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Luigi Copertino 01 Settembre 2011
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Libia 1911 - Europa 1914 (parte V)
Eur opa 1914 : uno sparo a Sarajevo e la
polver ier a esplode
Francesco Ferdinando, arciduca ereditario, giunse a Sarajevo, capitale della
Bosnia Erzegovina, il 28 giugno 1914 con lobiettivo di dare un concreto
segnale di distensione verso il mondo slavo.
Come si detto, lerede al trono di Vienna rappresentava in seno alla corte la
corrente della politica asburgica che da oltre settantanni anni spingeva versola confederalizzazione dellImpero. Di tale politica la trasformazione in
Duplice Monarchia, con la parificazione tra tedeschi ed ungheresi, era stato
solo il primo passo. Tuttavia una battuta darresto di tale processo era stata
determinata proprio dagli ungheresi che per lintero XIX secolo si erano posti
a guida della rivoluzione onde ottenere quella parificazione. Dopo quel primo
passo, infatti, gli ungheresi si erano arroccati in difesa della loro egemonia su
cechi, boemi, slovacchi e slavi, trovando nella parte pi conservatrice
dellelemento di lingua tedesca un alleato contro ogni altra ipotesi di ulteriore
confederalizzazione.
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Invece lunica strada per il futuro passava proprio per la confederalizzazione
ed il vecchio Francesco Giuseppe lo aveva ben compreso, a partire almeno dal
1848.
Lallargamento del dominio asburgico nei Balcani, mediante lannessione
della Bosnia Erzegovina, fu malvisto dalla Russia, che, come sappiamo,
mirava ad esercitare un ruolo egemonico nella regione, ma anche da Londra e
da Parigi, dove i governi erano in sostanza espressione dei due Grandi Orienti
massonici. Francia ed Inghilterra vedevano nel vecchio impero asburgico
lultimo oscurantista residuo dellEuropa cattolica medioevale. Un bastione
cristiano da abbattere per realizzare la Repubblica Universale Umanitaria.
Non cerano solo questi motivi ideologici. Londra e Parigi paventavano anche
lappoggio che le risorse balcaniche, in particolare quelle minerarie ed il
petrolio del Mar Nero, potevano apportare alla Germania guglielmina
mediante lalleanza con lAustria-Ungheria.
Di pi: lo scacchiere geopolitico balcanico, per Londra e Parigi, era delicato in
quanto leventualit di un crollo della sublime portaavrebbe aperto alla
Russia lintero spazio regionale troppo prossimo al medio oriente colonizzato
da Francia ed Inghilterra.
Per questi motivi, Londra e Parigi fomentavano la rivolta irredentista serbo-
slava anche finanziando diversi gruppi terroristici come la Mlada Bosna
(Giovane Bosnia) cui apparteneva il serbo, di origini israelite, Gravilo Princip,
autore dellattentato di Sarajevo.
Come si vede, il richiamo mazzinianodei movimenti nazionalisti europei
(Giovani Turchi; Giovane Bosnia) denota lesistenza, in quellepoca, di una
rete irredentista della quale la nostra Giovine I tali aera solo un elemento.
Una rete che, con una certa probabilit, coincideva in gran parte con quella
massonica, le cui logge erano sparse per tuttEuropa sin dal settecento.
Molto probabilmente lintera operazione dellassassinio di Francesco
Ferdinando fu preparata dai servizi segreti anglo-francesi con lapporto
logistico del governo di Belgrado.Il governo di Vienna, a suo tempo, vide
giusto nellindicare nella Serbia un possibile complice dellattentato.
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Anche nellintento di riportare la Serbia, che si atteggiava a grande potenza
tutrice delle aspirazioni nazionali slave, ad una pi realistica visione della sua
reale forza politica e militare, Vienna, senza prevedere gli esiti globali di
questo gesto, lanci il 22 luglio 1914 un ultimatum alla petulante piccola
nazione vicina, non senza aver ricevuto un assenso dallalleata Germania e
nella speranza che la Russia non avrebbe reagito perlomeno in modo plateale.
Nellultimatum la Serbia era accusata di aver favorito lirredentismo nella
Bosnia Erzegovina e di aver collaborato alla preparazione dellattentato di
Sarajevo. Si imponeva inoltre a Belgrado di sconfessare la propria politica
jugoslavae di consentire ad una commissione austriaca di recarsi in Serbia
per indagare sulle responsabilit dellassassinio dellarciduca ereditario.Venivano concesse 48 ore di tempo per la risposta.
La Serbia si dimostr disponibile a trattare, anche perch la Russia era
intervenuta presso il governo di Vienna chiedendo una attenuazione delle
richieste ed una proroga della scadenza fissata.
LItalia, nel frattempo, faceva sapere a Vienna che, visto il carattere difensivo
dellalleanza che univa i due Stati, un eventuale attacc austriaco alla Serbia
non sarebbe stato appoggiato da Roma. Era unulteriore passo verso il
definitivo distacco del nostro Paese dalla Triplice Alleanza.
