LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE
IULM
Corso di Laurea in Comunicazione e gestione nei mercati dell’arte
e della cultura
MILANO
AL DI LÀ DELLA PAGINA.
TRISTRAM SHANDY E L’AVANGUARDIA FUTURISTA A
CONFRONTO.
Docente che ha assegnato l’argomento della prova finale
Chiar.ma Prof.ssa Paola Carbone
Prova finale di:
Valeria Pitinzano
Matr. N. 1001736
Anno Accademico 2010/2011
1
INDICE
INTRODUZIONE ..................................................................................... 2
1. LA RIVOLUZIONE TIPOGRAFICA ..................................................... 7
1.1. Le innovazioni futuriste in letteratura .......................................... 7
1.2. Tristram Shandy e Futurismo: aspetti tipografici ....................... 10
2. OLTRE IL LIBRO: L‟IPERTESTO ...................................................... 26
2.1. La scrittura non-lineare ..................................................................... 26 2.2. L‟ipertesto sensoriale e i nuovi materiali ................................... 38 2.3. Declamazione/ Oralità .............................................................. 47
3. LA SPIRALE ..................................................................................... 50
CONCLUSIONI ..................................................................................... 66
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 67
SITOGRAFIA ........................................................................................ 70
2
INTRODUZIONE
Ogni secolo vede nel proprio fluire culturale movimenti artistici che frappongono ad
una accademica persistenza della tradizione il più alto e rivoluzionario slancio della
fantasia e dell‟invenzione, andando così a costituire un elemento di “frattura” nel
radicato tessuto di una sensibilità di volta in volta convenzionale.
L‟argomento che intendo affrontare nella mia tesi volge lo sguardo verso tali esempi
innovativi, proponendo l‟analisi comparativa di due contesti che possono essere a
pieno titolo inseriti fra questi ultimi: il Tristram Shandy e il Futurismo.
La loro immensa portata è cosa nota, ma raramente essi vengono messi in relazione
ai fini di stabilire un gioco di influenze e similitudini, che, lungi dal volerli eguagliare,
possa riconfermare il Futurismo nel solco della ribellione del Novecento italiano e, in
modo assai più rilevante, mettere in luce l‟incisivo potere precursore dell‟opera
sterniana.
L‟effetto esercitato sul presente dal romanzo The Life and Opinions of Tristram
Shandy, gentleman, pubblicato in nove volumi fra il 1759 e il 1767 ad opera del
reverendo Laurence Sterne, è stato indagato in lungo e in largo, con esiti che
portano a definirlo progenitore dell‟avanguardia in quanto antiromanzo, meta-
romanzo ed iper-romanzo, con riferimenti che giungono fino a Calvino, a Perec, e,
per quanto riguarda la narrazione umorale, addirittura a Foscolo e a Pirandello.1
Inoltre il rapporto con l‟avanguardia, non solo letteraria, fu sottolineato già nei primi
anni Venti dal formalista russo Viktor Sklovskij che in Teoria della prosa afferma: “è
tutto regolato, come in un quadro di Picasso”, rivelando l‟attitudine decostruttiva e
non lineare dell‟opera, assimilabile con gli oggetti cubisti.2
La predilezione per una narrativa della “coscienza”, dove il tempo interiore dilata
all‟infinito il tempo delle lancette, pone l‟accento su evidenti analogie riscontrabili, uno
su tutti, in Joyce. E ancora, per le celebri invenzioni tipografiche le pagine di Sterne
precedono quelle di Tzara, di Man Ray, e dei grandi Apollinaire e Mallarmè.
Analogamente non è messa in discussione la matrice rivoluzionaria di quella che,
con i suoi manifesti, con le parole in libertà, con i collage ed i dipinti, rappresenta
l‟unica avanguardia italiana della cultura europea.
1 Per un approfondimento sull‟argomento è possibile fare rifermento a G. Mazzacurati, Effetto Sterne.
La narrazione umoristica in Italia da Foscolo a Pirandello, Pisa, Nistri-Lischi, 1990. 2 V. Sklovskij, Teoria della prosa, Torino, Einaudi, 1976, p. 210.
3
Entrambe le esperienze oggetto della presente analisi si caratterizzano quindi per
essere quella voce “fuori dal coro” che, nei rispettivi contesti di appartenenza
differenti, segnano un punto di svolta e di rottura con i rigidi schemi precostituiti dalle
correnti dominanti. Tenendo di conseguenza ben presente la distinta essenza
contenutistica, oltre che temporale e culturale, di cui esse vivono è possibile
accostarle conducendo un discorso in parallelo che andrà ad approfondire, sulla
base di evidenti tratti in comune, le reciproche similitudini strutturali, tipografiche e
non ultime concettuali.
Come già detto in precedenza, non esistono ad oggi studi che si dedichino
essenzialmente a questo particolare confronto, e ciò è senza ombra di dubbio
imputabile alle indiscutibili diversità che dividono i due contesti tenendoli ben
separati. All‟interno di argomentazioni ben più ampie riguardanti le innovazioni
futuriste non è raro, a discapito di quanto detto, notare che fra le fonti della
sconvolgente rivoluzione tipografica, irrompente nel tessuto verbale dell‟avanguardia,
venga inserito un rimando non a caso al Tristram Shandy e alle sue stranezze di
impaginazione, fra le quali trattini di varia lunghezza, linee sagomate, grafemi,
asterischi ed elenchi. Ed è proprio all‟interno di questa documentata certezza che
intendo inserire l‟avvio del mio lavoro, che partendo dalle attestate analogie in campo
tipografico, si snoderà attraverso il complicato mondo della narrazione ipertestuale e
non lineare, intesa essa non solo in senso stretto, ma anche e soprattutto come
commistione di sfere sensoriali differenti imprescindibili ai fini di una completa
fruizione dell‟opera, per poi concludersi con il fondamentale assunto della libertà
inventiva, simboleggiata quest‟ultima dal comune utilizzo del motivo iconografico, e
non solo, rappresentato dalla spirale.
Nel primo capitolo effettuerò un‟iniziale panoramica sulle innovazioni futuriste in
letteratura, prendendo in considerazione lo studio dei manifesti tecnici pubblicati dal
caposcuola del movimento, Filippo Tommaso Marinetti, fra i quali assume congeniale
importanza, per l‟argomento trattato, Distruzione della sintassi- Immaginazione senza
fili- Parole in Libertà, databile al 1913. In esso infatti viene annunciata la rivoluzione
tipografica diretta contro la passatista concezione del libro, ovvia conseguenza di
un‟impellente e improrogabile necessità di cambiamento che avrebbe dovuto
interessare e toccare ogni settore dell‟arte. Tale sconvolgimento dello scheletro e
dell‟impianto strutturale della pagina stampata è al servizio di quella che è
considerata la vera invenzione e il tratto distintivo del movimento, ovvero la nascita
4
delle “parole in libertà”, attuata essa con l‟abolizione della sintassi e dei nessi logico-
strutturali della frase. Successivamente il discorso si inoltrerà verso il reale nucleo
tematico, andando ad approfondire l‟importanza che a sua volta l‟inconsueta
impaginazione assume nel Tristram Shandy, nel quale rivestono un ruolo primario le
scelte figurative, quali l‟inserimento di asterischi e di pagine totalmente visive,
connotazioni messe in parallelo con le analoghe sperimentazioni futuriste. Citerò un
variegato numero di opere del futurismo e diversi passi del libro di Sterne, che
testimonieranno verbalmente e soprattutto visivamente le similitudini stilistiche
presenti e comuni ad entrambi. Esse inizieranno a costruire l‟immaginario ponte di
collegamento fra i due repertori artistici, scopo quest‟ultimo della mia tesi.
Acquisterà particolare importanza e sempre maggiore evidenza durante
l‟argomentazione il tratto che forse più di tutti sottende e conferma una certa affinità:
la partecipazione attiva del lettore che, coinvolto in un universo di caratteri di stampa
e di illustrazioni a lui estranee durante il normale percorso di fruizione, è costretto a
ricostruire in prima persona i passaggi mancanti e i significati celati. Si vedrà inoltre
come il messaggio, coadiuvato dai valori iconici, acquisterà fisicità, visualità,
gestualità e corporeità, mettendo in crisi il modello della scrittura lineare e
sconfinando in forme espressive altre, quali la pittura o il teatro.
A questo proposito mi concentrerò nel secondo capitolo sulla connotazione
ipertestuale, ben riferibile sia al Tristram Shandy che al futurismo, che preannuncia la
moderna era tecnologica e multimediale, fatta di link e di commistioni fra sfere
sensoriali differenti, con la compresenza accanto al testo di suono/video/immagine.
Il primo paragrafo riguarderà la scrittura non lineare ed in particolare l‟analisi delle
strutture narrative interne all‟opera sterniana, che procedono grazie ad un
meccanismo fatto di progressioni e soprattutto di digressioni. Queste ultime,
frammentando la linearità del racconto, concorrono a creare la sensazione di caos
apparente che ogni lettore avverte approcciandosi al romanzo, e determinano quella
che può sembrare una non consequenzialità fra gli avvenimenti proposti, tali da
poterli leggere nell‟ordine che più si preferisce. Verrà sottolineato però come queste
considerazioni siano errate e frutto di un apposito ordine-disordine creato dall‟autore,
con il preciso intento di attuare una parodia delle forme prosodiche tradizionali. In
seguito si approfondirà l‟aspetto che caratterizza le opere ipertestuali, ovvero l‟effetto
di simultaneità, dato dalla “convivenza” temporale di più piani narrativi riguardanti
ambienti lontani nello spazio e a volte anche nel tempo. Tale concetto è riconducibile
5
tanto alla narrazione di Tristram, che procede con un‟orchestrazione quasi teatrale e
cinematografica delle scene, quanto alle opere futuriste, che fanno delle visioni
simultanee l‟effige della dinamicità universale. Dopo una breve parentesi dedicata
alla pittura, che per prima elabora la tematica in questione, il discorso tornerà ad
occuparsi del campo letterario. In esso Marinetti, con il suo primo libro parolibero
Zang Tumb Tuuum, attua una narrazione che procede per un assemblaggio e
montaggio di capitoli. Come si vedrà l‟abolizione della sintassi, della punteggiatura e
l‟utilizzo di uno stile telegrafico catapulta il lettore nel bel mezzo degli avvenimenti,
regalandogli la sensazione di simultaneità di situazioni, gesti ed accadimenti. Pratica
questa che avvicina il romanzo ad un cyber testo dove la fruizione diventa “evento”
ed “esperienza”.
Le strutture non lineari inoltre sono le forme testuali più consone a registrare i
tortuosi pensieri umani, e a rendere perfettamente l‟impossibilità di ridurre
l‟esperienza a rigidi percorsi logico-consequenziali. L‟IO moderno non è assoluto, ne
esistono molteplici in base alle situazioni con le quali il soggetto entra in contatto, e
ne consegue così che la linea che rappresenta tale percorso non può essere quella
retta. Analizzerò in merito la teoria di Locke per quanto riguarda il romanzo sterniano
e le “coscienza molteplici e simultanee” in uno stesso individuo di Marinetti.
Nel secondo paragrafo tratterò invece l‟ipertesto nella sua accezione più vasta di
integrazione di diversi media, riconducibili a territori differenti dalla letteratura e
sconfinanti soprattutto nella pittura, nel teatro ed in particolare nella musica. Si vedrà
come il futurismo miri al raggiungimento di un ipertesto sensoriale, che unisca al
testo sfumature mai appartenutegli prima, quali il tatto, l‟odore e soprattutto il rumore,
secondo quello che viene definito “lirismo multilineo”. Marinetti teorizzando l‟uso
dell‟onomatopea definisce la sua finalità non solo fonetica, ma anche olfattiva e
tattile. Successivamente ad una serie di esempi a riguardo, l‟argomentazione si
poserà nuovamente sul Tristram Shandy, ricordando quanto la veste verbo-fonetica
sia importante anche fra le sue pagine, attitudine testimoniata dal Lillabullero, il
motivetto fischiato dallo zio Toby. Chiuderà il paragrafo un breve riferimento
all‟attenzione posta da Sterne sugli aspetti pittorici, esemplificati dall‟attenta
descrizione visiva delle posture assunte dai personaggi, ed in particolare dalla nota
scena di Walter Shandy che intento a conversare, mentre scende le scale, rifà più
volte lo stesso gradino. L‟iconografia del manichino che scende le scale è nota alla
6
produzione dadaista, debitrice del Tristram Shandy3, e forse non a caso anche a
quella futurista, come testimonia un disegno di Marinetti ad illustrazione del libro Il
suggeritore nudo. Simultaneità futurista in undici sintesi, finalizzato fin da subito alla
riproduzione teatrale.
Il terzo paragrafo tratterà infine la forte componente orale che caratterizza i due
contesti artistici, focalizzandosi sulla Declamazione dinamica e sinottica del
caposcuola futurista e sulla presenza di trattini all‟interno del testo nel romanzo di
Sterne, che rendono la gestualità e il ritmo dell‟incedere della lettura di un ipotetico
declamatore orale.
Nel terzo ed ultimo capitolo, come anticipato, si evidenzierà l‟importanza
dell‟invenzione finalmente libera e della creatività senza limiti precostituiti,
simboleggiata dal motivo iconografico della spirale. Essa è largamente presente, sia
evocata a parole che disegnata sul foglio, nel Tristram Shandy, il cui esempio più
rilevante è la serpentina tratteggiata nell‟aria dal bastone del caporale Trim ad
indicare le gioie del celibato nel IV capitolo dell‟ultimo volume. Verrà definita
l‟importanza del letterato Jarry, inventore della patafisica il cui simbolo è proprio la
spirale, sull‟opera successiva Roi Bombance di Marinetti. Jarry a sua volta attinse
dall‟opera sterniana per il suo Gestes et Opinions du Docteur Fraustroll,
pataphysicien. Seguiranno una serie di citazioni estrapolate da articoli dell‟epoca per
sottolineare le reciproche influenze. Non mancherà inoltre l‟approfondimento dei
manifesti futuristi nei quali viene annunciata l‟abolizione della linea retta (ad
esclusione di Marinetti) a favore di quella curviforme e la presenza di opere dove è
possibile riscontrare l‟esistenza di tale motivo iconografico.
Il discorso condotto attraverso il procedere ed il susseguirsi dei tre capitoli, all‟interno
dei quali sono costanti i riferimenti reciproci, spera così in ultimo di aver aggiunto allo
studio di esperienze artistiche affrontate sempre e solo singolarmente un
arricchimento dotato di comuni influenze e simili corrispondenze, tali da riconfermali
in tutta la loro, seppur in gran parte differente, carica innovatrice e rivoluzionaria.
3 Per un approfondimento sull‟argomento è possibile fare rifermento a A. Sbrilli, La presenza del
Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it, sezione Arts. Oppure in Storia dell‟arte, n.118, settembre-dicembre 2007, anno XXXIX, diretta da Maurizio Calvesi.
7
1. LA RIVOLUZIONE TIPOGRAFICA
1.1. Le innovazioni futuriste in letteratura
“Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana, la carta a mano secentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi mitologici, nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l‟espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre nella pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d‟inchiostro, e anche venti caratteri tipografici diversi, se occorra”.4 (FIG.1)
Così tra il rivoluzionario e il dissacrante suona la più complessa delle proposte
marinettiane, che trova un‟iniziale concretizzazione nel completo stravolgimento
dell‟architettura della pagina per poi finire, dopo anni di intese elaborazioni, con il
rifiuto della forma fisica stessa del libro. Innovazioni di tale portata precedono non
dissimili enunciazioni di successive correnti artistiche e configurano per la prima volta
il quadro di un‟avanguardia “totale”.
Il movimento affonda le proprie radici nel manifesto Le Futurisme 5, redatto dal
caposcuola Filippo Tommaso Marinetti, e pubblicato dal popolare quotidiano
francese Le Figaro nel 1909. È presente fra queste righe un fuoco nuovo: al tono
discorsivo e spesso didascalico se ne sostituisce uno lirico e aggressivo, all‟impianto
raziocinante fa contro un‟affabulazione ricca e movimentata.6 L‟artista oppone alla
bellezza tradizionale una nuova bellezza fondata sulla velocità, la tecnologia e la
rivolta. I futuristi, come più tardi i surrealisti e i dadaisti, furono animati dal desiderio
di “cambiare vita” ed il furore tecnologico non era fine a se stesso, bensì si
4 F.T. Marinetti, Distruzione della sintassi - Immaginazione senza fili - Parole in libertà, 1913, in
Manifesti Futuristi, a cura di Guido Davico Bonino, Milano, Pillole Bur Rizzoli, 2009, p. 120. D‟ora in poi il titolo Manifesti Futuristi viene abbreviato in MF. 5 F.T. Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909, in MF, cit., p. 39.
