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MAPPEL’indicazione di Petrenko
come prossimo Chefdirigent
dei Berliner ha sbloccato le
successioni dei direttori
Un Risiko - o più
musicalmente un giro di
valzer - che vede gli italiani
in testa alla classifica
mondiale
COMPLEANNI Arvo Pärt compositore nato
due volte: la prima 80 anni fa
a Paide sotto la morsa dello
stalinismo
La seconda negli anni 70
alla Ecm, dove diventa
un’icona discografica.
Rinunciando alla
complessità
BALLETTO Dopo “replay” e “remake”, si
apre una terza possibilità di
riportare alla ribalta i classici
È il “restyling”: che
Ratmansky fa ballare
in funzione anti Putin
IN COPERTINA: STEFANO BOLLANI
NEL CD
Mendelssohn
Concerti per pianoforte e orchestra
n. 1 e 2
Schubert
3 Klavierstücke, 12 Ländler
András SchiffCharles Dutoit
NELL’ALBUM Severino Gazzelloni
Flauto d’oro
Musiche di Vivaldi, Mozart Debussy, RousselCODICE PER SCARICARE L’ALBUM
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RUBRICHEIN SCENAMario Martone racconta la rivoluzione
dell’Opera di Roma con “The Bassarids”
RADIO/TV/SATClassici e violenti: dalla Fenice
“Idomeneo”, da Bologna “Elektra”
VIAGGI MUSICALIVarsavia è la nuova meta della musica
tra Chopin e i miti dell’opera polacca
FOYER Alberto Mattioli
PLAYLIST Angelo Foletto P L U S
HISTORIAE Guido Salvetti
RECENSIONI CD & DVD P L U S
LETTURE
SINTONIE Mario Messinis P L U S
DAL VIVO
BLOG Quirino Principe
SERVIZII REGISTILa “prima” della Scala contro i fanatismi
religiosi: la corazza della “Giovanna” di
Leiser e Caurier sembra un burka
INCHIESTANell’era del Jobs Act, c’è poco da
suonare: quel che si trova è mal retribuito
o in nero, senza tutele
COVER STORY P L U SStefano Bollani racconta cosa non gli piace
della classica: “Pare che se non rispetti la
volontà di Brahms poi lui si rivolta nella
tomba. O chi per lui s’arrabbia”
INTERVENTI SONORI P L U SCinquecento anni fa si combatte la battaglia
di Marignano. E la chanson che la rievoca
gioca sull’ambiguità tra bellico e fallico
CLASSIC VOICE CD P L U SSe Mendelssohn è Il più “mozartiano” dei
romantici, Schiff è profeta dei due autori
speculari e inquieti
CLASSIC VOICE ALBUMDalle bande di paese a Darmstadt. Dal
duetto con Mina all’amicizia con Maderna.
Gazzelloni, la voce curiosa del flauto
MUSIVISIONI P L U SIl “Parnaso” di Raffaello è musica per gli
occhi con Dante e Virgilio in melodico
saliscendi, come in un mottetto di Dufay
CLASSIC VOICEN. 198NOVEMBRE 2015MENSILE DI LIRICA, SINFONICA, ANTICA, JAZZ,CONTEMPORANEADIRETTO DAANDREA ESTERO
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I REGISTIDI ANNA FRANINI
È un continuo incrocio di sguardi, di taciti assensi. Sono in perfetta simbiosi i registi Moshe Leiser e Patrice Caurier: un duo rodato, in campo da 30 anni, ma mai a Milano. Il sovrintendente della Scala Alexander Pereira, che li conosce e li sostenne da subito, consegna a loro la Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi che inaugura il prossimo 7 dicembre la nuo-va stagione della Scala. Che è poi la vera “prima” di Pereira considerato che il Fi-delio del Sant’Ambrogio 2014 era “figlio” dell’era Lissner. Incontriamo la premiata ditta Leiser&Caurier nei laboratori-atelier dell’Ansaldo: là dove sta prendendo for-ma la loro