LICEO SCIENTIFICO “GIUSEPPE FERRO” ALCAMO
Hanno collaborato alla stesura del presente libretto i docenti:
- Vita Di Graziano;
- Melia Maria Giovanna;
- Sucameli M. Antonina;
- Pasqua Madonia.
Ha curato la realizzazione la docente Sucameli M. Antonina.
Le foto sono state realizzate da Silvia Spinelli I E
Il disegno in copertina è stato realizzato dalle alunne:
Roberta D’Amico I E - Maria Laura Fascetta I A.
LICEO SCIENTIFICO “GIUSEPPE FERRO” ALCAMO
ANNO SCOLASTICO 2006/2007
Lezioni di Storia
PASSATO
MEMORIA
FUTURO
Historia Magistra Vitae
3
“E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi dè sepolcri e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.”
Da “Dei sepolcri” di Ugo Foscolo
vv 226-234
Introduzione di Simonetta Agnello Hornby
Fino all’età di 54 anni il mio solo e amatissimo mestiere è stato quello di
avvocato specializzato nel diritto dei minori. Da allora vi ho aggiunto
quello di romanziera, anche quello molto amato, ma al secondo posto.
È dunque per me un privilegio scrivere l’introduzione alla seconda edizio-
ne di “lezioni di storia” del Liceo Scientifico “Giuseppe Ferro”, a cui hanno
collaborato le insegnanti di lettere del biennio, con la partecipazione di
tutte le classi del biennio. Hanno scritto ragazzi della I E, I A, I C, II A, e I B,
in totale 76 ed è a loro che dedico questa introduzione.
Ai miei tempi, al “Liceo Garibaldi” di Palermo studiavamo la storia fino
alla prima guerra mondiale, con un accenno imbarazzato sul fascismo e
nessuno sulla mafia. Il silenzio dà forza al negazionismo e, nel caso della
mafia, ad un fatalismo che non ha fondamenta storiche e nemmeno
umane. Non sorprende dunque la dolorosa e ignobile crescita della
mafia, nel dopoguerra.Vi ricordo, come ricordo a me stessa, nei momen-
ti di sconforto sul futuro della nostra isola, le parole di Falcone: la mafia
non è parte della sicilianità, e come è nata, così può e deve morire.
Ma bisogna conoscere la storia degli uomini, siamo tutti uguali, e rico-
noscere in noi le caratteristiche che all’apparenza ci rendono diversi gli
uni dagli altri, per potere cambiare, migliorare e arricchirci internamente
e poi materialmente. Il 27 gennaio, l’olocausto, il 10 febbraio, le foibe, e
soprattutto il 21 marzo, la memoria della mafia, sono date indelebili in voi
come lo sono per me.
Suggerito dal Ministero della Pubblica Istruzione e attuato dai vostri vali-
dissimi e dedicati insegnanti, questo libro è un tributo a voi, i ragazzi che
hanno contribuito con i 76 passi, poesie, pensieri e perfino mini-racconti.
Li ho letti tutti, soffermandomi su ciascuno, pensando alla sofferenza che
avete provato leggendo Levi, Filippi, Allende e Lussu, vedendo
“Schindler’s list” e ascoltando dai professori gli obbrobri del razzismo e
della guerra, quella istituzionale e quella nostra, dei Siciliani: la guerra
mafiosa. E ho poi pensato alla sofferenza che avrete provato, da soli,
nello scrivere. Dalla sofferenza nasce l’arte, e leggendo i vostri scritti -
spontanei, maturi, profondi - ne riconosco la sofferta bellezza. Siete bravis-
simi.
Dalla sofferenza nascono cose belle e straordinarie: la coscienza e la
volontà collettiva e individuale di lottare contro la cattiveria, di amarci
l’uno con l’altro e di migliorare, per noi stessi e per la generazione futura.
Dalla sofferenza nasce anche una nuova e forte volontà di godere. Io
ho avuto l’onore di conoscere un’anziana ebrea, sopravvissuta ad
Auschwitz. Era una donna allegra e serena, di immensa dolcezza e pace
interiore. Le ho chiesto come abbia fatto a non avere astio, a non odiare
i suoi carnefici, ad essere una ottimista. Mi ha corretto.“Non sono una otti-
mista. L’ottimista è un grullo. Io sono una donna che crede nella dignità,
nell’onore e nella fratellanza degli esseri umani. Leggo la storia del
mondo e non dimentico il passato. E così continuo a sperare nel trionfo
della bontà. Io sono una donna che spera.”
Voi, tutti i ragazzi del Ferro, siete parte del futuro della Sicilia, perché la
ricchezza di un popolo si calcola non in termini economici ma umani; le
basi di una nazione sono saldamente ancorate sulla sua gioventù.
Ragazzi, continuate a sperare e non dimenticate il passato: queste sono
le basi di una vita piena e serena.
Simonetta Agnello Hornby
5
Presentazione
Questo libro nasce dal bisogno dei nostri ragazzi che hanno partecipato
alle attività nei giorni della memoria, di scrivere le riflessioni sugli eventi tra-
gici della storia, di cui la Shoah ha rappresentato il momento più drammati-
co, carico della consapevolezza di dover ancora lottare per preservarlo dal
pericolo dell’oblio e della negazione.
Le loro parole non sono banali, ripetitive, retoriche, celebrative, piuttosto
autentiche e rivestite da una delicata sensibilità.
Questi ragazzi hanno fatto propri i messaggi dei poeti e delle testimonianze
assumendo la responsabilità di trasformare le ceneri in fertilizzante, il grido
di dolore in grido di civiltà, i morti in monumenti, il silenzio colpevole in con-
danna. Il confronto delle testimonianze di tutti gli olocausti: Shoah, foibe, vit-
time della mafia ha fatto cogliere loro lo stesso linguaggio quello della vio-
lenza e dei diritti umani negati, e lo stesso rimedio, la memoria come moni-
to e speranza, conoscenza e impegno.
L’insegnante
Prof. Sucameli M. Antonina
7
Introduzione
Davanti agli esiti della violenza molti autori scelgono la poesia come mezzo
per far conoscere il dramma della realtà al maggior numero di persone pos-
sibili e esprimere il loro grido di dolore e di dissenso verso ogni tipo di vio-
lenza e perdita di libertà. Molti poeti parlano, infatti, di oppressione, di schia-
vitù, ma anche di speranza in un futuro migliore e attraverso i loro versi espri-
mono un giudizio sulle crudeltà commesse dall’uomo nel corso dei secoli e
trasmettono un messaggio affinché possa realizzarsi il mondo in cui vorreb-
bero vivere. Le poesie lette nel giorno della “memoria” affrontano il tema
dello sterminio degli ebrei e della loro dura lezione di storia.
Noi, come questi poeti, non vogliamo rimanere indifferenti con il nostro
silenzio carico di orrore e di paura,ma comprendere, meditare, riflettere e
dare il nostro contributo contro la non cultura della banalità che oscura le
coscienze e prepara il terreno a nuove violenze.
Il bisogno di scrivere è, dunque, consolatorio, risarcisce il dolore, ma con-
tribuisce alla riflessione e al confronto.
Odisseo Giorgia IC
9
La Parola ai Poeti
“27 gennaio” di Rosa Filippi
“Un paio di scarpette rosse” di Joyce Lussu
“...le anime di quelli che abbiamo perduto
son prigioniere entro qualche essere inferiore,
una bestia, un vegetale, una cosa inanimata,
perdute di fatto per noi fino al giorno, che per molti non giunge mai,
che ci troviamo a passare accanto all’albero,
che veniamo in possesso dell’oggetto che le tiene prigioniere.
Esse trasaliscono allora, ci chiamano e
non appena le abbiamo riconosciute, l’incanto è rotto.
Liberate da noi, hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi.”
“Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust
10
Fascetta Maria Laura I A
11
La Parola ai Poeti
27 Gennaio
Sterminio
che attanaglia, imprigiona
disumanizza, infrange i cuori
che restano privi di ogni emozione
di ogni segno di vitale bontà
di umano rispetto
Sterminio
che ruba bimbi alle loro madri con occhi stralunati
privi di luce
in cerca di luce
Buio!
Madri che pregano
lottano, spingono
si fanno avanti per essere ricacciate indietro
in cerca dei loro cari
Donne derubate della loro femminilità
con teste rasate, rapate
inermi, mute
con bocche serrate, prive di suoni
con occhi spenti
con gambe spezzate pronte a piegarsi
umiliate oltraggiate
Carni senza un nome, con un numero
sacrificati come agnelli per un Dio che non perdona
assiso su un trono
LE RIFLESSIONI
“27 Gennaio: una data come tante, un giorno come altri, ma dentro di sé
una grande diversità.”
Miriam Coppola I C
“Il poeta descrive uno dei periodi più bui della storia dell’umanità e descri-
ve abilmente con un gran numero di immagini, quasi come un album di foto-
grafie, l’olocausto.”
