Download - Virgilio Guidi - oltreil bianco, la luce
V I R G I L I O
Gg Uu Iiı Dd IiıBUGNO ART GALLERY
S. MARCO 1996/D, 30124 VENEZIA
tel. 041 5231305 fax 041 5230360
www.bugnoartgallery.it
in collaborazione con
FRATELLI DE MARCO
Cornici e Telai
VENEZIA
© Bugno Art Gallery 2013
testo T T
Proge o grafico A D C
OoLlTtRrEe IiıLl BbIiıAaNnCcOo, LlAa LlUuCcEe
a cura di T T
4 - 5
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAaolio su tela, cm 75 x 61, 1977
Cc Oo Ll Oo Rr Iiı Dd Ee Ll Nn Uu Ll Ll Aa
I l b i a n c o n o n é l u c e
i l n e r o n o n é t e n e b r a
c o l o r i d e l n u l l a
c i e l i s p e n t i
p e r d u t i d a l l a l u c e
V. G 1961
“P ”
Ed. Rebellato (1966) - Padova
V I R G I L I O
Gg Uu Iiı Dd IiıOoLlTtRrEe IiıLl BbIiıAaNnCcOo, LlAa LlUuCcEe
va puntualmente ospitate e curate varie
esposizioni di opere del maestro ma nel-
la prospe va della odierna circostanza
essa si è orientata invece a privilegiare
e a selezionare, con verificabile acu-
me, degli importan esempi dell’ul ma
produzione di Guidi, scegliendo di quel
tempo, rela vamente circoscri o al de-
cennio 1974–84, alcune delle sue stra-
ordinarie tele che documentano in ogni
caso di poter validamente qualificare ed
insieme compendiare quella ancora fer-
vida sebbene tarda fase crea va, rivela-
Questa mostra di dipin di Virgilio Guidi,
che non a caso si inaugura oggi, inten-
de altresì celebrare la ricorrenza della
nascita, avvenuta a Roma il 4 aprile del
1891. E quindi rappresentare in man-
canza di rela ve manifestazioni ufficiali,
le quali sarebbero state ben più dovero-
se, un omaggio comunque significa vo
che la Galleria Bugno ha voluto, anche
a nome della ci à, dedicare alla grande
figura dell’ar sta, scomparso a Venezia
il 7 gennaio del 1984.
Del resto già in passato la galleria ave-
tasi certamente più rischiosa e proble-
ma ca ma anche più sorprendente ed
innova va, espressa infa dal pi ore
con un linguaggio davvero originale ed
estremo, e nuovamente davvero di in-
comparabile bellezza sia per intensità e
profondità di contenu iconografici che
per stupefacente potenza lirica ed emo-
va.
A tale riguardo si tra ava di riuscire
inoltre a fornire, pur a raverso un nu-
mero obbligatoriamente limitato di te-
s pi orici, uno spaccato per tan versi
ugualmente magari illuminante di quel
cruciale periodo storico, appunto quello
purtroppo conclusivo della stessa lunga
e non meno feconda parabola crea va
di questo solitario protagonista della
pi ura del secolo scorso. Da lui percor-
so quasi completamente, dialogando e
confrontandosi con le principali avan-
guardie dell’epoca in maniera pressoché
ininterro a, ma anche con piena liber-
tà e senza mai rinunciare a professare i
propri ideali este ci. E questo dunque a
par re ancora dai suoi sbalordi vi esor-
di ar s ci o, se si vuole, dalla stessa po-
e ca dei Valori Plas ci, da lui an cipata
o ripensata semmai con singolare auto-
nomia s lis ca in termini già allora di un
epifanico plas cismo luminoso, comun-
que dichiaratamente an naturalis co,
così come estranea sarebbe poi rimasta
per lui la disposizione classicheggiante
se non esplicitamente restaura va che
viceversa andava ispirando i fautori del
“Novecento Italiano”, del quale egli ha
fa o parte soltanto occasionalmente e
per un periodo assai breve. Persino il co-
stante ancorché dis ntamente mo vato
interesse che, in quegli anni romani, egli
ebbe a col vare per il costru vismo es-
senzialmente plas co e geometrico di
Cézanne e, in seguito, per il sinte smo
lineare e croma co di Ma sse, cos tu-
irà s molo fondamentale per ribadirne
però diversamente gli assun rivolu-
zionari sull’esigenza, del tu o affa o
personale, di ricercare e di affermare
invece l’indissolubile unità nella luce tra
segno e colore, tra forma e spazio, se-
condo un principio per lui cos tuivo che
necessariamente inves va nella stessa
fenomenologia dell’esperienza pi ori-
ca altri significa e valori, come a dire il
quo diano e l’eterno, il vissuto e il tra-
scendente.
