MAGNETOTERAPIA
MAGNETOTERAPIAINNOVATIVA
A BASSA FREQUENZAA SCARICA CAPACITIVA
(1,4 Tesla)
Testo di Marco Montanari
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L'APPARECCHIO ELETTROMEDICALE QUI DESCRITTO
NON E'UN GIOCATTOLO
LA SUA RIPRODUZIONEÈ CONSENTITA
SOLO A SCOPO SCIENTIFICOE/O SPERIMENTALE
NON A SCOPO COMMERCIALEE/O INDUSTRIALE
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INDICE
Pag:
4 UNA MAGNETOTERAPIA INNOVATIVA 4 ACCORATO AVVERTIMENTO AGLI SPROVVEDUTI
5 PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
7 SCHEMA ELETTRICO ( PRIMO MODULO ) 10 “ ( SECONDO MODULO ) 12 “ ( TERZO MODULO ) 13 “ ( ALIMENTAZIONE 12V DC )
14 COSTRUZIONE DELL'INTERFACCIA BIOFISICA
17 ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
19 1° MODULO ELENCO COMPONENTI
20 2° MODULO ELENCO COMPONENTI
21 3° MODULO ELENCO COMPONENTI
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UNA MAGNETOTERAPIA INNOVATIVAColoro che sperimenteranno questa magnetoterapia a bassa frequenza, se in precedenza ebbero la fortuna di usufruire di altre magnetoterapie sempre a bassa frequenza, potranno rapidamente constatare che quella in oggetto supera ogni possibile aspettativa. Non si tratta della “macchina del miracolo”, ma coloro che amano studiare la biofisica delle interazioni tra campo magnetico e tessuti viventi avranno pane per i loro denti. Il seguente elenco non è assolutamente esaustivo dell'idoneità terapeutica di questa magnetoterapia, ma anche in questa forma sintetica è decisamente sbalorditivo:
● Agisce in modo superlativo sul sistema nervoso centrale e periferico. E' da sottolineare l'attivazione endorfinica cerebrale (piacevole sensazione di benessere) che nell'individuo non depresso può essere avvertibile dopo alcuni minuti, nel depresso dopo una o due ore di applicazioni giornaliere con evidenti e durevoli effetti antidepressivi.
● E' preconizzabile l'applicazione in campo oculistico con funzione sia profilattica che terapeutica: maculopatia degenerativa, retinopatia diabetica, glaucoma, traumatismi autonomi e chirurgici.
● E' anche facilmente preconizzabile un ampio spettro dell'azione antinfimmatoria con elevatissima idoneità terapeutica, che si manifesta con sorprendente rapidità non associata all'evocazione del dolore, poiché non sussistono le condizioni biofisiche per generarlo, per cui si presta egregiamente per applicazioni in ambito pediatrico e in tutti i casi in cui il malato viene particolarmente condizionato dal dolore.
I basilari principi biofisici già esposti dall'Autore in altri scritti, in questa magnetoterapia trovano una delle possibili applicazioni pratiche a conferma della loro assoluta validità, ma al contempo si vanno delineando nuovi ed entusiasmanti orizzonti.
