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Linee di intervento per
il Programma di
Erasmo Palazzotto
INDICE
• Linee di indirizzo generale
• Interventi sui costi della politica
• Un piano straordinario per il lavoro e per il reddito minimo
• Per una politica a misura del territorio
• La Regione e le problematiche del personale
• Applichiamo l’art.97 della Costituzione
• Schede sintetiche sulle prerogative autonomistiche e sui conti della Regione
APPENDICE
• Una proposta per il piano regionale dei rifiuti
• La proposta di legge nazionale sul reddito minimo
LINEE DI INDIRIZZO GENERALE
La Sicilia ha bisogno di un radicale mutamento politico dopo gli anni della nefasta esperienza del
cuffarismo e del lombardismo che hanno determinato l’attuale sfascio sociale, economico e
politico con la complicità di tutte le forze politiche che vi hanno contribuito i maniera più o meno
determinante.
Solo chi è estraneo a tutto ciò che ha determinato il consolidamento dell’asse di potere che ha
visto in Lombardo la più aberrante espressione dell’occupazione militare di tutti gli spazi di
governo e di sottogoverno, può candidarsi a rappresentare e a dare voce alla Sicilia e ai siciliani
che vogliono cambiare questo stato di cose riscrivendo una nuova storia politica.
La mia candidatura rappresenta l’idea di cambiare pagina rompendo gli schemi della vecchia
politica a partire da un progetto di unità della sinistra che ambisce a portare Claudio Fava alla
Presidenza della Regione insieme alle forze progressiste che in questi anni non hanno avuto
rappresentanza all’interno del parlamento siciliano.
La mia idea è quella di mettere insieme le diverse istanze di cambiamento che provengono dai
giovani, dal mondo del lavoro, dall’associazionismo che oggi più che mai sentono la difficoltà ad
essere rappresentati.
Oggi è sempre più diffusa la disaffezione nei confronti della politica e sempre più ampi strati di
popolazione guardano ad essa come a qualcosa di lontano e ostile, uno strumento attraverso il
quale acquisire potere da parte di pochi per depredare le risorse della nostra terra ed acquisire
sempre maggiori privilegi.
La crescita del fenomeno dell’antipolitica, che ha portato alla nascita del grillismo, risponde,
però, solo a ciò che parte dalla pancia delle persone senza offrire una prospettiva politica e un
progetto finalizzato a un reale cambiamento della società.
Tuttavia, non si può liquidare tale fenomeno senza cercare di capire quali sono le cause che lo
hanno determinato, in primo luogo la grave degenerazione del sistema politico perpetrata da un
ceto dominante interessato soltanto ad occupare tutti gli spazi arraffando quanto più possibile
per alimentare le proprie clientele.
Allora, io penso che dobbiamo ripartire da un serio progetto di riforma della politica che serva a
ridarle credibilità attraverso scelte coraggiose sia sui costi che sulle modalità di rappresentanza
che fin qui si sono affermate.
Per fare questo occorrono parole chiare e impegni precisi a partire, ad esempio, da un progetto
di legge che intendo portare avanti e che preveda il dimezzamento degli stipendi dei
parlamentari, l’azzeramento delle consulenze e degli incarichi esterni, l’istituzione del tetto per le
retribuzioni dei dirigenti e dei componenti di consigli e organismi societari oltre all’abolizione di
tutti gli enti inutili.
Un altro impegno sarà quello di intervenire sul bilancio della Regione attraverso una sua totale
riscrittura che serva a mettere in trasparenza tutto ciò che oggi è occultato fra le mille pieghe di
uno strumento contabile che in gran parte serve ad alimentare le clientele senza investire risorse
per lo sviluppo; è, inoltre, mia intenzione proporre l’abolizione della ex tabella H (oggi tabella B)
che è servita a distribuire risorse a pioggia ad enti ed associazioni secondo logiche di spartizione
politica, ripensando i criteri in base a cui i progetti più seri e meritevoli debbano essere sostenuti
dalla Regione in maniera trasparente, equa, condivisa, secondo regole chiare e garanzie di
continuità e sostenibilità tanto per chi riceve quanto per chi eroga il contributo.
Questa è l’idea che voglio opporre a chi pensa che la riduzione dei costi della politica si attui
riducendo i numeri della rappresentanza, lasciando di fatto inalterato il sistema dei privilegi
riservandolo ad una casta più ristretta; bisogna invece intervenire da un lato sui privilegi e gli
sprechi mentre sull’altro versante occorre allargare gli spazi di rappresentanza consentendo
l’accesso a quei soggetti che fino ad ora sono stati tenuti ai margini, in primo luogo le donne ed i
giovani.
Da questo si può partire per mettere in campo alcune linee guida forti che riguardano il Futuro, la
Terra e la Libertà della Sicilia, temi centrali del mio programma che voglio sviluppare partendo
dal punto di vista di un giovane che ha anche l’esperienza e la responsabilità di guidare il partito
di SEL nell’Isola.
Il tema del Futuro guarda anzi tutto alla necessità di riaprire una porta verso l’universo giovanile
per creare occasioni e strumenti che ridiano speranza e invertano la tendenza sempre più in
aumento della continua fuga dei giovani dalla Sicilia.
Anzi tutto penso ad una nuova legge sul diritto allo studio che rilanci il ruolo degli ERSU
attribuendogli piena autonomia finanziaria, mentre oggi è a rischio la rete di servizi agli studenti
a causa del taglio di finanziamenti da parte della Regione sia per crisi di liquidità che per i vincoli
di finanza pubblica.
Ma occorre soprattutto pensare ad un piano straordinario per il lavoro ed a politiche di sostegno
ai soggetti svantaggiati attraverso la trasformazione dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali
con l’introduzione dell’istituto del reddito minimo garantito. Anche su questo sto lavorando a un
progetto di legge che mi impegno a far approvare nella prossima legislatura.
A questo va collegata una seria riforma della formazione professionale che inverta la tendenza
fin qui affermatasi di mantenere in vita l’immensa galassia degli enti di questo settore senza
alcun legame reale fra le finalità formative e l’effettiva offerta di lavoro; bisogna prevedere
anche la possibilità che la Regione finanzi i masters formativi post universitari sostenuti anche al
di fuori del territorio regionale, con un sistema che permetta ai giovani siciliani di realizzare al meglio la
propria formazione e mettersi nelle condizioni di poter spendere sul territorio le proprie competenze.
Sul tema della Terra intendo portare avanti le istanze più avanzate in materia di salvaguardia
ambientale e valorizzazione delle risorse culturali e del territorio, insieme ad una nuova politica
sulla gestione dei rifiuti, sull’introduzione di nuove fonti energetiche e per il contrasto
all’abusivismo.
La prima emergenza che intendo rappresentare sul fronte ambientale è quella di intervenire per
la ridefinizione del piano di riassetto idrogeologico e delle misure finalizzate alla prevenzione dei
rischi determinati da calamità naturali.
È netta la mia contrarietà ad una politica del territorio basata sulla costruzione di grandi opere,
quali il ponte sullo stretto, in una Regione totalmente priva di una rete infrastrutturale che
garantisca collegamenti interni veloci e sicuri e che metta in sicurezza le infrastrutture esistenti.
Per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio culturale si deve, anzi tutto, partire da una
migliore gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti nel settore e dalla
capacità di mettere in atto politiche che attirino investimenti utili anche a creare nuove offerte
lavorative; bisogna partire dalla riscrittura dell’assetto organizzativo attraverso una precisa
definizione di ruoli e funzioni delle soprintendenze, dei centri regionali e delle biblioteche per
una maggiore e migliore offerta di servizi resi ai cittadini.
I temi della Libertà si intrecciano poi saldamente con quelli della Democrazia e della
Partecipazione: ho detto cosa occorre fare subito in materia di costi e riforma della politica e
aggiungo che questo va accompagnato da iniziative forti sul piano politico e legislativo in tema di
Legalità e Trasparenza e di rispetto delle Regole.
Oggi la politica (quella con la p minuscola ovviamente) ha occupato tutti gli spazi, anche quelli dai
quali dovrebbe stare a debita distanza, infischiandosene delle regole e minando alla base la
credibilità stessa delle istituzioni e delle leggi dello Stato e della Regione.
Le ultime vicende che hanno caratterizzato il governo Lombardo dimissionario, che però
continua a fare nomine in spregio persino alle norme che sono state approvate per impedirglielo,
dimostrano che c’è bisogno di un reale cambio di passo per ripristinare la legalità e per ridare
fiducia ai cittadini nei confronti delle istituzioni così tanto screditate.
Bisogna, quindi, tornare a separare la politica dall’amministrazione e ripristinare le regole di
evidenza pubblica per l’accesso agli incarichi e alle funzioni pubbliche, anche nelle società a
parziale o totale partecipazione della Regione: non dovrà essere più possibile fare uso delle
postazioni dirigenziali per attribuire incarichi alle clientele politiche trasformando di fatto le
amministrazioni pubbliche in terra di conquista per i partiti di governo.
Ma Libertà significa anche diritti e penso, in particolare, alle battaglie che in questi anni ho
portato avanti, insieme a tanti che ci hanno creduto e ci credono, per l’affermazione dei diritti di
uguaglianza e di rappresentanza di genere fino all’organizzazione a Palermo del primo Gay Pride
che ha visto una straordinaria partecipazione sia fisica che ideale alla lotta per l’affermazione dei
diritti civili.
Il mio impegno è indirizzato ad assumere iniziative in ambito legislativo che creino sempre
maggiori diritti soprattutto in materia di welfare tra cui il riconoscimento delle unioni di fatto.
In definitiva, penso alle grandi potenzialità che la Sicilia avrebbe potuto realizzare in questi
decenni forte anche della sua autonomia istituzionale e che invece sono state svuotate dalla
logica parassitaria e clientelare che ha saccheggiato tutte le risorse per distribuirle a clienti e
amici senza costruire alcun progetto di sviluppo e di trasformazione della società.
L’autonomia può e deve diventare una risorsa soltanto se dimostriamo di sapere usare le risorse
che abbiamo disponibili sia sul piano finanziario che umano e strutturale senza disperderle nei
mille rivoli della spartizione politica; solo così acquisiremo maggiore credibilità nei confronti di un
governo nazionale che oggi con la sua politica di rigore assoggettata ai vincoli di finanza pubblica
ci costringe a portare al collasso i Comuni e tutto il sistema del servizio pubblico per rispettare il
patto di stabilità.
Oggi abbiamo una grande opportunità di cambiare le cose spazzando via chi ha consentito che si
affermasse questo sistema di potere basato sulla spartizione di soldi e risorse e dando fiducia a
chi, invece, come me vuole rappresentare istanze di reale cambiamento per dare un futuro a
questa terra e ai giovani che sono spinti ogni giorno a lasciarla.
Per fare questo, io metto tutto il mio impegno e le mie energie a sostegno del progetto che vuole
portare Giovanna Marano a diventare il primo Presidente della Regione eletto dai cittadini
totalmente estraneo alle logiche di potere e ai vincoli mafiosi cui abbiamo dovuto
vergognosamente assistere negli ultimi anni vivendo l’onta di ben due Presidenti della Regione
coinvolti in inchieste di mafia.
Ci vuole anche l’impegno di tutti coloro che fin qui mi hanno sostenuto così come di quelli che,
credendo in questo progetto, vorranno cominciare a farlo da ora. Il mio programma si muove su
linee ben definite ma è aperto alla partecipazione di tutti coloro che intendono arricchirlo di
proposte e di idee che vadano nella direzione del reale cambiamento politico della nostra Sicilia.
Per questo la mia campagna elettorale sarà improntata al confronto costante e continuo
attraverso gli incontri e tutti gli strumenti che oggi la tecnologia offre per costruire un
programma partecipato perché dobbiamo riscrivere la Sicilia e per farlo dobbiamo mettere punto
a andare a capo.
INTERVENTI SUI COSTI DELLA POLITICA
La grave crisi che sta attraversando la politica è soprattutto una crisi di credibilità motivata
principalmente dall’incapacità di chi esercita il potere di rappresentanza di dare risposte
concrete ai bisogni della gente, soprattutto coloro che più soffrono i disagi della crisi, mentre,
dall’altro lato, la carenza oggettiva dei partiti strutturalmente organizzati ha ceduto negli anni il
passo alla “libera iniziativa” di singoli deputati o gruppi di potere per accaparrare sempre più
risorse spesso finalizzate a fini personali o per creare nuove clientele.
Oggi il disgusto per la politica viene rappresentato da un costante incremento dell’astensionismo
alle consultazioni elettorali o dall’attribuzione del consenso a movimenti o partiti che hanno fatto
dell’antipolitica la loro bandiera senza però prospettare un nuovo progetto di cambiamento
credibile per candidarsi alla guida del Paese come della Regione.
Per quanto l’Italia rimanga ancora uno dei paesi dove è più alta la partecipazione al voto, questo
primato viene ogni giorno di più meno ed in Sicilia per le prossime competizioni elettorali i
sondaggi fanno una previsione allarmante di astensionismo pari a circa 2 milioni di elettori.
Se poi consideriamo tutto quello che sta venendo fuori in ordine alle spese fuori controllo e
ingiustificate di cui i vari consigli regionali, non ultima l’Ars, si rendono responsabili, si capisce
come sia ormai non più rinviabile il proposito di mettere mano a una seria riforma della politica
che riveda i meccanismi della rappresentanza a partire dai sistemi di finanziamento.