Giorgia Pollina IE
Esseri ammassati come mandrie
dentro recinti spinati
a rubare la povera miscela
per poter emanare l’ultimo respiro
Scaraventati come sacchi
inceneriti come legna
Le ceneri del vostro martirio
possano essere germogli
colorare di azzurro le tenebre
profumare i più remoti meandri
unire ogni lembo di terra
per far nascere al fratello
l’abbraccio al proprio fratello
Rosa Filippi
La Parola ai Poeti
12
13
La Parola ai Poeti
“Il poeta paragona lo sterminio ad un ladro che ruba i bimbi alle loro madri
privandole di tutto. Ma ruba anche la luce ai bimbi negando loro la speran-
za di fuga, di salvezza ma soprattutto di vita. E’ questo lo sterminio: una notte
buia nella quale è difficile accendere una luce di speranza.
Ruba le donne della loro femminilità, le parole dalle loro bocche perché
ormai non c’è più niente da dire, ogni supplica è vana, perché ormai nessu-
no le ascolta più. Lo sterminio trasforma i perseguitati in ladri che fanno di
tutto pur di rubare un bicchiere d’acqua che permetta loro di emanare l’ul-
timo respiro e vivere anche solo per un altro secondo. Le ceneri, che in sé
simboleggiano la fine di qualcosa, possano invece servire da fertilizzante
affinché germogli in ognuno di noi la voglia di andare avanti e l’amore per
il prossimo. Ma possono servire soprattutto per non dimenticare.”
Giuseppe Cottone I E
“Questa poesia permette di riflettere sul valore della vita che va assaporata
e anche un’ora di vita è necessaria, importante per far sì che la speranza non
smetta di vivere e cresca in noi.”
Sergio Ferrantelli IE
“Rosa Filippi con questa poesia ci ha fatto capire chiaramente le condizio-
ni degli ebrei e soprattutto delle donne.”
Elena Silvestri I E
“Le donne che, ormai sfinite per la lotta, si rassegnano con occhi vuoti, privi
di espressività, al loro destino, cioè quello di venire ammassati come sacchi
e inceneriti come legna. Che questo genocidio possa essere un vaccino per
l’umanità e non si ripeta mai più.”
Silvia Spinelli I E
“La parte che più mi ha colpito è stata la divisione delle madri dai bambini,
perché i bambini senza i loro genitori e quindi senza validi esempi, non
sarebbero stati in grado di sopravvivere, come in effetti è accaduto.”
Marianna Coppola I C
“Tutti morti, chi nel corpo chi nell’anima. Il torto più grande che si possa fare
ad una madre: uccidere il suo bambino sotto i suoi occhi. Di certo non si può
tornare indietro nel tempo per cancellare l’olocausto, ma possiamo impara-
re da esso per non ricadere nello stesso errore, quello che è successo può
accadere. La violenza non è stata eliminata dalla storia.”
Lucia Coppola I C
“Occorre ancora ricordare perché quello che noi vediamo giorno dopo
giorno, la mancanza di fratellanza e di amicizia, dimostra che non abbiamo
imparato da questa lezione di storia.”
Domenico Provenzano IE
“La violenza è pur sempre violenza ed ancora oggi abbiamo esempi di
come l’uomo possa essere crudele e spietato buttando al vento proprio quel-
la che è la dignità dell’uomo stesso.”
Antonio Parrino I C
14
La Parola ai Poeti
15
La Parola ai Poeti
“Questa poesia esprime il desiderio di fratellanza, cioè essere fratelli l’uno
dell’altro.”
Rossella Badagliacqua IC
“Provo disprezzo per coloro che hanno fatto di un impossibile incubo una
vera e propria realtà. Non riesco a capire come mai gli uomini tengano den-
tro di sé tanta violenza.”
Ivana Raspanti IE
“Questa poesia mi ha fatto capire il dolore di chi viene emarginato dalla
società e non ha un’identità.”
Gianvito Cacciatore IC
“Come carni di animali al macello venivano marcati a fuoco con i numeri
che sostituivano il nome.”
Roberta D’Amico IE
“Togliendo il nome ad una persona si cancella anche la sua storia. Se noi
dimentichiamo o addirittura neghiamo la loro esistenza non facciamo altro
che ucciderli di nuovo.”
Marta Fiammetta I E
“Il loro sacrificio non è stato vano se continueremo a ricordarli.”
Caterina Pizzitola IE
“Fatti orrendi, che lasciano immaginare la sofferenza e la disperazione
provata da milioni di persone…e far sì che il tempo non faccia volare via
queste ceneri, rendendole vane.”
Nadia Milazzo IE
“Non dimenticando possiamo costruire un futuro migliore.”
Marika Miciletto IE
“I cuori delle persone che assistettero a tutto questo si infransero restando
privi di ogni emozione. Queste persone vanno ricordate per sempre perché
solo così possiamo evitare che la loro morte sia stata vana.”
Francesco Agrusa I E
“Il messaggio è un impegno dell’umanità affinché quello che è successo non
accada più.”
Giuliana Ganci IC
“Corpi privi di vita, di piccole creature ammassati l’uno sull’altro nell’attesa
di diventare cenere. Occhi “vuoti” e “pieni”, vuoti di gioia, di felicità, di sola-
rità, di vitalità, ma pieni di terrore, di disperazione, di stanchezza. Bambini
privati della loro infanzia che ogni bimbo ha diritto di avere”.
Irene Ventura I E
“In questi giorni ci sono state molte polemiche perché una persona insinua
che la shoah non è mai esistita e che è un’invenzione americana, ma noi
sappiamo che colui che parla è pazzo.”
Simone Pirrello IE
“La vita non si arricchisce con i soldi e il profitto, ma sapendo che il tuo pros-
simo è felice e che tu lo hai aiutato e che hai partecipato alla sua salvezza.”
Vincenzo Schillaci IC
16
La Parola ai Poeti
17
La Parola ai Poeti
Un paio di scarpette rosse
C’è un paio di scarpette rosse
numero 24 quasi nuove;
sulla suola interna si vede ancora la marca della fabbrica
“Schuiz Monaco”
C’è un paio di scarpette rosse
in cima ad un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald.
Servivano a fare coperte per i soldati
non si sprecava nulla e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas.
C’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Bunchenwald.
Erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
scarpa numero 24
per l’eternità
Perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
Perché i piedini dei bambini morti
non consumano suole.
Joyce Lussu
LE RIFLESSIONI
“Mi hanno colpito i versi “ scarpa numero 24 per l’eternità, perché i piedini
dei bambini morti non crescono”. Sono versi profondi ricchi di messaggi e di
esortazioni per farci riflettere perché le violenze peggiori sono quelle subite
dai bambini, che sono il domani, sono coloro che sono stati privati dei
momenti più belli come l’infanzia e l’adolescenza. Ma in quei campi ogni
ideale, ogni speranza, ogni spiraglio di luce, bruciava nel buio e nel deserto
della morte”.
Alessia Marianna Mannina I A
“I sentimenti tristi che trasmettono queste parole e i messaggi, che hanno
forse ancora un pizzico di speranza per un mondo migliore, sono la testi-
monianza di ciò che l’uomo è capace di fare, di quante persone innocenti è
riuscito ad uccidere, del dolore che ha provocato forse anche senza ren-
dersene conto, per un motivo che un uomo con un cuore non può condivi-
dere.”
Sara Intravaia I A
“Questi uomini, ormai entrati nei campi di sterminio, perdevano ogni spe-
ranza ed ogni possibilità di sopravvivenza.”
Andrea Finazzo I C
“Trattati dai nazisti come degli oggetti prima da utilizzare e di cui liberarsi
quando non erano più utili.”
Paolo Polizzi I C
18
La Parola ai Poeti
19
La Parola ai Poeti
“Persone a cui non è stato concesso di morire da uomini, ma da animali.”
Giorgia Odisseo I C
“La poesia è toccante perché ci fa riflettere di più contemplando ogni paro-
la. Penso quanto sia stato brutale l’uomo con quelle idee inutili, ma soprat-
tutto penso al male che ha commesso.”
Elisa Mistretta IE
“Nessuno ha il potere di decidere sulla vita degli altri perché questo provo-
ca dolore, lutti, incubi terribili.”
Mario Accardi I C
“Le parole ci riportano a quei tempi e ci lasciano immaginare il dolore degli
ebrei tramite parole scritte con molta cura.”
Antonio Cracchiolo I E
“L’unica risposta che riesco a darmi che poi è quella che ci danno i film, i
documenti, i libri, è che i nazisti erano più che coscienti; allora mi chiedo
come fa un uomo ad uccidere un altro uomo e a riuscire a guardarsi allo
specchio con fierezza come se avesse fatto qualcosa per il bene della
comunità ?