ACCORATO AVVERTIMENTO AGLI SPROVVEDUTIE' del tutto evidente che chi legge queste pagine, per la curiosità di sperimentare quanto sopra enunciato, decida di realizzare in fretta e furia il seguente circuito elettronico che appare semplice (l'ovvietà è sempre un'illusione), ma se il costruttore non possiede adeguate conoscenze di elettronica e non conosce il pericolo delle alte tensioni e non sa cosa comporti un circuito non disaccoppiato dalla rete di distribuzione elettrica, invece di sperimentare gli effetti terapeutici dei campi magnetici impulsivi, sarà ricordato come colui che non sapeva che:
CHI TOCCA I FILI MUORE
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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
L'Autore, in un altro articolo, ha già descritto come e quando iniziò a dedicarsi allo studio della magnetoterapia. La prima magnetoterapia fu costruita utilizzando un'accensione elettronica a scarica capacitiva che giaceva inutilizzata col felice connubio di una bobina nata per far parte di un impianto stereofonico che per circa trent'anni ebbe modo di manifestare indubbie doti terapeutiche. L'Autore si impose di seguire una linea di ricerca sistematica nella quale, tra l'altro, figurava l'analisi degli effetti terapeutici dei campi magnetici con intensità crescente (col trascorrere del tempo e dei malanni suoi, di famigliari e amici) che applicò con successo alla magnetoterapia ad alta frequenza, poiché quella a bassa frequenza sembrava non necessitare di miglioramento, essendo in grado di gestire in ambito locale e in modo risolutivo plurime applicazioni terapeutiche che, per l'esattezza, l'Autore ama chiamare “idoneità terapeutica” di un apparecchio elettromedicale. Il solenoide di quest'ultima magnetoterapia che, sempre per l'esattezza, l'Autore genericamente definisce “interfaccia biofisica”, genera un intenso dolore evocato in quanto la durata dell'impulso (esponenziale) è di 1,7 ms, ha una induttanza di 1,86 mH ed una resistenza di 0,62 ohm, mentre la massima intensità del campo magnetico è di circa 0,8 Tesla. Il primo fatto sperimentale che determinò il primo livello di transizione biofisico fu il netto aumento dell'idoneità terapeutica dopo l'inserimento nel solenoide di un nucleo di ferrite che aumentò di 0,86 mH il valore dell'induttanza che in origine era di 1 mH. Attualmente in Medicina il top della ricerca sull'azione dei campi magnetici si colloca a circa 3 Tesla mediante lo sviluppo della rTMS (ripetitive Transcranial Magnetic Stimulation). La suddetta intensità genera l'evocazione di potenziali d'azione direttamente nelle aree cerebrali motorie, quindi deputate al movimento dei muscoli che si contraggono in modo del tutto involontario. Anche quando viene applicata una variazione di flusso subliminare (a scopo antidepressivo e/o antipsicotico) la modalità attuativa è sempre in linea con le attuali conoscenze neurologiche, vale a dire è a carattere anatomofunzionale. E' di fondamentale importanza ricordare che questi fenomeni si ottengono con treni di impulsi (7 – 15 con periodo di 10 ms) di elevatissima corrente in solenoidi privi di nucleo e con durata di circa un millisecondo. E' sorprendente il fatto che non esistono studi sistematici sull'azione terapeutica dei medesimi campi magnetici, ma con durata d'impulso brevissima (dai nanosecondi a qualche microsecondo) in quanto a priori si ritengono inefficaci (l'onnisciente ovvietà acceca sempre le proprie vittime).
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Questa magnetoterapia a bassa frequenza è destinata a soppiantare tutte le altre, soprattutto quelle che derivano dall'errato assioma: “Il campo magnetico produce effetti terapeutici” che viene sostituito da quello in linea con le autentiche acquisizioni scientifiche: “La variazione di flusso di un campo magnetico produce effetti terapeutici”. Traducendo in termini biofisici quanto esposto, la prima affermazione si esprime con la seguente etichetta : “Il vettore H di un campo magnetico produce effetti terapeutici”, mentre con la soprastante e seguente dichiarazione si afferma che: “Il vettore B (di induzione) del campo magnetico produce effetti terapeutici”.
Oggi sappiamo che la Biofisica ammette che la variazione di flusso totale (ΔΦ(B)) può essere di durata infinitesima (Δt → 0). La spiegazione degli effetti terapeutici di questa magnetoterapia è in ambito quantistico, vale a dire in una dimensione biofisica decisamente innovativa, in cui l'equazione di campo di Schrödinger è associabile alle dimensioni della cellula ed a quelle del suo contenuto (interazione con le strutture ed azione strutturata e/o intelligente come prevede la meccanica quantistica); ciò (tra l'altro) consente all'attuale Biofisica d'avanguardia di prevedere il contemporaneo superamento e/o implementazione delle nozioni bioelettriche, neuroendocrine e anatomofunzionali che per oltre un secolo sono state l'unica fonte delle conoscenze neurologiche e, più in generale, biologiche.