Tuttavia, sarebbe riduttivo pensare a una “revisione di spesa” dei costi della politica solo
“tagliando” gli stipendi dei parlamentari se poi non si va a incidere anche in tutto il sottobosco
delle clientele riconducibili alla politica stessa che si alimentano attraverso l’attribuzione di
consulenze, di incarichi esterni, di nomine in consigli di amministrazione e di gestione vari,
insomma per dirla in breve in quella grande giungla di sottogoverno che ogni anno “rapina” una
quantità di risorse non indifferente alla collettività.
L’Ars, in questi giorni, sta tentando di correre ai ripari con dei pannicelli caldi che tagliano alcune
spese senza incidere però nella carne viva di quello che è il sistema di finanziamento della
politica.
L’ultimo intervento paventato di tagliare circa 4 milioni di euro è solo il tentativo di dare il
contentino ad una opinione pubblica sempre più sfiduciata quando non arrabbiata nei confronti
di chi dovrebbe in primo luogo rappresentare i propri bisogni.
Se la politica in Sicilia vuole cominciare a riacquistare credibilità, deve intanto partire dalla
consapevolezza che non è con la retorica della specialità siciliana di questi 66 anni di autonomia
che può risolvere la questione, anche perché è ormai a tutti evidente che l’unico “beneficio”
evidente scaturito dall’elevazione a rango costituzionale del nostro Statuto è stata
l’equiparazione dell’Ars al Senato della Repubblica, risalente ad una legge del 1965.
Partiamo da questo, riscriviamo questa Sicilia che ha scambiato l’idea buona di politica come
strumento per la trasformazione ed il miglioramento delle condizioni di vita degli uomini e delle
donne con l’idea perversa di rendersi casta che ogni anno di più aumenta il distacco dai propri
rappresentati.
Partiamo dai costi, allora, e dai meccanismi di “reclutamento” dei tanti amici e parenti nel
sottogoverno per cambiare l’idea secondo cui la politica è diventata, per una casta sempre più
ristretta, una comoda “sistemazione”, in una terra dove la ricerca del lavoro è il primo pensiero
che agita il risveglio mattutino di migliaia di giovani, di donne, di lavoratori espulsi dai sistemi
produttivi.
Proviamo a fare qualche conto.
Nel bilancio dell’Ars, che complessivamente ammonta a 176 milioni di euro, le competenze per i
deputati ammontano a circa 22 milioni di euro (245.000 euro pro capite) ed altrettanti milioni
vengono spesi per la previdenza ed assistenza dei deputati in carica e cessati dal mandato; a
queste cifre vanno ad aggiungersi quasi 14 milioni di euro di trasferimenti ai gruppi parlamentari
per “attività di supporto e relativo personale” (portaborse).
Per l’attività dell’Ars vengono, poi, spesi all’anno poco più di 3 milioni per collaborazioni esterne,
1 milione e 200 mila circa per attività e rappresentanza istituzionale e di cerimoniale e quasi 1
milione e 400 mila euro per fondi destinati alla Presidenza di cui 380.000 euro sono destinati al
Fondo riservato per il Presidente che poi, come si è visto, è devoluto in “beneficenza”!1
Limitandoci a queste spese, possiamo tranquillamente dire che su una spesa di circa 60 milioni di
euro si può operare una corretta “revisione” con un taglio del 50% (quello che si dice il
dimezzamento degli stipendi dei parlamentari che allineerebbe il trattamento a quello di tanti
altri consigli regionali) che ci farebbe recuperare in un colpo solo 30 milioni, cioè l’equivalente di
misure di sostegno al reddito per 4.166 soggetti svantaggiati che potrebbero sembrare una
goccia nel mare, ma se permettete sono sempre 4.166 contro 90!
Per ottenere questo basta una cosa semplice: abrogare la legge regionale n.44 del 1965 da cui
discende l’equiparazione ai senatori per i “deputati” dell’Ars.
Ma i risparmi di spesa non riguardano solo l’Ars bensì tutto ciò che si muove attorno e dentro
l’amministrazione regionale, a partire dalle consulenze esterne che sono uno schiaffo alle
professionalità interne all’amministrazione rappresentate dai 16.964 dipendenti del comparto e
dai 1.818 dirigenti.2
Nel solo 2011 il governo regionale ha speso 1 milione e 586 mila euro per 154 incarichi di
consulenza che sono per lo più riconducibili a politici ed amministratori riciclati, così come al 31
1 Dati desunti dal Bilancio interno dell’Ars per l’anno 2011 approvato nella seduta n.249 del 29 aprile 2011. 2
http://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_Iniziative/NumeriRS/I%20numeri%20della%20Regione%20Siciliana2.pdf
agosto di questo anno la spesa era già arrivata a 800 mila euro; sembra, però, che il governo
regionale, dai primi riscontri che la Corte dei Conti sta facendo dopo aver aperto un’inchiesta in
merito, abbia speso dall’inizio della legislatura ben 9 milioni di euro per circa 800 “esperti”.
Ancora una volta qualcuno potrebbe dire “una goccia nel mare”, ma il mare è proprio fatto di
tante gocce e se andiamo a guardare bene possiamo vedere che ce ne sono tante da mettere in
evidenza.
Se, infatti, guardiamo complessivamente alle consulenze della pubblica amministrazione in Sicilia
(quindi, non solo Regione, ma anche Sanità, Enti Locali, ecc..) vediamo che questa “goccia” è
proprio un bel “pezzo” di mare!
Nel 2009 le pubbliche amministrazioni siciliane hanno speso complessivamente 150 milioni di
euro per 14.169 incarichi, di cui 13 milioni sono stati spesi nella Sanità per 1.065 incarichi!3
Altre risorse possono essere recuperate attraverso la lotta alla corruzione e agli abusi che,
secondo la Procura regionale della Corte dei Conti, nel 2011 hanno raggiunto il costo di 57 milioni
a fronte di 134 citazioni in giudizio per 236 dirigenti ed amministratori pubblici e di altri 245
“inviti a dedurre” per un danno erariale di 34 milioni.
In definitiva, occorre adottare un provvedimento legislativo regionale che azzeri le consulenze
nelle pubbliche amministrazioni o che le limiti (nei casi dove proprio non si trovano le
professionalità come ingegneri aerospaziali!) ad un massimo del 10% della spesa fin qui
sostenuta.
A questo poi bisogna aggiungere una rigorosa normativa anticorruzione che porterebbe
complessivamente i risparmi fin qui individuati (dimezzamento costi politica, azzeramento
consulenze, lotta alla corruzione) a poco più di 200 milioni di euro, utili per coprire quasi la metà
del piano straordinario per il lavoro.
3 Dati desunti dal Ministero per l’Innovazione e dalla requisitoria della Corte dei Conti
(http://www.argocatania.org/2010/11/26/consulente-quanto-mi-costi/ )
PIANO STRAORDINARIIO PER IL LAVORO E IL REDDITO MINIMO
Le condizioni economiche e sociali in Sicilia negli ultimi dieci anni sono notevolmente peggiorate
e le ricadute maggiori gravano sulle spalle dei giovani e delle donne che faticano sempre di più a
trovare occupazione; a questo si aggiunga la fuoriuscita dal mercato del lavoro di migliaia di
lavoratori che, rimasti senza lavoro dopo la chiusura di aziende in crisi, non trovano più né
collocazione né sufficienti garanzie sul fronte degli ammortizzatori sociali.
In Sicilia, a fronte di un tasso di disoccupazione del 14,4% che colpisce maggiormente le donne
con una percentuale che sale al 17,2%, riscontriamo un dato drammaticamente alto per ciò che
riguarda la disoccupazione per i giovani fino a 24 anni (42,8%); complessivamente i giovani
compresi fra i 15 e i 34 anni che non studiano e non lavorano raggiungono la cifra di 490.000
unità a fronte di 241.000 persone in cerca di occupazione4
Inoltre, le statistiche mettono in evidenza come dal 2002 ad oggi sia cresciuto il dato sulla
disoccupazione giovanile. Nel 2002 il tasso di occupati era pari al 66% di cui i due terzi giovani
compresi tra i 15 ed i 39 anni, ma già nel 2010 gli occupati sopra i 40 anni ha superato (55 % del
totale) quella dei giovani che hanno un lavoro (45%)5.
Per la media nazionale il livello di occupazione è pari al 56,9%, mentre la media di disoccupazione
è pari all’8,7%.
Sempre lo Svimez nel 2011 aveva evidenziato un altro dato preoccupante: oltre ai disoccupati
cosiddetti ufficiali in Sicilia ve ne sono almeno altri 326.000 non emersi che farebbero schizzare il
tasso di disoccupazione al 28,9% portando il numero complessivo dei disoccupati a poco meno di
600.0006.
Per la funzione obiettivo “Protezione Sociale” dalle casse della Regione Sicilia sono usciti per il
2011 poco meno di 800 milioni di euro per misure che vanno dal sostegno all’occupazione ad
altre forme di protezione diversamente classificabili.7
Tutte queste misure, sicuramente insufficienti per la grave condizione economica e sociale in cui
versa l’Isola, sono canalizzate verso gli strumenti classici adottati in materia di ammortizzatori
sociali e verso forme di assistenza parcellizzata che non risolvono alla radice le problematiche
connesse con il welfare, cioè con il benessere dei cittadini.
4 Rapporto SVIMEZ 2012 sull'economia del Mezzogiorno.
5 Annuario Statistico della Regione Siciliana 2010 e dati Istat. Inoltre l’annuario statistico e l’Istat mettono in evidenza
che nel 2010 il 47,6 per cento delle famiglie siciliane dichiara che la propria situazione economica è peggiorata
rispetto al 2009 (la quota dell’anno precedente era pari al 56,3 per cento), registrando un valore superiore rispetto al
corrispondente dato a livello Italia (43,3 per cento); mentre per il 48,8 per cento è rimasta invariata (39,6 per cento nel
2009 contro il 51,4 per cento della media nazionale) e infine per il 2,7 per cento migliorata (contro il 4,8 per cento del
Paese in complesso). 6 Rapporto Svimez 2011: riflessioni su emergenze e potenzialità per la ripresa del Mezzogiorno" nell'ambito delle
Giornate dell'Economia del Mezzogiorno, a Palazzo Steri 7 Rendiconto Generale della Regione Siciliana per l’anno 2011
Per questo oggi assume una valenza prioritaria l’idea di mettere in atto iniziative anche
legislative finalizzate alla realizzazione di un piano straordinario per il lavoro e di sostegno al
reddito dei soggetti svantaggiati.
Il piano straordinario per il lavoro, sulla base di esperienze avviate da altre Regioni come ad
esempio la Puglia, si deve porre due obiettivi: nuova occupazione e salvaguardia
dell’occupazione.
Le misure volte a garantire la realizzazione di questi obiettivi, pur tenendo conto di un quadro
normativo nazionale che va riformato, possono essere realizzate rimodulando le linee di
intervento fin qui adottate sul fronte occupazionale e redistribuendo le relative risorse.
Le risorse impegnate complessivamente saranno pari a 500 milioni di euro, individuate, oltre
che dalla rimodulazione di quelle attualmente investite per le misure di protezione sociale,
anche dai cofinanziamenti con i fondi europei e dal recupero di risorse con la revisione dei costi
della politica e l’attuazione di norme anti-corruzione; la platea potenziale è costituita da circa
70.000 soggetti fra giovani, donne e lavoratori espulsi o a rischio espulsioni dai processi
produttivi.
Nell’ambito del piano, oltre alle misure sull’occupazione, sarà introdotta una misura di
sostegno al reddito prendendo a spunto la campagna lanciata a livello nazionale per la
sottoscrizione di un progetto di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reddito minimo
garantito, oltre ad iniziative legislative assunte da altre Regioni come ad esempio la Regione
Lazio .
Il reddito minimo garantito, o reddito di cittadinanza, è una misura di sostegno sociale a
vantaggio di categorie di cittadini in difficoltà rispetto al lavoro: giovani in attesa di prima
occupazione, ultracinquantenni disoccupati con difficoltà di reinserimento, persone in condizione
di marginalità sociale; tale misura va intesa come temporanea rispetto a misure più concrete di
sviluppo dell’occupazione.
Il reddito minimo esiste oggi in tutti i paesi comunitari, con esclusione del nostro, della Grecia e
della Bulgaria. Esistono quattro provvedimenti comunitari dal 1992 ad oggi relativi «all’inclusione
delle persone fuori del mercato del lavoro» e i vari Stati si sono dati norme diverse che hanno
prodotto effetti diversi. L’Inghilterra, l’Olanda, la Germania e i paesi scandinavi sono quelli che
hanno attuato politiche di inclusione sociale ed economica da più lungo tempo e con esiti più
apprezzabili.
In Italia l’unica esperienza riconducibile a questa misura è stata introdotta dalla legge 328 del
2000, che consentì di sperimentare il reddito minimo di inserimento in 298 comuni, ma
l’esperimento è stato interrotto dalla finanziaria del 2003 per quanto in Sicilia nei Comuni pilota
di Caltanissetta ed Enna sia continuato con una legge emanata nel 2005 che ha chiuso la platea
platea chiusa (fino ad esaurimento) destinando la misura ai soli soggetti che già ne fruivano
senza possibilità di nuovi inserimenti. In anni più recenti, alcune regioni, hanno assunto
provvedimenti analoghi con modalità ed esiti differenti (Lazio, Campania, Basilicata, Friuli,
Trentino, Valle d’Aosta, Puglia).
