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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Facoltà di Psicologia
Corso di Laurea Magistrale in Psicologia (classe LM-51)Curriculum in Psicologia Sperimentale (LM-SP)
DEFINIZIONE E CONFRONTOTRA
PSICOANALISI E PSICOSINTESI
CORSO DI STORIA DELLA PSICOLOGIA E DEI SISTEMI P ROF . DUCCIO V ANNI
T ESINA DI : N ICOLA C ORTI
M ATR. N . 4964145
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A NNO ACCADEMICO 2010-2011
LA PSIOCOANALISI DI SIGMUND FREUD(Freiberg, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939)
Fig.1 Fig.2
Agli inizi del’900 Sigmund Freud ha dato origine alla psicoanalisi. Questa ha contribuito a creare da
allora fino a tutt’oggi una nuova visione dell’uomo, della società e della cultura. L’originalità di questa
teoria globale dell’essere uomano ha suscitato fin dall’inizio un distacco dalle altre grandi scuole di
psicologia. Freud nasce nel 1856, a Freiberg (Cecoslovacchia), in una famiglia ebraica e trascorre
l'infanzia e la giovinezza a Vienna sotto l’impero Austro Ungarico prossimo alla decadenza. Qui si
iscrive alla facoltà di Medicina, dove si laurea nel 1881 in fisiologia, poi nel 1885 si specializza in
neurologia. In quegli anni vi era una profonda crisi e forti spinte a cambiamenti e rivoluzioni culturali
soprattutto nell’arte e nella cultura in genere. In particolar modo nei movimenti intellettuali e nella
letteratura vi fu un rinnovato interesse per la psiche per l’inconscio. Freud riuscì a soddisfare questeistanze, interpretando mirabilmente ed in modo originale i fermenti di questa cultura del dubbio, del
“sospetto” e della crisi. Spesso in contrasto con le vecchie concezioni, egli rappresentò una psicologia
dove ciò che era considerato normale e ciò che era considerato patologico, non era più definibile con
criteri riduttivi e semplicistici, ma solo attraverso una profonda analisi a carattere dinamico. Freud
aveva una solida formazione bio-medica, per la sua epoca, che utilizzò come impostazione concettuale
almeno fino al 1895 nel cercare di fornire un modello neuronale dei processi psichici. Dedicatosi dal
1886 alla professione privata come specialista in malattie nervose, Freud si trovò presto ad affrontare
casi patologici in cui l’organico e lo psichico risultavano l’uno contiguo dell’altro. Con Charcot a
Parigi (1885-86) osservò numerosi casi di isteria dove era evidente una relazione tra casualità psichica
e sintomatologia patologica. Freud e J.Breuer descrissero il famoso caso d’isteria di Anna O. Breuer
attraverso sedute con ipnosi riusciva a liberare la paziente dai propri turbamenti di coscienza, quandoriusciva ad indurla a ricordare, esprimere e verbalizzare quelle fantasie affettive o situazioni
traumatiche che la dominavano e la turbavano e che erano la causa lontana della sua isteria. Questo
processo fu chiamato metodo catartico, ma Freud se ne distaccò in quanto non permetteva di risolvere
le resistenze interne del paziente a ricordare coscientemente il proprio trauma, infatti il paziente
rimuoveva intenzionalmente dal suo cosciente quello che voleva dimenticare. Dopo l’abbandono del
metodo catartico Freud utilizzò il metodo delle associazioni libere. Freud arrivò a sostenere che la
causa dell’isteria erano traumi sessuali subiti nell’infanzia, spesso tentativi di seduzione da parte di
adulti. In seguito specificò che questi traumi sessuali potevano anche essere non realmente accaduti,
ma vissuti nella fantasia del paziente. Freud asserì l’esistenza di una “realtà psichica” (un modo
soggettivo di rappresentare la realtà, i ricordi, le esperienze, le fantasie) diversa dalla “realtà effettiva”.
Ciò che rappresentiamo nella psiche, non sono fatti reali, ma ricostruzioni di fatti o di fantasie che possono non essere mai accaduti. Dopo il 1897 Freud sviluppò ulteriormente le sue teorie attraverso
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una profonda autoanalisi in particolare sui suoi sogni. Di questo periodo è la scoperta del complesso di Edipo (odio per il genitore dello stesso sesso e amore nei confronti del genitore del sesso opposto),
dinamica vissuta dal bambino durante lo sviluppo psichico e necessaria (se correttamente risolta) per
raggiungere un equilibrio psichico in età adulta. Con la pubblicazione del libro “ Interpretazione dei
sogni” (1900) si arriva ad una prima formulazione sistematica della psicanalisi freudiana. Questo libro
viene da molti considerato l’atto di nascita della psicoanalisi, in esso Freud riassume criticamente laletteratura precedente in materia d’interpretazione dei sogni e loro natura ed evidenzia il fatto che i
sogni sono espressione (spesso apparentemente senza senso) di contenuti inconsci latenti. Il desiderio
nascosto e censurato trova un appagamento in forma mascherata, deformata ed alternativa (anche se
irreale) attraverso il sogno. Da poco prima del ‘900 ai primi anni ’20, Freud elaborò una teoria
generale della psiche e propose un modello terapeutico dei disturbi psichici attraverso molte opere e
pubblicazioni dedicate ai fenomeni osservati nella vita psichica normale e patologica, soprattutto
rispetto a fenomeni come dimenticanze, lapsus e atti mancati. La psicoanalisi, per Freud, era una teoria
complessa della psiche che cercava di ricondurre a pochi concetti, vari fenomeni, una metodologia
d’indagine della psiche ed una tecnica terapeutica per il trattamento dei disturbi nevrotici. Ad esempio
