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XXX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
L A REGIONALIZZAZIONE DEL PATTO DI STABILITÀ : UN`APPLICAZIONE AI COMUNI
PIEMONTESI
Cristina Bargero1, Santino Piazza1
1 Ires Piemonte, via Nizza 18, 10125 Torino
SOMMARIO
Obiettivo del seguente paper è quello, dopo aver calcolato il rispetto del Patto di Stabilità
Interno da parte dei Comuni piemontesi ad esso soggetto, di avanzare una metodologia di
ipotesi per la regionalizzazione del Patto stesso, oggi consentita dal comma 11 dell’art 77-ter
del dlgsl. 112/2008, che prevede che la Regione, sulla base dei criteri stabiliti in sede di
Consiglio delle Autonomie, può adattare per gli Enti locali del proprio territorio, le regole e i
vincoli posti dal legislatore nazionale, per cogliere la diversità delle situazioni finanziarie
esistenti nella Regione stessa. Nell’applicazione del PSI, infatti, i Comuni si trovano spesso
in condizioni di difficoltà, sia per la continua revisione della disciplina ad esso relativa, che
impedisce una programmazione di medio periodo, sia per la natura stessa dei vincoli, che
spesso hanno avuto il risultato di deprimere la spesa in investimenti. Il seguente paper, dopo
aver preso in considerazione i principali assunti della letteratura economica in materia di
disciplina fiscale indicazioni e livelli di governo ed aver proceduto ad un’analisi dei Comuni
piemontesi che hanno rispettato o meno il PSI 2007, tenterà di elaborare, alcune proposte per
una implementazione della regionalizzazione del PSI.
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1. INTRODUZIONE
Il Patto di Stabilità Interno (PSI) è stato introdotto in Italia nel 1999 per contenere il deficit
aggregato degli Enti locali, facendo partecipare questi ultimi allo sforzo complessivo per il
raggiungimento degli obiettivi del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) a livello europeo. Se la
disciplina fiscale per gli Enti sub-nazionali si impone di incorporare nei vincoli dei medesimi
Enti una parte del contributo complessivo richiesto in termini di indebitamento netto dal PSC,
un ulteriore passo è stato compiuto dal legislatore al fine di rendere coerente la disciplina
fiscale con l’architettura finanziaria del nuovo articolo 119 della Costituzione. In particolare,
la legge 133/2008 prevede la possibilità di attribuire alle regioni a statuto ordinario la
competenza relativa alle regole e al rispetto dei vincoli assegnati agli Enti locali nel PSI. Il
presente lavoro è dedicato alle questioni rilevanti per l’applicazione di tale competenza e, in
particolare, alle problematiche connesse all’implementazione di un tale meccanismo nel caso
della Regione Piemonte, attraverso una prima applicazione delle regole del PSI per l’anno
2007 e l’analisi della finanza comunale nel periodo 1998-2006.
Il lavoro si articola in una introduzione alle principali indicazioni presenti in letteratura
economica a proposito della disciplina fiscale tra livelli di governo. Seguirà una descrizione
del calcolo effettuato per giungere all’individuazione dei Comuni piemontesi che secondo la
l.2006 n.296 non avrebbero rispettato il PSI. Saranno esaminate, infine, un’analisi dei
comportamenti differenziati di spesa dei Comuni sottoposti al patto e, all’interno di questo
insieme, dei Comuni, che non l’hanno rispettato e, in conclusione, alcune proposte per una
implementazione della regionalizzazione del PSI.