Pulzella d’Orleans. La macchina sta per partire. Siamo ancora all’inizio del percorso ma le idee sono già chiare. Come quando decisero di ambientare la Norma (appena tornata in scena all’Opera di Zuri-go, dopo aver debuttato a Salisburgo) nella Francia occupata dai nazisti, con una Ceci-lia Bartoli più Anna Magnani che sacerdo-tessa d’Irminsul. Chailly teme le eventuali audacie di L&C? “Non mi fan paura le let-ture registiche moderne. Basta che siano rispettose della musica. Di loro ho sentito parlare molto bene”, disse lo scorso giugno. Loro marciano compatti, le risposte sono condivise: uno inizia la frase, l’altro la fini-sce e aggiunge il dettaglio mancante. Come una persona sola.È noto che alla Scala i registi spesso non la passano liscia. Pronti per le contestazioni?“Questa Giovanna d’Arco è un progetto vo-luto e sostenuto da tutti noi, siamo un’unica squadra. A partire da Riccardo Chailly, Ale-xander Pereira e con i cantanti in arrivo. È un progetto che tutti difendono”.Qual è stato il primo impatto con la Scala?“Fino a questo momento, atmosfera e am-biente risultano formidabili, e lo diciamo senza esagerazioni. È proprio così. Abbia-mo trovato veri professionisti, lavoratori motivati, con voglia di fare e di mettersi in discussione, a partire dagli artisti del coro. Ci siamo ampiamente confrontati con Ric-cardo Chailly: stiamo lavorando in sinto-nia”. Dopo una Norma in epoca nazifasci-sta e un’Iphigénie en Tauride popo-
lata di profughi e miseria, cosa dobbiamo aspettarci da questa Giovanna d’Arco?“Non applichiamo la stessa estetica per tutte le opere. Per Norma era im-portante far capire agli spettatori i di-versi volti di una donna che è moglie, madre, traditrice. Dinamiche che non era possibile far emergere ambientan-do l’opera all’epoca di Asterix, quindi abbiamo spostato il soggetto nella fase della dittatura. Lì aveva senso, qui no”.Medioevo salvo per Giovanna d’Ar-co, dunque? Guerra dei Cent’anni in prima linea?“Sì, ci sarà tanto Medioevo. Del resto, Giovanna d’Arco è un’icona che va preservata. Non ha senso pensare a una Giovanna in jeans. Vogliamo mostrare una fanciulla che vuol fare la guerra per salvare il popolo che soffre”.
Autori di spettacoli geniali nei teatri che
contano, Moshe Leiser e Patrice Caurier
mettono in scena “Giovanna d’Arco” di
Verdi per la prossima prima della Scala.
Un’eroina che rinuncia al sesso per la fede.
Opprimente come una prigione
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GiovannaLA CORAZZATA
NETREBKOTRA DUE FUOCHI
Giovanna d’arco di Verdi debutta il prossimo 7 dicembre (anteprima giovani il 4, fino al 2 gennaio) alla Scala diretta da Riccardo Chailly con la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier, belga l’uno e parigino l’altro. Nel cast Anna Netrebko, Francesco Meli, Carlo Alvarez e Dmitry Beloselskiy. Tra una recita e l’altra (l’11 dicembre al PalaCredito di Romagna di Forlì per Ravenna Festival, ore 21) la Netrebko salirà pure sul palcoscenico per un recital pucciniano fuori dal comune: non solo canterà col futuro marito, il tenore Yusif Eyvazov (le nozze sono previste il prossimo 29 dicembre al Belvedere di Vienna), ma sarà accompagnata al pianoforte da Riccardo Muti. Quando si dice essere tra due fuochi....