Freud rifiutò l’idea di Breuer secondo la quale l’origine dei sintomi isterici era in un blocco dei
processi psichici, poi convertito in fenomeni somatici e introdusse il concetto di “meccanismi didifesa”, in sostanza sostituì un concetto di semplice conversione da energia psichica patologica a
somatizzazione con un concetto più articolato e più complesso della dinamica interna alla psiche con
sotto-sistemi interattivi. Nella teoria elaborata fino al 1920 circa, Freud collocava la dinamica degli
affetti all’interno di un “apparato psichico” diviso in regioni, “parti” della mente che si trovano in
relazione tra di loro e sono l’inconscio, il preconscio e il conscio, questa strutturazione viene chiamata
1° Topica. Viene utilizzata la metafora dell’iceberg: l’inconscio è la parte subacquea che sostiene la
parte più superficiale (il conscio), ma non è visibile e per questo motivo può provocare gravi
“incidenti”. L’inconscio è l’insieme delle pulsioni di cui dispone ogni individuo e a pensieri e
sentimenti inconsci sconosciuti e non immediatamente accessibili alla coscienza. Il preconscio è la
linea di galleggiamento dell’iceberg, la linea di demarcazione tra conscio e inconscio. Può diventareconscio senza essere ostacolato dalla coscienza attraverso la formazione d’immagini mentali o con il
collegamento del linguaggio. Il conscio è quando una persona è consapevole in un determinato
momento, sono pensieri, emozioni e sentimenti presenti nell’individuo sui quali si agisce
volontariamente. Queste tre “zone” (inconscio, preconscio e conscio) subiscono modifiche durante lo
sviluppo. La mente di un bambino piccolo è quasi tutta inconscia: con lo sviluppo, preconscio e
conscio si estendono. Con questa divisione Freud ha tentato di individuare tre aspetti del
funzionamento mentale che però interagiscono continuamente. Dopo il 1920 propose un’altra teoria
dell’apparato psichico, la 2° Topica, basata sulla differenziazione tra Es, Io e Super-Io. Nella sua
ultima opera rimasta solo in piccola parte incompiuta, il “Compendio di psicoanalisi” (1938), Freud
descrive così le istanze della 2° topica: L’Es rappresenta per la psiche il patrimonio ereditario e la sede
di origine delle pulsioni che si generano dall’organizzazione corporea, questa istanza si basa sulprincipio di piacere. “Sotto l’influsso del mondo esterno reale che ci circonda una parte dell’Es ha
subito un’evoluzione particolare – Questa regione della nostra vita psichica l’abbiamo chiamata Io”.
Il rapporto tra l’Es di un individuo e il mondo esterno è mediato appunto dall’Io che, ai fini
dell’autoconservazione dell’individuo stesso, svolge la funzione di conoscere e valutare gli stimoli
esterni e interni, questa istanza si basa sul principio di realtà teso all’autoconservazione anche se
nella sua azione di mediazione e di equilibrio l’Io aspira al piacere e si sforza di eludere il dispiacere.
Dall’Io si sviluppa durante l’infanzia il Super-Io, nel quale si collocano le influenze “Etiche e
Morali” dei genitori, degli educatori e delle altre persone del proprio ambiente familiare e sociale. La
pulsione si esprime in queste istanze: L’Es esprime il vero intento vitale dell’individuo nel soddisfare i
suoi innati bisogni, ma è l’Io che può trovare il modo più sicuro per ottenere il soddisfacimento, il
super-io censura ciò che è in contrasto con la norma indotta dalle figure educative di riferimento. Neisuoi ultimi anni Freud divise le pulsioni fondamentali in due grandi categorie, le pulsioni di vita o
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pulsioni d’amore o Eros (la cui energia è denominata libido) e le pulsioni di distruzione o di morte o
Thanatos (con fine di portare il vivente al suo stato inorganico). Queste pulsioni interagiscono in
contrasto o in cooperazione tra loro nella dinamica psichica, dando origine ai molteplici fenomeni
dell’esistenza. Il concetto di pulsione era stato elaborato da Freud soprattutto nella sfera della vita
psichica sessuale. Per Freud la sessualità si manifesta subito poco dopo la nascita e si sviluppa in varie
fasi che comprendono una vasta gamma di attività, dove il piacere sessuale può essere prodotto dazone del corpo non direttamente legate al coito e alla procreazione, queste sono in ordine (nel
bambino): Fase orale (nei 18-24 mesi di vita); Fase sadico-anale (18-36 mesi); Fase fallica (3-6 anni
circa, manifestazione del complesso di Edipo o di Elettra). Il processo evolutivo è la base per la
comprensione dei processi involutivi che possono insorgere nella vita psichica adulta, sotto forma di
perversioni sessuali o di disturbi psichici come le nevrosi. I processi psichici si qualificano in base al
grado di contenuto cosciente che possiedono per l’individuo. Pochi sono i processi psichici che
emergono a coscienza, la maggior parte rimane inconscia, soprattutto quelli che per loro natura
sconvolgerebbero l’equilibrio psicologico della persona. Questa “resistenza” all’emersione cosciente
del materiale inconscio è dovuta ai cosiddetti meccanismi di difesa, questo risulta particolarmente
evidente durante il processo terapeutico. Vi è una relazione dinamica tra le qualità psichiche della 1°
topica e i sistemi dell’apparato psichico della 2°. Le funzioni dell’Io e del Super-Io possono essereconsce, anche se più di frequente sono inconsce, l’inconscio invece è l’unica qualità che domina l’Es.