Maria Antonietta Lorito I A
21
La Parola ai ragazzi,le poesie, le emozioni...
“Jaime scese con gli altri.
Su ogni scalino dell’ampia scala di pietra
c’erano soldati appostati. Sembravano impazziti.
Prendevano a pedate e colpivano col calcio
del fucile chi scendeva,
con un odio nuovo, recentemente inventato,
che era sbocciato in loro nel giro di poche ore”
da “La casa degli spiriti” di Isabel Allende
Cruciata Chiara I A
Quel bambino
Una goccia d’acqua cristallina
scorre veloce…
sul viso di un bambino
una giornata buia e fredda
di un lontano 1945
graffia l’anima del bambino
che vede, ma non vorrebbe,
la sua mano lasciare quella dei suoi genitori.
Scende la neve e il sole la scioglie
e quel bambino, ormai vecchio,
non ha ancora cancellato quel brutto ricordo;
solo che oggi è sicuro di una sola cosa:
i suoi genitori, anche se gettati in una fossa,
lo stanno guardando dal cielo.
Manno Antonella IA
23
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
Tanti olocausti hanno segnato la nostra storia
Alle vittime degli abissi
affinché possano essere ricordati;
ai testimoni degli abissi
affinché possano ricordare e
raccontare
il vuoto negli occhi dei bambini,
la disperazione nel volto delle donne;
a quegli uomini
ai quali è stato negato
il diritto di morire come uomo.
Bambini, uomini, donne, anziani
strappati dai loro affetti
dalle loro case,
dai loro sogni.
Un numero che fa perdere l’essenza della vita.
Ma che cos’è la vita dinanzi a questi orrori?
Cenere, solo cenere
di corpi fucilati, bruciati…
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
24
Che cos’è l’uomo dinanzi a queste atrocità?
Rimani lì attonito,
immobile
a contemplare, indifferente, pensando
che mai nulla di tutto ciò
possa nuovamente ritornare,
che possa stravolgere la tua vita,
la tua famiglia.
Tanti olocausti hanno segnato
la nostra storia,
il cammino dell’uomo
tanti, troppi per questo povero
genere umano che cerca solo
PACE e giustizia dei cuori.
Mannina Alessia IA
25
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
Tutto ormai era finito
Tra la nebbia vedevo solo le lacrime degli uomini,
nel rumore sentivo solo gli spari delle pistole,
nelle case tutto era vuoto,
per strada non si scorgeva anima viva:
non si sentivano più i sorrisi dei bambini,
vederli giocare, vederli felici e spensierati.
Tutto ormai era finito,
come se un colpo di vento avesse spazzato via tutto quanto:
tutto è vuoto,
tutto è ignoto.
Vallone Maura IA
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
26
Ricordo
Ricordo
di quegli uomini
senza cuore, senza anima
Ricordo
di quei volti spaventati,
di quegli occhi persi nel nulla,
di quei sorrisi ormai spenti.
Ricordo
di quei corpi privi di vita,
ammassati come carne da macello.
Ricordo
di quei grandi uomini
che cercarono di ribellarsi a tutto ciò
sacrificando anche la loro vita.
Ricordo
perché il ricordo
possa far riflettere
Fascetta Maria Laura IA
27
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
Non c’era più vita
Nel cielo,
le stelle non brillavano,
nei campi,
i frutti più maturi erano stati strappati.
L’armonia e la felicità degli uomini erano state
sottratte dagli spari dei soldati.
Non c’era più vita:
silenzio, solitudine, sofferenza, odio.
Questi i sentimenti che ogni uomo provava
nel proprio cuore,
la cui vita era stata oltraggiata e negata.
Non esiste atrocità più grande che la
privazione della vita stessa:
il dono più grande che l’uomo abbia potuto ricevere.
Vallone Maura IA
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
28
LE EMOZIONI
“Immagini e testimonianze agghiaccianti ci raccontano, con gli occhi di chi
li ha vissuti da protagonista, come la dignità umana sia stata calpestata, deri-
sa, distrutta, annientata, sostituita da un semplice numero, svuotata da ogni
piccolo ricordo legato alla propria famiglia, alla vita passata, al ruolo socia-
le. Rimango incredula e provo anche un po’ di timore pensando a cos’è
capace di fare l’uomo.”
Silvia Amore I B
“Tristezza, sgomento, angoscia, e compassione verso tutte le persone inno-
centi che hanno subito le atrocità di tutti coloro che, per un’idea sbagliata,
assurda, hanno tolto loro la vita, la dignità, l’umanità. Disprezzo per coloro
che si sono macchiati di crimini ingiustificati.”
Valentina Vitale I B
“ I sentimenti e gli stati d’animo che vidi nei sopravvissuti li feci miei grazie ai
loro occhi che rimandavano le immagini dei loro persecutori…mostri…
Avrei voluto non vedere quello che è successo, ma ora che ho visto mi chie-
do il perché di questi orrori e credo che quando lo avrò saputo vorrò chiu-
dere gli occhi e pensare che nessun motivo giustifica lo sterminio di massa.
Ciò che ho visto ha fatto crescere in me la consapevolezza di vivere un’oc-
casione irripetibile, la vita, che solo Dio può togliere via e nessun uomo può
avere il diritto di rubarla.”
Angela Fundarò I B
29
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni...
31
Guardando Schindler’s List
Così sembra e così certamente sarà
se i tedeschi non si sveglieranno da questa apatia,
se non protesteranno dovunque essi possano
contro queste cricca di criminali,
se non parteciperanno al dolore,
di queste centinaia di migliaia di vittime
e non solo essi devono provare compassione per questo dolore,
ma molto di più:
devono sentirsi corresponsabili.
Infatti è soltanto a causa del loro comportamento apatico
che uomini malvagi hanno la possibilità di agire così.
da G. Ghezzi, “La Rosa bianca,
un gruppo di resistenza al nazismo in nome della libertà”
I tuoi occhi ormai spenti hanno aperto i miei
Non sapevo cosa fosse la paura da vicino.
L’ho vista negli occhi di una bimba che correva per sfuggire alla morte, nei
suoi occhi sbarrati ho visto il terrore, nel suo corpo straziato ho visto la dispe-
razione e l’angoscia per i sogni spezzati, perduti, per sempre! Qual era la tua
colpa, piccola bambina?
Forse quella di apparire debole, ridotta al silenzio, alla paura, uccisa nello
spirito, prima ancora che l’incubo della morte uccidesse il corpo. I tuoi occhi
ormai spenti hanno aperto i miei, rivelandomi l’assurdità di questa guerra…
Non voglio vedere mai più altri occhi pieni di paura, di sangue, di morte, ma
solo sguardi di gioia, di luce, di fratellanza, di speranza! Il serpente dell’odio
che era nel mio cuore ha cessato di vivere. Io non odio coloro che combat-
to: alzerò le mie mani per cancellare l’odio e il male, per disperdere le paure,
per costruire un mondo di pace senza più burattinai.
Buscemi Giuseppe IC
33
Guardando Shindler’s list
Mio Dio ho visto la morte in faccia...
Sto lavorando intensamente da ore ormai, mi trovo in questa piccola stanza
piena di macchinari, dove non si respira e dove la gente lavora senza sosta.
Ogni tanto faccio una pausa di qualche minuto, e poi riprendo a lavorare.
Ad un tratto vedo entrare alcuni uomini delle SS, accidenti! Si dirigono verso
di me. Vogliono vedere come svolgo il mio lavoro, mi danno un tempo defini-
to per montare il pezzo e poi inizio; impiego circa un minuto, credo di avere
fatto bene, infatti uno di loro si complimenta poi mi chiede di mostrargli quan-
ti pezzi ho montato oggi: non sono abbastanza. Mi dice che è in arrivo un cari-
co di uomini più efficienti e più svelti di me; a quel punto capisco dove vuole
arrivare… Mi portano fuori, la neve è gelata, mi fanno mettere in ginocchio;
tremo dalla paura, ma cerco di convincerli che sono un ottimo operaio, che
ho sempre svolto bene il mio lavoro ma lui prende la pistola e la carica.
Perché a me? Che cosa ho fatto? Mi chiedo come questa gente possa vivere
avendo sulla coscienza il peso di migliaia di persone.
Come possono vivere senza essere consumati dal rimorso? Sono degli assas-
sini spietati che uccidono a sangue freddo senza un valido motivo, a volte per
divertimento, a volte per eseguire un ordine. È arrivata la mia ora, io non sarò
il primo e neanche l’ultimo, non ho fatto niente per meritare ciò eppure sono
qui a vivere i miei ultimi attimi inginocchiato sulla gelida neve insieme a que-
sti mostri.
