VOCI DI CASA
Periodico della
Fondazione
Villa Giovanni XXIII - ONLUS
N. 21
Settembre
2016
Anno VI
IL CANTICO DELL’ANZIANO
Benedetti quelli che mi guardano con simpatia
Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco
Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia
sordità
Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti
Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza
Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi
tante volte ripetuti
Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto
Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo
Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine
Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza
Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita
Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio
Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il
Signore Gesù
Un’estate al mare Pag.1 2
Villa Giovanni si colora
d’arte grazie a
Cecilia Mangini
Pag. 3
Pensieri in libertà Pag. 4
Il mio tirocinio presso
la Casa dell’Anziano
“Villa Giovanni XXIII”
Pag. 5
Mandala Pag. 8
La cucina della nonna Pag. 9
...e infine alcuni dei nostri compleanni
Pag. 13
SOMMARIO:
VOCI DI CASA Pagina 2
Nella Schiavone, ospite
UN’ESTATE AL MARE
L’estate passata è stata molto bella. Abbiamo trascorso le vacanze al mare. Ho
letto il giornale di Famiglia Cristiana. Abbiamo giocato a scopa fra di noi con le
carte da gioco. Noi siamo stati sotto gli alberi della spiaggia, all’ombra. Lungo la
spiaggia c’era molto sole e le persone si sono abbronzate con la crema abbronzan-
te. Il mare è stato molto bello, con le barche che passeggiavano. Alcune volte era
calmo, altre volte era agitato. Alcune volte abbiamo passeggiato sul lungomare, e
abbiamo goduto del sole cocente sulla spiaggia. Alcune persone avevano il prendiso-
le ed erano sdraiate al sole.
N. 21 Pagina 3
VILLA GIOVANNI SI COLORA D’ARTE GRAZIE A CECILIA MANGINI
Nonostante la predilezione ad esprimermi attra-
verso i colori piuttosto che le parole, le sensa-
zioni che hanno accompagnato questo meritano di
essere espresse con un sentito grazie.
Provo un’immensa gratitudine per aver avuto la
possibilità di realizzare queste opere, non solo
per l’esperienza lavorativa, ma soprattutto per
quella umana. Io lavoro con il desiderio di donare
felicità a chi guarda, la stessa che ho io mentre
dipingo.
E giorno dopo
giorno, pennellata dopo pennellata, vedere gli
sguardi illuminati di fronte ad ogni nuovo parti-
colare, mi ha ricordato quanto sia gratificante il
mio lavoro.
Non da meno
la gratitudine
verso la genti-
lezza, la di-
s p on i b i l i t à ,
l’accoglienza e
la discreta presenza di tutti. È stata un’espe-
rienza lavorativa che ha sicuramente lasciato un
segno positivo, e di questo non si può che essere
grati.
Cecilia Mangini
VOCI DI CASA Pagina 4
PENSIERI IN LIBERTÀ
Sul lungo viale alberato, in lonta-
nanza si vede una sagoma di uomo
che si avvicina con passo claudi-
cante come se cercasse qualcosa.
Di fatto si ferma e trova un dolce
prato verde con erba tenerissima.
Posa il suo zaino sul prato, apre il
sacco e preleva un tozzo di pane
raffermo. Si siede, lo mangia e si
stende posando il capo sullo zaino; e quello è il suo letto, come coperta in cielo
stellato e per fargli compagnia una bella luna luminosa, e dorme felicemente rin-
graziando Dio per quello che ha trovato, la natura…
Beppe Salvemini, ospite
A soli 25 anni, il giovane Santon si ritrova un im-
menso patrimonio. Ha conosciuto una donna, Rosa.
La loro unione sarebbe solo un accordo formale,
un contratto necessario a tenere insieme una so-
cietà molto quotata. Ma non è tutto oro quel che
luccica.
Nella Schiavone, ospite
N. 21 Pagina 5
IL MIO TIROCINIO PRESSO LA CASA DELL’ANZIANO
“VILLA GIOVANNI XXIII”
Da sempre incline ad aiutare il prossimo in difficoltà, convinta che un sorriso, uno
sguardo rassicurante, un incoraggiamento siano indispensabili per alleviare le soffe-
renze altrui e che altresì occorra intervenire fattivamente con solerzia e dedizione
senza mai risparmiarsi, ho accolto con entusiasmo la proposta di tirocinio presso la
“Fondazione Villa Giovanni XXIII” di Bitonto. Ho preso servizio come tirocinante
OSS il 2 maggio e ho concluso la mia attività il 29 luglio.