Le leggi che regolano i processi nell’inconscio o nell’Es rientrano nel “processo primario” basato sul
principio di piacere, mentre quelle che guidano i processi nel preconscio-conscio o nell’Io
appartengono al “processo secondario” basato sul principio di realtà. Da un punto di vista della tecnica
psicoanalitica e del trattamento analitico, la “regola fondamentale” è quella per la quale il paziente è
impegnato a comunicare liberamente all’analista tutto quanto gli viene in mente. Durante il processo di
emersione del rimosso dall’inconscio si produce un fenomeno, il transfert, “ per il quale il paziente
ravvisa nell’analista un ritorno di una persona importante del suo passato, e trasferisce su di lui
sentimenti e reazioni che certamente erano destinati a quel modello”, dal “Compendio di psicoanalisi”
(1938). Il transfert è ambivalente, porta atteggiamenti sia positivi che negativi nei confrontidell’analista verso il quale il paziente si rapporta come si sarebbe rapportato con i genitori. In questa
fase si può innescare un “desiderio erotico”, un tempo diretto verso il genitore e ora trasferito
sull’analista. E’ un momento che inevitabilmente avviene, ma che deve essere assolutamente dominato
e bloccato per consentire il proseguimento verso un ”ampliamento della conoscenza di sé ” nel
paziente, che presuppone il superamento resistenze opposte alle interpretazioni che l’analista dà dei
sogni, lapsus e atti mancati. In questa fase è come se l’analista prestasse il proprio preconscio al
paziente.
LA PSIOCOLOGIA ANALITICA DI CARL GUSTAV JUNG(Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961)
Fig.3 Fig.4
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Una prima fase dell’attività di Jung può essere delimitata tra il 1895 e il 1900, periodo in cui era
studente di medicina a Basilea. Interessato ai fenomeni ed esperienze normalmente escluse dalla
psicologia scientifica (spiritismo, parapsicologia, esperienze medianiche, ipnosi, sonnambulismo) e per
ampliare il “concetto di realtà”, nel 1900, Presenta come tesi un saggio sui fenomeni medianici che
riguardavano una sua cugina, Helene Preiswerk, intitolato Psicologia e patologia dei cosiddetti
fenomeni occulti, che poi pubblicò nel 1902. Un secondo periodo comincia nel dicembre 1900, quandoJung si trasferì all’Ospedale psichiatrico di Zurigo Burghölzli sotto la direzione di Bleuler, ed arriva
fino al febbraio 1907, quando Jung incontra Freud. Questo incontro rivoluzionerà la sua prospettiva
d’indagine e terapia in psichiatria. In questi anni Jung sviluppò la tecnica delle associazioni libere e
delle associazioni verbali. Al soggetto in esame era presentata una lista di termini e si registravano le
parole che egli vi associava. In base al tipo di risposta e al tempo impiegato per rispondere, si potevano
far emergere i “complessi” da cui era affetto il soggetto. Jung indicava con “complesso” quell’insieme
di rappresentazioni, ricordi e immagini a forte contenuto emotivo e affettivo che causava la reazione.
Questo reattivo permetteva di affrontare in modo oggettivo la dinamica psicopatologica. La psichiatria
del suo tempo era generalmente distaccata dalla personalità umana del paziente, dalla sua individualità,
da ciò che aveva da dire, ed era interessata solo alle diagnosi, all’analisi della sintomatologia ed alle
statistiche. La psicoanalisi invece permetteva di rapportarsi in maniera nuova e diversa alla malattiamentale, dove era centrale la dimensione psicologica e psicoterapeutica rispetto all’impostazione
classificatoria della psichiatria ufficiale. Jung abbandonò l’approccio sperimentale quando il suo
confronto con la teoria e la tecnica psicoanalitica divenne costante. Nel 1909 Jung lasciò l’ospedale di
Zurigo e si dedicò allo studio delle malattie mentali in una prospettiva che teneva conto delle
innovazioni teoriche della psicoanalisi, ma allo stesso tempo introduceva elementi ad essa estranei.
Questo periodo fu detto “psicoanalitico”, che si chiuse ufficialmente nel 1914 con la “secessione” da
Freud e dal suo movimento. Questa frattura iniziò a palesarsi nel 1912, quando Jung pubblicò
Trasformazioni e simboli della libido (1911-1912), dove Jung analizza ed interpreta il caso della
giovane Frank Miller, una studentessa di ricca di fantasie ed immaginazione auto-suggestive. Nella sua
interpretazione Jung collegò queste fantasie ed immagini a miti religiosi antichissimi e a simboliuniversali che sarebbero emersi dall’inconscio della Miller. I simboli erano per Jung espressioni o
trasformazioni di un’energia psichica in generale, chiamata “libido”, che non era più la libido intesa
come energia, istinto sessuale o pulsionalità sessuale. Jung proponeva così un’estensione del costrutto
teorico di “libido”, che veniva, in tal modo, a comprendere anche altri aspetti pulsionali, energie
suscettibili di trasmettersi a una sfera qualsiasi di attività (potenza, fame, odio, sessualità, religione,
ecc., senza essere istinti specifici) e che costituivano “l'energia psichica”. La sessualità, in tal modo,
appare essere il costrutto unico e centrale nella metapsicologia freudiana, mentre si trasforma in un
costrutto importante ma non unico della vita psichica nella teoria junghiana. Tra il 1913 e il 1919 fu
cruciale l’autoanalisi che Jung compì sistematicamente ogni giorno annotando i propri sogni e le
proprie fantasie, un viaggio nel profondo dell’inconscio simile alla discesa di Ulisse agli Inferi. Così,
dal 1913, per sei anni, Jung si avventurò nel territorio rischioso dell’inconscio, come un viaggiatoreche si lascia assorbire da un luogo ignoto come in un’immersione. Il metodo era quello di lasciare che i
contenuti venissero liberamente a lui e lo possedessero, annegando nel mare dell’irrazionale,
sacrificando le resistenze dell’Io per confrontarsi con le immagini sfolgoranti e sorprendenti
dell’inconscio, abbandonando la sponda sicura della coscienza, col rischio costante di cadere nella