Vienna, per, non ritenne sufficiente la risposta serba e, allo scadere
delultimatum, ruppe le relazioni diplomatiche con Belgrado.
La Serbia ordin la mobilitazione generale mentre la Russia fece sapere a
tutte le cancellerie europee che essa non sarebbe rimasta inerte di fronte ad
un ulteriore allargamento della sfera di influenza austriaca nei Balcani. A
nulla valse neanche la proposta inglese, il 26 luglio, di una conferenza di pace.
LAustria si affrett ad assicurare la Russia che sarebbe stata rispettata, dopo
la lezione, lintegrit territoriale serba. Ma tale assicurazione non plac le
preoccupazioni dello Zar.
La Germania, che pur aveva pubblicamente dichiarato la propria
approvazione alla presa di posizione di Vienna contro Belgrado, intervenne a
sua volta con un tentativo di mediazione che non sort alcun effetto.
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Nel frattempo gi dal 28 luglio lAustria aveva mobilitato ed iniziato il
bombardamento di Belgrado. La Russia mobilit a sua volta il 30 luglio,
ammassando truppe sia alle frontiere austriache che a quelle tedesche.
Il 31 luglio lambasciatore tedesco a Parigi presentava un ultimatum nel quale
si chiedeva la neutralit francese in caso di conflitto della Germania e
dellAustria contro la Russia.
Lo stesso 30 luglio un altro ultimatum era presentato dalla Germania alla
Russia intimando la sospensione della mobilitazione in atto.
A questo punto gli eventi precipitarono come in un effetto domino. Il sistemanefasto delle alleanze si era messo irrimediabilmente in moto portando
lEuropa alla catastrofe.
Dopo la dichiarazione di guerra dellAustria alla Serbia il 28 luglio, seguirono
quelle della Germania alla Russia il 1 agosto, della Germania alla Francia il 3
agosto, dellInghilterra alla Germania e della Germania al Belgio il 4 agosto,
del Montenegro allAustria il 5 agosto, dellAustria alla Russia e della Serbia
alla Germania il 6 agosto, del Montenegro alla Germania il 9 agosto, della
Francia allAustria l11 agosto, dellInghilterra allAustria il 12 agosto,
dellAustria al Belgio il 22 agosto, del Giappone alla Germania il 23 agosto, del
Giappone allAustria il 25 agosto, della Russia alla Turchia il 1 novembre,
della Serbia alla Turchia il 2 novembre, dellInghilterra alla Turchia il 5
novembre, della Turchia allInghilterra il 5 novembre. Oltre a tutta una serie
di altre dichiarazioni di guerra tra Stati minori secondo la rete delle alleanze
che si era andata costituendo da mezzo secolo a quella parte.
Linut ile str age, lamentata Benedetto XV, era purtroppo iniziata e con essa la
fine dellEuropa.
L I talia tra neutralismo ed interventismo
LItalia, come detto, per il momento rest neutrale ma gi aveva in corso
contatti con Francia ed Inghilterra. Contatti non tanto segreti visto che la
Germania spinse Vienna a fare al nostro Paese la proposta della cessione
pacifica di Trento e Trieste nonch, in caso di vittoria della Triplice, ampi
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riconoscimenti nei Balcani meridionali ed assegnazioni di parte delle colonie
francesi ed inglesi in Nord Africa.
Ma nella scelta italiana di capovolgere il fronte delle proprie alleanze
giocarono, oltre alle promesse di Francia ed Inghilterra (poi in parte
disattese: Trento e Trieste, Fiume e Dalmazia, Albania, Rodi ed isole egee), un
forte ruolo le connessioni massoniche del governo liberale italiano con i
Grandi Orienti di Londra e di Parigi, che, come si detto, costituivano in
pratica i governi francese ed inglese. In tal senso, il Risorgimento veniva
davvero a compimento e nel peggiore dei modi, ossia ponendo lItalia tra i
responsabili della fine dellEuropa e facendole perpetrare il primo dei suoi
tradimenti nelle guerre mondiali.Nel 1915 anche lItalia, infatti, sarebbe scesa
in campo contro gli ex alleati austro-tedeschi.
Nei mesi precedenti la dichiarazione di guerra, il dibattito nel nostro Paese, a
proposito dellentrata o meno in guerra, divamp con tanto di mobilitazione
di massa e vide il formarsi di due fronti contrapposti di opinione pubblica: gli
interventisti ed i neutralisti.
Tra gli interventisti si contavano i nazionalisti, i liberali, i demonazionali di
matrice repubblicana (mazziniani), i dannunziani, i futuristi, gli irredentisti,
molti sindacalisti rivoluzionari, come Corridoni, che inseguivano il mito della
guerra di massa quale preparazione alla rivoluzione sociale interna.
