Download - Tesi di Bachelor di Negar Alavinejad Aflaki
Scuola Universitaria della Svizzera Italiana-SUPSI
Dipartimento Economia aziendale, Sanità e Sociale-DEASS
Corso di Laurea in Cure Infermieristiche
Tesi di Bachelor
di
Negar Alavinejad Aflaki
MALNUTRIZIONE CORRELATA A SCLEROSI
LATERALE AMIOTROFICA (SLA):
STRATEGIE PER AFFRONTARLA
REVISIONE DELLA LETTERATURA
Direttrice di Tesi:
Laura Canduci
Anno Accademico: 2014-2015
Data di consegna: Manno, 31 Luglio 2015
“L’autore è l’unica responsabile dei contenuti del Lavoro di Tesi”
ABSTRACT
Introduzione La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una delle malattie neurodegenerative più frequenti negli adulti, devastante per i pazienti e caregivers; allo stesso tempo una delle malattie più sconcertanti in medicina in termini di comprensione della sua patogenesi. È stato riconosciuto che la sopravvivenza nella SLA è ormai dipendente da diversi fattori, inclusa la presentazione clinica, la presenza precoce d’insufficienza respiratoria e lo stato nutrizionale dei pazienti. Molto spesso i malati colpiti dalla SLA soffrono di malnutrizione, la quale influisce negativamente sulla prognosi e sulla qualità della vita, rendendo essenziali degli interventi nutrizionali precoci. Questo lavoro di ricerca di revisione della letteratura, si sviluppa attorno alle molteplici strategie e agli interventi infermieristici per affrontare la malnutrizione correlata alla SLA. Obiettivi Lo scopo del presente lavoro di Bachelor è di approfondire la conoscenza in merito alla presa a carico appropriata dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Gli obiettivi specifici sono i seguenti: -Individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA. -individuare delle strategie infermieristiche per favorire la nutrizione di pazienti affetti dalla SLA. Metodologia È stata effettuata una revisione di letteratura. Sono stati considerati 14 articoli di letteratura primaria e secondaria degli ultimi dieci anni. Per approfondire e rispondere agli obiettivi ho svolto un lavoro in tre fasi. La prima è costituita da una descrizione dello svolgimento del mio elaborato e da un quadro teorico che permette di avere una visione più completa della malattia e in particolare della malnutrizione dovuta ad essa. Nella seconda parte del lavoro ho risposto alla domanda di ricerca mettendo in luce quali sono le evidenze scientifiche sulla presa a carico infermieristica di pazienti con malnutrizione sia dal punto di vista preventivo che della promozione della nutrizione. Nella terza parte ho concluso il lavoro mettendo in discussione i risultati ottenuti dalla ricerca. Risultati Le evidenze scientifiche hanno individuato alcune strategie a livello generale per migliorare lo stato nutrizionale dei pazienti, quali: la presa a carico interdisciplinare, il trattamento della disfagia, la cura della scialorrea, il trattamento dell’ansia e della depressione, l’utilizzo di una dieta ipercalorica, l’introduzione della nutrizione artificiale come la posa della Gastrostomia Endoscopica Percutanea (PEG) e Gastrostomia Percutanea Radiologica (RIG) o Sonda Nasogastrica. Inoltre, sono state trovate delle evidenze scientifiche dalle quali si possono evincere alcuni ruoli infermieristici (secondo il profilo di competenza SUPSI), ma non strategie specifiche, perché non presenti in letteratura.
INDICE
1. Introduzione…………………………………………………………….......................1
1.1. Scelta del tema…………………………………………………...................... 2
1.2. Obiettivi della tesi………………………………………………………………..2
1.3. Metodo di lavoro……………………………………………..………………….2
2. Quadro teorico…………………………………………………………………………3
2.1. Malattia del motoneurone………………………………………………………3
2.2. Accenni anatomici e fisiologici: neuroni motori e le vie di trasmissione
dell’impulso………….…………………………………………………………...3
2.3. Sclerosi laterale amiotrofica……………………………………………………6
2.3.1. Patofisiologia……………………………………………………………...…6
2.3.2. Epidemiologia………………………………………………………………..7
2.3.3. Prognosi……………………………………………………………………...7
2.3.4. Cause e fattori di rischio……………………………………………………8
2.3.5. Sintomatologia……………………………………………………………….9
2.3.6. Complicanze………………………………………………………………..11
2.3.7. Trattamento………………………………………………………………...12
2.4. Malnutrizione…………………………………………………………………...13
2.4.1. Malnutrizione e le patologie neurologiche………………………………13
2.4.2. Malnutrizione e la SLA…………………………………………………….13
2.4.3. Strumenti di valutazione della malnutrizione……………………………14
2.4.4. Cause di malnutrizione……………………………………………………18
2.4.5. Circolo Vizioso……………………………………………………………..21
3. Metodologia.…………………………………………………………………………..22 4. Revisione della letteratura …………………………………………………………26
5. Risultati della ricerca………………………………………………………………..33 5.1. Supporto nutrizionale e metabolico in pazienti con la SLA……………….33
5.2. Multidisciplinarietà……………………………………………………………..33
5.3. Terapia della disfagia………………………………………………………….34
5.4. Terapia della scialorrea……………………………………………………….34
5.5. Terapia dell’ansia e della depressione……………………….....................35
5.6. Dieta ipercalorica………………………………………………………………35
5.7. Nutrizione Enterale (PEG e RIG)…………………………………………….35
5.8. Nutrizione con Sonda Nasogastrico (SNG)………………………………...37
5.9. Formula della nutrizione artificiale…………………………………………...37
6. Discussione dei risultati…………………………………………………………….38 7. Conclusione…………………………………………………………………………...41 8. Ringraziamenti...................................................................................................42 9. Bibliografia…………………………………………………………………………….43
9.1. Sitografia………………………………………………………………………..47
10. Indice delle figure…………………………….……………………………………...47
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1. INTRODUZIONE 1.1. Scelta del tema Questo lavoro di tesi si sviluppa attorno al tema di una delle malattie neurodegenerative più frequenti negli adulti, devastante per i pazienti e gli assistenti di cura e allo stesso tempo una delle malattie più sconcertanti in medicina in termini di comprensione della sua patogenesi: la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) (Mitchell e Borasio 2007).
La neurologia mi ha affascinato sin da quando ho iniziato a studiarla durante la formazione e il mio interesse è stato rafforzato dopo aver svolto due stage presso i reparti di Neurochirurgia e Neurologia. Durante il mio secondo stage ho assistito alcuni pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e ciò mi ha spinto a voler approfondire la conoscenza a riguardo. La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva, altamente invalidante e più diffusa in età adulta, la cui incidenza a livello mondiale è rispettivamente di circa 1-2 / 100000/anno e la prevalenza di circa 6/100 000/anno (Sathasivam 2008), con una modesta variabilità da paese a paese e un graduale incremento le cui ragioni non sono completamente conosciute (Vanzetta 2007). Dal 1990, c'è stato un crescente interesse scientifico e clinico per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). I progressi nella nostra comprensione del sistema dei neurotrasmettitori e la scoperta dei geni responsabili dello sviluppo della SLA familiare hanno stimolato interessi di ricerca. Inoltre sono stati identificati vari tipi clinici delle malattie di motoneuroni ed è stato riconosciuto che la sopravvivenza nella SLA è ormai dipendente da diversi fattori, inclusa la presentazione clinica (fenotipo), la velocità di progressione della malattia, la presenza precoce d’insufficienza respiratoria e lo stato nutrizionale dei pazienti. Il prolungamento dell'aspettativa di vita nella SLA sembra dipendente dal miglioramento della comprensione della sua patogenesi, che porta allo sviluppo di metodi diagnostici specifici e precoci. Vi è la necessità di elaborare delle terapie che rallentino la progressione della malattia, ma anche che affrontiano le conseguenze secondarie di malnutrizione e insufficienza respiratoria. Tutti gli sforzi collaborativi porteranno indubbiamente ad una migliore comprensione della SLA e allo sviluppo di linee guida per una migliore cura dei pazienti (Kiernan et al. 2011). Dalle esperienze acquisite durante lo stage e dalla lettura di alcuni articoli ho conosciuto alcune complicanze della SLA e ho constatato che il paziente affetto dalla SLA è un soggetto molto difficile da gestire sotto diversi punti di vista. Uno dei più importanti è l’aspetto nutrizionale. Molto spesso, infatti, i malati colpiti dalla SLA soffrono di malnutrizione che a sua volta peggiora il decorso della malattia, ho dunque ritenuto davvero importante soffermarmi su quest’ultimo disturbo. A conferma dell’importanza di questo punto, esistono degli studi tra i quali quello di Desport e Maillot (2002) che dichiara che la malnutrizione è un fattore prognostico significativo ed indipendente di sopravvivenza. Fattori come mancanza di appetito, disturbi di salivazione, disturbi di deglutizione e ipermetabolismo contribuiscono alla malnutrizione che è presente nel 15-30% dei casi. Sathasivam (2008), oltre che affermare che la malnutrizione è un indicatore prognostico indipendente per la sopravvivenza nella SLA, mostra attraverso i suoi studi che il rischio di mortalità nei pazienti malnutriti affetti dalla SLA aumenta di otto volte rispetto ai
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pazienti ben nutriti. Inoltre Holm et al. (2013) confermano che nel corso della malattia, il 15-55% dei pazienti soffrono clinicamente di una grave perdita di peso. Secondo questi autori lo stato nutrizionale è un fattore prognostico importante per la sopravvivenza nella SLA e la perdita di peso che porta ad un indice di massa corporea (BMI) inferiore a 18,5 kg / m2 risulta un tasso di mortalità di 7,7 volte più alto, rispetto ai pazienti con peso normale. Greenwood (2013) afferma che l’alto rischio di malnutrizione influisce negativamente sulla prognosi e sulla qualità della vita, rendendo essenziali degli interventi nutrizionali precoci. Una gestione nutrizionale che include una valutazione continua e l’utilizzo di diete speciali e di approcci nutrizionali e metabolici, dovrebbe iniziare appena viene effettuata la diagnosi di SLA e diventare parte integrante della cura continua del paziente. Un’ulteriore motivazione nella scelta di questo argomento deriva dal fatto che nel contesto di stage ho notato la mancanza di protocolli e linee guida utilizzabili per la SLA e la gestione della malnutrizione nell’ambito di questa malattia. Presso l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), ho potuto appurare che sono presenti protocolli per la gestione di nutrizione enterale ma non esiste ancora un protocollo specifico per la gestione di pazienti affetti dalla SLA e le sue complicanze, come la malnutrizione. L’aspetto che voglio andare ad indagare con la mia tesi è la presa a carico appropriata dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Generalmente i pazienti con la SLA sono seguiti a domicilio e ricevono delle cure infermieristiche a livello domiciliare. Possono anche essere seguiti in ospedale, di solito in seguito ad esacerbazioni, e ricevere delle cure molto specializzate. Per scrivere la mia ricerca di tesi non ho identificato quindi uno specifico contesto di cura poiché delle indicazioni sulla gestione della malnutrizione possono essere effettuate da professionisti in entrambi i contesti, sia a domicilio che in ambito ospedaliero. 1.2. Obiettivi della tesi Lo scopo del presente lavoro di Bachelor è di approfondire la conoscenza in merito alla presa a carico appropriata dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Gli obiettivi specifici sono i seguenti: -Individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA. -individuare delle strategie infermieristiche per favorire la nutrizione di pazienti affetti dalla SLA. 1.3. Metodo di lavoro È stata effettuata una revisione di letteratura. Sono stati utilizzati diversi strumenti a disposizione come libri inerenti al tema presso la biblioteca SUPSI, motori di ricerca, siti internet, consultazione con gli esperti e banche dati, in particolare PubMed, Elsevier, Cinhal, Cochrane e UpToDate. Le parole chiave utilizzate nel percorso di ricerca sulle banche dati sono: Amyotrophic Lateral Sclerosis, Complications,
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Malnutrition, Malnutrition risk factors, Malnutrition Signs, Nursing care e Nursin interventions. Per approfondire e rispondere agli obiettivi di ricerca ho svolto un lavoro in tre fasi. La prima è costituita da una descrizione dello svolgimento del mio elaborato e da un quadro teorico che permette di avere una visione più completa della malattia. In questa fase è stata svolta una prima revisione della letteratura per poter individuare la fisiopatologia, l’epidemiologia, la sintomatologia, i fattori di rischio, le cause e le complicanze della SLA e in particolare la malnutrizione dovuta ad essa. Nella seconda parte del lavoro ho risposto alla domanda di ricerca attraverso una seconda revisione della letteratura e l’analisi del materiale raccolto, che ha permesso di mettere in luce quali sono le evidenze scientifiche sulla presa a carico infermieristica di pazienti con malnutrizione causata dalla SLA sia dal punto di vista preventivo che della promozione della nutrizione. Nella terza parte ho concluso il lavoro mettendo in discussione i risultati ottenuti dalla ricerca e valutando il percorso seguito nell’elaborazione del lavoro e gli obiettivi raggiunti, nonché i possibili sviluppi della ricerca. 2. QUADRO TEORICO 2.1. Malattia del motoneurone La malattia del motoneurone si riferisce ad un gruppo di disturbi progressivi caratterizzati dalla distruzione dei motoneuroni superiori nel ponte, nel bulbo e nel midollo spinale insieme con la perdita dei primi motoneuroni nella corteccia motoria del cervello. Il processo è notevolmente selettivo, lasciando integre le funzioni sensoriali, cerebellari, sensitive e quelle autonomiche. Si instaura una progressiva difficoltà nel compiere qualsiasi azione, con una riduzione graduale della forza muscolare che sottomette il paziente. (Miller e Britton 2011; Wilkinson e Graham 2007). La causa della perdita neuronale nella malattia non è nota, anche se sono state proposte molte teorie al proposito (Stokes 2000). La presentazione clinica della malattia tende ad essere insidiosa e variabile da un paziente all'altro, ciò dipende dai seguenti fattori: 1) se sono compromessi in maniera preminente i motoneuroni superiori o inferiori; 2) quali muscoli sono colpiti (bulbari, arti superiori, tronco, arti inferiori) maggiormente dalla malattia e 3) la percentuale di perdita cellulare. Ci sono diversi tipi di classificazione di queste patologie. Miller e Britton (2011) descrivono quattro tipi di esordi negli adulti: la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l’atrofia muscolare progressiva, la paralisi bulbare progressiva e la sclerosi laterale primaria. La SLA è responsabile di circa il 66% di tutte le malattie del motoneurone ed è più comune nell'età avanzata (Stokes 2000). 2.2. Accenni anatomici e fisiologici: neuroni motori e le vie di trasmissione dell’impulso Un motoneurone è una cellula efferente del sistema nervoso che attiva direttamente o indirettamente la contrazione dei muscoli volontari o controlla il loro tono e il loro movimento. I motoneuroni che si occupano di comunicare con i muscoli, sono sotto il
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controllo del sistema nervoso centrale autonomo e non controllano le contrazioni dei muscoli viscerali (Miller e Britton 2011). Esistono principalmente due tipi di neuroni motori, quelli superiori e quelli inferiori. I motoneuroni superiori, ovvero i primi motoneuroni, sono situati maggiormente nella corteccia cerebrale. Inviano impulsi dai livelli superiori del sistema nervoso, soprattutto dal cervello anteriore, alle cellule neuronali (motoneuroni inferiori) situate nei livelli più bassi del sistema nervoso centrale, in particolare nel tronco cerebrale e nel midollo spinale e sono essenziali per l’esecuzione dei movimenti volontari del corpo (Miller e Britton 2011). Altri motoneuroni superiori invece, originano dai centri motori del tronco encefalico e regolano il tono muscolare, controllano i muscoli posturali e aiutano a mantenere l’equilibrio e l’orientamento della testa e del corpo. Sia i nuclei della base sia il cervelletto influenzano sui motoneuroni superiori. I motoneuroni inferiori, in altre parole i secondi motoneuroni, che sono situati nella zona grigia del tronco cerebrale e il midollo spinale, vengono attivati e modulati dai motoneuroni superiori (Miller e Britton 2011). Dal tronco encefalico i loro assoni si estendono attraverso i nervi cranici per innervare i muscoli scheletrici della faccia e della testa. Dal midollo spinale, invece, partono gli assoni dei motoneuroni inferiori che attraverso i nervi spinali innervano i muscoli scheletrici degli arti del tronco (Tortora e Derrickson 2011). Gli assoni dei motoneuroni superiori si estendono dall'encefalo ai motoneuroni inferiori attraverso due tipi di vie motorie somatiche: diretta e indiretta, piramidale rispettivamente extrapiramidale (Tortora e Derrickson 2011). La via motoria diretta (via piramidale) trasporta input ai motoneuroni inferiori a partire dalla corteccia cerebrale, mentre la via motoria indiretta (via extrapiramidale) dal tronco encefalico. Entrambe le vie, diretta e indiretta, controllano la generazione degli impulsi nervosi nei motoneuroni inferiori che a loro volta stimolano la contrazione dei muscoli scheletrici (Tortora e Derrickson 2011). Il controllo dei movimenti del corpo avviene attraverso circuiti nervosi in parecchie regioni dell'encefalo. L'area motoria primaria, localizzata nel giro precentrale del lobo frontale della corteccia cerebrale, cosi come l'area pre-motoria adiacente, costituiscono una regione fondamentale per il controllo e l'esecuzione dei movimenti volontari.