psicosi. E’ il grande periodo dell’immaginazione attiva (tecnica di confronto pseudo meditativo,
estatico-creativo tra Io ed inconscio da usarsi, secondo Jung, con molta cautela in ambito terapeutico
per facilitare il raggiungimento dell’individuazione -vedi più avanti-), in cui proietta le sue fantasie
dipingendo le personificazioni e i simboli spontanei. Questi sei anni sono stati il periodo più
importante della sua vita. Nel 1921 Jung pubblica l’opera, “Tipi psicologici”. In essa vi è una
rappresentazione strutturale della psiche, articolata in quattro funzioni (pensiero, sentimento,
sensazione e intuizione Fig.5) e in due atteggiamenti fondamentali (l’introversione el’estroversione). Nell’individuo domina sia un atteggiamento sull’altro, sia una funzione sulle altre
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tre. Il tipo complementare non dominante e le funzioni non dominanti rimangono comunque attive a
livello inconscio. Jung, accanto al concetto fondamentale dell’inconscio freudiano da lui ridefinito
inconscio personale (dove si trovano i “materiali” individuali), aggiunse l’inconscio collettivo (dove
si trovano i “materiali” impersonali). Sempre in “Tipi psicologici” (1921) Jung scriveva: “ L’inconscio
personale comprende in sé tutte le acquisizioni dell’esperienza personale, dunque cose dimenticate,
rimosse, percepite, pensate e sentite al di sotto della soglia di coscienza. Accanto a questi esistonoaltri contenuti che non provengono da acquisizioni personali, ma dalla possibilità di funzionamento
che la psiche ha ereditato, cioè dalla struttura cerebrale ereditata. Queste sono le trame mitologiche, imotivi e le immagini che in ogni tempo e luogo possono riformarsi indipendentemente da ogni
tradizione e migrazione storica: questi contenuti io li denomino collettivamente inconsci ”.
L’espressione tipica dell’inconscio collettivo avviene attraverso immagini primordiali o “archetipi”.
Si tratta d’immagini a carattere arcaico, proprie di un’epoca o di tutta l’umanità, che si manifestano a
livello individuale nei sogni, nell’immaginazione provocata e nei disegni liberi e, a livello collettivo, si
concretizzano nei miti, nelle fiabe e nelle opere d’arte. Jung ha evidenziato che gli archetipi non sono
contenuti o rappresentazioni inconsce, ma “forme” che strutturano l’inconscio collettivo.
Fig.5 Fug.6
Fig.5; La circonferenza rappresenterebbe secondo Jung, il confine tra l'io e il mondo, e ai capi dei suoi diametri si collocano le seguenticoppie di funzioni: Pensiero e Sentimento, e Intuizione e Sensazione. Il pensiero e il sentimento sono denominati funzioni razionali,
poiché fanno uso del ragionamento. La sensazione e l'intuizione sono funzioni irrazionali, perché basate sulla percezione.
Fig.6; Alcuni dei principali simboli religiosi. Da in alto a sinistra: croce latina (Cristianesimo), stella di David (Ebraismo), omkar (Induismo), stella a nove punte (Bahaismo), mezzaluna (Islam), croce del sole (Neopaganesimo), yin e yang (Taoismo), torii
(Shintoismo), ruota del Dharma (Buddhismo), khanda (Sikhismo), svastica (Giainismo), mano (Ahimsa), fiore di loto con fiamma(Ayyavalismo), tre lune della Dea triplice, cross pattée (Ordine Teutonico), mani di Dio (Slavismo)
Secondo Jung la psiche è quindi composta dall’inconscio personale, dal collettivo e dall’Io che
rappresenta la parte cosciente. La dinamica tra componenti consce e inconsce della psiche è vista da
Jung come un percorso difficile dove si attua il processo di “individuazione”, di differenziazione della
personalità individuale, di realizzazione della propria personalità in una compiuta totalità-unità,
denominata Sé. L’Io (conscio) si scontra con organizzazioni archetipiche (inconsce) della personalità:
la Persona (in latino “maschera teatrale”), ovvero la personalità pubblica; l’Ombra, cioè i
comportamenti negativi, istintuali che l’individuo rifiuta e nasconde; l’ Anima e l’ Animus,
rispettivamente, la personificazione della natura femminile nell’uomo e della natura maschile nella
donna. Per Jung “l’uomo ha sempre portato in sé l’immagine della donna, di un determinato tipo di
donna. Questa immagine è un insieme ereditario inconscio d’origine molto remota, un archetipo. Ciò
vale anche per la donna verso l’uomo. Quest’immagine viene inconsciamente proiettata sulla persona
amata causa principale dell’attrazione passionale o della repulsione”. Il Sé è l’archetipo fondamentaledella psiche; è la meta, non sempre raggiunta, cui aspira la psiche individuale. Il processo di
individuazione di Jung si differenzia inoltre dalla teoria freudiana, perché mette in risalto l’idea di una
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crescita psichica proiettata verso un futuro creativo e soggettivo con spazzi ed orizzonti indeterminati.
Per Freud la vita psichica è predeterminata nei suoi stadi e nelle sue manifestazioni, è schiacciata tra le
forze dell’Es e quelle del Super-Io, una psicologia che dipende in primo luogo dalla “psicologia
personale” dell’autore. Secondo Jung non si può assolutizzare e rendere deterministico il prodotto
relativo di un singolo autore ma occorre relativizzare il proprio teorizzare, rende “indeterminato” il
proprio oggetto d’indagine. Jung concepisce lo scienziato come oggetto egli stesso appartenente edimmerso in un sistema più ampio in cui pure lui si modifica nell’atto d’indagare. Per quel che riguarda
la teoria ed il rapporto terapeutico, Jung criticava la contrapposizione tra l’analista, immutabile nel suo
operare, fermo nelle sue competenze concezioni e tecniche ormai acquisite, ed il paziente, oggetto di
potenziali mutazioni. Nel sistema terapeutico junghiano si prospettava invece una continua
modificazione reciproca ed interattiva tra analista e paziente. L’influenza di Jung sulla psicologia del
primo ‘900 è stata forse minore rispetto a quella avuta in altre aree di ricerca, quali l’antropologia,
l’etnologia e gli studi di storia delle religioni.
