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MONTAGNANA - Mura e Castelli
Montagnana, prov. Padova, Italy
Latitudine 45° 14’ N, Longitudine 11° 28’ E
Superficie entro la cerchia murata (intra moenia):
ettari 24 c/a (corrispondenti a 1/3 c.a della Padova
medievale)
Altezza media del centro: 16 metri slm, con dislivelli
(ora appena percettibili), di quasi 2 metri fra il punto
più alto (cortile di Castel San Zeno) e le zone più
basse (es., via fra le due Berghette).
Il nucleo storico di Montagnana si eleva, sia pure per pochi metri, sulle aree extra moenia (o campagna): via
Circonvallazione Sud ed Ovest 14 slm; Borgo Eniano e via Altiero (200 metri lato Est cinta) 14,36 slm; contrada
Chisogno (metri 150 c.a da cinta lato NE) 12,90 slm; ponte sulla Degora (c.a km 3 a Est di Castel S.Zeno, lungo
S.S. 10, campagna): metri 12,43 slm.
Montagnana – Origini e sviluppo
Montagnana dal periodo preistorico sino al VI sec. d.C. fu una località posta sull’antico percorso dell’Adige (sulla
direttrice Veronella-Minerbe-Montagnana-Este). Qui vi fu un rilevante centro paleo-veneto, attestato da rinvenimenti
in località Prato della Valle (circa 200 metri a nord dell’attuale centro storico) e soprattutto da campagne di scavo
condotte negli anni ’80 del secolo scorso, che misero in luce abitazioni e sepolcreti paleo-veneti dell’Età del bronzo,
nell’area ora corrispondente a Borgo Eniano (circa 400 metri a Est dell’attuale centro).
Altri scavi, condotti nel 1973-1974, hanno portato in luce pregevoli reperti di un sepolcreto d’epoca romana
all’inizio di via Rosa (a c/a 600 metri a sud-ovest).
A causa del dissesto idrogeologico conseguente al tracollo dell’Impero romano, presumibilmente in occasione di una
delle alluvioni seguite alle invasioni barbariche (tradizionalmente, ci si riferisce a quella del 589 d.C., citata da Paolo
Diacono), l’Adige esondò, portandosi per tappe successive a Sud, fino al moderno alveo nella direttrice Legnago-
Badia Polesine- Anguillara.
Il centro storico si alza su di un piano un po’ più elevato rispetto al livello della campagna circostante, su di una
‘motta’, che probabilmente in origine era un dosso fluviale, poi rinforzato e alzato artificialmente; pochi metri di
elevazione sul livello campagna, ridivenuta per ampi tratti palude, fecero della ‘motta’ un nucleo abitativo atto a
proteggere gli abitanti sia dalle esondazioni, che dalle scorrerie.
Il primitivo circuito difensivo, costituito nell’Alto Medioevo, presumibilmente era limitato alla parte orientale
dell’attuale cittadina, verosimilmente fondata su di un isolotto, o dosso sabbioso abbandonato dall’Adige. Gli
abitanti della zona, abbandonati gli antichi insediamenti, non solo esposti alle ultime incursioni barbare (Ungari), ma
anche impraticabili per l’impaludamento di larghe zone della campagna, trovarono più sicuro costituire un villaggio
(vicus), difeso alla bell’e meglio come all’epoca si faceva, ossia rincalzando il ciglio della ‘motta’ con riporti di terra
e proteggendolo con palizzate, o siepi fitte di rovi (spinà), e scavandovi attorno un largo fossato. Era costituito in tal
modo un ‘vallo’, simile a quelli in uso nell’ epoca romana.
Una certa rilevanza Montagnana riacquistò in epoca longobarda come caput Scodesiae, ossia sede amministrativa
retta da un gastaldo, dipendente dalla corte di Monselice; di quell’epoca è un solo un toponimo, dato ad una delle
‘ville’ della campagna vicina: Casale di Scodosia.
Montagnana comincia ad essere citata come tale in documenti relativi a possessi dei marchesi di Tuscia e di Canossa
(anno 906 ), passati poi, per complicate vicende ereditarie, a quei marchesi, poi detti “d’Este” , i quali fra il sec. XI e
il XII posero a Montagnana una delle loro sedi principali.
