
disposizione tali tecnologie nelle nostre scuole? Vengono in nostro
soccorso i software che regolarmente sono fruibili attraverso il
computer.
Il Video
E’ una forma di televisione basata sul supporto di un nastro video
(elettronico magnetico) tramite la videoregistrazione. Il video ha
un’incisione magnetica rispetto al cinema, che garantisce
l’immagazzinamento del segnale elettronico e l’immediata
riproducibilità. I suoi vantaggi sono: l’economia dei tempi, bassi costi
di esercizio produttivo, controllo istantaneo dei risultati. Le
apparecchiature alla base dell’unità operativa sono la telecamera, il
videoregistratore e il monitor. Inoltre ci sono eventuali cuffie,
microfoni, obbiettivi intercambiabili con lo zoom, supporti per la
telecamera e parco lampade.
Caratteristiche funzionali del video
Rilievo funzionale del video, in questo strumento di produzione e
accessibilità per tutti, ciò permette la manipolazione, l’adattamento e
la seriazione del materiale didattico.
- E’ uno strumento di fruizione, è un’efficace tecnica a specchio e
funziona come ausilio a distanza.
- E’ uno strumento di alfabetizzazione televisiva e di educazione
all’immagine quindi ha potenzialità pedagogiche e anche
psicologiche- didattiche, in quanto solleva l’interesse e
l’incentivo al lavoro cooperativo.
Valore didattico
Metodologia di produzione di un video didattico.
Attraverso l’utilizzo del video quindi di una semplice telecamera si
possono riprendere all’interno della scuola, una qualsiasi situazione
quotidiana vissuta a scuola come una gita scolastica, la realizzazione
di un progetto dentro e fuori le mura scolastiche seguendo delle fasi.
Tra i punti da seguire ci sono la fase di ideazione, che riguarda la
scelta di un ambito di ripresa, seguito da una fase di documentazione.
L’introduzione nella scuola delle tecnologie educative hanno
enfatizzato la dimensione di un sapere condiviso, e l’introduzione
della telematica nei processi di apprendimento hanno comportato un
mutamento delle modalità di interazione fra gli alunni.29 Dal punto di
vista socio-affettivo, l’utilizzo della telematica ha migliorato e
agevolato le relazioni tra pari, favorendo la costituzione di numerose
esperienze di reti di apprendimento in contesti cooperativi e
collaborativi che hanno messo in evidenza il valore educativo delle
interazioni tra gli attori dei processi formativi.
I metodi dell’apprendimento cooperativo sono ampiamente adottati
sia in contesti scolastici, come base di attività strutturata di gruppo,
sia in ambiti di educazione degli adulti e formazione e aggiornamento
professionale. I motivi possono essere colti in tre aspetti
fondamentali:
la costruzione attiva della conoscenza;
l’insegnamento tra pari e l’opportunità di sviluppare abilità di
esposizione orale;
il feed-back motivante proveniente dagli altri.
29 Sito internet: www.coopscuola.it
2.5 Cambiamenti nella professionalità docente; da
trasmettitore del sapere a progettista della formazione e
facilitatore di conoscenze
Le nuove tecnologie, nella scuola, comportano una rivisitazione
dell’ambiente formativo e soprattutto una radicale modifica della
professionalità docente.
Il docente non dovrà più essere istruttore rispetto ad un programma
prestabilito, bensì attivatore nel bambino e nel ragazzo di
competenze ad indagare e riflettere sulla realtà con motivazioni
all’auto-apprendimento e all’auto-formazione continua attraverso
l’utilizzo di programmi individualizzati.
La complessità della comunicazione mediatizzata e le sue dinamiche
interattive non emarginano la professionalità docente
“decentrandola” rispetto ai processi d’insegnamento apprendimento,
ma comportano una sua ri–centralizzazione. A livello macro-
pedagogico si è passati da un insegnamento prescrittivo basato sui
programmi, a un insegnamento per obiettivi tassonomici centrato
sulla programmazione e sui traguardi che l’alunno deve acquisire, fino
ad approdare ad un tipo di insegnamento per processi dove ciò che
conta non sono i contenuti del sapere, ma la conoscenza delle regole
per raggiungerli (imparare ad apprendere).