Sulla base delle esperienze maturate negli altri paesi della Comunità e nelle altre Regioni, si vuole
dare con questa iniziativa reale impulso a quelle che sono le prerogative autonomistiche della
Sicilia con un progetto di legge da presentare all’ARS che faccia da apripista all’iniziativa che in
campo nazionale vuole mettere l’Italia al passo con gli altri Paesi in materia di sostegno al reddito
e protezione sociale.
Tale iniziativa legislativa, in ossequio al dettato costituzionale, serve a garantire a inoccupati,
disoccupati, occupati precari un reddito minimo garantito che in relazione al nucleo familiare
potrà andare da un minimo di 600,00 euro a un massimo di 1.900,00 per le famiglie con 5
componenti, a condizione che i soggetti beneficiari non abbiano redditi di altra natura.
La misura verrà finanziata con parte delle risorse destinate alla funzione obiettivo “Protezione
Sociale” attraverso una ridefinizione delle misure in essa contenute e cofinanziata con risorse a
valere sui fondi comunitari.
Il disegno di legge potrà essere costruito prendendo a base la proposta di legge di iniziativa
popolare cui hanno aderito associazioni, partiti e rappresentanti istituzionali a livello nazionale.
PER UNA POLITICA A MISURA DEL TERRITORIO
Premessa
Fra le priorità individuate nel programma un particolare riguardo va alla salvaguardia ambientale e alla valorizzazione delle risorse culturali e del territorio, a una nuova politica per la gestione dei rifiuti, all’accesso a nuove fonti energetiche e al contrasto all’abusivismo.
Insieme a questo, va confermato il rifiuto nei confronti di una politica del territorio basata sulla costruzione di grandi opere per fare posto a scelte finalizzate alla costruzione di una rete infrastrutturale che garantisca collegamenti interni veloci e sicuri e della messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti.
Ma prima ancora, mettiamo al primo posto la ridefinizione del piano di riassetto idrogeologico e delle misure finalizzate alla prevenzione dei rischi determinati da calamità naturali.
Riassetto idrogeologico e misure di prevenzione
Come noto, le catastrofi idrauliche e idrogeologiche si manifestano ormai con sempre maggiore
frequenza determinando purtroppo ingenti danni e perdite di vite umane. Le ragioni sono
riconducibili sia ad aspetti naturali che ad aspetti di derivazione esclusivamente antropica.
Tra le prime si annoverano:
a) le peculiarità territoriali, rappresentate da paesaggi spesso molto acclivi con masse rocciose che per loro storia geologica si presentano disgregate e facilmente erodibili; b) le caratteristiche climatiche particolarmente sfavorevoli, con eventi pluviometrici sempre più estremi e periodi di siccità sempre più intensi. Tra le ragioni di origine antropica invece si individuano:
c) progressivi processi che comportano l’impermeabilizzazione sempre più estesa e diffusa dei suoli, ad esempio eccessive ed immotivate espansioni urbanistiche, esteso abusivismo edilizio spesso localizzato in “aree idraulicamente sensibili”; d) progressiva riduzione delle aree coltivate con l’abuso di pratiche agricole incompatibili con i naturali equilibri e drastica riduzione della manutenzione dei territori; e) squilibri paesaggistici e idraulici indotti dalla realizzazione di nuove infrastrutture o da vecchi ed inadeguati criteri progettuali.
Sotto il profilo legislativo l’emanazione e/o il recepimento di norme specifiche per la difesa del
suolo tra cui la L. 183/1989, il D.lgs. 152/2006, le direttive europee 2000/60 e 2007/60 che
rappresentano i primi e timidi tentativi del legislatore di affrontare la fragilità idrogeologica dei
territori, sono inficiati da una generalmente modesta efficienza dell'azione della pubblica
amministrazione, da un fortissimo ritardo culturale Ma soprattutto dalla mancata assunzione
della centralità della pianificazione e della prevenzione, ricorrendo ad interventi di emergenza o
di vero e proprio lutto, per riparare i danni.
Riteniamo che le recenti alluvioni verificatesi nel territorio messinese ripropongono, ancora una
volta, la necessità per il Governo regionale e dell'Assemblea regionale, di adoperarsi per rendere
immediatamente operativi i seguenti interventi:
1) Riordino delle competenze degli uffici tecnici preposti al controllo del territorio con la creazione di un unico ufficio con al funzione di controllo e gestione del territorio nonché programmazione degli interventi manutentivi; 2) La formazione continua del personale tecnico degli enti locali delegato al rilascio delle concessioni di opere impattanti sul territorio; 3) Pianificazione più dinamica basata su piani facilmente revisionabili, con assidue verifiche sul territorio; 4) Diffusione ed aggiornamento continuo in rete, in un unico portale informatico, contenente tutti i piani territoriali; 5) L’ottimizzazione e coordinamento con gli enti locali della rete idrometereologica regionale per il controllo, il coordinamento e l’allertamento degli stati di allerta delle popolazioni; 6) Aggiornamento dei PRG con due nuovi elaborati che prevedano, la dettagliata definizione del rischio idraulico e quello idrogeologico dovuto a debris flow con particolare dettaglio alle aree urbane. 7) Priorità nei piani triennali delle opere pubbliche per gli interventi di sistemazione territoriale; 8) Misure per la facilitazione degli enti locali volte alla dotazione di un parco progetti cantierabili per gli interventi di salvaguardia e messa in sicurezza dei territori; 9) Rigetto totale e definitivo di future sanatorie edilizie. 10) L’assegnazione immediata delle risorse già stanziate per i danni delle scorse alluvioni di Giampilieri e Scaletta Zanclea, nonché un Adeguato programma finanziario che consenta di attuare gli interventi già individuati specie di quelli ritenuti urgenti.
LA REGIONE E LE PROBLEMATICHE DEL PERSONALE
Alcuni dati relativi al personale regionale
La situazione del personale regionale al 31.5.2012 rileva n. 13.857 dipendenti con qualifiche non
dirigenziali (ad esclusione del personale appartenente al Corpo Forestale che al 31.12.2011
contava n. 1.296 dipendenti fra dirigenti e non dirigenti) e n. 1.838 dirigenti del ruolo unico di cui
alla legge regionale n.10 del 2000.
L’articolazione dei dipendenti con qualifiche non dirigenziali distinti per Categoria e in relazione
alla dotazione organica definita dall’art. 51 della legge regionale n.11 del 2012 è la seguente:
COMPARTO NON DIRIGENZIALE
Categoria Organico In Servizio Posti vacanti
D - Funzionario Direttivo 5.600 4.770 830
C - Istruttore Direttivo 4.600 3.974 626
B - Collaboratore 2.440 2.275 165
A - Operatore 2.957 2.838 119
Totale 15.597 13.857 1.740
Tra il dato di fine 2011 e quello del primo semestre del 2012 si rileva una differenza di circa 570
unità determinata da collocamenti in quiescenza, per lo più dovuti alle ultime applicazioni del
beneficio derivante dall’avere un congiunto (genitore, figlio, coniuge) in condizione di handicap
grave. Tale previsione (impropriamente denominata “legge 104”) è stata abolita con la legge
finanziaria approvata alla fine del 2011.
Inoltre, recentemente la giunta regionale ha varato un provvedimento nell’ambito della spending
review di taglio della dotazione organica del comparto pari al 5% e cioè n.780 posti in meno così
da portare il numero complessivo dell’organico a n.14.817.
Sulla dirigenza, esiste un dato articolato per possesso di titolo di studio, che è l’unico elemento di
distinzione attualmente presente nel Ruolo Unico che è stato istituito dopo ben 12 anni (oltre
alla distinzione in fasce prima e seconda a regime, e terza fascia ad esaurimento di cui fa parte la
stragrande maggioranza dei dirigenti):
RUOLO UNICO DIRIGENTI PER TITOLO STUDIO
Economia 63
Scienze Statistiche 15
Giurisprudenza 187
Scienze Politiche 53
Filosofia - Lettere - Lingue 143
Sociologia 3
Scienze della Formazione 14
Medicina e Chirurgia 12
Medicina Veterinaria 7
Scienze Agrarie 453
Farmacia 4
Scienze Matematiche - Fisiche - Naturali 184
Architettura 373
Ingegneria 321
Diploma 6
Totale
1.838
A differenza che nel Comparto non dirigenziale, all’interno del Ruolo Unico dirigenziale ci sono
anche i dirigenti del Corpo Forestale, anomalia tutta siciliana che ancora deve essere risolta
nonostante da ben 12 anni si chieda continuamente di ridefinire l’assetto ordinamentale del
personale in divisa del Corpo Forestale.
Per quanto attiene la dirigenza regionale, il modello organizzativo, a seguito del riordino dei
dipartimenti regionali determinato dalla legge regionale n.19 del 2008 e del conseguente decreto
presidenziale applicativo n.370 del 2010, ha ridefinito il numero dei dipartimenti regionali e delle
strutture intermedie (aree e servizi) portando i primi a n.28 e le seconde a n. 496 (66 aree e 430
servizi), anche se il numero delle strutture ha subito negli ultimi due anni qualche ritocco in
aumento per le rimodulazioni effettuate un po’ da tutti i dipartimenti.
Il numero massimo delle unità operative (strutture dirigenziali sotto ordinate alle aree e ai
servizi) è stato definito in n.3 per corrispondente struttura, ma da stime effettuate nel corso del
2011 risulterebbe che le strutture dirigenziali ai vari livelli esistenti sono di numero superiore
(ben oltre 2.000) rispetto ai dirigenti in servizio, motivo per cui molte di queste postazioni
risultano ancora vacanti.
Recentemente, la Regione Siciliana, nell’ambito dei processi legati alla spending review , ha
assunto quale dotazione organica di riferimento dell’area della dirigenza il numero dei dirigenti
immessi nel ruolo unico alla data dell’emanazione della legge regionale n.10 del 2000, cioè circa
2.500, compresi i dirigenti della terza fascia ad esaurimento provenienti dalla ex carriera direttiva
VIII livello funzionale.
In base a questo, la prevista riduzione del 25% della dirigenza, adottata con il recente
provvedimento della giunta regionale, prima citato, dopo che la norma di recepimento del D.L.
95 non è stata votata in Aula per effetto delle dimissioni del Presidente della Regione, è stata
assorbita con i pensionamenti e il blocco del turn over di questi 12 anni, con una riduzione pari a
circa 700 unità che assorbe per intero il taglio previsto.
Tuttavia, tale “concezione” dei numeri se da un lato serve ad evitare la scure dei tagli
(licenziamenti) che stanno alla base dei provvedimenti assunti dal governo nazionale, dall’altro
non rende giustizia di una corretta individuazione dell’organico della dirigenza in Sicilia che resta,
comunque, sovradimensionata essendoci un rapporto di 1 dirigente ogni 8 dipendenti che è
abbondantemente superiore alla media nazionale.
Inoltre, la Regione si contraddistingue per schizofrenia considerato che emana nuovi bandi di
assunzione per dirigenti (come succede, ad esempio, all’Economia per n.6 posti, al solo fine di far
transitare dagli Enti Locali alla Regione un gruppo di dirigenti fra cui uno in particolare che viene
individuato con nome e cognome nella delibera di giunta che ha dato l’avvio a questo bando).
Dai dati pubblicati dalla Regione sulla distribuzione del personale (dirigenti e non) nel territorio,
fra uffici centrali e periferici, si rileva che nei primi lavorano n.5.959 dipendenti di cui n.322 in
uffici alle dirette dipendenze o di diretta collaborazione del Presidente e degli Assessori, mentre
negli uffici periferici lavorano n.10.845 dipendenti così distribuiti nelle province:
Agrigento 1.627
Caltanissetta 859
Catania 1.523
Enna 750
Messina 1.679
Palermo 1.924
Ragusa 563
Siracusa 823
Trapani 1.088
La provincia di Palermo, per ovvi motivi, ha la più alta concentrazione di dipendenti, sommando
ai 1.924 degli uffici periferici i 5.959 degli uffici centrali (assessorati), raggiungendo così la cifra di
7.883, cioè circa il 45% del totale dei dipendenti.
La diatriba che in questi anni ha avuto più risalto è proprio quella relativa ai numeri dei
dipendenti, spesso messi in parallelo con quelli di altre Regioni come la Lombardia, dimenticando
però che la Regione Sicilia, in quanto Regione a Statuto autonomo, svolge funzioni e compiti che
in ambito nazionale vengono svolti dallo Stato o da altri livelli istituzionali.