La prima settimana è stata dedicata all’osservazione della struttura, costituita da
una RSSA, un Centro residenziale, un Centro diurno e un Centro Alzheimer, e a pre-
stare aiuto nel reparto “Tulipano”, “Orchidea”, “Gardenia” e “Ciclamino”. Ciascun re-
VOCI DI CASA Pagina 6
parto reca il nome di un fiore, che per tradizione è simbolo di vita e di amore. Co-
me biglietto da visita niente male.
Da subito sono rimasta favorevolmente impressionata dalla serietà, dall’umanità e
dalla professionalità dell’equipe che garantisce un soggiorno confortevole agli an-
ziani. Mi sono dedicata per lo più alla cura dell’igiene intima degli ospiti, alla loro
vestizione e alla loro nutrizione e dopo pranzo, alla pulizia della sala comune dei
residenti. Il lavoro che ho svolto in più non mi è pesato perché il clima di solidarie-
tà che si respirava si addice alla mia indole e mi induce quasi naturalmente ad ope-
rare.
Nella seconda settimana non ho assolto il ruolo di tirocinante, ma quello di una
OSS a tempo pieno. Un’esperienza proficua dacché non mi sono sentita un’estra-
nea, ma una del gruppo degli operatori OSS. Mi hanno, infatti, inserita nel registro
cartaceo, offerto possibilità maggiori di intervento, dato fiducia e sicurezza lavo-
rativa. Le mie giornate sono state belle e faticose, ma tutte segnate dal buongior-
no che mi dà con gli occhi una paziente affetta da Alzheimer e da diabete, alletta-
ta, che presenta piaghe da decubito al quarto stadio e che chiamerò con nome fit-
tizio Anna. Dal primo momento in cui ho preso servizio nella struttura, Anna mi ha
accolto col suo sguardo dolce e sorridente, che mi ha immediatamente conquistata.
Non è passato giorno che non sia stato illuminato dal suo sorriso e essersi presa
cura di lei è stato riscoprire la bellezza della vita.
La terza settimana è stata a dir poco fantastica. Abbiamo avuto la “visita” della
Madonna Immacolata: la sacra statua ha soggiornato nella struttura per tre giorni.
Gli ospiti, soprattutto gli autonomi, erano strafelici e si sono vissuti momenti di
intensa spiritualità. Poi, abbiamo festeggiato cinque compleanni in un’atmosfera di
gioia e serenità: ho distribuito fette di torta, ho aiutato a mangiare chi non è au-
tosufficiente, ho giocato e scherzato con ospiti e colleghi. Insomma, mi sono sen-
tita un’operatrice OSS a tutti gli effetti. Poi, mi sono stati affidati incarichi in
più. Ho lavato da sola gli ospiti, li ho imboccati, li ho messi a letto. Quando dovevo
alzare qualche anziano non autosufficiente dalla carrozzella, mi sentivo in sintonia
con gli altri operatori, perché, come da prassi, per mettere a letto chi è costretto
a vivere in carrozzella occorre essere in due. Sono felice perché ho svolto un la-
voro che mi piace e che sento mio. L’unica nota triste, Anna. Si aggravavano quoti-
dianamente le sue condizioni di salute. Lei mi dedicava un sorriso debole e con gli
N. 21 Pagina 7
occhi mi ringraziava. Qui tutti la chiamavano “la mamma”. E nei modi, nel garbo, nei
sentimenti lo è stata.