Pertanto l’intera storia ar s ca di Guidi
non poteva allora essere, nel corso del
tempo, se non appunto segnata da im-
prevedibili e spesso radicali svolte s li-
s che ma anche da persisten richiami
tema ci e simbolici, da ritorni e avanza-
men , seguendo o, meglio, declinando
in ogni caso uno sviluppo espressivo
altre anto straordinario, anzi incredibil-
mente coerente nelle rela ve an cipa-
zioni e riprese, giacché fondato di volta
in volta sul medesimo inderogabile biso-
gno di formulare e manifestare, in forme
quanto mai a uali, la propria concezio-
ne ontologica della luce, vale a significa-
re dunque le istanze stesse di una visio-
ne totale e totalizzante della luce quale
epifania del mistero stesso dell’essere e
dell’esistenza.
Sarà così anche per le prove successi-
ve, riferibili alla produzione tra gli anni
Trenta e Quaranta, connotate da ulterio-
ri aperture formali e da sconcertan ri-
volgimen linguis ci sia quando l’ar sta
sperimenterà nodi e accen di avventu-
rose espressività, sia quando arriverà,
addiri ura, a scomporre e destru urare
la compa ezza tonale e volumetrica del-
le sue classiche figurazioni in una sintesi
di pure energie segniche e croma che
liberamente dilagan sulla superficie
con pervadente sconfinato afflato, sia
spaziale che luminoso. Anche per simili
proponimen e acquisizioni da lui ma-
turate e tramandate in forme ed imma-
gini di innegabile originalità si deve, in
defini va, giungere pure a riconoscere
che Guidi resta un caso, in questo senso,
unico tra i maggiori esponen della sua
generazione, proprio perché, sebbene
tu ora meno purtroppo compreso e
valutato da un certo conformismo mo-
daiolo della cri ca e del mercato, egli
ha saputo di volta in volta percorrere o
interpretare i tan vor cosi mutamen
storici e culturali dell’epoca.
Si rifle e del resto su questa profonda
esigenza, sia e ca che este ca, la ragio-
ne di ogni cambiamento s lis co che ha
accompagnato e mo vato per tu a la
vita l’ansiosa ma fer le ricerca dell’ar-
sta sollecitata non solo da un bisogno
pur necessario di aggiornamento bensì
da una imprescindibile istanza spiritua-
le e crea va, portandolo di conseguen-
za, negli anni Cinquanta e Sessanta, a
far proprie e trasformarle in maniera
tempes vamente alterna va sia le tur-
bolenze gestuali e materiche dell’Infor-
male che poi le mitologie consumis che
variamente ogge vate dalle iconografie
massificate della Pop Art, da lui ugual-
mente recepite ma virate in una dimen-
10 - 11
sione sublimata e sublimante. E persino
nell’ul ma fase, quella ormai tarda della
propria operosa esistenza, il già novan-
tenne Guidi non cesserà di provare altre
strade, di offrire ancora modi e immagi-
ni di inaudita arcana bellezza.