La magnetoterapia oggetto di quest'articolo, è un'applicazione pratica di quanto sopra esposto, ma in assoluto è il primo banco di prova pubblico che, in quanto tale, mostra agli studiosi i corrispondenti aspetti tecnici e realizzativi, per cui l'Autore si riserva ogni più ampio diritto di proprietà di quanto di seguito viene presentato sia graficamente sia letterariamente.
L'Autore ama molto ricordare agli studiosi ed agli utenti che gli effetti terapeutici della magnetoterapia e più in generale delle elettroterapie, derivano da un loro uso farmacologico e non taumaturgico (miracolistico), vale a dire che sono sempre necessari idonei apparecchi medicali con annesse altrettanto idonee istruzioni d'uso e manutenzione, la cui applicazione nel tempo, vale a dire col paziente concorso dell'utente, possono generare reali e durevoli effetti terapeutici. Per tempo si intendono: ore giornaliere consecutive, giorni consecutivi, mesi ed anche anni di incessante esposizione a idonei impulsi di campo magnetico.
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SCHEMA ELETTRICO
Si deve premettere che, allo scopo di concedere agli sviluppatori commerciali di esprimersi nel modo migliore in funzione di ciò che di meglio offre il progresso tecnologico, il seguente circuito è stato pensato e realizzato in modo volutamente “arcaico”, poiché il medesimo funzionamento si può ottenere con la moderna componentistica che consente una notevole semplificazione circuitale a cui si associa il minor costo.
Figura 1: Schema elettrico del primo modulo elettronico della magnetoterapia a bassa frequenza a scarica capacitiva. Ai connettori L/F si collega l'alimentazione di rete 230 VAC, mentre A/B si collegano al primario del trasformatore di alimentazione del modulo di controllo (12 V DC). (Progetto dell'Autore)
Il soprastante schema elettrico rappresenta il cardine di questa magnetoterapia. Dall'inizio della sua progettazione fu previsto di racchiudere il circuito in un contenitore ermetico e totalmente isolante (IP55 – IP56) con dimensioni interne di 205,4 x 155,4 mm normalmente reperibile per contenere connessioni elettriche. Da sinistra, i connettori L ed F fanno capo all'alimentazione di rete (230 V AC). I connettori A e B consentono il collegamento al primario del minuscolo trasformatore di alimentazione del secondo e terzo modulo (12 V DC). RL è un relay bistabile bipolare (10 A) con bobina di eccitazione separata funzionante a 230 V AC attivabile mediante il pulsante P normalmente aperto.
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Quest'ultimo componente è previsto per facilitare a chiunque l'avvio e l'arresto dell'apparecchio e per effettuare in sicurezza eventuali ispezioni visive e/o strumentali del circuito; il suddetto relay è sostituibile con un normale doppio deviatore o doppio interruttore con levetta e case plastici, ma è necessario che sia di qualità (una volta esistevano !). Il fusibile è da 1 A Fast, il MOV o Varistore (VDR1) è indispensabile. Segue la lampadina al neon (230 V AC già cablata con resistenza da 100K) di colore verde. In realtà il neon non emette nella banda del verde, per cui la luce appare giallastra. I colori giallo e verde non sono in grado di attraversare la cute, all'opposto il colore rosso (640 nm) si vede anche ad occhi chiusi e, dato che le vere magnetoterapie si usano soprattutto durante la notte (l'uso farmacologico è sempre protratto nel tempo), il colore verde non disturba l'utente. Essendo previsto il totale isolamento galvanico del circuito, la dissipazione termica di quest'ultimo deve essere irrisoria, quindi al posto di una resistenza ohmica pura che dissiperebbe calore, come limitatore di corrente si è preferito usare un'equivalente reattanza capacitiva (Xc) a 50 Hz. E' assolutamente necessario che la tensione di lavoro dei due condensatori sia da 600 a 1000 V. Quando manualmente viene interrotta l'alimentazione la resistenza R1 scarica i condensatori C1 e C2.