I prerequisiti che consentono agli insegnanti di porsi in condizioni
favorevoli, rispetto ai mutamenti di ruolo che devono affrontare sono i
seguenti:
attitudine positiva verso le TIC;
comprensione delle potenzialità educative delle TIC;
capacità di utilizzare efficacemente le TIC all’interno dei
curricula formativi;
capacità di gestione delle TIC in classe;
capacità di valutazione dell’uso delle TIC a scuola;
capacità di garantire differenziazione e gradualità nell’uso;
competenze tecnologiche in grado di garantire l’utilizzo
appropriato di un’ampia gamma di risorse tecniche e in continuo
aggiornamento.
In materia di tecnologie, la formazione iniziale dell’insegnante è molto
variegata e in alcuni casi confusa sia a livello europeo che nazionale.
Nel testo “European Teachers towards the knowledge Society” è
riportata una panoramica complete della situazione Europea
riguardante il profilo professionale degli insegnanti sulle ICT
nell’educazione, così come si ricava dall’analisi dei processi di prima
formazione e di formazione in servizio in atto nei diversi paesi
Europei. Tra le competenze della formazione iniziale risaltano nei
corsi là dove sono organizzati, l’acquisizione di tre importanti
competenze. La prima riguarda l’acquisizione di competenze di base
nell’uso delle ICT, e sono rivolte a migliorare la produttività
individuale (con strumenti come WP, fogli elettronici, db, software per
presentazioni, grafica, foto), le capacità di accedere all’informazione
(browser, motori di ricerca), le tecniche di comunicazione (e -mail
chat, CMC systems) e la capacità di produrre e pubblicare
informazioni (editori di pagine web). La seconda competenza, si
concentra nell’uso delle ICT per migliorare l’apprendimento di una
data disciplina. In questo caso l’attenzione è sul software didattico
disponibile per quella materia, oppure sull’uso degli strumenti di
produttività individuale all’interno di quella materia, o ancora sull’uso
di strumenti professionali nati all’interno di quella disciplina. La terza
riguarda l’uso delle ICT nella pratica dell’insegnante, e spesso si
focalizza su particolari aspetti di quella pratica.
Risulta chiaro che la professionalità del docente di tecnologie debba
allargarsi e comprendere, oltre le abilità strumentali, anche le
competenze e le abilità specifiche a livello pedagogico, sociologico,
psicologico, didattico, epistemologico, per poter affrontare e gestire
efficacemente la complessità sottesa all’insegnante e all’uso delle
tecnologie. Ne consegue che anche la formazione dei docenti debba
essere di tipo sistemico. Assume particolare importanza non cosa si
insegna in termini di contenuti stabiliti da programmi o indicazioni
ministeriali, ma il come si insegna, ovvero il quadro di riferimento
teorico e metodologico sotteso al processo di insegnamento e
apprendimento. Il docente deve porsi come un progettista della
formazione ed un facilitatore delle conoscenze che, all’interno di un
processo di insegnamento- apprendimento, ha una visione della
conoscenza di tipo complesso, basata su un modello a rete e
sistemico. 30
III. UN NUOVO PROCESSO DI APPRENDIMENTO
3.1 Una definizione di rete
Grazie all’interconnessione globale i computer hanno ormai costituito
una rete, in cui i gruppi si scambiano informazioni impiegando la
tecnologia corrente.
Se la comunicazione è innanzitutto scambio di informazioni,
collegamento, sapere condiviso essa crea una conoscenza diffusa che
modifica il nostro modo di pensare.
La rete viene quindi intesa come luogo di apprendimento/
insegnamento, basato su una forte interattività fra i partecipanti
(alunni, tutor, esperti).
In questo modo di intendere l’uso educativo delle reti che dà origine
all’idea di apprendimento in rete, basato su interrelazioni di soggetti
con un obiettivo conoscitivo comune.
30 V.Pellegrino, S.Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, Anicia, 2010
Quindi la rete, prima di tutto, è una rete di individui oltre che rete
telematica necessaria ad una comunicazione anche a distanza.
Il docente diventerà allora soprattutto un facilitatore, un gestore di
processi educativi, il quale utilizzerà così nuovi linguaggi di
comunicazione un nuovo modo di esporre e sintetizzare le lezioni.
Lo studente non è un fruitore passivo, anzi ciascun individuo avrà la
possibilità di accedere all’informazione e al sapere, riflettendo, e,
organizzando il suo percorso di apprendimento.
3.2 Quali sono le teorie di apprendimento?
I processi di apprendimento che con il passare degli anni sono stati
analizzati e studiati, in relazione alle nuove tecnologie, hanno
modificato il loro approccio.