Una piccola parte della sua ul ma pro-
duzione compone quindi la mostra at-
tuale, per di più focalizzata quasi esclusi-
vamente sui cicli di dipin in tola , per
il prevalente colore della materia usata,
“Bianco su bianco”. Già in età giovanile
Guidi, il quale puntava con determinan-
te convinzione al superamento delle or-
mai manierate dis llazioni del naturali-
smo “impressionis co”, allora alquanto
influente sul corso del diba to ar s co
europeo, notava scrivendolo con non
celata polemica in un ardito testo che:
“i maestri francesi di questa corrente
avevano forse confuso la luce, anche la
luce naturale, con il chiaro se non con il
bianco”, mentre per lui la luce era – do-
veva essere - in ogni momento e luogo,
per ogni ogge o e realtà raffigurate, da
concepire e avver re quale sostanza e
fa ore interno all’energia della materia
plas ca ovunque vivente; qualcosa che
nella sua flagrante apparizione, nella
stessa imminenza perce va, come idea
ed insieme come sen mento, cos tuiva
per Guidi l’essenza primaria della forma
e dello spazio. Già dunque un conce o
di luce intesa quale energia cosmica che
si ritroverà ancor’oggi nelle mirabili pe-
rigliose risoluzioni degli ul mi anni, seb-
bene ovviamente del tu o diverse per
configurazione e significa .
Qualche anno prima l’ar sta aveva in-
tanto proposto a raverso il tema dell’al-
bero un ritorno non solo di aspirazione
ecologica al mondo della natura, ma
anzi quale basilare riferimento, a sua
volta emblema co, al rinnovamento di
una condizione di perennità originaria
della vita, del suo inarrestabile diveni-
re, rappresentando infa quelle mae-
stose archite ure vegetali con le radici
addiri ura vistosamente scoperte, fuo-
riuscite dunque dalla terra rossa per
primordiale impeto e per incontenibile
gestante proliferazione. Figure insieme
arche pi e reali di grandi alberi, ritra
in presa dire a, a conta o ravvicinato, i
cui tronchi al ssimi, raggiunta la sommi-
tà del quadro, protendevano a toccare il
cielo stesso, avidi perciò di una immen-
sità solare, espandendosi altre anto
illimitatamente, lungo i margini laterali
della superficie, con i loro robus rami
12 - 13
colmi di un vasto fogliame, rigoglioso di
verdi e di gialli arden di uno splendore
assolutamente folgorante.
Immagini che come sue altre di quel pe-
riodo su mo vi composi vi e tema ci
tu avia differen – dalle Grandi teste
agli Incontri, dagli Occhi nello spazio alle
Figure agitate -‐ vengono per l’appunto a
convalidare una imprevista e quanto in-
solita dizione, vigorosamente espressio-
nis ca, pulsionalmente dirompente, che
egli allora andava prospe ando con lam-
pante novità di contenu iconografici e
di soluzioni formali, e che oggi sarebbe
pure da considerare, in questa analoga
e specifica direzione, quale inedita pro-
nuncia di un’altra dimensione possibile
della figurabilità, già decisamente an -
cipatrice di cer orientamen s lis ci
della pi ura dei “Nuovi Selvaggi” e della
stessa “Transavanguardia Italiana”.
Ma sopra u o colpiva, con subitaneo
risalto conce uale ed emo vo, l’inten-
sità visionaria di quelle raffigurazioni,
preludio del resto inevitabile al ciclo
delle materiche pi ure bianche, come
se per l’appunto l’ar sta davan alla
fine dell’esistenza, poi non tanto lon-
tana, data l’avanzata età che egli aveva
raggiunto e su cui andava ormai medi-
tando con religiosa serenità, mirasse a
trovare nel bianco più puro, tramite e
oltre il bianco stesso, il via co estremo
a quella luce assoluta che aveva tentato
di ricercare e decantare in ogni mo vo
e momento dell’opera. Infa l’idea e la
natura misteriosamente effusiva della
luce quale energia immanente della spa-
zialità cosmica pervade e si propaga dai
dipin , qui, espos dove, come si può
visibilmente riscontrare, ogni annuncio
e traccia di colore e di forma convergo-
no, inestricabilmente, a suscitare anco-
ra percezioni ed emozioni nuove, poiché
quanto appare sulla superficie pi orica
non è solo il segno peraltro tangibile di
un pensiero e di un’immagine a orno
alla dinamica relazione di materia-ener-
gia, di colore-‐luce, ma una figurazione
di per sé finora inaudita, trasformandosi
addiri ura in una sindone evoca va di
quella invisibile presenza che anima in
sé è e di sé sia le cose terrene sia quelle
celes . Cimentandosi infine con questa
materia monocroma ca, dando persino
irriducibile centralità a quel “non colo-
re” e al suo opposto, il nero, Guidi di-
mostra in maniera concreta che la luce
non può che eccedere per forza crea va
interna ogni determinazione puramen-
te sensibile del colore e della forma,
ogni illusoria pretesa allora di configu-
rarne e di rappresentarne pienamente
e defini vamente la reale e da sempre
nuovamente e diversamente originaria
natura.