Muscoli diversi hanno una diversa rappresentazione nell'area motoria primaria. Un'area maggiore è dedicata ai muscoli implicati in movimenti fini o complessi (Tortora e Derrickson 2011). La comunicazione tra il cervello e il midollo spinale avviene attraverso due vie principali in cui gli assoni dei neuroni
cerebrali scendono lungo il midollo. La prima via corre nella colonna laterale del midollo, la
seconda invece nella colonna ventromediale. La via laterale è coinvolta nel movimento volontario della muscolatura distale ricevendo input dalla corteccia, mentre
Figura 1: I tratti discendenti del midollo spinale (Bear, Connors, e Paradiso 1999).
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la via ventromediale è coinvolta nel controllo della postura, stimolata dal tronco encefalico (Bear, Connors, e Paradiso 1999). La via laterale: La componente principale della via laterale è il tratto corticospinale che si origina nella neocorteccia e risulta il più lungo ed uno dei più larghi tratti del SNC (Bear, Connors, e Paradiso 1999). La via corticospinale porta gli impulsi nervosi dalla corteccia motoria ai muscoli scheletrici del lato opposto del corpo per i movimenti del tronco e delle parti prossimali degli arti, specialmente i movimenti volontari precisi delle parti distali degli arti. Gli assoni dei motoneuroni superiori attraversando il midollo allungato s’incrociano e vanno al lato controlaterale del midollo spinale a formare questo tratto. Questi motoneuroni superiori terminano nella sostanza grigia del corno anteriore del midollo spinale e fanno sinapsi con i motoneuroni inferiori, che innervano i muscoli scheletrici (Tortora e Derrickson 2011). Un componente di dimensione più piccole della via laterale è il tratto rubrospinale, che origina nel nucleo rosso del mesencefalo (Bear, Connors, e Paradiso 1999). Porta impulsi nervosi dal nucleo rosso (che riceve stimoli dalla corteccia cerebrale e dal cervelletto) ai muscoli scheletrici che governano i movimenti volontari precisi delle parti distali degli arti superiori (Tortora e Derrickson 2011). La via ventromediale: È costituita da quattro tratti discendenti che originano nel tronco encefalico e terminano negli interneuroni spinali che controllano i muscoli prossimali ed assiali. Questi tratti sono: il tratto vestibolospinale, tettospinale, reticolospinale
pontino e quello reticolospinale bulbare. Da un punto di vista funzionale, i quattro tratti vengono divisi in due gruppi: (1) i tratti vestibolospinale e tettospinale controllano la postura del capo e del collo; (2) i tratti reticolospinali pontino e bulbare controllano la postura del tronco e i muscoli antigravitari degli arti (Bear, Connors, e Paradiso 1999). Entrambi i percorsi laterale e ventromediali devono funzionare in modo ottimale per poi poter fornire gli impulsi ai motoneuroni inferiori con un flusso equilibrato, che a loro volta trasmettono una corretta informazione
ai muscoli per garantire i movimenti volontari in un modo qualificato e equilibrato (Miller e Britton 2011).
Figura 2: Breve descrizione dei tratti spinali discendenti e della loro origine (Bear, Connors, e Paradiso 1999).
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2.3. Sclerosi Laterale Amiotrofica La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è la forma più comune di malattia progressiva del motoneurone. Rappresenta un esempio paradigmatico di malattia neurodegenerativa e può essere considerata la più devastante di tali patologie (Hauser 2007). La SLA è conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, dal nome del famosissimo giocatore statunitense di baseball che ne fu colpito, o malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che per primo la scoprì alla fine dell'800. La caratteristica principale di questa malattia è la neurodegenerazione progressiva, attualmente incurabile, che causa debolezza muscolare, disabilità e morte (Elman e McCluskey 2014). Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo della ricerca, rimane ancora una malattia per molti aspetti ignota (Miller e Britton 2011). La SLA può essere definita come un disturbo neurodegenerativo caratterizzato da una progressiva paralisi muscolare causata dalla degenerazione dei neuroni motori nella corteccia motoria primaria, nel tronco cerebrale e nel midollo spinale. La denominazione "Amiotrofica" si riferisce all’atrofia delle fibre muscolari, che sono denervate in conseguenza della degenerazione delle cellule delle corna anteriori, portando a debolezza dei muscoli interessati e a fascicolazioni visibili. "Sclerosi laterale" si riferisce ad una durezza della via laterale discendente (Wijesekera e Leigh 2009). 2.3.1. Patofisiologia Tortora e Derrickson (2011, 587) affermano che “la SLA interessa le aree motorie della corteccia cerebrale, gli assoni dei motoneuroni superiori nelle colonne laterali della sostanza bianca (tratto corticospinale e rubrospinale ovvero la via laterale) e i corpi cellulari dei motoneuroni inferiori“. Sebbene l'esordio della SLA possa causare una perdita selettiva di funzione del solo primo o del secondo motoneurone, alla fine porta inesorabilmente alla perdita progressiva di entrambe le categorie di motoneuroni. Infatti, la diagnosi della SLA è discutibile in assenza di un chiaro coinvolgimento sia del primo sia del secondo motoneurone. Altre malattie del motoneurone coinvolgono solo particolari sottopopolazioni di motoneuroni (Hauser 2007). È possibile riscontrare una proliferazione di astroglia e microglia (detta Gliosi) che accompagna inevitabilmente tutte le patologie degenerative del sistema nervoso centrale (Hauser 2007). La perdita delle fibre delle colonne laterali e la conseguente gliosi fibrillare conferiscono una particolare consistenza che a volte si vede nel cervello dei pazienti con la SLA attraverso risonanza magnetica (sclerosi) (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014). La morte dei neuroni motori del tronco cerebrale e del midollo spinale causa denervazione con conseguente atrofia delle fibre muscolari corrispondenti. Nelle fasi precoci della malattia i muscoli denervati possono essere reinnervati; ma il processo di “reinnervazione” in questa patologia è notevolmente meno esteso che nella maggior parte delle altre malattie del motoneurone. Con il progredire della denervazione, l'atrofia muscolare diventa facilmente riconoscibile all'esame obiettivo e alle biopsie muscolari. Tale atrofia muscolare viene identificata con il termine “amiotrofia neurogena” (amiotrofico). Il coinvolgimento all'interno del sistema motorio risponde a criteri di selettività. Per esempio, i motoneuroni che controllano la motilità oculare non sono mai interessati,
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così come i neuroni parasimpatici localizzati nel midollo spinale sacrale che innervano gli sfinteri intestinale e vescicale (Hauser 2007). 2.3.2. Epidemiologia Secondo la classificazione di Maragakis e Galvez-Jimenez (2014), la sclerosi laterale amiotrofica può venir classificata come forma sporadica (idiopatica) o forma familiare. Nel 5-10% dei casi la SLA è una malattia ereditaria di carattere genetico con una trasmissione in genere autosomica dominante e raramente recessiva (McCluskey e Falcone 2013). Nel caso in cui, nella stessa famiglia, ci sia stato almeno un altro caso di della SLA, allora è del tipo familiare. Il restante 90-95% dei casi di SLA è di forma sporadica in cui non c'è alcuna familiarità genetica trasmissibile da padre in figlio (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014). Non vi sono differenze tra la SLA geneticamente determinata e la SLA sporadica poiché i quadri clinici sono sostanzialmente sovrapponibili (Miller e Britton 2011). Come afferma Sathasivam (2008) la SLA è conosciuta come la malattia neurodegenerativa più diffusa e rapidamente progressiva in età adulta e ha un'incidenza di circa 1-2 / 100000/anno e una prevalenza di circa 6/100 000/anno in tutto il mondo. Mentre, Corcia e Meininger (2008) evidenziano che la sua incidenza è più o meno uniforme in tutto il mondo ed è di circa 1,1/100 000, ma potrebbe variare da 0,2/100000 a 2,4/100000/anno. La SLA predomina nei maschi, con un rapporto di 1.6: 1 tra i sessi (maschi e femmine). I tassi d’incidenza della SLA in Europa e Nord America oscillano tra 1,5 e 2,7 per 100.000 persone in un anno, mentre i tassi di prevalenza variano tra 2,7 e 7,4 per 100.000 persone. Negli Stati Uniti, sono diagnosticati circa 7000 nuovi casi di SLA ogni anno. Una revisione sistematica dei dati epidemiologici mondiali ha concluso che l'incidenza della SLA può essere inferiore tra africani, asiatici, e gruppi etnici ispanici che tra i caucasici. Incidenza e mortalità della SLA sono lentamente aumentate nel corso dei decenni. Questo aumento potrebbe essere dovuto all’aspettativa di vita più lunga (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014). Non è stato possibile reperire i dati attendibili svizzeri. L’età di picco d’insorgenza è tra 58-63 anni per la SLA sporadica e tra 47-52 anni per la SLA familiare. La SLA sporadica è più comune nei giovani maschi che nelle giovani donne, mentre dopo i 65 anni, l'incidenza è uguale in tutti e due gruppi. La SLA familiare colpisce maschi e femmine a tassi simili (Schub e Buckley 2014). 2.3.3. Prognosi Una valutazione della progressione della malattia è difficile: anche se sono state sviluppati diverse scale funzionali e nuovi test neurofisiologici nessuno ha sufficiente certezza diagnostica o prognostica (Jinsy 2009). La sopravvivenza media è compresa tra 20 a 48 mesi (Miller e Britton 2011). Circa il 50% dei pazienti sopravvive per circa 30 mesi dopo l'insorgenza dei sintomi (Jinsy 2009). Il 15% dei pazienti con la SLA sopravvive per 5 o più anni, mentre solo il 5% sopravvive per più di 10 anni (Schub e Buckley 2014). Importanti indicatori prognostici di sopravvivenza includono il fenotipo clinico, cioè il sito d’insorgenza (bulbare o spinale), l’età d’insorgenza dei sintomi, il tempo tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi, il declino della capacità vitale forzata e l'uso di Riluzolo (vedi pag. 12). Una misura clinica utile è la scala rivisitata di valutazione funzionale della SLA (ALSFRS-R). Come strumento, la ALSFRS-R monitora la progressione della disabilità
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nei pazienti con la SLA e si compone di 12 elementi che valutano i livelli di autosufficienza dei pazienti in aree che coinvolgono la nutrizione, la cura di sé, la deambulazione, la comunicazione, la dispnea, l’ortopnea e il supporto ventilatorio applicato. Ogni item è classificato secondo una scala da zero a quattro punti; più basso è il punteggio, più grave è la malattia (Salvioni 2014). La progressione della malattia può essere variabile; sapendo che alcune persone sopravvivono (più) a lungo è una fonte importante di speranza per i pazienti con la SLA. Tempi di sopravvivenza maggiori si verificano con la sclerosi laterale primaria (Jinsy 2009; Wijesekera e Leigh 2009). La prognosi peggiore è determinata dall’insorgenza nell'età avanzata e l’insorgenza bulbare, mentre la causa più comune di morte è l’insufficienza respiratoria (Greenwood 2013). Una bassa percentuale (5%) di pazienti sviluppa demenza frontotemporale caratterizzata da profondi cambiamenti cognitivi che influiscono significativamente sull’evoluzione, sulla prognosi e sugli interventi necessari riguardanti la malattia. Mentre nella maggior parte della popolazione colpita dalla SLA la mente e le capacità intellettive e cognitive rimangono inalterate (Miller e Britton 2011). 2.3.4. Cause e fattori di rischio La causa primaria della SLA resta ancora da determinare e attualmente la si considera come una malattia multifattoriale. È probabile che sia causata da una combinazione di fattori genetici e ambientali (Ngo, Steyn, e McCombe 2014). Commenti recenti sul ruolo dei fattori di rischio ambientali nella causalità della SLA hanno concluso che non vi è alcuna associazione coerente tra un singolo fattore ambientale e il rischio di sviluppare la SLA. La maggior parte degli autori favorisce un'ipotesi di complessa interazione genetico-ambientale come fattore causale per la degenerazione dei motoneuroni (Wijesekera e Leigh 2009).
Fattori di rischio esogeni che sono stati associati allo sviluppo della SLA sono stati elencati ed analizzati da Maragakis e Galvez-Jimenez (2014) e comprendono: servizio militare, lavoro agricolo, lavoro in fabbrica, lavoro manuale pesante, esposizione a saldatura o brasatura, fumo di sigaretta, esposizione a metalli pesanti, lavoro nel settore delle materie plastiche, uso ripetitivo dei muscoli, atletismo, giocare a calcio, traumi e shock elettrico professionale. Applicando un approccio basato sulle evidenze, si è constatato che tra tutti questi fattori, solo il fumo è associato allo sviluppo della SLA, mentre gli altri fattori di rischio sono stati debolmente correlati. Alcuni studi recenti hanno stimato il rischio relativo (RR) della SLA di 0,8-1,67 nei fumatori rispetto ai non fumatori, indipendentemente dall’età, dal livello d’istruzione e di occupazione (Armon 2009; Wijesekera e Leigh 2009). Maragakis e Galvez-Jimenez (2014) affermano che gli unici fattori di rischio dimostrati e stabiliti per la SLA, oltre al fumo di sigaretta, sono l'età e la storia familiare.
