Guerra civile siria
Questa voce o sezione tratta un conflitto in corso.
Le informazioni possono pertanto cambiare rapidamente con il progredire degli eventi.
Guerra civile siriana
parte della primavera araba
Situazione militare attuale: Rosso: Forze
governative, Verde:Opposizione, Giallo: Curdi
(Rojava), Grigio: ISIS, Bianco: Fronte al-Nusra
Vedi anche mappe dettagliate di Daraa, Damasco, Aleppo, Deir el-
Zor,Hasaka, Qamishli
Data 15 marzo 2011 - (conflitto in corso)
Luogo Siria, con sconfinamento principale in Iraq e sconfinamenti minori
inLibano, Turchia e Giordania
Esito Conflitto in corso
Sospensione della Siria dall'Organizzazione della Cooperazione
Islamica[1]
Distruzione sotto egida ONU dell'arsenale chimico siriano[2]
Estensione del conflitto su scala regionale[3]
, consconfinamento
principale in Iraq e sconfinamenti minori
inLibano, Turchia e Giordania
Intervento internazionale con bombardamenti aerei su obiettivi
ribelli[4][5]
Schieramenti
Coalizione
nazionale siriana
Esercito siriano
libero
Supporto:
Stati Uniti
Francia
Arabia Saudita
Qatar
Turchia[6]
Formazioni jihadiste:
Fronte al-
Nusra[7]
Fronte
Islamico[8]
Esercito dei
Mujaheddin[9]
Brigata Ahfad al-
Rasul[10]
Altre formazioni
Supporto:
Arabia Saudita
Qatar
Turchia
Stato Islamico[11]
Dal 3 gennaio 2014 in
conflitto anche con il resto
Repubblica Araba di Siria
Forze armate siriane
Forza Nazionale di Difesa
Shabiha[12]
Jaysh al-Sha'bi[13]
Brigata Al-Abbas[14]
Resistenza Siriana
Iran
Corpo delle Guardie della
rivoluzione islamica[15]
Hezbollah[16]
FPLP-CG[17]
Milizie sciite irachene e altre
formazioni[18]
con ruoli di supporto diretto:
Russia[19]
Iraq[20]
con ruoli di supporto indiretto:
Cina
Corea del Nord[21]
Venezuela
Bielorussia[22]
Algeria[23]
Egitto[24]
Comitato
Supremo
Curdo (DBK)
Consiglio
Nazionale Curdo
Partito
dell'Unione
Democratica
Unità di
Protezione
Popolare(YPG)
Unità di
Protezione delle
Donne (YPJ)
Brigata
Internazionale di
Liberazione
Partito dell'Unione
Siriaca
Sutoro
Governo
Regionale del
Kurdistan
Peshmerga
Dwekh Nawsha
Milizie assire e altre
formazioni
con ruoli di supporto
diretto:
delle forze ribelli.
PDK[25]
UPK[25]
PKK[26]
YJA Star
Iraq
Coalizione
internazionale
anti-ISIS a guida
statunitense
Comandanti
Esercito siriano libero:
Abdel al-Ilah al-
Bachir[27]
(Capo di stato maggiore ESL)
Salim Idris (Capo di
stato maggiore ESL [Dic
2012-Feb 2014])
Riyāḍ al-Asʿad(Capo
di stato maggiore ESL [Lug
2011-Dic 2012])
Muṣṭafā Aḥmad al-
Shaykh (Capo del consiglio
militare ESL [Mar 2012-Dic
2012])
Jamal Maarouf(Capo
del Fronte dei Rivoluzionari
Siriani)
Coalizione Nazionale
Siriana:'
Hadi al-
Bahra(Presidente)
Ahmad
Jarba(Presidente [Lug 2013-
Lug 2014])
George
Sabra(Presidente [Apr 2013-
Lug 2013])
Bashar al-
Assad(Presidente)
Fahd Jāsim al-
Furayj(Ministro della Difesa)
Dāwūd
Rājiḥa†(Ministro della Difesa
[Ago 2011-Lug 2012])
Muḥammad Ibrāhīm
al-Shaʿār (Ministro degli
Interni)
Walīd al-
Muʿallim(Ministro degli
Esteri)
Ali Abd Allah
Ayyub(Capo di stato maggiore
esercito)
Issam Hallaq (Capo di
stato maggiore aviazione)
Māher al-
Assad(Comandante 4ª
Divisione Corazzata)
Issam
Zahreddine(Brigadiere
Generale Guardia
Repubblicana)
Soheil
Salih Muslim
Muhammad (Leader Partito
dell'Unione Democratica)
Barack Obama
Muʿādh al-
Khaṭīb(Presidente [Nov
2012-Apr 2013])
Mujaheddin:
Abu Muhammad al-
Jawlani[28]
(Leader Fronte
al-Nusra)
ʿAbd al-Qādir
Ṣāliḥ†[29]
(Comandante
Brigata al-Tawhid)
Aḥmad Abū
ʿĪsā[30]
(Leader Fronte
Islamico)
Abū Bakr al-
Baghdādī (Califfo Stato
Islamico)
Abu Mohammad al-
Adnani (Portavoce Stato
Islamico)
Abu Omar al-
Shishani (Comandante Stato
Islamico in Siria)
Hassan[31]
(Comandante
"Tiger Force")
Qāsim
Sulaymānī(Comandante
della Forza Quds)
Hassan
Nasrallah(Segretario Generale
Hezbollah)
Vladimir Putin
Effettivi
Esercito Siriano
Libero: 40.000 -
50.000[32]
Fronte Islamico:
45.000[33]
Fronte Al-Nusra:
15.000[34]
Stato Islamico di Iraq e
Forze armate siriane:
200.000 soldati (2011)[39]
178.000 soldati (2013)[40]
Forza Nazionale di
Difesa: 80.000
Shabiha: 10.000[41]
Jaysh al-Sha'bi:
50.000[42]
Brigata al-ʿAbbās:
10.000[43]
40.000 –
45.000[46]
combattenti
Levante:
8.500[35]
(2013) -
50.000[36]
5.000[37]
-
20.000[38]
combattenti
non siriani
Hezbollah: 5.000[44][45]
'Milizie irachene: 4.000 -
5.000[45]
Perdite
91,854–137,854 ribelli
siriani uccisi
27.000 ribelli catturati o
dispersi
37.010 jihadisti di ISIS e
al-Nusra uccisi (fonte
SOHR, ottobre
2015)[47]
52.077 soldati delle forze
armate
35.235 paramilitari della
Forza Nazionale di Difesa
e altre milizie affiliate al
governo
971 Hezbollah
3.395 altri miliziani non
siriani
(fonte SOHR, ottobre
2015)[47]
680 combattenti YPG
uccisi nel 2015 (fonte
YPG)[48]
200.000 morti totali (marzo 2011-agosto 2015, fonte ONU)[49]
471.000 morti totali (marzo 2011-dicembre 2015, fonte SOHR)[50]
~ 7.600.000 sfollati interni (luglio 2015, fonte UNHCR)
~ 4.000.000 rifugiati all'estero (luglio 2015, fonte UNHCR)[51]
[mostra]
V · D · M
Guerra civile siriana
La guerra civile siriana (in arabo: الحرب األهلية السورية , al-Ḥarb al-ahliyya al-sūriyya) o crisi siriana è
una guerra civilescoppiata in Siria nel 2011 tra le forze governative e quelle dell'opposizione, e che viene inserita
nel contesto più ampio della primavera araba.
Il conflitto è iniziato il 15 marzo 2011 con le prime dimostrazioni pubbliche, si è sviluppato in rivolte su scala
nazionale, per poi divenire guerra civile nel 2012 ed è ancora in corso.
Le iniziali proteste hanno l'obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Baššār al-Asad ed eliminare la
struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba'th. Col radicalizzarsi degli scontri si aggiunge con sempre
maggiore forza una componente estremista di stampo salafita che, anche grazie agli aiuti di alcune nazioni sunnite
del Golfo Persico, si pensa possa aver raggiunto il 75% della totalità dei combattenti[52]
. Tali
gruppi fondamentalisti hanno come principale obiettivo l'instaurazione della Shari'a in Siria[53]
.[54][55]
A causa della posizione strategica della Siria, i suoi legami internazionali e del perdurare della guerra civile, la
crisi ha coinvolto i paesi confinanti e l'intera comunità internazionale. Gli organi dirigenti del Partito Ba'th e lo
stesso presidente appartengono alla comunità religiosa alawita, una branca dello sciismo che è tuttavia minoritaria
in Siria. Per questo motivo, le nazioni a maggioranza sciita sono intervenute a protezione del governo siriano. Sia
l'Iran che l'Iraq cercano di mantenere un governo alleato che permette di creare una macroregione che arrivi fino
al Libano. Sia combattenti iracheni che iraniani sono presenti a fianco dell'esercito regolare[56][57][58]
. Il fronte dei
ribelli è invece stato sostenuto dalla Turchia[59]
e soprattutto dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia
Saudita e Qatar che mirano a contrastare la presenza sciita in Medio Oriente[60][61][62][63]
. In ambito ONU si è
verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti, Francia e Regno Unito che hanno espresso sostegno ai
ribelli[64][65]
e Cina e Russia che invece sostengono il governo siriano sia in ambito diplomatico che militare[66][67]
.
La delicata composizione etnica siriana[68]
si è fortemente riflessa negli schieramenti in campo. Sebbene le prime
manifestazioni antigovernative avessero uno spirito "laico" e avessero coinvolto tutte le principali città del paese,
incluse quelle a maggioranza alawita (come Latakia[69]
), il perdurare della crisi ha polarizzato gli schieramenti,
portando la componente sciita a sostenere il governo insieme a gran parte delle minoranze religiose, che hanno
goduto della protezione del governo laico del Partito Ba'th[70][71]
. Il fronte dei ribelli rimane composto
prevalentemente da sunniti anche se non costituiscono un blocco compatto. Parte della popolazione sunnita
continua a sostenere il governo[72]
. Sono sunniti alcuni membri del governo e buona parte dell'esercito[73][74][75]
,
nonché la stessa moglie di Bashar al-Assad. Le stragi perpetrate dalle componenti fondamentaliste dei ribelli nei
confronti delle minoranze religiose in Siria[76][77][78]
hanno portato le Nazioni Unite a definire la guerra civile come
un "conflitto di natura settaria"[79]
.
Le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze governative e i miliziani Shabiha di usare i civili come
scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro, di adottare la tattica della terra bruciata e di eseguire
omicidi di massa. I ribelli anti-governativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani tra cui torture, sequestri,
detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili[80][81]
.
L'accezione "guerra civile" per descrivere il conflitto in atto è stata usata il 15 luglio 2012 dal Comitato
Internazionale della Croce Rossa che ha definito la crisi siriana un conflitto armato non internazionale.[82]
Indice
1Dati sulle vittime
2Il contesto storico-politico
3Cronologia degli eventi
o 3.1Avvisaglie della crisi (gennaio 2011 - febbraio 2011)
o 3.2L'inizio della rivolta (marzo 2011)
o 3.3La diffusione (aprile 2011 - maggio 2011)
o 3.4L'inizio della lotta armata (giugno 2011 - ottobre 2011)
o 3.5Lo scoppio della guerra (novembre 2011 - marzo 2012)
o 3.6Le uccisioni di civili (aprile 2012 - giugno 2012)
o 3.7Le battaglie di Damasco e Aleppo ed il fronte curdo (luglio 2012 - agosto 2012)
o 3.8L'avanzata dei ribelli (settembre 2012 - dicembre 2012)
o 3.9L'ascesa del fondamentalismo islamico (gennaio 2013 - marzo 2013)
o 3.10La battaglia di Qusayr (aprile 2013 - giugno 2013)
o 3.11La rottura nel fronte ribelle (luglio 2013 - agosto 2013)
o 3.12Il mancato intervento statunitense contro Assad (settembre 2013)
o 3.13La ripresa dell'offensiva governativa (ottobre 2013 - dicembre 2013)
o 3.14L'incontro di Ginevra (gennaio 2014 - febbraio 2014)
o 3.15I ribelli in difficoltà (marzo 2014 - maggio 2014)
o 3.16La rielezione di Assad (giugno 2014)
o 3.17La proclamazione del califfato da parte dell'ISIS tra Siria e Iraq (giugno 2014 - agosto 2014)
o 3.18L'intervento internazionale contro l'ISIS (settembre 2014 - gennaio 2015)
o 3.19Le forze governative in difficoltà (febbraio 2015 - maggio 2015)
o 3.20La grande avanzata curda nel nord (giugno 2015 - settembre 2015)
o 3.21L'intervento russo (ottobre 2015 - gennaio 2016)
o 3.22L'escalation ad Aleppo e la tregua (febbraio 2016)
o 3.23L'arretramento dello Stato Islamico (marzo - luglio 2016)
o 3.24L'assedio di Aleppo (luglio 2016 - presente)
4Le forze in campo
o 4.1Forze filogovernative
o 4.2Forze ribelli
o 4.3Forze curde
5I combattenti stranieri nelle forze ribelli
6Impiego delle armi chimiche
7Il coinvolgimento di altri Stati
8Sconfinamenti nei paesi limitrofi
9Schieramenti navali
10Note
11Bibliografia
12Voci correlate
13Altri progetti
Dati sulle vittime
Sebbene nel gennaio del 2014 l'ONU avesse dichiarato che non avrebbe più aggiornato i dati sul numero delle
vittime,[83]
nell'agosto del 2014 ha pubblicato uno studio che documenta l'uccisione di 191.369 persone nel
conflitto da marzo 2011 a fine aprile 2014. Di queste, il 9.3% sono donne (contro l'83.8% di uomini) e almeno
8.803 sono minori di 18 anni. Lo studio non riporta le percentuali di combattenti e di civili tra le vittime.[84][85]
L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), un'organizzazione non governativa con sede a Londra, ha
documentato 260.758 morti tra marzo 2011 e dicembre 2015, di cui poco meno di un terzo sono civili (oltre
76.000); i restanti due terzi sono combattenti, con una leggera prevalenza di caduti tra i combattenti governativi e
filo-governativi (oltre 95.000) rispetto ai combattenti anti-governativi moderati ed estremisti (oltre 85.000, di cui
oltre 45.000 ribelli siriani e curdi, e 40.121 jihadisti appartenenti principalmente a Stato Islamico e al-Nusra).[50]
Secondo i dati dell'UNHCR (aggiornati al 29 agosto 2015), i rifugiati siriani espatriati sarebbero 4.088.078 (quasi
quanto la popolazione dell'intera Irlanda), molti dei quali all'interno di Libano e Turchia. A questi si aggiungono
inoltre circa 7,8 milioni di siriani sfollati all'interno del paese.[86][87]
Il contesto storico-politico
Lo stesso argomento in dettaglio: Bashar al-Assad e Storia della Siria.
Il partito Baʿth, di ispirazione laica e inizialmente legato al socialismo arabo e al panarabismo, fin dalla sua
fondazione neglianni quaranta ha evidenziato la sua caratteristica interconfessionale essendo i suoi tre ideatori un
cristiano, un alawita e un sunnita. Il Baʿth in Siria assunse un ruolo di primo piano a seguito del disfacimento
della Repubblica Araba Unita (RAU) nel 1961 e il successivo caos politico. Una serie di colpi di stato militari,
durante i quali, nel 1962, venne introdotto lo stato di emergenza che di fatto sospende la maggior parte dei diritti
costituzionali dei cittadini, definisce la nuova classe dirigente siriana. L'8 marzo 1963 un nuovo colpo di stato
porta al governo il partito attraverso il "Comando Rivoluzionario del Consiglio Nazionale", composto da ufficiali
dell'esercito e funzionari civili. Ḥāfiẓ al-Asad, ha l'opportunità di esercitare una grossa pressione sul governo nel
1966, quando un nuovo golpe permette al Partito Baʿth di eliminare tutti gli altri partiti politici e Hafiz diventa
ministro della Difesa.
A seguito dell'indebolimento del governo dopo la guerra dei sei giorni con Israele e dei dissidi interni al partito, il
13 novembre 1970 Ḥāfiẓ al-Asad conquista la guida del partito e la presidenza della repubblica. La Siria visse un
periodo di stabilità con un sistema di governo verticistico, monopartitico e repressivo. Asad, in maniera simile agli
altri leader arabi sviluppa anche un forte culto della personalità. La stabilità della nazione, garantita anche
dall'appoggio dell'URSS, permette importanti riforme infrastrutturali, mentre la laicità garantita dal partito
garantisce una forte tutela alle numerose minoranze religiose presenti in Siria. La minoranza alawita di cui Assad
fa parte riceve però i vantaggi maggiori, garantendosi i posti più importanti nell'amministrazione pubblica e nei
gradi delle forze armate. Nel 1982 Ḥāfiẓ al-Asad deve affrontare una grave insurrezione di matrice islamica,
guidata dalla locale branca dei Fratelli Musulmani che porta all'assedio della città di Hama e alla dura repressione
degli insorti per mezzo dell'esercito e dell'aviazione. La stima dei morti varia, da una cifra minima delNew York
Times di almeno 10.000 cittadini siriani uccisi[88]
, ai 40.000 stimati dal Comitato siriano per i diritti umani[89]
, di
cui 1000 soldati.
Gli anni '90 portano ad un avvicinamento della Siria all'Occidente a seguito del sostegno all'Operazione Desert
Storm contro l'Iraq di Saddam Hussein e al tentativo di siglare un accordo di pace con Israele. Nel 1999, alla
notizia della designazione come successore alla presidenza del figlio Baššār al-Asad, scoppiano delle violente
proteste a Lattakia tra la polizia e i seguaci di Rifāʿat al-Asad, fratello di Ḥāfiẓ che sperava di succederlo alla
presidenza. Ḥāfiẓ al-Asad, gravemente malato di cuore, muore un anno dopo, il 10 giugno 2000. Come
programmato, gli succede Baššār al-Asad, anche grazie a un rapido emendamento costituzionale che permette di
abbassare da 40 a 34 anni l'età minima per essere eletti presidente. Viene eletto col 99,7% dei voti.
Il nuovo presidente Baššār al-Asad, figlio di Ḥāfiẓ e salito alla presidenza repubblicana nel 2000, tra le prime
questione politiche si trova ad affrontare la questione dell'indipendentismo curdo. Infatti nel 2004 scoppiano una
serie di rivolte nel nord della Siria. La più grave nella cittadina di Kamichlié, quando durante una partita di calcio,
alcune persone cominciano a sventolare bandiere curde. La violenta reazione della polizia causa almeno 30 morti
e la protesta dilaga in molti altri centri sfociando in scontri anche con la comunità araba. Baššār non modifica la
rigida struttura di controllo della popolazione, la censura della stampa libera e continua a non permettere la
formazione di partiti politici di opposizione. Inoltre si incrinarono i rapporti con l'Occidente a seguito
dell'appoggio a Saddam Hussein durante la guerra all'Iraq del 2003, l'appoggio a movimenti
considerati organizzazioni terroristiche secondo l'Unione europea come Hezbollah e Hamas e il coinvolgimento
nell'assassinio dell'ex-Primo Ministro libanese Rafīq Ḥarīrī.
Baššār al-Asad dichiarò che il suo Stato era immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in
Egitto.[senza fonte]
Buthayna Sha'bān, un consigliere presidenziale, diede la colpa agli ambienti clericali sunniti e alle
loro prediche che incitavano alla rivolta, così come aveva fatto lo "shaykh informatico" egiziano (ma residente
in Qatar) Yusuf al-Qaradawi in un suo sermone da Doha il 25 marzo 2011. Secondo il The New York Times il
governo siriano ha chiamato solamente le unità dei servizi segreti in mano agli alauiti per reprimere la rivolta, ciò
poiché secondo alcuni il fratello minore del presidente, Maher al-Assad, comanda la IV Divisione mentre il
cognato, Assef Shawkat, era Capo di Stato Maggiore delle forze armate siriane.[senza fonte]
Cronologia degli eventi
Avvisaglie della crisi (gennaio 2011 - febbraio 2011)
La prima fase dell'insurrezione contro il governo siriano è caratterizzata da una serie di manifestazioni di piazza
organizzate attraverso i social network sulla scia di iniziative simili che si stavano diffondendo in Vicino Oriente e
Nord Africa (Primavera araba).