Ho cercato in tutti i modi di rendere liete le giornate malinconiche degli ospiti,
dal momento che gran parte di loro non ha parenti o è stata brutalmente abbando-
nata: si vedono film d’amore nella sala del cinema, si ascoltano canzoni, si balla o si
fa il karaoke nella sala comune, si viaggia nella rete nella sala computer. Inoltre,
ospiti esterni allietano le serate con canti, spettacoli e cabaret. Tutto il personale,
dal direttore, alle dottoresse, alla psicologa, agli infermieri, agli operatori, è stato
molto disponibile, gentile ed educato. Tutti operano col sorriso, mai una volta ho
sentito e visto trattare male un ospite, anche quello più irrequieto, tanto so bene
che ogni gesto provocatorio e ogni parola detta fuori posto, soprattutto da chi
soffre di deficit mentale, sono un modo per attirare l’attenzione. Basta, infatti,
una carezza per calmare siffatti soggetti.
Sono stata fortunata nel mio tirocinio perché ho trovato un luogo speciale e mi
piacerebbe molto lavorare in una struttura simile, dove l’amore per il prossimo va
oltre il semplice gesto, dove il giorno non è una sequenza monotona di interminabili
minuti, ma una sorpresa continua, dove la professionalità si sposa con l’umanità,
dove, infine, si ascolta il cuore, non solo la testa.
E Anna? Anna non ce l’ha fatta. La malattia l’ha lentamente e inesorabilmente con-
sumata. Eppure, non c’è stato gesto mio che non sia stato accompagnato da un dol-
ce sorriso di ringraziamento, da un battito di ciglia, da uno sfiorare di dita aggrin-
zite dalla vita. La “mamma” mi ha insegnato che niente in questo mondo è banale,
che una parola può colorare la giornata più nera, che non è difficile dire grazie.
Ecco, non è vero che Anna è morta. Lei vivrà in ogni mio gesto, quando avrò imboc-
cato un paziente, quando avrò lavato un anziano, quando avrò messo a letto un sog-
getto non autosufficiente. È a quel grazie che dedicherò la mia professione.
Francesca Bufano,
tirocinante OSS
VOCI DI CASA Pagina 8
MANDALA
I mandala sono particolari “stimoli visivi” che possono essere utilizzati per impor-
tanti scopi terapeutici. Il loro nome, che significa cerchio, fa riferimento in modo
simbolico al microcosmo dell’universo; richiamano quindi in qualche modo l’idea di un
processo esistenziale, in cui tutto ha un inizio e una fine e che, come tale, porta
con sé l’esigenza insita in ogni essere umano di giungere ad una perfezione, armo-
nia e completezza interiori.
Pertanto, disegnarli e colorarli consente ad ogni persona di “sentire” tale interiori-
tà e spiritualità profonde, esprimerle in modo simbolico e, contemporaneamente,
elaborare in modo creativo e intimamente personale, le proprie tensioni psichiche
quotidiane.
Ecco alcuni meravigliosi Mandala realizzati da una nostra ospite molto creativa,
Pasqua Maffei.
Antonia Fallacara, psicologa
Mariarosa Saliani, educatrice
N. 21 Pagina 9
LA CUCINA DELLA NONNA
SPAGHETTI ALL’AMATRICIANA
Gli spaghetti all'Amatriciana sono uno dei simboli della tradizione culinaria italia-
na. La ricetta originale, nata ad Amatrice, una piccola cittadina laziale, al confine
con l'Abruzzo, colpita dal recente terremoto, prevede rigorosamente gli spaghetti e
non i bucatini tant'è che persino i cartelli Comunali all'ingresso della città indicano
"Amatrice, città degli Spaghetti".
Nel tempo la ricetta è stata acquisita dal-
la cucina romanesca che ne ha modificato
uno degli ingredienti base, gli spaghetti
con i bucatini. In passato la ricetta era un
pasto povero dei pastori ed era in bianco,
solamente spaghetti, guanciale e pecorino
e null'altro. I pastori che vivevano di tran-
sumanza portavano nei loro zaini pepe, pecorino, guanciale, strutto e pasta e li cuo-
cevano insieme per prepararsi un primo sostanzioso e soddisfacente. Da allora, la
pasta con pecorino, guanciale e strutto si definisce gricia. Secondo alcuni il nome
VOCI DI CASA Pagina 10
deriverebbe da gricio. Così era chiamato nella Roma dell'Ottocento il venditore di
pane ed altri commestibili. Un gruppo di questi, immigrato dal Cantone svizzero dei
Grigioni, avrebbe dato origine al termine. Secondo un'altra ipotesi questo nome
deriverebbe da un paesino a pochi chilometri da Amatrice, frazione del comune di
Accumuli, di nome Griscia. La griscia era ed è ancora conosciuta come l'amatriciana
senza il pomodoro.