LA PSIOCOSINTESI DI ROBERTO ASSAGIOLI
(Venezia, 27 febbraio 1888 – Capolona, 23 agosto 1974)
Fig.7 Fig.8
Fig.8: 1) Inconscio inferiore; 2) Incoscio medio; 3) Ioconscio superiore; 4) Campo della coscieza; 5) Sé persohale o “Io”; 6) Sé
transpetsonale; 7) Inconscio collettivo.
Roberto Marco Grego (questo è il suo primo nome: quello di Assagioli lo acquisterà dopo morto il
padre, nelle seconde nozze della madre) è figlio unico di famiglia ebraica benestante. Si laurea in
medicina a Firenze nel 1910 con una tesi su la Psicoanalisi preparata all’Ospedale Psichiatrico
Burghölzli di Zurigo dove conoscerà Jung e ne rimarrà amico per tutta la vita, poi si specializza inPsichiatria con l’intenzione di dedicarsi alla pratica della psicoterapia. Poco dopo aver completato il
training psicoanalitico, ed essere stato considerato da Freud e da Jung il rappresentante della
psicoanalisi in Italia nel 1910, Assagioli si staccò dalla ortodossia freudiana e gradualmente creò il sue
proprio punto di vista. Nel 1926 fondò a Roma l’Istituto di psicosintesi. Alcuni anni dopo, l’ostilità del
regime fascista obbligò l’istituto a chiudete. Le persecuzioni, prima dei fascisti e poi dei nazisti,
impedirono ad Assagioli di continuare il suo lavoro. Alla fine della guerra, egli iniziò un nuovo ciclo
di lezioni, pubblicò dei lavori ed incoraggiò l’apertura di nuovi centri di psicosintesi nel mondo. I suoi
due libri principali “ La psicosintesi” e “ L’atto di volontà” vennero pubblicati rispettivamente nel 1965
e nel 1973. Per Assagioli la sofferenza psichica è originata da uno squilibrio, una disarmonia, una
conflittualità, una mancanza di significato tra le diverse parti che compongono la psiche. All’opposto
se vi è unità interna ed una fusione armonica con unità sempre più grandi, la psiche prova uno statovitale elevato, maggior soddisfazione, senso della propria vita, energia e benessere. La vita
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tendenzialmente favorisce il verificarsi di questo processo negli esseri umani, ma sovente questo viene
anche bloccato. Per facilitare l’esito positivo dell’esperienza psichica, Assagioli ricercò, sviluppò ed
ideò vari espedienti chiamandoli nel suo complesso "psicosintesi". Il suo “diagramma ad uovo”
schematizza e rappresenta la psiche umana secondo la sua concezione (Vedi Fig.8) che rappresenta la
nostra intera psiche. Le tre divisioni orizzontali dell’ovale indicano il nostro passato, presente e futuro.
Tutte e tre queste dimensioni temporali sono contemporaneamente attive in noi, anche se in modidiversi. L’inconscio inferiore (1) rappresenta soprattutto il nostro passato psichico personale in forma
di contenuti repressi o dimenticati. Se desideriamo incoraggiare la nostra crescita psicologica è
necessario esplorare il nostro inconscio inferiore. In caso contrario esso può essere causa di difficoltà
accumulare energia repressa, che può indurre somatizzazioni e disturbi o controllare il nostro
comportamento, imbrigliando così la nostra vita e la nostra libertà. L’inconscio medio (2) è il livello
in cui esistono tutte le nozioni e dove le capacità e gli stati della mente che possono essere
volontariamente riportati nel campo della coscienza (4). Il superconscio (3) invece è il nostro futuro
evolutivo, che comprende gli stati dell’essere, del sapere e del sentire. Secondo Assagioli l'inconscio
superiore è la regione psichica da cui “ provengono le intuizioni e le aspirazioni superiori, artistiche,
filosofiche e scientifiche; le creazioni geniali; gli “imperativi” etici; gli slanci all’azione altruistica;
gli stati d’illuminazione, contemplazione, estasi” (da “Principi e metodi di psicosintesi terapeutica”1973). L’esplorazione dell’inconscio superiore è uno dei nostri compiti più importanti. La distinzione
fra inconscio “inferiore” o “superiore”, o superconscio, si riferisce allo sviluppo e non ad una
valutazione d’ordine morale. L'inconscio inferiore è semplicemente la parte più primitiva di noi; non é
“cattivo”, é semplicemente più antico. Il superconscio è tutto ciò che possiamo raggiungere nel corso
della nostra evoluzione. Non è solo una possibilità astratta, ma una realtà vivente, con una sua
esistenza ed autonomia. La nostra psiche non e isolata, é immersa in quel mare che Jung ha chiamato
inconscio collettivo (7). Secondo Jung l’inconscio collettivo rappresenta “il presupposto di ogni
psiche individuale, al modo stesso in cui il mare è il presupposto e l’alveo delle sue onde” (da “ La
psicologia del Transfert ”, 1974). Nel diagramma le linee sono ovunque tratteggiate per indicare che
non vi sono schemi e comportamenti rigidi che impediscono le interazioni tra i vari livelli, fra i qualianzi ha luogo una continua interazione. Il Sé sperimenta tutti questi livelli. Negli stadi precoci dello
sviluppo umano non esiste una consapevolezza del Sé. Per molti di noi esso esiste più tardi in un modo
più o meno velato e confuso. Per noi è auspicabile che esso possa essere sperimentato nel suo stato
puro come ”Io” o Sé personale (5). A mano a mano che questa consapevolezza s’intensifica, subisce
un ampliamento; questo processo culmina nel raggiungimento del Sè transpersonale (6). Esso vive a
livello dell’individualità, dove però può imparare a regolare e dirigere i vari elementi della personalità
in senso armonico, virtuoso e altruistico. La consapevolezza del Sè personale è la condizione di
partenza per ottenere il benessere psicologico. L'identificazione con il Sé transpersonale è più difficile