Com’è stato accennato prima, la SLA è stata delineata la prima volta nel ‘800. Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo della ricerca, il meccanismo responsabile della degenerazione delle cellule motoneuronali non è stato identificato. Sono state ipotizzate e studiate alcune teorie che vengono qui di seguito descritte:
• Genetica: Fino ad oggi, è stata identificata l'eziologia genetica della SLA familiare e di circa il 10% del tipo sporadico, rimane ancora ignoto quanto la
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genetica sia responsabile nella percentuale rimanente della SLA sporadica e quanto lo siano altri fattori, quali l’esposizione ambientale, l’invecchiamento o lo stile di vita. Sono stati identificati più di 25 geni legati alla SLA (Marangi e Traynor 2014); alcune di queste mutazioni sono state identificate occasionalmente anche in pazienti con la SLA sporadica (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014).
Oltre al fattore genetico studiato dagli autori sopracitati, Wijesekera e Nigel (2008) hanno evidenziato altre cause tra le quali:
• Accumulo di rifiuti tossici: All’interno dei motoneuroni dei pazienti con la SLA, il livello degli antiossidanti è basso e sono poco efficienti; si accumulano, quindi, i rifiuti tossici che sono nocivi per la vita delle cellule.
• Disfunzione mitocondriale: Nei malati della SLA, i mitocondri non lavorano più in modo adatto e sono stati descritti anomalie e mutazioni nella morfologia mitocondriale e nel DNA mitocondriale.
• Squilibrio dei livelli di glutammato: Excitotoxicity è un termine che indica un danno neuronale indotto da un eccesso di glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio del SNC) che è dovuto a un’eccessiva stimolazione dei recettori del glutammato post-sinaptici.
• Trasporto assonale compromesso. • Formazione di aggregati proteici: Nei motoneuroni di molti pazienti con la SLA
si accumulano degli aggregati proteici a livello assonale causando disfunzione cellulare.
• Mancanza di fattori nutrienti: Nelle persone che soffrono della SLA si è notata la mancanza di fattori nutrienti essenziali a livello dei motoneuroni.
• Disfunzione delle cellule non neuronali: La mutazione del gene SOD1 causa l’attivazione e il coinvolgimento anomalo delle cellule microglia e delle cellule dendritiche (cellule specializzate nella cattura di antigeni). Queste cellule attivate non neuronali, producono citochine infiammatorie come Interleuchine, COX-2, TNF e MCP-1 che sono tossiche per i motoneuroni.
Inoltre, Sommers (2010) accenna un’altra teoria riguardante lo sviluppo della malattia, la quale ipotizza che la causa possa essere un’infezione virale, che crea un disturbo metabolico nei motoneuroni, o una risposta autoimmune diretta contro i motoneuroni. Secondo l’autore, i fattori scatenanti includono esaurimento fisico, grave stress, infezioni virali, condizioni come infarto del miocardio, malnutrizione e lesioni traumatiche. 2.3.5. Sintomatologia La SLA è rapidamente progressiva e incurabile. L’insorgenza iniziale è spesso insidiosa, asimmetrica, e in una regione focale del corpo (Miller e Britton, 2011). La presentazione clinica della SLA è variabile da persona a persona e dipende dal tipo dell’insorgenza della malattia. Tre principali presentazioni cliniche possono essere riconosciute: lesioni del motoneurone spinale (cervicale, toracico o lombo-sacrale), bulbare o centrale (Muscarioti et al. 2012; Wijesekera e Nigel 2008). Nell’80% dei pazienti i sintomi sono legati alla lesione iniziale dei motoneuroni del midollo spinale (i nervi spinali toracici o lombo-sacrali) cioè di tipo a insorgenza
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spinale (spinale onset). Gli esami obiettivi sulla SLA con questa modalità d’insorgenza, di solito rivelano atrofia muscolare focale che coinvolge a livello degli arti prossimali soprattutto i muscoli delle mani, gli avambracci e le spalle, mentre a livello distale interessa le cosce e la muscolatura del piede (Wijesekera e Nigel 2008). Un sintomo principale causato dalla atrofia è la debolezza muscolare. Nell’insorgenza spinale, la debolezza è riscontrabile negli arti. Raramente, i pazienti possono notare l’atrofia muscolare focale prima della comparsa della debolezza. Se la manifestazione coinvolge le mani e/o le dita, il paziente potrà avere difficoltà in attività quotidiane come vestirsi, lavarsi o mangiare. Se, invece, viene interessato un arto inferiore, il sintomo conseguente può essere un piede cadente o, ancora, perdita di equilibrio, deambulazione impacciata, difficoltà nella coordinazione del movimento e fatica. La debolezza si aggrava conseguentemente al freddo (Vanzetta 2007; Wijesekera e Nigel 2008). La spasticità è un altro sintomo comune nella SLA con esordio spinale. Durante le fasi tardive della malattia, i pazienti possono sviluppare spasmi flessori, che sono spasmi involontari e si verificano in alcune parti del corpo. Gradualmente, la spasticità può svilupparsi negli arti atrofici e colpire l'abilità manuale e l'andatura (Wijesekera e Nigel 2008). Ulteriori sintomi possono essere: disfunzione della vescica (come urgenza della minzione), sintomi sensoriali, sintomi cognitivi e coinvolgimento multisistemico (ad esempio la demenza, parkinsonismo) (Wijesekera e Nigel 2008). Alla fine la maggior parte dei pazienti con un esordio spinale continua a sviluppare sintomi bulbari e sintomi respiratori (anche se non necessariamente in questo ordine) (Wijesekera e Nigel 2008). In circa il 25-30% dei pazienti le lesioni dei motoneuroni interessano il tronco cerebrale/bulbare (tipo bulbare) e di conseguenza la debolezza muscolare si manifesta a livello dei muscoli innervati dai nervi cranici, ad esempio vengono colpiti i muscoli responsabili della fonazione, della respirazione e della deglutizione. Paralisi bulbari e paralisi pseudobulbare implicano che la causa sia, rispettivamente, nei motoneuroni inferiori o superiori che innervano questi muscoli. Nei due casi sono presenti segni fisici specifici (Wilkinson e Lennox 2007; Vanzetta 2007): I pazienti con la SLA d’insorgenza bulbare, si caratterizzano dall'incapacità iniziale di pronunciare fonemi consonantici, la manifestazione evolve in una totale inabilità di protrusione della lingua con ridotta mobilità del velo palatino causando disartria del discorso (Muscarioti et al. 2012; Wijesekera e Nigel 2008). Quando sono coinvolti i nervi cranici, appaiono paralisi del viso, della lingua, delle labbra e della faringe, provocando modifiche nella masticazione e una difficoltà di deglutizione per solidi e liquidi (Muscarioti et al. 2012). Il progressivo deterioramento della funzione bulbare determina la perdita di peso. Quasi tutti i pazienti con sintomi bulbari sviluppano scialorrea (una sovrapproduzione di saliva) a causa di difficoltà di deglutizione della saliva e della debolezza facciale bilaterale. Inoltre, l'interessamento dei muscoli respiratori può portare a una progressiva insufficienza respiratoria (Muscarioti et al. 2012; Thibodeaux e Gutierrez 2008; Vanzetta 2007). Questi pazienti presentano sintomi d’ipoventilazione notturna come dispnea, ortopnea, disturbi del sonno, mal di testa mattutino, eccessiva sonnolenza durante il giorno, anoressia, diminuzione della concentrazione e irritabilità o cambiamenti di umore. I sintomi bulbari possono svilupparsi contemporaneamente a quelli spinali e nella maggioranza dei casi si verificano in 1-2 anni.
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Nel 50% dei pazienti con la SLA, si riscontrano sintomi pseudobulbari, come labilità emotiva ed eccessivi sbadigli. I pazienti possono improvvisamente piangere o ridere in modo incontrollato e fuori dal contesto, indipendentemente dal loro stato d'animo prevalente. Questa incontinenza emotiva può essere socialmente invalidante e avere un impatto negativo sulla qualità di vita (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014, Thibodeaux e Gutierrez 2008; Wijesekera e Nigel 2008). Le lesioni dei motoneuroni centrali (insorgenza centrale) sono caratterizzate da un aumento del riflesso propriocettivo (senso della posizione e del movimento) e della spasticità, dai disturbi trofici (Trophic disturb), da paralisi glossofaringeale e da alterazioni della masticazione e della deglutizione (Muscarioti et al. 2012). Circa il 50-60% dei pazienti lamenta un dolore di tipo muscoloscheletrico (Stokes 2000), che è determinato da crampi o erosioni della cute (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014; Stokes 2000). Altri sintomi della SLA sono: la depressione, l’ansia, l’insonnia, la stitichezza, la ritenzione urinaria e la riduzione dell’ammiccamento degli occhi che possono portare allo sviluppo di ulcerazioni, infezioni secondarie agli occhi (Stokes 2000). Tuttavia, i pazienti che vengono tenuti in vita da tracheotomia e ventilazione assistita, giungono ad un severo stato di paralisi motoria di tutti i muscoli volontari, definito come sindrome di “locked-in” (Katzberg e Benatar 2011). 2.3.6. Complicanze Le complicanze, che derivano dalle difficoltà di deglutizione, possono anche essere fatali e sono: La polmonite da aspirazione, la malnutrizione e la disidratazione (Katzberg e Benatar 2011). Le cause più comuni di morte nella SLA sono l’insufficienza respiratoria e le complicanze polmonari associate. In alcuni casi documentati l’insufficienza respiratoria acuta è stata la prima manifestazione della malattia, ma di solito si tratta, invece, di una manifestazione tardiva. La malattia polmonare è provocata dalla debolezza progressiva della muscolatura del diaframma, come pure di quella intercostale, accessoria e addominale. Ripetuti episodi di aspirazione e di ritenzione di secrezioni a causa di debolezza bulbare e tosse inefficace causano micro-atelectasie polmonari1. La respirazione diventa inefficiente e ne consegue un’ipoventilazione cronica. I sintomi più evidenti d’insufficienza respiratoria sono la dispnea da sforzo e l’ortopnea. Tuttavia, il primo indicatore d’insufficienza respiratoria può essere il problema del sonno, correlato a disfunzione respiratoria in forma di frequenti risvegli notturni, che si manifesta come sonno non ristoratore, mal di testa mattutino, eccessiva sonnolenza diurna, stanchezza invalidante e disfunzioni cognitive. La debolezza del muscolo diaframmatico nella SLA diventa evidente durante il sonno REM, quando è sostanzialmente l'unico muscolo ad eseguire il lavoro respiratorio; la posizione supina nel sonno peggiora la condizione. Per i pazienti in cui il coinvolgimento bulbare è significativo, l’aumento della resistenza delle vie aeree superiori durante l'inspirazione provoca episodi di apnea ostruttiva, complicando ulteriormente le anomalie ventilatorie durante il sonno; anche l’apnea centrale può svolgere un ruolo in tal senso (Thibodeaux e Gutierrez 2008). 1 Condizione patologica del polmone caratterizzata da assenza o marcata riduzione del contenuto in aria di questo organo. La sua comparsa in un polmone precedentemente normale potrebbe essere la conseguenza di processi patologici che portano all’occlusione di un bronco.
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Le altre complicanze che si presentano frequentemente sono la malnutrizione e la disidratazione. Entrambe possono essere variabilmente, ma significativamente, influenzate durante il corso della malattia (Muscarioti et al. 2012). Fattori di rischio di malnutrizione nella SLA comprendono: depressione, difficoltà comunicative nell’esprimere i propri bisogni, mancanza di appetito, fatica in assunzione del cibo e prolungamento di durata dei pasti, scialorrea, problemi respiratori, mancanza di autonomia nell’assunzione del cibo e nel preparare i pasti, astinenza da cibo e liquidi per evitare il bisogno di andare in bagno, ipermetabolismo, stipsi, declino cognitivo o demenza, disfagia e ansia (Greenwood 2013). La perdita di peso e la malnutrizione possono essere causa di altre complicanze, le quali di per sé possono aggravare o accelerare il decorso della malattia (perdita della funzione muscolare, immunità compromessa, riduzione di vitalità del tessuto e conseguente progressivo deterioramento clinico) (Greenwood 2013). 2.3.7. Trattamento Un trattamento specifico per la SLA non è attualmente disponibile. Gli interventi medici sono focalizzati sul rallentare la progressione della malattia per allungare la sopravvivenza, mettendo in atto interventi profilattici per ridurre al minimo il rischio di effetti secondari e complicanze, per il mantenimento della qualità di vita, e per facilitare la capacità decisionale dei pazienti durante la progressione della malattia (Greenwood 2013; Miller e Britton 2011). L'unico farmaco attualmente approvato per il trattamento della SLA è il Rilutek®, un agente di Glutammato-modulante che contiene il principio attivo Riluzolo (Greenwood 2013; Miller e Britton 2011) . Studi clinici hanno dimostrato un rallentamento della progressione della malattia in alcuni soggetti che hanno utilizzato questo farmaco (Miller e Britton 2011). Il meccanismo di azione del Riluzolo non è del tutto certo, ma si pensa che faccia interferenza sui canali del sodio, inibisca il rilascio del glutammato dai terminali pre-sinaptici e aumenti l’assorbimento extracellulare del glutammato. L’uso del Riluzolo a 100 mg al giorno per una durata di 18 mesi presumibilmente prolunga la sopravvivenza mediana da 2-3 mesi. Il farmaco è generalmente ben tollerato ma esistono anche dei possibili effetti collaterali (Andrews 2009; Wijesekera e Leigh 2009). Nonostante i vantaggi del Riluzolo, l'effetto marginale e modesto del farmaco sulla sopravvivenza ci conferma che questo non può essere una cura definitiva per la SLA. Il costo annuale per il trattamento con il Riluzolo negli Stati Uniti ammonta a $ 10 000 / paziente, e a £ 2.865 / paziente nel Regno Unito, e questo costo esorbitante pone alcune speculazioni sul fatto di quanto vale la pena l’utilizzo di tale farmaco (Andrews 2009; Wijesekera e Leigh 2009). È probabile che una terapia efficace e di successo comporterà una combinazione di interventi di attività nutrizionali e fisiche, al fine di operare su diversi meccanismi coinvolti nella patogenesi della SLA. Un approccio globale per il trattamento di questa malattia multiforme non solo sarebbe l'ideale per rallentare la progressione della SLA, ma anche per migliorare la qualità della vita nel corso della durata della malattia (Patel e Hamadeh 2009). Accanto alla terapia con il Riluzolo, un miglioramento significativo dei sintomi presentati dal paziente è ottenibile con un trattamento sintomatico (Vanzetta 2007). Sono di estrema importanza per le persone con la SLA, la gestione della respirazione, l'alimentazione e la comunicazione (Miller e Britton 2011).