6 L. De Maria, Marinetti e la letteratura futurista, in Futurismo, E. Coen, Firenze-Milano, Art e Dossier,
Giunti Editore, 2008, p. 52
8
accompagnava all‟ansia di un rinnovamento totale che doveva esplicarsi non solo
nell‟arte strettamente intesa, ma in quella particolare commistione fra arte e vita
definita “arte-azione”.7 L‟appello iconoclasta del primo manifesto, invocante una
necessaria distruzione delle fondamenta di tutte le arti, propedeutica ad una vera
rinascita, squilla al suono delle parole: “E vengano dunque, gli allegri incendiari dalle
dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!... Suvvia date fuoco agli scaffali delle biblioteche!...
Sviate il corso dei canali per inondare i musei!...”.8
La crociata combattuta contro la dittatura del libro tradizionale è dunque in funzione
dell‟avvento di una nuova comunicazione scritta, in cui la pagina stampata diventa
corpo vivo e parte integrante dell‟opera stessa, non solo mero supporto.
La rivoluzione deve avvenire in tipografia, con gli strumenti della stampa, i caratteri,
la carta con il suo peso e il suo colore, l‟inchiostro, la pagina, intesa non come
schermo passivo e vincolato a rigide leggi dell‟armonia, ma al contrario, vissuta come
campo dinamico da utilizzare in funzione lirico espressiva. La tipografia si emancipa,
non più ancella della scrittura, è chiamata a svolgere un ruolo essenziale nella
costruzione di un‟opera. Questa prassi è maturata nel vivo di un altro grande
progetto, forse di più ampia portata, ovvero la teoria e la pratica delle “parole in
libertà”, vivamente caldeggiata nei due manifesti9 di Marinetti, rispettivamente del
1912 e del 1913. Il letterato abolisce la sintassi e le regole della lingua vigenti fino a
quel momento, infrange le rigide strutture della frase, maledice avverbi ed aggettivi
ed impone la creazione di uno stile telegrafico. Tali presupposti rappresentano un
assalto alle forme prosodiche tradizionali, le quali non solo non sono più rispettate,
ma addirittura scompaiono in composizioni dove l‟aspetto principale è basato
principalmente sull‟effetto visivo. Svanita infatti l‟importanza dell‟illustrazione intesa
tradizionalmente come allegato posteriore al testo, tutti gli aspetti visivi si risolvono
nell‟ambito della scrittura. Strettamente funzionali a questo intento, compaiono così
le parole deformate, composte, allungate, caratterizzate e rigidamente regolarizzate
dall‟uso espressivo dei caratteri e dei corpi delle lettere. Proiettato verso
l‟extraterritorialità della scrittura, il paroliberismo, supportato dall‟apparato tipografico,
postula uno sconfinamento nella pittura e nella performance teatrale, coinvolgendo la
totalità dei cinque sensi nella fruizione.
7 Ibid., p. 52
8 F.T. Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909, in MF, cit., p. 45.
9 Manifesto tecnico della letteratura futurista del 1912 e L‟immaginazione senza fili- parole in libertà
del 1913.
10
1.2. Tristram Shandy e Futurismo: aspetti tipografici
La poetica futurista, come ogni altro movimento, risentì dell‟influenza dell‟allora
molteplice sostrato culturale, causa di confronto, ispirazione e a volte netto distacco.
Non sono pochi gli elementi desunti dall‟area simbolista e decadentista, fra i quali le
sinestesie, l‟analogismo e le corrispondenze.
Per quanto riguarda l‟aspetto visivo e tipografico si può ricordare fra le fonti di questa
profonda rivoluzione un‟opera ben più datata del classico esempio mallarmeano (il
quale a sua volta ne attinse a piene mani), un libro considerato prototipo del romanzo
moderno: The life and opinions of Tristram Shandy, gentleman 10 di Laurence Sterne,
pubblicato in nove volumi fra il 1759 e il 1767.
Non stupisce che questo singolare romanzo sia stato più volte citato quale
precursore delle Avanguardie del Novecento, con particolare riferimento allo spirito
del Dada, che dal nome agli espedienti tipografici ne ricalca celebri passi.
Allo stesso modo, analizzando quelle che appaiono delle evidenti analogie, è
possibile attribuire al Tristram Shandy, o alle correnti artistiche postume che gli sono
debitrici, un posto fra gli scaffali della libreria futurista.
Sterne gioca con la parola, la disseziona, la sostituisce con pagine vuote e con segni
grafici, rinnovando drasticamente la rigida struttura del libro di epoca settecentesca.
A sua volta, come già detto, il futurismo stravolge l‟impaginazione delle parole,
inserisce lettere di ogni dimensione e carattere, simboli matematici, grafemi,
asterischi, puntini di sospensione; in poche parole tutto ciò che il repertorio
tipografico offre.
In maniera del tutto strabiliante Sterne concretizzò nella propria opera, con un largo
scarto temporale, quello che dal Futurismo al Dada e dal Surrealismo all‟arte
contemporanea diventerà l‟assunto fondamentale di ogni opera: la partecipazione
attiva dello spettatore/ lettore. La presenza di elementi estranei alla lettura del testo,
di simboli per la tradizione inconciliabili con la sintassi delle frasi, implica lo
straniamento del lettore con la conseguente necessità di uno sguardo attento, vigile
a ricostruire i passaggi mancanti ed i collegamenti sottintesi. Di questa nuova
responsabilità venne investito tanto l‟autorevole lettore settecentesco del Tristram
Shandy11 quanto il moderno lettore delle tavole parolibere futuriste. Pagine del
10
L. Sterne, Vita e Opinioni di Tristram Shandy, introduzione di Attilio Brilli, Milano, BUR, 2008. 11
D‟ora in poi abbreviato in TS.
11
romanzo e opere del movimento d‟avanguardia vengono quindi qui di seguito
analizzate e confrontate al fine di metterne in luce i tratti distintivi affini,
privilegiandone l‟aspetto tipografico.
Un primo esempio da cui partire è rappresentato da Zang Tumb Tuuum, scritto nel
1914 da Marinetti secondo la teoria delle “parole in libertà”. Quest‟ultimo descrive le
sensazioni provate durante l‟assedio di Adrianopoli attuando al livello del narrato la
sottrazione di ogni elemento relazionale. Non è più riscontrabile un centro a causa
dell‟abolizione della punteggiatura e l‟opera risulta così priva di un reale svolgimento,
non potendo di conseguenza essere intesa alla maniera di una prosa tradizionale.12
Con l‟analogo procedimento caratterizzato dal mettere lo spettatore al centro del
quadro, utilizzato dai pittori futuristi ed assioma primario dell‟arte-azione, Marinetti
introduce il lettore ora nel vivo dell‟assedio della città, ora nel porto di Rotterdam,
trasportandolo mediante rapidi flash da un capo all‟altro del racconto. Significativa, ai
fini dell‟analisi in oggetto, è la presenza di diversi caratteri tipografici che
conferiscono ad ogni pagina la veste di campo dinamico e plastico, perfetta
attuazione dei paradigmi suggeriti nei manifesti. Inoltre, il testo scorre non solo da
sinistra a destra, dall‟alto in basso, ma anche verticalmente lungo l‟altezza,
obbligando il lettore a girare il volume. In una pagina è riportata un‟esplosione di
lettere che rappresenta uno scoppio, altrove viene inserito con brutale effetto collage
un volantino e in un‟altra pagina ancora le parole sono disposte a formare un cerchio
affiancato da caratteri onomatopeici (FIG.2).
(FIG.2)
12
C. Salaris, La rivoluzione in biblioteca, in Edizioni Elettriche. La rivoluzione editoriale e tipografica
del Futurismo, Roma, Edizioni De Luca, 1995, p. 23.
12
Anche i vuoti nelle pagine sono parlanti: indicano la velocità delle parole, l‟attesa del
loro passaggio, il senso dello spazio e della durata. La composizione tipografica
diventa un luogo di invenzione e di immaginazione, dove ogni carattere si trasforma
in oggetto che forza i margini e le righe del testo. Sta al lettore, come anticipato, il
ruolo di riempire gli spazi bianchi, di ricostruire l‟ordine e cogliere il significato che si
nasconde nel profondo e non in superficie.
Sottolinea, già dal titolo, l‟importanza dell‟impianto tipografico anche la tavola
parolibera Tipografia (FIG.3) di Ardengo Soffici del 1916. Pezzi di brani sono disposti
senza alcun ordine tradizionale, addirittura obliquamente, attorniati da grandi
caratteri fortemente inchiostrati e dall‟affastellarsi di lettere.
(FIG.3)
Meno radicali sono alcune delle scelte tipografiche operate da Paolo Buzzi nel libro
L‟ellisse e la spirale. Film + parole in libertà pubblicato nel 1915.
Il romanzo, dedicato a Marinetti, presenta tavole parolibere dove l‟uniformità della
pagina viene interrotta dall‟alternarsi di grandezze diverse e dal reiterarsi,
ortograficamente scorretto, di più lettere.
13
L‟aspetto tipografico riveste in egual misura un ruolo primario nel romanzo di Sterne,
il quale, precorrendo i tempi, cercò di conferire al testo scritto una forte connotazione
gestuale oltre che visiva. Sfogliandolo risulta immediato accorgersi, senza la
necessità di un‟attenta lettura, di come l‟impostazione della pagina non sia conforme
ai comuni testi di prosa, ordinati e omogenei nella loro stesura.
Nel TS compaiono invece lunghi trattini a separare parti delle frasi, asterischi che
sottraggono parole alla lettura, caratteri di stampa diversi, pagine lasciate
appositamente bianche oppure riempite di inchiostro nero, ed infine linee curviformi.
E‟ ormai certo che Sterne dedicasse particolare attenzione alla veste tipografica dei
propri lavori, curando nei minimi dettagli anche quelli che un qualsiasi editore
avrebbe potuto correggere, considerandoli semplici errori di scrittura.
Ciò è chiaramente deducibile dalla lettera che egli stesso giocosamente allegò ad
uno dei suoi libri, Political Romace, prossimo ad essere mandato in stampa:
“I have only to add…That, at your Peril, you do not presume to alter or transpose one Word, nor rectify one false Spelling, nor so much as add or diminish one Comma or Title, in or to my Romance”.13
Le pagine del TS, proprio come i libri del futurismo, sono una finestra aperta sul
racconto, il quale più che da leggere è da vedere.
L‟espediente tipografico che più ricorre all‟interno del libro è l‟asterisco, utilizzato
dallo scrittore per celare intere frasi del testo ed investito di un‟importante funzionalità
diegetica.
Particolarmente significativo a questo proposito è il capitolo XIV del VI volume, nel
quale il narratore Tristram/Sterne ricorda lo spiacevole incidente della finestra
ghigliottina, causa della sua quasi evirazione, e dell‟indelicatezza del dottor Slop nel
mettere in giro le voci dell‟umiliante accaduto. Contrariamente a quanto si potrebbe
pensare esso non viene mai specificatamente descritto, bensì viene appositamente
negato all‟occhio del lettore dalla presenza di diversi asterischi. Essi occultando la
parte centrale della rivelazione non fanno altro che metterla maggiormente in risalto,
conferendole tutta l‟enfasi di un segreto svelato.
Distinto dal medesimo ruolo, è possibile ritrovare lo stesso carattere tipografico
anche nel XX capitolo dell‟ultimo volume, nel quale lo zio Toby, in un divertente
quanto fuori controllo intreccio di equivoci, cerca di indicare alla maliziosa vedova
13
C. Fanning, On Sterne‟s Page: Spatial Layout, Spatial Form, and Social Spaces in Tristram
Shandy, in Laurence Sterne, M.W. Longman, Great Britain, Pearson Education, 2002.
14
Wadman il punto esatto del suo ferimento in battaglia. Qui gli asterischi aprono il
capitolo e alludono all‟intima confessione dell‟ingenuo zio di Tristram, sottolineando
magistralmente il teatrale fraintendimento. (FIG. 4)
(FIG.4)
Così come nel libro di Marinetti anche nel TS i vuoti “parlano” e stanno ad indicare il
ritmo di lettura, l‟incedere del narratore e, non ultima, la sfumatura ironica di cui è
pervaso tutto il romanzo. Il provocatorio rivolgersi al lettore, interpellato direttamente
nel farsi vero e proprio del libro e non solo nell‟indiretta ricostruzione letteraria
dell‟inusuale scheletro tipografico della pagina, è comune a Sterne tanto quanto al
repertorio artistico futurista. Anzi di maggior forza rivoluzionaria è investita la scelta
dello scrittore settecentesco, dato il diverso contesto culturale e temporale nella
quale si inserisce.
Sterne opera, nel IV volume, l‟inusuale decisione di lasciare dieci pagine interamente
vuote, in quanto il relativo capitolo, riuscito troppo bene a detta del narratore,
avrebbe fatto sfigurare tutto il resto. Non si può inoltre non citare a questo punto il
XXXVIII capitolo del VI volume in cui, al posto della descrizione verbale delle fattezze
della vedova Wadman, il lettore trova un invito a chiedere “penna e calamaio”, a
15
sedersi e dipingerla secondo il proprio ideale di bellezza, nella pagina lasciata bianca
a tale scopo (FIG.5). Va così delineandosi sempre più il ruolo centrale di colui che, con
la propria lettura, anima i personaggi e addirittura se ne fa, come in questo caso,
artefice.
(FIG.5)
Con lo stesso procedimento, a distanza di più di un secolo, Marinetti in Zang Tumb
Tuum inserì una Carta sincrona dei suoni rumori colori e immagini odori speranze
voleri energie nostalgie tracciate dall‟aviatore Y.M., in un formato più grande delle
altre pagine e ripiegata, che il lettore doveva aprire da sé, in cui sono riassunte le
impressioni simultanee di un aviatore nel cielo di Adrianopoli.
Parallelamente, sul piano di un ideale collegamento, con spirito irriverente un‟altra
porzione della pagina viene lasciata bianca al lettore del TS nel capitolo XXXVII del
VII volume: “I leave this void space that the reader may swear into it any oath that he
is most accustomed to”.
L‟utilizzo quindi di stratagemmi tipografico-visivi del TS è nelle corde dell‟avanguardia
futurista, che ne ricalca l‟invito fattivo al coinvolgimento del fruitore dell‟opera, senza
la partecipazione del quale il testo rimarrebbe parzialmente “insoddisfatto”.
16
Un altro vistoso caso di vuoto del testo e di responsabilizzazione del lettore è
Successivement 14 di Marinetti, dove parole o brevi frasi distanziate paiono formare
un discorso incoerente, mentre traducono in successione temporale la descrizione
“sottratta” di un tramonto estivo sul mare.
Le profonde innovazioni del TS non si esauriscono solo negli aspetti più strettamente
grafici (i diversi caratteri, i grafemi, gli asterischi) o in quelli “assenti” (le sezioni
bianche), bensì sconfinano nel pittorico con l‟aggiunta di vere e proprie pagine visive.
L‟immagine, la cui decifrazione è di più decisivo impatto rispetto alla parola scritta,
concretizza visivamente ciò che nelle frasi è solo immaginabile.
Questa è la grande intuizione di Sterne, entrata stabilmente a far parte del tessuto
delle Avanguardie del Novecento. Marinetti nel 1913 scriveva:
“L‟immaginazione del poeta deve allacciare fra loro le cose lontane senza fili conduttori per mezzo di parole essenziali ed assolutamente in libertà. Per immaginazione senza fili, io intendo la libertà assoluta delle immagini o analogie”.15
Ovviamente di analogie anche e soprattutto visive qui parla il caposcuola del
movimento futurista. Il libro “nuovo” dove essere ricco di caratteri aggancia-sguardi16,
di lettere impazzite disposte a formare immagini e sparse come biglie sul tavolo
bianco della pagina, ed ognuna di esse ha il compito di generare una proiezione
concettuale.
Così analogamente nel TS la figura viene investita di una forza comunicativa mai
vista prima, non è più apparato del testo, ma parte sostitutiva delle parole stesse. Ne
è un esempio la pagina marmorizzata, inserita nel capitolo XXXVI del III volume ad
emblema dell‟opera. L‟oscuro senso di molte opinioni, atti e verità, incompreso dal
lettore, giace misteriosamente nascosto sotto il velo dell‟illustrazione screziata, effige
visiva di tale incapacità di comprensione.
Con la rivoluzione tipografica ed i suoi valori iconici la materialità dei riferimenti si
traduce in scrittura visuale, dove il messaggio acquista fisicità, corporeità, gestualità,
mettendo in crisi il modello della scrittura lineare.