Se guardiamo al personale che è impiegato presso i dipartimenti che fanno capo a queste
funzioni per così dire “extra regioni ordinarie”, abbiamo un quadro più chiaro della situazione:
SEDI CENTRALI E PERIFERICHE
Dipartimento Regionale
Uffici Uffici Periferici
centrali
PA AG CL CT EN ME PA RG SR TP
BENI CULTURALI E IDENTITA' SICILIANA 232 487 168 287 177 582 742 99 263 303
LAVORO 118 392 213 500 171 442 415 147 214 266
PER L'IMPIEGO ORIENTAMENTO SERVIZI 87
INFRASTRUTTURE MOBILITA' E TRASPORTI 353 233 168 289 94 250 204 116 153 182
INTERVENTI STRUTTURALI AGRICOLTURA 322 215 123 141 102 148 149 113 101 184
INTERVENTI INFRASTRUTTURALI AGRICOLT. 572
INTERVENTI PER LA PESCA 56
AZIENDA REGIONALE FORESTE DEMANIALI 70 80 52 64 60 40 105 23 23 49
COMANDO CORPO FORESTALE 248 142 79 121 119 117 267 42 52 72
2058 1549 803 1402 723 1579 1882 540 806 1056
TOTALI 2058 10340
Si tratta di settori della pubblica amministrazione regionale che, in gran parte, hanno
articolazioni territoriali e rappresentano, in quanto a personale, il 70% delle risorse umane
esistenti; in questo modo, il raffronto con le altre Regioni a statuto ordinario diventa realmente
riferibile alle equivalenti funzioni svolte ed il personale paragonabile alle funzioni proprie delle
altre Regioni scende a n. 5.163 unità, cosicché la Sicilia non risulterebbe più al primo posto per
numero di dipendenti in rapporto alla popolazione ma scenderebbe addirittura al quarto.
Al personale a tempo indeterminato della Regione Siciliana, che a partire dal 1° gennaio 2011
ricomprende anche i circa 4.900 ex-contrattisti di categoria A e B che sono stati stabilizzati, si
aggiunge anche il personale a tempo determinato, quasi esclusivamente inquadrato nelle
categorie C e D, che opera principalmente nei settori della Protezione Civile, dell’Ambiente e
dell’Acqua e Rifiuti.
Queste unità di personale (circa 600) sono così distribuite:
ASSESSORATO/ DIPARTIMENTO SERVIZIO
TIPOLOGIA CONTRATTO
NUMERO UNITA'
C/D
NUMERO UNITA'
A/B
Protezione Civile Italter-Sirap 65
Protezione Civile 4 province 143
Protezione Civile Parchi 59
Protezione Civile Fiori 6
Protezione Civile Soris 29
Territorio e Ambiente VIA Co.Co.Co 19
Territorio e Ambiente
VAS e Rete Ecologica Co.Co.Co 18
Territorio e Ambiente Co.Co.Co 1
Territorio e Ambiente Co.Co.Co 10
Territorio e Ambiente PAI Contrattisti 45
Acqua e Rifiuti Contrattisti (lett. C) 200 2
Acqua e Rifiuti Ufficio Idrografico
Contrattisti (lett. C) s.r. 17
Acqua e Rifiuti Contrattisti (lett. F) 9
592 31
A questo personale i contratti scadono il 31 dicembre del 2012 ed è sostanzialmente legato agli
esiti dei processi di stabilizzazione che riguardano il precariato delle pubbliche amministrazioni
siciliane.
In ultimo, bisogna considerare, anche se non direttamente riferibile all’organico
dell’amministrazione regionale, il personale dipendente delle società a totale partecipazione
pubblica dell’amministrazione regionale, che adottano lo stesso C.C.R.L., per il quale personale
sono in corso le procedure di trasferimento a seguito dell’accorpamento delle tre società
originarie (Beni Culturali SpA, Multiservizi SpA e Biosphera SpA) nella nuova società denominata
Servizi Ausiliari Sicilia SpA.
Il personale è così ripartito in riferimento alle società di provenienza e ai settori di impiego:
BB.CC. Dipartimenti
Regionali Sanità Personale indiretto Totale
Beni Culturali SpA 994 27 1021
Multiservizi 226 641 44 911
Biosphera 35 61 16 112
Totale 994 261 702 87 2044
Fra le categorie di personale annoverate nella tabella sono ricomprese anche n.257 unità di
personale inquadrate part-time (riferite alla ex Beni Culturali SpA e provenienti dal bacino delle
aziende dismesse Spatafora, Miraglia, ecc..); l’utilizzo di detto personale è per 28 ore settimanali
e il loro impiego è quasi esclusivamente finalizzato alla fruizione dei siti culturali.
L’amministrazione dei Beni Culturali, su richiesta delle organizzazioni sindacali, richiede che tale
personale possa essere inquadrato full-time.
Alcune brevi considerazioni
In definitiva, a conclusione della breve analisi sul personale regionale e delle società partecipate,
si possono trarre alcune considerazioni:
• I numeri complessivi non sono così sovradimensionati rispetto alle funzioni svolte dalla
Regione Sicilia, anzi rientrano nei parametri delle grandi Regioni per rapporto con la popolazione
(anche se questo rapporto è puramente indicativo perché per alcuni settori, come ad esempio i
Beni Culturali, va considerato il censimento dei beni da tutelare e da far fruire).
• C’è un reale sovradimensionamento della dirigenza che non consente, permanendo così
le cose, un corretto assetto del ruolo con l’attribuzione reale di responsabilità dirigenziale; a
questo si aggiunga che spesso (per non dire sempre) i criteri di scelta per le nomine sono stati
ispirati al principio dell’appartenenza piuttosto che a quello della competenza e della formazione
professionale.
• È, altresì, scandaloso constatare come il governo regionale, a fronte delle professionalità
esistenti, sia nella dirigenza che nel comparto, abbia continuato senza sosta ad alimentare la
politica delle consulenze e degli incarichi esterni arrivando a spendere, in quattro anni, ben 9
milioni di euro che si sarebbero potuti risparmiare utilizzando il personale interno.
• La Regione Sicilia, che pur ha portato a compimento il processo di stabilizzazione per il
personale delle Categorie A e B, rimane ancora indietro per quanto riguarda le ultime categorie
di personale rimaste che, tuttavia, operano in settori strategici quali la protezione civile e la
salvaguardia dell’ambiente e dei beni comuni e della cui professionalità non può privarsi.
• Il processo di accorpamento delle società partecipate stenta a decollare ed anziché
semplificare e razionalizzare i processi produttivi, ha posto in essere una serie infinita di
contenziosi che ancora non hanno trovato soluzione all’interno della nascente struttura
societaria. Questo rischia ancora una volta di aumentare i costi e di penalizzare i servizi se non si
giungerà in tempi rapidi alla definizione del percorso societario.
In definitiva, si può dire che il personale che c’è va valorizzato: si tratta di guardare con un occhio
più attento all’organizzazione del lavoro, alla chiara definizione dei profili professionali e alla
conseguente definizione delle dotazioni organiche delle varie strutture.
Si tratta, inoltre, di incentivare i processi di mobilità indirizzando le risorse verso la formazione e
la riqualificazione per dare nuovi elementi motivazionali a personale che da anni si sente di
vivere dentro strutture improduttive e poco rispondenti alle esigenze della collettività.
Occorre riformare il sistema di reclutamento del personale non consentendo più l’accesso
dall’esterno senza procedure di evidenza pubblica, come è avvenuto in questi anni. Alla stessa
stregua va ripristinato un sistema di regole eque e trasparenti per l’attribuzione degli incarichi di
livello dirigenziale e non, con attenta valutazione dei curricula ed con la piena aderenza fra
competenza posseduta ed incarico da ricoprire.
Uno dei cardini principali della riforma dell’amministrazione regionale del 2000 che non è stato
realizzato è stato la separazione fra la politica e l’amministrazione che, al contrario, si sono
sempre più mescolate fra loro con una invadenza della prima ed una incapacità ed assenza di
autorevolezza della seconda che hanno insieme contribuito allo sfascio cui siamo giunti.
Discrezionalità della politica e spoil system vanno rivisti radicalmente così come va rivisto nel suo
complesso il sistema retributivo che in questi anni è andato sempre più in direzione di maggior
favore delle più alte qualifiche dirigenziali a scapito di un livellamento verso il basso delle altre
categorie di personale. È giunto il momento di mettere un tetto alle retribuzioni alte così come
porre fine al cumulo degli incarichi che ha finito con il concentrare sempre più potere e risorse
nelle mani di poche persone.
Infine, ma non per ultime e non per chiudere il discorso che rimane aperto, trasparenza e
legalità. Nonostante le riforme rimaste sulla carta e le roboanti dichiarazioni di questi anni dei
vari esponenti di governo, siamo ancora lontani dal raggiungere questi obiettivi, che invece
devono stare alla base dell’azione di una buona amministrazione.
APPLICHIAMO L’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE
A fronte dello stato di generale degrado della Pubblica Amministrazione della Regione Siciliana, con l’arbitrio, la clientela e l’asservimento assurti a sistema, con lo sperpero delle risorse economiche e la mortificazione di quelle intellettive, con il crollo verticale di fiducia e credibilità nella considerazione dell’opinione pubblica, il governo che si andrà a formare può intervenire con un’azione paradossalmente semplice ed elementare: la riappropriazione e l’applicazione dei principi cardine dell’attività amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
Non servono progetti, proclami, promesse di riforme, generici e parolai: il PROGRAMMA DEVE ESSERE L’ART. 97 !
Principi dell'attività amministrativa
I Principi dell'attività amministrativa sono quei principi a cui deve conformarsi l'attività della pubblica amministrazione, innanzitutto quelli stabiliti dalla Costituzione italiana, e poi quelli stabiliti dalle leggi ordinarie dello stato.
Articolo 97 della Costituzione
« I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il
buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. »
I principi cardine sono:
• Principio di legalità; • Principio del buon andamento; • Principio dell'imparzialità.
Principio di legalità
Il principio sta a significare che la pubblica amministrazione trova nella legge i fini della propria azione e i poteri giuridici che può esercitare e non può esercitare alcun potere al di fuori di quelli che la legge le attribuisce.
Principio del buon andamento
Il principio stabilisce che l'attività della pubblica amministrazione, volta alla realizzazione dell'interesse pubblico, si conformi ai criteri dell'efficacia ed efficienza, che in pratica si traducono in :
1. economicità; 2. rapidità; 3. miglior contemperamento dei vari interessi.
Principio dell'imparzialità
Il principio stabilisce che l'attività della pubblica amministrazione, volta alla realizzazione dell'interesse pubblico, debba essere svolta con imparzialità.
L'imparzialità deve intendersi sia come divieto di qualsiasi forma di favoritismo nei confronti di alcuni soggetti, sia come ugual diritto di tutti i cittadini ad accedere ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione.
Ulteriori principi costituzionali
• principio della responsabilità della pubblica amministrazione, cioè lo Stato e gli enti pubblici sono responsabili per i fatti compiuti dai propri dipendenti; • principio della tutela giurisdizionale del privato contro atti della pubblica amministrazione, cioè contro gli atti della pubblica amministrazione è ammessa sempre la tutela dei propri diritti e dei propri interessi legittimi.
Legge 241 del 1990 [e successive modifiche ed integrazioni]
La legge n. 241 del 1990, mutuando i principi dell’art 97 della Costituzione, ha definito il principio della trasparenza e il principio del diritto all'accesso del procedimento amministrativo.
Dalla loro applicazione ne deriva che:
• il procedimento di formazione dell'atto amministrativo è un procedimento pubblico; • l'avvio del procedimento deve essere portato a conoscenza degli interessati; • gli atti finali del procedimento devono essere esplicitamente e compiutamente motivati; • gli atti finali del procedimento devono essere pubblicizzati; • gli interessati hanno diritto di prendere visione degli atti e dei documenti procedimentali; • gli interessati hanno diritto di ottenere copia degli atti amministrativi.
Alcuni interventi di rapida attuazione per la trasparenza, la razionalizzazione, la
semplificazione, l’economicità e la eco-compatibilità degli uffici della Pubblica
Amministrazione della Regione Siciliana
1) Azzeramento, in autotutela, di tutti gli incarichi privi di motivazione, in quanto illegittimi; non spoil system, quindi, ma rispetto dei principi fondamentali della L. 241/90 sulla trasparenza dei provvedimenti amministrativi; 2) Tutti gli incarichi, a cominciare da quelli riguardanti i Dirigenti Generali, vanno conferiti con procedure ad evidenza pubblica, a seguito di valutazioni comparative dei titoli e dei curricula degli aspiranti e con provvedimenti supportati da motivazioni puntuali, specifiche e non generiche; 3) le competenze vanno assegnate, salvo motivate ed eccezionali ragioni, in relazione allo specifico titolo di studio posseduto per l’assunzione negli organici regionali (vedasi, per la dirigenza, i 453 agronomi, i 350 architetti, i 350 ingegneri, ecc.) ;
4) Le violazioni di cui ai precedenti punti 2-3 costituiscono responsabilità dirigenziale e vanno segnalate immediatamente ed obbligatoriamente alla Procura della Corte dei Conti; 5) Azzeramento immediato di tutte le consulenze esterne; 6) Taglio delle auto blu; 7) Riduzione dei componenti degli uffici di gabinetto ad 8-10 unità; 8) Azzeramento immediato degli Uffici Speciali; 9) Soppressione delle Unità di staff e ripristino delle strutture di segreterie di direzione ante L.R. 10/2000; 10) Riduzione delle Strutture intermedie e UU.OO. prendendo a riferimento i Gruppi di Lavoro ante L.R. 10/2000, con abolizione reale di ogni duplicazione di competenze e funzioni; 11) Pubblicizzazione di tutti gli atti amministrativi in tempo reale perché già in formato elettronico; 12) Accesso immediato agli atti amministrativi; 13) Riconversione delle professionalità interne agli uffici con particolare riferimento agli obiettivi strategici della messa in sicurezza del territorio regionale relativamente al rischio sismico ed al dissesto idrogeologico; 14) Tutto il materiale d’ufficio (carta, plastica, componenti informatiche, RAEE, cartucce e toner di stampanti e fotocopiatrici, ecc.) va soggetto a riciclo totale; il materiale di consumo nuovo deve essere di origine riciclata e fornito da ditte certificate per la qualità di tali prodotti; 15) I titolari degli esercizi di ristorazione all’interno degli uffici regionali sono obbligati, pena la sospensione dei contratti di affidamento, alla raccolta differenziata dei materiali prodotti (umido, plastica, vetro, carta, indifferenziato); i gestori delle apparecchiature di distribuzione automatica di bevande e generi alimentari all’interno degli uffici regionali sono obbligati a fornire a corredo i contenitori per la raccolta differenziata; gli uffici devono dotarsi di eco-compattatori per plastica PET, alluminio e vetro; 16) Le superfici dei tetti degli edifici della P.A. devono essere dotati di pannelli fotovoltaici di ultima generazione.
