Cendon / Book
MUTUO E INTERESSI TRA ANATOCISMO E USURA
Alessandro Farolfi
DIRITTO CIVILE PROFESSIONAL
Edizione GENNAIO 2015
Copyright © MMXV KEY SRL VIA PALOMBO 29 03030 VICALVI (FR) P.I./C.F. 02613240601
ISBN 978-88-6959-039-9
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Cendon / Book
DIRITTO CIVILE
Professional
MUTUO E INTERESSI TRA ANATOCISMO E USURA
Alessandro Farolfi
L'autore Alessandro Farolfi è giudice delegato presso il Tribunale di Ravenna e già magistrato addetto al contenzioso civile e commerciale, nonché Giudice tutelare, presso il Tribunale di Modena. E’autore di contributi, articoli e note a sentenza in materia civile, processuale e fallimentare; in tale veste ha partecipato a convegni ed incontri di studio organizzati dal CSM, istituzioni ed ordini professionali. Ha collaborato al Codice civile commentato (2009) ed al Codice di Procedura civile commentato (2012), entrambi diretti dal Prof. Cendon ed editi da Giuffrè. Nel 2014 ha pubblicato il volume “Amministrazione di sostegno” per la collana Teoria e pratica del diritto, Giuffrè ed è autore del capitolo “Il nuovo concordato preventivo: voto, omologazione e vicende patologiche” nel volume “L’impresa in crisi” (2014) ed. Giappichelli.
L’Opera L’opera intende approfondire, partendo dai lineamenti del contratto di mutuo ed alla luce della piu recente giurisprudenza in materia, alcune delle questioni piu controverse e di frequente applicazione pratica in tema di mutuo e contratti di finanziamento. Una parte importante del contributo e dedicata alla vexata quaestio dell’anatocismo e dell’usura bancaria, non tralasciando le prospettive applicative derivanti dalla recente modifica dell’art. 120 TUB operata con la legge Stabilita 2014. Un apposito spazio e altresì dedicato ai profili processuali e probatori, nonche alle applicazioni pratiche, con particolare riguardo all’utilizzo della CTU, di cui si offrono alcuni quesiti operativi.
INDICE
Capitolo Primo
IL CONTRATTO DI MUTUO
1. Premessa - 1.1. La categoria dei contratti reali – 1.2. La
“dematerializzazione” della consegna - 1.3. Il mutuo - 1.4. Realità del
mutuo: una qualificazione discussa – 1.5. Promessa di mutuo
Capitolo Secondo
EFFETTI E APPLICAZIONI
2. Il termine - 2.1. Segue: applicazioni pratiche - 2.2. Mutuo di cose
fungibili - 2.3. Mutuo di scopo e causa concreta - 2.4. Collegamento
negoziale e finanziamento al consumo - 2.5. Mutuo fondiario - 2.6.
Aspetti processuali
Capitolo Terzo
GLI INTERESSI FRA ANATOCISMO E USURA
3. Premessa - 3.1. Il mutuo di denaro: gli interessi - 3.2. L’anatocismo
- 3.3. Segue: la dialettica fra nuove norme e giurisprudenza - 3.4. La
“riforma” dell’art. 120 del d.lgs. 1.9.1993, n. 385 - 3.5. La mancata
conversione del d.l. 91/2014: un non riuscito tentativo di ritorno al
passato - 3.6. Interessi usurari - 3.7. Le recenti pronunce rese dalla
Cassazione nel 2013 - 3.8. Il rilievo della nullità negoziale e Cass.
S.U. 12 dicembre 2014, n. 26242 - 3.9. Onere della prova e
consulenza tecnica d’ufficio - 3.10 La consulenza preventiva a scopo
conciliativo
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Capitolo Primo
IL CONTRATTO DI MUTUO
SOMMARIO 1. Premessa - 1.1. La categoria dei contratti reali – 1.2. La
“dematerializzazione” della consegna - 1.3. Il mutuo - 1.4. Realità del
mutuo: una qualificazione discussa – 1.5. Promessa di mutuo
1. Premessa
Nell’attuale società dei consumi, in un mondo economico sempre più
proiettato verso la globalizzazione dei mercati e la circolazione
dematerializzata della ricchezza, il mutuo si caratterizza, ad un
tempo, come il principale dei contratti reali e, dall’altro, come la figura
negoziale nella quale proprio l’elemento caratteristico della
“consegna” della cosa appare messo in discussione, con un
processo di progressiva “dematerializzazione”. Non è un caso, del
resto, se lo stesso Legislatore del ’42 ha disciplinato – unico esempio
fra tutte le figure di contratto reale – la c.d. promessa di mutuo.
Il mutuo è altresì figura contrattuale particolarmente studiata ed
applicata dagli operatori nel suo versante “economico”: già l’art. 1815
c.c. avverte che il mutuo è contratto naturalmente oneroso, in
quanto, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve
corrispondere gli interessi. Ma il massiccio impiego di questa figura
ad opera delle banche, il sempre più complesso metodo di calcolo
degli interessi addebitati al cliente, i fenomeni di capitalizzazione
periodica composta, l’esistenza di costi “occulti” o “impliciti” ha
determinato un amplissimo contenzioso volto a riequilibrare in favore
del cliente gli interessi globalmente previsti per il finanziamento: si
allude ai fenomeni della riconduzione al livello legale dei tassi c.d.
usurari ed al divieto di anatocismo.