Per Guidi la sostanza di questa luce è
quell’altrove a cui ogni sua immagine
rimanda come possibile incontro nella
con ngenza rivela va di una specula-
zione interminabile e di un fare che ad
essa si richiama nel proprio incessante
impulso crea vo. Nascono da questo
anelito, insieme spirituale ed espressi-
vo, i cicli pi orici sul mo vo delle Figure
agitate, orchestrate e modulate sul re-
gistro dei grigi, dei neri, dei bianchi, fan-
tasma che tracce e movenze di sagome
umane plasmate e ritmate nello spazio
da una materia-segno di elementare
enunciazione formale.
L’ar sta che era pure arrivato a formula-
re una essenzialità d’immagine di indi-
cibili trasparenze con le famose sintesi
delle sue Marine astra e e spaziali, ri-
uscendo inoltre ad inventare pologie
figura ve altresì pressoché scorporate e
disincarnate nell’eterea leggerezza del-
le sue angelicate apparizioni femminili,
giungeva ora ad altri estremi di visione,
sino a sprofondare con lo sguardo den-
tro inquietan oscurità materiche per
denunciare e rimuovere cieche tenebre
spirituali e perturban abissi esisten-
ziali. Risaltano allora ver ginosamente
sullo schermo della superficie pi orica -‐
resa in precedenza come vibrante pelli-
cola appena impressionata per prodigio-
se captazioni immagina ve – le febbrili
segnature e i materici stra composi vi
di una gestualità invece immediata e
convulsa che intride persino con violen-
za la levita intangibile del libero flusso
luminoso, divenuto in quel bianco su-
dario unica e stremata effige ormai del
suo corpo ossificato, anzi cristallizzato in
una durezza minerale. Pochi erra ci ma
infallibili segni configurano, generandoli
e percorrendoli secondo oblique e con-
trastan dinamiche gestuali, gli infuo-
ca spazi di quelle allucinatorie traiet-
torie psichiche e visuali, abita soltanto
da ectoplasmi, da spe ri umani; anco-
ra profili di figure irrompen e con le
braccia alzate nell’a eggiamento di una
invocazione senza fine, forse non più
appellabile o già defini vamente nega-
ta per troppi inascolta ammonimen .
Talvolta sui solchi e rilievi di quella spes-
sa e grumosa materia bianca, debordan-
14 - 15
te dai suoi confini, inaspe atamente si
incunea come uno sperone tagliente
qualche lampo di rosso o di giallo, la pia-
na stesura di una lama triangolare che
non solo croma camente sfregia la su-
perficie di quell’uniforme e mercuriale
incandescenza spaziale.
Così si susseguono nelle opere di quel
momento, presen ugualmente alla
mostra, an che e nuove tema che ico-
nografiche ed immagina ve, gli Incontri,
i Vol , le Grandi teste femminili, le Figu-
re agitate, l’Uomo e il cielo, per finire
con due strepitose figurazioni. Una di
queste è la ripresa addiri ura del mo -
vo della “Donna che si leva”, del ’21, as-
sumendo però un diverso tolo quello
della “Prigioniera”, l’altra un’ ulteriore
rappresentazione sul tema dell’Albero,
il cui ciclo avviato nel ’72, risulta qui
stupendamente proposto in una versio-
ne simbolica e immaginifica di assoluta
insuperabile modernità per sapienza di
sintesi costru va e d’invenzione lirica e
formale.