In un'intervista concessa al quotidiano statunitense Wall Street Journal, Baššār al-Asad si dice convinto del fatto
che siano necessarie riforme e che si stia costruendo una "nuova era" in Vicino Oriente, mentre in altri paesi
del Nordafrica si svolgono manifestazioni di piazza senza precedenti.[90]
La mobilitazione indetta però in Siria per
il 4 e 5 febbraio, in contemporanea con la "giornata della partenza" proclamata in Egitto, nel 2011, non ottiene il
risultato sperato e scarse risultano le adesioni da parte della popolazione, soprattutto per la paura di ritorsioni da
parte degli organi di sicurezza[91]
. Il giorno prima si era rivelato un insuccesso un sit-in indetto davanti alla sede
del Parlamento "in segno di solidarietà con studenti, lavoratori e pensionati privi di reddito".[92]
Per limitare le possibili aggregazioni di manifestanti, il governo attua una politica di censura su Internet,
impedendo l'accesso a Facebook, Twitter e YouTube[91]
. Tuttavia il 10 febbraio Damascoapre definitivamente
ai social network e dopo 5 anni fa cadere il divieto che ne prevedeva l'oscuramento.[93]
La decisione di eliminare
le limitazioni, secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo al-Waṭan (La Patria), dimostra "la fiducia
del governo nell'uso della rete". Secondo l'opposizione il libero accesso ai social network sarebbe un tentativo
delle autorità siriane per contrastare attività sediziose contro il regime.[93]
Il 17 febbraio però Tal al-Mallūḥī,
giovane blogger siriana, viene condannata a cinque anni di carcere dall'Alta corte per la sicurezza dello Stato, con
l'accusa di aver lavorato per conto della Cia.[94]
L'inizio della rivolta (marzo 2011)
Dal 15 marzo la Siria è di nuovo percorsa da timide manifestazioni anti-regime, che però solo a Dar'a, città della
Siria meridionale, capoluogo della regione agricola e tribale del Hawran (tra le più povere del paese), sfociano dal
18 marzo in proteste di massa senza precedenti, represse con le forze militari.[95][96]
Numerose persone rimangono
uccise durante gli scontri. Il governatore della regione, Fayṣal Kulthūm, il 23 marzo viene rimosso dall'incarico
dal presidente siriano.[95]
Nonostante l'annuncio delle riforme dato il giorno prima dal portavoce del presidente, il 25 marzo le proteste
proseguono e sfociano in scontri che provocano numerose vittime a Dar'a, Latakia eSamnin.[97]
Il 26 marzo, mentre manifestazioni si svolgono a Darʿā, i partecipanti al funerale delle vittime dei giorni
precedenti danno alle fiamme la sede locale del partito Baʿth e manifestazioni si svolgono anche a Latakia, dove il
giorno successivo si apprende che almeno 12 persone (secondo l'opposizione 20), tra cui una decina di militari,
rimangono uccise negli scontri.[98][99]
A Darʿā ancora il 28 marzo persone scese in strada per protestare contro lo
stato di emergenza sono fatte oggetto di attacchi a colpi di arma da fuoco da parte della polizia. Nello stesso
giorno il vice presidente siriano annuncia che il presidente Asad prenderà decisioni che saranno "gradite al popolo
siriano".[100]
Il 30 marzo, durante la repressione delle manifestazioni, rimangono uccise altre 25 persone a Latakia.[101]
.
Parallelamente alla repressione delle manifestazioni, il presidente siriano Bashar al-Assad offre una serie di
concessioni. Scioglie il governo e nomina l'ex ministro dell'Agricoltura Adel Safar nuovo Premier.[102]
La
coscrizione obbligatoria viene ridotta da 21 a 18 mesi. Viene rimosso il governatore della provincia di Darʿā.
Vengono fatte promesse per la diminuzione delle tasse e la revisione dei salari[103][104]
.
Assad accusa forze straniere di fomentare la rivolta e condanna i media satellitari come Al Jazeera di sobillare i
rivoltosi.[105]
La diffusione (aprile 2011 - maggio 2011)
Situazione delle proteste in Siria al 15 aprile 2011
Manifestazione filogovernativa aDamasco l'8 aprile 2011
Aprile si apre con imponenti manifestazioni che interessano tutte le maggiori città del Paese, ma è a Dar'a, nella
Siria meridionale, che si concentrano gli scontri più violenti. A partire dall'8 aprile, numerosi manifestanti
rimangono uccisi nel corso di scontri che durano alcuni giorni.[106][107]
.
A Dar'a, diventata il fulcro delle proteste, viene per la prima volta schierato l'esercito siriano che con 6.000 uomini
e mezzi corazzati cinge d'assedio la città[108][109]
. Oltre 400 sono i decessi registrati dall'inizio della protesta,
mentre circa 500 persone sono tratte in arresto.[110]
Oltre a Dar'a, la protesta dilaga in diverse città della
Siria:Latakia, Homs, Damasco e Aleppo dove attivisti dei diritti umani riferiscono di numerosi morti e centinaia di
feriti.[111]
Il 22 aprile un raduno di manifestanti a Damasco contro il regime viene disperso a colpi di fumogeni.[112]
. Altre
proteste si svolgono contemporaneamente a Kamichlié e Amuda[112]
. In un sobborgo a nord della capitale, Duma,
si registrano alcuni morti a seguito di scontri tra polizia e manifestanti, così come in altre città siriane[113][114]
. Nel
corso della giornata, che vede man mano estendersi la protesta in numerose città del paese, oltre 100 persone
muoiono a seguito della repressione[115]
.
Manifestazione a Baniyas il 29 aprile 2011: il "venerdì della rabbia"
Venerdì 29 aprile manifestazioni si svolgono in numerosissime piazze del paese, compresa Der'a, e per la prima
volta compaiono organizzazioni dichiaratamente islamiste, come la clandestina Fratellanza Musulmana messa
fuori legge nel paese.[116][117]
Dopo un sanguinoso attacco contro la città di Baniyas (una delle roccaforti della
protesta) il 7 maggio, l'11 maggio anche la città di Homs, e soprattutto il quartiere di Bab Amr, sono al centro di
una vasta operazione dell'esercito siriano[118]
.
A metà maggio una trentina di manifestanti risultano aver perso la vita negli scontri degli ultimi tre giorni tra
manifestanti e forze di sicurezza a Tall Kalakh, nella Siria occidentale a ridosso del confine con il Libano[119]
.
Durante il "venerdì delle libertà" proclamato per il 21 maggio, circa 40 persone vengono uccise dalle forze di
polizia nel corso di manifestazioni nella provincia occidentale di Idlib e nella città di Homs[120][121]
.
Per tutto il mese di maggio le proteste si susseguono ed aumenta il numero dei morti, arrivando a oltre 1.000. Si
contano anche 10.000 arresti tra gli attivisti[122]
. A partire dalla fine di marzo, la piazza si riempie anche di
manifestazioni a favore del governo caratterizzate da una grande quantità di persone, una buona organizzazione e
una forte visibilità sulle televisioni nazionali. Manifestazioni si svolgono
a Damasco[123][124]
, Aleppo[125]
, Tartus[126]
e Lattakia[127]
.
Inoltre il governo continua ad accogliere parte delle richieste dei manifestanti. Il 21 aprile viene eliminato lo stato
di emergenza, che era una delle principali richieste[128]
.
L'inizio della lotta armata (giugno 2011 - ottobre 2011)
La bandiera della Repubblica di Siria in uso tra il 1932 e il 1958 e adottata nuovamente nel 2011 dall'opposizione siriana.
Il 4 giugno 2011 avviene, per la prima volta, un'azione di protesta in cui i dimostranti prendono le armi e
reagiscono violentemente agli apparati di sicurezza. Accade a Jisr ash-Shugur, nella provincia di Idlib, vicino al
confine con la Turchia. I dimostranti aggrediscono le forze di polizia uccidendo 8 persone e prendono il controllo
della locale stazione di polizia, saccheggiandola e distribuendo le armi contenute al suo interno[129]
. Gli scontri
continuano per una settimana, nella quale i gruppi armati uccidono un totale di 120 poliziotti[130]
.
La reazione del governo è delle più dure. Oltre all'esercito, vengono dispiegati i carri armati e alcuni elicotteri[131]
.
Solo il 12 giugno viene ristabilita la calma in città. Grazie alla vicinanza con la Turchia, 10.000 residenti fuggono
dalla battaglia oltrepassando il confine[129]
.Altre manifestazioni, più pacifiche, compaiono a Maarat al-
Numaan[132]
e Aleppo[133]
.
Il 3 luglio 2011 ad Hama si svolge la più imponente manifestazione contro il governo[134]
. La circostanza è
particolarmente delicata in quanto è la prima azione di ribellione di questa città dopo la sanguinosa insurrezione
del 1982 e l'organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani è qui ancora molto forte. L'intervento del governo è
immediato: viene inviato l'esercito e in un mese viene riportata la calma in città a costo di più di 200 morti[135]
. La
durissima repressione del governo, senza che si fossero verificate reali ostilità da parte dei dimostranti, genera la
prima forte protesta sul piano internazionale, principalmente da Stati Uniti[136]
e Unione europea[137]
.
Fin da inizio giugno, quando la repressione si intensifica, si registrano casi di diserzione da parte di membri della
polizia e dell'esercito[129]
. Il 29 luglio 2011, un gruppo di ufficiali disertori crea L'Esercito siriano
libero (ESL)[138]
. Questo evento modifica sensibilmente l'evoluzione dell'opposizione, che, di fatto, si trasforma in
un vero e proprio esercito combattente con lo scopo di destituire il governo baatista. L'ESL comincia a creare una
catena di comando e ad organizzare i gruppi ribelli, armandoli e addestrandoli. Le due principali città
siriane, Damasco e Aleppo, registrano alcune manifestazioni di opposizione, ma il numero di partecipanti è molto
basso e non si verificano significativi atti di repressione[139]
. Le piazze principali sono invece teatro di oceanici
raduni di manifestanti filogovernativi[140]
.
Il 23 agosto 2011 i vari gruppi di opposizione in esilio creano il Consiglio nazionale siriano (CNS) con sede
a Istanbul[141]
. L'intento è quello di creare un punto di riferimento politico per l'opposizione siriana e creare un
interlocutore con l'ESL. Tuttavia l'opposizione rimarrà sempre un insieme poco amalgamato di gruppi politici da
molto tempo in esilio (quindi con poca conoscenza della reale situazione in patria) e diviso su linee ideologiche,
etniche e religiose[142]
.
Con la nascita dell'ESL, gli scontri diventano molto più violenti e, al posto delle dimostrazioni di piazza, si
verificano atti di guerriglia, sabotaggio e imboscate. Un esempio è la Battaglia di Rastan, combattuta tra il 27
settembre e il 1º ottobre 2011 in cui i ribelli riescono a sconfiggere l'esercito regolare e allontanarlo dalla città per
4 giorni[143]
. Le forze armate governative reagiscono mettendo in campo l'aviazione e la marina[144]
. Per tutta la
durata di ottobre in Siria si registrano combattimenti in tutte le città, soprattutto a Idlib e nel
suo governatorato[145]
.
Lo scoppio della guerra (novembre 2011 - marzo 2012)
Lo stesso argomento in dettaglio: Referendum costituzionale siriano del 2012 e Bombardamenti di Homs nel
2012.
Sebbene a livello internazionale la crisi siriana non venga ancora ufficialmente considerata una guerra civile, sul
campo si verifica un'escalation degli scontri causata anche dal flusso continuo di disertori che ingrossano le file
dell'ESL[146]
. L'evento più significativo è la serie di attacchi che a fine ottobre vengono compiuti dall'Esercito
Siriano Libero nella città di Homs. Vengono uccisi 37 soldati[147]
. La reazione dell'esercito regolare incontra un
livello di resistenza mai incontrato prima e, a differenza delle operazioni svolte a Dar'a e Hama, la rivolta non
viene sedata[129]
. L'ESL riesce a conquistare i quartieri nevralgici della terza città siriana e costringe l'esercito ad
un'azione di difesa. Il corrispondente di Sky News, Stuart Ramsay, descrive la situazione a Homs come una
"chiara zona di guerra"[148]
. A causa della tenace resistenza dei ribelli, Homs verrà in seguito definita la "Capitale
della rivoluzione"[149]
.
L'assedio di Homs, anche a causa della sua durata, provoca anche i primi chiari scontri settari tra civili,
prevalentemente musulmani sunniti e alawiti[150]
. Questi ultimi considerati come sostenitori del regime de facto.
Tra novembre e dicembre l'ESL si alimenta grazie alle continue diserzioni[151]
e aumenta il numero e l'intensità
degli attacchi. In soli due mesi vengono attaccati: la sede dei servizi segreti dell'aeronautica a Damasco, la sede
del Partito Baath e un edificio dell'intelligence a Idlib e un aeroporto militare vicino Homs[152]
.
Il 15 dicembre, grazie a un'imboscata, i ribelli uccidono 27 soldati a Dar'a. È l'attacco singolo più sanguinoso
finora avvenuto[153]
. Il 28 dicembre, di fronte alle difficoltà sorte nel combattere una guerra asimmetrica, il
presidente Bashar al-Assad fa nuove concessioni agli oppositori e libera 755 detenuti politici.[154]
Tra le
concessioni più importanti vi è la modifica della costituzione, che, tra i punti fondamentali, prevede il tetto alla
possibilità di ricandidatura del presidente a 2 mandati ed elimina la citazione del Partito Baʿth come partito unico
in Siria[155]
. La nuova costituzione viene sottoposta a referendum il 26 febbraio e approvata[156]
.
A gennaio 2012 non si verificano più manifestazioni pacifiche di piazza, che lasciano il posto al conflitto armato
su larga scala[157]
. L'Esercito siriano libero ottiene importanti vittorie in tutto il paese: a Zabadani l'opposizione
controlla l'intera città[158]
e avanza nei dintorni di Damasco, soprattutto nella città di Duma[159]
, dove l'esercito
regolare è costretto a ritirarsi. A Idlib, dopo una lunga serie di scontri, i ribelli controllano parte della città[160]
.
Nel governatorato di Homs l'opposizione armata, dopo una settimana di scontri, ottiene il pieno controllo della
città di Rastan e delle cittadine nei dintorni[161]
. L'esercito regolare, decimato dalle defezioni, è costretto alla
ritirata. Sebbene l'Esercito siriano libero costituisca l'ossatura dell'opposizione armata in Siria, a inizio gennaio
compaiono altri gruppi paralleli che operano in maniera più autonoma. Tra essi quello più importante è il Fronte
al-Nusra che si costituisce il 23 gennaio[162]
. Il gruppo è inizialmente composto da membri della branca irachena
di Al-Qaeda (Stato Islamico dell'Iraq) che combatte la presenza americana nel paese. I membri siriani
dell'organizzazione, inclusi militanti di nazionalità irachena, tornano in patria vedendo nella crisi siriana
l'opportunità di rovesciare il governo di Asad e instaurare uno Stato islamico basato sulla sharia.
Il Fronte al-Nusra, rappresentante l'ala più radicale del fondamentalismo sunnita, opera in maniera indipendente e
con finalità diverse rispetto all'ESL. Tuttavia elementi di entrambe le fazioni combattono insieme contro le truppe
regolari siriane. Il gruppo introduce tuttavia una strategia di attacco molto più violenta basata anche su attentatori
suicidi che eseguono singoli attentati contro istituzioni governative con finalità di puro terrorismo. La strategia
degli attacchi suicidi, generalmente per mezzo di auto-bomba, viene inaugurata nel distretto Al-Midan
di Damasco il 6 gennaio 2012 con la morte di 26 persone, tra cui molti civili[163]
. L'esercito siriano, inizialmente in
difficoltà di fronte ai successi dei ribelli, organizza una controffensiva il 2 febbraio che dura circa due mesi e
permette al governo di arginare l'avanzata dei ribelli nel Governatorato di Damasco. Il risultato più importante
viene ottenuto nella città di Idlib che il 15 marzo viene riconquistata dopo giorni di combattimenti[164]
.
Alla fine di marzo 2012 il computo totale dei morti in Siria sale a 10.000[165]
.
Le uccisioni di civili (aprile 2012 - giugno 2012)
Situazione a giugno 2012. Il rosa chiaro indica le aree di conflitto, le zone rosse quelle conquistate dall'ESL.
L'avanzata dei ribelli in molte aree del paese estremizza la reazione del governo. Vengono utilizzati elicotteri
d'assalto nei centri abitati[166]
e nelle città i soldati governativi impiegano negli attacchi sempre più spesso le
milizie shabiha. Tali bande, composte prevalentemente da siriani di religione alawita e senza una reale struttura
organizzativa, sono composte da giovani spesso legati alla criminalità comune. Le bande di shabiha compaiono in
maniera concomitante alle prime manifestazioni antigovernative del 2011, dove sono protagonisti di gesti di
violenza contro i dimostranti. È forte il sospetto che oltre ad essere "tollerate" dal governo, siano una vera e
propria milizia non ufficiale[167]
. Con l'acuirsi della crisi le milizie vengono impiegate nelle azioni più violente
contro i ribelli e i civili considerati sostenitori dell'opposizione. Tale impiego dovrebbe proteggere l'esercito
regolare da eventuali accuse di violazione dei diritti umani.
A partire da aprile 2012 l'abuso nell'utilizzo degli shabiha provoca una serie di massacri della popolazione civile
che culmina nei due episodi più gravi: la strage di Hula[168][169]
, in cui vengono uccise a sangue freddo 108
persone[170]
, e quella di Al-Qubeir[171][172][173]
, dove vengono uccise 78 persone[174]
.
In entrambi i casi il governo siriano cerca di negare l'accaduto attribuendo la responsabilità ai gruppi
ribelli[175][176]
. L'eco delle stragi, amplificate dai media, provoca per la prima volta una forte reazione
internazionale. A fine maggio molte nazioni espellono l'ambasciatore siriano per prendere le distanze dal governo
di Baššār al-Asad[177][178]
. Da giugno 2012, vedendo le difficoltà nella gestione della crisi da parte del governo
siriano, molte Nazioni straniere cominciano a prefigurare una prossima caduta di Bashar al-Assad e sostengono
apertamente il fronte dei ribelli[179]
.
La Nazione più attiva è la Turchia che fornisce armi all'ESL e dà rifugio ai vertici militari
dell'opposizione[180][181]
. USA[182][183]
, Francia[184]
e Gran Bretagna[185]
cominciano a fornire equipaggiamenti e
finanziamenti, mentre l'Unione europea inasprisce l'embargo sulla Siria[186]
.
Gli Stati del Golfo Persico, in maniera simile a quanto avvenuto durante le rivolte della Primavera Araba, da
aprile 2012 finanziano e inviano armi ai ribelli[187][188]
. I destinatari sono prevalentemente i gruppi di
ispirazione salafita[189]
.
La presa di posizione a favore dei ribelli di molte Nazioni, provoca la reazione degli Stati tradizionalmente alleati
della Siria. La Russia, che ha un accordo con il governo di Asad per l'utilizzo del porto di Tartus, invia del
personale tecnico per la formazione dei militari siriani[190]
. L'Iran, che teme di perdere un prezioso alleato
regionale, in aprile comincia ad inviare armi e finanziamenti al governo siriano[191]
. Sul campo i ribelli continuano
a guadagnare terreno, avanzando nelGovernatorato di Idlib[192]
e soprattutto conquistando il 10 luglio la cittadina
di Al-Qusayr[193]
, posizionata strategicamente su un valico di confine con il Libano e sulla strada che conduce
dalla costa ad Homs.
Le battaglie di Damasco e Aleppo ed il fronte curdo (luglio 2012 - agosto 2012)
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Damasco e Battaglia di Aleppo.
Graffito a Damasco recante il simbolo dell'ESL e la scritta: "Stiamo arrivando".
Nel mese di luglio le forze ribelli continuano a mantenere l'iniziativa e scatenano la più imponente offensiva
contro il governo siriano tentata finora. Le due principali città siriane: la capitale Damasco e Aleppo, cuore
commerciale del paese, fin dal 2011 non erano state teatro di forti manifestazioni antigovernative e finora erano
state colpite dal conflitto solo in maniera marginale[140]
. A Damasco i ribelli erano stati fermati a inizio anno
prima che entrassero nei sobborghi della città. Successivamente i danni più ingenti erano stati singoli attacchi
terroristici per mezzo di autobomba[194][195][196]
contro obiettivi militari o governativi. Anche nella città di Aleppo,
a parte poche manifestazioni di piazza[133]
, non si erano mai verificati scontri armati e la città veniva considerata
una roccaforte filo-governativa[197]
. I dintorni di Aleppo invece, a partire da febbraio, erano stati oggetto
dell'avanzata dei miliziani dell'ESL che provenivano dalle loro roccaforti intorno a Idlib e dal confine turco[198]
.
A metà luglio i ribelli attaccano entrambe le città. All'operazione partecipano sia l'Esercito siriano libero che tutte
le formazioni islamiste. Il 15 luglio 2012 inizia laBattaglia di Damasco[199]
, denominata "Operazione Vulcano di
Damasco"[200]
. L'operazione coinvolge brigate ribelli appositamente spostate dalle aree a nord del paese[201]
. I
miliziani si riversarono in città dando luogo ad una serie di scontri a fuoco con l'esercito regolare e applicando la
tattica della guerriglia cittadina[202]
.
Il 18 luglio una bomba distrugge il quartier generale della Sicurezza Nazionale. Nell'attentato muoiono alti
dirigenti militari e del governo[203]
. La contemporanea offensiva ribelle verso le aree centrali della città fa
presagire ad un imminente crollo del regime[204]
.
Tuttavia, anche a causa del mancato sostegno popolare dei cittadini di Damasco, i ribelli non riescono a
consolidare le posizioni conquistate e le forze armate siriane riescono ad organizzare una controffensiva che
allontana i ribelli verso le zone periferiche della città, di cui riescono a mantenere il controllo[205]
. LaBattaglia di
Damasco è una dura sconfitta per l'ESL anche per la sua immagine. Infatti per la prima volta si crea una
spaccatura tra i settori della società che solidarizzavano con le prime manifestazioni pacifiche e i ribelli armati.
Il 19 luglio 2012 inizia la Battaglia di Aleppo[206]
, denominata dai ribelli la "madre di tutte le battaglie"[207]
,
considerando la scala e l'importanza dell'obiettivo. L'attacco, quasi contemporaneo a quello di Damasco, coglie
alla sprovvista le truppe governative, orientate alla difesa della capitale. I ribelli, attaccando da sud-ovest e nord-
est, riescono ad entrare in città, raggiungendo il centro storico[208]
. La contemporanea conquista dei ribelli delle
strade di collegamento con la frontiera turca permette di aprire un vitale canale di approvvigionamento[209]
.
A inizio agosto i ribelli controllano buona parte della città, riuscendo ad unire i due fronti di attacco. Tuttavia
grazie al martellante uso dell'aviazione e dell'artiglieria pesante, l'esercito regolare riesce a bloccare l'avanzata
delle milizie ribelli e a respingerli dal quartiere strategico di Salaheddine[210]
. La battaglia non si conclude ma si
trasforma in una logorante guerra di posizione, caratterizzata da poche modifiche territoriali, con ribelli ed
esercito governativo che controllano ognuno circa il 50% della città[211]
.