E’ presumibile, anche se mancano riscontri documentari, che il nucleo dell’antica cittadina in epoca Alto-Medievale
corrispondesse alla zona dell’attuale area del Castello S.Zeno, che è anche la parte più elevata del centro cittadino; è
attestato che l’antico borgo, sorto attorno un castrum, aveva un’estensione minore di quella che sarà poi compresa
nel circuito murario che ancor’oggi vediamo.
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Padova, da città decaduta retta da comites imperiali, fra il sec. XII e il XIII si stava affermando come un dinamico
libero comune, alla ricerca verso sud del controllo dell’Adige, sospingendo i marchesi d’Este dapprima a Rovigo e
quindi a Ferrara. Montagnana entrò nell’orbita di Comune padovano, che cominciò a farne una piazzaforte avanzata
nell’angolo sud-ovest, per contrastare Verona, che nel frattempo stava estendendo il suo controllo lungo le terre
bagnate dall’importante via d’acqua, fino a territori vitali per le mire espansionistiche dei Padovani.
Montagna fu quindi estesa per volere del Comune di Padova con un’addizione verso occidente, sino alla linea
segnata dall’attuale Rocca degli Alberi (ancora non esistente), e le sue difese furono potenziate con due cortine in
soli mattoni ai lati est e ovest, che ancor oggi si vedono, congiunte provvisoriamente, si presume, da cortine in
materiale ligneo, o da siepi di rovi spinosi, come fa supporre il toponimo “via de la spinà” rimasto a lungo
all’odierna via Scaligera. Le opere murarie furono quasi sicuramente iniziate fra il 1270 e il 1280: negli Statuti di
Padova del 1275 è posta una tassa sul vino per erigere “muri Montagnanae”. L’ampiezza dell’area da cingere non
era giustificata tanto dalla popolazione del borgo (anche se nella cronaca del Monaco padovano, scritta dopo il 1270,
Montagnana è detta populosa), ma dall’intento di costituire in quest’area di confine un ricovero (ricètto) per
persone, animali e derrate in caso di pericolo.
E’ documentato, invece, l’intervento fatto nel XIV secolo dai Carraresi, divenuti signori di Padova, i quali
investirono molto su Montagnana, tanto da intraprendere e concludere in pochi anni l’ampliamento e il
potenziamento della cinta, con l’ulteriore ampliamento della cittadina con allungamento dei lati minori a est e ovest
fino ai limiti che ancor oggi si vedono e facendo ex novo, o rifacendo, le cortine maggiori (lati nord e sud), portando
così la cinta ad una lunghezza complessiva di 1.950 metri. Infine, per volontà di Francesco il Vecchio da Carrara fu
eretta dal 1360 al 1362 la possente ed ingegnosa Rocca degli Alberi, con opera condotta dal mastro costruttore
Franceschin de’ Schici. Montagnana fu retta da un podestà e da un proprio Consiglio, e ordinata con Statuti che
risalgono al 1366.
Con il passaggio dal 1405 di Montagnana,
assieme ad ampio territorio della Pianura
padana sino all’Adda, alla Repubblica di
Venezia (motivo politico) e con l’avvento
dell’artiglieria (motivo tecnico),
l’importanza militare delle sue fortificazioni
medioevali venne meno. Solo durante la
guerra di Cambrai (1508-1516) la
piazzaforte di Montagnana tornò a giocare
un ruolo di un certo rilevo nelle alterne
vicende della lunga e aspra contesa.
Pur non avendo più un’importanza militare,
la cinta muraria e il fossato per alcuni secoli
e sino al XVIII furono gelosamente difesi
dalla sua Magnifica Comunità, in quanto
serviva a proteggere la città da possibili
attacchi di malviventi (i portoni venivano
chiusi di notte).
Pianta di Montagnana nel 1856
Gli interventi modificativi dell’assetto originario delle fortificazioni si limitano all’apertura di una porta sul lato
Nord, avvenuta agli inizi del sec. XVI (è l’attuale Porta Vicenza), ottenuta con l’adattamento di una torre di cortina,
decisa anche per facilitare il tragitto verso il porto fluviale sul Frassine) e, nel 1885, l’apertura di due fornici a sud
(Porta XX Settembre), per dare accesso alla nuova stazione ferroviaria. Una pusterla fu aperta nel 1925 nella cortina
sud-est, detta “pusterla di S.Antonio”, dalla vicina omonima chiesa.
Notevole è la conservazione del “fossato” che cinge e completa la cerchia muraria.