Tra i neutralisti invece oltre ad alcuni liberali si schierarono gli anarchici, i
repubblicani di sinistra, i socialisti e questa volta in obbedienza al Papa i
cattolici.Fu tuttavia la sinistra ad essere maggiormente sconvolta, sotto il
profilo politico, nella scelta tra intervento e neutralit.
Se il PSI prese posizione ufficiale per la neutralit (la guer ra un affare
dell e borghesie europee contr ar ia agl i interessi dell a classe operaia, questa
la motivazione ideologica del socialismo italiano), la sini stra eretica, che
aveva diverse convergenze allinterno del PSI con lala massimalista e che ad
un tempo contestava dal di fuori il socialismo ufficiale accusandolo di
imborghesimento, dopo un iniziale neutralismo in chiave antimilitarista,
assunse una posizione interventista inseguendo il mito della guerra come
rivoluzione sociale. Su questa strada sindacalisti rivoluzionari e socialisti
massimalisti si ritrovarono ben presto a fianco di nazionalisti, futuristi e
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dannunziani.
Questo dilemma fu particolarmente lacerante per uno dei socialisti allepoca
pi in vista e gi noto come duce del sociali smo r omagnolo. Nel 1914 egli era
il capo riconosciuto dellala massimalista del PSI (tanto che successivamente
confider, non a torto, a Yvon De Begnac, che il vero padre ideologico dei
comunisti italiani era stato lui) e, dopo che i massimalisti avevano vinto
sebbene di misura il congresso nazionale, dirigeva, valente giornalista,
LAvanti, il quotidiano del partito socialista. Benito Mussolini nel giugno del
fatale 1914 aveva fatto parte, insieme allanarchico Enrico Malatesta ed al
repubblicano Pietro Nenni, della giunta rivoluzionaria che si era installata in
Romagna e nelle Marche durante la cosiddetta setti mana rossa: una
sommossa socialista, anarchica e repubblicana, scoppiata, in quelle regioni,con tanto di instaurazione di un governo provvisorio ed innalzamento di
alberi della libert, gli antichi simboli del giacobinismo. Linsurrezione fu
repressa duramente. Alla fine di quel mese di giugno sopraggiunsero gli spari
di Sarajevo e si apr, di fronte alla mobilitazione degli interventisti, che
dimostrarono una capacit di dinamismo di massa tale da far impallidire i
socialisti, e al consenso che essi andavano ottenendo, la crisi interna al PSI
gi da tempo in bilico tra ala massimalista e ala riformista.
Oltretutto la neutralit in nome della solidariet internazionale di classe,
predicata ufficialmente dal PSI, si dimostr ben presto una utopia: i socialisti
francesi scendevano nelle piazze cantando la Marsigliese inneggiando la
restituzione alla Francia dellAlsazia e della Lorena per vendicare la disfatta
del 1870; i laburisti inglesi si erano immediatamente schierati con il governo
di Sua Maest Britannica contro limper ial ismo teutonico; i socialdemocratici
tedeschi avevano deposto ogni contesa antipadronale in nome della difesa del
Reich dalle potenze capitaliste occidentali; i menscevichi russi aderirono alla
guer ra patr iottica.
I proletar i di Ger mania hanno dichiar ato di essere pr ima tedeschi e, poi,
socialisti . Ecco un fatto nuovo che noi i gnoravamo e che abbiamo avuto i l
torto di non intuir e: sono parole pronunciate, durante un comizio
interventista, da Filippo Corridoni, lapostolo dei lavoratori, il pi
movimentista tra i sindacalisti rivoluzionari che in quegli anni avevano
iniziato a percorrere la via verso il socialismo nazionale (1).
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Mussolini, infatti, non era solo nel suo dilemma ma rappresentava una intera
generazione di socialisti massimalisti e di sindacalisti rivoluzionari che
avevano letto e cercavano di mettere insieme Marx con Nietzsche e Pareto con
Sorel.
Il futuro duce apparteneva ad una lite di rivoluzionari che avevano iniziato a
riflettere sul ruolo che in una societ di massa poteva giocare il mitodella
nazione e che si stavano rendendo conto che esso era, in quanto a capacit di
mobilitazione rivoluzionaria, altrettanto efficace di quello, che gli faceva
concorrenza, della classe.
Mussolini, in altri termini, era, e non dal 1914, tra quelli che cercavano la
quadratura del cerchio tra nazione e classe, tra nazionalismo e socialismo, tradestra antiparlamentare e sinistra rivoluzionaria. Lidea di una Patria di
Popolo ossia di tutte le classi sociali, e non della sola borghesia, si faceva
strada contemporaneamente sia a destra tra i nazionalisti ed in questo
grande influsso ebbe lopera letteraria di Enrico Corradini sia a sinistra tra i
socialisti massimalisti ed i sindacalisti rivoluzionari in marcia verso il
sindacalismo nazionale.