Sempre nel mese di luglio, a Erbil, in Iraq, i due principali partiti che rappresentano la popolazione di
etnia curda siriana, minoranza etnica a lungo discriminata dal governo, siglano un accordo che prevede la
formazione di un organo politico unitario (il Comitato Supremo Curdo) e la "liberazione" delle aree a
maggioranza curda, in modo da implementare un governo autonomo[212]
. La posizione curda è di fatto
completamente indipendente sia dai ribelli che dal governo centrale. I ribelli sono considerati degli alleati[213]
, ma
vengono visti con scetticismo per i legami instaurati con la Turchia e la presenza delle fazioni islamiste[214]
. Il
governo centrale viene considerato il vero nemico ma, di fatto, durante le prime dimostrazioni la repressione è
stata molto meno violenta rispetto alle zone arabe. Inoltre la nuova dirigenza curda vuole operare in modo da
mantenere inalterata l'amministrazione pubblica siriana, per poi gradualmente sostituirla con quella curda[215]
.
Il 19 luglio 2012 le Unità di Protezione Popolare (YPG), braccio armato del Comitato Supremo Curdo, iniziano la
campagna di liberazione del Kurdistan Siriano entrando in armi nelle città di Ayn al-Arab, Amuda ed Efrîn[216]
. La
reazione delle forze governative (polizia ed esercito) è estremamente debole: le città vengono abbandonate senza
combattere[217]
. Il giorno successivo vengono occupati altri villaggi intorno al confine turco[218]
.
La mossa successiva dell'YPG fu la conquista della città di Qamishli, la più grande città siriana a maggioranza
curda nell'est del paese. Tuttavia la forte presenza di popolazione araba e di forze di sicurezza governative porta ai
primi scontri armati[219]
. Il numero di combattenti YPG sovrasta i militari siriani che si ritrovano presto
completamente circondati[220]
. In città si genera una "guerra fredda" tra le due fazioni per cui da un lato le truppe
regolari rimangono nelle loro caserme, ma dall'altro l'amministrazione statale della città viene mantenuta[221]
.
Entro il 24 luglio, in meno di una settimana dall'inizio delle ostilità, le forze curde occupano tutte le città a
maggioranza curda nel nord del paese. L'operazione comporta un numero ridottissimo di perdite sia per i Curdi
che per le forze governative[222]
. La veloce e indolore avanzata curda è dovuta a due fattori: il sostegno popolare
assoluto nelle aree a maggioranza curda e la volontà del governo siriano di focalizzarsi sui territori a maggioranza
araba. La presenza dell'YPG nelle città del nord di fatto "libera" le truppe siriane che vengono dislocate nelle aree
"calde" del paese[223]
.
Il 2 agosto il Comitato Supremo Curdo annuncia la liberazione della maggioranza del territorio
del Kurdistan siriano[224]
.
L'avanzata dei ribelli (settembre 2012 - dicembre 2012)
Il periodo successivo alle battaglie di Damasco e Aleppo, vede i ribelli nuovamente all'attacco in tutte le zone del
paese. Il conflitto si allarga all'intero territorio nazionale.
A Damasco l'esercito siriano allarga l'operazione che aveva permesso l'allontanamento dei ribelli dai quartieri
centrali e attacca i sobborghi esterni controllati dagli insorti. L'intenzione è sfruttare la momentanea
disorganizzazione dei ribelli in ritirata per mettere definitivamente al sicuro la città. Ad agosto l'esercito regolare
riconquista la cittadina strategica di al-Tall, a nord della città e sulla strada che porta nella regione di Qalamun[225]
.
I ribelli avevano qui ammassato le truppe per tentare un nuovo assalto a Damasco[226]
.
Le truppe governative riescono ad avanzare anche nei sobborghi a sud[227]
e ad est della capitale[228]
. La
riconquista delle zone periferiche di Damasco viene condotta con estrema brutalità dall'esercito, che utilizza in
larga misura artiglieria, elicotteri da combattimento e milizie Shabiha[229]
. La popolazione di alcune cittadine
periferiche è infatti solidale con gli insorti e gli attacchi non tengono conto del loro status di civili[230][231]
.
Emblematica è la situazione di Darayya, roccaforte degli insorti posizionata sulla strada per l'aeroporto di Mezze.
Il bombardamento martellante e l'azione delle milizie filogovernative lascia sul campo più' di 400 morti, la
maggior parte vittima di esecuzione[232][233][234]
.
L'operazione termina a fine settembre, quando l'esercito consolida le posizioni acquisite, che corrispondono a
quelle antecedenti alla Battaglia di Damasco.
Miliziani dell'ESL festeggiano la conquista della cittadina di Helfaya (governatorato di Hama).
Si susseguono scontri per tutto il mese di ottobre, con piccole alterazioni dello status quo[235][236][237]
. Nello stesso
periodo l'ESLconduce una campagna di omicidi mirati di vertici politici e militari[238]
.
A novembre i ribelli scatenano una nuova offensiva su Damasco avanzando dalle roccaforti a sud e ad est della
città[239]
. A fine novembre l'offensiva ottiene come successi la chiusura dell'aeroporto civile di Damasco e la
cattura di due basi militari a Hajar al-Aswad (sud) e Ghuta (est) dove vengono instaurati i centri direzionali
dell'ESL[240]
. L'afflusso di armi e finanziamenti permette ai ribelli di migliorare le strategie di attacco e di
difendersi anche contro l'aviazione.
L'avanzata dei ribelli viene rallentata dall'afflusso di nuove truppe regolari smobilitate dalle campagne e a prezzo
di un gran numero di perdite[241]
. L'offensiva rallenta e si prolunga per tutto dicembre e gennaio. I successi più
significativi per i ribelli avvengono sul fronte est, dove riescono a conquistare tutto il sobborgo di Ghuta. A sud
invece l'esercito lancia una vittoriosa offensiva suDarayya[242]
.
Il fallimento dei continui assalti alla città da parte dei ribelli sono dovuti al dispiegamento delle truppe migliori da
parte del governo che vuole difendere la città a oltranza ed evitare le condizioni che avevano portato ad un passo
dal crollo del regime nel luglio 2012. Tuttavia il richiamo di un così ingente numero di soldati lascia sguarniti gli
altri fronti interni. Soprattutto a nord della Siria, neigovernatorati di Idlib e Aleppo, l'ESL, in collaborazione con
le milizie jihadiste, dilaga soprattutto nelle zone rurali, riuscendo a controllare gran parte dei punti di frontiera con
la Turchia, vitali per l'afflusso di armi e combattenti[243][244][245]
. Verso la fine di settembre viene spostato il centro
di comando dell'ESL dalla Turchia alle aree controllate[246]
.
Il successo strategicamente più' significativo è la conquista della città di Maarrat al-Nu'man tra l'8 e il 13 ottobre.
Essa è uno snodo fondamentale che collega Damasco, Aleppo, Idlib e la costa. La Siria viene in questo modo
tagliata in due[247]
. Il 28 ottobre viene sottratta al controllo dell'esercito anche l'ultimo sobborgo di Idlib:
Salqin[248]
. La successiva conquista della cittadina di Saraqib permette di isolare completamente Idlib e Aleppo
anche dalle regioni costiere[249]
. La costa, ovvero i governatorati di Lattakia e Tartus, sono filogovernativi.
L'atteggiamento della popolazione è radicalmente cambiato rispetto alle prime manifestazioni del marzo 2011,
quando nelle principali città costiere erano scoppiate dimostrazioni di protesta molto numerose. Tale cambiamento
è sintomatico della radicalizzazione della guerra civile e la sua deriva settaria. Infatti le regioni costiere, a
maggioranza sciita alawita (la stessa religione della famiglia Assad) subiscono il fondamentalismo
sunnita salafita dei gruppi jihadisti e la criminalizzazione da parte dei membri dell'ESL. Ad Aqrab, nel dicembre
2012, i ribelli compiono il massacro della popolazione civile di fede alawita, uccidendo circa 125 persone[250]
.
Inoltre la presenza dei combattimenti genera un deterioramento dell'ordine pubblico causata dall'assenza di
organismi statali riconosciuti. La criminalità comune aumenta sensibilmente, spesso confondendosi e
appoggiandosi alle forze ribelli. Si susseguono saccheggi e rapimenti a scopo estorsivo[251]
.
Situazione nella città di Aleppo a novembre 2012. In verde le aree controllate dai ribelli, in giallo dai curdi, in rosso dal
governo e in marrone le zone di conflitto.
I miliziani salafiti, col perdurare della crisi, cominciano ad assumere un ruolo di primo piano nel fronte ribelle a
causa del loro forte impatto sul campo di battaglia, la crescita del loro numero e la maggiore disponibilità
economica garantita dal finanziamento da Qatare Arabia Saudita. Il fanatismo dei gruppi islamisti (tra cui
il Fronte al-Nusra è il più numeroso) provoca la reazione non solo degli sciiti alawiti, ma anche delle altre
minoranze etniche e religiose. A metà del 2012 si cominciano a formare gruppi auto-organizzati, denominati
"Comitati Popolari", composti da cittadini di origine cristiana, drusa, alawita e sciita con lo scopo di difesa dalle
azioni di odio settario da parte delle milizie sunnite[252]
. I primi gruppi nascono a Damasco, ma si registrano
comitati in tutte le grandi città. Ad Aleppoil comitato popolare cristiano partecipa alla battaglia dell'agosto 2012
per difendere i quartieri cristiani dall'avanzata dei ribelli[253]
. Verso la fine del 2012 il governo cerca di
"istituzionalizzare" i comitati popolari fondendoli nella Forza Nazionale di Difesa: un'organizzazione alle
dipendenze dell'esercito che fornisce armi, addestramento e coordinamento[254]
.
Nella città di Aleppo, il 27 settembre i ribelli tentano una nuova offensiva, volta a risolvere lo stallo militare[255]
.
L'attacco parte dai quartieri meridionali e presto raggiunge il centro storico della città. I combattimenti sono molto
violenti e si registrano forti perdite in entrambi gli schieramenti[256]
. L'avanzata ribelle è molto lenta e si ferma alle
porte dell'antico suq di Aleppo che viene completamente distrutto da un incendio generatosi durante gli
scontri[257]
. Dopo solo 3 giorni di offensiva si raggiunge lo stallo a causa della tenace resistenza dell'esercito
regolare senza sostanziali modifiche allo status quo[258]
.
Una nuova offensiva ribelle su larga scala viene scatenata in novembre, sfruttando il sostanziale isolamento
di Aleppo dal resto del Paese. A questi nuovi attacchi partecipano con maggior presenza i miliziani islamisti
del Fronte al-Nusra, che assumono anche il comando di alcune incursioni[259]
. Anche questa offensiva si risolve in
una logorante guerra di posizione, con l'eccezione dei quartieri orientali, dove i ribelli riescono a raggiungere
l'aeroporto[260]
. A fine anno ad Aleppo si combatte casa per casa. La città è divisa sostanzialmente a metà tra
ribelli e forze governative.
Il 16 dicembre 2012 i ribelli, consolidata la presenza nella strategica città di Maarrat al-Nu'man, scatenano
un'offensiva verso sud, volta a conquistare la città di Hama, controllata interamente dal governo fin dal 2011[261]
.
L'offensiva si rivela efficace anche per la ritirata dell'esercito siriano che abbandona le aree rurali concentrandosi
sulla difesa della città[262][263]
. L'offensiva viene infatti bloccata il 31 dicembre alle porte di Hama[264]
. I ribelli
riescono a controllare molti villaggi inclusi due a maggioranza alawita dove gli abitanti sono oggetto dell'odio
settario[265]
.
L'ascesa del fondamentalismo islamico (gennaio 2013 - marzo 2013)
Sebbene il comando strategico delle operazioni dei ribelli sia ancora mantenuto dall'esercito siriano libero, i
gruppi estremisti cominciano ad acquisire sempre maggiore autonomia sul campo. La presenza di miliziani legati
al fondamentalismo islamico è particolarmente forte nelle regioni orientali del paese. Fin dalla fine del 2012 si
intensificano i combattimenti nella fascia fertile della valle dell'Eufrate, finora teatro solo di sporadiche
scaramucce con l'esercito regolare.
La valle dell'Eufrate è storicamente abitata da tribù un tempo beduine di religione sunnita e molto tradizionalista.
Esse sono infatti imparentate con i beduini provenienti dall'Arabia Saudita e molti hanno la doppia nazionalità. In
questa regione le incursioni dei ribelli sono guidate dalle formazioni islamiste, quasi sempre il Fronte al-Nusra.
Militante jihadista della formazione Liwa al-Islam.
Il 19 settembre 2012 i ribelli conquistano il valico di frontiera con la Turchia nel centro nord della Siria[266]
,
mentre il 22 novembre 2012 viene conquistato il valico con l'Iraq nella strategica città di Mayadin[267]
. Questi
passaggi assicurano ai ribelli un continuo flusso di uomini e rifornimenti. In particolare dal valico con
l'Iraq possono affluire in Siria i combattenti delle formazioni islamiste irachene che compongono l'ossatura
del Fronte al-Nusra.
L'11 gennaio 2013 il Fronte al-Nusra, a capo di una coalizione di gruppi fondamentalisti, ottiene la prima
conquista strategica di rilievo operando indipendentemente dall'ESL. Gli islamisti dopo una serie di assalti,
ottengono il pieno controllo della base militare di Taftanaz, una delle più grosse nel nord del paese. Gli islamisti
possono ora accedere a carri armati, lanciarazzi e altro materiale militare. Il leader di al-Nusra dichiara che per la
quantità di materiale ottenuto, l'azione cambierà le "regole del gioco"[268]
.
Successivamente gli islamisti ottengono una serie di successi lungo l'Eufrate. Il 29 gennaio viene conquistato il
ponte di Siyasiyeh, che connette Deir ez-Zor con Hasakah, e permette di agli islamisti di entrare a contatto con la
zona d'influenza curda[269]
. L'11 febbraio vengono conquistate le cittadine di Al-Thawrah e Tabqa Dam, dove
sorge un'importante centrale idroelettrica[270]
. Il 14 febbraio viene controllato il valico con l'Iraq di Shadadeh[271]
.
Il successo più importante avviene tra il 3 e il 6 marzo 2013, quando il Fronte al-Nusra assume il completo
controllo della città di Raqqa. La città era considerata "pacifica" e fin dal 2011 non si erano tenute dimostrazioni
significative né conflitti armati[272]
. La posizione della città garantisce il controllo di buona parte del centro-nord
della Siria. I ribelli attaccano da nord e in pochissimo tempo controllano l'intera città, causando la fuga dei pochi
soldati regolari che si barricano nella locale base militare[273][274]
. I militanti del Fronte al-Nusra, appoggiati
da Ahrar al-Sham, issano la bandiera nera della jihad nella piazza principale e cominciano subito un processo
di islamizzazione della città[275]
.
Offensiva dei ribelli a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 6 febbraio 2013, in
verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino a marzo
La presenza dei fondamentalisti islamici si fa sentire anche sul fronte di Damasco, dove il 6 febbraio 2013 i ribelli
lanciano una nuova offensiva verso il centro città, denominata "Battaglia dell'Armageddon"[276]
. Ancora una volta
è la periferia est che presenta le maggiori difficoltà per l'esercito regolare. I ribelli arrivano fino alla
circonvallazione interna della città[277]
. Tuttavia l'operazione di sfondamento verso il centro fallisce e la battaglia
raggiunge lo stallo con i ribelli alle "porte della città"[278]
. I miliziani del Fronte al-Nusra per la prima volta
guidano alcuni attacchi e si rendono protagonisti di un'ondata di autobombe che producono 80 morti, per lo più
civili[279]
.
Le fila dei gruppi fondamentalisti si arricchiscono anche di numerosi volontari stranieri che raggiungono
la Siria dai Paesi del Medio Oriente o da quelli Occidentali per unirsi alla jihad. A febbraio 2013 vengono stimati
in più' di 6.000 morti[280]
.
La battaglia di Qusayr (aprile 2013 - giugno 2013)
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Qusayr.
Ad aprile 2013 la guerra civile siriana vede il costante avanzamento dei ribelli in tutte le regioni del paese,
soprattutto nelle aree rurali. Il governo invece riesce a mantenere il controllo sulle principali città, esclusa Aleppo,
che controlla solo parzialmente. Indicativamente i ribelli controllano circa il 60% del territorio[281]
.
Il rafforzamento della componente jihadista della ribellione e il continuo flusso di armi e finanziamenti verso i
ribelli da parte di Qatar e Arabia Saudita[282]
impensieriscono l'Iran sciita, storico alleato della Siria di Assad e
avversario degli Stati sunniti a cui contende il ruolo egemonico nell'area mediorientale[283]
. Un'eventuale caduta di
Assad e la nascita di una nazione rigorosamente sunnita, provocherebbe la rottura dell'”Asse della Resistenza”,
composto da Iran, Siria e l'Hezbollah libanese[284]
e, più in generale, della “Mezzaluna crescente sciita”[285]
,
ovvero la macroregione composta dagli stati a maggioranza sciita o governati da esponenti dello sciismo.
Posizione della città di al-Qusayr, al confine con il Libano.
L'Iran già dalle prime proteste in Siria nel 2011 ha fornito supporto alle forze armate siriane in termini di
addestramento, rifornimenti e finanziamento[286]
. Con l'inasprirsi delle ostilità, il coinvolgimento è aumentato,
fornendo armamenti, intelligence e addestratori militari sul campo[287][288]
.
Ad aprile 2013, constatate le difficoltà del governo siriano sul campo, l'Iran decide di intervenire in maniera più
decisiva. Per farlo si affida ai miliziani libanesi di Hezbollah, che hanno le loro roccaforti al confine con la Siria.
La situazione in Libano risente della crisi siriana. Soprattutto nelle cittadine di Hermel e Arsal, poste sul lato
libanese dei valichi controllati dai ribelli, si forma un canale di approvvigionamento e di afflusso di
combattenti[289][290]
. Hezbollah finora non è mai intervenuto nella crisi siriana e anche tra gli analisti vi è forte
scetticismo su un suo coinvolgimento, reputando più probabile un suo impegno nell'evitare un contagio in
Libano[291]
.
L'11 aprile 2013 l'esercito siriano scatena un'offensiva contro la cittadina di al-Qusayr, controllata dai ribelli dal
luglio 2012 e posizionata strategicamente sul confine libanese e sulla strada principale tra la
costa, Damasco e Homs[292]
, ancora teatro di combattimenti. Dal Libanosi riversano in Siria più di 700
combattenti sciiti di Hezbollah che si uniscono all'esercito regolare[293]
. I combattimenti crescono di intensità e,
grazie alla tattica di guerriglia di Hezbollah, i ribelli sono costretti a cedere terreno, abbandonando numerosi
villaggi[294][295][296]
. La strategia è quella di occupare le aree rurali per circondare e successivamente attaccare al-
Qusayr[297]
. L'assedio della città viene completato il 19 maggio. L'assalto alla cittadina dura 3 settimane e si
conclude il 5 giugno con una completa vittoria dell'esercito siriano, che allontana i ribelli costretti ad una
precipitosa rotta verso la regione del Qalamun[298][299][300]
.
La vittoria governativa è un punto di svolta per la guerra, in quanto i ribelli perdono l'iniziativa e, per la prima
volta, sono costretti a cedere ampie zone di territorio. La sconfitta e la ritirata disorganizzata provocano anche
tensioni all'interno del fronte ribelle, con accuse reciproche tra i comandanti e la dirigenza politica del Consiglio
Nazionale Siriano, considerato lontano dal campo di battaglia e tra le diverse anime della rivolta armata[300]
.
Anche le cancellerie internazionali sono costrette a rivalutare la forza dei ribelli e considerare
nuovamente Assad come un possibile interlocutore politico. La rotta dei ribelli ad al-Qusayr apre la strada
per Homs, dove fin dal 2011 continuano ininterrotti i combattimenti che vedono i ribelli mantenere le loro
posizioni sui quartieri centrali della città. I rinforzi dell'esercito e di Hezbollah permettono di conquistare il 2
maggio il quartiere di Wadi al-Sayeh[301]
che divide le due aree controllate dai ribelli: la città vecchia e il distretto
di Khalidiya che sono ora completamente separate e circondate[302]
.
Il sostegno di Hezbollah galvanizza l'esercito regolare, che, da aprile, ottiene una serie di importanti vittorie anche
sugli altri fronti. Il 17 aprile nel governatorato di Idlib l'esercito riesce a rompere l'accerchiamento dei ribelli a
Wadi al-Deif, permettendo di riottenere il controllo su due grosse basi militari nel nord[303]
.
L'impegno nella battaglia di al-Qusayr ha anche sottratto forze ribelli da Aleppo, causando un loro indebolimento
anche su questo fronte. Il 2 giugno, verso il termine della battaglia ad al-Qusayr, i vertici dell'esercito
siriano chiedono ad Hezbollah un affiancamento per un'offensiva sulla città. Centinaia di miliziani si spostano in
profondità nel nord della Siria[304]
.
L'operazione "Tempesta del Nord" inizia il 9 giugno[305][306]
. L'offensiva, nella prima settimana, causa
l'arretramento dei ribelli sia in città che nelle campagne circostanti[307]
. Tuttavia l'afflusso di nuovi combattenti e
nuove armi, tra cui missili anticarro dall'Arabia Saudita, permettono ai ribelli di rallentare l'avanzata e fermarla il
17 giugno[308][309]
. L'ESL e i miliziani jihadisti lanciano un'operazione diversiva nei quartieri occidentali
di Aleppo il 24 giugno per dividere le forze governative. Tale offensiva viene chiamata "Battaglia di Qadisiyah",
in riferimento all'omonima battaglia del 636 quando le armate arabe sconfissero quelle persiane[310]
. È chiaro il
riferimento all'attuale Iran e di come venga esso ritenuto responsabile della svolta favorevole al governo siriano.