14
In Nuovi poeti futuristi, 1925. 15
F.T. Marinetti, Distruzione della sintassi - Immaginazione senza fili - Parole in libertà, 1913, in MF,
cit., p.126. 16
F.T. Marinetti, A. Trimarco, L. Scrivo, P. Bellanova, L‟arte tipografica di guerra e dopoguerra-
manifesto futurista, 1943.
17
L‟orchestrazione dell‟insieme, così come per lo stravolgimento dei caratteri di stampa
così, se non maggiormente, per le figure, ha il pregio di trattenere lo sguardo sulle
pagine e di sedurre il lettore poiché confonde la sensibilità visiva con una
qualsivoglia emozione.
Rilevante è sottolineare come i quadri di parole di Marinetti rappresentarono uno
stimolo fondamentale per il movimento Dada, il quale a sua volta è stato più volte
accostato all‟opera di Sterne. Se non in maniera certa, ciò avvalora ugualmente la
possibilità di un legame, quanto meno indiretto, fra il TS e la corrente artistica del
futurismo.
Il sempre più netto accostamento del movimento futurista ad una poetica visiva è
testimoniato chiaramente da Vitesse élégante- Mots en liberté (1er récord) (FIG.6),
quadro di parole del 1918/1919. In una totale libertà sintattica Marinetti riporta sulla
carta lettere dell‟alfabeto, segni matematici, vettori che indicano la direzione del
movimento, parole, oggetti e frammenti di frasi.17 La tipografia cambia
repentinamente e continuamente. L‟autore scrive, disegna, ritaglia e incolla.
Il lettore, come in altri casi, non può più seguire un testo unitario parola per parola e
riga per riga. Viene piuttosto investito di un contenuto di parole e figure, trovandosi
così davanti ad un testo- immagine che gli offre ampie possibilità di combinazione ed
associazione.
(FIG.5)
17
S. Martin, Futurismo, Köln, Tashen, 2005, p. 74.
18
Tra i pittori futuristi, i quadri di parole diventano oggetto di sperimentazione
soprattutto di Giacomo Balla, Gino Severini e Carlo Carrà, che, intorno al 1913/14,
integrano lettere, parole e numeri nei loro dipinti o collage.
Da non trascurare è la considerazione che Marinetti nei suoi primi tentativi di
“liberazione delle parole” ha potuto attingere ai letterati francesi Mallarmè, già citato,
e soprattutto Alfred Jarry, il cui libro Gestes et Opinions du Docteur Faustroll,
pataphysicien si colloca nella scia dei calchi del titolo sterniano. Questo argomento,
che sarà ripreso ed approfondito in seguito, delinea, in una quasi totale mancanza di
rimandi diretti, i contorni di un‟influenza sempre più netta.
Per quanto riguarda il TS un mirabile esempio di poetica visiva è riscontrabile al
capitolo XXII del I volume, dove il lettore si trova davanti ad una pagina
completamente nera (FIG.7). Nessuna frase avrebbe potuto rendere in maniera tanto
diretta il lutto per la morte del caro Yorick, parroco del paese. L‟inchiostro nero
diventa emblema della lapide, ed ancora una volta alle frasi viene sostituita
un‟immagine che, nella sua immediatezza, inchioda meglio di qualunque espressione
alla superficie del foglio il concetto da evocare.
Nel medesimo capitolo, nella pagina speculare a quella nera, le tre parole “ALAS,
POOR YORICK!” fanno da epitaffio e da elegia insieme al compianto defunto. La
particolarità sta non di certo nelle parole scelte, quanto nell‟impaginazione con cui
sono disposte. Esse sono attorniate da una linea nera a formare un riquadro
rettangolare, proprio come se fossero incise sulla fredda pietra.
(FIG. 7)
19
Tali incursioni del visivo nell‟apparato testuale del libro sono evidenti anche nelle
opere di Govoni. Senza dubbio infatti i risultati più alti del paroliberismo figurativo
futurista si incontrano nelle Rarefazioni e parole in libertà ad opera dell‟artista nel
1915 (FIG.8).
Nella prima sezione, formata da quattro composizioni ( Autoritratto, Specchio,
Camera Sentimentale e Il Palombaro), Govoni accompagna i suoi disegni infantilistici
con didascalie analogico-esplicative, scritte di suo pugno e inserite nel corpo dei
disegni. Le iscrizioni calligrafiche sono strettamente compenetrate dall‟elemento
figurativo: alla lettura, i brevi poeticissimi testi, rilevano in tutto il suo splendore
l‟universo naif-analogi-coba-rocco-magico di Govoni.18
Analogamente, la sezione seguente, quella delle Parole in libertà, mostra come una
particolare tecnica letteraria possa venir piegata alle inconfondibili esigenze creative
del poeta. L‟artista non abbandona il suo mondo, le sue tematiche: il paroliberismo gli
consente però una maggiore rapidità ed incisività.
(FIG. 8)
Un altro esempio rilevante all‟interno del repertorio futurista è il romanzo 8 anime in
una bomba, scritto- disegnato da Marinetti nel 1919. La centralità dell‟io narrante
viene smembrata in una pluralità di stati d‟animo, che compongono la bomba
Marinetti di 92 chili, “miscela futurista” esplodente nell‟ultima pagina, con un
fragoroso scoppio di lettere disegnato a mano dall‟autore.
18
E. Coen, Futurismo, Firenze-Milano, Art e Dossier, Giunti Editore, 2008, p. 53.
20
Percorrendo nuovamente a ritroso l‟invisibile ponte di collegamento fra il futurismo e
l‟opera di Sterne, è necessario sostare ulteriormente fra le pagine di quest‟ultima.
Nel TS assume una rilevanza nettamente visiva il capitolo XL del VI volume, nel
quale compaiono diverse linee dalle forme più disparate: curve, a spirale, a zig zag,
ed una sola retta (FIG.9). Esse sono disegnate proprio dalla penna dello scrittore e
racchiudono nei loro ghirigori il nucleo tematico primario di tutti i volumi: la
digressione.
Sterne cerca di creare così, al pari degli artisti futuristi, un‟analogia visiva dei percorsi
seguiti dai suoi racconti nei diversi capitoli, aspirando ironicamente e in modo non
veritiero alla perfezione della linea retta.
Con queste parole, strettamente collegate all‟immagine, il narratore commenta così
l‟andamento della “linea- grafico” disegnata:
“La linea esatta da me seguita è infatti la seguente (…) Dal che risulta che, eccettuata la curva A, dove mi feci una gitarella in Navarra, e la curva B che corrisponde alla breve passeggiata con madama de Baussière e il suo paggio; non mi sono permesso la minima stramberia o digressione fino a che i diavoli di Giovanni della Casa non mi hanno fatto disegnare la curva D; mentre tutti quei c c c c c c c c c c c c c non sono che parentesi, un po‟ come le entrate e le uscite tanto comuni nella vita dei più grandi ministri di stato.”19
Sterne utilizza quindi la parola “disegnare”, che ovviamente appartiene al gergo
pittorico e non a quello letterario. Ciò mette in luce quanto sia necessaria la carica
gestuale del simbolo per esplicare concetti che altrimenti richiederebbero molte
pagine ed un dispendio di energia maggiore, con un risultato di minor impatto nella
memoria del lettore.
Con lo stesso procedimento il narratore disegna sulla pagina la celebre “serpentina”,
linea spiraliforme, nel IV capitolo dell‟ultimo volume (FIG.10). Il caporale Trim, durante
una conversazione con lo zio Toby, solleva il suo bastone e facendolo girare a
mulinello tratteggia nell‟aria l‟impagabile gioia della libertà offerta dal celibato. Il gesto
non viene solo raccontato, ma varcata la sottile soglia fra la narrazione e la pagina, si
materializza in tutta la propria carica visiva sul foglio.
19
L. Sterne, Vita e Opinioni di Tristram Shandy, introduzione di Attilio Brilli, Milano, BUR, 2008, p.468.
21
Ed è sufficiente la sola considerazione di Tristram a racchiudere in poche righe
l‟inferiorità delle parole e l‟importanza del visivo sullo scritto: “Mille sottilissimi
sillogismi di mio padre non avrebbero potuto dire di più sul celibato”.20
(FIG.9)
(FIG.10)
20
Ibid., p. 582.
22
Se si confrontano le pagine del TS con alcune delle opere futuriste balza all‟occhio
un altro tratto distintivo comune ad entrambi: la manicula o indice puntato,
raffigurante un pugno che segnala con il dito un punto del testo.
Di certo il simbolo non è nuovo alla tradizione letteraria, esso rientra infatti nelle
storie della scrittura e della letteratura, in quelle della tipografia e della grafica
commerciale, nei linguaggi pubblicitari e di propaganda politica.21
Viene usato per sottolineare un‟espressione ed attirare l‟attenzione del lettore verso il
preciso frammento indicato dall‟indice.
Il suo utilizzo rimanda al discorso condotto in precedenza riguardo all‟importanza
all‟interno del testo dell‟elemento gestuale, che in quanto disegnato ha funzione
enfatica e supera di gran lunga il linguaggio espressivo verbale.
Nel TS, ad esempio, il suo inserimento corrisponde a commenti conclusivi,
considerazioni bizzarre, imperativi diretti al lettore e frasi sentenziose, la cui
importanza Sterne vuole sottolineare accostandogli tale carattere tipografico.
Nonostante l‟esistenza ormai accertata e nota della manicula all‟interno del
patrimonio letterario conosciuto, la sua presenza è un elemento che stupisce ancora,
in quanto interrompe la compattezza della pagina e rimanda ad un campo sensoriale
differente rispetto a quello visivo, necessario da sempre alla lettura. Ricorda infatti al
lettore il nesso fra letteratura e tatto, interpellandolo e rendendolo nuovamente parte
attiva nel processo di fruizione del libro.
Così come in precedenza è stato detto per le pagine visive o i segni grafici, così ora
anche per l‟indice puntato, bisogna riconoscere che la vera innovazione di cui è
portatore sta tutta nel mettere in contatto universi sensoriali differenti, nel permettere
alla pagina di superare i propri margini e sconfinare in settori di diversa competenza:
la pittura o addirittura il teatro, con la reiterata importanza dell‟atto gestuale.
La ricorrenza della manina nella pubblicistica delle Avanguardie del Novecento è
assai frequente, e se ne trovano di ogni forma e dimensione soprattutto nella
produzione dadaista, dal Manifesto di Tzara alle riviste.22
Anche se in misura minore essa è presente nelle opere del repertorio futurista,
utilizzata anche in questo caso come segno di retorica figurativa, impaginato in
differenti modi in base all‟elemento da evidenziare, ovviamente sempre al fine di
catalizzare l‟attenzione del lettore o dell‟osservatore.
21
W. H. Sherman, Towards a History of the Manicule, www.livesandletters.ac.uk. 22
A. Sbrilli, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it,
sezione Arts. Ultima visita: maggio 2011.
23
Nel TS la si ritrova sei volte (FIG.11), fra le quali in un particolare caso nel XX capitolo
del III volume in corrispondenza del monito “Ricordatevi soltanto questo: non è per
loro che io scrivo”, riferendosi agli uomini di giustizia e alle loro buffe parrucche.
(FIG.11)
L‟uso plastico di tale carattere tipografico è osservabile nella copertina dell‟opera di
Ardengo Soffici Bif & Zf + 18 Simultaneità e chimismi lirici (FIG. 12), datata 1915, dove
fra pezzi di collage e titoli dalle varie dimensioni e caratteri compare in alto a destra
l‟indice puntato ad indicare il nome dell‟autore, l‟immaginazione creativa del quale è
così messa in risalto.
(FIG.12)
24
Oltre alla manina assume particolare importanza la presenza del marchio editoriale
in rilevo, Tipografia Vallecchi, presso cui è stato stampato il libro in formato di
giornale. Il tipografo diventa quindi soggetto chiamato in causa, fautore stesso
dell‟opera e parte integrante della sua perfetta riuscita.
Meno appariscenti, ma ugualmente rivoluzionarie, sono le innovazioni editoriali,
ultimo punto in analisi del presente capitolo.
Nel TS la prefazione non è individuabile all‟inizio del libro, come comune, ma è
posposta. Tristram dice di poter finalmente dedicarsi alla sua stesura poiché Walter e
Toby si sono addormentati, e gli altri personaggi sono occupati in attività che li
assorbono completamente: può così abbandonarli per occuparsi d‟altro, in quel lasso
di tempo essi non faranno nulla che valga la pena di essere raccontato.
Singolari sono anche le tre dediche, rispettivamente premesse al I, al V-VI e al IX
volume. Fra queste l‟ultima è indirizzata ad un “grand‟uomo” del quale l‟autore non fa
mai il nome, anzi lo cambia spesso, da un certo Lord ad un altro, anonimi entrambi,
fino alla decisiva conclusione di dedicare il volume ad un “gentil pastore”.
I poeti futuristi portano alle estreme conseguenze tali scelte, tanto che i loro libri non
hanno più prefazioni, dediche o indici tradizionali.
Così un gatto può essere il curatore di una raccolta di versi, come nei Poemi di
Palazzeschi, ed il resoconto di una serata futurista o i giudizi della stampa possono
fungere da introduzione, come nell‟Incendiario, ancora di Palazzeschi. Inoltre
raccomandazioni per l‟uso sostituiscono le prefazioni, e lunghi elenchi di aderenti al
futurismo possono precedere, in funzione auto promozionale, i testi creativi.
E‟ evidente quindi che non esiste più alcuno schema da seguire o prassi da
rispettare. L‟artista è libero di poter immaginare il libro nella composizione che più
preferisce, nessuna forzatura logica lo limita.
Con la dovuta attenzione al periodo storico e culturale differente, si possono fare le
stesse considerazioni per l‟opera sterniana, che incurante dei giudizi sfida i dettami
del tempo. In un‟assoluta quanto rigorosa e ordinatamente organizzata libertà,
Sterne intreccia lo schema del proprio lavoro secondo la personale inventiva e
genialità espressiva. Non bada infatti alle rigide strutture prestabilite e, oltre alla già
citata prefazione, dispone nei volumi i vari capitoli privi di una lunghezza uniforme,
dotati alcuni di poche righe ed altri invece di un susseguirsi di intere pagine.
Di tutto ciò si compone la stupefacente rivoluzione tipografica che getta un
immaginario ponte fra due contesti lontani temporalmente, ma sorprendentemente
25
vicini nell‟intento di superare il libro, andando oltre il bianco delle sue pagine ed
aprendo un varco alla totalità della creazione artistica.
Nessuna frase riassume meglio questo capitolo delle parole di Fortunato Depero in A
B C del Futurismo:
“Parole grandi e parole piccole; parole verticali e parole orizzontali; parole oblique. Parole sdraiate, parole in piedi e parole capovolte. Parole spezzate, parole allungate, parole ripetute. Parole modificate secondo la sensazione da esprimere. Parole a spirale come il fumo dei sigari. Parole in fuga come i treni. Parole scoppianti come le revolverate e le cannonate. Parole svolazzanti come le farfalle. Parole che fioccano leggere come la neve, che cadono fitte, come la pioggia”.23
Riprendendo infine il primo Manifesto Futurista: nietzschianamente all‟insegna della
leggerezza e del riso, danzando e cantando, l‟incendiario futurista si arma per far
saltare il santuario del libro. Forse consapevole che la miccia era stata già accesa.
23
A. M. C., Il libro e la nuova tipografia da Stéphane Mallarmé al Futurismo, in Il linguaggio della
biblioteca, a cura di Mauro Guerrini, Milano, Editrice Bibliografica, 1996, p. 598.
26
2. OLTRE IL LIBRO: L‟IPERTESTO
2.1. La scrittura non- lineare
“Definirei l'ipertesto come qualsiasi forma di testualità - parole, immagini, suoni - che si presenti in blocchi o lessie o unità di lettura collegati da link. Si tratta, essenzialmente, di una forma di testo che permette al lettore di abbracciare o di percorrere una grande quantità di informazioni in modi scelti dal lettore stesso, e, nel contempo, in modi previsti dall'autore. Se dovessi definire l'ipertesto con una o due frasi, direi che l'ipertesto è una forma di testo composta da blocchi di "scrittura" e immagini collegati da link, che permette una lettura multilineare: non una lettura non lineare o non sequenziale, ma una lettura multisequenziale”24.
Secondo la definizione di George P. Landow, teorico e studioso delle strutture
ipertestuali, un testo concepito come un insieme di spazi concettuali collegati tra loro
in maniera non lineare può essere a pieno titolo considerato un “ipertesto”.