Sono invece scomparsi i redefossi che cingevano il Castello e la Rocca verso l’interno della città. Scomparse sono le
fortificazioni esterne (bastide), smantellate in epoca veneziana (vedasi a pag. 5).
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Sistema di fortificazione di Montagnana
La città storica si alza su di un piano un po’ più elevato rispetto al livello della campagna circostante, costituita su di
una motta, che probabilmente era in origine un dosso fluviale, poi rinforzato e artificialmente alzato; su di essa di è
formato nel Basso Impero o nell’Alto Medioevo, il nucleo di quello che poi diventerà il centro fortificato di
Montagnana. La forticazione è un sistem complesso, che sarebbe riduttivo far coincidere con la sola cinta muraria.
Le sue parti psosono essere distinte come segue..
Cinta: cortina muria e torri di linea. In antico doveva trattarsi, come nella generalità degli altri esempi alto-
medievali, di una palizzata o spinata (spinà, siepe fitta di rovi), poi sostituita con muratura in mattoni, a partire
dalla cortine Ovest ed Est. La cinta si fonda su di un vero e proprio ‘vallo’ (con cui impropriamente si designa
talvolta il fossato), ossia il baluardo difensivo formato dal dal ciglio rialzato dell’aggere (mottone, terrapieno), dalla
‘barriera’ di cinta (spinà, palizzata, poi mura) e dal largo fossato.
“Mottoni”: si tratta della scarpa del terrapieno (largo da 3 a 3,5 ml), a rincalzo del muro e delle turri, che scende nel
fossato.
Fossato: è parte integrante delle antiche difese, orofondo solo un paio di metri, ma comunque sufficiente a impedire
o ostacolare l’avvicinamento di nemici alle mura. Eè tuttora allagabile grazie al mantenimento dei canali di
alimentazione e di scolo (in ambito locale viene impropriamente denominato ‘vallo’). ha una larghezza ml da 30 a 45
dalla cortina muraria alla strada.
Castello, Mastio e Rocca: Castello (S.Zeno) e Torre Ezzelina; Rocca degli Alberi. Erano i luoghi maggiormente
fortificati e costituivano l’estremo luogo di resistenza e difesa.
Rivellini: corpi in muratura staccati dalla struttura principale, posti sul fossato a difesa e controllo delle porte,
collegati con ponti levatoi.
Opere di servizio delle fortificazioni
Canali di alimentazione delle acque del fossato: l’acqua è derivata dal fiume Frassine, attraverso il canale
Fiumicello.
Roggia di distribuzione/raccolta delle acque (lungo il perimetro del fossato). Il deflusso dell’acqua aviene ancor’oggi
con una bocca in zona ‘mulini carraresi’ (angolo sud-est), e ritorno al Fiumicello.
Camminada (strada servizio adiacente alle mura, all’interno di esse)
Opere sotterranee: pozzi interni del Castello e della Rocca, canali di scolo della città, che davano sul fossato.
Non sono state rinvenute tracce certe di cunicoli o di gallerie di collegamento fra città e avamposti esterni.
Le mura (cortina muraria)
Le mura
Lunghezza totale della cinta muraria:
metri 1.950 (= 909 pertiche padovane; = 5.462
piedi padovani)
Lati minori mt 300-350 (140 – 164 pertiche)
Lati maggiori mt 650-680 (303 – 318 pertiche)
Altezza: fino al camminamento ronda mt 6,80 –
8,00 (= da 19 a 22,4 piedi padovani)
Ronda-parapetto: altezza mt 1,20
Cammino di ronda: larghezza cm 190 c/a (=
5,32 piedi padovani)
Totale altezza della cortina: mt 10,80 –11,00 (da 30,25 a 30,8 piedi padovani)
Spessore delle mura cm. 95 c/a (= 2,66 piedi padovani)
Lunghezza delle cortine fra torri da 57 a 66 metri (copribili con tiri d’arco incrociati)
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Le mura di cinta, considerate simbolo dei castelli e delle città medievali, sono
generalmente oggetto di interesse e di attrazione turistica. Meno considerato è il
sistema in cui esse erano originariamente incardinate e da cui erano a loro volta difese,
sia all’esterno che all’interno: fossato, motte e controscarpe, canali, rivellini e bastie,
canali, pozzi e cunicoli sotterranei, strade di servizio, etc. In rari casi tale sistema è
ancora visibile e integro, spesso è celato, smantellato o gravemente compromesso.