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2.4. Malnutrizione “L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la malnutrizione come lo squilibrio cellulare tra apporto di nutrienti e di energia necessaria al corpo per garantire la crescita, il mantenimento, e le funzioni specifiche dell’organismo. Principalmente, la malnutrizione avviene quando il corpo non riceve abbastanza energia o nutrienti essenziali come proteine, vitamine, minerali o altre sostanze nutrienti indispensabili per mantenere i tessuti sani e le funzioni degli organi” (EUFIC 2015; Prudhon et al. 2006). “Tale condizione comporta un eccesso di morbilità e mortalità o un’alterazione della qualità di vita” (Amerio e Domeniconi 2010). “La condizione non si limita solo alle persone evidentemente denutrite, infatti, ne possono soffrire anche le persone in sovrappeso e obese” (EUFIC 2015). Si possono identificare una malnutrizione per eccesso (sovranutrizione: obesità) e una malnutrizione per difetto (sottonutrizione) (Amerio e Domeniconi 2010). Tuttavia, in questo lavoro, il termine si riferisce specificamente a coloro che sono malnutriti a causa della scarsa nutrizione. 2.4.1. Malnutrizione e patologie neurologiche
L’apporto di nutrienti svolge indubbiamente un ruolo chiave nello stato nutrizionale di ogni individuo e poiché l’assunzione e la digestione è regolata dal sistema nervoso centrale (SNC), qualsiasi analisi di malattie neurologiche richiede di tenere in considerazione il loro potenziale impatto sulla nutrizione. Il SNC agisce non solo attraverso vari meccanismi interni come l'omeostasi del glucosio e degli elettroliti, ma attiva anche la sensazioni di fame e di sete. È quindi evidente che se delle lesioni colpiscono le zone del SNC che in qualche maniera controllano il nutrimento, lo stato nutrizionale sarà più o meno modificato in funzione sia del grado di lesione che della acutezza o cronicità della malattia o della sua localizzazione (Vilà 2014). Lo stato nutrizionale, da un punto di vista generale, è diverso nelle malattie neurologiche acute, che spesso colpiscono persone con un buono stato nutrizionale prima dell’esordio. Facendo invece riferimento a casi di trauma cranico, a lesioni del midollo spinale o a patologie neurologiche croniche, si può notare maggiormente un cattivo stato nutrizionale, perché di solito queste malattie colpiscono le persone anziane con un certo grado di malnutrizione già prima dell’esordio della malattia (Vilà 2014). Le persone con deficit neurologici possono non essere in grado di preparare i propri pasti da sé o possono avere difficoltà di deglutizione: questo influisce sul tipo di cibo che assumono, oltre a rappresentare un motivo d’imbarazzo sociale poiché possono tossire inaspettatamente o avere scialorrea. Inoltre, possono affaticarsi facilmente e non avere molta voglia di mangiare se sono di umore depresso. Questa tipologia di disturbi si manifesta in molte condizioni neurologiche, una delle quali è la SLA (Iggulden 2007). Questo capitolo si concentra sul rischio di malnutrizione. Si è scelto di trattare questo aspetto perché è quello che più frequentemente si riscontra nei pazienti con la SLA e che implica la necessità di rispondere ai loro bisogni nutrizionali mettendo in atto degli interventi adeguati.
2.4.2. Malnutrizione e SLA
Come già accennato, la malnutrizione è un indicatore prognostico significativo e indipendente di sopravvivenza nella SLA. Il grado di malnutrizione è indipendente dal
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livello di compromissione delle funzioni neurologiche e ha un impatto negativo sulla qualità di vita. Il malato, durante il decorso della malattia, tende a perdere peso. Quando la perdita di peso supera il 10% del peso corporeo abituale rispetto al peso usuale negli ultimi sei mesi o quando l’indice di massa corporea (BMI) è inferiore a 18,5 kg / m2 siamo in presenza di indici relativi a una malnutrizione e di indicatori negativi di sopravvivenza nella SLA (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Desport et al. 1999; et al. 2013; Muscaritoli et al. 2012). Un basso indice di massa corporea e la malnutrizione influenzano negativamente il decorso della malattia e la sopravvivenza in pazienti con la SLA. In pazienti malnutriti con la SLA è stato rilevato un aumento del rischio di mortalità fino a 7,7 volte (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Corcia e Meininger 2008; Desport et al. 1999; Holm et al. 2013; Muscaritoli et al. 2012; Sathasivam 2009). Inoltre, Holm et al. (2013) suggeriscono un’altra definizione più precisa della malnutrizione nella SLA dichiarando che una massa corporea inferiore a 18,5 kg / m2 nei pazienti con la SLA fino all'età di 65 anni e una inferiore a 20 kg / m2 in pazienti con più di 65 anni è un indicatore di malnutrizione; così come una grave perdita di peso del 3,5% a 3 mesi, 5% in 6 mesi o 10% in 1 anno.
La prevalenza della malnutrizione nei pazienti con la SLA dipende dall’indicatore nutrizionale considerato e il momento della valutazione. Utilizzando un BMI inferiore a 18,5 kg / m2, Genton et al. (2011) hanno riscontrato una malnutrizione nel 16%-19% dei pazienti affetti dalla SLA; mentre usando un BMI inferiore a 20 kg / m2, i loro studi hanno riportato una prevalenza della malnutrizione nel 26%-55% dei pazienti. Secondo Braun, Osecheck, Joyce (2012), Holm et al. (2013) e Vilà (2014), la prevalenza della malnutrizione varia dal 15% al 53%, a seconda dei parametri considerati e della modalità di presentazione della malattia. In un studio svolto da Muscaritoli et al. (2012), al momento della prima valutazione nutrizionale, il 53% dei pazienti ha presentato un BMI inferiore a 20 kg / m2 e il 55% di loro ha riportato una perdita di peso superiore al 15% rispetto al loro peso normale.
La perdita di peso nella SLA è uno dei sintomi più comuni e un fenomeno frequente ed è la conseguenza sia della perdita di massa muscolare sia di una riduzione della massa grassa. Essa accade non solo in associazione con la disfagia, ma anche a causa di motivi specifici non ancora pienamente compresi. Le ipotesi per spiegare la perdita di peso nella SLA includono l’aumento del consumo d’energia dovuto a fascicolazioni muscolari, l’aumento degli sforzi respiratori, l’ipermetabolismo e la diminuzione dell'assunzione di cibo a causa della depressione. La perdita di peso ha un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti, poiché i pazienti si sentono più esausti, stanchi e abulici, indipendentemente dallo stadio della malattia (Körner et al. 2013). 2.4.3. Strumenti di valutazione della malnutrizione Gli strumenti principali utilizzati nella pratica clinica per valutare lo stato nutrizionale nei pazienti con la SLA, sono quelli antropometrici, che comprendono: il calcolo dell'indice di massa corporea, ovvero il BMI, e il controllo dei cambiamenti del peso corporeo, dello spessore delle pliche cutanee di tricipite (TSF) e la circonferenza muscolare del braccio (MAMC) (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
La composizione corporea può essere misurata con tecniche differenti e ciascuna varia nel costo e nella probabilità di errori (Desport et al. 2003).
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1. I dati antropometrici Secondo Salvioni et al. (2014), i dati atropometrici considerati comprendono: Peso e altezza (BMI), circonferenza del braccio (AC), misura dello spessore delle pliche cutanee del tricipide (TSF), misura della circonferenza del braccio (MAC), misura della zona muscolare del braccio senza osso (AMA) e misura della zona grassa del braccio (AFA). 1.1. Indice di massa corporea (BMI): consente di sapere se una persona ha un peso normale o se è in sovrappeso e si definisce come segue: BMI = “peso corporeo in kg” / “altezza in m”2 (Holm et al. 2013; Salvioni et al. 2014). Utilizzando il BMI, Salvioni et al. (2014) classificano lo stato nutrizionale in quattro categorie: secondo gli autori si parla della malnutrizione quando il BMI <18,5 se l’età <60 anni e BMI <22 se l’età ≥60 anni; si parla di normalità (eutrofia) quando 18,5 ≤ BMI <25 se l’età <60 anni e 22 ≤ BMI se l’età <27 ≥60 anni; si tratta di sovrappeso quando 25 ≤ BMI <30 se l’età <60 anni e 27 ≤ BMI <30 se l’età ≥60 anni; l’obesità viene definita con un BMI ≥30 kg / m. Mentre alcuni ricercatori come Desport e Maillot (2002) pensano che un BMI inferiore a 18.5 indichi un stato di malnutrizione con esito negativo sulla sopravvivenza e un BMI di 30 sia la soglia di obesità con lo stesso esito, un’altra valutazione recente della relazione tra indice di massa corporea e la prognosi della SLA di Ngo, Steyn, e McCombe (2014) ha trovato che i pazienti con un BMI tra 30 e 35 hanno avuto un esito migliore di sopravvivenza rispetto a quelli con un BMI inferiore a 30 o superiore a 35. Lo studio di Ngo, Steyn, e McCombe (2014) ha dimostrato che un ritmo più rapido di riduzione del BMI (quindi riduzione del peso corporeo) influisce negativamente sulla sopravvivenza nei pazienti con la SLA. Inoltre, essi affermano che un BMI normale non solo ha un effetto benefico sul processo della SLA e sulla diminuzione del rischio di mortalità, ma che un BMI normale o tendenzialmente alto nella popolazione sana è associato ad una minore incidenza della insorgenza della SLA. Sebbene questi studi suggeriscano che l'aumento di massa corporea (presumibilmente grassa) nella SLA può essere protettivo, non è del tutto confermato che un BMI alto sia vantaggioso. Infatti, l'associazione del BMI con la sopravvivenza nella SLA è indicata da una curva a forma di "U", in cui sia BMI bassi che alti sono dannosi per la durata della sopravvivenza. Per quanto riguarda gli effetti negativi di un alto BMI nella SLA, si può prevedere che le comorbidità (tra cui le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo II) associate con l’obesità sarebbero la causa di una ridotta sopravvivenza (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Ngo, Steyn, e McCombe 2014). Mentre, la riduzione di un 1 kg / m dal peso normale sarebbe associato con un rischio di mortalità del 20% (Salvioni et al. 2014). L’indice di massa corporea, il peso e il cambiamento di peso, come metodi clinici facili da applicare, risultano sì utili, ma non forniscono informazioni sui compartimenti corporei e il tipo di tessuto guadagnato o perso correlati ai cambiamenti di peso; cioè non consentono la valutazione di eventuali perdite di massa magra o incrementi di massa grassa (Desport e Maillot 2002) e sono comunque sempre da valutare con cautela. Ad esempio i pazienti con edemi possono essere denutriti pur avendo un BMI normale. Questo problema viene spesso riscontrato nei pazienti affetti da cirrosi epatica, insufficienza renale o cardiaca (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
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Inoltre nei pazienti molto disabili, che non mantengono la posizione eretta, la valutazione del peso corporeo può essere difficile poiché richiedono la disponibilità di attrezzature specifiche (sedie e letti a bilancia). Nei casi in cui la mobilità dei pazienti è difficile, il curante può utilizzare l’altezza della gamba attraverso formule definite da Chumlea et al. (1990) per arrivare al peso del paziente (Desport e Maillot 2002).
1.2. Misura dello spessore delle pliche cutanee del tricipide (TSF): fornisce dati riguardanti la massa grassa e la massa magra tramite delle formule specifiche e può essere seguito nel tempo. Il TSF viene misurato usando pinze Harpenden e le misure ottenute vengono confrontate con una tabella di riferimento per determinare la mancanza o l’eccesso di grasso corporeo (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). 1.3. Misura della circonferenza muscolare del braccio (MAMC) 2 :fornisce informazioni sulla massa magra attraverso una formula nella quale viene utilizzato il valore di TSF e la misura di circonferenza del braccio (MAC) (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). 1.4. Misura della zona muscolare del braccio senza osso (bone free arm muscle area)(AMA): combina i valori di TSF e MAMC. L’AMA è stata utilizzata per misurare lo stato clinico dei pazienti affetti dalla SLA fornendo una valutazione precisa dell’atrofia muscolare. I valori AMA sono correlati in modo significativo con la massa corporea e la ventilazione massima volontaria. In realtà queste misure sono limitate nella SLA a causa delle disfunzioni bulbari e della atrofia muscolare. Nonostante la loro facilità d'uso, i risultati di pazienti affetti dalla SLA confrontati con tabelle di riferimento potrebbero non rappresentare esattamente lo stato di nutrizione dei pazienti (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). La validità di queste misure, MAMC, TSF e massa magra e massa grassa, è discutibile nel quadro clinico della SLA e i valori ottenuti dovrebbero essere interpretati con cautela poiché il rischio di errore è evidente. Possibili cause sono (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Desport e Maillot 2002; Desport et al. 2003): 1) una distribuzione disarmonica e anormale di grasso è possibile nella SLA e la distribuzione del grasso non è uguale dappertutto nel corpo. Questo fatto si vede ad esempio in un coinvolgimento predominante degli arti inferiori rispetto a quelli superiori nella forma spinale della malattia; 2) la malattia può avere effetti più marcati su un lato del corpo rispetto all'altro, in altre parole i sintomi sono di solito asimmetrici; 3) in modo non specifico, misurare la TSF e la MAMC di solito è accompagnato a un rischio di errori nel processo di misura. Quindi, la misurazione delle pliche cutanee si effettua in più parti del corpo per migliorare la precisione della valutazione.