Il TS è un‟opera interamente costruita su una rete di digressioni e progressioni
talmente complessa da rendere possibile e veritiero il parallelismo con tale
definizione.25 Ed è proprio la digressione a permettere al “congegno principale” della
storia di andare avanti ed evolversi in tanti frammenti, apparentemente scollegati gli
uni con gli altri, ed in realtà strettamente interdipendenti. Allo stesso modo i futuristi,
che non per nulla scelsero di chiamarsi così, arrivarono a certe esigenze espressive
con largo anticipo sui loro tempi, traditi non tanto dalle idee quanto dalla tecnologia
stessa, che non gli fornì quei mezzi espressivi che solo alla fine del XX secolo
sarebbero stati disponibili. Infatti esclusivamente con l‟avvento dell‟informatica e della
multimedialità la tanto agognata simultaneità di testo, immagine, suono e movimento
troverà compiuta realizzazione, in un prodotto autenticamente “futurista”.
24
G. P. Landow, La grande potenza del testo quando diventa ipertesto, www.mediamente.rai.it. Ultima visita: maggio 2011. 25
G. Losi, Tristram Shandy tra digressione e ipertestualità, www.tristramshandyweb.it, sezione
Hyperts. Ultima visita: maggio 2011.
27
Ancora una volta l‟incedere del movimento d‟avanguardia incontra lungo il proprio
percorso l‟opera di Sterne. Tragitti fra di loro distanti sul piano temporale possono
così essere affrontati parallelamente, mediante l‟analisi comparativa di quell‟insieme
di elementi che funge da trait d‟union fra i due contesti.
Risulta necessaria a questo punto, prima che il discorso si addentri verso il reale
nucleo tematico del presente capitolo, una parentesi riguardante la storia narrata nel
TS. Il romanzo tratteggia le insolite vicende della famiglia Shandy e di tutti i
personaggi che nel corso della lettura vi entrano in contatto. Fra i protagonisti
principali, oltre alla voce narrante di Tristram che accompagna lo scorrere delle
pagine in tutta la loro interezza, assume un ruolo primario il padre Walter Shandy,
sempre occupato in speculazioni filosofiche tanto distanti dalla realtà da assumere il
più delle volte una netta sfumatura comica e grottesca, e lo zio Toby Shandy,
vecchio soldato in pensione, arroccato fra le fantastiche mura di vittoriosi ed eroici
racconti di battaglia e ricostruzioni militari in miniatura. Ruotano attorno ad essi,
corollario di queste due personalità portanti dello scheletro narrativo, una colorata
serie di caratteri, secondari, ma ugualmente determinanti: il caporale Trim, fido
aiutante dello zio Toby; Mr. Yorick, parroco del paese; Dr. Slop, dottore dalle dubbie
capacità, artefice del travagliato parto di Mrs Shandy e delle ipotetiche future
sciagure del piccolo Tristram; la Vedova Wadman, aspirante sposa dell‟ingenuo
Toby; la levatrice; e per finire la goffa cameriera Susannah , smemorata “colpevole”
dell‟infausto storpiamento del nome del nuovo venuto.
Quello che dovrebbe essere il già visto e rivisto racconto di una vita, niente di
differente rispetto alle innumerevoli narrazioni biografiche, viene trasformato da
Sterne in un magistrale laboratorio di sperimentazioni e riflessioni sulla struttura
stessa del romanzo, che si autodetermina nel suo farsi. La nascita del protagonista
viene sospirata dal lettore per ben quattro volumi, ma ciò che più stupisce è
l‟identificazione della voce narrante di queste pagine proprio con quella del nascituro,
il quale ab ovo racconta del proprio concepimento e dei lunghi nove mesi precedenti
il tanto atteso lieto evento. Alla storia viene negato un vero e proprio svolgimento,
ampliato quest‟ultimo da avvolgenti diramazioni in sempre nuove direzioni e in mai
banali scorci su panorami di altri racconti. Potrebbe definirsi impropriamente, per
facilitarne la comprensione, un romanzo di continui flash-back e flash-forward, anche
se tale definizione risulterebbe riduttiva oltre che scorretta.
28
Al romanzo viene sottratta inoltre una vera conclusione, con l‟incredula scoperta che
la narrazione ha coperto per la maggior parte dei volumi un solo giorno di vita del
protagonista, il quale in una continua lotta contro la morte dilata all‟infinito grazie al
potere della scrittura il tempo della propria esistenza.
Come queste poche righe hanno voluto dimostrare, appare chiaramente a colui che
vi si cimenta e a chi legge, l‟impossibilità di ridurre l‟impianto diegetico ai normali
strumenti in uso nell‟analisi testuale, nel caso contingente il riassunto.26 Il romanzo
non è infatti riconducibile al concetto di linearità, sia a livello dei fatti raccontati che a
livello della successione temporale in cui si susseguono. Sterne prende le distanze
durante la stesura del proprio lavoro dal canone di narrazione teorizzato dalle unità
aristoteliche, tanto care al filosofo, secondo le quali ogni testo dovrebbe essere
caratterizzato dall‟uniformità e dall‟unità, ed avere quindi un inizio, uno svolgimento
ed una conclusione.
Nelle categorie ipertestuali questo assunto viene meno, con la caduta dello schema
tripartito di inizio- centro- fine. L‟occhio del lettore è libero di muoversi secondo un
personale iter di fruizione, a volte ugualmente guidato da un soggiacente volere
dell‟autore, altre volte invece, nelle sperimentazioni più recenti, in totale autonomia.
All‟interno di questa categoria, con la necessaria cautela dovuta al differente milieu
culturale e temporale di appartenenza, è possibile di conseguenza collocare il TS.
L‟opera a livello di superficie sembra essere costituita dall‟insieme delle sue parti,
assemblate in modo eterogeneo e prive di una diretta consequenzialità reciproca.
Ovviamente, come verrà sottolineato in seguito, questa non è altro che l‟impressione
appositamente cercata da Sterne al fine di attuare una pungente quanto riuscita
parodia delle forme prosodiche tradizionali, schematizzate e pedissequamente
osservate da tutti gli scrittori coevi. L‟apparente caos cela in realtà una fitta
corrispondenza di collegamenti, finemente elaborata ed infinitamente ri-costruibile e
ri-leggibile.27 Tristram/ Sterne articola quella che poi è l‟esigua catena di avvenimenti
principali intervallandola con continui salti in avanti e indietro nel tempo, riguardanti le
tematiche più svariate: da approfondimenti sui singoli personaggi a riflessioni sulla
costruzione del romanzo stesso con elaborati commenti metanarrativi, e ancora da
divagazioni sui i più improbabili argomenti scientifici e filosofici ai diretti dialoghi con i
lettori fittizi, proiezione di quelli reali, ai quali il narratore in prima persona si rivolge.
26
Ibid., www.tristramshandyweb.it.
29
L‟artificio narrativo con il quale Sterne permette alla propria opera di espandersi
quasi all‟inverosimile su se stessa è, come già accennato in precedenza, la
digressione. Essa consiste nell‟inserimento di elementi estranei alla centralità del
racconto, che amalgamandosi con quest‟ultimo lo portano inevitabilmente a
discostarsi dal discorso principale. E‟ possibile definirla come una parentesi che
l‟autore apre arrivato ad un certo punto della linea percorsa dalla propria penna, al
fine di inserirvi al proprio interno un concetto secondario apparentemente privo di un
ruolo protagonista. La digressione è quindi associabile, prendendo in prestito il
paragone dal vocabolario tecnologico dell‟era informatica, al moderno “link” che,
negli attuali fogli elettronici, rimanda con un clic del mouse ai relativi approfondimenti
correlati.28
Un esempio di tale pratica, fra gli innumerevoli presenti nel romanzo, è rappresentato
dal VII capitolo del I volume nel quale Tristram introduce la figura della levatrice,
fortemente voluta da Mrs Shandy come assistente dell‟inefficiente dottor Slop. Il
lettore quasi assuefatto alle tradizionali metodiche narrative prevedrebbe facilmente
il proseguo delle seguenti pagine, immaginando in esse la logica continuazione della
presentazione del nuovo personaggio. L‟attesa è invece prontamente disillusa e
l‟attenzione viene spostata attraverso una serie di rimandi ed associazioni alla moglie
di Yorick, per essere poi nuovamente distolta dalla presentazione del parroco, ed
infine “dirottata” su divagazioni riguardanti addirittura Cervantes e Shakespeare. Per
completare il quadro della levatrice è necessario aspettare pazientemente, riga dopo
riga, fino al XIII capitolo.
La digressione, arricchendo la narrazione, permette allo scrittore di comparare e
collegare argomenti fra di loro distanti sia sul piano del tempo che su quello del
concetto. Si viene così a creare un testo che deve essere letto non solo secondo la
dimensione temporale del susseguirsi di avvenimenti, ma anche in base alla
collocazione spaziale degli stessi all‟interno dell‟opera. Se è indubbiamente vero che
tale artificio contribuisce alla progressione della vita di Tristram, triplicando se non
quadruplicando la misura reale dei giorni vissuti, secondo la bergsoniana
interiorizzazione del tempo che dal quadrante dell‟orologio si trasferisce a quello
personale della coscienza, è anche vero che le continue divagazioni contribuiscono
ad inficiare il lineare andamento del racconto, frammentandolo in diverse direzioni
più o meno lontane dalla “retta via”. Ciò conferisce alla narrazione un aspetto
28
Ibid., www.tristramshandyweb.it.
30
disordinato, nel quale gli episodi scritti e descritti sembrano susseguirsi gli uni con gli
altri regolati solamente dal caso, che imperante li dispone sulle pagine prive di
logicità. La realtà è ben diversa, così che ad un‟analisi approfondita è possibile
ricostruire un preciso schema dei motivi ricorrenti all‟interno dell‟opera, ferreamente
regolati, seppur differentemente dislocati nella fisicità dei fogli, dalle regole imposte
dall‟autore.29 Ricorrono quindi spesso dei leitmotiv come l‟innovativo “hobby-horse”,
ad indicare la fissazione o mania personale di ogni personaggio, il tema del celibato,
quello dei nasi o del nome e così in avanti in un caoticamente organizzato rincorrersi
di riferimenti.
Ciò che distingue le forme ipertestuali di scrittura, e ne caratterizza l‟aspetto
innovativo ed inusuale rispetto alle “vecchie” tecniche, è ovviamente l‟effetto di
simultaneità. L‟esistenza di diversi collegamenti percorribili a piacere dal lettore
determina una temporale compresenza di più piani narrativi, che compenetrandosi
fra di loro restituiscono l‟informazione di partenza implementata di una nuova totalità.
Si potrebbe affermare che essa è assimilabile al concetto cinematografico di
montaggio, ed in particolare alla peculiare variante dello split screen (letteralmente
“schermo diviso”), dove non è inusuale assistere allo svolgersi di scene ambientate
in luoghi diversi scorrere affiancate sulla stessa superficie di proiezione, tecnica
davanti alla quale ormai lo spettatore non si stupisce più, ma che in realtà creò,
all‟esordio di tali metodologie, un gran senso di ammirata incredulità.
Tale concetto è riconducibile anche al TS, dove spesso il lettore ha la netta
sensazione che il narratore stia svolgendo due discorsi fra di essi paralleli e al
contempo simultanei. Con l‟introduzione delle varie digressioni Sterne agisce come
farebbe un regista contemporaneo, allontanando il focus della scena verso altre
“inquadrature” in base alla suspense da creare e agli elementi da approfondire,
permettendo però ad esse di coesistere congiuntamente. Ne rappresenta un perfetto
esempio la prefazione posposta, già presa in considerazione nel primo capitolo in
merito alle innovazioni apportate nel campo editoriale, e riconducibile anche
all‟argomento in oggetto. Nel XX capitolo del III volume Walter Shandy e lo zio Toby
sono colti dal narratore in un momento di quiete dalle loro lunghe conversazioni,
entrambi addormentati e silenti. Tristram comunica quindi che avrebbe approfittato di
tale frangente di potenziale “noia” per introdurre la propria prefazione, sicuro del fatto
che non sarebbe successo nulla di rilevante da raccontare.
29
P. Carbone, La lanterna magica di Tristram Shandy. Visibilità e informazione, ordine ed entropia,
paradossi e trompe-l‟oeil, Verona, Ombre Corte, 2009.
31
Forse di più immediato effetto è l‟esempio riscontrabile nel V capitolo del V volume,
nel quale Mrs. Shandy è descritta in corridoio nell‟atto di origliare alla porta socchiusa
quello che i due fratelli si stanno dicendo in salotto riguardo la tragica notizia della
morte di Bobby, fratello maggiore di Tristram. Sterne affianca i diversi contesti
spaziali, conducendo in parallelo un serrato confronto fra gli ambienti della casa e le
relative reazioni dei personaggi in essi ospitati. Sposta poi l‟attenzione dal corridoio
alla cucina, alternando ai discorsi di Mr. Shandy quelli della cameriera Susannah, di
Obadiah, della sguattera e del cocchiere. Infine la scena, orchestralmente gestita, si
indirizza nuovamente al corridoio, dove simultaneamente ai commenti in cucina ed in
salotto, vi è ancora Mrs. Shandy con l‟orecchio accostato alla porta.
Questi, come altri esempi possibili, mettono in luce la sorprendente natura del
romanzo, che va oltre la fissità della pagina, per connotarsi di sempre differenti
sfumature, siano esse teatrali, pittoriche o perfino cinematografiche.
Non dissimili da quelle appena discusse sono le innovazioni apportate a livello
narrativo- strutturale dal movimento futurista.
Senza che l‟attenzione si discosti troppo dal campo artistico in esame, ovvero quello
letterario, è necessario in via di premessa allargare la visuale anche ad un altro
linguaggio espressivo caratteristico dell‟avanguardia italiana: la pittura.
L‟estetica della simultaneità affonda le proprie radici proprio nella manifestazione
pittorica della velocità e del dinamismo universale, eternato come tale.
Nel Manifesto tecnico della pittura futurista30 viene annunciata l‟intenzione di voler
superare i limiti della visione pittorica tradizionale, mimetica, naturalistica e di
considerare l‟uomo non più come centro dell‟universo, ma parte di un tutto in
movimento, ponendo così l‟obbiettivo di rappresentare in modo nuovo la coscienza
percettiva della realtà.31 Gli artisti futuristi mettono così a punto un linguaggio fatto di
visioni simultanee e compenetrazioni di piani:
“Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. (…) Per la persistenza dell‟immagine nella retina, tutte le cose in movimento si moltiplicano, si deformano,
30
U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, G. Balla, G. Severini, La Pittura Futurista Manifesto tecnico,
1910, in MF, cit., p.71. 31
C. Salaris, Futurismo La prima avanguardia, Firenze-Milano, Art e Dossier, Giunti Editore, 2009,
p.14.
32
susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti”.32
Seguendo alla lettera tali righe, sottoscritte in prima persona, Giacomo Balla ne crea
una dimostrazione pratica con Dinamismo di un cane al guinzaglio (FIG.1), dipinto olio
su tela del 1912. Esso è infatti il primo quadro futurista in cui il pittore espone la sua
posizione alla stregua di un manifesto. L‟artista suddivide in innumerevoli sequenze il
movimento di una donna che passeggia con il suo cane, fissando sulla tela la
simultaneità del movimento, moltiplicato quest‟ultimo dalla persistenza retinica
dell‟immagine ottica. I pittori futuristi si prefiggevano di ottenere la scomposizione del
colore e del movimento quale quella che si riteneva essere allora la scomposizione
ed acquisizione naturale dei colori e dei movimenti stessi a livello retinico. Sarà
quindi successivamente lo spettatore a dover ricomporre la frammentaria sequenza
dinamica, resa sulla tela per punti e non nella sua risultante finale.
( FIG.1)
Il medesimo principio è riscontrabile in un‟altra celebre opera di Balla: Bambina che
corre sul balcone (FIG.2), anch‟esso olio su tela del 1912-13. Gli esperimenti
dell‟artista con la luce ed il colore sono da ricondursi al neoimpressionismo francese,
con esponenti quali Georges Seurat e Paul Signac. Nei loro quadri i soggetti
32
U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, G. Balla, G. Severini, op.cit., pp. 71-72.
33
rappresentati sono composti da valori cromatici puri e puntini di forma uguale,
accostati fittamente gli uni agli altri, che nell‟occhio dello spettatore si confondono
accorpandosi in un‟unica immagine. Seurat in particolare si ispirò nell‟elaborazione di
un personale stile artistico al chimico Michel-Eugène Chevreul, conosciuto per il
trattato sul colore simultaneo De la loi du contraste simultané des couleurs et de
l‟assortiment des objects coloriés, risalente al 1839.33 Balla, acquisite tali
conoscenze, scompone la scena in innumerevoli unità cromatiche, dissolvendo
completamente il soggetto nel colore e nella moltiplicazione delle forme.34
(FIG.2)
Marinetti, nel già analizzato primo libro parolibero Zang Tumb Tuuum, trasferì il
principio di dinamismo e di visioni simultanee dalla pittura alla letteratura,
componendo fedelmente le proprie pagine secondo la dominante estetica della
velocità e della compenetrazione di piani, ovviamente in questo caso testuali.