Il percorso di Mussolini verso il fascismo, gi iniziato da almeno un decennio
e che aveva avuto un primo punto di svolta in occasione della guerra italo-
turca nel 1911, giunse a maturazione proprio in quelle settimane di neutralit
dichiarata dellItalia e del suo PSI.
Preceduto da un articolo con il quale il suo compagno di cammino, verso
linterventismo, Filippo Corridoni spiegava, sul giornale sindacalista
rivoluzionario lAvanguardia, le ragioni storiche e rivoluzionarie della guerra
che si stava combattendo in Europa (2), Mussolini ufficializz la propria
svolta interventista con un famoso editoriale sullAvantinel quale proponeva
il passaggio da una neutralit assoluta e passiva ad una neutralit attiva. Egli
indicava, in quelleditoriale, la necessit politica di riconsiderare la posizione
ufficiale del PSI perch leventualit dellentrata in guerra dellItalia, in un
conflitto che sarebbe stato di popolo e non solo borghese, poteva essere
loccasione propizia per la trasformazione delle strutture sociali del Paese.
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1915: Mussolini, Corridoni e De Ambris ad una manifestazione interventista
La pubblicazione di quelleditoriale, non concordato con i vertici del PSI, gli
cost lespulsione dal partito. Andandosene, Mussolini ammon i suoi ex
compagni che egli sarebbe rimasto sempre un socialista ed in effetti,
nonostante i compromessi con il capitale durante il regime fascista
compromessi che tuttavia non impedirono lavvio dellItalia verso
limplementazione di uno Stato sociale che sarebbe sopravvissuto alla
Seconda Guerra Mondiale e si sarebbe ulteriormente sviluppato nel secondo
dopoguerra , non si pu onestamente dire che non mantenne fede a quella
promessa.
Espulso dal PSI, grazie allaiuto di finanziamenti francesi (la Francia era
interessata a finanziare tutto ci che in Italia si muoveva in senso
interventista) ottenuti per la mediazione dellamico socialista Massimo Rocca,
Mussolini fond I l Popolo dItaliache ancora si definiva, non casualmente,
quotidiano socialistama gi inneggiava ad un socialismo popolare della
nazione e non pi solo della classe. Nel primo dopoguerra il giornale fondato
dal duce del sociali smo, come lo avevano chiamato i suoi compagni romagnoli
in tempi non sospetti, divent, significativamente nel senso del percorso
intrapreso, quotidiano dei produttor ie come tale appoggi, oltre chelimpresa dannunziana a Fiume (3), anche lo sciopero dei lavoratori di
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Dalmine che invece della bandiera rossa avevano innalzato, nella fabbrica
occupata, il tricolore e che invece di sospendere la produzione lavevano
continuata in autogestione.
Riflessioni conclusive per una esegesi stor ica
LItalia, tra le potenze europee, entr per ultima nel primo conflitto mondiale,
oltretutto rovesciando le sue alleanze.
Dalla nostra ricostruzione ci sembra evidente che proprio le aspirazioni
coloniali dellItalia, dellItaliettafuoriuscita dal Risorgimento la quale si
riteneva una grande potenza, hanno contribuito in modo determinante ad
accendere la miccia della deflagrazione europea e mondiale.
Si potr obiettare che la guerra italo-turca del 1911 non pu ritenersi lunica
scintilla che fece deflagrare la polveriera europea e che, in fondo, se in quegli
anni lEuropa tale era, non era certo per responsabilit italiana. Ma, a ben
riflettere, non si possono affatto sminuire, cos semplicisticamente, le
responsabilit dellItalia liberale nata dal processo risorgimentale.
Responsabilit che senza dubbio non furono le sole ma cerano ed hanno
avuto un peso nientaffatto indifferente.
Si deve innanzitutto rilevare sebbene il fenomeno fu europeo e non solo
italiano che il nazionalismo di fine ottocento ed inizio novecento ha le sue
radici nellideologia liberale e nel giacobinismo. Liberalismo e democratismo
avevano attraversato lintero XIX secolo ponendo le basi della distruzione,
che si realizz definitivamente con il primo conflitto mondiale, dei grandi ed
antichi imperi plurinazionali. Tra questi ultimi quello asburgico si era, nel
frattempo, avviato su una strada che lo stava portando ad una trasformazione
confederale, con la parificazione giuridica di tutte le nazionalit ricomprese
nella compagine imperiale, capace di scemare irredentismi e nazionalismi
bellicisti.
Non esiste pertanto alcun effettivo iato sotto il profilo delle modalit con le
quali era stata conseguita lunificazione statuale della penisola italiana a
discapito di una soluzione confederale che anche in tal caso era del tutto
possibile se limperialismo sabaudo non ci si fosse messo di mezzo tra il
risorgimento liberale e democratico e lesito nazionalista ed autoritario prima
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dellItalia crispina, di fine ottocento, e poi dellItalia fascista della
nazionalizzazione e socializzazione delle masse. Vi un innegabile filo rosso
di continuit, pur tra molte discontinuit pi che altro ideologicamente
occasionali.