da ottenere, per alcuni è la vetta più alta che si raggiunge dopo anni di disciplina; per altri è
un’esperienza spontanea straordinaria. Molti individui nel corso della storia dell’umanità hanno
testimoniato l’esperienza del Sé transpersonale, definendolo nelle varie epoche, tradizioni e culture:“la coscienza di diamante”, “il gioiello del loto”, “la scintilla dell’anima”, ecc. Plotino lo descrive
così: “ Le sue dimensioni sono al di la di ogni misura, non è circoscritto da limiti di una qualsiasi
forma, ne può essere aumentato in grandezza, perché è senza confini (…) è totalmenteincommensurabile” (da “ Enneadi”, 6). Questa condizione é stata descritta nei tempi antichi anche con
le parole sanscrite " set-chit-ananda": essere-coscienza-beatitudine. La realizzazione del Sè
transpersonale segna la pienezza spirituale. Il Sé personale è un riflesso del Sé tranpersonale, ma non
ci sono due Sé, vi è solo un'unica realtà percepita a livelli diversi: la nostra vera essenza al di la di ogni
maschera e condizionamento. Invece il diagramma a stella, (Fig.9) rappresenta quella che Assagioli
definisce la fisiologia della psiche, rappresenta le funzioni psicologiche e serve per chiarire la relazione
delle varie funzioni psichiche con il Sé personale e la volontà. Nel processo psicosintetico un
individuo, da un’accozzaglia disorganizzata di tendenze spesso in conflitto, passa all’armonizzazionedei suoi vari elementi attorno ad un centro: il Sè. In una personalità integrata il Se, mediante l’azione
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di volontà, è in grado di coordinare le varie funzioni dell’organismo psico-fisico (Ferrucci P. 1981). In
questo modo si evita di subire in maniera deterministica e di riprodurre meccanicamente, il passato.
L’approccio della psicosintesi è principalmente pragmatico e spesso ha carattere educativo, non si
rivolge solo all’ambito clinico, ma anche tutti coloro che intendono perseguire uno sviluppo personale
teso al valorizzare la propria vita.
Fig.9 Fig.10
Fig.9: 1) Sensazione; 2)Emozione, Sentimento; 3)Impulso, Desiderio; 4) Immaginazione; 5) Pensiero; 6) Intuizione; 7 )Volontà; 8) Io oSè personale.
La Psicosintesi, in questo senso, utilizza una serie di tecniche che possono essere raggruppate nelle
seguenti categorie: Tecniche analitiche. Servono a valutare i blocchi e le potenzialità della persona,
permettono l'esplorazione dell’inconscio per arrivare alla radice dei complessi psicologici. Vengono
esercitate attraverso strumenti come: disegno, scrittura, immagini, analisi critica, espressione artistica
in genere e lavoro sulla sottopersonalità. Tecniche di padronanza. Forniscono una consapevolezza ecomprensione delle immagini e dei complessi dannosi per aiutare a dissolverli, che non porta
necessariamente ad un cambiamento positivo permanente. Il lavoro cognitivo deve essere
accompagnato da un esercizio graduale ed attivo di tutte le funzioni psicologiche (sensazione,
desiderio, impulso, sentimento, immaginazione, pensiero, intuizione e volontà -vedi Fig.5). In tal
modo possiamo preparare e sviluppare gli elementi arcaici e immaturi del nostro essere. Questa è una
fase di particolare scoperta dell’Io e di cultura della volontà tesa a regolare e coordinare
armoniosamente i vari aspetti della personalità. Tecniche di trasformazione. Il passo che segue la
comprensione e la padronanza e quello di far fiorire in pieno i semi del cambiamento. Questa fase,
spesso la più spettacolare, può portare ad un rovesciamento dei valori e ad altri sviluppi profondi. In
questo stadio la visualizzazione é particolarmente importante, dato che ha il potere di far scattare
cambiamenti psicologici e comportamentali significativi. Obbiettivo finale é la ricostruzione della personalità intorno ad un nuovo centro. Tecniche di meditazione. Vengono usate come strumenti per
ottenere consapevolezza e per sbloccare i complessi dannosi, ma anche come tecniche specifiche per
esplorare il superconscio. Varie forme di meditazione spesso prese a prestito anche da altre culture e/o
discipline, aiutano l'individuo a risvegliare l’intuizione, a stimolare l'immaginazione e la creatività, a
liberare i sentimenti più alti e a facilitare una più ampia integrazione psichica. Tecniche di grounding.
Il temine grounding, (dall’inglese ground terreno) sta per indicare una tecnica che permette di
mantenere ben salde le fondamenta dell’individuo. L’esperienze superconsce possono essere bellissime
e soddisfacenti, ma possono rimanere fini a se stesse, senza avere una ricaduta positiva su
atteggiamenti e comportamenti concreti. Gli stati elevati di coscienza non sono, da soli, garanzia d’un
efficace funzionamento psicologico e se usati male, possono causare molti problemi, fino a una vera e
propria patologia del sublime. La psicosintesi, perciò, tenta di armonizzare nell’essere umano il regno
personale con quello del superconscio in modo da permettergli di raggiungere una sua libertà ed una
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efficace e concreta espressione psicologica a tutti i livelli. Tecniche relazionali. Le relazioni
interpersonali sono l’aspetto più importante della crescita individuale. L’individuo può imparare ad
affrontare gli ostacoli comuni delle relazioni umane, può imparare a coltivare le qualità interpersonali
come l’apertura, l’amore, l’empatia e l’altruismo; può acquisire nuove capacità di comunicazione e
può sviluppare la consapevolezza di appartenere ad un tutto più grande e diversificato nelle sue parti.