Pregiudiziale per la sua tutela è quindi la riscoperta e la riaffermazione della cinta
difensiva come sistema complesso e non singolo manufatto. Montagnana ha quindi, tra
le molte città un tempo fortificate, ancora la fortuna di conservare integra la struttura
originaria della cinta completa di fossato.
La parte più rilevante e notevole del complesso è la cinta muraria, impiantata su di un
terrapieno (mottone) rialzato sia rispetto al fossato esterno che, più leggermente, al
sedime interno della città.
(foto) Via Mure Nord. Visibili all’interno gli incasssi per le chiusure dei fornici ad uso di ‘canipe’ (magazzini)
Le mura trecentesche carraresi hanno tessitura mista di mattoni, pietre di trachite euganea e scaglie di calcare, legate con
malta). Sono sostenute dal lato interno da fornici. Sul lato esterno erano intonacate fino al cammino di ronda.
Sono sormontate da merli a profilo quadro (merlatura ‘guelfa’), su cui si aprono feritoie a sguancio (alternando feritoie
sagittarie, parte alta, e feritoie balestriere, in basso). Ogni tratto di cortina porta da 24 a a 28 merli.
A metà di ogni cortina, lo spazio fra i merli è abbassato fino al livello del camminamento, probabilmente per collocarvi
una macchina da lancio nevrobalistica. Nello spessore dei merli sono ancora visibili gli incassi per travetti cui fissare le
ventiere (dette anche mantellette), ossia paratoie mobili in legno a protezione dei soldati negli intervalli fra merlo e merlo.
Sui fianchi dei fornici (lato interno della cinta) sono visibili gli incassi delle travature che servivano a costituire tavolati di
chiusura del fornici stessi, che erano adibiti a magazzini (‘canipe’) per il ricoveo di merci e derrate.
Le torri di linea (per distinguerle da quelle proprie del Castello e della Rocca) sono 24. Sono poste ad distanza che va da
57 a 66 metri l’una è l’altra, in modo tale che lo spazio sotto la cortina muraria potesse essere interamente controllato
dall’alto ponendolo sotto il tito utile di una freccia o balestra.
Sia le torri di linea che quelle dei castelli avevano una copertura in legno, visibile in alcuni dipinti deli secc. XVI-XVII. Ne
resta traccia nei fori di incasso sui lati interni della muratura (sopravvive qualche trave di sostegno in due torri del tratto
nord-ovest).
I merli si alzano di metri 1,80 sopra il
livello del cammino di ronda). La loro
larghezza è di mt 1,30-1,40. A metà di
ogni cortina il parapetto fra i merli è
abbassato al livello del camminamento,
presumibilmente per collocarvi una
macchina da lancio (balista). Gli
intervalli fra merlo e merlo erano
protetti da ‘ventole’ (o ‘mantellette’) in
legno alzabili, a protezione delle
guardie.
Sui merli si alternano feritoie a
sguancio ad altezza di petto e a livello
di camminamento: le prime servivano
per i tiri lunghi con arco e frecce
(saggitarie) e le seconde per il tiro più
inclinato, e potente, con le pesanti
balestre (balestriere)
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Torri di cortina
Torri di cinta n° 24 sulla linea di cinta, più le
torri del castello San Zeno e della Rocca degli
Alberi
Altezza: ml 17-19 (le più alte sono le quattro
torri angolari)
Spessore: cm.113 (in basso)- cm. 100 (in alto)
Pianta esagonale composita: tre lati corti volti
all’esterno; un lato aperto verso interno città
(torre a “gola aperta”). In origine 3 piani a
soppalco in legname (ora solo tracce).
La sommità delle torri era protetta con tetto in
legno.
Nei secc. XV-XVI le torri erano indicate con un
nome, assegnatogli per qualche caratteristica
particolare del luogo, come testimoniato da
documenti presso l’Archivio storico comunale.
Il sistema fortificato di
Montagnana. Le difese avanzate.
Il sistema di difesa di Montagnana era
completato da opere avanzate, esterne alla
città, con funzioni di avvistamento e di prima
difesa (bastie, bicocche). Tali strutture sono
da tempo scomparse (presumubilmente
smantellate nel sec.XVII).