La narrazione, riguardante l‟assedio di Adrianopoli durante il conflitto bulgaro-turco
del 1912, viene condotta dal reporter/Marinetti attraverso un montaggio di capitoli, la
quale rapidità di successione rende il senso simultaneo degli avvenimenti. Il lettore è
continuamente trasportato da una parte all‟altra del racconto attraverso fugaci flash,
la cui stesura supera le regole della prosa. Essa viene liberata dalla punteggiatura o
33
S. Martin, Futurismo, Köln, Tashen, 2005, p. 44. 34
Ibid., p. 44.
34
dai nessi logici quali congiunzioni, aggettivi, coniugazioni dei verbi, e per finire
avverbi, definiti “vecchia fibbia che tiene unite l‟una all‟altra le parole (…) conservano
alla frase una fastidiosa unità di tono”.35 Il romanzo viene contaminato, così come è
stato detto riguardo al TS, dalla tecnica tipica del cinema, che procede attraverso
l‟assemblaggio di frammenti diegetici fra di loro contemporanei, legati mediante un
frenetico cambio di inquadrature e scene. Nell‟opera del caposcuola del movimento
d‟avanguardia tale simultaneità di eventi resa con il veloce spostamento del focus
narrativo da una porzione all‟altra del testo, segmenti questi presi ed abbandonati in
continuazione in modo parallelo, deve essere ricostruita dal lettore, al quale spetta
nuovamente un ruolo attivo oltre che una buona dose di partecipe attenzione. La
sottrazione di ogni regola vigente in materia di sintassi e lo stravolgimento
dell‟organizzazione di pensieri logici e coerenti creano un‟immediata sensazione di
disagio a chi si approccia ad una prima fruizione con occhio disabituato, incapace di
sostenere il confronto con quello che sembra essere un disomogeneo susseguirsi di
frasi prive di scheletro interno. Il cronista Marinetti riporta sulla pagina parole quasi
alla rinfusa, alternandole con onomatopee e segni grafici, cucendosi addosso un
perfetto stile telegrafico. Grazie ad esso lo scrittore è capace di rendere il più
veritiera possibile la sensazione di simultaneità di situazioni, gesti ed avvenimenti.
Ne è un esempio il capitolo dedicato al bombardamento della città (FIG.3), nel quale in
una cronaca minuto per minuto il lettore è catapultato in prima persona fra i rumori e
gli odori degli ordigni, da una parola all‟altra percorre senza fiato l‟incedere
contemporaneo di spari, voci, lampi e suggestioni.
Tale stile sintetico, mutevole ed incisivo, regola non solo le singole parole, ma anche
la successione stessa dei vari capitoli, gestiti come se fossero le molteplici parti di un
collage. L‟unità del racconto è minata dalla totale impersonalità della scrittura e dalla
compresenza simultanea di piani narrativi. Si passa velocemente dal primo capitolo
nel quale l‟autore è in treno verso la Sicilia e poi in automobile tra Messina e Catania,
a quello riguardante l‟assedio di Adrianopoli, e ancora senza sosta si arriva al porto
di Rotterdam, dove si svolge un contrabbando di armi, e così oltre con continui salti
spaziali in avanti e indietro. Si tratta quindi sicuramente di un ipertesto, nonostante la
ovvia mancanza di link elettronici, e più specificatamente di cyber testo, nel quale la
fruizione diventa vero e proprio “evento” ed “esperienza”, data quest‟ultima
dall‟impossibilità di prevedere ciò che accadrà nell‟alternarsi delle pagine.
35
F.T. Marinetti, Manifesto tecnico della letteratura futurista, 1912, in MF, cit., p.112.
36
Le intuizioni ipertestuali ante-litteram appena analizzate in pittura ed in letteratura,
basate sulla simultaneità di sezioni narrative e di mezzi espressivi, trovano piena
applicazione anche in campo teatrale.
Risale al 1915 il manifesto Teatro futurista sintetico, ad opera di Marinetti, Settimelli e
Corra, nel quale vengono teorizzate, al pari delle altre arti, le innovazioni apportate al
genere e le regole da seguire per la creazione di una vera e propria messa in scena
futurista:
“ Noi otteniamo un dinamismo assoluto mediante la compenetrazione di ambienti e tempi diversi. Es.: mentre in un dramma come Più che l‟amore, i fatti importanti (…) non si muovono sulla scena, ma vengono raccontati con un‟assoluta mancanza di dinamismo; mentre nel primo atto della Figlia di Jorio i fatti si muovono in un‟unica scena senza balzi di spazio e di tempo, nella sintesi futurista Simultaneità vi sono due ambienti che si compenetrano e molti tempi diversi messi in azione simultaneamente”.36
Queste parole sembrano in parte la trasposizione scritta del capitolo V
precedentemente discusso del TS, nel quale con guizzo da sceneggiatore Sterne
gestisce parallelamente la narrazione in diversi ambienti della casa. L‟immaginario
“palco” della pagina ospita contemporaneamente la conversazione dei due fratelli in
salotto, l‟appostamento dietro alla porta socchiusa di Mrs. Shandy in corridoio e i
commenti della servitù in cucina. Spazi differenti vengono così “messi in azione
simultaneamente”, conferendo al racconto l‟irrinunciabile dinamicità futurista.
Le ricerche sperimentali di Marinetti in merito giungono ad un‟estrema maturazione
nel 1933 con il manifesto Il teatro totale futurista, dove all‟insegna della più volte
citata simultaneità lo spettatore è chiamato a seguire attivamente spettacoli
molteplici su diversi palcoscenici, e proiezioni cinematografiche su differenti schermi.
Il centro della platea avrebbe dovuto contenere “undici palcoscenici rotondi e senza
quinte alti due metri intorno ai quali ogni spettatore nella sua poltrona-tavolo girevole
si muove seguendo con successione veloce le diverse azioni dei diversi palcoscenici
intercomunicanti”.37
36
F. T. Marinetti, E. Settimelli, B. Corra, Il teatro futurista sintetico, 1915, in MF, cit., pp. 178-179. 37
C. Salaris, Futurismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1994, p. 45.
37
Un‟ultima caratteristica riflessa dalla struttura non-lineare del TS, accostabile alle
opere del futurismo, riguarda l‟impossibilità di piegare la complessità dell‟esperienza
umana a rigidi percorsi logico-consequenziali.
La scelta di privilegiare una composizione complessiva composta da frammenti
apparentemente scollegati, artefici di un discorso digressivo e progressivo al tempo
stesso, ben si adatta a registrare i pensieri umani in tutta la loro incompletezza e
caoticità. Nelle pagine del romanzo Sterne espone la propria adesione alla teoria di
Locke, secondo la quale il pensiero procede per una libera e del tutto arbitraria
associazione di idee e concetti. I continui cambiamenti di direzione nel racconto
esprimono quindi il mutevole punto di vista di Tristram, la cui coscienza è in continuo
farsi con la creazione stessa del libro.
Secondo i modernisti l‟IO non è assoluto, ne esistono molteplici in base alle
situazioni, alle persone o agli oggetti con i quali la coscienza entra in contatto, e da
ciò si desume quanto la linea mentale tracciata dall‟incedere dell‟esperienza umana
non possa in alcun modo essere retta, bensì il più possibile varia e curviforme.
Non si discosta di molto da tale procedimento lo stile letterario futurista, il quale dal
verso libero alle parole in libertà, trovò piena realizzazione nel Manifesto
dell‟Aeropoesia, redatto da Marinetti nel 1931. La figura del volo diventa metafora di
una scrittura capace di far coesistere parole ed immagini in un flusso simile al
pensiero parlato. Essendo quest‟ultimo libero, mobile e caotico deve essere
rappresentato da una prosa anch‟essa libera e slegata da convenzioni.
Vengono addirittura aboliti gli spazi fra le singole parole al fine di uguagliare la
velocità delle associazioni mentali, formando così blocchi di lettere fuse, come ad
esempio “Battagliafiumepontebosco”.38
Come testimonia l‟osservazione di Marinetti, il paroliberismo diventa così specchio
della trasformazione della sensibilità umana, disgregata al pari di quella modernista e
multiforme al livello di quella sterniana:
“ 1. Acceleramento della vita, che ha oggi, un ritmo rapido. Equilibrismo fisico, intellettuale e sentimentale sulla corda tesa della velocità fra i magnetismi contradittorii. Coscienze molteplici e simultanee in uno stesso individuo”.39
38
Ibid., p. 35. 39
F.T. Marinetti, Distruzione della sintassi - Immaginazione senza fili - Parole in libertà, 1913, in MF,
cit., p.121.
38
2.2. L‟ipertesto sensoriale e i nuovi materiali
Una delle principali caratteristiche dell‟editoria informatica è l‟integrazione di diversi
linguaggi espressivi, o meglio media. È quindi ormai assolutamente comune
riscontrare sulla medesima pagina elettronica la compresenza di elementi
riconducibili a differenti sfere sensoriali: testo, immagini e suoni convivono all‟interno
dello stesso prodotto, integrandosi fra di loro e completandosi a vicenda. I risultati
raggiunti dalla moderna tecnologia offrono così infinite combinazioni, le quali aprono
le porte ad una trasmissione del messaggio e della comunicazione in senso stretto
senza precedenti. Numerose furono le sperimentazioni condotte in questa direzione
nella storia della letteratura e delle arti, spinte dall‟universale desiderio di un‟opera
totale, mezzo espressivo completo dell‟infinita gamma di contenuti da veicolare.
Il concetto di ipertesto può essere, meno accademicamente che nel primo paragrafo,
esteso a quelle forme narrative che, oltre alla non-linearità, si distinguono anche per
il tentativo di inserimento nel tessuto verbale di elementi extratestuali, sconfinanti
questi ultimi entro territori di proprietà della pittura, della musica e, non ultimo, del
teatro. L‟ipertestualità viene di conseguenza qui considerata come superamento dei
limiti del testo, come commistione di linguaggi non verbali, evasione dai margini del
foglio e addirittura annientamento del supporto cartaceo stesso. Il libro si tinge delle
sfumature della gestualità, del suono e della visualità. Svincolato dalla fissità del
proprio involucro anela al raggiungimento di una veritiera adesione alla realtà,
raggiungibile solo con un‟irruzione del “materico” e del non-linguistico sulla superficie
del foglio, nera di caratteri e parole.40
Il TS, anche in questo caso, precorre tali elaborazioni e dedica particolare attenzione
alla connotazione pittorica, gestuale e verbo-fonetica dei propri capitoli. La forte
caratterizzazione visiva delle sue pagine, della quale si è già discusso nel primo
capitolo, è infatti affiancata da un‟altrettanto marcata prevalenza della comunicazione
di tipo musicale. Sterne, secondo le peculiarità di un nuovo linguaggio, trasforma il
libro in un palcoscenico di teatro, dove accanto alla parola trovano spazio il gesto ed
il suono. Continuando ad intrecciare una fitta maglia di possibili collegamenti, non è
una novità che di tale assunto il movimento futurista ne fece quasi una religione,
dando libero sfogo ad una sperimentazione ed elaborazione senza sosta, che non
40
C. Salaris, La rivoluzione in biblioteca, in Edizioni Elettriche. La rivoluzione editoriale e tipografica
del Futurismo, Roma, Edizioni De Luca, 1995, p. 22.
39
risparmiò nulla della vecchia cultura passatista. A dimostrazione della continua
ricerca di quello che potrebbe essere definito un “ipertesto sensoriale”, Marinetti nel
1919 scriveva:
“I paroliberi futuristi che hanno una sensibilità particolarmente musicale la esprimono con rumori e suoni combinati, deformando i materiali della lingua. La loro ortografia è libera – espressiva, poiché essi considerano le lettere dell‟alfabeto come una plastilina da plasmare a volontà. Essi inventano parole nuove, e verbalizzano così, astrattamente, le emozioni più misteriose e meno definibili. Le loro parole in libertà sono delle vere partiture musicali e rumoriste che esigono il declamatore (…). I paroliberi futuristi che hanno invece una sensibilità più pittorica che musicale e rumorista la esprimono con linee e colori, caratteri tipografici deformati e combinati pittorescamente, forme geometriche, formule aritmetiche, etc. Le loro parole in libertà diventano Tavole parolibere, cioè veri quadri da guardare, anziché composizioni letterarie da leggere e da declamare”.41
La libertà creativa, che porta lo scrittore ad essere investito contemporaneamente del
ruolo di letterato-pittore o musicista a piacimento, nasce nel clima dell‟attuazione
delle parole in libertà, conseguentemente alle quali Marinetti enuncia la teoria del
lirismo multilineo:
“Il poeta lancerà su parecchie linee parallele parecchie catene di colori, suoni, odori, rumori, pesi, spessori, analogie. Una di queste linee potrà essere per esempio odorosa, l‟altra musicale, l‟altra pittorica”.42
È un invito quindi a creare tavole parolibere che possano essere viste e non lette,
udite, odorate, toccate, e che non parlino all‟intelligenza o al pensiero, ma ai sensi.
Alla connotazione verbale del testo vengono accostati, per la prima volta in maniera
tanto radicale, concetti che non gli appartengono e che richiedono uno stimolo
sensoriale differente rispetto alla vista. Alle righe del libro tradizionalmente inteso non
può in alcun modo essere attribuito un rumore, un suono, un peso o addirittura un
odore, essendo questi prerogativa di altre manifestazioni. Comunemente ciò che
possiede un rumore o un suono è la musica, così di conseguenza la si ascolta, un
41
F. T. Marinetti, Presentazione al Catalogo della “Grande esposizione nazionale futurista”, 1919. 42
F.T. Marinetti, Distruzione della sintassi - Immaginazione senza fili - Parole in libertà, 1913, in MF,
cit., p.132.
40
profumo ha un odore, e lo si annusa, un oggetto ha un peso, e lo si soppesa. Un
testo è fatto di parole e non lo si ascolta né lo si annusa: semplicemente lo si legge.
Niente di più banale e nauseabondo poteva esistere per i futuristi, i quali sovvertirono
le canoniche leggi della percezione, lanciati verso una rivoluzionaria concezione del
libro, che doveva discostarsi il più possibile da quello che dall‟epoca di Gutenberg in
avanti diventò il suo solo ed unico modello.43 La tipografia viene così asservita alla
differenziazione di tali catene pittoriche, musicali o odorose, alle quali è assegnato un
preciso tipo di carattere e di dimensione in base al prevalere dell‟una o dell‟altra
nell‟estro momentaneo dell‟artista. Supponendo che quella delle sensazioni pittoriche
domini sulle altre, essa sarà stampata in un carattere più grosso di quelli della
seconda e terza linea e così via, in un gerarchico susseguirsi di analogie.
Il paroliberismo futurista, fondato oltre che sullo statuto visivo anche su quello
fonetico, fa dunque largo uso dell‟onomatopea, ovvero della figura retorica ad
imitazione di suoni e rumori di fenomeni naturali e della vita reale. Essa non viene
utilizzata, come si potrebbe credere, solo per quanto riguarda la sfera sensoriale
dell‟udito, ma è asservita all‟espressione di tutte le altre possibili percezioni, dal
calore all‟odore, dal peso al colore. Marinetti ne identifica l‟esistenza di diverse
tipologie (FIG.4), ovviamente ognuna con una specifica finalità comunicativa:
l‟onomatopea diretta imitativa elementare realistica, l‟onomatopea indiretta
complessa analogica, l‟onomatopea astratta e l‟accordo onomatopeico psichico.
Tale vocazione sonora è già presente nel primo libro del caposcuola futurista, La
Conquête des étoiles, datato 1902, che si apre con quella che l‟autore specificherà
appartenere al secondo tipo sopra elencato:
“b) Onomatopea indiretta complessa e analogica. Es.: nel mio poema Dune l‟onomatopea dum-dum-dum-dum esprime il rumore rotativo del sole africano e il peso arancione del cielo, creando un rapporto fra sensazioni di peso, calore, colore, odore e rumore. Altro esempio: l‟onomatopea stridionla stridionla stridionla che si ripete nel primo capitolo del mio poema epico La Conquête des étoiles forma un‟analogia fra lo stridore di spade e l‟agitarsi rabbioso delle onde, prima di una grande battaglia di acque in tempesta”.44
43
Ministero per i beni culturali e ambientali, Edizioni Elettriche. La rivoluzione editoriale e tipografica
del Futurismo, Roma, Edizioni De Luca, 1995, p. 12. 44
F.T. Marinetti, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica, 1914, in MF, cit.,
p.141.