Sento l’arma sopra la mia testa, quello preme il grilletto ma il colpo non
parte, riprova molte volte ma niente, in me si accende un po’ di speranza, lui
Guardando Shindler’s list
34
subito prende quella del collega, capisco di essere stato uno stupido a pen-
sare di farcela e invece neanche questa funziona. L’uomo si arrabbia, mi dà
un calcio e mi ordina di tornare a lavoro. Non so se è stato uno scherzo per
farsi quattro risate e farmi morire di paura o se sono stato baciato dalla fortu-
na. Mio Dio, ho visto la morte in faccia…
Ruocco Giovanni IC
35
Guardando Shindler’s list
Auschwitz - Bierkenau
Ma la sua colpa è diventata anche la mia
Era mattina c’eravamo appena svegliati, io avevo da poco preparato la
colazione, vidi immediatamente Hans che si alzò di scatto e si mise a cerca-
re in tutta la stanza, si voltò verso di me e mi disse:
“Ce l’hai accanto tu il fucile?
Dammelo!”
io mi guardai attorno, lo presi e glielo diedi, lui sparò…, come del resto
avviene ogni mattina. Il mio amore per lui si è trasformato in odio.
Lo odio quando fa così, la colpa forse è di questa guerra che non ci fa pen-
sare e di questo stupido lavoro: ufficiale responsabile di questo campo di con-
centramento; è spietato nei confronti di quegli uomini tutti grigi, tutti uguali,
con la colpa di essere ebrei; perchè tanta brutalità?
Lo fa per noia o per squallido disprezzo?
E poi quella stupida propaganda. Devo dire che la guerra l’ha proprio cam-
biato! Tempo fa non era così.
Era una persona dolce che non aveva nemici.
Hans si affacciò al balcone e con un sorriso maligno prese di mira un ebreo.
Mentre mi accingevo a portare le tazze sul tavolo un brivido percorse il mio
corpo per la detonazione dello sparo che fece cadere le tazze per terra.
Subito mi misi a correre verso il balcone e vidi un uomo a terra, morto con il
sangue che correva sulla neve bianca e fredda.
Non posso non pensare a quell’uomo, alla sua vita, magari aveva una
moglie, dei piccoli bambini ancora da accudire a cui dare tanto affetto e
insegnamento, mi vengono i brividi al solo pensiero.
Quando vedo tutto questo mi verrebbe di andarmene via da questo posto e
36
Guardando Shindler’s list
37
Guardando Shindler’s list
non vedere più la malvagità di Hans, ma non posso perché ho paura…chis-
sà è capace di uccidere anche me, ma la sua colpa è diventata anche la
mia.
Miciletto Marika IE
Auschwitz - Bierkenau
Potevo fare di più e per questo mi disprezzo
Mi presentai all’ufficiale tedesco con un pugno di diamanti: “Non mi sento a
mio agio con questa roba qui” mi disse.
Ero venuto per corromperlo, perché mi lasciasse tenere aperta la fabbrica..
In effetti era da un pò di tempo che i miei dipendenti non lavoravano e assu-
mevo anche chi non sapeva lavorare, e questo lo sapevano. In realtà lo
scopo era salvare quante più persone possibile dal nazismo.
Gli ebrei venivano perseguitati senza un giusto motivo, ed io assumendoli
Guardando Shindler’s list
38
Auschwitz
come dipendenti li salvavo, perché utili.
La mia lista contiene i nomi di coloro che ho salvato.
Per farlo mi è stato utilissimo il denaro che avevo accumulato fino ad allora,
in quanto dovevo tenere la fabbrica aperta, che non produceva nulla, e cor-
rompere chi era a conoscenza della cosa.
Se ne avessi avuto di più, o avessi rinunciato ad oggetti inutili, e per questo
mi disprezzo, ne avrei salvati di più.
La mia spilla…per quella mi avrebbero dato una persona in più, che ora
invece non c’è più.
Mi dissero che avevo già fatto tanto, ma a me ciò non bastava.
Per fortuna c’era il mio assistente, e non solo, oltre mille persone, a confor-
tarmi. Poi quando arrivò la fine della guerra, c’era ancora un gruppo di tede-
schi armati pronti a uccidere.
Per una volta, in questa guerra atroce, dopo tanti delitti, non ebbero il corag-
gio di sparare, e piuttosto di tornare a casa non da assassini ma da uomini.
Mistretta Sergio IC
39
Guardando Shindler’s list
Sparò con la facilità
con cui un bambino scaccia una formica
Una fredda mattina d’inverno il generale tedesco si svegliò.
Alzandosi, con tanta naturalezza, andò per prendere il suo fucile e, mezzo
nudo, si affacciò dal balcone della sua villa, la quale si trovava proprio nel
campo di concentramento.
Qui milioni di innocenti ebrei si trovavano costretti a lavorare in condizioni dis-
umane trattati dai “superiori tedeschi” come oggetti.
Il generale fiero,come se niente fosse,con la facilità con cui un bambino
Guardando Shindler’s list
40
Ingresso treno di Auschwitz - Bierkenau
schiaccia una formica,con la stessa facilità con cui il bimbo dà un calcio ad
una lattina per vederla rotolare lontano;come se fosse il gioco del tiro al ber-
saglio,diede inizio al suo atto di pazzia:cominciò a sparare sulla gente inerme.
Per primo colpì un uomo che si era fermato per la stanchezza.
Questi si piegò su se stesso e cadde senza guardare negli occhi il suo nemi-
co e senza sapere il perché; si afflosciò a terra l’ultimo momento della sua vita.
Una macchia di sangue purpureo si espandeva lentamente sulla candida
NEVE.
Pollina Giorgia IE
Marino Giulia IE
41
Guardando Shindler’s list
Non servivano le suppliche e le richieste di pietà
scivolavano loro addosso
La mattina era arrivata, senza sole e calore, solo gelo, lo stesso che ormai da
tempo era dentro di me.
Ci misero subito a lavorare, la stanchezza e la fatica aumentavano sempre
più, di giorno in giorno.
Nessuno di noi aveva più la forza di parlare.
Nel nostro animo non c’era più la speranza, il nostro cuore era privo di senti-
menti, mi voltai, senza smettere di lavorare e vidi l’ufficiale tedesco uscire al
balcone della sua residenza, con una sigaretta in bocca.
Ci osservò dall’alto, per qualche momento, poi, con disinvoltura e indifferen-
za, prese un fucile e guardò nel mirino. Un secondo più tardi aveva già pre-
muto il grilletto. Si udì il rumore dello sparo.
Un uomo cadde a terra, il suo sangue scorreva sul terreno.
Mi sentii raggelare e avvertii le mie gambe che stavano quasi per cedere.
L’ufficiale, con disumana indifferenza, riprese la sigaretta e rientrò dentro.
L’ennesima vita si era spezzata, un altro di noi era morto senza aver fatto nulla.
E quell’ufficiale che dopo ha ripreso la sua giornata normalmente, aveva
ucciso quella persona come fosse un gesto consueto.
La disperazione ci attanagliava tutti, quegli uomini senza umanità non si fer-
mavano davanti a niente.
Non servivano le suppliche, le richieste di pietà scivolavano loro addosso.
Quello sparo, che aveva privato quell’uomo della vita non era altro che uno
42
Guardando Shindler’s list
dei tanti.
Ogni giorno la paura di morire era con noi.
Sapevamo che il momento della morte sarebbe arrivato anche per noi di lì
a poco, ma continuavamo ad aggrapparci a quelle poche ore di vita che ci
rimanevano.
Così abbassai gli occhi, pensando che fra non molto tempo quella vittima
stesa a terra non tanto lontano da me, avrebbe avuto il mio volto.
Milazzo Nadia IE
43
Guardando Shindler’s list
Auschwitz - Bierkenau
Lo guardai come il più miserabile degli uomini
Si era alzato dal letto, invece io ero rimasta coricata, era andato in bagno
ed era uscito mezzo nudo, e aveva preso il suo fucile.
Pensai che cosa avesse in mente, ma non ebbi la forza di dirglielo, e cosi lui
lo caricò.
Si accese una sigaretta e sparò…Io rimasi dentro immaginando quello che
era successo.
Guardò di nuovo le persone che stavano lavorando e mise il suo occhio nel
mirino; ebbi una sensazione terribile, un uomo si era fermato per un attimo, per
44
Guardando Shindler’s list
Auschwitz
respirare, per prendere fiato e stava asciugando il sudore della fronte.
Ma lui non esitò e sparò, lo prese in pieno e cadde a terra, io mi sentii rab-
brividire, lo aveva ucciso a sangue freddo.
Fu una cosa terribile, disgustosa.
Entrò nella camera fiero della sua azione e della sua superiorità, e non
capendo però che aveva ucciso una persona forse per dimostrare che in
quell’inferno era lui quello che comandava.
Io, invece, ebbi paura…lo guardai come il più miserabile degli uomini, l’ulti-
mo di tutti.