In questo senso, limperialismo sabaudo che aveva gi colonizzato il
meridione italiano ha trovato continuit, con perfetta coerenza,
nellimperialismo italiano il quale mirava alla colonizzazione del nord Africa
alla ricerca il motivo diventer uno slogan nellItalia fascista di un posto
al soletra le grandi potenze europee. Che si trattasse di meridione italiano o
di Africa la spinta coloniale del Nord, capitalista, verso Sud evidente.
La guerra italo-turca del 1911, con il suo allargamento nellEgeo, mise inmovimento lintero fragile equilibrio balcanico ossia della regione europea
dove, da anni, si stavano dando appuntamento tutte le tensioni geopolitiche
dellepoca nella contesa tra le potenze del momento: Inghilterra, Russia,
Austria, Germania, Francia, Turchia.
Certamente lirredentismo dei piccoli Stati balcanici ci ha messo del suo nella
marcia verso la catastrofe e questo dimostra ancora una volta quanto i
nazionalismi liberali ottocenteschi abbiano aperto la strada allo sciovinismo
bellicista novecentesco ma se lItalia non avesse messo in difficolt la
sublime port a, gi di per s alle prese con i suoi tanti problemi interni, molto
probabilmente quei piccoli Stati non avrebbero avuto o almeno non
avrebbero avuto in quel momento e per responsabilit italiana loccasione
di spartirsi i resti europei del vecchio impero ottomano. Con la conseguenza
di rafforzare una piccola e presuntuosa potenza regionale, la Serbia, che,
protetta da Russia, Francia ed Inghilterra, si mise a capo dellirredentismo
slavo procurando allImpero austro-ungarico, colto in una fase delicata del
suo processo di confederalizzazione contro il quale si opponevano ungheresi
ed una parte dellelemento etnico di lingua tedesca, tanti problemi da
costringerlo, dopo lattentato di Sarajevo, goccia che fece traboccare il vaso, a
muoverle guerra nellintento di sistemare le cose nella regione balcanica ma,
purtroppo, ottenendo la generale deflagrazione prima europea e poi
mondiale.
La Prima Guerra Mondiale fu la fine dellEuropa, bench gli europei, che si
illudevano ancora di essere al centro del mondo, dovettero attendere altri
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Beato Carlo IdAsburgo
ventanni per rendersene definitivamente conto, dopo unaltra disastrosa
guerra mondiale.
Nel 1914-18 fin senza dubbio lEuropa tradizionale o ci che di essa
rimaneva. Il crollo dellImpero asburgico ha rappresentato la fine che i
governi massonici di Londra e Parigi perseguirono come uno degli obiettivi
principali del conflitto dellEuropa cattolica ossia dellultimo residuo della
Cristianit, in via di modernizzazione mediante la confederalizzazione che gli
avrebbe consentito di sopravvivere.
Nel 1916 mor Francesco
Giuseppe e, essendo stato
assassinato larciduca FrancescoFerdinando, gli subentr al
trono, per linea ereditaria
collaterale, il nipote Carlo I
dAsburgo. Lultimo imperatore
stato fatto beato nel 2004 da
Giovanni Paolo II. Carlo, infatti,
si adoper in tutti i modi,
attraverso la diplomazia
asburgica, quella vaticana e
quella che gli derivava dalla
stretta parentela con diversi
aristocratici francesi dalle buone
entrature governative, per far
cessare la guerra con un anticipo
di due anni rispetto alla data
nella quale poi effettivamente
cess. Carlo si muoveva, sul filo
del rasoio delle alleanze, a dispetto dellalleato germanico che, infatti,
diffidava di lui e del suo cattolicesimo di pace.
La figura di Carlo dAsburgo, quasi che la Provvidenza abbia voluto lasciare ai
posteri un segno di cosa fosse la santitdi una monarchia tradizionale, si
staglia in modo impressionante, per altezza spirituale, sullo sfondo della
grande tragedia europea e mondiale di quegli anni fatali.
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Fu lui, mosso dalla cristiana considerazione delle sofferenze quotidiane dei
soldati al fronte, ad imporre che a corte si mangiasse solo pane nero e si
eliminassero radicalmente tutte le spese inutili. Fece in modo che ai soldati
fosse recato ogni possibile conforto e che si rispettassero in ogni modo
possibile anche i prigionieri ai quali si dovevano, secondo i suoi ordini, recare
le stesse cure dei sodati imperiali. Purtroppo non sempre ubbidito, Carlo si
oppose con fermezza, nonostante questo gli costasse uno scontro con lalto
comando imperiale e con lalleato tedesco, a qualsiasi ipotesi di
bombardamento sui civili ed alluso dei gas tossici sui fronti austriaci.