42
La poesia totale, verbale, pittorica, musicale, cui aspiravano i simbolisti trova quindi
una piena formalizzazione nelle “parole in libertà” futuriste grazie al massiccio uso
dell‟onomatopea, riletta e rivisitata anch‟essa secondo parametri del tutto nuovi e non
convenzionali.45
Un esempio singolare a questo proposito è rappresentato dai Poemi in onomalingua
di Fortunato Depero, risalenti al 1915, definiti esempi di poesia “rumorista”, nei quali
a detta dell‟autore i testi dovevano rappresentare la “verbalizzazione astratta di
colori-forme-so-stanze-velocità-lu-ci-temperatura-stati d‟animo”.46 L‟artista, non
soddisfatto della resa fonetica della sola onomatopea, in un‟incessante alternarsi di
proposte mirate al superamento dello statuto visivo-verbale del libro, sviluppa un
progetto rimasto purtroppo incompiuto: New York-film vissuto, ovvero “I° libro
parolibero sonoro”. Dagli appunti/schizzi di Depero apprendiamo che sarebbe stata
una raccolta di tavole parolibere, fotomontaggi, disegni, corredata da due dischi, con
cui l‟autore avrebbe voluto raccontare in tre dimensioni (la scrittura, il segno, e la
voce) la personale esperienza vissuta nella metropoli americana.
L‟idea delle pagine-disco non è nuova al repertorio futurista, essa era stata infatti più
volte proposta in passato da altri artisti, senza trovare una finale realizzazione. Ciò
sottolinea chiaramente la volontà futurista di abolire la fisicità stessa del mezzo
espressivo- libro, ritenuto ormai incongruo e inadatto alle nuove esigenze artistiche di
un movimento in continuo subbuglio. Le sperimentazioni si indirizzano così verso la
ricerca di nuovi materiali, con i quali sostituire le monotone pagine rilegate, capaci
finalmente di esaltare le potenzialità di un ipertesto a tutto tondo, onomatopea
completa della gamma dei cinque sensi. In questa direzione si colloca il primo libro di
latta, la raccolta di Parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche di Marinetti, del
1932. Oltre all‟autore si afferma qui l‟importanza dell‟ideatore della veste grafica, il
tipografo Tullio d‟Albisola, il quale decide di ripiegare i bordi interni delle pagine su fili
di rame, perni di rotazione entro una tubolare di latta cromata, che funge da dorso.47
Il paroliberismo, espressione sensoriale completa, è dovuto in questo caso alla
collaborazione di un poeta e di un pittore-grafico, che in base alle scelte liriche del
primo determina la veste di supporto sulla quale saranno esse fruibili. I futuristi,
entusiasti, vedono nella “lito-latta” la concretizzazione della tanto agognata unione
45
C. Salaris, Futurismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1994, p. 31. 46
E. Coen, Futurismo, Firenze-Milano, Art e Dossier, Giunti Editore, 2008, p.53. 47
C. Salaris, La rivoluzione in biblioteca, in Edizioni Elettriche. La rivoluzione editoriale e tipografica
del Futurismo, Roma, Edizioni De Luca, 1995, pp. 31-32.
43
simultanea di tatto e suono, resa possibile dalla forzatura materica del libro stesso,
così come specificato da Marinetti nel 1933:
“ Le parole in libertà e le tavole parolibere non erano soddisfatte di essere stampate sulla carta, ma esigevano l‟elasticità metallica (…) trovano così un armonioso accompagnamento rumorista nel tinnire dello sfogliare delle pagine”.48
Come è intuibile da queste parole assume un ruolo fondamentale ai fini della perfetta
riuscita dell‟opera il processo di fruizione da parte del lettore, il quale con la propria
partecipazione crea il giusto sottofondo sonoro reale alle onomatopee contenute
nelle righe di latta, fittizie riproduzioni non solo verbo-fonetiche. Con l‟introduzione di
una nuova fisicità metallica viene inoltre resa fattiva la presenza, fino al quel
momento assente, della sensibilità tattile. Quest‟ultima ignorata in precedenza data
l‟assuefazione al mezzo cartaceo, viene invece così messa in risalto dall‟atipicità del
nuovo materiale utilizzato.49
La qualità sonora del testo è particolarmente sviluppata anche da Francesco
Cangiullo, con Piedigrotta, poema parolibero rumorista e onomatopeico del 1916
ispirato all‟omonima festa partenopea, e specialmente in Poesia Pentagrammata
(FIG.5) del 1923. L‟artista non solo sperimenta l‟uso dell‟onomatopea e dei suoni lirico-
espressivi, ma prende anche in prestito dal repertorio musicale lo schema grafico
entro i quali essi sono organizzati. Il testo scorre infatti come una partitura musicale
sul pentagramma.
Alla produzione artistica di Cangiullo è ascrivibile un altro mirabile esempio di
commistione fra due linguaggi artistici differenti, in questo caso letterario e teatrale:
Caffeconcerto. Alfabeto a sorpresa (FIG.6), opera del 1919. La copertina blu stellata
evoca le luci dei cafè-chantant ed è seguita nella prima pagina dal fac-simile del
biglietto d‟ingresso. La narrazione, proprio come uno opera teatrale, si divide in due
tempi che iniziano e finiscono con un sipario chiuso. Sui fogli si alternano figure
composte con lettere, rappresentanti cantanti, giocolieri e ballerine. Il libro, così
mutato in spettacolo e le sue pagine in palcoscenico, sconfina nella
performance, da sempre utilizzata dai futuristi per conferire una compiuta attuazione
alla fusione fra arte e vita, alla base della stesura di ogni manifesto.
48
F. T. Marinetti, I libri metallici, in “L‟Impero”, Roma, 3 gennaio 1933. 49
E. Coen, Futurismo, Firenze-Milano, Art e Dossier, Giunti Editore, 2008, p. 47.
45
Tornando ora al TS, la propensione alla citazione fonetica onomatopeica nell‟opera
sterniana è direttamente sottolineata in area futurista dallo scrittore Giovanni Papini,
che successivamente alla clamorosa rottura con Marinetti cerca di ridimensionare la
portata delle sue innovazioni letterarie, tentando di dimostrare attraverso un elenco di
fonti quanto esse fossero in realtà già precostituite. Per quanto riguarda l‟uso
dell‟onomatopea in poesia Papini fa proprio il nome di Sterne, ricordando che:
“Un capitolo del Tristram Shandy di Lorenzo Sterne comincia in questa maniera: „Pt-r-ing-twing-prut-prut. Er. a…. e…. i….o…. u-twang-twing, diddle, diddle, diddle, diddle…”.50
Il riferimento è al capitolo XV del V volume, nel quale utilizzando la metafora delle
corde del violino Sterne risponde alle critiche negative rivolte alla propria opera.
Riproducendo le note stonate di tale strumento l‟autore ricollega il TS ad un accordo
in apparenza lontano dalla grazia armonica, la più grande stramberia musicale che si
sia mai suonata, sottolineando però l‟opinabilità di tale giudizio. Reputa quindi lo
spartito degno di essere “suonato” tanto quanto lo è la sua storia di essere
“raccontata”.
Nel TS ricorre spesso non solo l‟uso dell‟onomatopea, ma anche l‟utilizzo di una
terminologia musicale atta alla definizione del lavoro stesso, come nel caso sopra
descritto. La musica e la relativa terminologia integrano il potere spesso limitato delle
parole, al pari delle illustrazioni visive, creando così reti di perfette analogie.51
L‟attitudine fonetica del romanzo è esemplificata da un altro elemento ricorrente
all‟interno delle sue pagine, ovvero dal motivetto più volte fischiato dallo zio di
Tristram: il Lillabullero. Tale canzoncina popolare irlandese, nota alla fine del 1600,
parla del malgoverno del conte Tyrconnel, ed è utilizzata come commento musicale
evocato da Toby Shandy quando una determinata situazione gli crea uno stato di
indignazione che non riesce ad esprimere a parole sue.52 Il comportamento poco
lusinghiero del conte diventa metafora di un‟analoga situazione, reputata riprovevole
secondo l‟opinione del vecchio militare.
Non da meno, rispetto al futurismo, nell‟opera è presente l‟evocazione di contesti
artistici altri rispetto alla letteratura, in particolare modo il teatro. La ricorrenza del
gesto e di scenografie orchestrate secondo la tecnica teatrale è un argomento
50
G. Papini, L‟antichità del futurismo, Firenze, Vallecchi, 1919. 51
G. Losi, Tristram Shandy tra digressione e ipertestualità, www.tristramshandyweb.it. 52
Ibid., www.tristramshandyweb.it.
46
evidenziato in diversi esempi del paragrafo precedente. In egual misura sono
presenti anche elementi pittorici riconducibili alle minuziose descrizioni dei
personaggi e delle loro posture. Inoltre l‟attenzione posta alla resa dell‟aspetto
posturale rimanda ancora una volta alla sfera dello spettacolo dal vivo, nel quale le
posizioni degli attori sul palco sono minuziosamente stabilite e regolate dalla
sceneggiatura.
A dimostrazione di ciò è possibile citare il XII capitolo del IV volume, nel quale Walter
Shandy conversa sulle scale rifacendo più volte lo stesso scalino, reiterando
teatralmente la scena e scomponendola in più unità temporali. L‟iconografia del
manichino che scende le scale è largamente ravvisabile nella produzione dadaista,
debitrice del TS, in particolar modo nel dipinto Nu descendant un escalier no.2 di
Marchel Duchamp.53
Non è forse un caso che tale soggetto sia riprodotto anche da un disegno di Marinetti
ad illustrazione del libro Il suggeritore nudo. Simultaneità futurista in undici sintesi,
pubblicato nel 1929 sulla rivista “Comoedia”, e dal quale venne tratta nello stesso
anno una rappresentazione teatrale al Teatro degli Indipendenti di Roma, con la
regia di Carlo Ludovico Bragaglia e la supervisione dello stesso Marinetti. Il bozzetto
raffigurante uno dei siparietti che sarebbero stati messi in scena rappresenta proprio
la stilizzazione di due manichini intenti a scendere o cadere lungo una scala (FIG.7).
(FIG.7)
53
A. Sbrilli, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it,
sezione Arts. Ultima visita: maggio 2011.
47
2.3. Declamazione/Oralità
“Col nuovo lirismo futurista, espressione dello splendore geometrico, il nostro io letterario brucia e si distrugge nella grande vibrazione cosmica, così che il declamatore deve anch‟esso sparire, in qualche modo, nella manifestazione dinamica e sinottica delle parole in libertà. (…) Il declamatore futurista dovrà dunque: 1. Vestire un abito anonimo (possibilmente, di sera, uno smoking) evitando tutti gli abiti che suggeriscono ambienti speciali (…). 2. Disumanizzare completamente la voce, togliendole sistematicamente ogni modulazione o sfumatura. 3. Disumanizzare completamente la faccia, evitare ogni smorfia, ogni effetto d‟occhi. 4. Metallizzare, liquefare, vegetalizzare, pietrificare ed elettrizzare la voce,fondendola colle vibrazioni stesse della materia, espresse dalle parole in libertà. 5. Avere una gesticolazione geometrica, dando così alle braccia delle rigidità taglienti di semafori e di raggi di fari per indicare le direzioni delle forze, o di stantuffi e di ruote, per esprimere il dinamismo delle parole in libertà. 6. Avere una gesticolazione disegnante e topografica che sinteticamente crei nell‟aria dei cubi, dei coni, delle spirali, delle ellissi, ecc. 7. Servirsi di una certa quantità di strumenti elementari come martelli, tavolette di legno, trombette d‟automobili, tamburi, tamburelli, seghe, campanelli elettrici”.54
Questo estratto appartiene al manifesto La declamazione dinamica e sinottica, nel
quale Marinetti codifica in termini di performance l‟azione del poeta che
spettacolarizza la poesia parolibera. Essa è caratterizzata da una forte
predisposizione all‟oralità e al recupero nella scrittura della concretezza del rumore.55
Ne è un esempio la declamazione della già citata opera Piedigrotta di Cangiullo
avvenuta nel 1914 nella galleria Sprovieri a Roma e a Napoli, e non è inoltre
irrilevante notare che questo tipo di azione costituisce il canovaccio delle future
serate dadaiste.
L‟accento, posto quindi sulla dizione vera e propria oltre che sulla pagina scritta,
pone nuovamente al centro della riflessione lo statuto del libro futurista che, in linea
con le scelte fonetiche in esso attuate, è indirizzato alla lettura ad alta voce ed alla
54
F. T. Marinetti, La declamazione dinamica e sinottica, 1916. 55
C. Salaris, Futurismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1994, p. 52.
48
declamazione. Scalzata la fruizione silenziosa, la struttura narrativa si articola attorno
a suoni e onomatopee scritte appositamente per essere ascoltate.
Non esiste infatti una lirica priva di voce e gesto, e così la nuova sensibilità moderna
sente il bisogno di una fruizione più integrale, di un‟espressione completa che non si
esaurisca nella semplice lettura fatta in silenzio, ma che si completi con la volontà di
poter udire. L‟oralità restituisce quindi al testo quelle sfumature che gli sono state
sottratte dalla pagina scritta. Il volume, nella logica futurista, sarà di conseguenza
destinato a sparire e le pagine diventeranno sottili fogli di fonografo che oltre a dare
al lettore le parole gli faranno sentire anche il tono della voce del poeta.56 Come è
stato detto, tentativi di libro-disco sono stati a questo proposito annunciati, ma mai
compiutamente realizzati, come per esempio il primo libro parolibero sonoro di
Depero, analizzato nel paragrafo precedente. Le varie sperimentazioni si
concretizzano nelle declamazioni parolibere incise con la voce di Marinetti o di altri
scrittori.
Il caposcuola futurista si accorge presto delle enormi potenzialità espressive offerte
dal mezzo radiofonico alle composizioni di parole in libertà:
“Occorre che la parola sia ricaricata di tutta la sua potenza quindi parola essenziale e totalitaria ciò che nella teoria futurista si chiama parola-atmosfera. Le parole in libertà (…) contengono un‟orchestra di rumori e di accordi rumoristi (realisti e astratti) che soli possono aiutare la parola colorata e plastica nella rappresentazione fulminea di ciò che non si vede”.57
Così scrive nel manifesto La Radia del 1933 indicando la via di un superamento del
libro basato sulla voce, il rumore, la simultaneità creando un “puro organismo di
sensazioni radiofoniche”.58
L‟oralità è un tratto distintivo che caratterizza anche il TS, con particolare interesse
all‟aspetto non verbale di tale oralità, ovvero il silenzio.59 L‟opera di Sterne,
similmente a quelle futuriste, è appositamente destinata alla lettura declamatoria,
lontana dalle silenziose atmosfere dei comuni romanzi. A questa considerazione è
56
Ibid., p. 52. 57
F.T. Marinetti, La Radia, 1933, in MF, cit., p.239. 58
Ibid., p. 238. 59
C. Fanning, On Sterne‟s Page: Spatial Layout, Spatial Form, and Social Spaces in Tristram
Shandy, in Laurence Sterne, M.W. Longman, Great Britain, Pearson Education, 2002.
49
riconducibile la grande presenza di sermoni all‟interno del testo, quasi sempre letti ad
alta voce dal parroco Yorick, ed impaginati appositamente a tale scopo. Le parole
sono infatti divise da lunghi trattini, i quali dettano non solo il ritmo e le pause di
silenzio da rispettare durante l‟incedere, ma anche la gestualità di un ipotetico lettore.
Sterne ha dovuto così studiare una forma appropriata al fine di conferire a tali
frammenti narrativi la connotazione enfatica che solo la voce e il gesto riescono a
restituire. Sono quindi proprio gli spazi vuoti a produrre molti degli effetti contenuti nel
TS, tangente anch‟esso i confini della performance.
L‟importanza rivolta all‟oralità è messa inoltre in luce dai numerosi dialoghi che il
narratore conduce con i fittizi ascoltatori ai quali, durante le pause dalla lettura dei
vari capitoli, si rivolge con i titoli di Sir e Madam. Sterne, con l‟abile artificio del
commento metanarrativo, lascia intendere al lettore che nello stesso momento in cui
egli scorre silenziosamente la pagina, essa è contemporaneamente letta ad alta voce
dallo stesso narratore ad un immaginario pubblico astante.