Agrusa Francesco Paolo IE
45
Guardando Shindler’s list
E la folla si chiedeva chi sarebbe stata
la prossima vittima di questo folle
Erano circa le dieci del mattino e la luce entrava dalla finestra e colpiva
Hans sul viso; l’ufficiale si svegliò. Era disteso a pancia in su, semicoperto; si
guardò accanto e notò che la donna era ancora lì, accanto a lui, anche lei
scoperta. Ma non diede tanta importanza a ciò.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla vetrata: centinaia di ebrei stavano laggiù
sporchi e sudati, lavoravano fin dall’alba. L’ufficiale continuò a fissarli, li squa-
drò uno per uno, notò gli stracci che indossavano e fu fiero della sua posizio-
ne, fu fiero del fatto che tutta quell’inutile gente lavorasse per lui.
Poco dopo abbandonò quella vista e si girò verso il letto; anche la donna si
era svegliata; Hans fece il giro della stanza e finalmente trovò quel gioiellino
che gelosamente custodiva; lo impugnò e si recò nuovamente verso la fine-
stra; Anna cercò di fermarlo ma inutilmente perché la sua mente stava per
essere attraversata da un’onda di pura follia. Uscì al balcone e continuò ad
osservare gli ebrei di sotto.
Lì osservò uno per uno: Abram, l’ingegnere ebreo, si fermò per un attimo, era
molto stanco, portò il braccio alla fronte per asciugarsi il sudore. Ma alla vista
di ciò Hans non esitò a premere il grilletto. Uno scoppio si sentì nell’aria.
Poi il povero Abram si accasciò a terra, privo di vita; un attimo prima si era
toccato l’addome e la mano gli si era colorata di rosso, di sangue.
Nessuno nel campo si fermò o smise di lavorare, perché sapevano che non
avrebbero fatto altro che seguire il povero compagno. Poco dopo l’occhio
46
Guardando Shindler’s list
malvagio dell’ufficiale tedesco da lassù ne squadrò un altro: Jacob, un ebreo
sessantenne. Hans lo guardò…troppo vecchio…poi un altro sparo…ed un
altro morto. Tra la folla si diffuse un brivido di terrore e qualcuno da lì sotto
riusciva a vederlo, col suo fucile, come se stesse giocando al tiro a bersaglio,
nudo al balcone, ma soprattutto con quella sua espressione di fiera superio-
rità. E la folla si chiedeva chi sarebbe stata la prossima vittima di questo folle,
che uccide solo chi non gli fa più comodo.
Cottone Giuseppe IE
47
Guardando Shindler’s list
Interno di un capanno Auschwitz - Bierkenau
… e non potei neanche andare a piangere sul suo corpo
Stavo trasportando un sacco molto pesante quando mi accorsi che l’ufficia-
le si era affacciato al balcone. Ci guardava disgustato come se fossimo ani-
mali che non si meritavano di vivere. Una donna gli portò un fucile, lui lo cari-
cò e rivolse di nuovo lo sguardo verso di noi. L’ufficiale si divertiva a giocare a
tiro al bersaglio con noi, non ci si poteva fermare neanche per un secondo
che si rischiava di essere uccisi dal suo fucile. All’improvviso prese la mira e
sparò. Colpì un uomo che si era fermato solo per riprendere fiato. Guardando
bene mi resi conto che era il mio amico Giosuè e la cosa più dolorosa fu che
non potei neanche andare a piangere sul suo corpo, perché altrimenti
anch’io sarei diventata un bersaglio. Provai rabbia e dolore nello stesso
momento e non sapevo
più se era meglio vivere o
morire. Poi mi consolai
pensando che Giosuè
aveva terminato il suo
lavoro e poteva riposarsi
quanto voleva e poteva
rincontrare i suoi cari al
contrario di me…
Fiammetta Marta IE
48
Guardando Shindler’s list
Interno di un capanno Auschwitz - Bierkenau
Era avvolta dal cappottino rosso come il sangue che ingiu-
stamente era stato versato
Immobile sul suo cavallo, Oskar osservava dall’alto, in quella giornata grigia,
quello che stava accadendo proprio sotto i suoi occhi.
Molti ebrei camminavano veloci, costretti, controllati dai tedeschi.
Forse paura, o forse disperazione, quella disegnata sui volti.
Notò una piccola bambina, dai riccioli biondi, che camminava da sola.
Il suo cappottino era di un rosso accesso, in contrasto con l’atmosfera cupa
ed angosciante che regnava. Il passo incerto e gli occhi pieni di infantile
innocenza, cercava forse un rifugio da quegli uomini in divisa che le faceva-
no sicuramente paura. Qualcosa dentro Oskar stava cominciando a cambia-
re. Continuò a fissare quella bambina che, indifesa, non poteva far altro che
nascondersi. L’uomo la vide aprire una porta e scomparire dietro ad essa.
Quegli occhi, che forse non avrebbe più rivisto, avevano aperto una breccia
nel suo cuore. Guardando quei soldati vide veramente, forse per la prima
volta, la crudeltà e la cattiveria che li animava. Poteva starsene ancora lì,
fermo, a guardare soffrire migliaia di persone, senza far nulla per loro?
Sentì un vuoto dentro di lui, una sensazione di pura incredulità per non esser-
si accorto prima del mondo spietato che stava prendendo forma attorno a lui.
Se ne andò, colmo di quella sensazione del tutto nuova e sconosciuta.
Ancora un immagine vedeva chiara nella sua mente: la bambina dal cap-
pottino rosso. Come potevano quegli uomini senza cuore prendersela anche
con una simile creatura? Quella visione lo aveva turbato ed era in parte con-
49
Guardando Shindler’s list
sapevole che non sarebbe più riuscito a rimanere indifferente davanti a tutto
ciò. Rivide la bambina tempo dopo, ma questa volta era morta.
Innocente, indifesa, avevano ucciso anche lei. Era avvolta ancora dal cap-
pottino rosso, rosso come il suo sangue che ingiustamente era stato versato.
Milazzo Nadia IE
50
Guardando Shindler’s list
Disegni dei bambini sul tetto del loro capannone Auschwitz - Bierkenau
Chi salva una vita salva il mondo intero
Di fronte a me centinaia e centinaia di persone, operai in viso stanco ed
esausto, ma negli occhi la speranza, che io avevo impresso nei loro animi.
Tutti in religioso silenzio, bambini, donne e uomini, mi fissavano e ascoltava-
no le mie parole. Li informai delle ultime notizie: il regime nazista era caduto,
le truppe sovietiche quella stessa notte avrebbero invaso le Germania, tutti gli
Ebrei sarebbero stati finalmente liberi. A mio malincuore, dovetti anticipare la
mia imminente fuga, in quanto, dichiarato nemico, sarei stato catturato e con-
dannato per essere stato membro del partito nazista e per aver sfruttato il
lavoro di tanti operai ebrei. Ma ancora non era finita, tutto questo alla mez-
zanotte, ai soldati presenti che avevano avuto l’ordine di sparare li obbligai a
scegliere se tornare nelle proprie case, dalle proprie famiglie da uomini o
uccidere tutti gli ebrei lì presenti diventando assassini. Ero sicuro che avreb-
bero voltato le spalle e sarebbero usciti da quell’edificio, ma la paura che
qualcuno potesse premere il grilletto e far fuoco mi invase per qualche minu-
to. Arrivata sera, il cortile della fabbrica era gremita di gente, che aspettava
di salutarmi per l’ultima volta. Mi venne incontro il contabile, portavoce di tutta
quella gente. Mi donò un anello, realizzato in quello stesso giorno da un grup-
po di operai. Incominciai a tremare, l’emozione era forte e aumentò di più
alla lettura della frase in esso incisa: “Chi salva una vita, salva un mondo inte-
ro”. Tutta quella gente lì presente mi era riconoscente, avevo salvato le loro
vite da un destino segnato: “la morte”. Ma fu allora che fui invaso da una forte
disperazione. Come loro avrei potuto salvare altri ebrei, altre persone.
51
Guardando Shindler’s list
Avrei dovuto avere più denaro e pensai a tutto quello che avevo speso inu-
tilmente, avrei potuto sottrarre altra gente al loro incombente destino di morte.
Esplosi in un pianto, sentivo che non avevo fatto il possibile per quella gente,
non avevo fatto abbastanza. Il contabile cercò di risollevarmi ma lo fecero
soprattutto gli occhi di quella gente, che vedevano in me il loro salvatore, mi
facevano sentire un eroe. Salutai il mio caro amico, la persona a cui forse tutti
dovrebbero essere riconoscenti, colui che mi aveva cambiato, devo a lui se
adesso sono così. Salii sulla macchina nella quale mi aspettava mia moglie e
continuai a fissare gli occhi di quella gente e in mente augurai loro una vita
più felice di quella trascorsa.