Derrick De Kerckhove, allievo e in un certo senso erede di Marshall
McLuhan31 e direttore dell’omonima scuola di Toronto, introduce il
concetto di psicotecnologie come una forma di estensione del
pensiero:
“Come l’invenzione della scrittura ha trasferito la
memoria del corpo al testo e la televisione ne ha
sancito il passaggio dalla mente allo schermo, oggi
31 M.McLuhan, sociologo canadese, ritiene che la rivoluzione dei mass media non consiste nella capacità di trasmettere contemporaneamente lo stesso messaggio a milioni di persone, ma nell’essere essi stessi messaggi a loro volta, per cui il “medium è messaggio”
Internet va trasformando la memoria in un
ambiente virtuale al di fuori del corpo e degli
schermi”.32
I principali riferimenti teorici sullo sviluppo cognitivo ai quali le diverse
metodologie – nel loro avvicendarsi e concatenarsi – fanno
riferimento, possono essere individuati nelle tre grandi matrici del
comportamentismo, del cognitivismo e del costruttivismo. Con il
succedersi dei diversi paradigmi teorici di riferimento è venuta a
modificarsi, di conseguenza, anche la progettualità didattica delle
tecnologie nella scuola.
La teoria comportamentista, che annovera Burrhus Frederic
Skinner e John Broadus Watson tra i suoi maggiori rappresentanti,
intende lo sviluppo come un modellamento progressivo del
comportamento in relazione all’ambiente. L’apprendimento viene
inteso come un << condizionamento operante>> - in particolare da
Skinner – che attribuisce alla realtà esterna un ruolo determinante nel
produrre il cambiamento evolutivo. L’obiettivo didattico consiste nel
condurre lo studente ad acquisire determinati comportamenti
attraverso il meccanismo della risposta ad un rinforzo esterno –
stimolo- che può essere di tipo positivo o negativo. Nel primo caso il
rinforzo produce una risposta la cui conseguenza avrà una
ricompensa; nel secondo caso la risposta determinerà l’eliminazione
dello stimolo dannoso. Il processo di insegnamento-apprendimento
avviene, dunque, in modo meccanico. Applicando i principi del
condizionamento operante all’apprendimento umano, Skinner elabora
la teoria dell’”istruzione programmata” dando il via al settore delle
tecnologie didattiche. È sul finire degli anni Cinquanta che si parla,
32 Questa citazione è tratta da un’intervista con Derrick De Kerckhove di Francesca Leoni (1998), Rischi pochi, vantaggi tanti, oggi è meglio studiare on line, Telema 12.
così, di “tecnologie dell’istruzione” basate sul paradigma
comportamentista che vede nell’istruzione programmata e
nell’impiego delle macchine nei processi di apprendimento, teorizzati
da Skinner, gli elementi caratterizzanti di una didattica che prevede la
scomposizione di ogni concetto o nozione da apprendere in tante
singole parti, fino ad arrivare al livello più semplice. A partire da
queste unità elementari, vengono presentate quelle via via più
complesse, alle quali lo studente accede solo se ha superato il livello
precedente. L’attività di insegnamento è caratterizzata, dunque, da
percorsi didattici predefiniti, da strumenti e mezzi utilizzati proprio
per la loro funzione specifica, per il raggiungimento di scopi
particolari. Quest’ottica attribuisce un ruolo di primo piano alla
macchina nella gestione del processo di apprendimento – computer
tutor – tanto che ad essa viene attribuito un ruolo quasi di sostituto
dell’insegnante.
La teoria cognitivista – espressa soprattutto dalle teorie di Jerome
Bruner – pone l’attenzione sui processi interni, sulle capacità
cognitive e considera l’importanza dei fattori cognitivi che influiscono
e possono favorire il raggiungimento degli obiettivi didattici. Un ruolo
determinante è svolto da alcune variabili cognitive interne che
consentono, a ciascun individuo, di interpretare gli stimoli in modo
diverso e, di conseguenza, di reagire ad essi con modalità personali.