Questo aspetto non sfugge a Nietzsche che, in Umano troppo umano II, in poche ed
incisive frasi concentra lo spirito poliedrico, libero ed infinitamente molteplice del
romanzo di colui che il filosofo tedesco stesso definisce “der freiste Schriftsteller”:
“Sterne inverte improvvisamente i ruoli ed è tosto altrettanto lettore che autore; il suo libro è come uno spettacolo nello spettacolo, un pubblico di teatro davanti ad un altro pubblico di teatro”.60
60
A. Sbrilli, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it.
50
3. LA SPIRALE
3.1. La spirale vs la linea retta: libertà e dinamicità
“La pittura dei suoni, dei rumori e degli odori vuole: (…) 7. La sfera, l‟ellissi che turbina, il cono rovesciato, la spirale e tutte le forme dinamiche che la potenza infinita del genio dell‟artista saprà scoprire”.61
Con queste parole il futurista Carrà, attraverso l‟assai noto espediente dell‟elenco,
sottolinea le caratteristiche che la nuova pittura deve rispecchiare per svincolarsi
dalle passatiste connotazioni accademiche e tingersi così delle travolgenti sfumature
della modernità. L‟artista cita in diversi punti l‟importanza di integrare nel proprio
repertorio simbolico forme nuove, fino a quel momento inusuali, capaci di
racchiudere la diversità concettuale alla base dell‟avanguardia.
Come più volte esplicitato, l‟assunto prediletto dai futuristi è strettamente collegato
alle innovazioni apportate dalla tecnologia, fautrice dell‟avvento di una nuova
“velocità”. Identificabile quest‟ultima non di certo negli statici schemi figurativi coevi,
ma in un tripudio di illustrazioni dinamiche, mutevoli, ribelli ed imprevedibili, e, a tale
proposito, non è un caso che fra tutte assuma particolare rilevanza un motivo
iconografico ben distinto: la spirale.
Viaggiando attraverso una rete di collegamenti a ritroso nel tempo è possibile
individuare le radici di tale simbologia in contesti artistici altri, che da Marinetti a Jarry
conducono fino a Sterne. Nel TS infatti l‟autore dedica diversi commenti digressivi
alla metafora della linea, che retta o curva, si fa effige dell‟andamento narrativo del
romanzo stesso. Ad ulteriore dimostrazione, il lettore si imbatte inoltre nella
raffigurazione di una vera e propria serpentina, ovvero la spirale che il caporale Trim
disegna brandendo il bastone in aria, già citata nel primo capitolo in merito alla
prevalenza della trasmissione visiva del messaggio su quella di tipo verbale.
Sarà quindi nuovamente possibile accostare, limitatamente al piano della
rivoluzionaria portata concettuale, l‟opera sterniana al movimento futurista,
61
C. Carrà, La pittura dei suoni, rumori e odori, 1913, in MF, cit., p.89.
51
elaborando, questa volta con riferimento ad un comune tratto iconografico, due
discorsi paralleli e complementari.
In mancanza di riferimenti diretti, è opportuno volgere lo sguardo alla catena di
influenze che per proprietà transitiva risulta tangente ad entrambe le esperienze, così
da ricostruire un tessuto di rimandi veritiero ai fini dell‟analisi in oggetto.
Il TS risuona per lo scarto della linea retta della rappresentazione, per la
commistione di linguaggi giuridici, parascientifici, ecclesiastici e la creazione di
personaggi buffoneschi62, nell‟opera del drammaturgo francese Alfred Jarry, scritta
nel 1898: Gestes et Opinions du Docteur Faustroll, pataphysicien.
È sufficiente il solo titolo ad evidenziare chiaramente i confini di una netta ispirazione
di matrice shandiana: in esso ricorrono, infatti, sia il termine “opinioni” sia la
specificazione della condizione del protagonista del libro, apposta dopo la virgola. In
simmetria con Tristram, la cui nascita è posticipata per molte pagine, il dottor
Faustroll nasce alla paradossale età di sessantatré anni, che manterrà per tutta la
durata del romanzo. Fra le sue pagine Jarry approfondisce i principi e i limiti della
patafisica, codificandola in termini di scienza, e come tale definendola con l‟esattezza
che le compete. Il libro si ricollega alla trilogia ubuesca (Ubu Roi, Ubu Enchainé, Ubu
Cocu) e ne costituisce la matura evoluzione. Il protagonista è dottore in patafisica in
quanto si faceva generalmente sentire, sempre più impellente, il bisogno di
approfondire il ramo inesplorato delle eccezioni e di studiare tutto ciò che risiede oltre
la metafisica:
“La patafisica è la scienza di ciò che si aggiunge alla metafisica, sia in essa, sia fuori di essa, estendendosi così ampiamente al di là di questa quanto al di là della fisica. (…) Studierà le leggi che reggono le eccezioni e spiegherà l‟universo supplementare a questo (…). DEFINIZIONE. - La patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità”.63
62
A. Sbrilli, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it,
sezione Arts. Ultima visita: maggio 2011. 63
A. Jarry, Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, Milano, Adelphi, 2002, p.71.
52
Si tratta di un‟opera di non facile lettura, non solo a causa dei continui rinvii, citazioni,
richiami filosofici, artistici e matematici, ma anche e soprattutto per l‟atipicità del
codice linguistico. L‟autore inserisce caratteri in greco, conduce complessi calcoli
matematici e inserisce nella trama linguistica sfere sensoriali differenti, proprio come
nel TS. Ne è un esempio l‟integrazione nel tessuto verbale di uno spartito musicale,
visiva testimonianza dell‟Isola Sonante, visitata dallo strambo dottore nel XXIII
capitolo (FIG.1).
(FIG.1)
Il meccanismo narrativo viene messo in azione nelle prime pagine con il testo di una
notifica giudiziaria di sequestro, con tanto di bollo e firme, presentata dall‟uscire
Panmuphle nei confronti di Faustroll. Segue una descrizione del personaggio, le cui
misure fisiche sono espresse in atomi, e una spiegazione quasi fantascientifica del
veicolo sul quale viene compiuto il viaggio, l‟ “as”, imbarcazione panciuta lunga dodici
metri. Essa, secondo una particolare proiezione “trinitaria”, è destinata a portare tre
persone: Faustroll, lo stesso usciere Panmuphle, eletto a cronista delle gesta del
dottore, e il babbuino Bosse-de Nage, il quale ha la singolare dote di non riuscire a
pronunciare altra parola che “ „ha „ha”.64 Quella della satirica odissea, assunta come
apparente oggetto del romanzo, è in realtà una metafora utilizzata dal poeta per farsi
esploratore e portavoce dei meandri del proprio tempo. La “navigazione” di Jarry
conduce infatti a delle “isole” ben delimitate culturalmente, definite più con
connotazioni letterarie che paesaggistiche. Quasi ogni capitolo reca una dedica, che
64
V. Accame, Jarry, Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp. 68-69.
53
funge da indicazione del “luogo”, così che ogni isola-capitolo non è altro che un
insieme di caratteristiche linguistiche e citazioni tratte dalle opere del dedicatario.65
Ovviamente la patafisica rimane comunque l‟elemento unificatore di tanto
peregrinare, esplicitata a più riprese dalle grottesche lezioni tenute dal protagonista,
le quali trovano degna conclusione proprio nell‟ultimo capitolo dedicato al calcolo
della superficie di Dio, definito come punto tangente fra zero e l‟infinito. Come si può
notare si tratta del trionfo di una “logica” che va ben oltre i propri confini, che vive di
differenti regole, le quali, seppure dominate dal non-sense, non sono prive di un
preciso ordine interno. Le speculazioni scientifiche finali richiamano le considerazioni
trattate nel XIV capitolo del VII volume del TS riguardanti la misura delle anime e la
vasta superficie che esse occupano.66
Tali divagazioni sul nucleo tematico del libro e sull‟essenza della patafisica risultano
necessarie ai fini dell‟introduzione di quello che ormai ne è ufficialmente considerato
il simbolo, ovvero la “giduglia”. Quest‟ultima, dal francese gidouille, è rappresentata
da una vorticosa spirale, apparsa per la prima volta nell‟illustrazione che lo stesso
Jarry appose come copertina della sua creazione più celebre, il già citato Ubu Roi,
dramma in cinque atti in prosa. Pubblicata nel 1896 e protagonista di innumerevoli
riproduzioni teatrali, essa è riconosciuta come l‟opera che più ha influito sul teatro
moderno e, in particolare, sulle rivoluzionarie innovazioni operate dalle avanguardie
del Novecento, fra le quali non manca certamente quella futurista.
Invenzione celebre dell‟autore, tanto da diventarne quasi un suo alter ego, è la
marionetta mostruosa di Padre Ubu, personaggio ispirato all‟insegnante di fisica del
liceo di Rennes frequentato dall‟allora quindicenne Jarry.67 La vicenda è tanto
semplice quanto “drammaticamente” inesistente. Con un complotto Ubu si
impadronisce del trono di Polonia, definita come una terra utopica, facendo uccidere
il vecchio re Venceslas, con tutta la famiglia. Alla strage sfugge il figlio minore
Bougrelas che, con l‟aiuto dello zar di Russia, riuscirà a tornare sul trono, mentre
Ubu sfuggito alla punizione si imbarca alla volta di Parigi.68 Durante il periodo da
regnante egli si contraddistingue per il fare dispotico e tirannico, spogliando nobili e
popolo di tutte le loro sostanze e dispensando atrocità ed ingiustizie. La sua figura è
65
Ibid., pag. 70. 66
A. Sbrilli, La presenza del Tristram Shandy sulle soglie del Dada, www.tristramshandyweb.it,
sezione Arts. Ultima visita: maggio 2011. 67
E. Sanguineti, Scribilli, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 257. 68
V. Accame, Jarry, Firenze, La Nuova Italia, 1974, p. 51.
54
così tratteggiata come quella di un personaggio abnorme, che rivela in una
dimensione grottesca e surreale la sconcertante nudità dei meccanismi dittatoriali e
dell‟ingordigia umana.69 Alla prima dell‟Ubu Roi, lo scrittore presenta così il
personaggio al pubblico del Théâtre de l‟Oeuvre:
“Voi sarete liberi di vedere nel signor Ubu le molteplici allusioni che vorrete vederci, o un semplice fantoccio, la deformazione fatta da uno studente di uno dei suoi professori, che rappresentava per lui tutto il grottesco possibile a questo mondo”.70
Jarry colloca l‟anima e l‟essenza stessa del personaggio proprio nella giduglia,
spirale ospitata dalla pancia di quest‟ultimo (FIG.2), secondo una convinzione non
distante da quella di Platone, ad opinione del quale il ventre sarebbe la sede della
struttura emotiva umana.71 La coscienza e la percezione di essa, partendo da basi
bergsoniane, è collocabile quindi all‟interno dell‟individuo, il quale è regolato da
principi distanti dalla razionale temporalità esterna degli avvenimenti, definita dalla
severità dell‟orologio.
(FIG.2)
69
F. Cappa, P. Gelli, M. Mattarozzi, Dizionario dello spettacolo del „900, Milano, Baldini & Castoldi,
1998, p. 558. 70
E. Sanguineti, Scribilli, Milano, Feltrinelli, 1985, pp. 257-258. 71
E. Sanguineti, Scribilli, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 258.
55
Non lontano è collocabile anche il TS, nel quale la struttura frammentaria e non
lineare dello scheletro narrativo, come specificato nel capitolo precedente, si
ricollega alla teoria delle associazioni di idee di Locke e all‟interiorizzazione della
sfera temporale, dilatata a piacimento dell‟autore con l‟intento di allontanare il più
possibile la morte.
Per Jarry la linea retta non potendo arrivare ad una meta definitiva si ripiega su se
stessa dando così vita all‟infinita spirale della patafisica. Da ciò ne consegue che i
principi di tale scienza, le azioni e i comportamenti umani, gli accadimenti, così come
anche il fluire del pensiero non possano in alcun modo essere esemplificati da una
forma lineare orizzontale, ma siano di contro espressi al meglio dall‟imprevedibilità
dell‟incedere della linea curva. Essa in ogni sua evoluzione, dalla spirale all‟ellissi,
rappresenta la dinamicità di un nuovo sentire e l‟avvento di una sorprendente
modernità, che permette tanto all‟artista futurista quanto al letterato francese di
forzare le rigide convezioni, dando così ampia espressione ad una libertà inventiva
svincolata sia sul piano concettuale che su quello pratico.
La spirale compare anche fra le pagine del Dottor Faustroll, il protagonista del quale
la utilizza come simbolo dell‟ordine patafisico del quale è fondatore:
“A guisa di cravatta, si mise al collo un gran cordone della Grande-Gidouille, ordine da lui inventato e brevettato, perché non venisse svilito”.72
La predilezione di Jarry per le forme sferiche si esplicita con maggior forza nell‟VIII
capitolo, nel quale sottolinea la centralità dell‟ellisse:
“Occorre dunque necessariamente ammettere che il volgo (contando i bambini e le donne) è troppo grossolano per capire le figure ellittiche, e che i suoi membri si accordano nel consenso detto universale perché non percepiscono le curve con un solo fuoco, essendo più facile coincidere in un punto che in due. Comunicano e si equilibrano mediante il bordo dei loro ventri, tangenzialmente. Ora persino il volgo ha imparato che l‟universo vero è fatto di ellissi, e i borghesi stessi conservano il loro vino in botti e non in cilindri”.
72
A. Jarry, Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, Milano, Adelphi, 2002, p.16.
56
Nella forma curva ed ondulata è racchiusa anche l‟anima del movimento futurista,
come è testimoniato dall‟esperienza di molti suoi esponenti.
Marinetti e Jarry si conoscevano di persona, ed il caposcuola dell‟avanguardia
nutriva grande ammirazione per il letterato francese, il quale invece era assai più
prudente nei giudizi sul giovane franco-italiano che, all‟epoca del loro incontro, era
immerso in un ambiente ancora simbolista e sarebbe stato colpito solo
successivamente dalla folgore futurista.73
Proprio all‟Ubu roi si ispira Marinetti per la stesura di un analogo dramma satirico in
quattro atti, Roi Bombance, tradotto in italiano come Re Baldoria, pubblicato nel 1905
per le edizioni del “Mercure de France”. In esso lo strumento della metafora viene
portata alle estreme conseguenze ed ogni singolo elemento sfiora l‟ipertrofia
comunicativa, andando a minare l‟unità complessiva del testo e la sua struttura
interna, tanto da acquistare connotazioni grottesche se non ridicole.74 Tali scelte
possono essere inserite all‟interno di un‟embrionale sperimentazione che porterà
successivamente all‟esplosione delle parole in libertà.
Il tema dominante dell‟opera è quello della fame e dell‟ingordigia, che dilania le
viscere dei ricchi e dei poveri, determinando con una logica implacabile le loro azioni.
La vicenda si svolge in un immaginario Medioevo nel regno dei Citrulli, dove per
disgrazia viene a mancare Panciarguta, cuciniere di corte, il quale riusciva a saziare
con lauti pranzi il re Baldoria e i potenti, oltre che a distrarre subdolamente dalla loro
fame i sudditi citrulli, detti gli Affamati. Essi però straziati dalle pance vuote danno
vita, sotto l‟egida del tribuno Famone, ad una rivoluzione intestinale. Il racconto,
scandito secondo la norma lirica del dialogo tipica delle convenzioni teatrali,
prosegue con la morte del re, ucciso apparentemente dai crampi del digiuno, e con lo
sconforto di tutto il popolo. Alla notizia che il sovrano era invece morto a causa di una
colossale indigestione risalente a qualche tempo prima, decidono di stufarlo e
portarlo a tavola. L‟opera pare concludersi con gli appetiti finalmente saziati dei non
più Affamati, ma il fantasma di Santa Putredine riporta in vita il cadavere del re
Baldoria e dei suoi ministri, i quali emergono faticosamente dagli intestini dei loro
divoratori, che in un ciclo senza fine sono costretti a masticarli nuovamente per poi
rivomitarli e così via.75
73
B. Eruli, Dal futurismo alla patafisica. Percorsi dell‟avanguardia, Pisa, Pacini Editore, 1994, p. 183. 74
D. Quarta, Il teatro prefuturista di Marinetti: Dramma senza titolo, Roi Bombance, Poupées
électriques, www.tidsskrift.dk. Ultima visita: maggio 2011. 75
Ibid., www.tidsskrift.dk.
57
Il personaggio di re Baldoria è chiaramente desunto dalla figura di Padre Ubu, con il
quale ha in comune la monumentale apparizione scenica, e meno invece la
maschera vile e cinica. Oltre al titolo Marinetti fa della prima rappresentazione
teatrale del Roi Bombance una copia identica all‟Ubu Roi, medesimi sono infatti il
teatro nel quale avviene la messa in scena, i costumi, la scenografia e la direzione
artistica.