SCHEDE SINTETICHE SULLE PREROGATIVE AUTONOMISTICHE E SUI
CONTI DELLA REGIONE
Riferimento normativo
Poteri Attribuzioni
Art. 14 Statuto Legislazione esclusiva
a) agricoltura e foreste; b) bonifica; c) usi civici; d) industria e commercio, salva la disciplina dei rapporti privati; e) incremento della produzione agricola ed industriale; valorizzazione, distribuzione, difesa dei prodotti agricoli ed industriali e delle attività commerciali; f) urbanistica; g) lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale; h) miniere, cave, torbiere, saline; i) acque pubbliche, in quanto non siano oggetto di opere pubbliche d'interesse nazionale; l) pesca e caccia; m) pubblica beneficenza ed opere pie; n) turismo, vigilanza alberghiera e tutela del paesaggio; conservazione delle antichità e delle opere artistiche; o) regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative; p) ordinamento degli uffici e degli enti regionali; q) stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato; r) istruzione elementare, musei, biblioteche, accademie; s) espropriazione per pubblica utilità.
Art. 17 Statuto Emanazione leggi, anche relative all’organizzazione dei servizi
a) comunicazioni e trasporti regionali di qualsiasi genere; b) igiene e sanità pubblica; c) assistenza sanitaria; d) istruzione media e universitaria; e) disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio; f) legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato; g) annona; h) assunzione di pubblici servizi; i) tutte le altre materie che implicano servizi di prevalente interesse regionale.
Art. 21 Statuto Presidente Regione Capo del Governo regionale, rappresenta la Regione ed in essa rappresenta il Governo dello Stato, che può tuttavia inviare temporaneamente propri commissari per la esplicazione di singole funzioni statali. Col rango di Ministro partecipa al Consiglio dei Ministri, con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione.
Art. 22 dello Statuto
Rappresentante della Regione nominato dal Governo regionale
La Regione ha diritto di partecipare alla formazione delle tariffe ferroviarie dello Stato ed alla istituzione e regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi ed aerei, che possano comunque interessare la Regione.
Art. 32, 33 e 34 dello Statuto
Patrimonio I beni di demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella Regione, sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato servizi di carattere nazionale. Fanno parte del patrimonio indisponibile della Regione: le foreste, che a norma delle leggi in materia costituiscono oggi il demanio forestale dello Stato nella Regione; le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo; le cose d'interesse storico, archeologico, paleontologico ed artistico, da chiunque ed in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo regionale; gli edifici destinati a sede di uffici pubblici della Regione coi loro arredi e gli altri beni destinati a un pubblico servizio della Regione. Sono altresì assegnati alla Regione e costituiscono il suo patrimonio, i beni dello Stato oggi esistenti nel territorio della Regione e che non sono della specie di quelli indicati nell'articolo precedente. I beni immobili, che si trovano nella Regione e che non sono in proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della Regione .
Art. 36 dello Statuto
Finanza Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto.
Art. 38 dello Statuto
Solidarietà nazionale Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore
ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo.
Normative nazionali sull’ammontare del contributo di solidarietà nazionale e delle somme dovute dalla Regione allo Stato a titolo di avvalimento degli uffici periferici dello Stato ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507 (dati forniti dall’Assemblea Regionale
Siciliana)
Periodo Legge Ammontare del contributo
di solidarietà nazionale
Somme dovute dalla regione
allo stato ai sensi dell’ art.
3, dlvo 507/1948
1/6/1947-30/6/1952 L. 2 agosto 1952 n. 1091 55 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
37 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/7/1952-30/6/1955 L. 9 agosto 1954
n. 634
45 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
22,5 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/7/1955-30/6/1960 L. 21 marzo 1957 n. 176 75 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
37,5 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/6/1960-30/6/1961 L. 27 giugno 1962
n. 886
15 miliardi per un anno
45 miliardi per l’intero
periodo di riferimento (1960-
1966)
1/7/1961-30/6/1966 L. 27 giugno 1962 n. 886 80% delle imposte di
fabbricazione riscosse per
ciascun anno in conto
competenza e residui nelle
tesorerie dell'Isola
1/7/1966-31/12/1971 L. 6 marzo 1968
n. 192
80% idem 42,35 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/1/1972-31/12/1976 L. 1 novembre 1973 n. 735 85% idem 40 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/1/1977-31/12/1981 L. 27 aprile 1978
n. 182
90% idem 40 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/1/1982-31/12/1986 L. 13 agosto 1984
n. 470
95% idem 80 miliardi per l’intero
periodo di riferimento
1/1/1987-31/12/1987 L. 24 aprile 1989
n. 144
86% idem 16 miliardi per l’annualità di
riferimento
1/1/1988-31/12/1988 L. 28 febbraio 1990 n. 38 nella stessa misura dell'anno
precedente
16 miliardi per l’annualità di
riferimento
1/1/1989-31/12/1989 L. 19 marzo 1993
n. 68
1.400 miliardi per anno 16 miliardi per l’annualità di
riferimento
1/1/1989-31/12/1990 L. 19 marzo 1993
n. 68
210 miliardi per un anno 16 miliardi per l’annualità di
riferimento
1991-2000 L. 23 dicembre 1999 n. 488 L'articolo 55 della legge 488/99 (finanziaria 2000) ha
disposto che, a saldo di quanto dovuto dal 1991 al 2000, il
contributo di solidarietà nazionale per tale periodo venisse
corrisposto mediante due limiti di impegno quindicennali,
dell'importo di 56 miliardi di lire a decorrere dal 2001 il
primo e di 94 miliardi di lire a decorrere dal 2002 il secondo.
In relazione alle attualizzazioni di tali assegnazioni verranno
contabilizzate in bilancio 548 miliardi di lire per il 2000 e
921 miliardi per il 2001.
2001-2005 L. 27 dicembre 2002 n. 289 La finanziaria nazionale del 2003 (art. 30 c. 6 l. 289/2002) ha
quantificato in 80 milioni di euro all'anno il contributo di
solidarietà nazionale per gli anni 2001-2005 da corrispondere
mediante limiti di impegno quindicennali a fronte dei quali la
Regione viene autorizzata ad effettuare operazioni
finanziarie di attualizzazione.
2006-2007 L. 23 dicembre 2005 n. 266 La finanziaria nazionale del 2006 (art. 1 c. 114 l. 266/2005)
ha quantificato in 94 milioni di euro il contributo per il 2006
mentre per il 2007 viene autorizzato un contributo
quindicennale di 10 milioni di euro annui, a decorrere dallo
stesso 2007
2008 L. 2 dicembre 2005
n. 248
L’art. 5 comma 3 ter del d.l. 203/2005 ha previsto a titolo di
solidarietà nazionale per il 2008 un contributo quindicennale
di 10 milioni di euro annui, a decorrere dallo stesso 2008
2008-2009 L. 27 dicembre 2006 n. 296 L’art. 1 comma 833 della l. 296/2006 ha quantificato in 60
milioni di euro il contributo di solidarietà nazionale per il
2009, disponendo una ulteriore assegnazione di 60 milioni di
euro, ad integrazione della precedente assegnazione, per il
2008
I conti della Regione (dati forniti dall’amministrazione regionale)
Il Bilancio di Previsione 2012 è di 27 miliardi di euro di cui solo 1.6 miliardi è destinato al pagamento di stipendi e salari.
La spesa corrente prevista è di circa 15 miliardi, quella in c/capitale di11 miliardi circa
Lo stock di debito della Regione al 30 giugno2012 è di euro 5.247.016.053 di cui euro 1.472.292.000 contratti dal 2009 ad oggi.
In rapporto al Bilancio della Regione l’indebitamento è pari al 19,43%.
Per il13,3% circa è a tasso variabile e per il restante 86,7% è a tasso fisso quasi integralmente con la Cassa depositi e prestiti.
Il Rapporto debito pubblico Regione/ Pil Sicilia è del 6% circa.
Il debito è composto da Mutuo 2002 per pareggio di bilancio €224 milioni
Mutuo 2008 per piano di rientro sanità € 2.502 milioni
Mutui 2001 –2011 per investimenti (Cofinanziamento POR, PO Fondi Fas) per € 2.521 milioni;
La Regione Siciliana al 30 giugno 2012 presentava una situazione di cassa analoga in termini di criticità alle dinamiche degli anni precedenti. La illiquidità è generata sistematicamente dal fatto che la Regione è costretta ad anticipare rilevanti importi sul FSR e sui Fondi Strutturali al fine dell’avanzamento della spesa nazionale e comunitarie con ritardi notevoli nella monetizzazione da parte dello Stato e dell’Unione Europea. In particolare la tensione finanziaria di cassa è ascrivibile principalmente alle seguenti circostanze:
PAR FAS 2007 –2013: a fronte di un programma di oltre 3.684.000.000, sono stati effettuati pagamenti da parte della Regione per oltre 790 milioni di euro, le somme spettanti dallo Stato sono circa 884 milioni di euro, ne sono state incassate solo 488 milioni e non sono stati versati oltre 396 milioni, quasi integralmente anticipati dalla Regione Siciliana.
Fondi strutturali 2007 –2013: il quadro è ancora più rilevante. Al 16 luglio 2012 sul FSE sono stati effettuati pagamenti certificati dalla Regione per circa euro 347 mln di cui rimborsati dalla UE e dallo Stato soltanto per circa 80 mln. Il disavanzo di cassa in questo caso è di circa euro 266 mln.
Per il FESR sono stati effettuati pagamenti certificati dalla Regione per circa euro 673 mln di cui rimborsati dalla UE e dallo Stato soltanto per circa 452 mln. Il disavanzo di cassa in questo caso è di circa euro 221 mln.
Complessivamente la Regione Siciliana ha anticipato circa 487 mln di euro
Il mancato trasferimento di circa 400 mln del cofinanziamento sanitario, nonostante il raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio del settore in Sicilia.
A questi macro elementi di illiquidità si aggiungono le anticipazioni ai comuni connesse all'emergenza finanziaria e sanitaria del settore rifiuti (sono stati rilevati debiti di questi verso gli ATO per oltre 1mld di cui 500 mln anticipati ai Comuni).
Complessivamente sono state anticipate operazioni di cassa per circa euro 1.783 milioni. I mandati emessi e non pagati al 30 giugno ammontavano a circa euro 1.600 milioni.
PROPOSTA
PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI
1. PREMESSA
Secondo il Rapporto Rifiuti 2012 dell’ISPRA, nell’anno 2010 la Sicilia ha prodotto 2.610.304
tonnellate di rifiuti urbani. Ciò equivale a dire che nel 2010 ogni siciliano ha prodotto
mediamente 517 kg di rifiuti.
A fronte di questa produzione la raccolta differenziata è stata del 9,4%, che equivale ad una
quantità annua pro capite di 49 kg.
E’ utile confrontare questi dati con quelli nazionali e meridionali, quantomeno per la raccolta
differenziata, poiché l’obiettivo principale del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti è quello
di determinare elevati livelli di raccolta differenziata, che a loro volta genereranno elevati livelli
di recupero di materia, corrispondendo così alle indicazioni contenute nella Direttiva Europea del
novembre 2008 e nel D. Lgs 205/2010.
In Italia la raccolta differenziata si attesta al 35,3%, che equivale al fatto che ciascun italiano in un
anno differenzia mediamente 189 kg di rifiuti urbani.
Il dato relativo alle regioni del Sud Italia indica una raccolta differenziata pari al 21,2%, che
corrisponde ad una produzione pro capite per l’anno in esame di 105 kg.
La Sicilia è la regione che ha fatto peggio in Italia con una produzione di 49 kg.
Il sistema di gestione integrata dei rifiuti in Sicilia non si è mai realizzato su base regionale e
neanche su base territoriale, sebbene vi siano realtà che provano a fare qualcosa nella direzione
della gestione integrata su area.
Dal punto di vista normativo il settore vive uno stato di precarietà permanente che può apparire
definitiva.