Questo paradigma pone il calcolatore come modello per
rappresentare il funzionamento della mente e afferma che il
comportamento si organizza attraverso la creazione di schemi
cognitivi, che con l’esperienza diventano più complessi. La reazione
agli stimoli non è uguale in tutti gli individui, poiché il comportamento
non è guidato solo da rinforzi e punizioni, ma anche da aspettative e
scopi individuali. ….] Tra gli anni ’80 - ’90 si passa dal modello mente
elaborazione di informazione, proprio del cognitivismo, al modello
mente costruzione attiva di significati, elaborato dal
costruttivismo. Secondo questo modello lo studente costruisce da
solo le proprie strutture intellettuali tramite le interazioni con
l’ambiente. Lev Vygotskji, Jerome Bruner e Seymour Papert, esponenti
di questa corrente, sottolineano l’importanza dell’utilizzo delle
tecnologie nei processi di apprendimento, configurandole
rispettivamente come scaffolding, come amplificatori delle abilità
umane e come oggetti con cui pensare. Con il costruttivismo, dunque,
entrano in crisi i precedenti modelli razionali/lineari e si parla di
tecnologie educative, dando importanza ai nuovi ambienti di
apprendimento, svincolati dai limiti spazio- temporali, caratterizzati
dal cyberspazio e dai telemedia. Il costruttivismo determina
importanti implicazioni nel modo di considerare l’educazione,
l’allestimento degli ambienti didattici, il tipo di relazione tra studenti e
docente e la “filosofia d’uso” delle nuove tecnologie. Dal computer
inteso come tutor dalla teoria comportamentista, con il costruttivismo
si è passati ad una visione più ampia che intende il mezzo come un
<<utensile cooperativo/ collaborativo>>. Il modello del
costruttivismo è, dunque, ritenuto oggi – da coloro che si occupano
delle teorie dell’apprendimento, dai progettisti dell’educazione, dagli
studiosi di Tecnologie dell’educazione – quello che risponde più
efficacemente alle istanze della società complessa. 33
3.3 Cooperazione e computer
L’utilizzo del computer a scuola a volte è condizionato da un
eccessivo tecnicismo che blocca le spinte creative degli alunni e frena
la capacità di collaborare e cooperare con i compagni. È necessario
un approccio diverso che si muova verso l’obiettivo di collegare
maggiormente l’uso degli strumenti informatici alle normali attività
previste nella programmazione didattico – educativa della classe,
33 V. Pellegrino, S.Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, Anicia 2010
attraverso un approccio cooperativo. Nella scuola pur avendo degli
strumenti a disposizione degli studenti e dell’attenzione rivolta a tutte
le loro possibili applicazioni, non ci sono stati risultati positivi e
rilevanti. Questo è accaduto e accade per diverse ragioni:
l’uso dell’aula o del laboratorio di informatica è stato, in molti casi,
finalizzato all’apprendimento di aspetti tecnici, come imparare a
usare strumenti e programmi, non sempre collegati alle normali
attività didattiche. Ciò ha comportato la definizione di un ambito, <<
l’ora di informatica>>, nella quale esercitarsi e apprendere tenendo
conto solo marginalmente degli obiettivi didattici e sociali che
caratterizzano il lavoro di una classe e di un gruppo che crescono
insieme;
è stato adottato un approccio a volte eccessivamente rigido e poco
attento alle modalità originali nell’uso degli strumenti da parte degli
alunni. Questo ha portato a un abbattimento delle spinte creative e
divergenti di cui gli alunni molto spesso sono portatori, con effetti
negativi sulla motivazione verso tali attività;
gli insegnanti, in alcuni casi, hanno trovato difficoltà a gestire le
diverse attitudini e abilità manifestate dagli alunni rispetto all’uso del
computer, con il risultato di proporre attività che non stimolavano
adeguatamente quelli più esperti;
la scelta di un’impostazione didattica prettamente individuale
nell’uso del computer, trascurando le possibili applicazioni
collaborative e cooperative che gli strumenti informatici possono
garantire, ha limitato la possibilità di raggiungere importanti obiettivi
sociali e l’integrazione di tutti gli alunni nelle attività stesse.