2. I dati strumentali 2.1. Impedenza bioelettrica (AIB): è una tecnica utilizzata per tenere traccia delle modifiche del componente del grasso corporeo e la sua componente muscolare, mentre la malattia progredisce. Tale metodo per esplorare la composizione corporea, è un metodo semplice, economico e indolore che può essere rapidamente e facilmente utilizzato al letto del paziente. L’AIB utilizza la corrente elettrica per misurare la resistenza dei compartimenti corporei per stabilire i valori di massa magra corporea, di 2 MAMC = MAC (cm) – 0.314* TSF (mm)
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massa grassa e d’acqua corporea totale (Desport et al. 2003). 2.2. Dual-energy X-ray Absorptiometry (DXA): misura direttamente l’assorbimento di raggi X da parte del corpo a 2 livelli energetici. Permette di effettuare una misura diretta di compartimenti corporei (massa magra e massa grassa), inoltre fornisce una distinzione più chiara tra atrofia miogenica e atrofia neurogena. Tanti studi utilizzando questo metodo sono riusciti a confermare che i pazienti affetti dalla SLA perdono massa corporea magra nel tempo nonostante un normale o elevato apporto calorico. Pertanto, il mantenimento o l’aumento di peso in questa popolazione, durante la progressione della malattia rispecchia presumibilmente un cambiamento nella composizione corporea con un aumento di grassi immagazzinati (Desport et al. 2003). Entrambi questi strumenti, AIB e DXA, sono in grado di monitorare il cambiamento della composizione corporea nel corso del tempo, ma ognuno presenta una sfida diversa relativa a costi, disponibilità, e comfort del paziente. Ad esempio, il DXA è più costoso da usare e meno portabile in confronto all’AIB (Desport et al. 2003), quindi si utilizza in pochi ospedali; oppure l’utilizzo del DXA richiede l'immobilizzazione dei pazienti per almeno 10 minuti nella posizione supina, il che non è sempre ben tollerato o possibile da parte loro (Desport e Maillot 2002). La misura della massa magra e del peso del paziente, come determinato da AIB o DXA, può aiutare a stimare il fabbisogno energetico in relazione alla SLA associato all’ipermetabolismo (discusso più avanti). 3. Gli indici biochimici Esistono strumenti progettati per valutare le proteine somatiche (massa proteica scheletrica immagazzinata nel corpo), che possono risultare utili nella valutazione della malnutrizione (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). I marcatori sierici sono utili per diversi scopi nel valutare lo stato nutrizionale dei pazienti affetti dalla SLA. Alcuni marcatori sierici forniscono informazioni riguardanti l'attuale stato nutrizionale dei pazienti, mentre altri sono correlati con la progressione della malattia e la sopravvivenza. I marcatori sierici utilizzati più frequentemente includono l’albumina sierica, la prealbumina, l’emoglobina, il magnesio, il calcio (totale e ionizzato), il fosforo, lo zinco nel siero e il rame (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). 4. Le scale di valutazione Nutritional Risk Screening 2002 (NRS) è uno strumento di screening della malnutrizione elaborato dalla Köndrup et al. (2003) e viene utilizzato per individuare i pazienti malnutriti o quelli a rischio di malnutrizione, cosi da poter intraprendere una terapia nutrizionale. Tuttavia, secondo gli autori, è molto più semplice prevenire la malnutrizione (assicurandosi che il paziente mangi abbastanza, che riceva dei supplementi nutritivi o se necessario somministrando un'alimentazione per sonda o parenterale) che trattarla. In questa modalità di screening i pazienti sono classificati mediante un punteggio basato sul peggioramento dello stato nutrizionale (da 0 a 3 punti), sulla gravità della malattia (da 0 a 3 punti) e sull' età (da 0 a 1 punto). II risultato complessivo può situarsi tra 0 e 7 punti: Se lo screening iniziale è negativo o il punteggio dello screening completo è meno di 3, significa che il rischio di malnutrizione è basso e che il paziente necessita unicamente di una sorveglianza della nutrizione durante la degenza.
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Se il punteggio finale è uguale o maggiore a 3, significa che sussiste un rischio di malnutrizione e che l'équipe curante deve stabilire se sia necessaria una valutazione nutrizionale approfondita mediante un consulto dietetico. 2.4.4. Cause di malnutrizione La malnutrizione è uno dei sintomi più comuni dei pazienti con la SLA e si verifica nel 50% dei casi (Holm et al. 2013). La patogenesi della malnutrizione nella SLA è multifattoriale. Atrofia muscolare, ipofagia secondaria alla perdita di autonomia, disfagia e ipermetabolismo sono alcuni fattori che giocano un ruolo nel determinare il deterioramento dello stato nutrizionale. Questi fattori causali e i loro singoli ruoli sono descritti di seguito. 1. Disfagia e diminuzione di apporto nutrizionale: La disfagia, ovvero la difficoltà a deglutire, è una caratteristica comune nei pazienti con la SLA e porta all’ipofagia progressiva, alla disidratazione e alla malnutrizione proteico-energetica (Molfino et al. 2009). Nei casi della SLA di tipo bulbare, la disfagia può derivare dal coinvolgimento del nervo trigemino, del nervo vago e di altri nervi cranici che innervano il viso, l’ipoglosso e la glossofaringea (nervi cranici V, VII, IX, X e XII). Nella SLA di tipo bulbare la disfagia progredisce più rapidamente rispetto al tipo spinale, nel quale la disfagia si sviluppa più tardi e più lentamente (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Silani, Kasarkise, e Yanagisawa 1998). Tuttavia, indipendentemente dalla modalità di esordio, la disfagia è presente in oltre l’81% dei pazienti con la SLA in fase avanzata e nel 45% dei casi con la SLA di insorgenza bulbare anche se spesso non viene riconosciuta subito (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). La debolezza della lingua e delle labbra interferisce con l'assunzione del cibo e la deglutizione del bolo. Il palato molle è debole e non è in grado di chiudere l'istmo faringeo durante la deglutizione, causando la fuoriuscita di aria attraverso il naso. La debolezza dei muscoli faringei porta ad una mancanza di coordinamento, spasmi cricofaringei e ostruzione da cibo, aumentando il rischio di polmonite da aspirazione (Muscaritoli et al. 2012).
Il risultato della disfagia è un’assunzione di liquidi e alimenti gradualmente diminuita sia a causa della paura di tosse e soffocamento sia perché il tempo necessario per mangiare diventa insostenibilmente lungo (Muscaritoli et al. 2012). Un povero apporto nutrizionale prolungato provoca stanchezza, perdita di peso e malnutrizione (Rio et al. 2010). Tutti questi dati sottolineano l'importanza della disponibilità e l’emergenza a fornire assistenza ai pazienti affetti dalla SLA come pure di avere un logopedista in un team multidisciplinare (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). 2. Atrofia muscolare: La massa dei muscoli e la loro contrattilità dipendono dalla stimolazione chimica da parte dei motoneuroni. La perdita di motoneuroni e delle giunzioni neuromuscolari associate nella SLA riduce la segnalazione neuronale al muscolo, portando alla disfunzione mitocondriale con una cattiva gestione del calcio. La regolazione alterata del calcio dà inizio all’atrofia muscolare, la quale viene complicata ulteriormente dal malfunzionamento dei mitocondri, con conseguente produzione di derivati reattivi dell'ossigeno (reactive oxygen species) cha porta a stress ossidativo. L'aumento dello stress ossidativo può potenziare ulteriormente l’atrofia muscolare attraverso l'apoptosi delle cellule muscolari e la degradazione delle proteine muscolari (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
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Col progredire della malattia, la perdita di massa muscolare si estende a tutto il corpo. I pazienti hanno di conseguenza difficoltà nel mantenere la capacità di stare in piedi e seduti, alla fine sono costretti a letto. Quando la capacità di mantenere la posizione seduta e la testa eretta è persa, l’auto-alimentazione e la nutrizione assistita progressivamente risulteranno difficili. L’atrofia muscolare peggiora ulteriormente a causa dell’assunzione insufficiente di cibo (Muscaritoli et al. 2012). 3. L’aumento di consumo d’energia (Ipermetabolismo): L’Omeostasi energetica deriva da un equilibrio tra apporto e dispendio (spesa) energetico. Nelle persone sane, l'assunzione di cibo e l'assorbimento di nutrienti sono teoricamente in equilibrio col dispendio energetico basale (a riposo) e con quello indotto da attività. Nella SLA la bilancia energetica è fondamentalmente compromessa a causa di un dispendio energetico superiore all’assunzione di energia (Dupuis et al. 2011).
Negli esseri umani, il consumo energetico è generalmente misurato a riposo utilizzando il metodo che si chiama calorimetria indiretta (Dupuis et al. 2011). Una gran parte dei pazienti affetti dalla SLA presentano ipermetabolismo, definito come un aumento del consumo energetico a riposo (REE) (Georges et al. 2014). I risultati degli studi di Vaisman et al. 2009, indicano che i pazienti con la SLA consumano più energia a riposo rispetto ai soggetti sani della stessa età e sesso. L'incremento tende a proseguire lungo il decorso della malattia. Secondo Mucasritoli et al. (2012), circa il 60% dei pazienti con la SLA mostrano un aumento di circa il 10% nel consumo energetico a riposo, le cui cause non sono del tutto chiare. Studi sperimentali della SLA familiare, in modelli laboratoriali, hanno escluso la presenza di un aumento della termogenesi e di un coinvolgimento della tiroide.
L’ipermetabolismo nei pazienti con la SLA è una scoperta sorprendente e inaspettata, poiché si prevedeva che il fabbisogno energetico declinasse con l’atrofia muscolare e la diminuzione di attività perdendo degli importanti siti di consumo di energia (i muscoli e le attività) (Dupuis et al. 2011) invece si è dimostrato un lieve aumento di REE della massa magra. La causa di ciò sta nelle diverse componenti del quadro clinico della malattia, che possono modulare il consumo energetico. Il primo e più importante elemento è la massa corporea magra (LBM), dove avviene la maggior parte del metabolismo del corpo. La LBM è costituita da due elementi principali: gli organi interni (o meglio, il grasso primario che li riveste) e la massa muscolare (Vaisman et al. 2009). Un'ipotesi recente è che questo aumento di metabolismo potrebbe essere una conseguenza di un aumento della domanda di nutrienti da parte dei muscoli rimasti. Inoltre, la SLA è caratterizzata da una diminuzione della massa muscolare senza modifiche importanti degli organi interni (fegato, cuore, cervello, rene, ecc) che, di norma, rappresentano il 70-80% del REE al giorno rispetto al 22% della massa muscolare (Muscaritoli et al. 2012).
Un altro motivo per un elevato REE è l’aumento dello sforzo respiratorio che tende ad accrescere durante il corso della malattia. Questo può essere spiegato dal fatto che la debolezza del diaframma nei pazienti con la SLA spesso causa una forte attività fasica dei muscoli inspiratori del collo, i cosiddetti "impulsi respiratori". Questi muscoli possono essere eccessivamente potenti e produrre pressioni intratoraciche negative per l'ispirazione. Questo può essere interpretato come un meccanismo di compensazione per mantenere la ventilazione. In alcuni casi, l'attività della fasica muscolare inspiratoria del collo aumenta nel sonno, durante la fase REM, causando un aumento del consumo energetico (Georges et al. 2014).
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Altri motivi per spiegare l’ipermetabolismo nella SLA potrebbero essere (Dupuis et al. 2011; Muscaritoli et al. 2012):
• Squilibri di funzioni mitocondriali con una minore produzione di energia • L'attivazione del sistema nervoso autonomo • Fascicolazioni muscolari • Un aumento della produzione di citochine da parte dei leucociti • Complicanze infettive, come la polmonite da aspirazione che possono anche
indurre un ipermetabolismo. • Fattori ambientali ad esempio, le neurotossine, l’esercizio fisico e gli effetti della
terapia con Statine • L’iperlipidemia: alcuni studi hanno dimostrato un aumento delle concentrazioni di
lipidi nel sangue. In primo luogo, difetti mitocondriali dei muscoli potrebbero causare l’iperlipidemia, ma la natura di tali difetti non è completamente chiara.
• Una maggiore assunzione di cibo.
4. Diminuzione di appetito: L’Appetito è definito come una sensazione piacevole o un desiderio di mangiare ed è un fattore importante della qualità di vita, in particolare nelle malattie croniche. Durante il corso della malattia, sia la prevalenza sia la gravità della perdita di appetito peggiorano (Dupuis et al. 2011; Holm et al. 2013). I risultati di Holm et al. (2013) hanno contribuito alla nozione che la riduzione d'appetito è un sintomo comune associato alla SLA, che può mettere in pericolo la capacità individuale di mantenere una nutrizione adeguata. Gli autori (ibid) hanno studiato la perdita di appetito in 51 pazienti affetti dalla SLA utilizzando il Nutrition Appetite Questionnaire (CNAQ). Il risultato di questo studio ha dimostrato che circa la metà dei pazienti (47%, 24/51) ha sofferto di una grave perdita di appetito; mentre dopo 6 mesi questo è aumentato a quasi due terzi (65%, 22/34). Una perdita di peso medio del 5% è stata trovata nel gruppo con grave perdita di appetito, rispetto a solo il 2% dei pazienti con appetito normale. La diminuzione dell’appetito è una sindrome multifattoriale causata dai cambiamenti nel comportamento alimentare fisiologico, dai problemi respiratori e in particolar modo dalla dispnea, ma è anche rafforzata dalla depressione. La compromissione della deglutizione non è la causa principale della forte perdita di appetito (Holm et al. 2013). 5. Dispnea: Sembra esserci un’associazione significativa tra dispnea e perdita di appetito, infatti Salvioni et al. (2014) hanno associato la perdita di appetito a una disfunzione respiratoria. Secondo Holm et al. (2013), la perdita di appetito si verifica più spesso nei pazienti con dispnea rispetto ai pazienti senza dispnea. Le osservazioni degli autori suggeriscono che un maggiore sforzo respiratorio promuove una perdita di appetito. Questo risultato può essere spiegato da una sazietà precoce dopo il consumo di piccole quantità a causa della debolezza del diaframma del paziente con la SLA. Potrebbe presentarsi una fatica peri o postprandiale nei pazienti con dispnea conseguente ad atrofia e paralisi del diaframma, Inoltre, anche un cambiamento importante nello stato infiammatorio seguito da un’insufficienza respiratoria può ridurre l'appetito. Tutto questo porta ad uno scompenso dello stato nutrizionale dei pazienti. 6. Diminuzione d’immagazzinamento d’energia: In individui sani, l'assunzione di cibo e il consumo energetico per il metabolismo basale e l'attività fisica sono bilanciati e portano ad una riserva di energia sostanzialmente stabile. In pazienti con la SLA, l’immagazzinamento d’energia è diminuito a causa della disfagia e dell’aumento del
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metabolismo energetico (ipermetabolismo). Questo fatto può avere un ruolo nell’insorgenza di malnutrizione (Holm et al. 2013). 7. Depressione: Secondo quanto riferito, circa il 10-20% dei pazienti affetti dalla SLA soffrono di depressione. Anche se potenzialmente è rilevante, è poco probabile che la sola depressione spieghi l'alta prevalenza di una grave perdita di appetito. Tuttavia, sarebbe utile con futuri studi valutare la depressione nella SLA e chiarire la sua associazione con l’appetito (Holm et al. 2013). 2.4.5. Circolo vizioso La nutrizione è una grande preoccupazione nella SLA poiché la perdita di peso, la malnutrizione e la disidratazione possono aggravare la debolezza muscolare, contribuire alla debolezza respiratoria e forse ridurre la durata della vita. La disfagia può contribuire allo scarso appetito e alla ridotta capacità di nutrirsi, a una ridotta assunzione orale, alla perdita di peso e successivamente alla malnutrizione e alla disidratazione (Katzberg e Benatar 2011). Col progredire della malattia, la perdita di massa muscolare si estende a tutto il corpo. I pazienti hanno conseguenti difficoltà nel mantenere la capacità di stare in piedi o seduti e alla fine sono costretti a letto, l’auto-alimentazione e nutrizione assistita risulta progressivamente difficile. L’atrofia muscolare peggiora ulteriormente a causa dell’insufficiente assunzione di cibo. Le complicanze infettive respiratorie aumentano il consumo energetico e inducono un ipercatabolismo. Alla fine, viene avviato un circolo vizioso, perpetuando l’atrofia muscolare. Il coinvolgimento dei muscoli respiratori, l’insufficienza respiratoria e la conseguente ipoventilazione alveolare svolgono un ruolo importante nella prognosi della SLA. Ogni evento che aumenta la produzione di anidride carbonica può determinare uno stress di ventilazione che può peggiorare la funzione respiratoria già ridotta (Muscaritoli et al. 2012).