Anche nel sud della Siria l'arrivo dei miliziani Hezbollah aiuta l'esercito regolare a guadagnare terreno nei
confronti dei ribelli. L'8 maggio l'esercito conquista la città strategica di Khirbet Ghazaleh, che permette un
controllo totale sull'autostrada che porta in Giordania e alla città di Dar'a, oggetto di combattimenti con i ribelli fin
dal 2011[311][312]
.
Offensiva del governo siriano a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 26 marzo
2013, in verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino ad agosto
Anche Damasco vede l'avanzata delle truppe governative che, sostenute da Hezbollah, scatenano il 7 aprile
un'offensiva su larga scala verso le roccaforti ribelli a est e sud della città[313]
. Le aree oggetto dell'attacco
sono Ghuta, Otaiba e soprattutto Jdaidet al-Fadl, dove ha luogo una feroce battaglia che causa numerosi morti tra
la popolazione civile[314]
. Le vittorie governative portano all'isolamento dei ribelli nei sobborghi della città e ad un
loro accerchiamento[315]
.
La rottura nel fronte ribelle (luglio 2013 - agosto 2013)
Gli eventi di Qusayr e la lunga serie di vittorie strategiche da parte dell'esercito regolare hanno un impatto molto
forte sul fronte dei ribelli. Sia dal punto di vista militare che politico. Il ruolo di primo piano che l'Esercito siriano
libero aveva tenuto fin dagli inizi della crisi comincia a sgretolarsi mentre le formazioni islamiste, che col tempo
hanno aumentato la loro influenza nelle battaglie, cominciano ad operare in maniera sempre più autonoma o a
prendere la guida delle operazioni.
Il gruppo islamista più violento, il Fronte al-Nusra, viene affiancato da una nuova formazione composta
prevalentemente da miliziani non siriani: lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS). Ad aprile 2013, il leader
dello Stato Islamico dell'Iraq (ISI) Abu Bakr al-Baghdadi annuncia che al-Nusra non è che un'estensione in Siria
dell'ISI, e dichiara la fusione dei due gruppi nello "Stato Islamico dell'Iraq e al-Sham" (ISIS). Tuttavia, il leader
del Fronte al-Nusra rifiuta la fusione, e in giugno il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, interviene per
mantenere le formazioni distinte, ingiungendo ad al-Baghdadi di mantenere la sua area di operazione limitata
all'Iraq[316][317]
.
L'ISIS, per la sua natura transnazionale, interpreta la guerra di Siria come un passo verso la Jihad globale e la
rifondazione del califfato. L'indebolimento dell'ESL e il contemporaneo afflusso di sempre nuovi combattenti
jihadisti porta all'aumento della tensione tra i gruppi ribelli. L'11 luglio 2013 i miliziani dell'ISIS uccidono un alto
comandante dell'ESL, Kamal Hamami, e dichiarano guerra a quella frangia dei ribelli che viene definita
"secolarista", "eretica" e "foraggiata dagli USA"[318]
. Si parla quindi dell'apertura del "terzo fronte"[319]
.Il conflitto
tra ESL e ISIS, a cui si allea il Fronte al-Nusra, si diffonde in tutto il paese. Ma è soprattutto nel nord che il
conflitto si fa più duro, portando l'ESL a cedere terreno e armamenti ai jihadisti.
L'ascesa dei fondamentalisti islamici alla guida dell'opposizione armata comporta un aumento della frizione nelle
zone sotto il controllo delle milizie curde. Fin da febbraio vi erano stati scontri occasionali che si erano localizzati
principalmente nei quartieri curdi di Aleppo e nella città di Ras al-Ayn, al valico con la Turchia nel nord-est del
paese[320]
.
Il 17 luglio a Ras al-Ayn riesplode il conflitto[321]
che a breve si diffonde in tutte le zone a controllo misto tra le
due forze ribelli. Le milizie curde, forti del sostegno compatto della popolazione civile, hanno la meglio nella
maggior parte degli scontri e a partire da agosto riescono a espellere dai villaggi a maggioranza curda tutte le
formazioni islamiste e dell'Esercito Siriano Libero[322][323]
. Nel nord del paese si crea un'area di conflitto molto
estesa che spesso deborda anche in territorio iracheno, da dove i Curdi ricevono sostegno. Il 29 settembre l'ISIS
rivendica un'ondata di autobomba nella città curda irachena di Erbil[324]
.
Offensiva dei ribelli (in verde) contro il territorio controllato dal governo (in rosso) nel Governatorato di Latakia
L'ideologia fondamentalista sunnita dei gruppi jihadisti porta come inevitabile conseguenza un aumento degli
episodi di guerra settaria e veri e propri atti di "pulizia etnica" nei confronti delle minoranze religiose siriane. Uno
degli episodi più gravi si verifica nel Governatorato di Latakia, quando, in risposta ai successi governativi in tutto
il Paese, il 4 agosto le formazioni islamiste guidano un attacco verso la costa. L'operazione, chiamata "Liberazione
della Costa"[325]
, non ha successo in quanto si svolge in un territorio che da sempre sostiene il governo Assad. I
miliziani, di cui 300 non-siriani, compiono una serie di massacri nei villaggi momentaneamente occupati, facendo
strage dei civili non sunniti, in maggioranza alawiti[326]
. La strage conta tra i 62 e i 140 civili uccisi e altri 200
scomparsi. In migliaia scappano verso le città costiere[327][328]
. Questa strage, denunciata anche da Human Rights
Watch, aliena definitivamente l'appoggio delle minoranze religiose alla causa ribelle.
Nei mesi di luglio e agosto le truppe governative e le milizie Hezbollah continuano a guadagnare terreno. Il 28
luglio le aree ancora sotto il controllo ribelle di Homs vengono attaccate e, con la conquista del quartiere di
Khalidiya, la città entra quasi del tutto sotto il controllo governativo[329]
. Il presidenteBashar al-Assad viene
ripreso mentre visita le truppe nel centro storico[330]
.
A Damasco le truppe governative scatenano un'offensiva verso i sobborghi orientali. Il 21 agosto nel quartiere
di Ghuta viene riportato l'uso di armi chimiche che colpisce militari governativi, ribelli e popolazione civile[331]
.
L'evento provoca una forte presa di posizione dell'ONU e di gran parte delle cancellerie internazionali non solo
per l'elevato numero di vittime (tra i 281[332]
e le 1.729[333]
) ma per il fatto che il Presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama, nel 2012 aveva posto come "linea rossa" per un intervento militare internazionale, proprio
l'utilizzo di armi chimiche[334]
.
Il governo e i ribelli si accusano a vicenda per l'operazione[335]
. I Curdi si dicono "scettici che il governo siriano
abbia condotto l'attacco"[336]
.
Il mancato intervento statunitense contro Assad (settembre 2013)
Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco chimico di Ghuta.
A seguito dell'uso di armi chimiche a Damasco, la crisi siriana diventa internazionale accentuando le differenze
tra gli schieramenti a favore e contro i ribelli. Due giorni dopo l'attacco Stati Uniti eUnione europea accusano le
forze governative di Bashar al-Assad di aver condotto l'operazione[337]
. La Russia e l'Iran invece difendono il
governo e accusano i ribelli[338]
.
Si apre concretamente la possibilità di un intervento militare contro il regime, quando Barack Obama annuncia la
possibilità di uno strike punitivo con il lancio di missili verso le postazioni militari siriane in 48 ore[339]
.
Tuttavia la forte opposizione dell'opinione pubblica[340]
, di parte del congresso americano[341]
e i ripetuti interventi
di Russia e Cina in sede Onu[342]
spingono il presidente ad attendere un'approvazione da parte del congresso[343]
.
A fianco degli USA le nazioni più interventiste sono Francia[344]
, Regno Unito e Turchia.[345]
, mentre l'Iran
dichiara che un attacco verso la Siria causerebbe un lancio di missili verso Israele[346]
. In pochi giorni la tensione
internazionale sale alle stelle: gli Stati Uniti d'America mobilitano le loro forze armate e inviano numerose navi da
guerra nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero, tra cui la portaerei USS Nimitz. La Russia risponde all'avvio della
macchina militare americana inviando navi nel Mediterraneo di fronte alla costa siriana. Per diverse settimane si
teme addirittura lo scoppio di un vero e proprio conflitto armato tra Stati Uniti e Russia, con Francia, Regno Unito
e Turchia dalla parte dei primi e la Siria dalla parte dell'altra.
L'ipotesi di un allargamento incontrollato del conflitto su scala regionale e mondiale viene sollevato
dalla Cina[347]
e dall'Italia, che annuncia di non essere disposta a concedere l'utilizzo degli aeroporti militari
italiani[348]
. Anche il Vaticano, pur condannando l'uso delle armi chimiche, si oppone fermamente ad un intervento
militare contro la Siria. Papa Francesco indice per il 7 settembre una giornata di digiuno e preghiera per la pace a
cui partecipano anche laici e esponenti di altre religioni[349]
.
Il 30 agosto il parlamento del Regno Unito nega al primo ministro David Cameron la possibilità di intervento
armato[350]
e di fatto isola USA e Francia.
La diplomazia prende il sopravvento e la discussione sull'intervento in Siria monopolizza l'incontro del G20
di San Pietroburgo del 6 settembre. Grazie alla proposta di soluzione russa, il 14 settembre viene raggiunto un
accordo che elimina la possibilità di intervento armato in cambio della distruzione dell'arsenale chimico siriano, il
libero accesso ai depositi di armi chimiche da parte dei funzionari ONU e l'adesione del governo siriano alla
"Convenzione sulle armi chimiche"[351][352]
.
Il 27 settembre viene votata all'unanimità all'Onu la Risoluzione 2118 che prevede la distruzione dell'arsenale
chimico siriano[353]
.
Il mese di settembre, a causa del possibile intervento occidentale, non vede significative evoluzioni sul campo di
battaglia. Anche l'offensiva verso i quartieri orientali di Damasco da parte dell'esercito si ferma.
La ripresa dell'offensiva governativa (ottobre 2013 - dicembre 2013)[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Qalamun.
Archiviata la possibilità di un intervento occidentale in Siria e aperti i canali diplomatici tra il governo e i
funzionari ONU per l'eliminazione dell'arsenale chimico, ad ottobre il governo siriano scatena una nuova serie di
offensive, mentre si riacutizza il conflitto tra ribelli islamisti e curdi nel nord del paese. L'ESL, che aveva
sostenuto l'intervento militare contro la Siria, perde ulteriore peso politico e inesorabilmente il fronte ribelle viene
egemonizzato dalle formazioni jihadiste.
L'offensiva governativa si sviluppa su tre fronti distinti: Aleppo, Damasco e la regione montuosa di Qalamun, al
confine con il Libano.
L'offensiva governativa verso Aleppo dell'ottobre 2013. In rosso le aree controllate dall'esercito, in verde quelle controllate dai
ribelli.
La situazione ad Aleppo non subiva sostanziali modifiche dal luglio 2013 ed era caratterizzata da un conflitto
continuativo generalizzato. A seguito dei progressi governativi ad Homs la via principale verso Aleppo supponeva
un attacco verso Maarat al-Numaan, saldamente sotto controllo ribelle. L'esercito siriano invece scatena
l'offensiva lungo la cosiddetta "Via del Deserto" che daHama conduce direttamente verso la regione a sud-est
di Aleppo.
Il 1º ottobre viene attaccata la città strategica di Khanasir, dove i ribelli si arrendono 3 giorni dopo[354]
. La
conquista di Khanasir permette l'apertura di un'importante via di rifornimento da Hama e l'apertura della via di
accesso verso Aleppo. In pochi giorni l'esercitocontrolla i villaggi circostanti e il 10 ottobre assedia la città di al-
Safira, controllata dai jihadisti del Fronte al-Nusra e ISIS e sede di un deposito di armi chimiche.[355]
. Con il
fondamentale sostegno delle milizie Hezbollah l'esercito entra in città il 30 ottobre[356]
Il repentino avanzamento
governativo e la debole risposta delle forze ribelli porta alle dimissioni del comandante in capo dell'ESL ad
Aleppo, Abdul Jabbar al-Oqaidi[357]
Le truppe governative in una settimana riescono a conquistare le cittadine
intorno ad al-Safira e rompere l'assedio all'aeroporto di Aleppo.[358]
L'obiettivo delle truppe governative è
spingersi a nord-est cercando di accerchiare i quartieri centrali di Aleppo controllati dai ribelli. L'avanzata si
spinge fino al distretto di al-Naqqarin dove si ferma a causa della forte resistenza dei ribelli[359]
che il 13 novembre
avevano chiamato alla mobilitazione generale di tutte le forze presenti ad Aleppo[360]
.
Il mese di dicembre è caratterizzato dall'offensiva dell'aviazione siriana che bombarda giornalmente le posizioni
degli insorti[361]
.L'offensiva fu un notevole successo per il governo siriano, che acquisiva il controllo del 60%
della città[362]
.
A nord del paese continua anche l'avanzata delle milizie curde che, anche approfittando della mobilitazione di
combattenti verso Aleppo, espandono la propria area di influenza combattendo principalmente contro le milizie
islamiste. L'operazione più importante si svolge il 26 ottobre, quando lo YPG conquista il valico di frontiera con
l'Iraq di Til Koçer[363]
. A inizio novembre i Curdi scatenano l'"Offensiva del martire Serekeniye"[364]
che permette
di conquistare gran parte del governatorato di Al-Hasakah ed estendere il controllo curdo su circa 50 altre
cittadine[365]
.
Offensiva del governo siriano a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 10 settembre
2013, in verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino a febbraio 2014
Anche a Damasco l'esercito governativo scatena una serie di offensive verso i sobborghi controllati dai ribelli. La
prima linea d'attacco è l'area a sud della capitale, dove dal 9 all'11 ottobre l'esercito, spalleggiato dalle
milizie Hezbollah e dalle milizie sciite irachene, conquista le 3 città strategiche di Sheikh Omar, al-Thiabiya e
Husseiniya[366][367]
, isolando le posizioni ribelli dalle linee di rifornimento provenienti da sud. Per tutto il mese di
novembre si susseguono le vittorie delle truppe governative che accerchiano completamente le sacche ribelli a sud
e ad est della capitale, assediandole. In particolare i distretti nella Ghuta orientale cominciano a soffrire della
mancanza di rifornimenti e viveri.
Negli ultimi giorni di novembre i ribelli provano uno sfondamento del fronte per rompere l'assedio. Il massiccio
attacco provoca una carneficina da ambo le parti. In una settimana vengono uccisi più di 1.000 ribelli, inclusi i
vertici di comando[368]
. L'operazione viene bloccata dall'esercito regolare con il massiccio aiuto delle
milizie Hezbollah, che lasciano sul campo almeno 40 morti[369]
.
A novembre l'esercito siriano scatena un'offensiva volta a conquistare la regione montuosa del Qalamun. Questa
regione è strategica in quanto controlla l'autostrada che congiunge Damasco ad Homs e in quanto, essendo al
confine con il Libano, permette l'approvvigionamento dei ribelli e il loro afflusso sul fronte di Damasco. Il 15
novembre comincia l'offensiva che permette la conquista delle cittadine di Qara, An-Nabk e Deir Attiyeh entro la
fine del mese[370][371]
.
L'unica controffensiva di rilievo, condotta principalmente dalle formazioni islamiste, avviene il 29 novembre,
quando viene attaccata e occupata la cittadina cristiana di Maalula[372]
dove le milizie islamiste arrecano molti
danni alle chiese, uccidono gli abitanti che non vogliono convertirsi all'Islam[373]
e rapiscono 12 monache[374]
.
L'11 dicembre le truppe siriane pongono l'assedio alla città di Yabrud. La radicata presenza dei ribelli e il valore
simbolico della città più popolosa della regione, porta le truppe governative ad essere caute su un'offensiva diretta,
preferendo un assedio caratterizzato da bombardamenti aerei e terrestri e sporadiche incursioni. Anche a causa
delle cattive condizioni meteorologiche di fine dicembre, l'avanzata nel Qalamun entra in una fase di stallo. La
forte presenza dei ribelli jihadisti nel nord del paese e il loro controllo sui valichi di confine costringe Stati
Uniti e Gran Bretagna a sospendere ogni tipo di supporto ai ribelli siriani in quelle zone[375]
.
L'incontro di Ginevra (gennaio 2014 - febbraio 2014)
Lo stesso argomento in dettaglio: Conferenza di pace Ginevra 2.
Gennaio 2014 si apre con l'attesa della conferenza di pace di Ginevra, ribattezzata Ginevra 2, indetta dall'ONU in
collaborazione con Russia e Stati Uniti per tentare di trovare una soluzione politica alla crisi. Alla conferenza
partecipano il governo siriano, la Coalizione Nazionale Siriana e il fronte curdo. Dopo vari tentativi e
ripensamenti non viene invitato a partecipare l'Iran, principale sostenitore del governo siriano. Rifiutano ogni
dialogo tutte le formazioni islamiste, inclusi il Fronte al-Nusra, il Fronte Islamico e l'ISIS. Evento significativo dei
primi giorni di gennaio è l'ulteriore frazionamento del fronte ribelle. Oltre al conflitto che oppone l'ESL alle
milizie islamiste, anche il fronte jihadista si rompe.
Situazione in Siria a marzo 2014: l'ISIS (in nero) controlla la parte settentrionale del governatorato di Raqqa e i territori
limitrofi, gli altri ribelli (in verde) controllano parti dei governatorati di Idlib, Aleppo e Deir el-Zor
Il 3 gennaio il Fronte Islamico, appoggiato dall'ESL, attacca le basi dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante nei
governatorati di Idlib e Aleppo occupandole rapidamente[376]
. Il 6 gennaio le ostilità si allargano al governatorato
di Raqqa e Deir ez-Zor[377]
e l'8 gennaio nella regione del Qalamun[378]
. Dopo 10 giorni di combattimenti, il
numero di morti tra ISIS e ribelli contrapposti sale a 700[379]
. Al 13 gennaio l'ISIS riesce a cacciare le altre forze
ribelli da Raqqa e parte del suo governatorato[380]
e avanza verso la città di al-Bab, nel governatorato di Aleppo.
La maggioranza delle città nel resto del nord della Siria vede invece un arretramento dei miliziani dell'ISIS[381]
.
Per la prima volta si registrano scontri significativi anche tra ISIS e Fronte al-Nusra, finora rimasto neutrale[382]
. Il
16 gennaio il numero di morti nei combattimenti tra milizie islamiste sale a 1.000[383]
.
Grazie alla nuova spaccatura interna del fronte ribelle, l'esercito governativo riesce a riprendere l'offensiva
ad Aleppo. Il 15 gennaio viene conquistato il quartiere di al-Naqqarin[384]
e il 22 gennaio viene riaperto l'aeroporto
di Aleppo al traffico civile[385]
. L'offensiva governativa prosegue verso nord, con il chiaro intento di raggiungere
la prigione della città circondata dai ribelli da un anno. A febbraio gli scontri si concentrano nell'area industriale di
Sheikh Najjar, che dista pochi chilometri dalla prigione. Tuttavia la forte opposizione dei ribelli, che richiamano
rinforzi dal resto del governatorato di Aleppo, porta ad uno stallo dell'avanzata[386]
. I ribelli, che rischiano
l'accerchiamento del centro città, contrattaccano nel centro storico facendo esplodere due palazzi controllati
dall'esercito con tunnel sotterranei riempiti di esplosivo. L'operazione, condotta dal Fronte Islamico, viene
chiamata "Operazione Terremoto"[387]
.
Il 22 gennaio inizia la conferenza di pace Ginevra 2 a Montreux dove, sotto egida ONU, si incontrano per la prima
volta una delegazione del governo siriano e una della Coalizione Nazionale Siriana[388]
. Dopo l'iniziale rischio di
fallimento del negoziato, il primo risultato concreto della conferenza viene raggiunto il 7 febbraio, quando viene
siglata una tregua nella città di Homs per permettere l'evacuazione della popolazione civile[389]
. Tregua poi estesa
fino al 14 febbraio[390]
.
Il 14 febbraio 2014 i negoziati a Ginevra si chiudono senza nessun accordo politico tra le due delegazioni e
l'inviato speciale dell'ONU, Lakhdar Brahimi, annuncia il fallimento "scusandosi con il popolo siriano"[391]
. A
metà febbraio l'esercito governativo riprende l'avanzata nella regione del Qalamun, con l'intento di controllare
completamente il confine libanese[392]
.
I ribelli in difficoltà (marzo 2014 - maggio 2014)
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Qalamun § La conquista di Yabrud e Battaglia di Kesab.
A inizio marzo 2014 si assiste ad una generale avanzata dell'esercito siriano su molti fronti. L'area di maggiore
attività è sicuramente la strategica regione del Qalamun, dove l'esercito regolare siriano, con la collaborazione
sempre più importante della milizia Hezbollah, riesce a conquistare la roccaforte ribelle di Yabrud[393]
tagliando
definitivamente le linee di approvvigionamento dei ribelli dal Libano e facendo collassare le loro linee difensive.
La campagna nella regione si conclude a fine aprile con la resa dei ribelli a Zabadani[394]
.
La perdita del Qalamun è un duro colpo per l'opposizione siriana: blocca la principale linea di rifornimento per il
fronte di Damasco e crea nuove spaccature tra le milizie ribelli, che si scambiano accuse sulle responsabilità della
sconfitta. Il flusso dei ribelli sconfitti oltre confine determina un aumento della tensione in Libano.