In materia di gestione integrata dei rifiuti c'è stata iperproduzione legislativa (L.R. n°9/2010),
sbagliata e spesso contraddittoria perchè ha tentato di indicare nuove regole
di funzionamento in assenza del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti, per la cui stesura era
stata nominata una commissione ad hoc.
Il quadro si è dovuto adattare alla cornice, infatti l’emanazione del Piano Regionale dei Rifiuti è
avvenuta successivamente ai numerosi aggiustamenti della legge n° 9/2010 di regolazione del
sistema dei rifiuti. Poiché il piano approvato non è quello che dovrebbe essere, cioè uno
strumento prescrittivo, ma si limita ad una esercitazione intellettuale, non è difficile prevedere la
situazione caotica in cui cadranno le attività che attengono al governo della gestione integrata dei
rifiuti
Il Piano emanato infatti non indica con precisione quello che bisogna fare per un’efficiente,
efficace, economica e trasparente gestione integrata dei rifiuti, e non consente di conseguenza a
imprese, comuni, associazioni, sindacati di capire qual è lo spazio per loro iniziative.
In sintesi allo stato non c'è programmazione e pianificazione degli strumenti e degli interventi
necessari.
2. IL PIANO DEI RIFIUTI VIGENTE
Solo da qualche giorno è stato adottato un nuovo Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti,
prima vigeva ancora il vecchio piano rifiuti adottato nel 2002 dal Commissario Delegato
all'Emergenza Rifiuti On. Cuffaro. Il Piano prevedeva due cose in aperta contraddizione: Raccolta
differenziata al 65% e 4 inceneritori.
È sempre utile soffermarsi su quel piano perchè ha introdotto nella gestione integrata dei rifiuti
l’elemento della territorialità stretta; vale a dire la costituzione di ambiti territoriali piccoli ed
autosufficienti, in grado cioè di gestire e chiudere al loro interno il ciclo integrato dei rifiuti senza
ricorrere ad impianti e discariche esterne di cui viene negata l’utilità.
Da questa impostazione sono nate 27 società d'ambito che avrebbero potuto raggiungere
l’autosufficienza se la pianificazioni impiantistica fosse stata realizzata secondo le previsioni. Ma
questo non è stato fatto in ragione della vera finalità politica, costituire 27 società per creare 27
strutture di potere e relativi sottogoverni.
Al di là delle dichiarazioni propagandistiche, nei fatti le ATO non avrebbero dovuto occuparsi della
realizzazione degli impianti di compostaggio e di selezione che, siccome utili per raggiungere la
finalità che sta alla base della loro creazione, avrebbero fatalmente messo in risalto il valore
economico contenuto nei rifiuti, accresciuto la consapevolezza collettiva che sulla gestione
corretta dei rifiuti si può costruire sviluppo economico ed occupazionale, rivelato l’insensatezza e
l’inutilità dei 4 mega inceneritori che avrebbero solo bruciato tale ricchezza. Nella strategia
regionale le 27 ATO avrebbero dovuto formare invece il consenso necessario a sostenere la scelta
degli inceneritori
3. UN NUOVO PIANO DEI RIFIUTI
I rifiuti sono una parte importante della vita dei cittadini e sono un elemento essenziale delle
politiche ambientali, di difesa del suolo, di decoro delle città, incidono sugli aspetti economici
dell'amministrazione pubblica e possono essere fonte di risorse per i comuni.
Senza il pieno ed effettivo coinvolgimento dei cittadini ciascun piano nelle sue articolazioni è
destinato a fallire obiettivi e risultati attesi. Per questo è essenziale che il Piano Regionale dei
Rifiuti nasca da un confronto sistematico con associazioni ambientaliste, associazioni dei
consumatori, associazioni civiche, imprenditoriali e sindacali, aperto al confronto e a raccogliere il
contributo di tutte le forme organizzate della cittadinanza.
Il successo del Piano si basa innanzitutto sull’assunto che il problema dei rifiuti ancor prima che
tecnico è un problema civile e culturale.
Con l'approvazione da parte del Parlamento del D. Lgs 152/2006, che prevede la separazione fra
autorità d'ambito e gestore del servizio e degli impianti, è diventata prioritaria la necessità di
adottare un nuovo strumento di pianificazione, programmazione e gestione.
L’urgenza di adottare un nuovo Piano Regionale dei Rifiuti è stata poi rafforzata dall’esito del
referendum sull’acqua nel 2011 che, abrogando l’art. 23 del decreto Ronchi, ha stabilito che la
gestione dell’acqua e dei rifiuti deve rimanere in mano pubblica, assegnando nuovamente ai
comuni la facoltà di decidere se gestire i servizi locali, fra cui i rifiuti, in house providing, o metterli
in gara. Decisione definitivamente confermata con la sentenza della Corte Costituzionale del
20.07.2012.
In un contesto come quello attuale di abbondante produzione legislativa, nazionale ed europea,
che traccia in modo piuttosto netto i confini del campo di iniziativa e gli obiettivi, redigere un
Piano Regionale dei Rifiuti non dovrebbe presentare particolari difficoltà.
Sia la Direttiva Europea, che il Testo Unico Ambientale che le norme regionali convergono, e non
potrebbe essere diversamente, su alcuni punti:
1) Bisogna ridurre gli impatti ambientali connessi alla gestione dei rifiuti
2) Bisogna evitare la produzione di rifiuti ed utilizzare le risorse contenute in quelli già
prodotti
3) Bisogna raggiungere gli obiettivi di riciclaggio assegnati
4) Bisogna rispettare il principio di prossimità e autosufficienza impiantistica
5) Bisogna gestire i rifiuti nel rispetto di una precisa gerarchia in cui prevenzione, riciclaggio e
recupero occupano i primi posti, mentre smaltimento ed incenerimento gli ultimi perché
rappresentano la peggiore opzione ambientale
Sulla base di questi pochi ma precisi capisaldi, va da sé che il nuovo Piano Regionale dovrà fondarsi
sulla raccolta differenziata spinta, sul recupero di materia e dovrà essere in grado di realizzare e
mettere in moto una filiera industriale sostenibile centrata sullo “sfruttamento” dei rifiuti e
sull’utilizzo della materia recuperata.
Ciò che serve in fondo è una visione generale della questione rifiuti per realizzarla nelle condizioni
attuali della Sicilia all'interno del quadro normativo dato.
Attraverso il D. Lgs 22/1997 (decreto Ronchi), il D. Lgs n° 36/2003 (discariche e limite per il rifiuto
urbano biodegradabile), il D. Lgs n° 151/2005 (RAEE rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche), il D. Lgs 152/2006 (Testo Unico Ambientale in sostituzione del Ronchi) e la Direttiva
Europea 2008/98/CE recepita in Italia dal D.Lgs 205/2010, si definisce il quadro normativo che
permette di elaborare un Piano dei Rifiuti coerente con gli obiettivi prima richiamati e che
rappresenta la cornice entro la quale lo stesso Piano Regionale ed i Piani d’Ambito conseguenti,
predisposti dalle nuove Autorità d’Ambito, si concretizzeranno.
4. LA DIRETTIVA EUROPEA
La Direttiva Europea 2008/98/CE del novembre 2008, recepita dalla legislazione italiana mediante
il D. Lgs. 205 del dicembre 2010, si pone come obiettivo strategico “LA SOCIETÀ EUROPEA DEL
RICICLAGGIO” in cui venga evitata la produzione di rifiuti e vengano gestiti correttamente quelli
prodotti per utilizzarli come risorse.
I paesi membri sono tenuti quindi ad adottare tutti gli strumenti legislativi necessari affinché i
territori pervengano ai risultati previsti raggiungendo gli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti
e di recupero di materia da essi stessi definiti.
Il recupero di materia dai rifiuti è posto quindi come elemento centrale per conseguire l’obiettivo
strategico della direttiva europea, aprendo un ampio campo di iniziativa culturale, sociale, politica
ed economica, favorito anche dalle nuove definizioni di rifiuto, prodotto e sottoprodotto e dalla
loro utilizzabilità.
Secondo la direttiva europea e la normativa italiana i rifiuti devono essere gestiti nel rispetto di
una precisa gerarchia che stabilisce un preciso ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore
opzione ambientale
a) prevenzione
b) preparazione per il riutilizzo
c) riciclaggio
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia
e) smaltimento
5. L’ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA NEL PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI
a) La prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti.
Sia il Piano Regionale che, soprattutto, i Piani d’Ambito dovranno prevedere precise misure per
ottemperare a questo dettato.
La prevenzione mirata alla riduzione della quantità di rifiuti prodotti ha bisogno di una attività di
tipo culturale, ma anche industriale e di progettazione.
Bisogna drasticamente intervenire per modificare le abitudini che stanno alla base dell’usa e getta.
Bisogna assumere il principio che fin dalla fase di ideazione e progettazione di un oggetto e/o di un
imballaggio si deve considerare il percorso alla fine del ciclo di vita.
Sarebbe già un ottimo segnale di nuova e corretta tendenza impedire in ogni iniziativa, evento,
manifestazione, sagra l’utilizzazione di stoviglie usa e getta, sostituendole con prodotti riciclabili o
riutilizzabili, lo stesso si dovrà fare nelle manifestazioni nazionali ed internazionali presenziate
dalla Regione Siciliana.
Nell’erogazione di finanziamenti per le attività industriali sarà elemento qualificante l’attenzione
alla riutilizzabilità e riciclabilità dei prodotti.
Le pubbliche amministrazioni saranno chiamate ad applicare categoricamente la legge che le
obbliga ad acquistare almeno il 30% di beni realizzati con materiali riciclati, stimolando così
l’iniziativa imprenditoriale legata al recupero della materia contenuta nei rifiuti.
Le autorità d’ambito in accordo con i comuni provvedono, in fase di redazione del piano d’ambito,
ad identificare dettagliatamente le iniziative e le misure volte alla riduzione della quantità di rifiuti
immessi nel circuito della raccolta, a cominciare dalle attività legate alla GDO, alle attività
commerciali e artigianali.
I comuni saranno chiamati ad utilizzare la leva tariffaria, legando la tariffazione puntuale al sistema
di raccolta, e ad emanare nuovi criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani.
b) La preparazione per il riutilizzo
I beni che non hanno concluso il proprio ciclo di vita, quelli che richiedono interventi minimi per
ritornare a svolgere la funzione per cui sono stati costruiti, i beni che possono essere aggiustati e
riassemblati, costituiscono oggi un volume considerevole di rifiuti che può e deve essere sottratto
alla discarica. E’ una ricchezza riutilizzabile e può essere fonte di lavoro.
Al fine di incoraggiare l’iniziativa imprenditoriale volta al recupero di questi beni le autorità
d’ambito, i comuni e le aziende che eseguono il servizio di raccolta dei rifiuti si attiveranno per
raccogliere questi beni e per individuare dei siti di destinazione al fine di evitare che entrino nel
circuito dei rifiuti.
I siti saranno assegnati a soggetti sociali e/o imprenditoriali individuati in ciascun territorio con i
quali sarà sottoscritto un apposito protocollo che descriva i termini e le forme dell’attività e gli
obiettivi di rientro sul mercato dei beni preparati per il riutilizzo. Tale protocollo sarà lo strumento
che permetterà all’azienda o all’associazione di accedere ad eventuali strumenti di promozione
adottati dalle pubbliche amministrazioni.
Per promuovere tali attività saranno previste misure legislative volte alla creazione di un fondo di
rotazione che funga da strumento di avvio e di sostegno per tutte le forme imprenditoriali e
associative che avranno come oggetto la preparazione per il riutilizzo di questi beni.
Le autorità d’ambito in fase di redazione del piano d’ambito dovranno predisporre un programma
per la promozione della preparazione per il riutilizzo.
c) Il riciclaggio
Al fine di raggiungere gli obiettivi di riciclaggio previsti nella direttiva europea sono obbligatorie
alcune scelte che riguardano:
- Il sistema di raccolta
- La pianificazione degli impianti
- Le iniziative industriali
- Il sistema di raccolta
Il sistema di raccolta più indicato per massimizzare la quantità di rifiuti differenziati è quello porta
a porta.
Affinché il sistema dia il miglior risultato bisogna prevedere una sua corretta organizzazione ed
intense, puntuali e progressive campagne di informazione dei cittadini sul nuovo sistema di
raccolta.
L’informazione ed il coinvolgimento dovranno mirare a massimizzare le raccolte differenziate sia
dal punto di vista quantitativo che qualitativo, in modo da permettere non solo un’elevata raccolta
differenziata ma anche una elevata purezza della stessa che si traduce in maggiore quantità di
materia recuperata .
Per questo sarà necessario un ampio coinvolgimento delle associazioni ambientaliste, dei
consumatori, delle associazioni di volontariato sociale che dovranno essere chiamate a livello
regionale e territoriale a partecipare alla attuazione del Piano.
Adottato il sistema di raccolta porta a porta gli obiettivi di raccolta su base regionale saranno i
seguenti a partire dal primo anno in cui il sistema sarà a regime:
- 1° anno 35% di raccolta differenziata
- 2° anno 50% di raccolta differenziata
- 3° anno 65% di raccolta differenziata
Con successivo provvedimento, alla luce dell’andamento del nuovo sistema di raccolta, saranno
emanati gli obiettivi relativi al recupero di materia.