2. LA REGOLAZIONE DEI COMPORTAMENTI DI SPESA E DI D EBITO A LIVELLO SUB -NAZIONALE
Alla base dell’introduzione dei vincoli alla crescita della spesa o del debito a livello sub-
nazionale vi è l’interesse per la stabilità macroeconomica di un’entità nazionale o
sovranazionale. A livello aggregato si deve mantenere sotto controllo l’esposizione debitoria
complessiva; infatti, i rischi a cui un paese (o un’entità sovranazionale) è sottoposto a livello
aggregato sono strettamente connessi ai comportamenti di spesa e di indebitamento a livello
locale. Seguendo la classificazione in Ahmad et al. (2006), possiamo distinguere tra una
definizione dei vincoli imposti a livello locale e una descrizione delle metodologie con cui
questi vengono fatti rispettare.
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La necessità del ricorso dall’indebitamento nasce con l’esigenza di fronteggiare le fasi
negative del ciclo economico ed evitare soluzioni di continuità nella fornitura di servizi
pubblici, e, nel caso dei governi locali, la struttura idiosincratica delle responsabilità di spesa
a livello sub-nazionale, e in particolare la fornitura di infrastrutture locali, ne motivano il
ricorso. In generale, il richiamo al principio del beneficio è alla base del criterio per assegnare
tali responsabilità a livello locale, in quanto la produzione di beni a godimento differito
sostiene la necessità di spalmare il costo della fornitura anche sulle generazioni future.
Ciò che però viene ritenuto un corretto bilanciamento tra poteri di spesa e responsabilità
finanziaria dei governi locali si basa sull’introduzione di vincoli all’indebitamento (e/o alla
spesa), che implichino come obiettivi la stabilità macroeconomica aggregata e la salute dei
bilanci locali. Le argomentazioni in favore dell’introduzione di vincoli si possono condensare
essenzialmente in tre punti.
1. Il sostegno derivante dalla capacità di indebitamento a fronte di un rallentamento
ciclico può, se viene lasciata completa libertà ai governo sub-nazionali, trasformarsi in
una spinta ulteriore alla crescita della spesa pubblica. Da un lato la riluttanza dei
governi a ripagare il debito nelle fasi di ripresa economica, dall’altro le pressioni dei
gruppi di interesse durante le stesse fasi di ciclo positivo per aumentare la fornitura di
servizi pubblici e/o ridurre il peso delle tasse possono creare difficoltà ad ogni
tentativo di aumentare il surplus fiscale e ripagare il debito (Buchanan e Tollison,
1987).
2. Il problema detto del common-pool (Persson e Tabellini 2000), o la separazione del
costo di fornitura di un servizio e il beneficio che, a livello territoriale, se ne riceve.
Qualora un progetto di spesa pubblica vada a beneficio particolare di un territorio e il
suo finanziamento sia ricavato da un gettito comune a tutto un territorio, che
comprende tra gli altri il particolare territorio beneficiato, si avrà la conseguenza che
la giurisdizione beneficiata quasi esclusivamente dal progetto sopporterà solo una
frazione del costo complessivo di questo. La crescita della spesa viene direttamente
imputata alla mancata internalizzazione del costo complessivo da parte della
giurisdizione interessata.
3. Il soft-budget constraint a livello sub-nazionale è un ulteriore argomento a favore
dell’introduzione di vincoli.
Un semplice esempio di tale fenomeno è visibile qualora le giurisdizioni competano
per aggiudicarsi progetti di spesa finanziati dalla tassazione sovranazionale: uno dei
modi per attirare maggiori risorse può essere quello di lasciar correre l’indebitamento,
per poter richiedere ulteriori aiuti statali, sapendo che comunque non si potrà non
cancellare il debito accumulato e/o compensare i deficit creati localmente. La garanzia
che comunque si potrà godere di un salvataggio a livello sovra-nazionale, e quindi
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l’assenza di un vincolo di bilancio stringente, è radicata nell’assenza da parte del
governo centrale dell’impegno a un vincolo credibile, ovvero a un comportamento ex
ante ottimale nei confronti del governo sub-nazionale (Bordignon et al. 2001).