Sempre in prossimità del confine libanese, tra l'8 e il 20 marzo i ribelli vengono sconfitti nella cittadina di
Zara[395]
e in quella di Al-Hosn[396]
. In particolare il 20 marzo viene liberato il Krak dei Cavalieri, una fortezza
medievale patrimonio dell'UNESCO che i ribelli avevano trasformato in una loro roccaforte. L'operazione
dell'esercito evita che il castello subisca danni eccessivi[397]
. Le due cittadine conquistate erano le ultime due
controllate dall'opposizione nell'ovest del governatorato di Homs.
Il 9 marzo l'esercito siriano riesce ad avanzare anche ad Aleppo, dove da mesi si combatte per il controllo dell'area
industriale Shaykh Najjar. In particolare l'esercito conquista il quartiere chiave di Hanano, che gli permette di
controllare le ultime strade di collegamento con il centro città. Aleppo viene posta d'assedio[398]
. In risposta alle
avanzate governative, i ribelli organizzano due offensive. A sud della Siria, il 19 marzo, i ribelli riescono a
controllare la prigione centrale di Gharaz, nelle vicinanze di Daraa e a liberare circa 300 detenuti[399]
. Il 21 marzo i
ribelli lanciano un'offensiva nel nord del governatorato di Latakia denominata "Operazione Al-Anfal" con
l'obiettivo di controllare il valico di frontiera di Kesab. L'operazione si svolge in un'area fortemente
filogovernativa in quanto a maggioranza alawita[400]
. L'avanzata ribelle tuttavia non riesce a penetrare
nell'entroterra e subisce la controffensiva lealista[401]
.
Assedio di Homs: le linee tratteggiate indicano il fronte ad aprile 2014, prima della resa dei ribelli
Il 6 maggio 2014 i ribelli presenti nella città vecchia di Homs aprono una trattativa con il governo siriano che
porta ad un accordo sulla totale evacuazione dei miliziani dalla città con la garanzia di un salvacondotto. L'8
maggio Homs, terza città del Paese, entra sotto completo controllo dell'esercito siriano[402]
. Nel corso del mese di
maggio, l'offensiva governativa si sviluppa anche sugli altri fronti aperti nel paese. In particolare
nella Ghuta Orientale diDamasco[403]
, ad Aleppo, dove l'esercito rompe l'assedio alla prigione centrale che durava
da più di un anno[404]
, e a sud, dove l'esercito avanza verso la cittadina di Nawa[405]
.
La rielezione di Assad (giugno 2014)
Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni presidenziali in Siria del 2014.
Il 3 giugno 2014 si svolgono in Siria le elezioni presidenziali che, seguendo i dettami della nuova costituzione
siriana, permettono la presenza di più candidati. I seggi elettorali vengono installati solo nelle aree controllate dal
governo. I ribelli siriani, inclusi l'ISIS e i curdi, non partecipano alla consultazione, definendola una farsa[406][407]
.
A livello internazionale si assiste ad una forte polarizzazione dei governi: la maggior parte dei Paesi occidentali e
del mondo arabo sunnita condanna la consultazione elettorale (alcune nazioni tra cui Belgio, Canada, Egitto,
Francia, Germania, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi e gli Stati Uniti non permettono ai residenti siriani di
recarsi a votare nella loro ambasciata)[408]
. Altre 30 nazioni, tra cui Russia, Iran e Venezuela invece riconoscono la
consultazione inviando anche osservatori per garantire il corretto svolgimento delle operazioni di voto[409]
.
Il governo siriano comunica un'affluenza alle urne del 73.42%, e vi è una forte affluenza anche tra i residenti
all'estero[410]
. Alcuni osservatori indipendenti descrivono l'affluenza dei siriani residenti in Libano come
"sorprendente"[408]
. Nelle zone di confine con le aree controllate dai ribelli si registrano alcuni attacchi volti a
scoraggiare il voto. In particolare ad Aleppo i seggi elettorali sono oggetto di tiri di mortaio[411]
. Bashar al-
Assad viene dichiarato vincitore delle elezioni con l'88.7% distanziando gli altri due candidati Hassan al-Nouri e
Maher Hajjar e riconfermato presidente per la terza volta[412]
.
La proclamazione del califfato da parte dell'ISIS tra Siria e Iraq (giugno 2014 - agosto
2014)[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Stato Islamico dell'Iraq e Levante.
Emblema dello Stato Islamico.
Contemporaneamente allo svolgimento delle elezioni in Siria, si verificano una sequenza di episodi che cambiano
radicalmente lo svolgimento della guerra civile. Lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante, già attivo nell'ovest
dell'Iraq, dove aveva conquistato alcune cittadine del governatorato di al-Anbar, a inizio giugno scatena
un'improvvisa offensiva nel nord dell'Iraq e rapidamente conquista numerose città. Il 9 giugno l'ISIS entra
a Mossul, seconda città del Paese. L'esercito regolare iracheno abbandona la città senza combattere[413]
.
L'avanzata dei ribelli islamisti provoca la fuga immediata di 500.000 persone e apre una profonda crisi politica in
Iraq. I miliziani entrano in possesso di una grande quantità di armi di fabbricazione americana abbandonati
dall'esercito e di 429 milioni tra dollari e oro saccheggiati dalle banche cittadine[414]
. Vengono inoltre rilasciati
2.400 detenuti che si uniscono alle file dell'ISIS[415]
.
Nel mese di giugno si susseguono i successi dell'ISIS, che assume il controllo di numerose città irachene e si
spinge fino alla periferia di Baghdad. In particolare viene di fatto annullata una lunga fascia di confine tra Iraq e
Siria da cui possono ora passare liberamente armi e combattenti[416]
. Il 29 giugno 2014 il leader dell'ISIS, Abu
Bakr al-Baghdadi annuncia l'instaurazione del califfato nei territori controllati tra Siria e Iraq e chiede a tutti i
musulmani di aderirvi[417]
.
Offensiva dell'ISIS (in nero) nella Siria nord-orientale nel luglio-agosto 2014 contro le altre forze ribelli (in verde) e le forze
governative (in rosso). In giallo i curdi
Grazie alle armi sofisticate catturate in Iraq, al numero e alla determinazione dei combattenti, l'ISIS il 1º luglio
scatena un'imponente offensiva nelgovernatorato di Deir el-Zor che, in due settimane, permette di sconfiggere le
altre formazioni ribelli siriane, in particolare il Fronte al-Nusra, e assumere il controllo del 95% della provincia
nonché di circa il 50% di Deir el-Zor città[418]
.
L'espulsione di tutte le sigle ribelli dall'est della Siria, permette all'ISIS di entrare in diretto contatto con le aree
controllate dal governo siriano, verso il quale organizza un'offensiva il 16 luglio. Il primo obiettivo è il campo di
gas di Shaer, nella regione desertica a nord di Palmira. In sole 12 ore le milizie occupano il campo e giustiziano
sommariamente 200 tra soldati e civili[419]
. Successivamente, il 26 luglio, l'esercito riesce a riconquistare gli
impianti[420]
. Il 25 luglio l'ISIS attacca e conquista la base militare "Divisione 17" a nord di al-Raqqa, ultimo
bastione governativo nella città[421]
e il 7 agosto la base militare "Brigata 93". In entrambi i casi non vengono fatti
prigionieri[422]
.
Situazione in Siria a settembre 2014: dopo l'offensiva estiva, l'ISIS (in nero) controlla ormai quasi integralmente i
governatorati di Raqqa e Deir el-Zor
Il 10 agosto l'ISIS comincia l'offensiva contro l'aeroporto militare di Tabqa, ultima postazione governativa
nell'intero governatorato. L'attacco dura per tutto il mese, fino a quando, il 24 agosto, i miliziani riescono ad
entrare nel complesso e a conquistarlo[423]
. Le forze armate siriane riescono a evacuare gran parte del materiale
militare, tuttavia circa 250 soldati vengono catturati e giustiziati sommariamente. Con un totale di circa 500 morti
tra i soldati governativi, la battaglia rappresenta una dura sconfitta per il governo siriano, che, per la prima volta,
viene anche criticato dall'opinione pubblica alawita che accusa l'esercito di aver abbandonato i propri
uomini[424]
.Il fronte tra esercito governativo e le altre milizie ribelli si attesta principalmente nella campagna a
nord di Hama e nellaGhuta orientale.
Il 4 luglio ha avuto luogo, ad Uqayrishah, un tentativo statunitense di salvare il giornalista James Wright
Foley che si è risolto con il completo fallimento dell'operazione e la successiva morte del giornalista decapitato il
il 19 agosto nel deserto siriano dal boia dello Stato Islamico Jihadi John.
Il 26 luglio i ribelli scatenano un'offensiva con l'obiettivo di conquistare l'aeroporto di Hama e, in seguito,
attaccare la città. Grazie a rinforzi provenienti daAleppo, i ribelli, guidati dal Fronte al-Nusra, in un mese
conquistano diverse città fino ad occupare Halfaya e Arzeh, incuneandosi quindi a ovest di Hama fino a 3 km
dall'aeroporto[425]
. Tuttavia, anche grazie ai rinforzi governativi spostati da Aleppo, l'avanzata ha una stagnazione
e i ribelli subiscono la controffensiva che, il 17 settembre, riporta il fronte alle posizioni di luglio[426]
.
Nella Ghuta orientale l'esercito governativo, in collaborazione con Hezbollah, continua a stringere la sacca di
resistenza ribelle, avanzando nel distretto di Jobar e soprattutto riconquistando la cittadina di al-Maliha il 14
agosto, a seguito di una lunga operazione cominciata ad aprile[427]
. La città era uno snodo strategico per i ribelli e
il punto di partenza di una rete di tunnel che collega le altre aree controllate[428]
.
L'intervento internazionale contro l'ISIS (settembre 2014 - gennaio 2015)
Lo stesso argomento in dettaglio: Intervento militare contro lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante e Assedio
di Kobane.
La rapida avanzata dell'ISIS nel nord e nell'est dell'Iraq nel giugno 2014 e l'incapacità militare e politica del
governo centrale nel contrastarla, creano profonde preoccupazioni nei governi occidentali e, in particolare, in
quello americano. Il premier iracheno Nuri al-Maliki invoca l'intervento internazionale e si rivolge direttamente
agli Stati Uniti, chiedendo un immediato supporto aereo[429]
. Tali eventi trasformano lo sconfinamento della
guerra civile in conflitto regionale.
La situazione in Iraq peggiora ulteriormente all'inizio di agosto, quando una nuova offensiva dell'ISIS rompe le
linee di difesa dei peshmerga curdi nella Regione autonoma del Kurdistan Iracheno e permette ai miliziani di
penetrare rapidamente nel nord del paese[430]
. In particolare vengono conquistate alcune cittadine a
maggioranza cristiana, tra cui Qaraqosh, e yazida, tra cuiSinjar. L'avanzata provoca la fuga di 200.000 persone
che temono il massacro per motivi religiosi[431]
. Particolarmente grave la situazione della popolazione yazida, che
viene accerchiata sulla montagna a nord di Sinjar. Il rischio di completa occupazione del Kurdistan Iracheno
spinge gli Stati Uniti a intervenire nel conflitto. Il 7 agosto avviene il primo bombardamento nei pressi diErbil[432]
.
Viene organizzata una coalizione che raggruppa 11 paesi occidentali, inclusa l'Italia che però offre solo supporto
logistico, aiuti umanitari ai profughi e armamento leggero alle milizie curde irachene[433]
. L'intervento occidentale
contro l'ISIS si limita all'Iraq, sebbene gran parte dei miliziani e i principali centri di comando si trovino in Siria.
Il problema principale per gli USA è la possibilità che un intervento in territorio siriano possa aiutare le truppe
dell'esercito governativo, che, paradossalmente, un anno prima avevano minacciato di attaccare. Tuttavia dal 26
agosto si verificano alcuni voli di ricognizione sul territorio siriano[434]
. Il 10 settembre il presidente
statunitense Barack Obama apre alla possibilità di attaccare l'ISIS in Siria, affermando in una conferenza stampa:
"Daremo la caccia ai terroristi ovunque si trovino. Significa che non esiterò a comandare operazioni anche in
Siria"[435]
.
Gli obiettivi dei primi attacchi statunitensi in Siria in una mappa del Dipartimento della Difesa: oltre all'ISIS nell'area di
Raqqa e Deir el-Zor, viene colpito anche il fronte al-Nusra a ovest di Aleppo
Il 22 settembre si verificano i primi bombardamenti sul territorio siriano. Il governo viene informato con la
mediazione dell'Iran, ma non viene consultato per coordinare gli attacchi o chiedere l'autorizzazione. Tuttavia
viene rilasciata una dichiarazione che afferma: "la Siria appoggia ogni iniziativa internazionale nella lotta contro
gli jihadisti"[436][437]
. La coalizione guidata dagli Stati Uniti comprende 5 nazioni
arabe: Bahrein, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti[438]
. Tra i primi obiettivi vi sono tutti i
principali centri urbani controllati dall'ISIS, tra cui Raqqa e, inaspettatamente, anche postazioni del Fronte al-
Nusra; in particolare viene attaccato il quartier generale del "Gruppo Khorasan"[439]
.
L'imprevista inclusione del Fronte al-Nusra nell'attacco provoca una dura reazione da parte delle altre formazioni
ribelli siriane, tra cui l'Esercito siriano libero, che teme un diretto rafforzamento delle truppe governative e un
travaso di miliziani verso l'ISIS allo scopo di combattere gli Stati Uniti come "nemico comune"[440]
. Nell'area
di Damasco, nel giorno stesso dell'inizio dei bombardamenti, viene siglato un patto di non aggressione tra ISIS e
le altre formazioni ribelli[441]
.
Sul terreno, a metà settembre, l'ISIS scatena una imponente offensiva verso la regione di Kobane, confinante con
la Turchia e controllata dalle milizie curde YPG. Grazie agli equipaggiamenti provenienti dall'Iraq, l'ISIS riesce
rapidamente a conquistare diverse cittadine, mandando in rotta i miliziani curdi. Solo il 2 ottobre l'ISIS conquista
350 villaggi e arriva alle porte della città[442]
. L'attacco provoca il flusso di 300.000 profughi verso la Turchia,
causando il più importante sconfinamento della guerra civile sul suo territorio[443]
.
Linea del fronte a Kobane, dalla massima estensione del controllo dell'ISIS a fine ottobre-inizio novembre 2014 (linea
tratteggiata rossa), alla contro-offensiva dell'YPG (in giallo) a gennaio 2015
L'assedio di Kobane permette alle forze della coalizione di bersagliare i miliziani dell'ISIS con facilità a causa
della loro concentrazione. Al 15 ottobre le vittime si contano a centinaia[444]
. La vicinanza degli scontri, spinge la
Turchia a schierare le proprie truppe al confine. Tuttavia, ignorando le richieste della minoranza curda e degli
Stati Uniti, il presidente Erdogan si rifiuta di fornire aiuti alla città e ai miliziani YPG[445]
. Solo a inizio novembre
viene permesso l'ingresso in città di un piccolo contingente di curdi iracheni[446]
. L'offensiva dell'ISIS si arresta
dividendo in due la città. Le ripetute controffensive curde permettono piccoli avanzamenti per tutto il mese di
novembre e dicembre. A fine anno le milizie YPG controllano tra il 70%[447]
e l'85%[448]
di Kobane.
I bombardamenti hanno effetto anche nell'area di Deir el-Zor, dove, a dicembre, il governo siriano riesce a
espellere l'ISIS da molte zone della città[449]
. Settembre vede anche un avanzamento delle truppe governative
siriane nella Ghuta orientale di Damasco, dove il 25 i ribelli sono costretti a ritirarsi dalla città di Adra[450]
.
Crescita del territorio controllato da al-Nusra dopo il conflitto con l'ESL:
Prima dell'offensiva
Dopo l'offensiva
Ad Aleppo l'esercito siriano avanza nel nordest della città, conquistando lo strategico quartiere di Handarat.
L'esercito ora può bersagliare l'unica arteria di collegamento in mano ai ribelli, ponendo le aree centrali della città
sotto assedio de facto[451]
. Il 23 ottobre l'esercito siriano riesce a conquistare la cittadina di Morek, a nord diHama,
dopo 9 mesi di combattimenti. Alcune testimonianze riportano che l'attacco della coalizione internazionale contro
il Fronte al-Nusra ha di fatto aiutato l'esercito siriano in quest'ultima operazione[452]
. Poco dopo questo evento, il
26 ottobre, il Fronte al-Nusra rompe l'alleanza con l'Esercito siriano libero ed attacca le sue postazioni in tutto
il governatorato di Idlib sequestrando tutto l'armamento e costringendo i miliziani a scappare in Turchia o a unirsi
al Fronte[453]
. Viene mantenuta inalterata l'alleanza nel sud della Siria.
Il periodo compreso tra novembre e dicembre 2014 vede un rallentamento delle iniziative militari su tutto il
territorio siriano ad esclusione delgovernatorato di Daraa dove le milizie ribelli riescono a conquistare l'importante
città di Nawa[454]
ed avanzare verso Shaykh Maskin[455]
con l'intenzione di controllare l'autostrada Dar'a-
Damasco ancora sotto controllo governativo.
Il 26 gennaio 2015 le milizie curde annunciano che la città di Kobane è completamente sotto il loro controllo[456]
.
Lo Stato Islamico riconosce l'impossibilità di mantenere le proprie posizioni e, visto l'alto numero di perdite,
annuncia il ritiro dalla città e dalle aree circostanti[457]
.
Le forze governative in difficoltà (febbraio 2015 - maggio 2015)
Dal mese di febbraio si intensificano le operazioni militari su tutti i fronti della guerra civile. Le milizie curde
YPG, con il fondamentale appoggio dell'aviazione americana e alcune unità dell'Esercito Siriano Libero, riescono
in un mese a riconquistare tutte le cittadine curde della regione a sud diKobane perse tra ottobre e dicembre
2014[458]
. Lo Stato Islamico è costretto ad attestare la propria linea difensiva nei villaggi a maggioranza etnica
araba.
Offensiva dei curdi (in giallo) contro l'ISIS (in nero) a est di Hasaka e dell'ISIS contro i curdi a ovest di Hasaka, febbraio-
marzo 2015
I curdi siriani, stavolta alleati alle forze governative, scatenano un'offensiva il 21 febbraio nella zona est di Al-
Hasaka, verso Tal Hamis, roccaforte dello Stato Islamico vicino al confine iracheno. Grazie anche all'intervento
deipeshmerga iracheni, che eseguono bombardamenti da oltre confine, i curdi conquistano tra il 25 e il 28
febbraioTal Hamis e la vicina Tell Brak, oltre ad altri 105 piccoli villaggi[459]
. Lo Stato Islamico reagisce
attaccando a ovest di Al-Hasaka e conquistando 35 villaggi a sud di Tell Tamer, entrando in un territorio abitato in
maggioranza da cristiani assiri[460]
. Le milizie cristiane, curde e l'esercito siriano riescono ad arginare l'avanzata il
16 marzo[461]
.
Il 16 febbraio 2015, a seguito dell'arrivo di numerosi rinforzi ad Aleppo, l'esercito siriano scatena un'imponente
offensiva volta a completare l'accerchiamento del centro città e rompere l'assedio delle cittadine sciite di Nubl e
Zahara[462]
. L'attacco coglie di sorpresa le postazioni ribelli a nord della città e in poche ore l'esercito siriano
conquista diversi villaggi arrivando a controllare la principale via di rifornimento ribelle e a raggiungere le due
città assediate[463]
. Tuttavia l'avanzata si rivela effimera e già il giorno successivo l'esercito subisce il contrattacco
ribelle, che in pochi giorni recupera tutte le posizioni perse e infligge forti perdite alle truppe governative[464][465]
.
Inoltre la seconda offensiva volta ad accerchiare Aleppo entra subito in stallo e le milizie ribelli riescono a
penetrare nei quartieri strategici di Al-Mallah e Handarat[466]
.
Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) nel sud della Siria
Il 7 febbraio 2015, in risposta alle recenti vittorie ribelli nel sud del paese, l'esercito siriano scatena un'offensiva
sul fronte meridionale volto ad allontanare ulteriormente i ribelli da Damasco e riprendere il controllo sulla fascia
di confine con le Alture del Golan[467]
. Per la prima volta dallo scoppio della guerra civile partecipano in maniera
diretta molte unità dei pasdaran iraniani[468]
, oltre che molti miliziani Hezbollah e alcune milizie sciite
afghane[469]
. La battaglia viene considerata decisiva dalle forze governative e molti osservatori internazionali la
considerano una delle più importanti della guerra[470]
. La prima fase dell'offensiva permette di conquistare
velocemente 7 cittadine, ma dopo solo una settimana le forze governative entrano in stallo, subendo pesanti
perdite ed esaurendo la spinta iniziale. Le limitate conquiste territoriali e l'importanza attribuita all'operazione
portano a considerare l'attacco come un grosso fallimento.
Gli scarsi risultati ottenuti nelle offensive di febbraio sono il preludio ad un periodo estremamente difficile per il
governo siriano. A partire da marzo si verificano una serie di pesanti sconfitte ai danni dell'esercito governativo
che, per la prima volta dalla battaglia di Qusayr, è costretto a cedere importanti aree strategiche. Le ragioni di
questa modifica dei rapporti di forza sono da ricercarsi nella cronica mancanza di uomini nelle file governative,
che si sono ridotti ulteriormente nella guerra d'attrito invernale. Inoltre gli alleati sciiti iracheni, iraniani e
Hezbollah hanno ridotto la loro presenza sul campo o si sono focalizzati su aree ridotte di interesse strategico[471]
.
Inoltre compaiono i primi cedimenti politici all'interno del campo governativo. Si verificano imprigionamenti,
fughe e uccisioni di membri interni al partito Baath, alcuni accusati di ordire un colpo di stato[472]
. I ribelli siriani
invece, nella componente jihadista, trovano una nuova unità creando una coalizione attiva soprattutto al
nord, Jaish al Fatah (Esercito della Conquista), guidata dal Fronte al-Nusrae comprendente altri sei gruppi ribelli
tra cui Ahrar al-Sham[473]
. Inoltre Arabia Saudita e Turchia aumentano finanziamenti e coordinamento a sostegno
dei miliziani[474]
.