Dopo la proclamazione nel 1918 della repubblica austriaca ed un tentativo di
concerto con il Papa di conservare almeno la corona ungherese di Santo
Stefano tentativo che abbandon quando comprese che insistere avrebbeprovocato una guerra civile , and esule, insieme alla famiglia, a Madera, in
Portogallo, dove mor nel 1922, circondato dallaffetto della consorte Zita di
Borbone-Parma e dei suoi figli (tra i quali Otto, scomparso di recente agli inizi
del luglio di questanno), ed invocando da Dio la pace per i suoi popoli. Le sue
ultime parole furono Ges Cr isto.
Re Carlo IV dUngheria con la corona di Santo Stefano
Con la morte di Carlo veniva ratificata la fine epocale dellEuropa
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tradizionale.
Ma il vuoto mitteleuropeo lasciato dallImpero austro-ungarico fu
tragicamente riempito dal nazismo e dalla mala pianta del comunismo ed i
popoli del vecchio imperonon conobbero affatto quella pace che,
paternamente, il loro ultimo imperatore aveva invocato per loro, da Cristo, sul
letto di morte.
Se lEuropa che, con limpero asburgico, moriva nel 1918 era quella
tradizionale, non migliore sorte attendeva lEuropa moderna, nata a Vestfalia
nel 1648, che credeva di aver trionfato. Come si diceva pocanzi, gli europei si
illusero di essere ancora al centro del mondo. In realt la politica mondiale,
dopo il trattato di Versailles (1919) che pose fine alla guerra, ormai non erapi eurocentrica. Se gli imperi coloniali di Francia ed Inghilterra ancora si
ergevano in apparenza possenti (solo in apparenza, per, visto come essi
crollarono repentinamente nel secondo dopoguerra), lEuropa uscita dal
primo conflitto mondiale era gi un continente prossimo a quella divisione
che sarebbe stata definitivamente ratificata a Yalta nel 1945 e che avrebbe
trovato motivazioni anche nel nazismo che aveva travolto il vecchio
continente, bench necessario ribadirlo con forza e chiarezza il nazismo
aveva trovato spazio per proliferare, facendosi paladino delle ragioni dei
popoli tedeschi contro le e tali erano veramente! ingiustizie di Versailles,
proprio nello spazio improvvidamente lasciato vuoto dai vincitori del primo
conflitto mondiale con la loro decisione di appoggiare gli irredentismi
nazionalistici che ambivano alla scomparsa dellImpero asburgico.
Il quadro sopra descritto fu lesito delle conseguenze di due eventi bellici
intercorsi nel 1917, ossia nel pieno della guerra europea e che contribuirono a
farla diventare mondiale.
In Russia la rivoluzione, prima menscevica e poi bolscevica, apr la strada al
comunismo che nel 1945 si sarebbe impadronito di mezza Europa e nei
cinquantanni successivi di mezzo mondo. Limperialismo sovietico, che
riprendeva daltronde anche alcuni motivi tipici della politica espansionista
della Russia zarista, inizi proprio in quel 1917 la parabola che avrebbe
portato lUnione Sovietica ad essere la superpotenza che stata fino al 1991
(4).
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A Fatima, in Portogallo, ossia al polo opposto dellEuropa, il Cielo intervenne,
in coincidenza con gli avvenimenti che andavano sconvolgendo la Russia,
ammonendo del pericolo che sorgeva ad Est. Tuttavia bisogna osservare che,
nel corso del XX secolo, prevalsa una lettura della rivelazione mariana
troppo condizionata in senso esclusivamente anti-comunista. Una lettura che,
a seguito degli eventi del 1989, non regge pi laddove si pretenda di
presentarla ancora in quella chiave, come fanno molti gruppi catto-
conservatori in odore di filo-americanismo. Non si riflette, infatti, abbastanza
sul fatto, evidente, che la profezia di Fatima non si ancora affatto conclusa.
Non solo perch, come sostengono con dovizia di argomenti diversi esegeti, la
profezia dellassassinio di un Papa, che la parte centrale del cosiddetto terzo
segr eto, non si ancora avverata, dal momento che Giovanni Paolo II non
stato affatto assassinato ma solo ferito (e di tale ferimento ha piuttostoprofetizzato unaltra rivelazione mariana ovvero quella di La Salette), ma
soprattutto perch non si ancora realizzata la promessa finale di Maria circa
il trionfo del Suo Cuore Immacolato (leggasi: il ritorno del mondo alla fede
cristiana) che, evidentemente, non era rivolta solo al trionfo della Chiesa sul
comunismo ma anche sul liberalismo occidentale, non ancora storicamente
debellato.