Calcolo della reattanza capacitiva a 50 Hz di C1 + C2 (1,22 uF)
Xc=1
2∗ f∗cformula canonica estesa
Xc=156.000
f Hz ∗C uF formula semplificata
Xc=156.00050∗1,22
=2557 ohm
La reattanza capacitiva di 2557 ohm limita l'assorbimento del primo modulo a circa 90 mA che consente la successiva e decisamente drastica soluzione
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circuitale (Bridge – Q1 D1). Il ponte rettificatore, l'Nmosfet e il diodo D1 sono ultra dimensionati rispetto ai dettami puramente teorici, ma coloro che per il futuro non vogliono avere problemi è bene che si adeguino, anche perché il costo non aumenta troppo. Per terminare l'argomento inerente alla dissipazione termica, l'unico componente del circuito che si scalda lievemente è il K1531 (Nmosfet 500V 15A) che è stato dotato di un piccolo dissipatore che lo mantiene a temperatura ambiente. L'Autore rammenta che, allo stato dell'arte, non è possibile costruire vere magnetoterapie portatili alimentate a batteria, ovvero è possibile qualora il progettista fosse culturalmente ancorato al suddetto errato assioma. Il condensatore C3 costituisce il serbatoio di carica elettrica che, tramite l'SCR, si scaricherà in modo subitaneo in L (interfaccia biofisica).C3 deve essere assolutamente antiinduttivo, perciò non esiste nulla di meglio che collegare in parallelo più condensatori, nella fattispecie 7 da 0,22 uF 1000 V per un totale di circa 1,54 uF. La tensione di picco ai capi di C3 è ottenibile con la seguente formula, ammettendo che la rete di distribuzione elettrica fornisca i previsti 230 V:
Vcc(C3) = Vac * 1,414 = 325,22
In pratica, in ambito cittadino la suddetta tensione oscilla da 298 Vcc a 311 Vcc. Quindi, per valutare quanto segue l'Autore ha considerato una costante di 300 Vcc. Il circuito in oggetto, se realizzato con componenti di qualità, può tranquillamente funzionare per molti anni anche nel caso venga usato per molte ore al giorno (tutta la notte).
Nella pagina seguente continua la descrizione del secondo modulo di questa innovativa magnetoterapia a bassa frequenza.
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Figura 2: Schema elettrico del secondo modulo elettronico della magnetoterapia a bassa frequenza a scarica capacitiva. Da sinistra: sensore della carica dei condensatori (partitore resistivo, DZ1, Q1, Q2), controllo della frequenza della scarica (U1), generazione dell'impulso di conduzione dell'SCR (Q3) (Progetto dell'Autore)
Ingrandimento di U1
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Il partitore di tensione composto da R1, R2, R3, R4 unitamente a DZ1, Q1, Q2, hanno lo scopo di abilitare U1 (NE555) quando nel condensatore C3 (primo modulo) si è raggiunta la tensione di 300 V. Il suddetto partitore scarica rapidamente C3 (primo modulo) nel caso di interruzione dell'alimentazione. Il diodo 1N752A manifesta la differenza di potenziale di zener di 5,1V con soli 0,1 mA (5,6V a 20 mA) e ciò ha permesso di semplificare il circuito. Fintanto che ai capi di C3 (primo modulo) non è presente la tensione di 300 V, i terminali 2, 6, 7 di U1 e i terminali dei condensatori C3 + C4 (2 uF) sono posti a massa in quanto Q2 è in conduzione, quindi l'uscita 3 di U1 rimane alta, per cui la parte rimanente del circuito (D6 e Q3) è bloccata. Quando Q2 viene interdetto, cioè ai capi di C3 (primo modulo) si è raggiunta o superata la tensione di 300 V, C3 + C4 si caricano esponenzialmente e la resistenza R7 (3,7K, ottenuta con una resistenza da 1K e una da 2,7K) conferisce un ritardo di circa 7,4 ms, ma inserendo tutto il potenziometro da 1 M il ritardo sale a circa 2,0074 secondi. In pratica, sommando tutti i tempi