La versione con il pomodoro risale alla fine del 1700. La prima testimonianza scrit-
ta dell'uso della salsa di pomodoro per condire la pasta si trova nel manuale di cu-
cina L'Apicio Moderno, scritto nel 1790
dal cuoco romano Francesco Leonardi.
La diffusione su scala nazionale del sugo
all’amatriciana si ebbe nell'Ottocento
quando molti amatriciani emigrarono a
Roma a causa della crisi della pastorizia
e, trovando occupazione nella ristorazio-
ne, fecero conoscere il piatto dei loro
avi. Il primo storico ristorante amatri-
ciano di Roma risale al 1860 e si chiamava Il Passetto, poiché attraverso il risto-
rante si poteva passare dal Vicolo del Passetto a Piazza Navona.
Nel corso del tempo la ricetta si è modificata con l’aggiunta di alcuni ingredienti
che non andrebbero utilizzati, vale a dire la cipolla, l’aglio e la pancetta. Quest’ulti-
ma, per esempio, è troppo salata e saporita ed altera il gusto tradizionale del piat-
to. La vera amatriciana di Amatrice si prepara infatti con il guanciale, ricavato dal-
la guancia del maiale e caratterizzato da
un sapore più delicato.
Per assaporare davvero questo piatto, il
sugo andrebbe preparato con i pomodori
casalini, varietà tipica dei Castelli Romani.
I casalini hanno un sapore intenso e piace-
vole con una nota leggermente acidula. Una
valida alternativa ai Casalini sono i pomo-
dori San Marzano.
N. 21 Pagina 11
In questa rubrica vi propongo, a seconda dei gusti, le due versioni:
Amatriciana bianca
Ingredienti (per 4 persone):
500 g di spaghetti
125 g di guanciale di Amatrice
un cucchiaio di olio di oliva extravergine un goccio di vino bianco secco
100 g di pecorino di Amatrice grattugiato sale.
Preparazione:
Tagliamo il guanciale a listarelle lunghe e lo rosoliamo in una padella aggiungiamo
un’abbondante manciata di pepe nero e cuociamo a fuoco basso per alcuni minuti
finché il guanciale non risulterà leggermente dorato, facendo molta attenzione che
non si bruci o si rosoli troppo, regola fondamentale per la riuscita del piatto.
Uniamo al guanciale gli spaghetti cotti al dente in abbondante acqua salata e ag-
giungiamo abbondante pecorino amatriciano– più delicato e meno salato del romano
–e pepe nero macinato fresco a piacere.
Amalgamiamo il tutto e serviamo l'Amatriciana Bianca calda con una spolverata di
pecorino e un’ultima macinata di pepe.
VOCI DI CASA Pagina 12
Amatriciana rossa
Ingredienti (per 4 persone):
500 g di spaghetti
125 g di guanciale di Amatrice
un cucchiaio di olio di oliva extravergine un goccio di vino bianco secco
6 o 7 pomodori San Marzano o 400 g di pomodori pelati un pezzetto di peperoncino
100 g di pecorino di Amatrice grattugiato sale
Preparazione:
In una padella alta mettiamo a rosolare a fuoco vivo il guanciale fatto a tocchetti e
il peperoncino con l'’olio per pochi minuti. Sfumiamo con il vino e mettiamo da par-
te il guanciale in una terrina per evitare che si secchi troppo.
Nella stessa padella cuociamo i pomodori - che avremo precedentemente sbollen-
tato per privarli più facilmente dei semi e della pelle - con un filo d’olio e, infine
versiamo la salsa nella terrina con il guanciale, mescoliamo il tutto e uniamo la pa-
sta, cotta al dente in abbondante acqua salata.
Aggiungiamo abbondante pecorino grattugiato e amalgamiamo il tutto.
Serviamo l'Amatriciana calda con una spolverata di pecorino sopra.
Laura Fano
N. 21 Pagina 13
...E INFINE ALCUNI DEI NOSTRI COMPLEANNI
Giovanna Guastamacchia
Rosa Ruggiero
Maria Desantis