Se osservata da una prospettiva storica, la psicosintesi, per la sua enfasi sulle potenzialità creative diogni essere umano, può venire considerata come una psicologia transpersonale e umanistica, insieme ai
lavori di altri pionieri quali A.H. Maslow, R. May, V. Frankl e C. Rogers. Tuttavia altri fattori, il
tentativo di collegare la prospettiva orientale con la ricerca occidentale, la varietà delle tecniche, la
ricchezza delle applicazioni possibili e la completezza della sua visione rendono l’opera di Assagioli
un contributo unico alla psicologia contemporanea (Lamb H., Mecacci L. 1986).
UNA SINTETICA CONCLUSIONE
Questi tre illustri Maestri e ricercatori presentano aspetti comuni e diversità, ad esempio si sono
formati tutti in ambito psichiatrico, anche se poi hanno mosso e sviluppato percorsi diversi. Freud e
Assagioli, avevano origini ebraiche e per questo hanno subito maggiormente le persecuzioni naziste ei
disagi della guerra, tutti e tre hanno subito influssi dalle culture e religioni orientali anche attraverso
filosofi come Schopenhauer e Nietzeche. Hanno avuto rapporti diretti e personali anche se non
propriamente tra Freud e Assagioli ed hanno condiviso in maniera ravvicinata lo stesso periodo storico
europeo. Si sono prodigati verso obbiettivi di pace, partendo dall’analisi del profondo del singolo
individuo, cercando di dipanare i conflitti interni per portare la persona ad una condizione psichica
migliore per se e per l’ambiente sociale in cui vive. Hanno sviluppato in questo senso tecniche e
percorsi diversi, ma sempre utilizzando speculazione, rigore e criterio scientifico attingendo
probabilmente dalla comune formazione medica e ognuno dei tre ha prodotto correnti che ancora oggi
si stanno evolvendo e sviluppando in un’interazione reciproca. Dopo un primo periodo di indifferenza
e difficoltà ad essere riconosciuta da altre scuole e dal mondo accademico, la psicoanalisi divenne nel primo decennio del ‘900 un’istituzione scientifica autonoma e fu recepita di fatto come una nuova
“visione del mondo” e per questo motivo fu accolta entusiasticamente ma anche respinta duramente.
Le critiche andarono da quelle di stampo moralista a quelle di carattere più teorico, come quelle
relative alla forte componente biologica della concezione freudiana su le pulsioni. Freud nell’ultima
lezione di “Introduzione alla psicoanalisi”, si chiedeva se la psicoanalisi poteva essere concepita come
una nuova “visione del mondo”, e si rispondeva che era solo una scienza particolare, che nell’ambito
del suo oggetto di indagine, la psiche, contribuiva alla visione scientifica del mondo, una visione non
esaustiva e totalizzante. Ma quando, nel 1911 Adler e nel 1913 Jung manifestarono i primi dissensi
rispetto alle teorie di Freud, la condanna degli “eretici” fu immediata. Freud rifiutò le elaborazioni
teoriche proposte da Adler e Jung, e suggerì la possibilità d’interpretare queste nuove posizioni, in
chiave psicoanalitica ma l’impossibile conciliazione portò inevitabilmente ad un distacco che costòmolto a Freud in termini umani, soprattutto nel caso di Jung. La scuola freudiana si caratterizzò presto
rispetto ad altre correnti di psicologia della prima metà del secolo non solo per la propria specificità,
ma anche per una rigidità associativa e strutturale dove spesso i propri membri erano stati analisti gli
uni degli altri. Inoltre la psicoanalisi non mostrò grande sensibilità ed interesse per quanto veniva
acquisito dalla psicologia contemporanea. Nel 1907 Assagioli e Jung, erano uniti da un comune
interesse per le culture orientali, per i fenomeni paranormali, per l'alchimia e l'astrologia. Jung si
distaccò da Freud a causa del suo diverso modo di interpretare la libido con teorie basate su simboli ed
archetipi, esulando da quello che Jung stesso definiva “pansessualismo freudiano”. Anche Assagioli, se
ne discostò ben presto, perché, come Jung, riteneva che Freud desse troppa importanza al lato più
basso ed istintivo della sessualità umana, e soprattutto alle sue forme aberranti. Freud era interessato
esclusivamente al vissuto interiore e pensava che l'uomo fosse in gran parte determinato da processiinconsci che occorreva decifrare e rendere consci. Secondo Assagioli, Freud aveva un'immagine
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dell'uomo negativa e pessimista, perché si occupava soprattutto di processi psichici morbosi, senza
notare gli aspetti positivi (pessimismo freudiano) come l'autorealizzazione, la creatività, la crescita.
Lungo questa linea invece si mosse Assagioli che, alle concezioni freudiane della “rimozione”
(tendenza a mantenere inconsci i ricordi e i pensieri condannati dal Super-Io) contrapponeva le
manifestazioni superiori dell'amore e considerava maggiormente il processo di “sublimazione”,
permettendo la trasformazione delle forze istintive in energie emozionali e spirituali elevate e chesecondo lui avrebbe promulgato un risveglio interiore dell’uomo. A differenza di Freud, Assagioli
riteneva necessario considerare non soltanto i conflitti ed i complessi, ma soprattutto le potenzialità
sane e creative della psiche. Su questo si basava la sua “psicologia della salute”, che anticipò molti
aspetti della “psicologia transpersonale”. Infatti, essa si occupava anche di stati di coscienza che
vanno oltre la normale percezione dell’Io, come, per esempio, le esperienze di tipo spirituale, religioso,
intuitivo, estatico, così determinanti per l'evoluzione umana. Per questo la grande considerazione di
Assagioli per lo studio delle religioni e delle filosofie orientali, e l'apertura alla dimensione spirituale.