Pertanto ciascun piano d’ambito e ciascun piano comunale dovrà adottare questo sistema e dovrà
indicare gli obiettivi da raggiungere.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi da questi fissato farà scattare le sanzioni di cui
successivamente.
- La pianificazione degli impianti
Per raggiungere l’obiettivo della società europea del riciclo è necessario che ad un sistema di
raccolta puntuale si accompagni un sistema di impianti diffuso in grado di ricevere i rifiuti, trattarli,
recuperare la materia e riciclarla.
Questo obiettivo si raggiunge attraverso una rete integrata di cooperazione fra impianti di varia
tipologia (trattamento, recupero, riciclo) di proprietà sia pubblica che privata.
Dovendo rispettare la gerarchia di gestione dei rifiuti per conseguire l’obiettivo della società
europea del riciclaggio, saranno privilegiati gli impianti che recuperano materia e fra questi quelli
in grado di recuperare energia e restituire materia, come per esempio gli impianti di trattamento e
recupero dei rifiuti organici per digestione anaerobica.
La distribuzione degli impianti sul territorio deve essere programmata seguendo il principio della
prossimità degli impianti al luogo di produzione dei rifiuti e quello dell’autosufficienza dei bacini.
Questo comporta la necessità di definire le aree a questo destinate.
Il Piano deve prevedere quindi la creazione di distretti eco-industriali in cui sono concentrati gli
impianti necessari, per tipologia e quantità, a garantire sia il recupero di materia dai rifiuti prodotti
nell’eco-distretto, sia la costruzione di una filiera industriale basata sulla lavorazione della materia
recuperata.
- Le iniziative industriali
Nei distretti eco-industriali oltre agli impianti per il trattamento dei rifiuti, devono trovare spazio
anche quelli di iniziativa privata che lavorano e riciclano la materia ottenuta producendo manufatti
da materia riciclata.
L’iniziativa privata potrà collocare, all’interno dell’area definita distretto eco-industriale, impianti
che permettano la valorizzazione dei rifiuti trattati e la produzione di beni utilizzando come
materia prima quella recuperata dal trattamento dei rifiuti.
6. I DISTRETTI ECO-INDUSTRIALI
Il distretto eco-industriale è un’area con popolazione di circa 150.000 abitanti in cui sono
concentrati gli impianti necessari allo sviluppo di una filiera industriale basata sullo “sfruttamento”
dei rifiuti.
Nel distretto eco-industriale quindi trovano spazio sia gli impianti per il trattamento dei rifiuti che
quelli che lavorano la materia recuperata e realizzano prodotti di materia riciclata.
Questo rende evidente il nesso che si determina fra l’obiettivo del recupero di materia e la
possibilità di dare vita a nuove iniziative imprenditoriali in grado di creare nuove opportunità
occupazionali.
Nella regione si devono realizzare 30 distretti eco-industriali
La dimensione e il numero degli eco-distretti è giustificata da diverse ragioni:
- È necessario rispettare i principi di prossimità e autosufficienza
- Gli impianti si giustificano economicamente oltre una soglia minima di rifiuti trattati
- Gli impianti non devono essere troppo distanti dall’area di produzione dei rifiuti per ridurre
gli impatti ambientali e contenere i costi di trasporto e i costi del servizio.
La previsione dei 30 distretti nasce da un lato dalla necessità di garantire ad ogni bacino una
dotazione minima di impianti che consenta l’autosufficienza del territorio, dall’altro dall’esigenza
di rendere economica la realizzazione di impianti di trattamento della frazione biodegradabile dei
rifiuti mediante digestione anaerobica con recupero di biogas per la produzione di energia e con
annesso impianto di compostaggio. La costruzione di un impianto di questo tipo per ogni eco-
distretto consente infatti di produrre e vendere energia, di creare valore e di realizzare una
corretta gestione dei rifiuti.
In questo modo sono rispettati i principi di prossimità ed autosufficienza, ma è anche realizzato un
beneficio economico da restituire al territorio attraverso la riduzione impositiva e finanziando
politiche incentivanti per la crescita della raccolta differenziata.
Nella individuazione dei 30 eco-distretti si deve tenere conto degli impianti esistenti, siano essi
pubblici che privati e, verificatene le condizioni dal punto di vista produttivo ed autorizzativo
nonché la rispondenza alle esigenze di fabbisogno impiantistico distrettuale, vengono inseriti nella
rete. Gli impianti di un eco-distretto non necessariamente debbono essere limitrofi, ma non
possono distare tra loro più di 80km.
Una volta individuati gli impianti esistenti che faranno parte della rete, nella programmazione
bisognerà prevedere la costruzione di quelli nuovi in modo da completare l’assetto impiantistico di
ogni distretto eco-industriale e rendere l’area attrattiva per investitori industriali che intendono
sfruttare la materia ricavata dal trattamento dei rifiuti per la produzione di beni. Questo permette
di ridurre al minimo le distanze di approvvigionamento delle materie prime evitando
inquinamento e costi.
Alcune tipologie di impianti saranno al servizio di più distretti, alcuni saranno a gestione pubblica,
mentre altri potranno essere realizzati e gestiti da soggetti privati.
Gli impianti insediati nei distretti eco-industriali tratteranno sia rifiuti urbani che speciali.
7. LA RETE REGIONALE DEGLI IMPIANTI
La rete regionale degli impianti deve prevedere:
- Centri di raccolta
- Impianti di digestione anaerobica con annesso impianto di compostaggio
- Impianti di selezione dei rifiuti a matrice secca
- Impianti di trattamento meccanico biologico
- Impianti di trattamento dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche)
- Impianti di trattamento degli oli usati
- Impianti di trattamento e recupero di materiale da demolizione e terre da scavo
Centri di Raccolta (isole ecologiche).
Si prevede la presenza di un centro di raccolta ogni 5 mila abitanti. Quindi ogni distretto eco-
industriale dovrà essere dotato di un numero di centri di raccolta non inferiore a 5/7 Sono
autorizzati dai comuni ai sensi del D.Lgs 4/2008 e sono destinati a ricevere rifiuti ingombranti,
rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, batterie e rifiuti che non possono essere
consegnati al servizio pubblico di raccolta. I centri di raccolta sono gestiti dai comuni, sono dotati
di sistemi di pesatura e sistemi di identificazione dei cittadini che consegnano i rifiuti al fine di
poter mettere in atto politiche premiali.
Di seguito vengono riportati a titolo esemplificativo alcuni tipi di rifiuti da conferire ai centri di
raccolta:
Rifiuti ingombranti
Rifiuti di beni durevoli
Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
Rifiuti da demolizioni e ristrutturazioni domestiche
Indumenti usati
Pneumatici fuori uso
Batterie e pile
Farmaci scaduti
Legno
Vetro
Carta e cartone
Plastica
Metalli
Nel rispetto della gerarchia della gestione dei rifiuti stabilita dalla direttiva europea, i materiali
depositati dai cittadini presso i centri di raccolta verranno controllati per individuare quelli da
destinare alla preparazione per il riutilizzo. Quindi i soggetti convenzionati, associazioni,
cooperative o altri, procederanno al recupero di questi materiali attraverso pulizia, manutenzione,
aggiustamenti o altre attività, riportandoli a svolgere la funzione per cui sono stati prodotti, anche
mediante il recupero di componenti, e riducendo di conseguenza la quantità di rifiuti da avviare a
smaltimento.
Impianti di compostaggio
Ogni distretto eco-industriale dovrà avere un impianto di trattamento della frazione
biodegradabile dei rifiuti mediante digestione anaerobica con recupero di biogas per la
produzione di energia e con annesso impianto di compostaggio, la dimensione potrà variare a
seconda della popolazione servita (aree metropolitane, o bacini costituiti da piccoli comuni). In
ogni caso gli impianti dovranno avere una “taglia” in grado di rendere economicamente sostenibile
la loro realizzazione, dovranno essere in grado di produrre energia dal trattamento dei rifiuti e di
restituire materia, come prescritto dalla Direttiva Europea novembre 2008 e dal D.Lgs.
n°205/2010.
Gli impianti di digestione anaerobica e di compostaggio potranno essere realizzati e gestiti da
soggetti pubblici o privati, in ogni caso dovrà essere sempre rispettato il principio di
autosufficienza e prossimità. Prioritariamente saranno utilizzati per il trattamento e recupero dei
rifiuti organici di origine urbana, provenienti cioè dall’attività di raccolta del servizio pubblico.
Impianti di selezione dei rifiuti a matrice secca
Nella attività di programmazione e realizzazione di questi impianti si dovrà tenere conto dei livelli
di raccolta differenziata raggiunti e programmati in modo da scegliere la “taglia” dell’impianto
adatta al territorio nel quale sarà inserito e al volume di rifiuti che deve trattare (questo vale per i
territori che sono sprovvisti di questa tipologia di impianti).
Si stima un fabbisogno di circa un impianto di selezione ogni 300.000 abitanti, cioè di un impianto
per due distretti eco-industriali, per un totale di 15 impianti nella regione, di cui alcuni già
esistenti.
In questi impianti saranno trattati i rifiuti a matrice secca (carta e cartone, plastica, metalli, vetro),
mentre il legno non trattato (cassette e imballaggi, potature da verde domestico sarà avviato a
recupero in impianto di compostaggio
Impianti di selezione di trattamento meccanico biologico
All’interno degli Eco-distretti industriali delle 3 città più popolose della Sicilia (Palermo, Catania e
Messina) saranno collocati 3 impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti con capacità di
trattamento non inferiore a 30.000 tonnellate anno.
Questi impianti serviranno nella fase di avvio del Piano a trattare e recupera la materia che rischia
di essere dispersa da una attività di separazione in casa poco precisa, in una fase consolidata
potranno recuperare materia dagli scarti delle lavorazioni degli impianti di selezione.
La loro collocazione all’interno dei distretti eco-industriali, vicino agli impianti di trattamento e
recupero, serve nella prima fase ad un pretrattamento dei RUR (rifiuto urbano residuale)
provenienti dalle città più popolose volto a selezionare le quantità ancora cospicue di rifiuti
recuperabili da destinare agli impianti specifici, riducendo di conseguenza il peso dei rifiuti
residuali da portare in discarica.
Discariche
In coerenza con l’obiettivo europea della Società del Riciclaggio, il Piano punta al recupero di
materia. La presenza diffusa di discariche e la loro capacità di abbancamento di rifiuti
indifferenziati producono un effetto negativo sulla raccolta differenziata, pertanto è da rivedere il
Piano Regionale delle Discariche, tenendo conto che nella fase di avvio del Piano Regionale di
Gestione dei Rifiuti la presenza di discariche è certamente necessaria.
L’attuale presenza e distribuzione delle discariche in Sicilia è ritenuta sufficiente, considerato che il
raggiungimento degli obiettivi del Piano ridurrà sempre più la necessità di ricorrere alla discarica
allungandone la vita. Tuttavia si potrà presentare la necessità di ulteriori spazi. Questi potranno
essere realizzati nel rispetto di chiare prescrizioni:
- Le discariche oggetto di ampliamento devono distare almeno 15 km dai centri abitati,
- L‘ampliamento della discarica può avvenire solo dopo che i cittadini si saranno pronunciati
attraverso un sistema di consultazione popolare il cui esito sarà vincolante.
Altri impianti
Altri impianti necessari a dotare la Sicilia di una rete di trattamento dei rifiuti in grado di realizzare
un elevato livello di recupero di materia con conseguente risparmio ambientale sono:
- Impianti di trattamento dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Si
prevedono 2 impianti, uno al servizio della Sicilia occidentale ed uno di quella orientale, alla luce di
un crescente recupero di questo tipo di rifiuti e dei nuovi obiettivi assegnati a ciascun paese dalla
nuova Direttiva Europea sui RAEE.
- Impianti di trattamento degli oli usati
- Impianti di trattamento e recupero di materiale da demolizione e terre da scavo
8. LE PROCEDURE AUTORIZZATIVE DEGLI IMPIANTI
Il Piano Regionale deve introdurre criteri e misure per semplificare le autorizzazioni degli impianti.
Uno dei problemi più ricorrenti che scoraggia l’investimento privato è determinato dalla incertezza
e dalla durata dei tempi autorizzativi.
Il successo del Piano è strettamente legato alla diffusa presenza di impianti pertanto dovrà essere
utilizzato un sistema autorizzativo che riduca i tempi e li renda certi.
L’indicazione contenuta in questo Piano è quella di permettere la costruzione e l’esercizio degli
impianti utilizzando le procedure semplificate, PAS (Procedura Autorizzativa Semplificata) o SCIA
(Segnalazione Certificata Inizio Attività) per le tipologie di impianti determinanti per la
realizzazione del Piano quali quelli di trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani
mediante digestione anaerobica con produzione di energia sino a 999 kw/h, gli impianti di
compostaggio annessi con capacità di trattamento sino a 30.000 tonnellate anno, gli impianti di
compostaggio aerobici e gli impianti di selezione dei rifiuti a matrice secca (carta e cartone,
plastica, alluminio, acciaio, vetro) con capacità di trattamento sino a 20.000 tonnellate anno.
9. LA GOVERNANCE
Il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti viene approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana.