tecnici, gli impulsi di campo magnetico dell'interfaccia biofisica hanno un periodo minimo di circa 40 ms (25 Hz) e uno massimo di 2 secondi. Dal punto di vista biofisico i suddetti stimoli sono molto più illuminanti se “letti” in funzione del periodo, piuttosto che della frequenza, quindi il potenziometro P1 è collegato in modo che l'escursione (in senso orario) presenti a partire da sinistra il periodo minimo. Quando l'uscita 3 di U1 commuta da alta a bassa, si caricano i condensatori C7 e C8 che rispettivamente consentono la visualizzazione del passaggio in conduzione dell'SCR (25RIA120, 25 A 1200 V, Igt 60 mA) mediante Q3, R9, C9. E' del tutto evidente che sostituendo il suddetto robusto diodo controllato con uno analogo, è probabilmente necessario modificare R9. La temperatura delle attuali abitazioni non scende sotto i 19 °C per cui la corrente di gate (Igt) del suddetto SCR può essere ridotta a soli 25 mA invece dei 60 mA previsti nel datasheet. L'Autore in precedenza aveva impiegato un SCR da 8 A in case plastico che è letteralmente esploso e ciò è una chiara evidenza dell'elevata intensità di corrente che circola nell'interfaccia biofisica.
Nella pagina seguente continua la descrizione del terzo modulo di questa innovativa magnetoterapia a bassa frequenza.
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Figura 4: Schema elettrico del terzo modulo elettronico della magnetoterapia a bassa frequenza a scarica capacitiva. Procedendo da destra verso sinistra: controllo della scarica del condensatore ( D6 R3 ); l'interdizione di Q1 porta in conduzione il mosfet che, cortocircuitando a massa l'alimentazione ne impedisce la ricarica al fine di determinare l'interdizione dell'SCR. (Progetto dell'Autore)
Riguardo al terzo modulo non c'è molto da dire; a tutti gli effetti è una porta invertente (NOT) costruita con componenti discreti la cui uscita mette in conduzione l'NMosfet che a sua volta determina l'interdizione dell'SCR. Il diodo D7 che normalmente è indispensabile, in questo particolare caso si potrebbe eliminare, ma si consiglia di inserirlo in quanto il circuito elettronico di questa magnetoterapia ha un fondamentale ruolo sperimentale e/o didattico.
Nel prosieguo risulterà chiaro che la modalità costruttiva dell'interfaccia biofisica L1 determina il funzionamento puramente quantistico; vale a dire che in questo caso l'interazione tra campo magnetico e tessuti non genera effetti eccitomotori come il fenomeno dell'evocazione del dolore, cioè non esistono eclatanti effetti soggettivi (il malato guarisce quasi senza accorgersene), ad esclusione della già citata attivazione dell'attività endorfinica in ambito cerebrale, ma che non si manifesta sempre in modo eclatante, comunque non è certo difficile farne esperienza.
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Per quanto riguarda l'alimentazione a 12V DC l'Autore ha recuperato un piccolo trasformatore di alimentazione con secondario di 8,3 V AC 200 mA a cui fa seguito un duplicatore di tensione e un alimentatore stabilizzato a componenti discreti, ma si può utilizzare un trasformatore da 15/17V AC 150/200 mA che dopo il ponte raddrizzatore e il condensatore di livellamento, alimenta un integrato tipo 7812 corredato dei condensatori di filtro da 100 nF.
Il circuito montato nel contenitore plastico ed ermetico
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COSTRUZIONE DELL'INTERFACCIA BIOFISICA
Il solenoide costruito dall'Autore per questa particolare magnetoterapia è visibile nella fotografia sottostante. Ha una induttanza di 1113,12 uH e una resistenza di 0,237 ohm, filo di rame smaltato Ø 1,6 mm (compreso lo smalto).