I punti elencati possono rappresentare ostacoli alla vera efficacia
didattica dei computer. Il rischio consiste nell’usare il computer per
imparare il computer, ponendo agli alunni una sterile sequenza di
apprendimenti meccanici e fini a se stessi e non esplicitando gli
obiettivi e l’utilità reali e immediati delle attività nel contesto della
vita della classe e della programmazione educativa e didattica. Per
riportare il computer alla sua giusta funzione di uno strumento per le
attività didattiche condivise da tutti gli alunni della classe è
necessario che sia proprio la classe a determinare, con i propri bisogni
educativi, le proprie abilità e attitudini e i propri desideri,
l’impostazione del lavoro e l’approccio al mezzo. Partire dalle richieste
e dalle esigenze degli studenti significa:
1. prendere lo spunto dai bisogni concreti della classe e delle
attività didattiche reali per le quali possa essere utile usare il
computer;
2. stimolare un approccio collaborativo per utilizzare tutte le
risorse legate alla competenza che manifestano gli alunni, al
fine di supportare i compagni meno esperti e preparati;
3. prevedere una struttura di lavoro impostata secondo una
modalità cooperativa nella quale sia contemplata una prima
fase di distribuzione di specifici compiti e una successiva di
assemblaggio dei lavori realizzati, in vista di un prodotto finale
di tutta la classe;
4. evitare l’impostazione eccessivamente tecnica del lavoro,
stimolando gli alunni a utilizzare la loro creatività e la loro
fantasia, anche attraverso modalità di esecuzione originali e
divergenti;
5. fare vivere il lavoro nel laboratorio di informatica come un
momento di chiaro collegamento con la normale attività
didattica, in vista di obiettivi didattici e sociali ben visibili e
dichiarati;
6. incoraggiare gli alunni a scoprire e utilizzare le enormi
potenzialità che la rete di Internet offre in vista della ricerca di
materiali utili per la conoscenza e l’apprendimento;
7. utilizzare le nuove ed efficaci modalità di comunicazione, in
particolare la posta elettronica, che consentono di avvicinare e
conoscere persone che vivono in realtà diverse dalla nostra e
avviare con esse una corrispondenza attraverso gli strumenti
informatici.
3.4 Didattica e internet
L’arrivo di Internet con il www ha aperto un nuovo mondo provocando
una mutazione culturale e antropologica.
In ambito educativo internet è considerata oggi come uno
straordinario strumento per distribuire informazione e collegare
scuole, università, istituzioni. Si tratta di una visione che le conferisce
la capacità di espandere, ottimizzare e modernizzare l’impianto
formativo stabilmente e tradizionalmente assunto. […] Le capacità
inclusive di Internet non si limitano ai media e agli oggetti che la
caratterizzano, ma coinvolgono anche i soggetti, soprattutto giovani,
che in tali ambienti modificano e amplificano il loro modo di abitare il
mondo, approdano a trasformazioni antropologiche con le quali la
scuola non si è ancora adeguatamente e profondamente rapportata. 34
Con internet nasce la scuola dell’era digitale e si va verso un tipo di
34 L. Fasolino, G. Moscato, Quando la scuola si affaccia sulla rete, Ancia 2009
scuola dove molti materiali saranno organizzati in ipertesti e video.
Internet non soltanto ci permette di ampliare la conoscenza al di là
della forma scritta, ma spinge verso un’organizzazione reticolare del
sapere. Bisogna, pertanto, ripensare l’intera attività scolastica dove
ha dominato un’organizzazione del sapere lineare e gerarchico,
caratterizzata da una rigida divisione per materie. Nella scuola si è
partiti dagli strumenti più semplici messi a disposizione
dall’informatica, di cui la posta elettronica è diventato il medium più
diffuso, fino alla scoperta e allo sviluppo di un web fortemente
interattivo che ha portato alla ribalta altri strumenti della
comunicazione come l’e-board e il forum. Si distinguono quelli che
utilizzano modalità sincrone in real time e asincrone in tempo
differito. Tra i primi le chat line e la videoconferenza, mentre i
medium per la comunicazione differita sono l’e-mail, l’e-board e il
forum, a cui vanno aggiunte le mailing list e i news group. Questi
strumenti vengono utilizzati maggiormente nella scuola primaria dalle
insegnanti che hanno alla possibilità di scambiarsi opinioni, progetti in
rete. Le prime reti telematiche soprattutto nella scuola primaria
hanno fatto uso esclusivo della posta elettronica che è stato
migliorato attraverso la bacheca elettronica che consiste in un
ambiente web plurifunzionale con accesso criptato, dove vengono
depositati i messaggi di posta elettronica, file, documenti, data base e
rappresenta per le comunità virtuali uno strumento e una memoria
organizzativa di estrema importanza per l’interattività del gruppo. I
forum online sono spazi di interscambio interattivo sincrono dove su
specifiche arre telematiche si aprono discussioni e confronti che
alimentano positivamente il clima condiviso di una comunità di
apprendimento, mentre la mailing list o liste di discussione consistono
nell’avvio automatico di un messaggio di posta elettronica con un
sistema a stella ad un elenco di iscritti nella mailing list e affrontano
gli argomenti più disparati.