Se, infatti, nellEst europeo appariva la potenza del comunismo, in quello
stesso 1917, intervenendo nella guerra, con 175.000 uomini che raggiunsero
alla fine del conflitto i due milioni, a fianco delle potenze occidentali, si
affacciarono sul suolo europeo anche gli Stati Uniti. Lideologia missionaria
americana, di matrice puritana e codificata in termini politici dal presidente
Monroe in pieno XIX secolo, quella per la quale gli Stati Uniti sarebbero
investiti di un destino manifesto, di una missione consistente, pur se da
una posizione di isolamento rispetto agli altri Stati, nellesportazione della
libert e della democrazia in tutto il mondo, ebbe cos modo di fare la sua
prima prova globale.
Nel primo dopoguerra il presidente americano
Wilson impose agli europei, sia ai vincitori che ai
vinti, il suo programma democraticoconsistenti nei
famosi 14 punti. Un programma che contemplava,
al decimo punto, una vaga garanzia per la
sopravvivenza dellAustria-Ungheria e che non fu
seguto proprio e solo su questo punto, a causa della
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Thomas Woodrow Wilsonvolont annichilatrice anglo-francese.
Gli altri punti di tale programma furono, invece, ampiamente recepiti nel
Trattato di Versailles soprattutto con riguardo al suo punto conclusivo: quello
che prevedeva la costituzione della Societ delle Nazioni, antefatto della
successiva ONU.
Tale organismo internazionale, al quale tuttavia gli Stati Uniti non aderirono,
negli anni Trenta non si dimostrer affatto allaltezza del suo ruolo di arbitro
internazionale dei conflitti, essendosi ben presto rivelatosi per quello che era,
e per il quale era in fondo stato concepito, ossia il paravento gius-
internazionale dellegemonia franco-inglese in Europa (come lONU, poi, nel
1945, che altro non sarebbe stata che la maschera legale dellegemoniamondiale sovietico-americana).
Il programma wilsonianoaveva alla sua base il principio di
autodeterminazione dei popoli. Tuttavia si trattava di un principio del tutto
astratto ed avulso dalla storia dei popoli e che, pertanto, era assolutamente
difficile da concretizzare se non a costo di tradirlo o di applicarlo con metodi
poco liberali.
Esempi di tale applicazione furono la creazione della Jugoslavia, che costrinse
gli altri slavi a sottostare allegemonia serba, e la creazione della
Cecoslovacchia, nella cui compagine i cattolici slovacchi e le minoranze
tedesche dei Sudeti (sulle quali fece leva Hitler per annettere quelle regioni
alla Germania nel 1938) furono sottoposte allo strapotere, protestante, ceco e
boemo (5). Sia la Jugoslavia che la Cecoslovacchia non hanno poi retto alla
prova dei fatti.
Ma il programma wilsoniano, astratto perch basato su una visione
astrattamente umanitaria, non teneva affatto conto delle ragioni complesse
della storia dei popoli. Risult, quindi, difficilmente applicabile anche in tanti
altri casi, come subito dimostrarono le tensioni tra gli Stati europei circa le
questioni di confine. Il caso che fu immediatamente pi palese fu la questione
dellitalianit di Fiume, citt contesa al nostro Paese dalla neonata Jugoslavia.
Il problema stava nel fatto che nellastratta visione wilsoniana si pretendeva
di ritagliare i confini degli Stati nazionali su basi di presunta omogeneit
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linguistica ed etnica in modo da far scomparire queste stesse differenze in
nome del pi generale concetto globalista di Umanit, nella convinzione della
realizzabilit dellilluministica Repubblica Universale.
Da questa Repubblica Universale che Wilson vide in fieri nella Societ delle
Nazioni, con sede a Ginevra, e che, strumento nelle mani dei vincitori, non fu
capace di evitare la Seconda Guerra Mondiale accogliendo le istanze
revisionistedel Trattato di Versailles, caldeggiate nellanteguerra, tra gli altri,
da un Mussolini ancora vicino a Francia e ad Inghilterra gli Stati Uniti, in
nome del loro magnifico isolamentofinalizzato alla preservazione della loro
pur ezza ideale, rimasero distanti: come dire che la legge internazionale
doveva vincolare tutti tranne gli americani portatori di una missione che li
rendeva automaticamente migliori e pertanto al di sopra di tutti.
Una cosa , per, certa: il tentativo massonico di Wilson di realizzare una
Repubblica Universale Umanitaria non ha affatto dato di s, sotto il profilo
della pacifica convivenza dei popoli, quelle buone prove che invece i secolari
imperi plurinazionali, come quello asburgico, erano riusciti a dare tenendo
unite genti diverse senza mortificarne eccessivamente le identit ma anche
facendo in modo che tali identit non si trasformassero in micidiale
nazionalismo irredentista.
Con la Prima Guerra Mondiale, lEuropa fu travolta dai due imperialismi,
quello capitalista e quello comunista. Non si pi ripresa da quel colpo
mortale ed oggi essa nientaltro che una povera appendice di un Occidente,
scimmiottatore dellantica Cristianit, che pretende di imporsi, con il suo
ateismo devoto, sul mondo intero.