Si ha notizia dell’esistenza delle seguenti
strutture:
(A) il “castellaro”, a NE, ora Prato della
Valle; le sue tracce erano rinvenibili sino al
sec. XIX
(B) il “bastion”, a Ovest della città, ove ora si
trova il vecchio Ospedale
(C) la “bastia granda”, a est, confluenza via
Altiero- via Borgo Eniano
(D) la “bastia piccola”, all’esterno di porta
S.Zeno, presso i Mulini carreresi
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Castello di San Zeno
Nucleo primitivo dell’antico castrum di Montagnana. L’impianto che
ancora oggi vediamo risalirebbe, secondo una tradizione basata su
alcune cronache della fine del ‘200 (come il Chronicon Veronense di
Paride da Cerea) a Ezzelino III da Romano, dopo che nel 1242 ebbe
incendiata Montagnana e strappata ai Marchesi di Este.
Il complesso è formato dal mastio, detto Torre ezzelina (che appare
la parte più antica e di fondazione precedente alla conquista
ezzeliniana), dal castello propriamente detto (forse intrapreso nella
seconda metà del sec. XIII), dall’androne d’ingresso con i rivellini,
questi risalenti all’epoca carrarese.
In epoca veneziana è stato aggiunto a sud dell’androne un corpo per l’alloggiamento invernale delle milizie
(come attesta una lapide posta sulla parete dell’androne attesta “Hyberna provinciae patavinae.MDCCLIV);
attualmente vi sono l’Ufficio Turistico, la Sala Veneziana e il Salone Austriaco. Fino al sec.XVIII il castello era
cinto interamente da fossato (‘redefosso’) ed isolato anche verso l’interno della città. Era provvisto di un proprio
ingresso, con due porte, una verso campagna e una verso città, entrambe protette da rivellini; il passaggio è
osservabile ancor’oggi nel cortile interno. Il rivellino verso campagna del castello era stato conglobato
nell’avancorpo costruito fra 1840 e 1850 dall’Imperial-Regio Governo austriaco per ricavarvi alloggi militari, ma
venne quasi interamente demolito a seguito di un improvvido intervento di restauro condotto agli inizi degli anni
‘970. Tracce del rivellino e del ponte verso città sono venute in luce in occasione degli scavi condotti sull’aera del
fossato interno, nel 2003-04.
Il mastio, detto (sia pure senza fondamento storico) “Torre di
Ezzelino”, è alto 38,40 metri, a pianta quadrata, rinforzato alla base
con scarpa. Il manufatto appare di fattura più antica rispetto al castello
adiacente e la sua fondazione risale presumibilmente al periodo in cui
Montagnana era una delle sedi principali dei feudi che i marchesi
d’Este avevano nel basso Veneto.
Esso mostra chiara traccia di successivi interventi di elevazione: il
corpo originario era alto circa mt 22, alzato poi a circa 33
(presumibilmente in epoca carrarese), e portato sino agli attuali 38,40
metri in epoca veneziana.
La torre, nel suo sviluppo ultimo, è suddivisa in 7 piani.
In origine l’accesso non era posto al piano terra, ma a quota + 9,60
metri da terrra, comunicando solo con l’adiacente Castello.
Lo spessore della muratura va da mt 2,80 alla base a mt 0,56 alla
sommità. Lo spazio vuoto interno (canna) si allarga dai mt 3 alla base
ai mt 7,30 alla sommità.
Ben visibili sulle pareti, i fori delle travi orizzontali a sostegno dei
ponteggi dei cantieri di costruzione e di manutenzione e (“buche
pontaie’).
Nel disegno a destra, sono evidenziati gli interventi successivi di
innalzamento della torre
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In periodo veneziano il Castello divenne sede del
“Provveditore ai canevi”, magistrato preposto ad
organizzare la raccolta della canapa, presso il medesimo
castelli (detto “Tana dei canevi”), che poi veniva spedita
all’Arsenale di Venezia, ove era impiegata soprattutto per
la corderia (cime e corde per la Marina). La Dominanante
fece aggiungere un corpo a sud, collegato al castello dalla
passerella in muratura che superava l’androne d’ingresso,
che venne adibito ad alloggiamento invernale per le truppe
territoriali (“Hiberna”, come ricorda ancora una lapide
posta nel 1754). Dopo il periodo Francese-napoleonico, il
Castello è passato, come del resto tutto il complesso delle
fortificazioni, all’Impero Austriaco (a sin., Pianta del
Castello nel 1769)
Nel 1823 il Castello è stato posto in vendita dall’ I.R. Governo di Venezia e
acquistato nel 1830 dalla Congregazione Municipale di Montagnana.