Conquista di Idlib e Jisr al-Shughur da parte dei ribelli di Jaish al Fatah (in verde), marzo-aprile 2015
Il 25 marzo con un rapido attacco i miliziani dell'Esercito Siriano Libero conquistano la cittadina meridionale
diBosra, costringendo l'esercito siriano a ritirarsi nel gebel Druso[475]
. Il 24 marzo Jaish al Fatah scatena un ampio
attacco alla città di Idlib, sotto controllo governativo e capoluogo dell'omonimo governatorato. Con l'ausilio di
numerosi attentatori suicidi i miliziani si infiltrano nelle zone nord ed est della città, avanzando velocemente verso
il centro[476]
. Nell'arco di 4 giorni le truppe siriane e i membri della Forza Nazionale di Difesa si ritirano verso
sud, abbandonando definitivamente la città il 28 marzo[477]
. La conquista della città rappresenta una dura perdita
per il governo siriano soprattutto dal punto di vista morale e permette al Fronte al-Nusra di presentarsi ormai come
la formazione egemone tra i ribelli[478]
. Jaish al Fatah annuncia l'instaurazione della sharia in città, che diviene de
facto la "capitale" delle aree amministrate dal gruppo jihadista[479]
. Una nuova sconfitta per il governo siriano
avviene il 1º aprile di nuovo a sud, al confine con la Giordania, dove i miliziani ribelli riescono a conquistare il
valico di Nasib, ultima area di confine ancora sotto controllo statale e garantirsi in questo modo una nuova via di
rifornimento[480]
.
A nord, a seguito della conquista di Idlib, Jaish al Fatah continua l'offensiva verso ovest, aprendo il 22 aprile 3
diversi fronti: a ovest della città, su Jisr al-Shughur e nella piana di al-Ghaab. Il 25 aprile l'esercito siriano
abbandona Jisr al-Shughur[481]
e, dopo una timida controffensiva è costretto a cedere anche alcuni villaggi nella
piana di al-Ghaab[482]
. La presa di Jisr al-Shughur è particolarmente importante in quanto è uno snodo strategico
per la costa di Latakia, area alawita e fortemente filogovernativa.
Offensiva dell'ISIS (in nero) contro Palmira, maggio 2015
Il 13 maggio 2015 il governo siriano subisce una pesante sconfitta anche nell'est del paese. Questa volta è lo Stato
Islamico che, sfruttando l'alleggerimento di truppe governative ricollocate sul fronte di Idlib, attacca la città
di Palmira, posizionata strategicamente nel deserto tra il confine iracheno, Homs e Damasco. La resistenza dura
circa 10 giorni. Il 21 maggio i miliziani dell'ISIS entrano in città, mentre le truppe regolari evacuano i civili e i
reperti archeologici contenuti nel Museo di Palmira[483]
.
Verso la fine del mese i vari fronti aperti entrano in stallo, con piccoli avanzamenti dei ribelli solo nell'area
di Idlib[484]
.
Il 15 maggio ha avuto luogo, ad al-Amr, una operazione speciale condotta dalla Delta Force statunitense con
l'obbiettivo di uccidere uno dei capi dello Stato Islamico Abu Sayyaf, noto per aver avuto un ruolo importante
nella supervisione delle operazioni per il contrabbando illegale di petrolio. Durante l'operazione, in cui almeno 31
jihadisti hanno perso la vita, Sayyaf è stato ucciso mentre sua moglie è stata catturata per essere poi consegnata ai
curdi.
La grande avanzata curda nel nord (giugno 2015 - settembre 2015)
Già a partire dalla metà maggio 2015 le forze curde YPG presenti nella regione a nord-ovest di Hassaké avevano
intrapreso una campagna militare in risposta ai recenti avanzamenti dello Stato Islamico nell'area riconquistando,
in collaborazione con le milizie cristiane, i territori persi a inizio marzo[485]
.
Avanzata dei curdi (in giallo) contro l'ISIS (in nero) nel nord della Siria, con l'unificazione dei cantoni di Kobane (a ovest) e
Jazira (a est)
Il 31 maggio 2015 viene lanciata una nuova imponente offensiva, guidata dalle milizie curde in collaborazione
con alcuni gruppi selezionati dell'Esercito Siriano Libero e la copertura aerea della Coalizione a guida americana.
I curdi avanzano sia da est, che da ovest (dal cantone di Kobane) con l'intenzione di entrare nel Governatorato di
al-Raqqa, unificare i due cantoni e assumere il controllo continuo di quasi tutto il confine con la Turchia.
L'avanzata si rivela estremamente veloce, con le milizie islamiste che spesso si ritirano senza ingaggiare i
combattenti curdi. Unica cittadina ad opporre resistenza è Suluk, che però cade il 14 giugno[486]
. Tra il 15 e il 16
giugno i combattenti curdi YPG provenienti dai due cantoni unificano il fronte e attaccano l'ultima roccaforte
dello Stato Islamico: la città frontaliera di Tell Abyad, che viene abbandonata dagli jihadisti con poca
resistenza[487]
. La vittoria curda permette il controllo di larga parte del confine turco e di tagliare i rifornimenti
diretti a Raqqa, nonché di minacciare direttamente la capitale delCaliffato. I curdi YPG conquistano quasi tutte le
aree a maggioranza curda (Rojava), spingendosi anche in cittadine arabe, lasciate in gestione alle poche brigate
dell'Esercito Siriano Libero, per dare rassicurazione agli abitanti[488]
. A fine giugno i curdi, con una presenza più
importante dell'Esercito Siriano Libero, conquistano Ayn Issa, spingendosi più in profondità verso Raqqa[489]
. La
vittoria di Tel Abyad rappresenta uno dei più rapidi avanzamenti della guerra civile siriana e una sconfitta
strategica importante per lo Stato Islamico che è costretto a organizzare le difese della propria capitale e rinunciare
alla via più diretta di approvvigionamento verso la Turchia.
La risposta dell'ISIS all'avanzata curda avviene alla fine del mese. Il 25 giugno un centinaio di miliziani islamisti
penetra nella città di Kobane facendo esplodere 3 autobomba vicino al valico di confine con la Turchia e
attaccando le retrovie delle milizie YPG[490]
. L'effetto sorpresa rende complessa la risposta dei curdi, che sono
costretti a richiamare i miliziani dal fronte. La battaglia dura 3 giorni durante i quali gli islamisti commettono
anche una serie di massacri contro la popolazione civile[491]
. Il 29 giugno gli ultimi miliziani dell'ISIS vengono
eliminati. I curdi accusano direttamente la Turchia di aver permesso l'accesso dei combattenti attraverso il suo
territorio[492]
. Il 30 giugno avviene un episodio identico nella città di Tall Abyad[493]
. I curdi sono costretti ad
interrompere l'offensiva verso sud, essendo il fronte troppo vasto e riconoscendo la necessità di rafforzare il
controllo sulle aree conquistate.
La situazione a Hasaka al 3 luglio 2015: in nero l'ISIS, in rosso il governo siriano, in giallo l'YPG, in verde le milizie assire
Quasi contemporaneamente l'ISIS scatena un'offensiva anche nell'area curda orientale, attaccando frontalmente la
città di Hassaké il 23 giugno[494]
. I miliziani riescono a conquistare i sobborghi meridionali e ad entrare nel centro
cittadino. Il YPG viene affiancato dall'esercito regolare siriano, che rinforza il proprio contingente con 400
membri della Guardia Repubblicana[495]
. I bombardamenti della coalizione a guida americana sono sporadici per
evitare il sostegno diretto alle truppe governative[496]
. Gli scontri proseguono per tutto il mese di luglio. Il 1 agosto
la battaglia si dichiara conclusa con l'ISIScostretto a ritornare sulle posizioni precedenti all'attacco[497]
.
Il mese di giugno 2015 vede anche il primo coinvolgimento della comunità drusa siriana, finora rimasta
ambiguamente neutrale nella guerra civile. L'11 giugno 2015 il Fronte al-Nusra compie un massacro nella
provincia di Idlib, uccidendo 20 civili drusi in un villaggio[498]
. Lo stesso giorno, i ribelli attaccano la base aerea di
al-Thula, nel governatorato di As-Suwayda, al confine occidentale del Gebel Druso[499]
. I drusi reagiscono con
una dichiarazione in cui i leader politici e religiosi della comunità spingono la popolazione a sostenere il governo
e unirsi all'esercito regolare[500][501]
. Il 16 giugno i ribelli scatenano una nuova offensiva nel governatorato di
Quneitra con l'obiettivo di entrare nella Ghuta occidentale e avvicinarsi a Damasco[502]
. Il giorno successivo il
fronte si attesta nella cittadina di Hadar, abitata dalla comunità drusa. Anche in questa circostanza i cittadini si
uniscono alle forze governative contro i ribelli[503]
.
L'intervento druso provoca il rapido stallo di entrambe le offensive ribelli nel sud della Siria e la controffensiva
governativa[504][505]
.
In questo periodo l'unica area della Siria dove le truppe governative ottengono successi sostanziali è la regione
del Qalamun al confine con il Libano. Con il sempre più importante sostegno delle milizie sciite Hezbollah, tra
maggio e giugno, l'esercito siriano era riuscito a mettere in sicurezza le aree rurali e i picchi montagnosi nel
Qalamun settentrionale[506]
. Il 3 luglio 2015 viene attaccata la cittadina di Zabadani[507]
, il più grande centro
urbano al confine libanese ancora nelle mani dei ribelli e oggetto di continue tregue nel corso degli ultimi
anni[508][509]
. Le truppe governative circondano l'abitato e avanzano rapidamente verso il centro città. Tuttavia a
causa della feroce resistenza ribelle, derivata anche dall'impossibilità di fuggire, Hezbollah è costretta a rallentare
l'attacco in modo da limitare le proprie perdite[510]
. A partire da agosto, la sorte di Zabadani viene legata alle due
città a maggioranza sciita nel governatorato di Idlib, Al-Fou'aa e Kafraya. I ribelli infatti attaccano i centri abitati e
propongono uno scambio tra i loro combattenti a Zabadani e i civili intrappolati a nord[511]
. Coinvolgendo
anche Turchia e Iran, vengono implementate una serie di tregue fino al mese di settembre[512][513]
. Tuttavia, le città
di Madaya (vicino a Zabadani), Al-Fou'aa e Kafraya restano assediate ancora a gennaio 2016, con coseguenze
sempre più gravi per i civili rimasti intrappolati e privi di cibo e medicine[514]
.
Sempre nel governatorato di Idlib, la coalizione islamista Jaish al Fatah lancia a fine giugno una serie di nuove
offensive a sud di Jisr al-Shughur, riuscendo a conquistare alcuni villaggi[515]
ma venendo bloccata dalla
controffensiva governativa[516]
. Per tutto il mese di agosto si registrano continui scontri caratterizzati da attacchi e
contrattacchi nella parte settentrionale della Piana di al-Ghab con le cittadine di Mansura, al-Bahsa e Tal Awar
che passano di mano diverse volte[517][518]
. L'offensiva si esaurisce a fine agosto un blando avanzamento dei
ribelli. Intanto a fine estate l'ISIS prosegue la propria espansione nel governatorato di Homs a danno dei
governativi, occupando il 5 agosto la città assiro-cristiana di Al-Qaryatayn, sede di un altro importante sito
archeologico.
L'intervento russo (ottobre 2015 - gennaio 2016)
Lo stesso argomento in dettaglio: Abbattimento del Su-24 russo del 2015 e Campagna di Latakia (2015).
Sebbene la Federazione Russa abbia sostenuto politicamente e con forniture militari il governo siriano fin dalle
prime fasi della crisi, a partire da settembre 2015 si verifica una sensibile intensificazione dei contatti tra i due
governi e si registrano movimenti aerei e di personale russo nell'area costiera di Lattakia[519][520][521]
. Il 15
settembre gli Stati Uniti dichiarano che truppe russe stanno allestendo un nuovo aeroporto con annessa base
militare[522]
. A fine settembre la Russia annuncia di aver raggiunto un accordo con Siria, Iraq e Iran per
condividere informazioni di intelligence relative allo Stato Islamico[523]
.
Oltre all'aumento di forniture militari, il presidente russo Vladimir Putin scatena un'offensiva diplomatica volta a
modificare la posizione occidentale nei confronti del governo siriano, allo scopo di includerlo in un futuro
processo di pace. Anche a seguito della crisi dei profughi siriani in Europa iniziata durante l'estate, Austria,
Spagna[524]
, Germania[525]
e Regno Unito[526]
affermano di essere disposti a trattare con il presidente
siriano Bashar al-Assad. Tale posizione viene accettata anche dalla Turchia[527]
e da Israele[528]
A fine settembre la Russia ufficializza la volontà di intervenire in Siria contro lo Stato Islamico e avvia trattative
per includere la propria forza aerea alla coalizione a guida americana[529]
. Tuttavia l'accordo non viene siglato a
causa della divergenza sul supporto alle truppe governative siriane[530]
.
Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) nella sacca di al-Rastan tra Homs e Hama (in basso)
e a nord di Hama nella piana di al-Ghab (in alto)
Il 30 settembre 2015, poco dopo l'autorizzazione della Duma[531]
e dopo aver informato il governo americano, gli
aerei russi eseguono i primi raid in territorio siriano[532]
. Tra le prime località colpite vi sono quelle nella zona
controllata dai ribelli tra Homs e Hama (la cosiddetta "sacca di Al-Rastan")[533]
. L'apparente assenza di miliziani
dello Stato Islamico nell'area dimostra la volontà di colpire, a differenza dei raid dell'aviazione americana, tutte le
sigle della ribellione siriana, incluse le brigate dell'Esercito Siriano Libero[534]
. Il giorno successivo, tuttavia,
vengono bombardate anche aree controllate dall'ISIS, inclusa la "capitale" del Califfato: Raqqa[535]
.
I raid aerei si estendono su quasi tutto il territorio siriano controllato dai ribelli che, in risposta, creano un
"comitato congiunto" composto da 41 fazioni per coordinare le operazioni di difesa[536]
.
Il 7 ottobre l'esercito siriano lancia una vasta offensiva nel nord-ovest della Siria aprendo un fronte che comprende
il governatorato di Latakia, la piana di al-Ghab e il confine nord del governatorato di Hama[537]
. L'aviazione russa
garantisce una forte copertura aerea con aerei ed elicotteri. Nella notte vengono anche lanciati 26 missili terra-
terra da navi russe ormeggiate nel Mar Caspio, sfruttando lo spazio aereo iraniano e iracheno[538]
. Nelle operazioni
terrestri l'esercito siriano viene affiancato anche dai miliziani Hezbollah[539]
. In una settimana di combattimenti le
truppe governative riescono a catturare diverse cittadine nel governatorato di Idlib e intorno alla strategica
cittadina di Salma. Tuttavia i miliziani islamisti riescono a rallentare l'avanzata, anche grazie all'utilizzo dei
missili anticarro BGM-71 TOW di fabbricazione americana[540]
. Nella seconda settimana di battaglia alcuni punti
del fronte entrano in stallo, ad esclusione della piana di al-Ghab, dove lentamente le truppe siriane avanzano verso
nord. Alcuni osservatori ritengono i successi ottenuti come "limitati"[541]
.
Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) a sud e nord di Aleppo e contro l'ISIS (in nero) a est
di Aleppo, ottobre 2015-3 febbraio 2016
Il 16 ottobre le truppe siriane lanciano un'altra offensiva nella campagna a sud di Aleppo[542]
. Oltre all'appoggio
aereo russo, intervengono direttamente elementi della Forza Quds del Corpo delle Guardie della rivoluzione
islamica (Pasdaran), sotto la direzione strategica di Qasem Soleimani[543]
e milizie sciite irachene[544]
. In pochi
giorni le truppe conquistano 5 villaggi prima di incontrare la resistenza dei ribelli[545]
. Tra ottobre e l'inizio di
novembre, l'esercito siriano riesce a ad avanzare in profondità verso sud e verso ovest, conquistando una dozzina
di villaggi[546][547]
e arrivando ad attaccare la cittadina di al-Hadir[548]
. Parallelamente, a est di Aleppo, con il forte
sostegno dell'aviazione russa, l'esercito governativo riattiva il fronte contro lo Stato Islamico con l'intenzione di
rompere l'assedio dell'aeroporto militare di Kuwayris[549]
. Il 10 novembre 2015 le truppe entrano nel complesso
militare e la televisione nazionale trasmette le immagini dei soldati in festa[550]
. Questa operazione è il primo vero
successo governativo da inizio anno e la dimostrazione dell'importante aiuto fornito dall'aviazione russa. Inoltre la
penetrazione governativa in un'area considerata roccaforte dell'ISIS apre un nuovo fronte sulla frontiera
occidentale del "Califfato"[551]
.
Il successo militare governativo ad Aleppo segue una nuova offensiva diplomatica russa per riabilitare Bashar al-
Assad sul piano internazionale. Il 21 ottobre il presidente siriano viene accolto a sorpresa a Mosca da Vladimir
Putin. Si tratta del primo viaggio di Assad all'estero dall'inizio della crisi[552]
. Il 30 ottobre viene organizzata
a Vienna una conferenza di pace dove, per la prima volta, viene invitato l'Iran e non vengono richieste le
dimissioni di Assad come pre-condizione ai colloqui[553][554]
.
A parte Aleppo, le truppe governative si trovano in difficoltà sugli altri fronti. Nel governatorato di
Latakia l'avanzata su Salma entra in stallo e l'unico successo è la conquista del villaggio montuoso di
Ghamam[555]
. Non vi è nessuna modifica del fronte nella Piana di al-Ghab, mentre sul fronte a nord
diHama l'esercito subisce il contrattacco da parte delle milizie ribelli che riescono a riconquistare tutti i territori
persi a fine ottobre e a riconquistare, il 4 novembre, la strategica città di Morek, oltre a diversi villaggi e colline
circostanti[556]
.
Il mese di novembre vede avanzare ulteriormente l'esercito siriano. A sud di Aleppo, il 13 novembre, le linee di
difesa ribelli vengono sfondate da un attacco congiunto dell'esercito, Hezbollah, milizie sciite irachene, afghane
e pasdaran iraniani. In un solo giorno vengono conquistate le cittadine di Hader ed El-Eis, insieme a diversi altri
villaggi circostanti[557][558][559]
. Le truppe governative arrivano fino all'autostrada M5 che congiunge Aleppo
a Damasco, prima di interrompere l'offensiva[560]
. A fine novembre tuttavia le milizie ribelli, spostando uomini dal
fronte diHama, riescono ad organizzare una controffensiva che recupera parte del territorio perso[561]
.
Anche sul fronte a est di Aleppo, l'esercito siriano non interrompe l'attacco e si spinge verso est, arrivando alla
periferia di Deir Hafer[562]
.
Avanzamento delle forze governative (in rosso) nel governatorato di Latakia: la linea nera tratteggiata indica il fronte a
novembre 2015, prima della riconquista di Salma e Rabia a gennaio 2016
A metà novembre si sblocca il fronte a nord di Latakia. Grazie alla copertura aerea russa, l'esercito riesce a
conquistare diversi villaggi e alture, entrando nel Jabal Turkman, area abitata dalla minoranza
etnica turcomanna molto legata ai ribelli e di lingua e cultura turca[563][564][565]
. La Turchia, nella realistica
eventualità di perdere il controllo del confine con i gruppi ribelli, afferma che attuerebbe "qualunque azione per
difendere la comunità turcomanna"[566]
. In questo contesto, il 25 novembre, due F-16 turchi abbattono un
bombardiere russo[567]
causando la morte di un pilota e innescando una forte crisi diplomatica tra i due Paesi.
Il periodo compreso tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 vede incrementare l'attività su quasi tutti i fronti siriani.
Nella maggior parte dei casi è l'esercito siriano che intraprende azioni offensive, evidenziando il sempre più
efficace supporto aereo russo. Vengono inoltre introdotti i carri armati T-90 che permettono una maggiore difesa
contro i missili anticarro BGM-71 TOW[568]
.
Sul fronte a sud di Aleppo, il 20 dicembre l'esercito conquista la cittadina strategica di Khan Tuman, tagliando
nuovamente l'autostrada M5 e unificando l'intera periferia meridionale della città[569]
.
Nella Ghuta Orientale, dopo un lungo periodo di inattività, riprendono le ostilità il 14 dicembre. L'esercito avanza
da sud e conquista la base aerea e il villaggio di Marj al-Sultan[570]
. Il 25 dicembre l'aviazione russa esegue un
bombardamento mirato in cui viene ucciso uno dei più importanti leader ribelli: Zahran Alloush, comandante della
formazione Jaish al-Islam, legata all'Arabia Saudita ed egemone nell'area di Damasco[571][572]
.
Il fronte a nord di Latakia subisce forti avanzamenti a partire dal 25 dicembre. Il 12 gennaio 2016 le truppe siriane
entrano nella roccaforte ribelle di Salma, causando un repentino ripiegamento dei miliziani verso il confine
turco[573]
. Nei giorni successivi l'esercito conquista decine di cittadine del governatorato ed entra il 24 gennaio
nella città di Rabia, ultima roccaforte ribelle nel nord della provincia[574]
. Il 18 febbraio viene conquistata anche
Kinsabba, importante avamposto ribelle nei pressi del confine con la provincia di Idlib.