Ogni comune siciliano concorre all’approvazione del Piano sottoponendolo al voto del consiglio
comunale che fissa l’obiettivo di raccolta differenziata che il comune intende raggiungere, la
metodologia di raccolta e gli impianti di riferimento.
Il mancato raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata comporta l’automatico
scioglimento del consiglio comunale e la decadenza del sindaco.
Il territorio siciliano sarà suddiviso in 9 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti di norma con
il territorio della provincia, all’interno dei quali sono individuati i vari distretti eco-industriali.
Ogni ATO sarà governato dall’Autorità d’Ambito istituita per la regolamentazione, l’indirizzo, la
programmazione e il controllo della gestione integrata dei rifiuti nel territorio. In particolare
dovrà:
- Pianificare le esigenze del territorio
- Programmare le iniziative necessarie al raggiungimento degli obiettivi del Piano,
prevedendo le necessità impiantistiche, definendo i criteri ed i sistemi di raccolta dei rifiuti
- Verificare e controllare l’effettiva efficacia delle attività poste in essere dando periodica e
costante comunicazione ai consigli comunali, alle organizzazioni politiche, civiche, sindacali ed
economiche
- Vigilare sulla corretta esecuzione dei contratti di appalto
- Svolgere eventuali funzioni di stazione appaltante
L’Autorità d’Ambito è costituita in forma di società consortile ed è composta dall’assemblea dei
sindaci del territorio che elegge un comitato esecutivo ed un presidente, tutti scelti tra i suoi
componenti.
Il presidente assume la rappresentanza della società consortile e dell’Autorità d’Ambito per lo
svolgimento dei compiti previsti dalla legge, dura in carica 3 anni, ed è rieleggibile.
L’Autorità d’Ambito, in accordo con ciascuno dei comuni ricadenti nel proprio territorio,
predispone gli atti per l’assegnazione dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani e per la gestione
degli impianti di proprietà dei comuni o di società da questi partecipate .
Nella predisposizione della gara l’Autorità d’Ambito dovrà tenere conto dell’obiettivo di raccolta
differenziata, della metodologia di raccolta e degli impianti di riferimento stabiliti dal Piano
d’Ambito e riportati nel Piano Annuale di gestione del sistema dei rifiuti comunale, che è parte
integrante del progetto posto a base di gara o affidato all’Azienda Speciale Consortile a cui i
comuni demanderanno la gestione del sistema integrato dei rifiuti.
E’ costituito in ciascun ambito territoriale, un organismo indipendente di controllo denominato
Osservatorio dei Rifiuti dell’Ambito Territoriale a cui sono attribuiti i seguenti compiti
- Verificare l’esatta applicazione del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti nel proprio
territorio
- Verificare l’esatta applicazione del piano d’ambito
- Verificare il raggiungimento degli obiettivi in esso contenuti.
L’Osservatorio d’Ambito è costituito dai rappresentanti della associazioni ambientaliste, dei
consumatori e dei comitati civici. La partecipazione a questo organismo non dà diritto a nessun
compenso.
L’autorità d’ambito, all’interno dei locali utilizzati, mette a disposizione uno spazio all’Osservatorio
per permettere il regolare svolgimento delle funzioni ad esso attribuite.
Il parere dell’Osservatorio d’Ambito è vincolante per le decisioni che dovrà assumere l’Autorità
d’Ambito sulle seguenti questioni:
- Progetto di gestione dei rifiuti nell’ambito territoriale
- Iniziative volte alla prevenzione e riduzione dei rifiuti
- Capitolato d’oneri per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti
- Parametri relativi alla tassa o tariffa
- Definizione dei servizi comunali di raccolta
- Progetto per l’incremento della raccolta differenziata
- Modifica dei progetti di raccolta
- Ubicazione impianti
- Scelta degli impianti.
E’ costituito il Comitato di Controllo del Piano, con sede a Palermo presso l’Assessorato all’Energia
ed ai Servizi di Pubblica Utilità. Il Comitato è un organismo indipendente, costituito da associazioni
ambientaliste, associazioni dei consumatori, associazione dei comuni, associazione degli
imprenditori ed ha le seguenti funzioni
- Verificare la corretta e tempestiva applicazione del Piano Regionale per la Gestione dei
Rifiuti;
- Suggerire correzioni al Piano
- Verificare la tempestività delle autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio degli impianti
- Individuare e segnalare impianti, sistemi, metodologie che meglio possono corrispondere
agli obiettivi del Piano
- Redige una relazione annuale sullo stato di applicazione del Piano e sulle attività svolte.
Il Comitato è un organismo volontario, non ha bilancio, non sono previsti emolumenti, né rimborsi
spese. Si dota di un sito internet e dei collegamenti necessari per lo svolgimento delle proprie
funzioni. I costi per l’avvio dell’attività del Comitato di Controllo del Piano ed quelli relativi al
materiale di consumo sono a carico dell’Assessorato all’Energia ed ai Servizi di pubblica utilità.
10. AZIENDA SPECIALE CONSORTILE
In alternativa all’affidamento esterno mediante gara d’appalto del servizio di gestione integrata
dei rifiuti, i comuni possono scegliere di associarsi e costituire un’Azienda Speciale Consortile, a
totale partecipazione pubblica, per la gestione in house del sistema integrato dei rifiuti o di una
parte di esso (gestione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, servizio di igiene urbana, servizi
accessori, gestione degli impianti).
Nel caso di costituzione dell’Azienda Speciale Consortile e affidamento alla stessa della gestione
integrata del ciclo dei rifiuti, i comuni del territorio, soci dell’azienda speciale consortile, hanno la
facoltà di costituire una propria autonoma Autorità d’Ambito, la cui attività sarà regolata dalla
legislazione vigente.
Al fine di rendere funzionale la gestione integrata del ciclo dei rifiuti secondo i criteri di efficacia,
efficienza, economicità e trasparenza, l’Azienda Speciale Consortile, e la relativa Autorità
d’Ambito, possono essere costituiti anche da comuni ricadenti in territori provinciali diversi ma
limitrofi. In caso di affidamento esterno mediante gara d’appalto le attività legate alla gestione
della tassa o della tariffa relativa al servizio di raccolta e gestione dei rifiuti solidi urbani sarà
trasferita al soggetto gestore dopo un anno dall’entrata a regime del Piano, cioè dopo il
raggiungimento del 35% di raccolta differenziata.
In caso di gestione in house del servizio mediante Azienda Speciale Consortile il trasferimento
delle attività legate alla gestione della tassa//tariffa avverrà al momento dell’avvio dell’attività.
Proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito
Art. 1. (Istituzione del reddito minimo garantito)
1. Al fine di dare attuazione al diritto fondamentale sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e ai principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Costituzione è istituito il reddito minimo garantito.
2. Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro.
3. Le prestazioni del reddito minimo garantito costituiscono livelli essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
4. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge è emanato un regolamento d’attuazione ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Art. 2. (Definizioni)
1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:
a) «reddito minimo garantito»: quell’insieme di forme reddituali dirette ed indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa; le forme reddituali dirette consistono nell’erogazione di somme di denaro, quelle indirette nell’erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata da parte di Stato, Enti territoriali, enti pubblici e privati convenzionati;
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
Art. 3. (Reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito, quanto alla forma reddituale diretta, consiste nella erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l’anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno, rivalutate annualmente sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
2. La persona ammessa a beneficiare del reddito minimo garantito riceve altresì un contributo parziale o integrale per fronteggiare le spese impreviste, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
3. Le somme di cui al comma 1 sono ricalcolate secondo i coefficienti di cui all’allegato A, in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare a carico del beneficiario.
4. L’erogazione in denaro del reddito minimo garantito, per ogni nucleo familiare, è pari alla somma di cui al comma 1, maggiorata secondo i coefficienti di cui all’allegato A. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di erogazione in presenza di minorenni o di più aventi diritto all’interno del nucleo familiare, assicurando il principio di pari trattamento tra i coniugi e tra tutti gli aventi diritto.
5. Le prestazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili dai soggetti beneficiari con altri trattamenti di sostegno al reddito di natura previdenziale, ivi compresi i trattamenti di cassa integrazione, nonché con gli altri trattamenti assistenziali erogati dallo Stato indicati dell’elenco di cui all’allegato B.
6. Le prestazioni previste dal comma 1 sono personali e non sono cedibili né trasmissibili a terzi.
7. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge, tenuto conto dei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sono attribuite ai centri per l’impiego. La domanda di reddito minimo garantito va presentata al centro per l’impiego del luogo di residenza del richiedente. Il centro per l’impiego acquisisce la documentazione necessaria e provvede nel termine di dieci giorni. In caso di mancata risposta la domanda si intende accolta, fatta salva la facoltà di revoca del beneficio in caso di adozione tardiva del provvedimento di reiezione della domanda. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di presentazione, anche telematica, delle domande e stabilisce gli ulteriori compiti dei centri per l’impiego.
Art. 4. (Soggetti beneficiari e requisiti)
1. Sono beneficiari del reddito minimo garantito coloro che, al momento della presentazione dell’istanza per l’accesso alle prestazioni di cui all’articolo 3, siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza sul territorio nazionale da almeno ventiquattro mesi;
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione
della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
Art. 5. (Compiti delle regioni e degli enti locali)
1. In sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per il riconoscimento e l’erogazione di prestazioni di reddito minimo garantito nelle forme dirette e indirette, ulteriori e aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’art. 3.
2. Le linee di guida di cui al comma 1 stabiliscono le modalità con cui:
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
3. Le regioni che intendono partecipare al raggiungimento degli obiettivi definiti nelle linee guida di cui al comma 1, di concerto con i comuni e gli enti locali, stabiliscono un piano d’azione annuale
e un piano d’azione triennale, nel quale definiscono la platea dei beneficiari e il contenuto dei diritti da garantire che eccedono i livelli essenziali di cui all’articolo 3.
Art. 6 (Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
1. Il provvedimento di concessione del reddito minimo garantito ha una durata di dodici mesi. Alla scadenza del periodo indicato il beneficiario che intenda continuare a percepire il reddito minimo garantito è tenuto a ripresentare la domanda al centro per l’impiego competente con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il beneficiario è tenuto a comunicare tempestivamente al centro per l’impiego, con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4, ogni variazione della propria situazione reddituale, lavorativa, familiare o patrimoniale rilevante ai fini dell’erogazione del reddito minimo garantito.
Art. 7 (Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
1. Nel caso in cui uno dei beneficiari di cui all’articolo 4, comma 1, all’atto della presentazione dell’istanza o nelle successive sue integrazioni, dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei requisiti previsti, l’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 3 è sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito ed è escluso dalla possibilità di richiedere l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
2. Il beneficiario decade dal reddito minimo garantito al compimento dell’età di 65 anni ovvero al raggiungimento dell’età pensionabile.
3. La decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 opera nel caso in cui il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa di natura autonoma, ed in tutti i casi, qualora percepisca un reddito imponibile superiore alla soglia di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c).
4. La decadenza opera altresì nel caso in cui il beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal centro per l’impiego territorialmente competente.
5. Non opera la decadenza di cui al comma 4 nella ipotesi di non congruità della proposta di impiego, ove la stessa non tenga conto del salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali in suo possesso certificate dal centro per l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di competenze.
6. In caso di rifiuto, di sospensione o di decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 i centri per l’impiego rendono un provvedimento motivato da notificare all’interessato. Tutte le controversie relative alla presente legge sono esenti da spese.
Art. 8 (Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito è erogato dall’INPS a seguito di comunicazione del centro per l’impiego competente.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS le somme necessarie, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica rendicontazione.
3. Per il finanziamento del reddito minimo garantito di cui all’articolo 3 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale.
Art. 9 (Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riordinare la disciplina delle prestazioni assistenziali erogate dallo Stato di cui all’allegato B, in modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito prevista nella presente legge.
Art. 10 (Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riformare la disciplina degli ammortizzatori sociali, in modo tale da introdurre un sussidio unico di disoccupazione, esteso a tutte le categorie di lavoratori in stato di disoccupazione, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e dall’anzianità contributiva e assicurativa.
Art. 11 (Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di determinazione del compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione lavorativa, inclusi quelli di natura parasubordinata e quelli con contenuto formativo.
2. Il salario base dei lavoratori dipendenti e parasubordinati non può essere determinato in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui al comma 1.
ALLEGATO A – Coefficienti di maggiorazione dl reddito minimo garantito in ragione del
numero di familiari a carico.
Numero di componenti Coefficiente Beneficio erogato
1 1 600
2 1,66 1000
3 2,22 1330
4 2,72 1630
5 3,16 1900
ALLEGATO B – Prestazioni assistenziali erogate dallo Stato oggetto di riordino.
Denominazione della misura Riferimento legislativo
Assegno sociale Legge 335/95
Pensione sociale Art. 26, legge 153/69
Assegno ai nuclei familiari
numerosi Art. 65 legge 488/1998
Assegno di maternità di base Art. 74 del D.Lgs. 151/2001
Pensione di inabilità Legge 118/1971
Indennità di frequenza Legge 118/1971
Assegno di invalidità Legge 118/1971
Pensione per i ciechi Legge 66/1962
Pensione ai sordi Legge 381/1971
Social card minori Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con
modificazioni nella legge 133/2008
Social card anziani Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con
modificazioni nella legge 133/2008