Questo dimostra che i sogni millenaristici, coltivati dai vari nazionalismi
ottocenteschi e poi riproposti dalle ideologie nazista e comunista nel
novecento, non sono affatto venuti meno con il 1989 ma hanno oggi acquisito
una caratura globale la quale non annuncia nulla di buono per il futuro
dellumanit.
Luigi Copertino
(fine)
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Libia 1911 - Europa 1914 (parte I)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte II)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte III)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte IV)
1) Confronta Ilario Fermi, Corridoni, La Tr ibuna Il lustr ata, Anno XI, 28
maggio 1933, pagina 15.
2) La immane catastrofe scriveva nel 1915 Filippo Corridoni nel suo
editoriale in cui piombata l Europa ha fatto crollar e come fr agil i
impalcature di palcoscenico tutte le costr uzioni ideali ed umani tar ie che i
popoli avevano eretto in quarantanni di pace e di lavoro fecondo Ma vi
sono avvenimenti che scuotono la fede pi cieca ed incrollabile: la guer ra
europea uno di quell i . Noi non credevamo al tr adimento dei proletar i
tedeschi ed austr iaci: s consumato. Quando i nostr i governant i ci
prospettavano la possibi li t di una guer ra europea che tr avolgesse lI talia
e ne traevano conseguenza gli armamenti indispensabil i noi negavamo
violentemente e r ispondevamo tr ionfant i che se anche tale ipotesi avesse la
possibi li t di realizzarsi, lo sciopero generale insur r ezionale del pr oletar iatoallatt o della mobil it azione avr ebbe stroncato la guer ra sul nascere. Ci
il ludevamo. I fatti ci hanno dato la pi solenne smenti ta, e noi se non siamo
dei caparbi, della gente che vuole avere ragione ad ogni costo, siamo in
dovere di r iconoscere che non vedemmo giusto, e siamo in obbligo quindi di
r ipr endere in esame tutt i i nostr i piani di guer ra per conformar li
allesigenza dell a mutata situazione. Confronta Tullio Masotti, Corridoni,
Casa Editrice Carnaro, Milano, 1932, pagine 87-89. Filippo Corridoni, a
differenza di Mussolini solo ferito, morir, partito volontario, sul fronte del
Carso nel 1915. Diventer, successivamente, una icona del regime fascista ma
c da chiedersi se effettivamente egli, seguendo lorientamento produttivista
emerso nel sindacalismo rivoluzionario, avrebbe aderito nel 1919 al fascismo
sansepolcrista e socialista, poi condotto da Mussolini nel 1920-21 verso il
compromesso con le forze conservatrici della monarchia sabauda e della
confindustria, oppure sarebbe diventato antifascista, come laltro sindacalista
rivoluzionario e mazziniano Alceste De Ambris, braccio destro di DAnnunzio
a Fiume, oppure ancora avrebbe aderito alla fronda di sinistra allinterno del
regime per poi passare alla Repubblica Sociale nel 1943.
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3) Quella fiumana fu unimpresa ad un tempo nazionalista e socialista, che
vide a fianco di DAnnunzio sia il nazionalista Giulietti, sia il sindacalista
mazziniano e rivoluzionario Alceste De Ambris e che attir persino
lattenzione di Lenin, il quale vi invi il suo commissario politico Cicerin per
valutare le possibilit di fare della citt istriana un centro rivoluzionario
europeo.
4) La Russia di oggi, quella di Putin, invece un tipico regime fascista
(dirigismo economico, integrazione tra le classi sociali, politica di potenza
nazionale) caratterizzato in senso nazional-ortodosso. Il ruolo che essa oggi
svolge, di bilanciamento della potenza americana che dopo il 1989 sembrava
globale, se da un lato ci riporta, per certi versi, al mondo bi-polare con la
differenza che oggi sussistono anche altri attori globali come la Cina, lIndia
ed il mondo islamico, dallaltro lato potrebbe costituire una via di uscitadellEuropa, se solo essa avesse il coraggio di guardare a s stessa ed alla sua
storia, per sfuggire allabbraccio con gli Stati Uniti: del resto, se le radici di
questi ultimi sono certamente europee ma sin dallorigine in polemica, in
nome della libert, con lEuropa papista ed oscurantista (questa la polemica
dei puritani fondatori delle prime 13 colonie, utero dei futuri States),
sicuramente lEuropa, perlomeno quella mediterranea di radici cattoliche,
meglio potrebbe intendersi con il mondo slavo e russo di radici cristiano-
ortodosse. Ma queste sono solo ipotesi, o auspici, che saranno eventualmente
materia per gli storici del futuro.
5) Edvard Bene e Tom Masaryk, i padr i fondator idella Cecoslovacchia,
erano massoni anti-asburgici in collegamento e buoni rapporti con i governi
di Londra e Parigi: fu naturale per Wilson, con lassenso franco-inglese,
premiarli.
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