Avanzamento dell'YPG (in giallo) verso Tishrin e a ovest dell'Eufrate, 23-30 dicembre 2015
Sul fronte sud, il 27 dicembre l'esercito siriano lancia un'offensiva per conquistare la città di Al-Shaykh Maskin,
che taglia la linea di comunicazione tra Damasco e Daraa[575]
. La battaglia è considerata vitale da parte dei ribelli
che riescono a rallentare l'avanzata governativa. Intorno al 5 gennaio 2016 la battaglia entra in stallo, con l'esercito
che riesce a controllare il 60% della città[576]
. L'offensiva riprende a fine gennaio, e il 25 viene annunciata la
completa conquista della città[577]
.
A est dell'Eufrate anche le milizie curde organizzano un attacco contro le postazioni dello Stato Islamico. Grazie
alla copertura aerea americana lo YPG, insieme ad alcune milizie arabe, tra il 23 e il 26 dicembre avanza
rapidamente verso sud, raggiungendo e conquistando la strategica diga di Tishrin ed entrando, per la prima volta,
nei territori a ovest del fiume[578]
. Ora le milizie curde hanno una via d'accesso verso la roccaforte ISIL di Manbij.
Intanto tra novembre e dicembre si accende un lungo braccio di ferro tra l'esercito siriano e l'ISIS per il controllo
di Mahin, a metà strada tra la strategica città cristiana di Sadad e Qaryatayn. Il centro abitato passa più volte di
mano ma a prevalere sono alla fine le forze governative.
Approfittando dello scontro tra lo Stato Islamico e YPG, a gennaio l'esercito siriano avanza a est di Aleppo
conquistando alcune cittadine a nord dell'aeroporto militare di Kuwayris e avvicinandosi alla roccaforte ISIL di al-
Bab[579]
. In risposta, il 16 gennaio lo Stato Islamico lancia una violenta offensiva contro la sacca governativa
di Deir el-Zor, assediata da diversi anni, riuscendo a invadere i quartieri settentrionali della città. L'attacco viene
respinto, ma tra 80 e 300 civili vengono uccisi e 400 rapiti[580][581]
. Sempre nella prima metà di gennaio l'esercito
siriano riesce a riconquistare alcuni villaggi lungo il fiume Oronte, nella sacca di resistenza di Al-Rastan.
L'escalation ad Aleppo e la tregua (febbraio 2016)
Offensiva delle forze governative (in rosso) e dei curdi (in giallo) contro i ribelli (in verde) a nord di Aleppo. A est di Aleppo,
offensiva governativa contro l'ISIS (in nero)
Nel corso del gennaio 2016 le offensive dell'esercito regolare siriano a Latakia e a sud di Aleppo rallentano,
mentre circolano notizie dell'arrivo di rinforzi a nord di Aleppo in preparazione di una nuova offensiva[582]
.
Il 1º febbraio l'esercito governativo sferra una violenta ed improvvisa offensiva dai sobborghi settentrionali verso
nord-ovest. L'obiettivo è raggiungere le cittadine sciite di Nubl e Zahraa, assediate dalle milizie ribelli dal luglio
2012. L'attacco, sebbene più settentrionale, ricalca la fallita offensiva governativa del febbraio 2015. Tuttavia,
grazie al fondamentale impiego dell'aviazione russa e dei miliziani Hezbollah, sciiti iracheni (accorsi in Siria dopo
la conquista di Ramadi in Iraq)[583]
, iraniani e afghani, le difese ribelli vengono superate[584]
e il 3 febbraio le
truppe siriane entrano a Nubl e Zahraa, accolti dalla popolazione in festa[585]
.
Oltre alla rottura dell'assedio, l'avanzata governativa permette di creare un corridoio che dal nord di Aleppo si
congiunge alle aree sotto controllo curdo nel cosiddetto Cantone di Afrin, tagliando l'area sotto controllo ribelle in
2 parti. L'area a nord del corridoio, di estensione ridotta, risulta completamente circondata su tre lati da curdi,
truppe governative e miliziani dello Stato Islamico. Inoltre viene tagliata una fondamentale via di
approvvigionamento dei ribelli ad Aleppo attraverso il valico di frontiera con la Turchia: ora mezzi e beni devono
passare dal governatorato di Idlib, geograficamente più distante da Aleppo. Viene anche tagliata l'unica via di
comunicazione tra i ribelli ad Aleppo e nel governatorato di Idlib con il territorio dello Stato Islamico, da cui,
sebbene in conflitto, importavano petrolio e carburante[586]
. L'avanzata governativa scatena il panico tra i miliziani
che, insieme a una nuova ondata di rifugiati (circa 30.000), ripiegano verso il confine turco[587]
.
Il 3 febbraio, inaspettatamente, anche i miliziani curdi YPG attaccano da ovest i ribelli, conquistando 2 cittadine e
rimanendo neutrali verso le truppe governative siriane. I sospetti di un coordinamento nell'offensiva si rafforzano
a causa del sostegno dell'aviazione russa alle milizie curde sul campo[588][589]
e al trasferimento ad Afrin di alcuni
soldati siriani feriti. In 2 settimane i miliziani curdi conquistano una decina di villaggi e l'importante base aerea di
Menagh[590]
. Il 13 febbraio le forze curde intensificano ulteriormente la loro avanzata, attaccando i sobborghi
meridionali di Azaz e quelli occidentali di Tal Rifaat[591]
. La possibile disfatta della ribellione siriana a nord di
Aleppo preoccupa la Turchia, che reagisce bombardando con l'artiglieria pesante le zone recentemente conquistate
dai curdi[592]
e minacciando l'ingresso delle truppe turche in territorio siriano[593]
. Il 15 febbraio le milizie curde
conquistano Tal Rifaat ma sospendono l'offensiva verso Azaz, indicata come limite invalicabile dalla Turchia[594]
.
Inoltre gli Stati Uniti intervengono nella crisi intimando alla Turchia di interrompere i bombardamenti[595]
. Le
truppe governative siriane intanto interrompono l'avanzata verso nord, consolidando le posizioni conquistate.
Ad est di Aleppo, le truppe governative siriane allargano l'area di controllo intorno all'aeroporto militare di
Kuwayris avanzando verso ovest, con l'intenzione di collegarsi ai quartieri orientali della città e chiudere i
miliziani dello Stato Islamico in una sacca. L'operazione comincia alla fine di gennaio[596]
e si sviluppa fino al 21
febbraio, quando viene conquistato l'ultimo villaggio[597]
. L'offensiva è caratterizzata da un lento ritiro dei
miliziani dell'ISIL che oppongono poca resistenza. Tra le aree conquistate vi è la centrale termoelettrica di
Aleppo, che garantisce energia a tutta la città[598]
.
Offensiva delle forze governative (in rosso) da Ithriyah verso Tabqa e dell'ISIS (in nero) verso Khanasir
L'11 febbraio l'esercito siriano lancia un'offensiva contro l'ISIL nel deserto orientale della provincia di Hama,
lungo l'autostrada Ithriyah-Raqqa, in direzione dell'aeroporto di Tabqa. Nei giorni seguenti i governativi
conquistano alcuni punti strategici lungo l'autostrada rimettendo così piede, per la prima volta dall'estate 2014, nel
governatorato di Raqqa. L'offensiva viene però interrotta dopo pochi giorni a causa dell'improvviso attacco
dell'ISIL all'asse stradale Ithriyah-Aleppo, unica via di rifornimento alla metropoli per i governativi, e che porta
alla perdita della cittadina di Khanasir. Entro fine febbraio la città viene riconquistata dall'esercito e le vie di
comunicazione riaperte.[599]
Conquista di al-Shaddadi da parte delle milizie curde (in giallo). Tratteggiata in nero la linea del fronte al 17 novembre 2015,
in rosso al 19 febbraio 2016
A fine febbraio intanto le milizie curde nel nord-est della Siria avanzano verso sud, discendendo il corso del
fiumeKhabur, riuscendo il 19 a strappare allo Stato Islamico il controllo di Al-Shaddadi, importante zona
petrolifera nelgovernatorato di al-Hasaka. Nei giorni successivi i curdi continuano la loro avanzata, spingendosi
fino a circa 85-90 km dalla sacca governativa di Deir el-Zor e penetrando per la prima volta nell'estremo nord
dell'omonimo governatorato.[600]
Sul piano diplomatico, l'11 febbraio a Monaco di Baviera, viene organizzata una conferenza allo scopo di
analizzare le condizioni per un rilancio del processo politico di pacificazione della Siria[601]
. L'incontro è
organizzato da USA e Russia, con la partecipazione delle principali nazioni mediorientali, incluse Arabia
Saudita e Iran e delle Nazioni Unite[602]
. Il 12 febbraio, con una dichiarazione congiunta, i ministri degli esteri
russo e americano annunciano un accordo sulla consegna di aiuti umanitari in Siria e su un cessate il fuoco "entro
una settimana"[603]
. Il piano, che esclude lo Stato Islamico e il Fronte al-Nusra, viene approvato dal governo
siriano[604]
, dai miliziani curdi[605]
e da circa 100 gruppi armati dell'opposizione[606]
. La tregua entra in vigore il 25
febbraio a mezzanotte[607]
.
L'arretramento dello Stato Islamico (marzo - luglio 2016)
Sebbene nei primi giorni di marzo vengano segnalate alcune violazioni della tregua[608]
, si registra una
diminuzione sostanziale dei combattimenti. Fonti americane riportano una riduzione tra "l'80 e il 90 per
cento"[609]
. La tregua ha come conseguenza la riapertura di negozi e scuole in molte città siriane[610]
, oltre
all'apertura di corridoi umanitari per la distribuzione di aiuti alla popolazione civile[611]
. Si registrano in alcune
città sotto controllo ribelle la formazione di manifestazioni di critica verso il regime simili a quelle del primo anno
di rivolta[612]
.
Il 14 marzo, il presidente russo Vladimir Putin, annuncia il progressivo ritiro delle forze russe dal territorio siriano
come gesto di distensione in vista dei colloqui di pace[613]
. Viene comunque garantito sostegno aereo alle truppe
siriane sui fronti attivi contro lo Stato Islamico[614]
.
Aree riconquistate dalle forze governative siriane (in rosso) al 26 marzo, prima della presa di Tadmur (Palmira) il giorno
seguente
Il perdurare della tregua permette sia all'esercito siriano, che alle milizie ribelli di concentrare gli sforzi contro
lo Stato Islamico. L'operazione più significativa è quella condotta dalle truppe siriane che, con l'importante
sostegno dell'aviazione russa e di numerose milizie alleate, il 12 marzo lancia un'importante offensiva per la
riconquista di Palmira (antica città romana) e di Al-Qaryatayn, entrambe occupate dallo Stato Islamico
rispettivamente a maggio ed agosto del 2015. Dopo una lenta avanzata il 27 marzo le truppe siriane completano la
liberazione della città nuova di Palmira, dopo aver già riconquistato il sito archeologico e l'aeroporto, provocando
la ritirata dei miliziani islamisti verso Raqqa e Deir Ezzor. Nei giorni seguenti fonti siriane affermano che il
prezioso sito archeologico si trova in buone condizione anche se alcuni edifici, come i templi di Bell,
di Baalshamin e l'Arco di Trionfo, sono stati completamente distrutti dai seguaci dello Stato Islamico, mentre altri
danni più o meno gravi vengono riportati al castello medievale, alla valle delle tombe e al museo cittadino[615][616]
.
Nel frattempo truppe speciali russe vengono inviate a Palmira per aiutare gli alleati siriani nella bonifica della città
vecchia e nuova da mine e trappole esplosive lasciate dall'ISIS in ritirata. Il 3 aprile anche Al-Qaryatayn viene
riconquistata, permettendo alle truppe siriane di controllare gran parte dell'area desertica della Siria centrale e di
organizzare una testa di ponte per una futura offensiva verso la sacca di Deir Ezzor o la frontiera irachena[617]
.
Il 13 aprile si tengono, nei territori controllati dal governo e dai suoi alleati, le elezioni parlamentari per il rinnovo
del Consiglio del popolo, nonostante il boicottaggio delle opposizioni e al di fuori del processo di pace promosso
dall'ONU: con un'affluenza del 57,56%, la coalizione guidata dal Partito Ba'th di Assad ottiene 200 seggi su
250.[618][619]
Il 6 giugno, viene eletta presidente del parlamento Hadiyeh al-Abbas, prima donna a ricoprire questo
ruolo in Siria.[620]
Situazione a nord di Aleppo a fine maggio 2016: in verde i ribelli, in controllo delle città di Azaz e Mare', in nero l'ISIS
Intanto, a partire dal 10 marzo, si accendono violenti scontri tra i combattenti dello Stato Islamico e le milizie
ribelli anti-governative, supportati dalla Turchia e dai raid aerei statunitensi, nell'estremo nord della provincia di
Aleppo al confine con la Turchia. Nelle settimane seguenti numerosi villaggi cambiano più volte di mano.[621]
A
sud-ovest di Aleppo invece, la fragile tregua, siglata il 25 febbraio, va definitivamente in frantumi nei primi giorni
di aprile a seguito di una violenta ed improvvisa offensiva di al-Nusra e altre sigle ribelli. Il 2 aprile gli insorti
catturano Tel Al-Eis, mentre il 6 maggio riconquistano anche Khan Tuman.[622][623]
Nonostante le difficoltà
incontrate a sud di Aleppo, tra aprile e maggio l'esercito siriano e i suoi alleati spostano invece la loro attenzione
sulla grande sacca ribelle ad est di Damasco, riuscendo a riconquistare numerosi villaggi e posizioni in mano agli
insorti da ben quattro anni, approfittando dello scoppio di ostilità tra diversi gruppi ribelli.[624]
Offensiva dei curdi (in giallo) contro l'ISIS verso Manbij
Nel frattempo anche le milizie curde riprendono la loro attività contro lo Stato Islamico, lanciando un'offensiva
contro la capitale dell'ISIS, Raqqa, conquistando negli ultimi giorni di maggio alcuni piccoli centri abitati nel nord
della provincia di Raqqa, a circa 50 km dal capoluogo, e, contemporaneamente, nelle vicinanze di Manbij nella
provincia di Aleppo. Ad inizio di giugno le forze regolari siriane riprendono l'avanzata lungo l'autostrada Ithriyah-
Raqqa, già avviata nel febbraio precedente, iniziando secondo alcuni osservatori internazionali una sorta di "corsa
per Raqqa" in competizione con le unità curde. Le truppe siriane conquistano il 3 giugno il villaggio di Zakiyah, a
circa 50 km dall'ex aeroporto di Tabqa e 90 km dalla capitale del Califfato.[625]
Nei giorni seguenti, mentre i curdi
arrestano la loro offensiva verso Raqqa e ampliano invece il loro controllo nelle campagne tra l'Eufrate e Manbij,
le forze governative avanzano ulteriormente lungo l'autostrada, conquistando il 7 giugno alcuni villaggi a circa 30
km dalla base aerea di Tabqa.[626]
Il 10 giugno le forze curde accerchiano completamente la città di Manbji,
ponendola sotto assedio, mentre tra l'11 e il 12 le truppe governative occupano lo strategico snodo stradale di
Safyeh e gli adiacenti impianti petroliferi, a circa 20 km dalla base di Tabqa e 65 km da Raqqa. Per far fronte alle
avanzate di curdi e governativi, l'ISIS abbandona spontaneamente la periferia di Marè e numerosi villaggi a nord
di Aleppo, che vengono così rioccupati dai ribelli filo-turchi. Dopo aver proseguito l'avanzata fino a circa 10 km
dalla base aerea, tra il 19 e il 20 giugno le forze governative subiscono il contrattacco dell'ISIS, che le costringe a
ritirarsi fino alle loro basi di partenza al confine tra le provincie di Hama, Aleppo e Raqqa.[627]
Accantonata ogni
ulteriore azione verso Tabqa, i governativi tornano a fine giugno all'offensiva a nord di Aleppo, riuscendo a
conquistare nei giorni seguenti alcuni punti strategici che permettono di bersagliare con l'artiglieria la cosiddetta
"Castello Road", unica via di rifornimento per i ribelli ancora asserragliati nella
metropoli.[senza fonte]
Contemporaneamente proseguono inoltre i successi dell'esercito nella sacca di resistenza ad est
di Damasco.[senza fonte]
Il 1º luglio invece Al-Nusra ed altre sigle alleate riescono a riconquistare l'importante
cittadina di Kinsabba, nel nord della provincia di Latakia. Il 16 luglio la strategica località viene però riconquistata
dalle forze governative.[senza fonte]
L'assedio di Aleppo (luglio 2016 - presente
Ad Aleppo, dopo lente operazioni che permettono all'esercito di riconquistare la zona delle fattorie Mallah, il
quartiere di Bani Zaid e parte di quello di Al-Layramoun, le truppe governative avanzanti da nord e da sud
riescono infine il 27 luglio a ricongiungersi ad ovest del quartiere curdo di Sheikh Maqsoud, isolando e ponendo
sotto assedio la parte est di Aleppo ancora in mano ai ribelli dell'FSA, Ahrar al-Sham e al-Nusra.[628]
La Russia e
il governo siriano dichiarano quindi l'apertura di "corridoi umanitari" per evacuare dalle zone della città sotto
controllo ribelle i civili (circa 250.000) e i combattenti disposti ad arrendersi,[629]
e nei giorni successivi circa 150
civili e alcune decine di ribelli lasciano l'area assediata di Aleppo.[630]
Il 28 giugno, il fronte al-Nusra annuncia di
aver reciso i rapporti con al-Qaida, per non fornire a Russia e Stati Uniti pretesti per attaccarlo.[631]
Il 31 luglio però le milizie ribelli, dopo aver fatto affluire numerosi rinforzi dalle provincie di Idlib e Hama,
lanciano una violenta ed improvvisa offensiva a sud-ovest della metropoli con circa 8.000-12.000 uomini e decine
di carri armati, blindati e lanciarazzi,[senza fonte]
allo scopo di rompere l'assedio dei governativi in una zona già teatro
nei mesi precedenti di vari e vincenti contrattacchi da parte degli insorti[632]
. I ribelli, dopo aver dato fuoco a
cataste di copertoni per creare una cortina fumogena e impedire così l'azione delle forze aree russe e siriane,
attaccano i distretti di Ramouseh, dove ottengono scarsi successi, e di Hamadaniyah, dove invece riescono ad
occupare il quartiere di Rashidin, la scuola militare di Al-Hikma e la zona residenziale 1070, fino a lambire
l'importante Accademia Militare Al-Assad. I ribelli riescono in generale a giungere a circa 1 Km dalla rottura
dell'assedio.[senza fonte]
Tra il 1° e il 2 agosto, dopo aver tamponato l'offensiva ribelle e fatto affluire rinforzi, le
truppe governative contrattaccano con il prezioso sostegno dell'aviazione russa. Proprio un elicottero russo Mil-
8 viene abbattuto dalle truppe ribelli con una mitragliatrice contraerea[senza fonte]
il 1° agosto presso Saraqeb, in
provincia di Idlib, dopo una missione su Aleppo, causando la morte dei 5 membri dell'equipaggio i cui corpi
vengono fatti oggetto di scempio da parte dei jihadisti[senza fonte]
. Nelle ore seguenti l'aviazione russa esegue
numerose e violenti incursioni sul luogo dell'abbattimento, nell'occasione viene anche denunciato l'uso di gas
tossici[633]
. L'offensiva governativa riesce comunque a mettere al sicuro l'Accademia Militare e a recuperare gran
parte del terreno perduto, come la metà della zona residenziale 1070, scongiurando quindi il tentativo dei ribelli di
rompere l'anello attorno ad Aleppo est. Il 4 agosto le milizie ribelli lanciano un nuovo e violento attacco nel
quartiere di Ramouseh, contro la locale base di artiglieria, facendo ancora largo uso di attentatori suicidi. Gli
insorti riescono a penetrare nella base e ad occupare il più meridionale dei tre settori che compongono il
complesso, il collegio armamenti, ma vengono comunque bloccati dai governativi e dai massicci bombardamenti
russi.[senza fonte]
Tuttavia, nella notte tra il 6 e il 7 agosto, la pressione dei ribelli si fa insostenibile e le truppe filo-
governative decidono quindi di indietreggiare per riorganizzarsi. I miliziani occupano quindi il collegio di
artiglieria, le restanti zona del quartiere di Ramouseh e attaccano il collegio dell'aeronautica, ultimo settore della
base militare. A seguito di ciò i ribelli riescono a rientrare in contatto con i loro alleati assediati, il corridoio aperto
è comunque ancora troppo stretto per permettere il passaggio in sicurezza di rinforzi. Nei giorni seguenti l'esercito
siriano, mentre inizia ad ammassare ingenti rinforzi nelle proprie retrovie, evacua definitivamente anche il
collegio dell'aeronautica. A nord-est di Aleppo il 12 agosto, dopo due mesi di assedio, le milizie curde, con il
sostegno dell'aviazione statunitense, conquistano definitivamente la città di Manbij, occupata dai ribelli anti-Assad
nel luglio 2012 e poi in mano allo Stato Islamico dal gennaio 2014. Il 16 Agosto l'Esercito Arabo Siriano
riconquista il quartiere 1070 ad Aleppo, mettendo in seria difficoltà il fronte ribelle che perde così una posizione
strategica e consentendo alle forze governative di mantenere l'assedio nella zona della città ancora in mano ai
ribelli.
Le forze in campo
Forze filogovernative
Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze
filogovernative.
La principale forza che il governo siriano ha a disposizione nel contrasto dell'insurrezione armata sono le Forze
armate siriane. Pur subendo nei primi due anni di conflitto un continuo flusso di disertori verso le formazioni
ribelli, anche tra gli alti ranghi, ha mantenuto una struttura organizzata e gli uomini che ricoprono i ruoli strategici
sono rimasti fedeli al governo. Le diserzioni hanno interessato solo un terzo degli effettivi.