L’icas ca bellezza che emana la figura-
zione proviene in realtà da un fulgore
indicibile che di sé genera ed impregna
anche plas camente la stessa stru ura
emergente del tronco dell’albero, inu-
sitatamente bianco, soltanto bianco sul
fondo di un bianco appena diverso, e
modella, a sua volta, gli ovali degli oc-
chi, sempre della stessa tonalità. i quali
fungono come fioren foglie dei rami:
occhi frontalmente spalancan ed inter-
rogan per stupori inesplicabili. Bianco
su bianco è anche la mater-materia con
cui Guidi plasma i lineamen a ne o
rilievo della figura della Prigioniera. La
donna reclusa dietro la grata, ma in ef-
fe sono delle sbarre, si erge disperata
con le braccia alzate, mossa non da un
senso di necessitata ribellione, bensì da
un bisogno più interiore, invocante piut-
tosto l’urgenza di un pietas esiliata da
tempo dalla storia degli uomini.
Ora l’accostamento anche interpreta vo
da osare per tale opera è quello possibi-
le soltanto con l’ Urlo di Munch, proba-
bilmente si è tra ato in questo caso per
Guidi di un convergente richiamo anche
ideale, peraltro non del tu o casuale né
incongruo sia per pari tensione spiritua-
le che per qualità s lis ca. Ma, diversa-
mente, il grido della donna prigioniera
non si rivolta dilagando poi sulla strada
del mondo, per lei resta anzi strozzato
in gola, dramma camente muto, poiché
ciò che avviene, a meno che non sia già
16 - 17
avvenuto e che si mostra non solo sim-
bolicamente, riguarda addiri ura la si-
gnificazione medesima della luce e l’esi-
stenza stessa della pi ura che come altri
valori, pure ritenu perenni, con nuano
nel nostro mondo ad essere messi ormai
in pericolo, a rischio di scomparire, az-
zera per sempre. Condanna pertanto
a una più terribile forma di segregazione
o, peggio, ad una progressiva esclusio-
ne sia culturale che sociale dovuta per
lo più a quel travolgimento imperiosa-
mente dominante del nichilismo a uale
le cui prospe ve sembrano condo e ad
intrappolare e vanificare ogni orizzonte.
sia con ngente che futuro.
Ma perciò dietro i tra quasi minimali
e spesso persino imperce bili con cui
Guidi ha ancora foggiato queste imma-
gini di un mondo appunto disorientato e
sconvolto, dentro la divorante ossessio-
ne di quel bianco us onante che però
suggella, a sua volta, le ul me parven-
ze, le finali impronte di una luce ormai
annichilita, fossilizzata, la cui residuale
materia fisica porta visualmente quelle
tragiche s mmate nel suo stesso corpo,
si può e si deve propriamente intravve-
dere e comprendere in sostanza a quali
incredibili significan esi conosci vi
alla fine fosse veramente allora appro-
dato con le sue espressioni.