L'interfaccia biofisica poco prima del montaggio definitivo
Il solenoide è stato costruito utilizzando un vecchio rocchetto di materiale plastico in cui era avvolto il filo di lega eutettica di “stagno” per saldature.Le dimensioni esterne sono: Ø 67 mm, altezza 37 mm, foro centrale Ø 24 mm riempito di spezzoni di filo di ferro plastificato Ø 0,7 mm con estensione polare a cupoletta, prominente di circa un centimetro (il colore rosso è vernice con funzione di collante). Nel lato posteriore il nucleo metallico non sporge dal rocchetto. La seguente fotografia rappresenta la forma dell'impulso di corrente che nell'interfaccia biofisica genera un campo magnetico di circa 1,4 Tesla.
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Figura 5: Scarica capacitiva di circa 100 us osservata per via induttiva. Oscilloscopio Tektronix TDS3032. (Fotografia dell'Autore)
La fotografia di Figura 5 visualizza la curva di scarica che termina circa in corrispondenza con la base tempi che è di 100 us. Tenendo presente che il regime della scarica determina la saturazione magnetica del nucleo. La costante di tempo:
(τ = RC) τ0 = 0,237 * 0,000.001.54 = 364,98 ns
risulta aumentata dalla parallela e inseparabile costante di tempo :
(τ = L / R) τ1 = 0,001.113.12 / 0,237 = 4,696 ms
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nel rapporto espresso in secondi:
τ = τ0(s) / τ1(s) = 77,7 us
In questo caso l'induttore ha un comportamento puramente resistivo (vedi curva di scarica). La corrente di picco è di 1265 A (i = V/R) e l'intensità del campo magnetico (1,407945 Tesla) si ricava con la formula seguente:
t =L∗i t Il solenoide in oggetto può essere replicato in forme diverse, tenendo presente di conservare un valore resistivo compreso tra 0,25 e 0,237 ohm. Per quanto riguarda il valore dell'induttanza è necessario dimensionare il nucleo di fili di ferro plastificato normalmente reperibile in ferramenta. Detto nucleo durante l'uso si riscalda e ciò conforta circa l'esattezza dei valori sopra riportati. Meglio sarebbe trovare del filo di ferro ricotto di piccola sezione oppure dei lamierini al silicio per trasformatori o meglio ancora, delle barrette di ferrite rettangolari che aumenteranno l'induttanza, per cui aumenterà anche l'intensità di picco del campo magnetico. Le due fotografie seguenti mostrano la magnetoterapia pronta per l'uso. La cupoletta del nucleo metallico è stata ricoperta da più strati di nastro adesivo trasparente (mylar) in modo da non avvertire alcuna asperità.
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ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il solenoide è più ergonomico se è largo e basso piuttosto che lungo e stretto.E' sufficiente un solo solenoide in quanto si può vantaggiosamente usare il campo concatenato mediante un nucleo mobile di ferrite con cui trasferire il flusso magnetico in zone più profonde del corpo umano. L'estensione polare consente al campo magnetico utile di espandersi assialmente per circa 10 cm. Anche i cavi elettrici (bipolari) di collegamento alla rete di distribuzione elettrica e al solenoide devono essere di qualità con conduttori di buona sezione (non inferiori a 1,5 mm), soprattutto vanno fissati in modo assolutamente stabile, esternamente mediante appositi pressacavi e internamente mediante fascette (vedi fotografie).
L'interfaccia biofisica può essere indifferentemente usata da ambedue le facce del cilindro in quanto non esistono differenze tra l'azione terapeutica del polo Nord e quella del polo Sud. L'estensione polare è utile per centrare certi disturbi molto localizzati oppure per ricercare le aree cerebrali in cui si avverte la già citata sensazione piacevole (attivazione endorfinica) che si manifesta in coloro che ne hanno necessità. In ogni caso il periodo ottimale è circa di 40 ms (25 Hz) e non è escluso che periodi minori aumentino l'idoneità terapeutica di questa magnetoterapia.
Seguono alcune generiche considerazioni circa l'azione biologica dell'impulso di campo magnetico generato da questa magnetoterapia.