Ciò può avere rilevanza nella scelta della composizione nutrizionale di una dieta orale e dell’alimentazione artificiale, perché un intervento nutrizionale appropriato e precoce può rivelarsi utile per migliorare il controllo della malattia e / o diminuire il rischio di complicanze (Muscaritoli et al. 2012). Il circolo vizioso che collega alterazione neuronale, malnutrizione e perdita muscolare nella SLA è illustrato nella figura 3. Figura 3: Rappresentazione schematica del ciclo vizioso che collega la malnutrizione,
l'infiammazione e la sarcopenia nella sclerosi laterale amiotrofica. 1) la malattia dei motoneuroni conduce progressivamente alla ridotta funzione muscolare, causando disfagia, ipofagia, malnutrizione e sarcopenia; 2) la disfagia può causare polmonite da aspirazione e un aumento del rischio infettivo; 3) il rischio infettivo è aumentato dalla malnutrizione, che provoca la depressione della risposta immunitaria; 4) infezioni evocano infiammazione sistemica; 5) infiammazione contribuisce ulteriormente alla malnutrizione, che causano l'uso substrato compromessa e ipermetabolismo; 6) la malnutrizione e ipercatabolismo a loro volte peggiorano sarcopenia (perdita di massa muscolare e di funzione) e cosi il ciclo vizioso è completato (Muscaritoli et al. 2012).
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3. METODOLOGIA Per svolgere il mio lavoro di tesi ho eseguito una revisione della letteratura. “La revisione della letteratura viene tradizionalmente considerata come un’analisi sistematica e critica della letteratura accademica più importante rilevata riguardo un determinato argomento. Il suo scopo principale è quello di conoscere ciò che è già stato fatto, in modo da non ripeterlo inutilmente, e comprendere a fondo l’oggetto dell’indagine e sviluppare una struttura logica” (Fain 2004). Inoltre, Sironi (2010) sottolinea che una revisione della letteratura richiede un alto grado di rigore e di chiarezza nella modalità e nella metodologia da seguire per ricercare e selezionare le fonti e per questo suggerisce undici punti essenziali da eseguire per effettuare una revisione della letteratura efficace, punti che ho cercato di seguire passo per passo nella stesura di questo capitolo. Il primo passo che ho compiuto è stato quello di individuare l’argomento ovvero la tematica che desideravo approfondire e di conseguenza ho identificato un aspetto problematico generale relativo all’argomento da me prescelto: la SLA e la presa a carico infermieristica. Il passo successivo (secondo passo) è stato costituito dalla pianificazione di una strategia di ricerca (per esempio selezionare banche dati, identificare parole chiave, ecc.) per l’individuazione di studi pertinenti. Sono diverse le strategie disponibili per ricercare la letteratura (Fain 2004). Avendo accesso alla biblioteca della SUPSI, ho potuto usufruire di servizi quali: l’assistenza di un bibliotecario, i database elettronici (banche dati) generali e specialistici, i libri e le monografie, le riviste scientifiche e i periodici. Oltre a questo materiale, ho utilizzato anche dei motori di ricerca, quali “google” e “google scholar”, specialmente all’inizio della mia ricerca per poter delineare il tema scelto. Per quanto riguarda le banche dati, ho usato in particolare il PubMed, Medline, Elsevier, Cinhal, Cochrane, UpToDate, Wiley e Sprinker Link. Le parole chiave che ho utilizzato nel percorso di ricerca per l’indagine in ciascun database, sono principalmente le seguenti: Amyotrophic Lateral Sclerosis, Complications, Malnutrition, Malnutrition risk factors, Malnutrition Signs, Interventions, Nursing care e Nursin interventions. È stato utilizzato l’operatore boleano (AND) per una o due volte in ogni tentativo, mentre altri operatori boleani (OR, NOT) non sono stati utilizzati. Ho trovato, inoltre, utile poter consultare articoli dalla bibliografia di altre revisioni o ricerche scientifiche: in questo modo ho avuto la possibilità di scoprire diversi collegamenti interessanti da approfondire. Dopo aver consultato le banche dati, per trovare del materiale e degli articoli scientifici utili per rispondere alla mia domanda di ricerca e agli obiettivi del mio lavoro, ho allargato la mia ricerca alle riviste scientifiche, ai libri, ai siti internet attendibili e alla consultazione con gli esperti (l’equipe del reparto di neurologia dell’ospedale Civico di Lugano). Gli articoli e il materiale su cui mi sono concentrata al primo passo della mia revisione della letteratura, trattavano temi quali la malattia in generale (fisiopatologia, sintomatologia, cause, complicanze, ecc.) e il problema di malnutrizione dovuto alla SLA, le cause, i fattori di rischio e i metodi di rilevanza di tale complicanza. Gli articoli sull’assistenza infermieristica per i malati malnutriti con la SLA sono stati il mio secondo obiettivo di ricerca.
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Secondo Sironi (2010), di fronte al recupero di un’imponente quantità di materiale è senz’altro necessario limitare il più possibile l’area di studio eliminando le fonti non rilevanti e applicando dei limiti ai risultati della ricerca. Per poter raggiungere questo scopo, ho definito, quindi, dei criteri di inclusione ed esclusione e risposto alle seguenti quattro domande molto concrete suggerite da Fain (2004) e Sironi (2010): Partendo dalla letteratura più recente, a quanti anni devo risalire nel cercare le fonti? Quale tipo di letteratura devo cercare? Quanti articoli e testi devo leggere per ottenere una valida revisione della letteratura? È necessario recuperare informazioni e fonti anche al di fuori delle biblioteche? Come afferma Sironi (2010) la risposta a queste domande dipende da fattori quali: l’argomento, la quantità di letteratura già esistente, il tempo e le risorse a disposizione. Inoltre, l’autore aggiunge che se si vuole ottenere una revisione della letteratura di buona qualità, oltre a tenere in considerazione il percorso sopra citato, è necessario rispettare il soddisfacimento di alcuni requisiti fondamentali: il primo riguarda la qualità delle fonti reperite. Secondo Sironi la qualità richiede l’utilizzo prevalentemente di fonti primarie poiché sono basate sulle conoscenze attuali e aggiornate, mentre gli articoli secondari vengono consigliati in un secondo momento. Ho cercato quindi dapprima di trovare articoli primari inerenti alla mia domanda di ricerca, ma ho notato che le fonti disponibili nelle banche dati e nelle riviste scientifiche riguardanti il tema del mio lavoro erano in gran parte delle fonti secondarie. Tra tutti i testi trovati, ho scelto solamente gli articoli completi (full text) che mi garantivano una completezza delle informazioni. Alcuni di questi documenti erano a pagamento e con l’aiuto del bibliotecario sono riuscita ad ottenerli. Il secondo requisito importante secondo l’autore è che la quantità è strettamente legata al numero di studi reperibili sull’argomento scelto, così come alla decisione del ricercatore di includere nella sua ricerca esclusivamente le fonti pubblicate in un periodo limitato. Per assicurarsi che una revisione della letteratura rifletta lo stato delle conoscenze scientifiche attuali, l’autore deve includere gli studi più recenti. Solitamente è da attendersi che la maggior parte della letteratura citata in una revisione della letteratura sia stata pubblicata entro 3-5 anni dalla data di conduzione dello studio. Durante il mio percorso di ricerca, mi sono accorta che nell’ambito in cui ho svolto la ricerca, la maggior parte degli articoli è stata scritta negli ultimi 10 anni e, quindi, se mi fossi limitata a ricercare testi degli ultimi 3-5 anni, il numero degli articoli a mia disposizione sarebbe stato molto ristretto. Una volta stabilita una strategia, ho cominciato una ricerca di fonti informative che mi sono servite per entrare nell’argomento scelto. La lettura del materiale raccolto mi ha aiutata a restringere l’area problematica generale prescelta e a trasformarla nell’attuale oggetto di ricerca: il problema della malnutrizione dovuto alla SLA e la presa a carico infermieristica. Inoltre, revisionare le fonti bibliografiche mi ha dato un’idea dell’entità e della tipologia degli studi e del contesto di conoscenze e di ricerca in cui mi sono collocata e mi ha aiutato a delineare il quadro teorico di riferimento, in cui ho individuato la fisiopatologia, i fattori di rischio, le cause e le complicanze della SLA e in particolar modo la malnutrizione dovuta ad essa. Dopo aver svolto una ricerca bibliografica utilizzando le risorse descritte è stato necessario selezionare ulteriormente le fonti. Il mio terzo passo è stato rappresentato dalla successiva determinazione e delimitazione del campo di studio tramite una lettura rapida del materiale già recuperato in formato elettronico o cartaceo. Ho letto
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attentamente titoli e abstract delle fonti reperite e, adottando uno sguardo critico, ho sintetizzato e messo in risalto i dati peculiari di ciascuno studio. A questo punto, dopo aver delineato l’argomento da trattare, sono passata al quarto passo ovvero recuperare e conservare degli articoli e delle altre fonti individuate al computer e in forma cartacea. Il mio quinto passo è stato, quindi, quello di definire un metodo di lettura critica nell’ottica di verificare e valutare la pertinenza di tutto il materiale consultato, scartare le fonti irrilevanti o inappropriate e selezionare gli articoli da utilizzare per la revisione della letteratura. Consultando vari libri di metodologia di ricerca, ho cercato delle scale (criteri) adeguate per valutare gli articoli e le fonti già conservate. Tra varie scale suggerite, ho scelto quella definita da Fain (2004), la Checklist di valutazione delle ricerche: una checklist che facilita la valutazione dei rapporti di ricerca. La checklist consiste in 8 categorie: titolo, abstract, problema, revisione della letteratura, metodo, analisi dei dati, discussione, forma e stile:
1. Titolo: verificare se il titolo è d’immediata comprensione. Appurare che sia chiaro e correlato chiaramente al contenuto.
2. Abstract: verificare se definisce in un modo chiaro il problema di ricerca, il metodo, una sintesi dei risultati e le conclusioni.
3. Problema: controllare che il problema generale dello studio sia chiaro e riportato subito all’inizio dello studio, che le domande di ricerca siano ben descritte, che le ipotesi siano formulate in modo preciso, che le variabili abbiano una definizione operativa, che la significatività del problema sia stata discussa e la ricerca giustificata. Inoltre, verificare se si possono identificare i limiti e le ipotesi inerenti alla tematica scelta.
4. Revisione della letteratura: accertare che la letteratura citata sia pertinente al problema di ricerca ed adeguata per la realizzazione dello studio. Appurare che esista una struttura concettuale o teorica e che gli studi siano esaminati in modo critico. La revisione della letteratura deve concludersi con una breve sintesi e con le implicazioni per il problema trattato.
5. Metodo: Analizzare i soggetti, gli strumenti e il disegno utilizzato per poi poter verificare che sia descritta la popolazione (il campione) dei soggetti in modo significativo e che si possano identificare possibili fonti di errori di campionamento; che siano descritti e giustificati i metodi di campionamento. Accertare che siano riportati i dati relativi all'affidabilità e alla validità degli strumenti nello studio corrente e che siano sufficientemente descritti i metodi di raccolta dati, tali da permettere un giudizio sulla loro adeguatezza. Per quanto riguarda il disegno metodologico bisogna appurare che esso sia appropriato per le domande di ricerca e/o le ipotesi e che siano previsti un gruppo di controllo e variabili confondenti.
6. Analisi dei dati: verificare che le informazioni presenti siano sufficienti per rispondere alle domande di ricerca e che siano riportati i test statistici con i relativi valori appropriati per le domande e le ipotesi di ricerca. Controllare che le tabelle e le figure siano rappresentate in modo comprensibile.
7. Discussione: verificare che le conclusioni siano riportate in modo chiaro, riflettendo sulle evidenze ritrovate e identificando e discutendo i problemi metodologici dello studio. I risultati emersi devono venir correlati in modo specifico con le basi concettuali e teoriche dello studio stesso, messi a confronto con quelli già esistenti in letteratura e generalizzati solo alla popolazione da cui è
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stato estratto il campione. Controllare che nelle conclusioni vengano discusse le implicazioni dei risultati e che siano presenti raccomandazioni per una futura ricerca.
8. Forma e stile: accertare che il rapporto sia scritto con chiarezza e organizzato in modo logico. Assodare che nella relazione ci si attenga ad un atteggiamento scientifico, imparziale e senza pregiudizi.
Nel sesto passo ho, quindi, cercato di applicare questa scala di valutazione e scartare le fonti irrilevanti o inappropriate. Quando la letteratura disponibile su uno specifico argomento è vasta, risulta utile raggruppare e riassumere le informazioni in una tabella (Polit e Beck 2014); quindi una volta scelti gli articoli che rispettavano i criteri sopracitati, ho cominciato a leggere criticamente ciascuna fonte e categorizzare i dati significativi in una tabella (il settimo passo). L’ottavo passo, consiste nel decidere come concretamente organizzare la revisione della letteratura con la stesura dell’indice (Sironi 2010). Per poter procedere alla conservazione e alla sintesi delle fonti rilevanti per il mio studio, questo passo era già stato attuato in precedenza. La nona fase del mio lavoro ha implicato la stesura della revisione della letteratura. Secondo Polit e Beck (2014) la parte centrale di una revisione della letteratura è costituita dalla sintesi critica e adeguatamente strutturata degli studi e dal loro confronto, per esporre lo stato attuale delle conoscenze su un argomento e non semplicemente descrivere l’opera dei ricercatori. Ogni studio preso in considerazione deve essere riassunto nei suoi aspetti principali riportati in pochi concetti, tutti sostenuti dalla bibliografia da cui derivano. Questa fase può rivelarsi impegnativa, soprattutto se le informazioni sono abbondanti e se vi è un limite di pagine. Alla fine del mio lavoro, ho ripreso i punti fondamentali della revisione della letteratura e li ho riassunti nelle conclusioni finali che comprendono anche le raccomandazioni per le ricerche future e per la pratica clinica e i limiti affrontati durante il lavoro (diecimo passo). Come undicesimo e ultimo passo, ho riletto il lavoro per assicurarmi di aver rispettato sempre un percorso logico, per cogliere gli errori di battitura, migliorare la forma togliendo parole superflue e verificare le citazioni bibliografiche.