Gueccia Rosa IE
52
Guardando Shindler’s list
Auschwitz
Adesso sapeva che non sarebbe morto da assassino
ma da uomo
Era immobile, come del resto tutte le altre persone lì presenti, ad ascoltare
con religioso silenzio il discorso di Oskar. Intorno a lui centinaia e centinaia di
Ebrei che guardavano lui e i suoi compagni con occhi pieni di disprezzo ma
anche di paura generata dalle loro divise, dalle armi che strettamente tene-
vano nelle mani, quelle stesse armi che forse avevano ucciso alcuni dei loro
familiari, amici o vicini. Ma il soldato a tutto questo sembrava essere indiffe-
rente, lui non aveva fatto altro che ubbidire agli ordini, aveva svolto il suo lavo-
ro in modo rigoroso. Non era colpa sua se quella gente era ebrea, se il gover-
no tedesco aveva deciso di sterminarla, lui obbediva solo agli ordini.
Il suo ruolo nella guerra volgeva al termine. Come annunciato da Oskar la
Germania aveva perso, il regime nazista era caduto. Ma, comunque sareb-
bero andate le cose, tutti i soldati tedeschi avevano ricevuto un ultimo ordine:
uccidere. Fin d’allora questo non era mai stato un problema per quel soldato,
di gente ne aveva uccisa tanta, ancora una volta doveva obbedire ai suoi
superiori. Ma in pochi minuti qualcosa nell’animo del soldato cambiò, un
cambiamento cosi profondo in un arco di tempo cosi limitato.
Oskar non aveva cacciato via i soldati, non li aveva costretti a non sparare,
ma aveva imposto di scegliere: potevano continuare il loro lavoro, obbedire
ancora una volta e ritornare alle proprie case da assassini o scegliere di usci-
re da lì da “Uomini”. Quest’ ultima parola risuonò nella mente del soldato mille
altre volte, sembrava un’eco senza fine.
53
Guardando Shindler’s list
Capì che fino a quel momento non era mai stato un uomo, solo uno stupido
burattino in mano a gente spietata e dalla mente deformata.
In un solo istante il peso di tutte le sue vittime gli cadde addosso si sentiva
colpevole ma anche un assassino. Guardò tutte quelle persone, l’espressione
nei loro volti non era cambiata, ma la sua sì. Adesso anche i suoi occhi rispec-
chiavano la paura, che era scaturita dal suo stesso cambiamento.
Voltare le spalle e tornare dalla propria famiglia lo avrebbe aiutato a trova-
re la dignità. Il peso di quei morti sarebbe quasi cessato, affiancato dalla fie-
rezza di non aver sparato su quella gente, di aver risparmiato le loro vite, di
aver permesso a quei bambini di continuare a vivere come i suoi figli.
Non aveva più paura, di essere catturato ed ucciso, adesso sapeva che non
sarebbe morto da assassino ma da “Uomo”.
Gueccia Rosa IE
54
Guardando Shindler’s list
Auschwitz
A una madre non è lecito immaginare
la morte del proprio figlio
Il sorriso splende sul mio e sul volto delle mie compagne.
Anche questa volta siamo salve. Abbiamo superato la selezione e il coman-
dante ci ha ordinato di rimetterci i vestiti e di tornare a lavoro.
Ci stringiamo forte l’una all’altra, incoraggiandoci a vicenda, dicendoci che
non dobbiamo mollare. Siamo in un lager nazista, costretti a lavori faticosi e
stancanti, private della nostra libertà eppure oggi riusciamo a essere felici.
Dio ancora una volta ci ha concesso di vivere.
All’improvviso, però, un tuffo al cuore. No, non può essere vero.
Forse la stanchezza e il duro lavoro mi hanno tolto la capacità di percepire
la realtà, forse quelle voci sono soltanto il frutto della mia immaginazione, o
forse sono semplicemente io che non voglio sentire. Subito, però, ogni dubbio
si dissolve. Davanti a noi, ammassati e scaraventati su dei camion come
bestie, centinaia di bambini ci salutano sventolando al cielo le loro piccole
mani. Nei loro occhi, pieni di innocenza, leggo paura, terrore.
Ci guardano fissi, chiedendoci delle risposte, ma noi, che siamo le loro
madri, questa volta non possiamo dargliele, perché a una madre non è leci-
to immaginare la morte di un figlio.
La musica che risuona nel campo si fonde con le nostre grida di disperazio-
ne e di sgomento. Cominciamo a correre instancabilmente dietro i camion
che trasportano i nostri figli, cercandoli con lo sguardo e al tempo stesso
augurandoci di non trovarli.
55
Guardando Shindler’s list
Darei la mia vita perché Danka fosse salva, perché lei è l’unica cosa che mi
è rimasta, è la mia speranza. Sono sicura che è riuscita a scappare e a met-
tere in salvo anche Olek e gli altri bambini. È sempre stata coraggiosa e intel-
ligente. Da lontano continuo a fissare i camion che stanno ormai scomparen-
do. Non riesco ad immaginare quello che potrebbe accadere.
L’unica cosa certa è che quella che era cominciata come una giornata posi-
tiva si è trasformata in un incubo.
Odisseo Giorgia IC
56
Guardando Shindler’s list
Ingresso ferrovia di Auschwitz - Bierkenau: ferrovia portente direttamente ai forni crematori
Il vento del ricordo
Auschwitz…Percorriamo strade che prima di noi hanno visto sangue, morti
innocenti, crudeltà umana. Visitiamo liberi un luogo di prigionia.
Calpestiamo erba e fiori e terra che appena qualche decennio fa hanno
fatto compagnia ad anime destinate a morire.
Anime che sono ancora qui. Prigioniere del vento, le sentiamo nell’aria
pesante che respiriamo, nel tempo ansante che passa e tira via con sé imma-
gini e volti e corpi.
Corpi abbandonati nella belletta di un Gennaio nevoso…
Corpi che mai più cresceranno, fermi nel fiore della loro età o nella triste
agonia di una condanna alla vecchiaia.
E’ un senso di morte intorno…
Eppure c’è più vita di qualsiasi altro posto.
E’ il vento che è pieno di vita.
Sono gli occhi di bambini strappati alla loro esistenza, occhi che nonostante
tutto hanno continuato a sperare e adesso sorridono, in quel posto che si sono
guadagnati accanto a quel Dio lassù, se esiste.
Occhi di donne e madri strappati ai loro figli, grembi ormai vuoti e sterili.
Occhi di uomini che hanno subito crudeltà umane.
Occhi di più di sei milioni di ebrei, ma non solo.
Con loro infatti, nello stesso cielo che, nonostante tutto, resta li, immobile,
tutte le altre vittime della barbarie umane.
Morti in genocidi dimenticati, vittime di una storia che non è saputa essere
57
Guardando Shindler’s list
maestra di vita, nuovi martiri di traffici d’organi, prostituzione, violenza di uomi-
ni contro uomini, eroi di un mondo che è tutto tranne che umano.
Il vento del ricordo. Un vento che si fa sentire e non solo sui visi infreddoliti.
Si fa spazio nell’anima, penetra su cuori che, per troppo tempo, sono rimasti
in silenzio, hanno cercato di dimenticare, hanno nascosto per cecità politica,
convinzioni e ideologie, pezzi di storia e purtroppo veri e propri drammi.
E adesso invece si sforzano di ricordare. Ora che una legge ce lo consiglia,
come se prima non fosse altrettanto giusto.
E’ nostro dovere ricordare, perché tutti devono sapere quello che è stato.
Non si possono nascondere tali crudeltà: la furia dell’uomo che si abbatte su
58
Guardando Shindler’s list
Auschwitz - Bierkenau
un altro uomo, la pazzia di pochi e la connivenza (se non addirittura la com-
plicità) di molti altri.
Eppure sono passati anni e ancora “non è contenta di sangue la belva
umana”.
Ancora continuiamo ad uccidere, diffondere odio e terrore, noi soldati di
una terribile guerra “giusta”.
Impareremo mai ad amare?
A rispettare gli altri, capire che aldilà di un colore, di una bandiera, c’è sem-
pre e solo un uomo proprio come noi?
Riusciremo a restituire la dignità di cui giorno dopo giorno continuiamo a pri-
vare milioni di uomini?
Non sono bastate due guerre, non è bastata la morte di milioni e milioni di
persone, militari e non, non è bastato lo sterminio degli ebrei, né quello del
Ruanda o della Cambogia…
Non basteranno nemmeno tutti questi occhi di bimbi che sembrano scrutar-
ci, dal loro triste paradiso, e chiederci di fare qualcosa, o almeno di non
dimenticarli, come fosse possibile…
Non possiamo andare avanti cosi…
Dara Virginia IIA
59
Guardando Shindler’s list
61
Di memoria in memoriaL’Olocausto... gli olocausti...le foibe
“Occhi che vagano,
menti agitate,
fratelli che corrono contro fratelli,
brandelli umani, pieni di luce,
consegnati alla morte”
da “Violenza” di Rosa Filippi
È importante la denuncia
“Ricordo è una parola che è vicino a noi nel giorno della memoria, della
shoah, ma esistono altri genocidi come quello dei Tutsi e Hutu, degli armeni,
delle vittime della mafia.