Ancora, il mutuo appare, nelle sue applicazioni connesse all’acquisto
di determinati prodotti o alla fruizione di certi servizi, fenomeno parte
di un più complesso novero di contratti fra loro collegati, da cui la
rilevanza dello scopo (il c.d. mutuo di scopo) come elemento degno
di tutela giuridica e tale da influire sulla possibilità di ricostruzione di
una unitaria operazione economica composta da un contratto
principale e dal un collegato e “funzionalizzato” finanziamento, rivolto
alla fruizione del bene o servizio oggetto del primo negozio.
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1.1. La categoria dei contratti reali
Il contratto di mutuo è il principale e più diffuso fra i contratti reali.
Questi sono così chiamati perché al fine del loro perfezionamento
non è sufficiente l’accordo delle parti – come invece comunemente si
ammette per tutti gli altri negozi – ma occorre altresì la consegna
(traditio) della cosa che ne costituisce l’oggetto (re perficitur
obligatio). Da questo punto di vista, quindi, i contratti reali si
distinguono dai contratti consensuali nei quali, come detto, l’incontro
delle volontà delle parti determina la conclusione del contratto.
Per chiarezza occorre precisare che: a) parlare di contratti reali non
significa discorrere di contratto con effetti reali, posto che nei primi si
fa riferimento al modello di conclusione del negozio mentre nei
secondi si evidenzia il fenomeno del trasferimento della proprietà o di
altro diritto quale effetto di un contratto altrimenti concluso; b) del
pari, discorrere di contratti consensuali non significa utilizzare un
sinonimo di principio consensualistico, cui allude l’art. 1376 c.c.
allorchè afferma che:
“nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di
una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto
reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si
trasmettono per effetto del consenso delle parti legittimamente
manifestato”.
Nei contratti reali il principio consensualistico non opera, perché la
consegna o dazione della cosa è elevata dalla fattispecie legale ad
elemento costitutivo del vincolo contrattuale in difetto del quale
neppure avrebbe senso interrogarsi sull’effetto di trasferimento della
proprietà o diritto. Questo non significa che nei contratti reali, come si
vedrà, un accordo senza consegna dia luogo ad un comportamento
giuridicamente irrilevante: il punto è che la consegna è tuttavia essa
stessa elemento di perfezionamento del contratto, in omaggio ad una
tradizione romanistica che vedeva nella consegna l’unico mezzo per
distinguere rapporti altrimenti di cortesia e fondati sull’intuitu
personae, come tali non sanzionabili per via giudiziaria – ovvero -
secondo altra non incompatibile funzione, come mezzo volto ad
imporre al disponente una particolare ponderazione circa la gravità
dell’atto posto in essere (ed in questo senso si potrebbe cogliere una
funzione analoga rispetto ai casi in cui il codice richiede per la
validità del contratto l’uso della “forma solenne”).
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1.2. La “dematerializzazione” della consegna
Tale conclusione appare ancora attuale, almeno in via tendenziale,
sia pure in un mondo giuridico- economico che spinge sempre più
verso una “dematerializzazione” di detto elemento gravoso,
eminentemente fisico, al fine di favorire la più rapida circolazione
possibile della ricchezza anche, se non soprattutto, inter absentes.
Probabilmente superata – pur nella sua suggestiva valenza
dogmatica - appare perciò la diatriba tradizionale fra quanti vedevano
nella consegna della res una condizione esterna di efficacia rispetto
ad un negozio già esistente ma improduttivo di effetti e quanti,
piuttosto, consideravano la consegna elemento interno alla
fattispecie contrattuale e, più precisamente, elemento formale del
contratto.
Chi scrive ritiene, in ossequio alla giurisprudenza assolutamente
dominante, che i contratti reali costituiscano un “numerus clausus”,
per i quali cioè l’autonomia privata non è abilitata a creare nuove
figure di negozi che si concludono soltanto con la consegna del o dei
beni (o secondo preferibile impostazione, nei quali sarebbe non
meritevole di tutela, ex art. 1322 c.c., la pretesa delle parti di
richiedere la traditio come forma necessaria di conclusione del
contratto atipico così ideato, neppure se prevista quale forma
convenzionale ai sensi dell’art. 1352 c.c.).
Ed infatti si è da tempo chiarito che:
“Ove la legge preveda la consensualità come meccanismo regolatore
per un certo assetto negoziale, le parti non possono ad esso
derogare, creando un corrispondente modello reale atipico. Mentre è
possibile, nelle ipotesi di previsione legale di un contratto reale, che
le parti elaborino in luogo di esso un corrispondente contratto
consensuale
atipico, è invece da escludere che, essendo dalla legge previsto, per
un certo assetto negoziale, il meccanismo regolatore della
consensualità, vera e propria “via maestra” nella produzione degli
effetti giuridici, le parti possano ad esso derogare, creando un
modello reale atipico”