Anna Netrebko, l’interprete della protagonista, ve-stirà con corazza e spada?“Tutto parte dalla corazza. Il problema di Giovanna è mettere o non mettere la corazza. Vale a dire, essere una donna che ama oppure una combattente nel nome di Dio. E le armature sono bellissime, ma allo stesso tempo sono una prigione”. Giovanna sceglie la corazza, dunque la prigione. E per questo si tormenta. Un’eroina fragile?“Anzitutto è tormentata dal sesso. Ha paura del sesso, teme di perdere la purezza. Rifiuta la felicità e una storia d’amore per combattere, ma poi è in preda a deliri per le scelte fatte. Alla fine non muore su un rogo o in battaglia, ma consumata da queste paranoie e nevrosi”.Di fatto, nel libretto si parla del rogo, pur non alla fine, ma all’inizio del Terzo atto. Si vedrà?“Il rogo sta a Giovanna d’Arco come i baffi a Charlie Chaplin o il sigaro a Winston Churchill. Come fai a non inserirlo? Tro-veremo il modo per farlo anche se è difficile”.In che senso difficile?“Perché partiamo dal presupposto che non si va all’opera per vedere effetti speciali. Lo spettatore d’opera non deve trovarsi a dire: ‘wow’. L’allestimento deve far percepire certi rapporti, deve suggerirli: come faceva Visconti e non come si fa a Hollywood. La questione non è far vedere un fuoco stupefacente, ma far sentire il sendo delle fiamme a chi siede in platea”.In sintesi, rogo salvo… “Diciamo che è un bonus che offriamo al pubblico”.Certo che il libretto di quest’opera è deboluccio. Concordate?“Eh, il grande Solera (qui i due registi si guardano e sorrido-no, nda). Tuttavia non è che bisogna mettere in scena solo i capolavori. Conta allestire ciò che contenga una verità uma-na. E comunque non dimentichiamo che Verdi ha scritto per Giovanna d’Arco una musica fantastica che preannuncia Don Carlo, Traviata, il Requiem. C’è tutto il Verdi che verrà”.Qual è la verità umana di Giovanna d’Arco, dunque l’attualità di questo titolo?“Il patriottismo religioso e la conflittualità col sesso. Pensia-mo a quanti, oggi, dalla Siria all’Iraq, combattono per salva-re la patria rifiutando il sesso. La storia di Giovanna e della Jihad si equivalgono, la struttura è la stessa: di là c’è il catto-licesimo, di qua l’islam. Oggi il fanatismo religioso e il nazio-nalismo distruggono l’Europa, l’Asia, l’Africa e noi sentiamo la responsabilità di raccontare questa storia di follia, questo desiderio di sangue per la glorificazione di Dio”.Charlie Hebdo c’entra in questa vostra lettura? “No, l’opera non è una rivista d’attualità, semmai è un mez-zo per far riflettere. Poi chi vorrà leggervi, qui e là, Charlie Hebdo sarò libero di farlo, ma non è il nostro scopo. Noi vo-gliamo mettere in scena il rifiuto dell’amore per qualcuno in nome della causa religiosa, così come la paura di un padre che vede la figlia trasformarsi in un maschio per andare a combattere. Lui ha paura di perdere la figlia”.Arriviamo così a Giacomo. Sembra che voi riscat-tiate questo padre oppressivo che indica Giovanna
come una “strega” da destinarsi - appunto - al “rogo”.“È un padre cattolico che fa di tutto per salvare l’anima della figlia. Va bene perfino il rogo inglese: conta che muo-ia pura, e si riscatti. Per lui conta solo l’anima della figlia”. Il rapporto Giovanna-Giacomo è dunque un altro tema chiave dell’opera“Riteniamo vitale questa relazione pa-dre-figlia, sappiamo che sarà uno dei temi più cari a Verdi”.Il titolo offre anche una galleria di personaggi fragili, non escluso lo stesso re Carlo…Tutti i personaggi hanno dei lati oscuri e degli aspetti positivi. Sta a noi trovare come riscattare l’umanità di ognuno. Non siamo sicuri che questa fosse la preoccupazione di Solera, il librettista, ma vogliamo che sia la nostra. O me-glio: Solera è quasi un pretesto per co-struire questa drammaturgia. In fondo la debolezza del libretto offre libertà di movimento…”.Avete la fama di essere molto esi-genti con i cantanti…“Le nostre regie nascono dalla musi-ca. Lavoriamo per trovare gesti che un cantante senta poi il bisogno di fare. Il nostro compito è offrirgli delle motivazioni, convincerlo che quell’in-terpretazione ha un senso. Dobbiamo motivarlo prima di tutto a salire sul palcoscenico”. p