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5. RISULTATI DELLA RICERCA Le evidenze scientifiche per far fronte alla malnutrizione possono essere elencate come segue: 5.1. Supporto nutrizionale e metabolico in pazienti con la SLA Nonostante i notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi patogenetici, la SLA rimane un mistero della medicina clinica. Le necessità dei pazienti affetti dalla SLA sono enormi e spesso non vengono adeguatamente soddisfatte a causa della mancanza di rimedi terapeutici efficaci ed di una insufficiente conoscenza del processo della malattia e della tragedia personale e sociale che essa rappresenta (Muscaritoli et al. 2012). Una cura globale della SLA implica un percorso complesso, impegnativo, multiprofessionale e multidisciplinare, finalizzato a soddisfare nel limite del possibile le esigenze del paziente nel corso della malattia. In questo contesto, il monitoraggio e il supporto nutrizionale e metabolico svolgono un ruolo primario e devono essere attuati al momento della diagnosi della malattia. I pazienti con la SLA dovrebbero seguire un percorso parallelo di cura metabolica-nutrizionale. I dati clinici e sperimentali suggeriscono che la ricerca futura dovrebbe muoversi verso l'individuazione di protocolli nutrizionali specializzati per la SLA. Un approccio nutrizionale che consiste nella prescrizione di nutrienti specifici in quantità adeguate potrebbe incidere positivamente sulla qualità della vita, la progressione della malattia e la risposta alle terapie farmacologiche (Muscaritoli et al. 2012). La valutazione neurologica e nutrizionale periodica rappresenta il primo passo nella presa a carico nutrizionale dei pazienti affetti dalla SLA e può contribuire a migliorare la loro qualità di vita. All'inizio la valutazione nutrizionale, risulta obbligatoria per ottimizzare i tempi e le modalità dell’intervento nutrizionale, In effetti, deve essere eseguita appena la malattia viene diagnosticata (Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012). La terapia nutrizionale applicata alla SLA si prefigge di soddisfare i bisogni nutrizionali per tutte le fasi di progressione della malattia, ridurre il catabolismo proteico, garantire l'alimentazione orale e indicare un supporto nutrizionale precoce. Inoltre, il trattamento dietetico viene applicato per facilitare la deglutizione, ottimizzare l’apporto nutrizionale e ridurre il rischio di aspirazione (Salvioni et al. 2014). 5.2. Multidisciplinarietà Un approccio multidisciplinare, oltre a ottimizzare i servizi diagnostici e gestionali e migliorare la qualità delle cure, è fondamentale per impostare un piano adeguato e per garantire un supporto metabolico e nutrizionale adeguato (Andersen et al. 2012; Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010). Un team multidisciplinare della presa a carico della SLA dovrebbe essere composto da: neurologo, pneumologo, gastroenterologo, personale infermieristico, fisioterapista, assistente sociale, ergoterapista, logopedista, infermiere specializzato, dietista, psicologo, dentista e un’équipe di cure palliative. Questi membri del team lavorano insieme per mantenere la massima qualità di vita possibile per il paziente con la SLA. I pazienti devono essere vistati dalla squadra interdisciplinare ogni 2-3 mesi, secondo la fase della malattia e la progressione (Greenwood 2013).
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5.3. Terapia della disfagia L’intervento nutrizionale in presenza di disfagia deve essere finalizzato a impedire la malnutrizione conseguente alla riduzione degli ab ingestis e ridurre il rischio di aspirazione (Muscaritoli et al. 2012). La gestione iniziale della disfagia nei pazienti con la SLA si basa sul monitoraggio del grado di compromissione della deglutizione durante la progressione della malattia (Muscaritoli et al. 2012). Il trattamento si basa sull’adattamento della consistenza, della viscosità, della temperatura, della presentazione del cibo, delle posture particolari (ad esempio Chin-tuck: flettendo il collo in avanti alla deglutizione per proteggere le vie respiratorie) e dell'alimentazione parenterale, nell’ottica di facilitare la deglutizione, ottimizzare l’apporto nutrizionale, ridurre il rischio di aspirazione ed evitare episodi di soffocamento (Phukan e Hardiman 2009; Salvioni et al. 2014). La viscosità del cibo e la sua consistenza devono essere correlati al grado di disfagia presentata. La consistenza morbida, semisolida o stati semiliquidi rendono più facile la deglutizione. L'uso di liquidi più densi, alimenti semisolidi con un alto contenuto di acqua, può aiutare a diminuire il rischio di aspirazione (Muscaritoli et al. 2012). I pazienti che richiedono modifiche nella consistenza del cibo devono ricevere il monitoraggio nutrizionale e clinico ed eventuali integrazioni alimentari, affinché il cibo assunto quotidianamente possa essere qualitativamente e quantitativamente sufficiente per soddisfare i bisogni di questi pazienti (Salvioni et al. 2014). Nel trattamento della disfagia è molto importante coinvolgere tempestivamente un logopedista (Sathasivam 2009). Se questi interventi non possono garantire una corretta assunzione di liquidi e nutrienti, la nutrizione artificiale diventa indispensabile (Muscaritoli et al. 2012). 5.4. Terapia della scialorrea La scialorrea (eccessiva salivazione e secrezioni sierose) è il sintomo più comune tra i pazienti con la SLA, deriva dalla stimolazione colinergica e beta-adrenergica e dall’incapacità di deglutire la saliva correttamente. Crea il rischio di bronco-aspirazione e provoca imbarazzo sociale (Andersen 2012; Sathasivam 2009); questa influenza direttamente la possibilità di alimentarsi, quindi, la sua gestione può migliorare la qualità della alimentazione. Le opzioni di trattamento comprendono: la terapia farmacologica con i broncodilatatori anticolinergici come Amitriptilina per via orale o Atropina gocce per via sublinguale, oppure Hyoscine (Buscopan) per via sotto cutanea. Gli agenti mucolitici (Carbocisteine) possono aiutare i pazienti a liberarsi dalle secrezioni della gola e facilitare la deglutizione della saliva (Andersen 2012; Sathasivam 2009). Gli antidepressivi triciclici sono una scelta farmacologica alternativa: la giusta combinazione diminuisce il rischio di bronco-aspirazione (Greenwood 2013) e l’iniezione della tossina botulinica nelle ghiandole salivari riduce la salivazione eccessiva in pazienti con scialorrea resistente. Un'altra opzione è l’irradiazione esterna delle ghiandole salivari (Andersen 2012; Greenwood 2013; Sathasivam 2009). Interventi chirurgici non sono raccomandati poiché possono causare effetti collaterali come l’aumento della secrezione di muco denso (Andersen 2012; Sathasivam 2009). Evitare cibi dolci e amari, così come il mantenimento di un'adeguata idratazione, può ugualmente aiutare nella gestione della scialorrea. Un terapista occupazionale (ergoterapista) può suggerire opportune posate adattabili a promuovere un'alimentazione autonoma per il tempo più lungo possibile (Greenwood 2013).
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5.5. Terapia dell’ansia e della depressione Secondo Miller et al. (2009), la prevalenza della depressione nella SLA varia dallo 0% al 44% e in particolar modo è presente in circa il 10% dei soggetti nella fase avanzata Vi è consenso tra gli autori che nei pazienti affetti dalla SLA, per migliorare lo stato nutrizionale, la depressione e l’ansia devono essere trattate. Come affermano anche Andersen et al. (2012), la depressione e l’ansia sono frequenti nei pazienti affetti dalla SLA e coloro che se ne prendono cura. L'ansia è particolarmente diffusa durante la fase diagnostica e quella terminale. Non sono stati condotti studi formali sull’uso degli antidepressivi nei pazienti con la SLA, ma empiricamente gli antidepressivi triciclici (ad esempio Amitriptilina) oppure SSRIs come Escitalopram possono essere efficaci. Mirtazapine può essere più tollerabile nelle fasi avanzate della malattia rispetto a SSRI o Amitriptilina. La scelta dipende anche dai sintomi secondari (es. scialorrea, insonnia, apatia, perdita di appetito), che vengono influenzati dai vari antidepressivi. Non ci sono studi sistematici sugli ansiolitici nella SLA. Alcuni antidepressivi, come Escitalopram, esercitano anche degli effetti contro l’ansia, per la cura della quale possono essere necessari Diazepame per via orale o Lorazepam per via sublinguale (Andersen et al. 2012). 5.6. Dieta ipercalorica Com’è stato già accennato, i pazienti con la SLA presentano un aumento dei fabbisogni nutritivi. Dall’altra parte però, sono segnalati per consumare il 15-16% in meno di calorie rispetto a quanto raccomandato. Dal momento in cui l'alimentazione inadeguata e la perdita di peso contribuiscono negativamente alla malattia, si raccomanda che i pazienti consumino calorie in eccesso rispetto ai loro effettivi fabbisogni quotidiani (Ngo, Steyn, e McCombe 2014). Diete ipercaloriche possono aiutare a ritardare la progressione della malattia; in particolar modo quella ricca di grassi, ha un effetto positivo sul decorso della malattia (Muscaritoli 2012). 5.7. Nutrizione enterale (EN): Gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) e Gastrostomia percutanea radiologica (RIG) La nutrizione enterale (EN) è attualmente il metodo standard di cura per i pazienti malnutriti con la SLA che necessitano di nutrizione artificiale. Gli scopi di utilizzo di un tubo di alimentazione enterale nei pazienti con la SLA sono quelli di ridurre la disidratazione, migliorare la malnutrizione in uno stato di ipermetabolismo, stabilizzare il peso e diminuire la perdita di peso – che (di per sé,) può contribuire ad una sopravvivenza prolungata –, migliorare significativamente la BMI, ridurre lo stress del paziente e della famiglia e migliorare la qualità della vita (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). Un tubo gastrostomico è tipicamente inserito utilizzando due metodi, la scelta dei quali dipende dalle condizioni del paziente (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). La gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) è l'accesso enterale più appropriato e comunemente usato per medio e lungo termine nei pazienti con la SLA che presentano sintomi bulbari minori e senza debolezza muscolare respiratoria significativa, definita con una capacità vitale forzata (FVC) minore del 50% rispetto ai
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valori previsti e con una perdita di peso più del 10% del loro peso corporeo. Essa è gestibile anche a domicilio (Muscaritoli et al. 2012). La posa di una PEG richiede una sedazione moderata, l'uso di un endoscopio e un’ospedalizzazione per un massimo di 5 giorni dopo la procedura (Muscaritoli et al. 2012). Indicazioni supplementari per il posizionamento di un tubo gastrostomico includono (Muscaritoli et al. 2012) : • la compromissione dell'assunzione orale a causa di stanchezza e scialorrea, • la presenza di reflusso gastroesofageo e il rischio di aspirazione e polmonite, • la disidratazione, • i sintomi bulbari, • la disfagia significativa con evidenza di aspirazione, • il declino dello stato respiratorio: una valutazione accurata della funzione respiratoria è essenziale prima di pianificare una PEG. L’utilizzo della PEG non è raccomandato nei pazienti con una capacità vitale forzata inferiore al 50% (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). L’efficacia di una PEG sembra essere significativamente dipendente dall'intervallo tra la diagnosi della SLA e l’introduzione della PEG e dalla presentazione clinica e la conseguente evoluzione della malattia. Nei pazienti sottoposti alla PEG all'inizio della malattia, la sopravvivenza è aumentata da 6 a 24 mesi, molto probabilmente a causa del miglioramento del loro stato nutrizionale. Tuttavia, la sopravvivenza media è molto più bassa nei pazienti con insorgenza bulbare rispetto a quelli con insorgenza a livello degli arti. Inoltre, l'intervallo tra la comparsa della malattia e l’introduzione della nutrizione artificiale è più breve nei pazienti con insorgenza bulbare che in quelli con insorgenza spinale o pseudobulbare. Dunque, è la rapida progressione di alcune forme della SLA che determina un posizionamento precoce della PEG. In queste forme con una rapida evoluzione, la morte avviene precocemente nonostante un adeguato supporto nutrizionale e l’introduzione della PEG, mentre nelle forme con un’insorgenza non bulbare un supporto precoce e adeguato con la PEG potrà influire positivamente sulla morbosità, sulla mortalità e sulla qualità della vita (Muscaritoli et al. 2012). Una valida alternativa alla PEG è rappresentata dalla Gastrostomia percutanea radiologica (RIG), la quale viene eseguita attraverso un accesso percutaneo con guida fluoroscopica e anestesia locale ed è associata ad un basso tasso di complicanze e un alto tasso di successo tecnico. Il grande vantaggio della RIG è la sicurezza nel posizionamento anche per i pazienti con una significativa compromissione respiratoria. Può essere il metodo più appropriato per il posizionamento del tubo di alimentazione enterale in pazienti con FVC <50%, perché richiede l'anestesia locale e non generale. Gli svantaggi della RIG sono il rischio di ostruzione – a causa del suo piccolo diametro – e di dislocazione del tubo. Confrontata l'efficacia della RIG con quella della PEG, non risultano differenze significative nelle complicazioni o nei tassi di sopravvivenza (Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012). Alcuni ricercatori hanno concluso che la RIG sia più sicura della PEG, soprattutto se un paziente ha sofferto di un’insufficienza respiratoria moderata o grave (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). La mancanza di prove definitive che mostrino un miglioramento della qualità della vita e/o un prolungamento della sopravvivenza nella popolazione con la SLA dopo l’inserzione del tubo crea un dilemma rispetto alla decisione di procedere al trattamento
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con il tubo gastrostomico (Braun, Osecheck, e Joyce 2012). Un altro dilemma che i pazienti, i loro assistenti e i medici devono affrontare è: quando acconsentire al tubo di alimentazione? Tutti i pazienti con la SLA devono essere valutati dal neurologo, da esperti di cure palliative e respiratorie e da squadre dietetiche prima dell’introduzione della nutrizione enterale (Rio et al. 2010). Per alcuni pazienti, il tempo di una decisione per quanto riguarda la nutrizione enterale può arrivare prima di quanto ci si aspetti. Il team multidisciplinare deve, quindi, avviare la discussione sulla nutrizione enterale alla prima occasione per preparare il paziente all’evento. Le informazioni date al paziente devono comprendere i benefici, i rischi e il potenziale impatto per la qualità della vita (Rio et al. 2010). Prima di posizionare un tubo alimentare, di qualsiasi tipo, i pazienti ed i loro curatori richiedono l'educazione sulla gestione quotidiana del sistema (Greenwood 2013). 5.8. Nutrizione con Sonda Nasogastrica (SNG)
La nutrizione tramite SNG rappresenta un’alternativa affidabile alla la nutrizione enterale (EN) solamente quando quest’ultima è controindicata o addirittura impossibile (Corcia e Meininger 2008). Le controindicazioni della EN sono: la mancanza di accesso al tratto gastrointestinale con disfagia, la debolezza diaframmatica in cui lo stomaco si trova sotto le costole, condizioni come il malassorbimento, le alterazioni della motilità, il dolore addominale e le fistole entero-cutanee; perciò vengono utilizzate sonde naso gastriche (Greenwood 2013). Per i pazienti con grave insufficienza respiratoria, la scelta di un supporto nutrizionale è limitata: la SNG offre una soluzione alternativa promettente. Nei pazienti con la SNG sono stati riscontrati un miglioramento nella perdita di peso, la diminuzione dell’anoressia e il miglioramento o la stabilizzazione della qualità di vita (Verschueren et al. 2009). Il sondino nasogastrico è indicato come supporto nutrizionale a breve termine a causa sia dell'alto rischio di aspirazione sia della sua natura scomoda e imbarazzante in quanto aumenta le secrezioni orofaringee e può causare disagio o addirittura ulcerazioni nasofaringeo (Greenwood 2013). Nei pazienti trattati con la SNG esistono delle complicanze come infezioni, emorragie e peritoniti che a volte possono essere letali (Greenwood 2013). Una volta stabilita la SNG, l’alimentazione per via orale può essere mantenuta per migliorare la qualità della vita quando non vi è alcun rischio di aspirazione (Phukan e Hardiman 2009). 5.9. Formula della nutrizione artificiale A differenza di altre malattie acute e croniche, una formula nutrizionale enterale specifica per i pazienti con la SLA non è ancora disponibile e non esistono linee guida per il supporto nutrizionale artificiale (Muscaritoli et al. 2012). È stato ipotizzato che una formula enterale specifica ideale per la popolazione con la SLA deve includere (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012): 1) un’alta densità calorica per abbreviare i tempi d’infusione ed evitare un sovraccarico di liquidi (con 1,5 o più calorie per millilitro); 2) un aumento dei lipidi e una diminuzione dei carboidrati contenuti per ridurre al minimo la produzione di anidride carbonica e rallentare la progressione della malattia; 3) una quantità elevata di acidi grassi per le loro proprietà anti-infiammatorie e poter quindi controllare lo stato infiammatorio; 4) un contenuto di ferro limitato per prevenire il sovraccarico di ferro;
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5) un elevato contenuto di antiossidanti per contrastare un eventuale danno ossidativo; 6) fibre per prevenire stitichezza. L'uso di formule arricchita con fibre può aiutare a prevenire la stipsi, ma queste formule spesso richiedono liquidi aggiunti. Ne consegue un volume del fluido troppo elevato rispetto alle effettive esigenze di fluidi giornalieri dei soggetti. Inoltre, a causa delle complesse alterazioni metaboliche dovute alla SLA, una formula ricca di fibre non può costituire un adeguato fabbisogno calorico ed essere sufficiente a ottenere un metabolismo ottimale in questa popolazione ipermetabolica (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). Com’è già accennato, una formula enterale con le suddette caratteristiche non è attualmente disponibile sul mercato: vengono utilizzate le formule per le lesioni polmonari acute e / o l’insufficienza respiratoria acuta che sono ricche di grassi omega-3 e di vitamine antiossidanti come C e E (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). Studi clinici controllati sono attualmente in corso e perseguono l’obiettivo di valutare se questo tipo di alimentazione speciale possa migliorare la funzione respiratoria dei pazienti, ritardare l'uso della ventilazione assistita e rallentare la progressione della malattia riducendo lo stress ossidativo delle cellule e diminuendo il danno neuronale (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). 6. DISCUSSIONE DEI RISULTATI Uno degli obiettivi principali posti prima di iniziare a redigere questo scritto è quello di individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA. I risultati della ricerca sottolineano che lo stato nutrizionale nei pazienti con la SLA gioca un ruolo importante in rapporto alla loro aspettativa e qualità di vita e evidenziano l’importanza di un monitoraggio costante e di supporti nutrizionali e metabolici precoci in concomitanza con altre cure necessarie. Le evidenze scientifiche hanno individuato alcune strategie a livello generale per trattare questa complicanza:
• Attuazione di misure efficaci per il trattamento della disfagia: ad esempio adattare la consistenza, la viscosità, la temperatura e la presentazione del cibo e educare il paziente ad assumere posture che facilitano l’assunzione del cibo (Muscaritoli et al. 2012; Sathasivam 2009).