Questi sono intrinseci nella psicosintesi; il termine "sintesi", viene inteso in senso alchemico, come
trasformazione, armonizzazione, sublimazione a livello individuale e collettivo, ma anche, a livello
culturale, come fusione tra Oriente e Occidente. In una intervista concessa da Assagioli a Sam Keen,
redattore di Psychology Today, dove gli chiede quali rapporti avesse con Freud e Jung, lui rispose:« Non ho mai incontrato Freud personalmente, ma fui in corrispondenza con lui, e lui scrisse a Jung esprimendo la speranza che io potessi favorire la causa della psicanalisi in Italia. Ben presto però
diventai un eretico. Con Jung ebbi un rapporto più cordiale. Ci incontrammo molte volte attraverso
gli anni, e abbiamo avuto delle piacevolissime conversazioni. Di tutti gli psicoterapeuti moderni, Jung è, nella teoria e nella pratica, il più vicino alla psicosintesi ». Incalzato dallo stesso Keen su quali
fossero somiglianze e differenze con il pensiero di Jung, Assagioli precisa: « Nella pratica dellaterapia entrambi siamo d’accordo nel rifiutare il “patologismo” cioè la concentrazione sulle
manifestazioni morbose e i sintomi di supposti “disturbi” psichici. Concepiamo l’essere umano come
un organismo fondamentalmente sano in cui ci può essere una temporanea disfunzione. La natura
cerca sempre di riportare nuovamente l’armonia, e nella psiche agisce il principio della sintesi . Nonesistono opposti che non si possono conciliare. Il compito della terapia è di aiutare l’individuo atrasformare la personalità e a integrare apparenti condizioni. Tanto Jung quanto io abbiamo messo in
rilievo il bisogno, in una persona, di sviluppare le funzioni psichiche superiori, la dimensione
spirituale». Il termine “ psicosintesi ” si diffuse a partire dall'opera di Assagioli, ma già da tempo era
oggetto di polemica tra Freud e Jung. In una lettera a Freud dell'aprile 1909, Jung sosteneva che “ se
esiste una psicoanalisi, deve esserci anche una psicosintesi", orientata al futuro e non al passato della
psiche. Freud invece riteneva il problema inesistente pensava che durante l’analisi, attraverso
l’eliminazione delle resistenze e la reintegrazione della psiche, l’Io ricomponesse in sé tutti gli impulsi
istintuali precedentemente scissi e dunque la psicosintesi si attua automaticamente e inevitabilmente
durante il trattamento analitico, senza l’intervento diretto dell’analista. Secondo Jung, invece, dopo una
fase analitica, al momento che il trattamento giunge ad un punto morto, la “cura dell'anima” deveorientarsi ad una fase “psicosintetica”. In questa prospettiva si muove il geniale lavoro di Jung: "Ciò
che io ho da dire inizia dove la cura finisce e inizia lo sviluppo" (Jung G. Scopi della psicoterapia,
1931). Anche Assagioli ha più volte detto che la “volontà” (tema a lui molto caro e sul quale ha scritto
uno dei suoi lavori fondamentali “The act of will ” nel 1973 e tradotto in italiano“L'atto di volontà” nel
1977) è la Cenerentola della psicanalisi, mentre l'Io doveva essere, al contrario, considerato un
centro di consapevolezza e volontà. Quest’idea fu poi sviluppata da Assagioli nella sua «Psicosintesi»,
termine da lui ufficializzato nel 1933, (in precedenza, Assagioli usava il termine «psica-gogia»).
Pertanto, il termine «psicosintesi», anche se riferito ad Assagioli, può rappresentare un approccio
anche di molte altre correnti e scuole unite nello scopo comune di ricercare le leggi d’evoluzione
interiore e i metodi d’auto-sviluppo dell'uomo, leggi e metodi che comunque sono trasversali alle
culture e alle epoche.
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BIBLIOGRAFIA
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Assagioli R. “L'atto di volontà”, Astrolabio, Roma, 1977
Freud S. “Opere vol. I”, Torino, Bollati Boringhieri 2006.
Ferrucci P. “Crescere”, Roma, Astrolabio, 1981.
Jung C.G. “L’uomo e i suoi simboli”, Milani, TEA, 2004.
Jung C.G. “La psicologia del Transfert”, Milano, Garzanti, 1974
Jung, C. G. “Scopi della psicoterapia” (1931) in: Opere vol. 16, Torino, Bollati Boringhieri,
1981.
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Lamb H., Mecacci L. “Psicologia dizionario enciclopedico”, Roma-Bari, Laterza, 1986.
Lis A., Silvio S., Zavattini G.C. “Manuale di psicologia dinamica”, Bologna, Il Mulino,
1999.
Mecacci L. “Manuale di Storia della Psicologia”, Firenze, Giunti 2008.
Mecacci L. ”Manuale di psicologia generale”, Firenze, Giunti, 2001.
Mecacci L. “Storia della psicologia del Novecento”, Roma-Bari, Laterza, 1992.
Plotino, “Enneadi”, I, 6.
Rivista “Interprofessionalità - il coraggio come educazione”, Mensile CePASA, Spoleto,
Anno XIII n°85 Giugnio 2003 <http://issuu.com/tacco180/docs/85_2>