Il governo può anche contare su una forza armata parallela composta principalmente da minoranze religiose
siriane minacciate dalle frange islamiste dei ribelli: la Forza Nazionale di Difesa. Questa milizia, addestrata e
organizzata dal governo, ha avuto una forte crescita e gode di una buona popolarità in quanto gli uomini arruolati
vengono dislocati nelle aree intorno al loro territorio di origine.
Un altro gruppo che è stato importante per il governo nelle fasi iniziali della rivolta per reprimere le
manifestazioni è la milizia Shabiha, che non ha però una reale struttura interna ed è composta da alawiti spesso
legati alla criminalità comune. Miliziani Shabiha si sono resi protagonisti di alcune delle stragi più brutali della
guerra civile.
A sostegno del governo è intervenuta nell'aprile 2013 la milizia libanese Hezbollah, storico alleato siriano ed
emanazione dell'Iran sciita. L'esperienza militare di Hezbollah ha contribuito alla svolta militare a favore
dell'esercito governativo, che da allora mantiene l'iniziativa.
L'Iran per sostenere sostenere l'alleato in difficoltà ha mobilitato i suoi Pasdaran che operano in qualità di
"consiglieri militari" assieme alle forze armate siriane. Il numero di consiglieri è oggetto di diverse speculazioni:
alcuni sostengono che siano meno di 5,000, altri che siano almeno 20,000; una cifra realistica sembrerebbe essere
10,000 uomini.[senza fonte]
Inoltre in Siria operano anche gli uomini della Forza Quds (Brigate Gerusalemme) sotto il
comando del Generale Qasem Soleimani; questi svolgono ruolo di supporto alle truppe governative fornendo
assistenza militare sul campo all'esercito regolare e addestrando le milizie sciite e cristiane.
Parte dei profughi palestinesi che da decenni vivono nei campi di rifugiati in Siria si è poi schierata al fianco del
Governo Siriano, per l'aiuto fornito in passato dalla Siria alla causa palestinese. Questi hanno formato delle milizie
armate e addestrate dal Governo, ricevendo aiuto anche dalla Cisgiordania come volontari e fondi, che
combattono soprattutto nel sud del paese difesa dei campi profughi palestinesi, ma anche partecipando alle
offensive governative in quei settori.[senza fonte]
Hezbollah non è l'unica milizia sciita che ha affiancato l'esercito governativo. Oltre a milizie sciite siriane, vi sono
almeno 4 gruppi armati iracheni e un gruppo sciita yemenita.
Altre formazioni minori, comunque gestite dal governo, sono comparse in Siria. Tra queste alcune di ispirazione
laica, collegate al socialismo arabo o all'ideologia baathista.
Dall'ottobre 2015 in Siria operano su richiesta di Damasco anche le Forze Armate della Federazione Russa.
Benché al Marzo 2016 il Presidente Putin abbia ridotto il corpo di spedizione, in Siria operano comunque diverse
unità dell'aviazione militare, della marina e diversi nuclei di Spetsnaz.
Forze ribelli
Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze ribelli.
Nei primi anni di guerra, la principale forza di opposizione al governo siriano è l'Esercito siriano libero, che, da
formazione egemone ha subito un lento declino a favore di altre formazioni di ispirazione islamista, che hanno
progressivamente assunto il comando delle operazioni militari sul campo e sono cresciute in termini di uomini e
mezzi.
L'ossatura dell'ESL è formata da soldati disertori dell'esercito regolare e le brigate che lo compongono sono
composte da siriani (nella quasi totalità di religione sunnita) armati e addestrati allaguerriglia. L'interlocutore
politico dell'ESL è la Coalizione Nazionale Siriana, che ha sede a Doha ed è stata riconosciuta da molte nazioni
come "legittima rappresentante del popolo siriano".
Fin dal 2012 in Siria compaiono i primi gruppi armati composti da fondamentalisti islamici che hanno come
obiettivo l'instaurazione di un emirato in Siria, governato secondo i dettami della sharia. Il primo gruppo di rilievo
è il Fronte al-Nusra, che è l'emanazione siriana della rete terroristica di al-Qaeda e introduce la pratica degli
attacchi suicidi nelle città siriane. Da una costola del Fronte al-Nusra fuso con lo Stato Islamico dell'Iraq nasce
lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante (ISIS), che rappresenta la forma più estrema di jihadismo e di estremismo
islamico. Le sue azioni, che sconfinano in Iraq, procurano una frattura nel fronte ribelle e alienano definitivamente
il sostegno di molti siriani, soprattutto appartenenti alle minoranze religiose, alla causa ribelle. L'ISIS accoglie tra
le sue fila un altissimo numero di combattenti non-siriani[634]
.
Con l'appoggio determinante dell'Arabia Saudita nasce il Fronte Islamico, che compete con l'Esercito siriano
libero nel numero di miliziani e permette il coordinamento di 7 formazioni islamiste minori. Anche
il Qatar finanzia e rifornisce una milizia armata: la Brigata Ahfad al-Rasul.
Nel teatro siriano sono presenti un altissimo numero di altre milizie e brigate ribelli, quasi sempre legate
al fondamentalismo islamico e non controllate dalle formazioni maggiori. La nascita e la scomparsa di formazioni
ribelli è frequente, come la militanza di combattenti in due o più formazioni contemporaneamente.
Forze curde
Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze curde.
Le principali milizie armate curde sono le Unità di Protezione Popolare (YPG), che combattono sia contro le forze
governative che contro quelle ribelli, in particolare quelle dell'ISIS. La loro strategia è prettamente difensiva in
quanto l'obiettivo del gruppo è la tutela della comunità curda nel nord della Siria. Il loro referente politico è
il Comitato Supremo Curdo, che raggruppa tutti i partiti politici siriani curdi e gode dell'appoggio politico e
militare del Kurdistan iracheno. L'obiettivo politico delle forze curde è il riconoscimento dell'autonomia del
Kurdistan siriano.
Tra i gruppi che affiancano le milizie YPG ve ne sono alcuni che contengono combattenti arabi e alcuni i cui
combattenti appartengono alla minoranza etnica assira.
I combattenti stranieri nelle forze ribelli
Lo stesso argomento in dettaglio: Combattenti ribelli stranieri nella guerra civile siriana.
Elemento caratterizzante della guerra civile siriana è il forte afflusso di cittadini non siriani tra le file delle milizie
ribelli. La maggior parte di questi miliziani ha ingrossato le file delle formazionijihadiste, in prevalenza quelle
del Fronte al-Nusra e dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante. Un numero ridotto di volontari stranieri è
intervenuto anche a sostegno delle milizie curde[635]
e di quelle cristiane[636]
.
Un cecchino ribelle.
I miliziani stranieri provengono da almeno 74 nazioni diverse che includono sia paesi a maggioranza musulmana,
che paesi occidentali, inclusa l'Italia[637][638]
. Spesso i miliziani provenienti dall'Europa Occidentale sono
immigrati di seconda generazione[639]
.
Il numero complessivo di miliziani stranieri si aggira tra gli 11.000 e i 15.000[640][641]
raggiungendo una cifra mai
registrata in nessun altro precedente conflitto in Medio Oriente e quindi superando la presenza di stranieri durante
la guerra contro l'intervento sovietico in Afghanistan[642]
.
A differenza delle milizie straniere alleate dell'esercito regolare siriano, che sono inquadrate in strutture
organizzate e omogenee, l'afflusso di stranieri nelle milizie ribelli è spesso disorganizzato e ispirato dalla volontà
del singolo individuo. I governi degli Stati da cui provengono i miliziani stranieri esprimono il forte timore che al
termine della guerra civile siriana, essi possano rientrare in patria e commettere atti terroristici[643]
. Alcune
nazioni, come la Gran Bretagna, stanno organizzando apposite contromisure, come il ritiro del passaporto ai
combattenti inglesi in Siria[644]
.
La presenza di stranieri, quasi sempre legati al fondamentalismo islamico, procura un forte argomento di
propaganda per il governo siriano, che ha la possibilità di accusare il "nemico esterno" e un problema per le frange
più moderate dell'opposizione siriana, che vede alienarsi il sostegno di parte di popolazione a seguito delle azioni
degli stranieri. Il fanatismo dei combattenti stranieri li ha infatti resi protagonisti di massacri sia verso le truppe
governative che verso gli altri ribelli moderati e i civili[645]
. Nel 2013 in Siria scoppia un'epidemia di poliomielite.
L'Organizzazione mondiale della sanità accerta che il virus ha origine pakistana, probabilmente importato da un
combattente straniero[646]
.
Impiego delle armi chimiche
Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco chimico di Ghuta.
La Siria fin dagli anni '70 aveva sviluppato segretamente un programma di armamento chimico principalmente
come strumento di deterrenza nei confronti dell'armamento nucleare israeliano[647]
. Sebbene la detenzione di tale
armamento sia stata sempre negata dai governi siriani, alcune analisi condotte da servizi segreti occidentali
valutano l'arsenale chimico siriano come "il più grande del mondo"[648]
distribuito in una serie di magazzini
contenenti circa 1.000 tonnellate di materiale tra cui iprite, gas VX e gas sarin[649]
.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha ricevuto, durante la guerra civile siriana, 16 denunce di utilizzo di armi
chimiche. Di questi episodi solo 7 sono stati effettivamente sottoposti ad indagine e in 4 casi è stata accertata la
presenza di gas sarin. Essendo i magazzini di stoccaggio posizionati in aree sia sotto controllo governativo che
ribelle, non è stato possibile accertare chi abbia fatto uso degli agenti chimici[650]
. Una relazione dei servizi segreti
americani riporta come "sicura" l'entrata in possesso da parte dei ribelli di armi chimiche[651]
.
Il primo attacco documentato viene condotto il 19 marzo 2013 a Khan al-Assal, sobborgo di Aleppo. A seguito del
lancio di un razzo, vengono uccise 26 persone tra cui 16 soldati governativi. I morti e i feriti presentano segni di
intossicazione da gas sarin. Governo e ribelli si accusano a vicenda dell'attacco[652]
. Una delegazione russa di
esperti in arme chimiche, invitata dal governo siriano, trova tracce del componente chimico ed attribuisce la
responsabilità ai ribelli[653]
. L'ONU riesce a organizzare un'indagine indipendente solo nell'agosto 2013 in cui
concorda con gli esperti russi sull'uso del gas sarin ma non attribuisce responsabilità[654]
.
Il 29 aprile 2013 avviene un nuovo sospetto attacco a Saraqib, che causa 2 morti. Alcuni medici turchi riescono ad
eseguire analisi del sangue sui cadaveri senza trovare traccia di agenti chimici[655]
. In seguito nuove analisi
condotte da medici francesi riportano invece la presenza di gas nervino[649]
.
Il 5 agosto 2013 i ribelli siriani denunciano un attacco chimico perpetrato dall'esercito siriano ai loro danni. La
denuncia è accompagnata da un filmato la cui autenticità non è provata. Non esistono analisi indipendenti di
questo episodio[656]
.
Il 21 agosto 2013 si verifica il più grave attacco chimico verificatosi durante la guerra. Quello che poi verrà
chiamato "attacco chimico di Ghuta", colpisce con gas sarin i sobborghi di Damasco di Jobar, Zamalka, 'Ain
Tirma, Hazzah e la regione della Ghuta Orientale provocando almeno 635 morti, principalmente civili.
Un'indagine dell'ONU di 3 settimane conferma l'utilizzo del gas sarindiffuso attraverso missili superficie-
superficie[657]
. L'analisi dell'ONU tuttavia non chiarisce chi abbia perpetrato l'attacco[658]
.
L'attacco di Ghuta scatena una forte reazione internazionale in cui gli Stati Uniti accusano il governo siriano,
mentre la Russia accusa i ribelli di aver usato le armi chimiche al puro scopo di incolpare il governo e causare un
intervento militare occidentale[659]
.
Il 14 settembre 2013, viene evitato l'intervento internazionale nella guerra civile siriana grazie ad un accordo tra
Stati Uniti, Russia e Siria per l'eliminazione delle armi chimiche siriane attraverso l'intermediazione dell'ONU[660]
.
L'11 aprile 2014 si verifica un nuovo episodio collegabile all'utilizzo di agenti chimici come strumento d'attacco.
Nella cittadina di Kafr Zita, nel governatorato di Hama, viene riportata l'intossicazione di circa 200 persone e la
morte di 2 a seguito dell'inalazione di gas al cloro. Secondo fonti vicine ai ribelli l'attacco sarebbe stato condotto
dalle forze aeree siriane per interrompere l'avanzata dei miliziani verso la città strategica di Khan Shaykhun[661]
.
Il cloro tuttavia non è contemplato tra le sostanze proibite dalla Convenzione sulle armi chimiche[662]
.
Il coinvolgimento di altri Stati
Posizioni in merito alla guerra civile siriana: gli stati in verde appoggiano l'opposizione, mentre quelli in rosso il governo
siriano.
Fra gli Stati che appoggiano economicamente e militarmente le forze ribelli che hanno come riferimento politico
la Coalizione Nazionale Siriana vi sono Stati Uniti[663]
, Gran Bretagna[664]
, Francia[665]
e i più importanti Stati
sunniti del Medio Oriente, tra cui Qatar[666]
, Arabia Saudita[667]
e Turchia[668]
che estendono il loro appoggio
anche alle fazioni più integraliste.
Il governo di Damasco riceve sostegno finanziario, politico e militare principalmente da parte
di Russia[669]
e Iran[670]
, mentre forniscono un sostegno minore anche Corea del Nord[671]
, Venezuela[672]
e il
vicino Iraq[673]
, che subisce lo sconfinamento di alcune milizie islamiste.
A giugno 2012 nasce l'organizzazione "Amici della Siria", un gruppo di oltre ottanta nazioni che si riuniscono
periodicamente per discutere della crisi. Tuttavia, a causa dello sbilanciamento a favore del fronte ribelle e
dell'emergere dei crimini commessi da alcune formazioni fondamentaliste, il gruppo si è ridotto a solo 10 membri.
La Lega Araba ha sospeso la Siria dai suoi membri a causa della repressione attuata dal governo[674]
. Le Nazioni
Unite hanno nominato un inviato speciale per la crisi siriana il 24 febbraio 2012. Tale ruolo è stato ricoperto
da Kofi Annan[675]
, sostituito il 17 agosto 2012 da Lakhdar Brahimi[676]
e il 10 luglio 2014 da Staffan de
Mistura[677]
L'evolversi della crisi siriana viene seguita da vicino anche da paesi dichiaratisi neutrali, come la Germania, che
schiera al largo delle coste siriane la nave spia Oker, dotata di strumenti radar molto avanzati e in grado di
intercettare qualsiasi comunicazione o movimento aereo fino a 600 km di distanza.[678]
Anche la posizione dell'Italia è ambivalente. Da una parte si è criticato il governo siriano sottoscrivendo
al G20 di San Pietroburgo un documento che lo accusa dell'utilizzo di armi chimiche[679]
, dall'altro è stato negato
qualsiasi utilizzo delle basi aeree italiane in caso di attacco alla Siria[680]
. Il governo italiano ha spinto in
sede ONU per un coinvolgimento maggiore dell'Iran nella soluzione politica della crisi[681]
.
Sconfinamenti nei paesi limitrofi
Durante la guerra civile siriana si sono verificati degli episodi che hanno causato uno sconfinamento del conflitto
nei paesi limitrofi. In particolare la formazione ribelle di ispirazione islamista e originariamente legata ad Al-
Qaida, Stato Islamico dell'Iraq e Levante nel giugno 2014 entra in forze in territorio iracheno e conquista larghe
fette di territorio, inclusa la seconda città del Paese,Mosul. Tale evento implica un allargamento del conflitto su
scala regionale.
Gli episodi relativi agli sconfinamenti negli altri paesi circostanti consistono in scontri armati, attentati,
destabilizzazioni politiche o semplici sconfinamenti di uomini e mezzi oltre frontiera. Gli sconfinamenti hanno
coinvolto sia truppe regolari dell'esercito siriano, sia miliziani ribelli.
Di seguito è presente una lista degli sconfinamenti:
Sconfinamento in Iraq
Sconfinamento in Libano
Sconfinamento in Turchia
Sconfinamento in Giordania
Schieramenti navali
Nel mar Mediterraneo sono presenti navi di vari paesi, il cui intervento nella crisi siriana è possibile. Alcune di
queste appartengono a paesi rivieraschi o sono parte di formazioni navali stabili come la Sesta flotta statunitense o
la Stanavformed della NATO. Altre sono presenze occasionali di paesi con interessi nell'area come le navi russe
appartenenti alla flotta del Mar Nero ridislocate nell'occasione, in quanto nessuna nave da guerra russa è
stabilmente di base nel Mediterraneo. Ad esse si aggiungono le navi della marina militare siriana, obsolete e dal
limitatissimo potenziale offensivo, le cui navi più grosse sono 3 corvette Classe Petya da 1.100 t non dotate di
missili antinave, e motovedette lanciamissili classe Osa da 200 t[682]
. Le forze siriane sono di base nei porti di
Baniyas, Latakia, Minat al Bayda e Tartus.
Mappa della base navale di Tartus, con i moli russi evidenziati dal numero 5
La politica russa è estremamente contraddittoria nelle sue dichiarazioni, tanto che nel giro di 24 ore, il 26 giugno,
fonti diplomatiche parlavano di ritirare tutto il personale dalle basi siriane[683]
, ed il 27 il ministero della difesa
smentiva[684]
; inoltre i moli ad uso esclusivo della marina russa a Tartus, che non è classificata come base navale
ma come struttura logistica (Пункт материально-технического обеспечения, ПМТО)[685]
, non consentono
l'attracco di navi superiori a 100m di lunghezza, possibile però nel resto del porto; la forza navale russa schierata
in area dovrebbe aggirarsi intorno alle 10 unità, con fulcro sull'incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della
flotta del Mar Nero, e sul cacciatorpediniere Smetlivy[686]
; in viaggio per la Siria sarebbe in viaggio la nave per
operazioni anfibie Nikolai Filchenkov con un carico di missili S-300 per la Siria[686]
.
Molte informazioni sugli schieramenti navali nell'area sono illazioni non confermate e comunque poco attendibili
vista la rapida evoluzione degli eventi; l'incrociatore Moskva doveva rimpiazzare, secondo fonti del 4 settembre, il
cacciatorpediniere lanciamissili Admiral Panteleyev della Classe Udalojspecializzata nella lotta
antisommergibile[687]
come dichiarato all'agenzia Interfax. Sempre al 4 settembre, la squadra russa era composta
dalle navi da sbarco Aleksandr Shabalin, Admiral Nevelskoy e Peresvet, scortate dalla fregata Neustrashimy, da un
rifornitore e un rimorchiatore[687]
.
Note
^ Siria, l'Onu: "Crimini contro l'umanità". Damasco "sospesa" dai paesi musulmani, ilfattoquotidiano.it. URL consultato
il 16 agosto 2012.
1. ^ Siria, sì unanime dell'Onu per distruggere le armi chimiche entro il 2014, corriere.it. URL consultato
il 2 dicembre 2013.
2. ^ Iraq, la grande offensiva dell'Esercito islamico: 500 mila in fuga da Mosul. Prese Tikrit e Ninive,
La Repubblica, 11 giugno 2014. URL consultato il 23 settembre 2014.
3. ^ Primi raid Usa e alleati arabi in Siria. Obama: "Non è una battaglia solo americana", La
Repubblica, 23 settembre 2014. URL consultato il 23 settembre 2014.
4. ^ Francia: primo raid in Siria contro l'Is. Renzi: "Evitare una Libia bis", La Repubblica, 27
settembre 2015. URL consultato il 27 settembre 2015.
5. ^ Alberto Negri, Il prezzo della politica spericolata di Erdogan, in il sole 24 ore, 30 giugno 2016.
6. ^ (EN) Islamist group claims Syria bombs ‗to avenge Sunnis‘, in Al Arabiya, 21 marzo 2012.
7. ^ (EN) Serene Assir, Islamists forge Syria's biggest rebel alliance, in The Daily Star, 22 novembre
2013.
8. ^ (EN) Hwaida Saad e Rick Gladstone, Qaeda-Linked Insurgents Clash With Other Rebels in
Syria, as Schism Grows, in The New York Time, 30 gennaio 2014.
9. ^ Vijay Prashad, Il Bay‘ah del Qatar dal re saudita, in Aurora, 7 agosto 2013.
10. ^ (EN) Zachary Laub, Al-Qaeda in Iraq (a.k.a. Islamic State in Iraq and Greater Syria), inCouncil
on Foreign Relations, 9 gennaio 2014.
11. ^ Elisabetta Di Francesca, ―Complotto esterno‖ o ―rivoluzione‖, i due linguaggi della Siria,
inLimes, 6 febbraio 2012.
12. ^ (EN) Karen DeYoung e Joby Warrick, Iran and Hezbollah build militia networks in Syria, officials
say, in The Guardian, 12 febbraio 2013.
13. ^ (EN) Suadad Al-Sahly, Iraqi Shi'ites flock to Assad's side as sectarian split widens, in Reuters,
19 giugno 2013.
14. ^ Siria, Iran invia 4mila uomini per Assad, ansa.it. URL consultato il 16 giugno 2013.
15. ^ Iran's Hizbullah sends more troops to help Assad storm Aleppo, fight Sunnis, su World News
Tribune, 29 luglio 2012. URL consultato il 18 agosto 2012.
16. ^ (EN) Syrian rebels clash with army, Palestinian fighters, in China Daily, 31 ottobre 2012.
17. ^ Siria/ Baghdad: Sciiti iracheni combattono al fianco di Assad
18. ^ Alberto Negri, Il prezzo della politica spericolata di Erdogan, in il sole 24 ore, 30 giugno 2016.
19. ^ Michael Kelley, It Looks Like Iraq Has Joined Assad's Side In The Syrian War, in Businners
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