Il successo dell‟opera è riconosciuto dallo stesso Jarry, che nel 1907 sulla rivista
Poesia pubblica un articolo (FIG.3) dedicato al dramma satirico marinettiano:
“Le ho dato il mio Ubu Re? È da tanto che non ci incontriamo più al ʽMercureʼ! A rileggerlo, il Re Baldoria provoca la stessa vivissima impressione a causa della sua straordinaria forma e della esattezza delle parole. Lei si ricorderà che io le dissi come ben pochi francesi avrebbero saputo scrivere, per esempio, in ʽguisa di acchiappafarfalleʼ e altre immagini inattese e formidabili (…). Forse mi spiace solo che all‟inizio non si possa seguire più a lungo il Re Baldoria nel mezzo delle sue baldorie, ma basta il suo nome, che è una sintesi, a dire già tutto”.76
Il padre della patafisica sottolinea uno degli aspetti fondamentali che caratterizzerà le
vere e proprie opere futuriste successive del caposcuola del movimento, ovvero la
scrittura “in guisa di acchiappafarfalle”. Con essa si intende uno stile narrativo libero,
che procede per continui movimenti circolari ed ondulatori, proprio come si fa
librando nell‟aria il retino alla ricerca di fantasiose fogge e sgargianti colori. Jarry ne
apprezza quindi, come specificato precedentemente, la capacità di definire continue
spirali, analogie delle mutevoli esperienze inventive e della non linearità dei processi
logico-conoscitivi. Prendendo in prestito tale similitudine terminologica si potrebbe
così definire anche la serpentina disegnata nel vuoto dal caporale Trim, il quale
agitando il proprio bastone delinea un andamento spiraliforme al pari di un
ricercatore di farfalle, libero artefice delle proprie traiettorie.
La linea retta, tanto esaltata da Marinetti contraddittoriamente al proprio operato,
come si vedrà in seguito, sembra quindi condannata ad autodistruggersi in una sorta
di allegra e del tutto libera autorità creativa dell‟artista, il quale infrange schemi,
regole e convenzioni.
76
F. T. Marinetti, Marinetti Futurista: inediti, pagine disperse, documenti e antologia critica, a cura di
“ES”, Napoli, Guida, 1977, p. 330.
59
Come anticipato, il Futurismo riprende la figura della spirale in quanto forma
dinamica, e vi dedica diverso spazio all‟interno dei manifesti.
Carrà in particolare ne delinea una chiara definizione ed un preciso uso:
“3. Qualsiasi succedersi di suoni, rumori odori stampa nella mente un arabesco di forme e colori. Bisogna dunque misurare queste intensità e intuire questo arabesco. (…) La pittura dei suoni, dei rumori e degli odori vuole: 4. L‟arabesco dinamico come l‟unica realtà creata dall‟artista nel fondo della sua sensibilità. 5. Le linee oblique che cadono sull‟animo dell‟osservatore come tante saette dal cielo, e le linee di profondità. 12. La linea a zig-zag e la linea ondulata. 13. Le curve ellissoidi considerate come rette in movimento”.77
Appare netta la preferenza della linea spiraliforme, definita come l‟arabesco che
appare nella mente dell‟artista in base alle sensazioni da esprimere. Come per
l‟onomatopea così anche per le forme va notato quanto esse siano accostate a sensi
diversi da quelli ai quali vengono tradizionalmente riferite. Le linee curve esprimono
non solo un movimento o una determinata connotazione visiva, ma servono anche a
definire un suono, un rumore o addirittura un odore:
“Dal punto di vista della forma: vi sono suoni, rumori e odori concavi e convessi, triangolari, ellissoidali, oblunghi, conici, sferici, spiralici, ecc”.78
Viene invece abolita, stranamente in disaccordo con l‟opinione di Marinetti, la
staticità della linea retta, appartenente ad una cultura ormai vecchia e incapace di
restituire la forza della velocità e della simultaneità:
“La pittura dei suoni, dei rumori e degli odori nega: 4. L‟uso dell‟orizzontale pura, della verticale pura e di tutte le linee morte”.79
77
C. Carrà, La pittura dei suoni, rumori e odori, 1913, in MF, cit., pp. 88-89. 78
Ibid., p. 90. 79
Ibid., p. 88.
60
Dello stesso parere è Antonio Sant‟Elia, che nel manifesto L‟architettura futurista
redatto di proprio pugno nel 1914, afferma:
“IO COMBATTO E DISPREZZO: 4. Le linee perpendicolari e orizzontali, le forme cubiche e piramidali che sono statiche, gravi, opprimenti ed assolutamente fuori dalla nostra nuovissima sensibilità. E PROCLAMO: 3. Che le linee oblique e quelle ellittiche sono dinamiche, per la loro stessa natura hanno una potenza emotiva mille volte superiore a quella delle perpendicolari e delle orizzontali, e che non vi può essere un‟architettura dinamicamente integratrice all‟infuori di esse”.80
Solo una forma dinamica può quindi rispettare lo spirito rivoluzionario futurista,
caratterizzato dal guizzo dell‟invenzione e della fantasia, uccisa quest‟ultima dalla
rigida linearità della retta.
Marinetti invece, disattendendo le aspettative, la glorifica sostenendo che essa sia la
sola degna di riassumere il potere sintetico della letteratura d‟avanguardia:
“16. Nausea della linea curva, della spirale e del tourniquet. Amore della retta e del tunnel. Abitudine delle visioni in scorcio e delle sintesi visuali create dalla velocità dei treni e delle automobili che guardano dall‟alto città e campagne. Orrore della lentezza, delle minuzie, delle analisi e delle spiegazioni minute. Amore della velocità, dell‟abbreviazione e del riassunto. ʽRaccontami tutto, presto, in due parole!ʼ ”.
È verosimile che qui Marinetti utilizzi la metafora della linea retta non tanto in qualità
di elemento visivo, in questo caso sarebbe infatti in posizione contraddittoria nei
confronti degli assunti di velocità e dinamicità, quanto come esemplificazione del
concetto di rapidità dello stile e di capacità di sintesi delle parole in libertà.
Figurativamente il caposcuola futurista non disdegna affatto i motivi curviformi e a
dimostrazione di ciò vi sono diverse opere all‟interno delle quali è possibile osservare
la presenza di giochi di linee ondulate, in perfetta armonia con la nuova sensibilità
inventiva e moderna teorizzata da Carrà e da Sant‟Elia.
80
A. Sant‟Elia, L‟Architettura futurista, 1914, in MF, cit., pp. 105-106.
61
Ne è un esempio la tavola parolibera Après la Marne, Joffre visita le front en auto
(FIG.4), inserita nella collezione Les mots en liberté futuristes del 1919. Essa
rappresenta il viaggio del protagonista del collage di parole fra le montagne e le valli
di un paesaggio descritto senza confini fra l‟immagine e le lettere. Non vi è una
prospettiva fissa e quindi il lettore può girare la pagina a proprio piacimento, sulla
quale oltre ai caratteri tipografici sono visibili linee curve, a spirale e a zig zag,
raffigurazioni stilizzate dei monti e delle vallate percorse da Joffre.81
(FIG.4)
Analogamente Marinetti tratteggia il particolare di una spirale (FIG.5) all‟interno di
un‟altra tavola parolibera, già citata nel primo capitolo, Vitesse élégante- mots en
liberté (1er récord), risalente al 1918-1919.
(FIG.5)
81
W. Strauven, A Fourth Dimension in Marinetti‟s Writing, in On Verbal/ Visual Representation,
M.Heusser, M. Hannoosh, E. Haskell, L. Hoek, D. Scott, P. de Voogd, Amsterdam-New York, Rodopi B.V., 2005, p. 212.
62
L‟utilizzo del motivo iconico della spirale non si limita alla pittura e all‟architettura, ma
viene esteso anche al cinema, con un perfetto esempio di intrusione dell‟elemento
figurativo nel filmico, anche se in misura debole rispetto alle opere espressioniste,
impossibile non citare a questo proposito le sequenze del Gabinetto del dottor
Caligari di Robert Wiene, film muto del 1920.82
In Thaïs del futurista Anton Giulio Bragaglia, datato 1918, si nota infatti il tentativo di
integrazione tra lo spazio pittoricamente organizzato grazie alle scenografie di
Prampolini e l‟azione filmica. L‟attrice è attorniata da ingombranti ambientazioni
recanti motivi geometrici, fra i quali spicca una doppia spirale, simboli dell‟opprimente
mondo della protagonista (FIG.6).83
(FIG.6)
Necessaria risulta una breve incursione nella produzione dadaista, come più volte
discusso debitrice del TS, all‟interno della quale non manca di assumere una
fondamentale importanza l‟elemento spiraliforme, come evidenziato, per rimanere in
campo cinematografico, dall‟opera Anémic cinéma di Marcel Duchamp del 1926.
Quest‟ultimo riproduce il movimento di nove dischi rotanti con spirali, alternato a
quello di altri nove dischi con scritte tracciate in modo da formare altrettante spirali,
che alternandosi riproducono un effetto di profondità/rilievo.84
Tale elemento figurativo è chiaramente ispirato all‟Ubu Roi di Jarry, il quale a sua
volta trae ispirazione dall‟opera sterniana.
82
A. Costa, Il cinema e le arti visive, Piacenza, Piccola Biblioteca Einaudi, 2008, p. 173. 83
Ibid., p. 171. 84
Ibid., pp. 178-179.
63
Focalizzando nuovamente l‟attenzione sul secondo termine di paragone, ovvero il
TS, è possibile individuare diverse citazioni nelle quali Sterne chiarisce la propria
propensione per la linea curva:
“Uno storiografo potrebbe anche trascinare la sua storia come un mulattiere trascina il suo mulo, dritto filato, senza mai sostare, per esempio da Roma a Loreto, e senza mai voltare né a destra né a sinistra; allora forse potrebbe riuscire a prevedere l‟ora in cui pensa di terminare il viaggio. Ma un tal comportamento, moralmente parlando, è impossibile perché, se è una persona dotata di un po‟ di spirito, devierà almeno cinquanta volte dal cammino diritto per unirsi, durante il viaggio, ora a una compagnia ora a un‟altra, e questo inconveniente, se così vi piace chiamarlo, non potrà essere evitato”.85
Utilizzando queste parole, nel XIV capitolo del I volume, l‟autore chiarifica e spiega
l‟essenza del romanzo. Sfruttando la metafora del viaggio, con le sue pause e
divagazioni dall‟itinerario principale, crea un‟analogia con quello che è considerato il
vero meccanismo che dall‟interno permette all‟opera di farsi, ovvero la digressione.
Senza di essa la storia non avrebbe senso di esistere e di essere raccontata.
L‟andamento digressivo e progressivo al tempo stesso si accosta perfettamente
all‟immagine della spirale e della linea ondulata, mutevole ed imprevedibile, mai
uguale a se stessa. La serpentina è quindi la linea dell‟intreccio, che collega tutti i
frammenti narrativi e gli oggetti, che esprime vitalità perché traduce il movimento.86
Tale concetto altro non è che quello della dinamicità futurista, della velocità del
movimento contro la staticità della regola ferrea privata dell‟ingegno, delle parole a
“guisa di acchiappafarfalle” di Jarry.
Sterne non si limita a farne un‟analogia concettuale, ma la utilizza anche come
elemento figurativo vero e proprio, inserendola, come discusso più volte, nel IV
capitolo dell‟ultimo volume. La spirale tratteggiata dal caporale Trim (FIG.7), durante
una conversazione con lo zio Toby, ha la funzionalità di esprimere in tutta la sua
immediata carica visiva le gioie offerte dal celibato. Essa è quindi la linea della
85
L. Sterne, Vita e Opinioni di Tristram Shandy, introduzione di Attilio Brilli, Milano, BUR, 2008, p. 84. 86
R. Loretelli, Intreccio romanzesco e intreccio pittorico in Henry Fielding and William Hogarth,
www.tristramshandyweb.it, sezione Arts. Ultima visita: maggio 2011.
64
leggerezza, della bizzarria e non ultima della già citata libertà inventiva, della quale
l‟artista si riappropria nonostante domini ancora una morale “accademica”.
(FIG.7)
Sterne riprende in parte il motivo iconografico dalla “linea della bellezza” di Hogarth,
ovvero la linea serpentinata manierista e barocca che ha l‟intento di coniugare
varietà e unità:
“(…) the serpentine line, by its waving and winding at the same time different ways, leads the eye in a pleasing manner along the continuity of its variety (…) and which by its twisting so many different ways, may be said (tho' but a single line) to inclose varied contents”.87
La linea curva si contrappone così a quella retta della logica, che ha un inizio ed
una fine prevedibili. La spirale con il suo ondeggiare e attardarsi può tessere rapporti
imprevisti e senza gerarchia fra gli avvenimenti.88 Quest‟ultima è riconosciuta di
conseguenza come la linea della sorpresa e dell‟intrico, la difficoltà del quale suscita
il vivo interesse intellettuale e l‟attenta partecipazione di chi legge.
Il narratore del TS cita più volte lo scrittore e illustratore inglese, specialmente nel IX
capitolo del II volume, nel quale fa riferimento all‟opera The Analysis of Beauty del
1753. Nel capitolo “Of Attidude” Hogarth con l‟aiuto di un‟illustrazione che raffigura un
gruppo di persone intente a danzare espone la propria teoria sulla scelta della forma
figurativa in base al criterio che più si adatta a quello della bellezza. Le persone che
87
Ibid., www.tristramshandyweb.it. 88
Ibid., www.tristramshandyweb.it.
65
nel loro muoversi assumono posizioni assimilabili alla linea circolare o retta sono
definite con connotazioni ridicole, mentre quelle che più si avvicinano nei disegni
creati dai corpi alla serpentina vengono elogiate in quanto aggraziate.89
Sterne si attiene a tali parametri nelle innumerevoli descrizioni delle posture assunte
nel corso delle pagine dai personaggi, caratteristica che, come sottolineato nel
secondo capitolo, fa del romanzo una commistione di linguaggi artistici differenti,
spaziando dal pittorico al teatrale.
Come i molteplici esempi e le reciproche influenze hanno voluto dimostrare, è quindi
possibile conferire anche all‟iconografia della spirale un posto rilevante e in parte
comune ad entrambi i contesti in analisi, quello dell‟avanguardia futurista e quello del
TS, uniti, seppure nelle loro evidenti differenze, dall‟impareggiabile carica
dell‟invenzione, dominata dallo spirito della novità:
“Al diavolo tutte le regole che mi dovrebbero guidare nello scrivere questo libro, ammesso che ne abbia mai seguita una; per abitudine infatti me ne infischio di tutte! Dovrei strappare questo capitolo, una volta scritto, farlo a pezzi e gettarlo nel fuoco. (…) Ma che bella storia! È l‟uomo che deve seguire le regole o sono le regole che devono seguire l‟uomo?”.90
89
Sterne, Tristram Shandy: appunti e suggerimenti, www.maldura.unipd.it. Ultima visita: maggio 2011. 90
L. Sterne, Vita e Opinioni di Tristram Shandy, introduzione di Attilio Brilli, Milano, BUR, 2008, p.305.
66
CONCLUSIONI
Come specificato nell‟introduzione, mi auguro che il presente lavoro sia riuscito a
mettere in luce l‟immensa e travolgente portata rivoluzionaria di due contesti artistici
che hanno dato vita ad un nuovo linguaggio espressivo, prevalentemente personale
e scevro dalla banalità delle convenzioni vigenti.
L‟argomentazione si è sviluppata grazie ad una continua e fertile analisi comparativa,
che ha permesso di evidenziare tratti distintivi in comune, chiari esempi di
un‟influenza quanto meno indiretta dell‟opera sterniana sul repertorio futurista.
Partendo dalla documentata rivoluzione tipografica, connotazione ben visibile e
quindi di più facile individuazione, tale confronto ha trovato successivamente linfa
vitale nella non-linearità narrativa tanto dell‟opera sterniana quanto di quella futurista,
esempi di ipertesto ante litteram, ed in conclusione ha posto l‟accento sull‟importanza
della libertà inventiva, simboleggiata quest‟ultima da una vorticosa spirale.
Tali considerazioni possono sembrare quasi scontate per quanto riguarda il
movimento futurista, forgiatosi in un clima d‟avanguardia internazionale in continua
evoluzione, lo sono invece di gran lunga meno per il Tristram Shandy, pubblicato in
un‟ancora rigorosa cultura settecentesca.
Non si può quindi non riconoscere al reverendo Sterne quel quid che lo portò ad
intuire e a fare propri quelli che sarebbero stati i punti di forza di un‟arte di un futuro a
lui non prossimo.
67
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