● E' assolutamente certo che un impulso di campo magnetico di 100 us (0,000.1 secondi) non svolge un ruolo eccitomotore sia nel SNC sia nei nervi periferici. Quanto esposto è ulteriormente dimostrato dal fatto che questa magnetoterapia non attiva il fenomeno dell'evocazione del dolore, ma permane l'azione antiinfiammatoria ad ampio spettro (effetto magnetoterapico vero e proprio).
● La produzione di endorfine cerebrali mediante impulsi di campo magnetico di 100 us, significa che in primis la loro sintesi è locale (endocellulare) e non dipende in modo diretto dall'attività catecolaminica o di trasmissione del potenziale d'azione. Analoghi effetti di attivazione endorfinica si ottengono mediante metodi biofisici diversi in cui
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l'attivazione endorfinica è sempre associata all'inibizione radicolare e/o dei nervi periferici.
● In base a quanto sopra detto, sembrerebbe che la durata della variazione di flusso di campo magnetico maggiormente utile in ambito terapeutico sia molto inferiore a 100 us (alta frequenza).
● L'azione biofisica del campo appare intelligente ed è sempre utile, non esistono effetti dannosi. Chi è già in equilibrio (riposato, tranquillo, paziente e sereno) soggettivamente non avverte nulla.
Questa magnetoterapia include numerosi elementi di grande interesse biofisico, potendo evocare in ambito biologico delle risonanze elettromagnetiche dal ruolo profilattico e terapeutico, per questo, l'Autore si associa a Gianfranco Galvani, Presidente del Centro di Ricerca Georges Lakhovsky che è certo che la “Medicina sarà ineluttabilmente, in futuro, una Medicina esclusivamente vibrazionale.”
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1° MODULOELENCO COMPONENTI
P = pulsante da pannello normalmente apertoRL = relay bistabile bipolare 230 V 10A – eccitazione separata 230 VACFUSE = 1A FVDR = S20K275 varistore LN = lampadina al neon 230V (verde)
R1 = 2,7 M ½ W
C1 = 0,22 uF 1000 V poliestereC2 = 1 uF 600 V poliestereC3 = 7 x 0,22 uF 1000 V (1,54 uF) poliestere
Bridge = B380C5000D1 = BY255Q1 = K1531 (N mosfet 500V 15A)
L = interfaccia biofisica (vedi testo)
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2° MODULOELENCO COMPONENTI
R1 = 180kR2 = 180kR3 = 6,8kR4 = 1,2KR5 = 6,8kR6 = 4,7kR7 = 3,7k (1k + 2,7K)R8 = 4,7kR9 = 470 ohm (da modificare se cambia Ig dell'SCR)R10 = 1KP1 = 1 M potenziometro lineare
C1 = 22 pF ceramicoC2 = 3,3 nF ceramicoC3 = 1 uF 5% poliestereC4 = 1 uF 5% poliestereC5 = 10 – 100 nF poliestereC6 = 0,1 uF poliestereC7 = 2,2 uF 25 VL elettroliticoC8 = 0,15 uF poliestereC9 = 0,1 uF poliestereC10 = 1000 uF 25 VL elettrolitico
D1 = 1N4007D2 = 1N4007D3 = 1N4148D4 = 1N4007D5 = 1N4148D6 = Led verde Ø 5 mmDZ1 = 1N752AQ1 = D826 (β 300 – 400) – BD139 NPNQ2 = D826 – BD139 NPN Q3 = BD140 PNP U1 = NE555
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3° MODULOELENCO COMPONENTI
R1 = 100 ohmR2 = 1 KR3 = 10 K
C1 = 470 pF ceramicoC2 = 0,1 uF ceramicoC3 = 1000 pF ceramico
D1 = 1N4148D2 = 1N4007D3 = 1N4007D4 = 1N4007D5 =1N4007D6 = 1N4007D7 = BY228 (diodo damper) DZ1 = 9V ½ W
Q1 = D826 – 2N1711 – BD139 NPNSCR = 25RIA120 (25 A – 1200 V – Ig 60 mA)
Articolo pubblicato per la prima volta il 18 novembre 2009Articolo corretto e ripubblicato il 26 aprile 2010
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