Il castello divenne alloggio di un distaccamento militare (in appoggio alla vicina
fortezza di Legnago) e dopo l’Unità d’Italia e fino a pochi anni dopo la Guerra
Mondiale, esso fu caserma di un distaccamento di Cavalleria. Dal 1946 alcuni
locali al piano terra sono stati concessi in affitto a privati (magazzini e officina
meccanica) e poi il complesso è stato praticamente abbandonato, tanto che negli
anni ’60 del secolo scorso versava in uno stato di notevole degrato.
A sinistra, interno del cortile di Castel san Zeno. I ballatoi in legno sono stati
installati presumibilmente nel secolo XIX, quando il Castello divenne alloggio militare.
Nel 1971 sono iniziati lavori di restauro condotti dalla Soprintendenza ai Monumenti, che, però, con un malinteso
senso di recupero dell’antico, hanno portato alla demolizione, assieme all’avancorpo ‘austriaco’, anche del vecchio
rivellino che proteggeva la porta verso il fossato esterno.
I lunghi lavori di restauro, terminati nel 1995, hanno consentito progressivamente la fruibilità di tutte le parti del
castello: Torre Ezzelina (visitabile), Castello (sede di: biblioteca comunale, archivio storico e Museo civico con
sezioni paleoveneta, romana e Museo del tenore A.Pertile), parte veneziana (Ufficio turistico, sala convegni e sala
per esposizioni. L’adiacente area scoperta, ora detta Arena Martinelli-Pertile, costituiva l’antico ‘brolo’ del Castello;
negli anni ’30 del secolo scorso sono stati costruiti un palcoscenico e una gradinata per spettacoli all’aperto.
Castello di San Zeno
Androne e passaggi
ponti:
lunghezza totale mt 89
Il corpo castello è a
pianta rettangolare, con
tre piani (l’ultimo piano
è frutto di una
sorpaeleazione in epoca
austriaca).
Provvisto di due torri
d’angolo
Perimetro esterno mt 46
per mt 26.
Cortile interno: mt 11
per mt 27.
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Rocca degli Alberi
Opera evoluta di architettura castrense, eretta dal
1360 al 1362 per volere di Francesco il Vecchio da
Carrara. Mastro-architetto: Franceschin de’ Schici.
Aveva funzioni prettamente militari e come tale era
utilizzata anche dalla Repubblica di Venezia nel Sec.
XV (vedasi Itinerario per la Terraferma veneta di
Marin Sanudo)
Composta da una torre maestra (con merli aggettanti
e caditoie), da una torre secondaria, da un androne
suddiviso in 3 ridotti (vani isolabili per difesa), da 2
rivellini (1 verso campagna e 1 intra moenia).
In origine era interamente cinta da fossato (anche
verso l’ interno città).
A destra, ricostruzione ideale della Rocca, con
i fossati esterno ed interno, in un disegno del
Prof. Leone Parolo
Rocca degli Alberi
L’androne è formato da 10 chiusure mobili: 2 extra moenia, 4
ponti levatoi principali + 4 ponti pedonali (2 lato città e 2 lato
verso campagna); 2 portoni (di cui uno ancora in loco); 2
saracinesche (lato interno e lato verso l’esterno).
Due rivellini proteggono le porte (collegati ognuno con 2 ponti
levatoi + 2 ponti pedonali).
Torre maestra della Rocca: altezza ml 34,80, a piata quadra, con
cortina sommitale aggettante, appoggiata su beccatelli (mensole
in trachite) e archetti, tra i quali si aprono le caditoie – In
origine era suddivisa in 10 piani (legno) + 1 piano sommitale
(cotto)
Torre secondaria: altezza ml 22
Ancora visibile sul lato esterno la puleggia del sollevamento a
carrucola della passerella pedonale che dava accesso all’interno
attraverso 2 anguste posterle.
I ponti mobili in legno erano lunghi metri 4,20 (sostituiti nel
sec. XVIII con ponti ad archi in cotto o tombature)
(a destra, pianta della Rocca in un disegno del Prof. Leone
Parolo)
A cura del Centro di Studi sui Castelli di Montagnana www.castellimontagnana.it