Ancorché medesimamente incarcerata
in quel bianco abbacinante la luce di
questa pi ura guidiana risplende tut-
tavia di altri emblema ci presagi, per-
sonificando e descrivendo le ineffabili
parabole di supreme allegorie, una luce
chiamata pertanto a custodire e traman-
dare ancora l’incanto immutabile del
suo mistero vivente e di questo poi ri-
suona ogni evoca vo segno, ogni vibra-
zione della materia, ogni nervatura dello
spazio e della forma di queste smaglian-
immagini dell’ar sta.. Nella visione di
quell’umanità alla deriva, angosciata e
sgomenta, come mostrano le scene sul
giro delle varian a orno all’insis to
ciclo delle Figure agitate, sia poi nella
più governata rappresentazione di una
danza allusivamente iera ca che insce-
nano quelle fantasma che figure di Gui-
di, oppure in quelle versioni pi oriche
manifestan , invece, un turbinio di ge-
s e movenze disordinate e scomposte,
vi incombe inaspe atamente dall’alto,
ora, un grande disco vuoto, talvolta un
enorme occhio scrutatore, talaltra una
enigma ca icona che sembra svolgere
dal cielo il compito di sorvegliare, di am-
monire, infine di giudicare. Ma anche
vi si deve piu osto scoprire e cogliere,
proprio in taluni dei mo vi sviluppa
per parecchi dei dipin appunto espo-
s , una modernissima rielaborazione
invece dell’iconografia della Penteco-
ste, giacché tale pure significa quell’an-
nuncio meravigliosamente abbagliante,
quantunque del tu o oramai ina eso,
di luce rives ta ancora di indicibile gra-
zia, oltre il bianco nuovamente soltanto
il suo puro ineffabile evento. L’evento
di una luce, evocata qui da una pi ura
di irraggiante fulgore, quindi una luce
improvvisamente comunque ritornan-
te, discesa ancora una volta nel mondo
per risvegliare ed illuminare l’incerta e
pavida, se non ormai cieca, coscienza
degli uomini mancan di fede e di spe-
ranze. Une luce, certamente allo stesso
modo fisica e metafisica, il cui senso
profondo Guidi non aveva però mai per-
duto o smarrito durante il suo cammino
di uomo e di ar sta, e che con queste
opere, altre anto straordinarie, egli ha
nuovamente consegnato a una durata
senza tempo.
T T
18 - 19
V I R G I L I O
Gg Uu Iiı Dd IiıOo Pp Ee Rr Ee
22 - 23
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 90 x 70, 1976
24 - 25
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, 1976
26 - 27
IiıMmMmAaGgIiıNnIiıolio su tela, cm 70 x 90, 1977
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAaolio su tela, cm 70 x 90, 1976
28 - 29
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, 1977
30 - 31
32 - 33
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, 1976
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, 1977
34 - 35
36 - 37
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAaolio su tela, cm 70 x 90, 1976
38 - 39
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAaolio su tela, cm 70 x 90, 1978
40 - 41
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAaolio su tela, cm 70 x 90, fine anni ‘70
42 - 43
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 90 x 120, 1979
44 - 45
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, 1978
46 - 47
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAa BbIiıAaNnCcAaolio su tela, cm 70 x 90, 1978
48 - 49
GgRrAaNnDdEe TtEeSsTtAa BbIiıAaNnCcAaolio su tela, cm 70 x 90, 1978
50 - 51
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 90 x 120, 1977
52 - 53
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 90 x 120, 1978
54 - 55
FfIiıGgUuRrEe AaGgIiıTtAaTtEeolio su tela, cm 70 x 90, fine anni ‘70
GgRrAaNnDdEe AaLlBbEeRrOoolio su tela, cm 182 x 150, 1982
56 - 57
AaLlBbEeRrIiıolio su tela, cm 90 x 70, 1981
58 - 59
60 - 61
DdOoNnNnAa CcHhEe SsIiı LlEeVvAaolio su tela, cm 120 x 90, 1981
V I R G I L I O
Gg Uu Iiı Dd Iiı
maestro lascia al secondo anno l’Accademia
ed intraprende una ricerca del tu o libera ed
indipendente dalle influenze del momento.
Nel 1913 partecipa e vince il concorso “Lana”
in pi ura bandito dall’Accademia e in questo
periodo comincia ad esporre i suoi primi la-
vori. Partecipa alle due mostre delle seces-
sioni romane dove si interessa in par colare
dell’opera di Cezanne e di Ma sse.
Per venire incontro alle necessità econo-
miche della famiglia dal 1916 è costre o a
impiegarsi presso il Genio civile a Roma, e
vi rimane per due anni come disegnatore.
Fra 1920 -‐ ‘23: Dipinge alcuni dei suoi più
importan quadri di figure. Ne espone nella
Da giovane Virgilio Guidi segue i corsi
dell’Is tuto Tecnico a Roma, appassionato di
geometria e disegno. Per col vare quest’ul-
ma vocazione segue anche i corsi serali del-
la Scuola Libera di Pi ura.