• La cura della scialorrea tramite una terapia farmacologica o chirurgica favorisce la qualità dell’alimentazione (Andersen 2012; Sathasivam 2009).
• Il trattamento farmacologico dell’ansia e della depressione migliora significativamente lo stato nutrizionale (Andersen et al. 2012).
• L’utilizzo di una dieta ipercalorica aiuta ad affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA (Muscaritoli et al. 2012).
Nel caso in cui la messa in atto di queste strategie non riesca ad alleviare il problema della malnutrizione, si prende in considerazione:
• L’introduzione della nutrizione artificiale che implica tecniche invasive come la posa della nutrizione enterale (PEG o RIG) che in generale si utilizzano quando un paziente non è in grado di nutrirsi e idratarsi per via naturale, nel caso di un rischio elevato di aspirazione e quando si verificano una perdita importante di peso e un stato di malnutrizione. La RIG è più consigliata nei casi in cui esiste una compromissione respiratoria importante poiché non richiede un’anestesia
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generale (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). • L’utilizzo della Sonda Nasogastrica quando la posa di una nutrizione enterale è
controindicata e aiuta in egual modo a stabilizzare la perdita di peso, migliorare la qualità di vita e i tassi di sopravvivenza. È, però, un metodo utilizzabile a breve termine poiché crea delle complicazioni come ulcerazioni, infezioni importanti, scomodità e imbarazzo sociale (Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012).
• La scelta di una dieta adeguata dopo l’introduzione della nutrizione artificiale (SNG o EN), che soddisfi il fabbisogno calorico e mantenga un metabolismo ottimale nei pazienti, è molto importante. Gli studi suggeriscono che la formula ideale sia ricca di lipidi, di acidi grassi, di fibre anti ossidanti, con poco contenuto di carboidrati e di ferro. Attualmente però, tale formula non è disponibile sul mercato e vi sono quindi degli studi in corso per esaminare e trovarne una che sia efficace e utilizzabile a livello clinico. Le diete enterali polimeriche standard che si applicano di routine nella realtà clinica per i pazienti con la SLA sono le stesse di quelle utilizzate per i problemi respiratori acuti: ricche di grassi omega-3, di vitamine C e E e che forniscono 25 a 30 kcal / kg al giorno (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012).
• Tutte le strategie descritte risultano efficaci se praticate all’interno di un team interdisciplinare composto da tutte quelle figure professionali – il personale medico infermieristico, il dietista, il logopedista, il fisioterapista ed l’ergoterapista – che giocano un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella pratica degli interventi per affrontare la malnutrizione (Andersen et al. 2012; Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010).
Non sono stati trovati risultati che indichino la priorità e l’importanza di una strategia rispetto ad altre.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo del lavoro, ovvero individuare delle strategie infermieristiche per favorire la nutrizione nei pazienti affetti dalla SLA, sono state trovate poche evidenze scientifiche che parlano di strategie infermieristiche nello specifico.
Nella letteratura vengono nominate più frequentemente altre figure professionali (fisioterapista, logopedista, dietista e ergoterapista) (Andersen et al. 2012; Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010), ma è possibile evincere il ruolo infermieristico descrivendolo secondo il profilo di competenza SUPSI. In particolare possono essere sottolineati:
Ruolo di membro di un gruppo di lavoro: L’infermiere ha il compito, come membro di un gruppo di lavoro, di accompagnare l’equipe interdisciplinare, coordinare e sostenere i collaboratori del team, insieme ai quali mettono in atto le strategie sopracitate per prevenire o affrontare la malnutrizione (Greenwood 2013). Ruolo di esperto in cure infermieristiche: È indispensabile nella presa a carico della malnutrizione, poiché gli infermieri sono responsabili delle relative decisioni e delle valutazioni multidimensionali continue riguardo ai bisogni del paziente. Dato che la valutazione neurologica e nutrizionale precoce e periodica rappresenta un aspetto essenziale nella presa a carico nutrizionale dei pazienti affetti dalla SLA, l’infermiere ha un ruolo principale in questo percorso, valutando costantemente lo stato nutrizionale dei pazienti, documentando efficientemente tutti i dati rilevanti e
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condividendoli con l’equipe multidisciplinare. Inoltre ha un ruolo nella gestione della nutrizione artificiale (PEG, RIG, SNG). Ruolo di promotore della salute (Health Advocate): La decisione di introdurre una nutrizione enterale comporta l’attenta valutazione della volontà del paziente, della sua situazione globale e della sua prognosi. La decisione definitiva, tenendo conto dei potenziali rischi e delle possibili complicazioni, viene quindi presa con il paziente e con le persone di riferimento. Gli infermieri stabiliscono relazioni professionali di fiducia con il paziente e con le persone di riferimento, riconoscono e accolgono i loro bisogni, le preoccupazioni e i dubbi riguardo tale provvedimento e trasmettono informazioni in maniera mirata per aiutarli nel processo decisionale preparandoli emotivamente all’evento e cercando così di facilitare l’accettazione di questo cambiamento. Infine, quali promotori della salute, gli infermieri si basano sulle proprie conoscenze di esperti al fine di educare accuratamente il paziente e i famigliari all’importanza, all’utilizzo e alla gestione pratica extra ospedaliera del sistema di nutrizione enterale o parenterale, nell’ottica di promuovere la sua qualità di vita e di prevenire eventuali complicanze che ostacolino l’aumento del tasso di sopravvivenza. Ruolo di apprendente e insegnante: In qualità di apprendisti, gli infermieri si impegnano nell’ampliamento delle proprie conoscenze basandosi sulle evidenze scientifiche e aggiornate: è, infatti, auspicabile che l’infermiere impari e si aggiorni continuamente per quanto riguarda gli ausili e le pratiche tecnici di gestione dei sistemi della nutrizione enterale o parenterale valutando costantemente la loro efficacia, qualità e funzionamento, specialmente nel contesto ospedaliero.
Questa revisione presenta alcuni limiti: siccome la SLA è una delle malattie più sconcertanti in medicina in termini di comprensione della sua patogenesi e sia la malattia di per sé che la malnutrizione ad essa correlata sono temi ancora oscuri e poco esplorati a livello scientifico, esistono pochi articoli primari inerenti alla domanda di ricerca. Le fonti disponibili nelle banche dati e nelle riviste scientifiche riguardanti il tema del lavoro sono in gran parte fonti secondarie. Dal momento che la maggior parte degli articoli è stata scritta negli ultimi dieci anni, è stato opportuno estendere il campo di ricerca a questo arco di tempo per arrivare a un numero sufficiente di articoli. Per l’indagine, in considerazione dell’importanza degli articoli, si è scelto di considerare anche le revisioni di letteratura. Un altro limite del lavoro è stato la mancanza di dati statistici locali affidabili (della Svizzera e del Ticino). Attraverso questo lavoro di ricerca, ci si rende conto che l’infermiere può ricoprire diversi ruoli nell’ambito della gestione della malnutrizione dei pazienti affetti dalla SLA. Purtroppo però non sono state trovate vere e proprie strategie infermieristiche al riguardo, questo aspetto rappresenta un’area grigia e un possibile terreno di future ricerche. È importante, quindi, sviluppare la ricerca sulle competenze infermieristiche per permettere di migliorare la presa a carico della malnutrizione correlata alla SLA. Inoltre, diversi studi hanno rilevato che non vi sono dei protocolli affidabili nella prevenzione e presa a carico della malnutrizione, così come nella scelta di una formula nutrizionale efficace (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). Anche questo ultimo punto rappresenta un’area molto importante dove effettuare ulteriore ricerche.
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Ritengo che sia importante continuare con la sensibilizzazione di tutto il personale curante (infermieri, logopedisti, ergoterapisti, dietisti, ecc.) in merito al riconoscimento della malnutrizione e sull’importanza della sua valutazione di essa in quanto importante complicanza che va ad influenzare l’indice prognostico e la qualità di vita del paziente e delle persone curanti. 7. CONCLUSIONE Alla luce di quanto emerso nei capitoli precedenti, ho potuto appurare quanto lo stato nutrizionale sia importante nei pazienti colpiti dalla SLA: si possono verificare, infatti, perdita di peso corporeo con riduzione della massa grassa e muscolare corporea e altri sintomi che impediscono una nutrizione adeguata. Può quindi svilupparsi uno stato di malnutrizione, una delle complicanze che influenza fortemente la progressione e i tassi di sopravvivenza della malattia; inoltre, peggiora la qualità di vita dei pazienti e delle persone di riferimento. Con la redazione della tesi, mi sono resa conto che esistono delle strategie per affrontare tale complicanza che migliorano la qualità di vita e l’indice prognostico, e che gli infermieri possono avere un ruolo importante al riguardo. Alla fine di questo lavoro di Bachelor, sono molto soddisfatta di aver avuto l’occasione di approfondire un tema che mi affascina e scoprire alcuni lati oscuri di una malattia neurologica devastante e misteriosa come la SLA. Tramite questa ricerca è stato verificato ciò che avevo notato durante il mio stage in neurologia, ovvero una vera e propria mancanza di protocolli per quanto riguarda la presa a carico infermieristica dei pazienti con la SLA, sia a livello teorico sia nella realtà clinica regionale. Questo lavoro mi ha consentito di rilevare l’importanza e la necessità di creare un protocollo standardizzato a questo proposito. Sarebbe interessante poter far visionare la mia tesi al personale specializzato clinico del reparto di neurologia dell’Ospedale Regionale Civico, in modo da poter prendere spunto da ciò che è emerso e poter introdurre dei protocolli applicabili o migliorare quelli esistenti, in particolare nell’ambito della malnutrizione e dell’infermieristica. Spero che questa esperienza potrà permettermi in futuro, attraverso una ricerca più specifica e approfondita, di sviluppare altre problematiche e complicanze riguardanti la malattia in questione. La stesura della revisione di letteratura riguardo alla tematica prescelta, è stata un’opportunità di migliorare le mie capacità di ricerca nelle banche dati, di pianificazione del lavoro, di seguire una metodologia e di rispettare determinate tempistiche. Grazie alla lettura approfondita della letteratura scientifica, ho potuto sviluppare una visione critica a riguardo. Saper utilizzare le banche dati tornerà senz'altro utile nel mio lavoro professionale poiché sono fonte di materiale affidabile e pertinente a cui poter attingere per mantenersi aggiornati, per risolvere dubbi e su cui basare l’assistenza specifica. Svolgere questo scritto è stata un’esperienza molto utile anche per il mio interesse professionale ovvero continuare i miei studi nell’ambito della ricerca, nella quale sono sicura di poter utilizzare le conoscenze acquisite in questo periodo di lavoro. Per concludere ci tengo a dire che, nonostante alcune difficoltà che ogni tanto ho riscontrato nello svolgere il mio lavoro di tesi, ora sono pienamente soddisfatta di aver potuto vivere questa esperienza.
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8. RINGRAZIAMENTI Alla fine del mio Lavoro di Bachelor vorrei ringraziare, in primo luogo, la mia direttrice di tesi, Laura Canduci, per la sua disponibilità, la pazienza e per avermi accompagnata passo per passo in questo lungo percorso. Sono grata alla mia cara amica Leila B. per avermi dedicato il suo tempo e fornito un prezioso aiuto per correggere il mio lavoro. Un grazie di cuore a mio marito Majid per aver sopportato tutte le mie assenze a casa e i miei sbalzi d’umore durante gli anni di formazione. Infine, ringrazio i miei amici di scuola e la mia famiglia per avermi sempre incoraggiata ad andare avanti.
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10. INDICE DELLE FIGURE Figura 1: I tratti discendenti del midollo spinale …………………………………...............4
Bear, F. M, B. W. Connors, e M. A. Paradiso. 1999. Neuroscienza, esplorando il cervello. Tradotto da Gianluca Campana. Milano: Masson.
Figura 2: Breve descrizione dei tratti spinali discendenti e della loro origin…......….......5
Bear, F. M., B. W. Connors, e M. A. Paradiso. 1999. Neuroscienza, esplorando il cervello. Tradotto da Gianluca Campana. Milano: Masson.
Figura 3: Rappresentazione schematica del ciclo vizioso che collega la malnutrizione, l'infiammazione e la sarcopenia nella sclerosi laterale amiotrofica………………………………..…………………………………………...............21
Muscaritoli, M., I. Kushta, A. Molfino, M. Inghilleri, M. Sabatelli, e F. Rossi Fanelli. 2012. “Nutritional and metabolic support in patients with amyotrophic lateral sclerosis.” Nutrition 28:959-966.
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Lavoro di tesi approvato in data: ………………………………………