Chi ha messo insieme tante memorie ha voluto ribadire l’importanza della
denuncia infatti Hitler prese spunto per attuare la sua politica di sterminio
dalle persecuzioni non condannate dei Turchi nei confronti degli Armani nel
1918. Se il mondo avesse condannato il genocidio degli Armeni forse l’olo-
causto non sarebbe accaduto.
E’ importante la denuncia e la crescita civile”.
Fundarò Angela IB
Tanti olocausti ma la violenza è la stessa
Due mani si stringono piene di speranza per un futuro migliore due mani dif-
ferenti, una bianca e l’altra nera, due colori diversi, due diverse etnie, ma lo
stesso dolore e la stessa persecuzione.
Tanti olocausti ma la violenza è la stessa e lo stesso vale per l’egoismo che
si manifestà in qualsiasi guerra.
Marco Angela IB
In occasione delle giornate della memoria
viene da riflettere
In occasione delle giornate della memoria mi viene da riflettere su molte
cose; le donne e i bambini dell’olocausto mi fanno pensare a quelle donne
62
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
63
che oggi non godono di diritti, ai bambini che, piuttosto che godere della
propria fanciullezza, sono chiusi dentro fabbriche per guadagnare quel
quasi nulla necessario per la sopravvivenza delle proprie famiglie. Il loro olo-
causto non è ancora finito.
De Blasi Federica Maria IA
le foibe in Istria
Un momento particolare e oscuro della storia italiana è rappresentata dalle
Foibe in Istria. Per rendersene conto basterebbe sfogliare le pagine di un
qualsiasi libro di storia e verificare che il dramma delle foibe non è appro-
fondito ma solo accennato.
Eppure c’è stata una grande e orrenda strage tenuta nascosta.
Le foibe che tra il 1943 e l’immediato dopoguerra inghiottirono a migliaia gli
italiani dell’Istria e della Dalmazia sono state rimosse dalla memoria colletti-
va: è una pagina bianca della storia italiana.
Lo è fino al punto che persino i semplici dati di fatto sono ancora oggi igno-
rati da molti. Ma il giorno della memoria…
Fascetta M.Laura IA
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
64
Vite Violate
Corpi strappati
a mille sogni
infranti
speranze, ideali
volati su disperate ali
identità perdute,
finite in un’insenatura creata
dalla natura, la stessa natura
che le aveva messe al mondo.
Niente più collane,
orecchini vestiti
e niente mariti
uccisi anche loro e dispersi
chissà dove. Corpicini ammassati
di bambini,
che hanno perduto ogni cosa
buttati in un incavo di pietre
dove regna il terrore
ad aspettar per molte ore
la fine della loro breve
vita.
Urla di disperazione
di dolore
non vivranno più
non saranno felici mai più.
Serro Maria Cristina IA
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
Pensieri di un martire
Cerco ancora di trovare un senso ma per quanto mi sforzi non riesco a tro-
varlo. Quando si nasce ognuno ha un destino da affrontare, e il mio mi ha por-
tato alla morte, mi ha ucciso.
Ho sofferto per il male dell’uomo, sono morto per la prepotenza dell’uomo,
ho subito per l’odio dell’uomo; di quell’uomo che il giorno prima mi viveva
accanto e che il giorno dopo mi ha reso nulla, mi ha mortificato facendomi
credere che non meritavo di vivere.
E io che sognavo il futuro…il mio futuro è volato via, trasportato da una brez-
za leggera. Qui è tutto buio: aspettando la morte lancio un grido di speranza:
“parlate scrivete, fate conoscere ciò che è stato. Se non si conosce quello che
è successo non si può evitare che si ripeta.
De Blasi Federica Maria IA
65
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
Una vita che finisce nel ghiaccio
Una vita che finisce nel ghiaccio, nella neve, macchiata e sciolta dal san-
gue umano, una morte che spezza via speranze, sogni, affetti. L’ultimo addio
è rivolto a noi, siamo noi le persone care a cui consegnano il loro sacrificio
affinché si faccia memoria dell’orrore e non si ripeta mai più “per una storia
migliore”.
Cruciata Chiara IA
Una sopravvissuta ad Auschwitz
e l’altra al genocidio dei Tutsi
Una sopravvissuta ad Auschwitz e l’altra al genocidio dei Tutsi nel Ruanda:
due vite che si incontrano e che con una semplice stretta di mano condivi-
dono gli orrori che i loro occhi hanno visto in prima persona e che rimarranno
per sempre impressi nella loro mente, un abbraccio che comunica più di ogni
parola il disprezzo e la compassione per l’indelebile ricordo che hanno vissu-
to in tempi diversi ma con la stessa atrocità…
Dobbiamo rispettare e invitare alla testimonianza i sopravvissuti, affinché aiu-
tino le future generazioni a riaffermare l’aspirazione dell’umanità a valori quale
la comprensione reciproca e la giustizia.
Amore Silvia IB
66
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
67
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
Il valore delle testimonianze
Sentire le testimonianze di queste persone sulle loro esperienze terribili fa
venire sentimenti di tristezza in particolare io ho provato un sentimento di inca-
pacità perché voglio reagire ma non sapendo cosa fare, mi sento inutile
davanti a questi terribili scenari. Ma sentire quello che è successo è impor-
tante perché nascondere in un certo senso è come approvarli perciò bisogna
parlarne per capire il significato degli avvenimenti. Penso che tutte le perso-
ne morte negli olocausti avrebbero voluto che la loro morte non fosse stata
inutile e se noi non dimentichiamo continuiamo ad alimentare la speranza di
un futuro migliore.
Provenzano Antonino IB
68
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
L’atteggiamento dei sopravvissuti
L’atteggiamento dei sopravvissuti è difficile da comprendere per chi, come
noi, reagisce in maniera esagerata e drammatica anche di fronte ai più faci-
li e futuli problemi, a differenza delle reazioni di tutta quella gente che pur
avendo assistito alla morte dei propri familiari, esterna un sentimento in cui
predomina l’assoluta mancanza di rancore nei confronti di chi ha torturato, ha
privato del diritto alla vita e del diritto alla dignità.
Piccolo Chiara IB
69
Di memoria in memoria. L’Olocausto...gli Olocausti...le Foibe
71
21 Marzo giorno della memoriadelle vittime della mafia
“Non sono stata io a decidere la soluzione finale” replica sulla difensiva “
io ho solo obbedito agli ordini.
Dovevo tener fede al mio giuramento e il giuramento è sacro.
E voglio dirti un’altra cosa,
e se non vuoi credermi fa lo stesso.
Tra i miei camerati delle SS ho conosciuto persone intelligenti,
colti, responsabili, ottimi padri di famiglia come Rudolf Hoss…
Uomini d’onore, uomini indimenticabili…”.
Uomini d’onore…amanti della natura, del focolare domestico
, degli animali…L’oleografia nazista in tutto il suo Kitsch più nauseabondo…
“ma definire le SS “uomini d’onore” mi sembra francamente eccessivo”
Da Lasciami andare, madre di Helga Schneider
72
73
Come ha fatto la guardiana delle SS.
Come ha fatto la madre di Helga, guardiana delle SS nel campo di Auschwitz
a non provare sdegno verso quella patria che le impartiva il comando di ucci-
dere?
La cosa che mi lascia più perplessa è il fatto che la donna è compiaciuta
del suo passato e di essere stata un efficiente soldato, forse perché si sentiva
onnipotente quando mandava a morire i “marmocchini” ebrei?
E’ questa la sua forza e la sua onnipotenza, il suo onore e il suo coraggio?
L’onore è soprattutto rispetto morale di sé e degli altri, quello che ci fa onore,
secondo me è quando perseguiamo un giusto ideale, non ci fa onore ucci-
dere, sterminare. Anche la criminalità organizzata “cosa nostra” è composta
da uomini d’onore, quegli uomini che hanno sciolto nell’acido il piccolo
Giuseppe Di Matteo colpevole di essere il figlio di un pentito.
E’ onore questo? È coraggio? È forza?
Entrambi sono dei crudeli assassini, generano vittime, non mostrano di pro-
vare sentimenti, è questo piuttosto disonore e vergogna
Miciletto Marika IE
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
74
Il linguaggio degli uomini delle SS e quello di Cosa Nostra
Il linguaggio degli uomini delle SS e quello di “cosa nostra” è identico: uomi-
ni d’onore, sterminio, violenza, struttura autoritaria piramidale, intimidazioni,
mattanza, ubbidienza cieca agli ordini.
L’olocausto terminò nel 1945 con la fine della seconda guerra mondiale, l’o-
locausto di “cosa nostra” continua ancora oggi, “cosa nostra” è più viva che
mai ed agisce sotto i nostri occhi approfittando della nostra apatia e del
nostro silenzio.