Nel 1908 abbandona l’Is tuto Tecnico e va a
far pra ca di pi ura nella bo ega del restau-
ratore e decoratore romano Giovanni Capra-
nesi il quale alla fine dell’anno lo promuove
suo primo aiuto.
A distanza di pochi anni, siamo nel 1911, per
contras sulle tendenze della pi ura moder-
na, abbandona lo studio di Capranesi e si
iscrive all’Accademia di Belle Ar a Roma con
Aris de Sartorio. Per dissensi este ci con il
Bb Iiı Oo Gg Rr Aa Ff Iiı Aa
XIII Biennale di Venezia del 1922. Comincia
a vendere i suoi dipin e frequenta la “terza
sale a” del Caffé Aragno dove entra in con-
ta o, tra altri, con Giorgio De Chirico, Giu-
seppe Ungare , Roberto Longhi e Vincenzo
Cardarelli. Nel 1924 raggiunge il successo
alla XIV Biennale di Venezia con il suo Tram.
Il parere favorevole della cri ca sancisce un
riconoscimento internazionale tanto che il
Granducato di Lussemburgo si offre di acqui-
stare l’opera, ma Guidi preferisce che essa
rimanga in Italia (ora alla Galleria di Arte
Moderna a Roma). Nel 1926 prende parte
alla prima mostra del “Novecento Italiano”
a Milano, al Palazzo della Permanente e par-
teciperà anche alla seconda, nel 1929 pur
conservando una certa autonomia rispe o
agli indirizzi di quella tendenza. Nel 1927 è
nominato per chiara fama alla Ca edra di
Pi ura presso l’Accademia di Belle Ar di Ve-
nezia, precedentemente occupata da E ore
Tito. Sia nel 1928 che nel 29 partecipa alla
XVI Biennale di Venezia dove presenta le pri-
me versione le prime Marine sul tema della
Giudecca.
Si interessa a definire la sua poe ca anche
con tes teorici alcuni dei quali saranno
pubblica nel catalogo della Quadriennale
Romana. Nel 1935 per contras con le ten-
denze prevalen nell’Accademia Veneziana è
trasferito d’autorità all’Accademia Clemen -
na di Bologna dove rimane fino al 1944. Nel
1936 ene alla Galleria del Milione una im-
portante mostra personale. Il 1937 è l’anno
della prima monografia che è edita a New
York e curata dalla giornalista e cri ca ame-
ricana Nedda Arnova, inoltre presenta sul
“Bolle no d’Arte”, pubblicato a Bologna,
vari saggi sulla sua ricerca di un plas cismo
fondato sul trinomio luce-forma-colore. Par-
tecipa alla XXII Biennale di Venezia con una
sala personale. Inizia nel ’42 l’a vità di po-
eta che troverà sviluppo nelle pubblicazioni
successive a datare dal 1959. In preceden-
za nel gabine o di Visseux a Firenze espo-
ne in una conferenza i sviluppi del suo pen-
siero este co e della sua poe ca ar s ca.
Nel 1944 torna defini vamente a Venezia.
Dal 1947 -‐ ’48 avvia il ciclo sulle sinte che
Marine Veneziane e presenta alla Biennale
dello stesso anno una serie di Figure nello
Spazio. E’ ancora presente alla XXIV Bienna-
le con altri esponen del gruppo di Fonta-
na dello Spazialismo. Con nua in seguito a
sperimentare nuovi cicli pi orici sul mo vo
di astrazioni sia gestuali che croma che, dia-
logando a suo modo, prima con l’esperienza
dell’informale e poi con le nuove tendenze
che andavano emergendo sulla scena inter-
nazionale. Dal 70 all’80 elabora ulteriori de-
clinazioni sui mo vi iconografici più cara e-
ris ci del suo repertorio, dalle Nuove Figure
alle Figure Agitate, dalle Grandi Teste alle
Marine Spaziali, concludendo con il ciclo sul
tema del “L’Uomo ed il Cielo”, riscoprendo
una matericità gestuale del tu o nuova spe-
cie nella serie dei “Bianchi su Bianco”. Muo-
re a Venezia il 7 gennaio 1984.