Vilardi Mauro IE
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
Memoria è speranza
Memoria è saper leggere il nostro passato e da li’ ricominciare.
La memoria fa sentire attuale quello che non lo è più, che significa riportare
all’ evidenza quotidiana i fatti per coglierne l’ attualità con la loro carica di
tragicità e atrocità. E’ dalla memoria della conoscenza dei fatti che nasce l’e-
sigenza del cambiamento e delle proposte costruttive.Il ricordo è anche un
monito a non ricommettere gli stessi errori. I giorni della memoria sono utili per-
ché suscitano in noi riflessioni che ci aiutano a capire e nello stesso momento
ci spronano a qualcosa di concreto sull’ esempio dei nostri eroi, vittime degli
olocausti affinché il loro sacrificio non si vanifichi. Bisogna rifondare la società
sulla base dei valori della legalità, giustizia, solidarietà, solo così la società
civile si opporrà alla criminalità sinonimo di disonestà e di sporchi interessi.
Gueccia Rosa IE
Fare “Memoria”
Non possiamo più non fare nulla, dobbiamo estirpare il cancro di “Cosa
Nostra”, dobbiamo fare “Memoria” concretamente tutti i giorni, ricordando
che ci sono stati uomini che sono morti per il nostro bene e soprattutto per rea-
lizzare ideali che sono fuggiti dalla nostra terra come la libertà, la giustizia e
la legalità.
Dobbiamo continuare a fare memoria per non verificare i sacrifici che sono
stati fatti in passato da chi ha lottato contro la mafia, per non commettere gli
stessi errori e soprattutto per poter costruire una società migliore.
D’Anna Nicolò IE
75
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
76
CHI SEI TU
Chi sei tu per decidere il destino di un uomo
Chi sei tu per togliere la libertà di vedere
Di sentire
Di parlare
Chi sei tu che porti silenzio di fronte al sangue
Di fronte ad uno sparo
Silenzio davanti alla morte
Sei la mafia
M. Laura Fascetta IA
Cosa sarà necessario fare per combattere la mafia?
La domanda che ci dobbiamo porre nel giorno della memoria per le vittime
della mafia, non è cosa è stato per combattere la mafia ma cosa sarà neces-
sario fare? Io credo che Cosa Nostra si estirpi non solo attraverso l’operato
della polizia e della magistratura per il controllo del territorio, ma soprattutto
attraverso una rinascita culturale.
La polizia e la magistratura al massimo né possono scalfire la corteccia ma
per sradicarla è necessario insegnare che il rispetto per gli altri non limita la
propria libertà e non è prevaricando o uccidendo che l’uomo si distingue
dagli animali.
Ferrantelli Sergio IE
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
Se non c’è memoria non c’è futuro
La memoria è alla base di tutto, se non c’è la memoria non c’è il futuro. Il
giorno della memoria è il nostro rispetto verso le persone che ingiustamente
sono stati uccisi nei diversi olocausti che sono realizzati nella storia.
E lo scopo di questo giorno è quello di far capire alla gente l’ importanza
della vita umana, ma soprattutto quello di vaccinare la gente in modo che
questi orrori non si ripetano, dando così la speranza di una vita migliore all’
intera umanità.
Mistretta Elisa IE
Ricordare coloro di cui non restano che macchie di sangue
sull’asfalto
La giornata della memoria non deve solo farci ricordare tutti coloro di cui
non restano che macchie di sangue sull’asfalto, le giovani vite spezzate, ma
deve guidare il nostro grido di giustizia, non possiamo lasciare che un’ombra
così pesante, continui a seppellire nel cemento le nostre coscienze.
Dara Virginia II A
Abbattere i muri dell’omertà
Ma se veramente vogliamo cambiare volto al nostro paese, dobbiamo noi
per primi abbattere i muri dell’omertà, denunciare i rapporti tra mafia e politi-
ca, sottrarci al controllo del territorio da parte delle “famiglie” mafiose, facen-
do valere i nostri diritti di cittadini.
De Blasi Elio II A
77
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
È difficile eliminare il fenomeno mafioso
“Cosa nostra” è un’organizzazione criminale di alto livello che si basa sui
principi del codice d’onore e dell’omertà; i conflitti tra le cosche vengono
regolati attraverso l’intimidazione e la violenza, mentre il passaggio delle infor-
mazioni alla giustizia viene punito con la morte.
E’ difficile eliminare il fenomeno mafioso poiché incute terrore alla gente e
perché è profondamente radicato nella mente dei siciliani.
Filippi A. Rita II A
Tanti hanno trovato ciò di cui avevano bisogno
Per contrastare la mafia si dovrebbe cambiare il modo di pensare e il com-
portamento di molta gente. Purtroppo nella mafia tanti e per troppo tempo
hanno trovato ciò di cui avevano bisogno. Per alcuni non è grave entrare a
far parte di “giri” illeciti pur di avere guadagni facili senza rendersi conto che
una cosa è tua quando la conquisti onestamente.
Rugeri Rossana IIA
Denunciare tutti i legami con la mafia
La giornata della memoria vuole essere uno stimolo per tutta l’opinione pub-
blica; dobbiamo capire che fare antimafia significa mobilitare tutte le forze
sane del paese, le quali devono aver il coraggio di denunciare tutti i legami
con la mafia. Occorre un risanamento della vita politica nazionale, occorre
promuovere il rispetto dello Stato e delle regole morali; ciò si ottiene anche
con la trasparenza negli appalti, con il funzionamento della giustizia con la
78
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
79
creazione di nuove strutture sociali, di sbocchi lavorativi per i giovani.
Buscemi Giuseppe I C
Omertà
Il silenzio si presta a diverse interpretazioni e sulla base del contesto comuni-
ca più di mille parole gridate. Esso esprime qualche volta la banalità, la super-
ficialità e il vuoto di chi smarrito e confuso non sa esprimere una scelta; dimo-
stra anche rispetto quando si carica dei sentimenti di orrore nei confronti di
eventi sanguinosi che sconvolgono le nostre coscienze di cui il silenzio espri-
me l’indicibiltà. Ma qualche volta il silenzio si trasforma in consapevolezza
quando si tace la verità, si diventa complici di azioni lesive di diritti umani fon-
damentali, è l’omertà.
Saraceno Giovanni I A
Le parole dell’antimafia
Le parole dell’antimafia sono il ricordo delle vittime, la condivisione di un’e-
sperienza, ricerca di un modo comune di capire, per trasformarla in impegno
comune, dialogo di verità, impegno civile, partecipazione responsabile.
Turriciano Davide I A
Ma è veramente la mafia un mondo immutabile o siamo noi immutabili?
Ognuno di noi vuole cambiare qualcosa in questo mondo ma nessuno è dis-
posto a cambiare se stesso, questo porta alla banalità, all’indifferenza.
Lorito Maria Antonietta I A
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
VIVI IL PASSATO
Vivi il passato
Cancella l’atrocità
Riempi di nuovo il presente
Lotta, non arrenderti
Sacrificati per donarti
Rosa Filippi
80
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
81
21 Marzo giorno della memoria delle vittime della mafia
Citazione di Primo Levi da “Se questo è un uomo” inciso sul muro di un capanno ad Auschwitz
Indice
Presentazione 5
Introduzione 7
La Parola ai Poeti 9
27 Gennaio 11
Un paio di scarpette rosse 17
La Parola ai ragazzi, le poesie, le emozioni... 21
Quel bambino 23
Tanti olocausti hanno segnato la nostra storia 24
Tutto ormai era finito 26
Ricordo 27
Non c’era più vita 28
Le emozioni 29
Guardando Schindler’s list 31
I tuoi occhi ormai spenti hanno aperto i miei 33
Mio Dio ho visto la morte in faccia 34
Ma la sua colpa è diventata anche la mia 36
83
Indice
Potevo fare di più e per questo mi disprezzo 38
Sparò con la facilità con cui un bambino scaccia una formica 40
Non servivano le suppliche e le richieste di pietà
scivolavano loro addosso 42
Lo Guardai come il più miserabile degli uomini 44
E la folla si chiedeva chi sarebbe stata la prossima vittima di questo folle 46
...e non potei neanche andare a piangere sul suo corpo 48
Era avvolta dal cappottino rosso come il sangue
che ingiustamente era stato versato 49
Chi salva una vita salva il mondo intero 51
Adesso sapeva che non sarebbe morto da assassino ma da uomo 53
A una madre non è lecito immaginare la morte del proprio figlio 55
Il vento del ricordo 57
Di memoria in memoria L’Olocausto...gli olocausti...le foibe 61
21 marzo giorno della memoria delle vittime della mafia 71
Indice
84
finito di stampare nel mese di maggio 2007
da Arti Grafiche Campo - Alcamo