L’assenza di un vincolo di bilancio stringente a livello locale implica che pure i
soggetti finanziari privati non terranno conto in maniera ottimale del rischio di credito
dei governi locali nella concessione di prestiti, cosi come i governi locali non
direttamente coinvolti non vorranno che il governo centrale abdichi al suo potere di
prestatore di ultima istanza, temendo per il costo che un eventuale default di uno di
loro potrebbe imporre su tutti gli altri.
Una breve tipizzazione dei modelli di vincolo all’indebitamento è contenuta in Ter-Minassian
e Craig (1997):
i. La disciplina ai comportamenti di spesa a livello locale è lasciata completamente al
mercato, e segnatamente alle sue istituzioni finanziarie. USA e Canada non hanno
vincoli alla capacità di indebitamento locale e in questi paesi i governi locali
cercano di guadagnare sul mercato i meriti di credito necessari ad alzare il proprio
rating.
ii. Vi è invece un approccio che si basa sull’introduzione di regole o vincoli fiscali. Una
breve elencazione con i principali caveat applicabili ad ognuna può essere
proposta.
a) Tetti all’indebitamento o alla possibilità di contrarre prestiti. Sebbene siano di
gestione non eccessivamente complicata, possono venire aggirati attraverso
procedure contabili quali l’alienazione di asset o il trasferimento di debito ad
entità societarie controllate.
b) Obiettivi di deficit, o regole aventi ad oggetto la stabilità macroeconomica
degli aggregati di debito e/o deficit nazionali o sovra-nazionali. Anche in
questo caso, sono possibili compensazioni per alleviare il peso del vincolo
attraverso procedure contabili (debiti fuori bilancio o alienazioni una tantum di
asset) oppure sono possibili manovre che tendono ad innalzare
contemporaneamente entrate e spese, con possibili problemi a livello sovra-
locale. Regole di questo tipo (essenzialmente patti di stabilità domestici) sono
attive ad esempio in Belgio Spagna Italia Norvegia e USA
c) Tetti alla spesa. In genere sono di semplice applicazione, e spesso hanno
ridotto effettivamente la spesa locale (Poterba 1997) ma oltre alla
sperequazione che possono generare al variare dei comportamenti dei governi
locali, possono essere aggirati attraverso il ricorso a spese fuori bilancio
d) Regola d’oro, o la limitazione delle decisioni d’investimento dei governi locali
a spese d’investimento. Ne sono provviste ad esempio la Germania e la
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Spagna. Rimangono aperte le questioni relative alla effettiva capacità delle
spese d’investimento dei governo locali di generare effettivo rendimento
economico e sociale
e) Meccanismi che mirano a regolare la capacità di ripagare il debito, attraverso il
legame tra decisioni d’indebitamento a livello locale e adeguate proiezioni del
servizio sul debito in rapporto allo stock complessivo di debito, o simili
indicatori (ad esempio capacità d’entrata tributaria autonoma rispetto alla spesa
per il servizio del debito). Questo tipo di regole si pongono al servizio di
motivazioni legate all’equità intergenerazionale, e comunque possono
anch’esse essere aggirate attraverso la manipolazione delle condizioni
finanziarie.
Per quel che riguarda l’effettività delle diverse regole fiscali sub a)-e), si può notare come ad
una certa facilità di monitoraggio e alla trasparenza di tali regole corrisponda la difficoltà di
conciliare la garanzia del loro rispetto da parte degli Enti sub-nazionali con una sufficiente
flessibilità.
Vi sono poi approcci alla regolazione di tipo amministrativo, come ad esempio la titolarità in
capo agli stati centrali del potere di controllare direttamente la capacità di generare debito da
parte degli Enti di governo inferiore, oppure approcci di tipo cooperativo, dove i controlli
sull’indebitamento degli Enti locali sono governati da meccanismi creati all’interno di tavoli
negoziali ad hoc tra stato centrale e entità di governo sub-nazionali.
Tre principali tipi di meccanismi per la garanzia dell’effettività dei controlli
sull’indebitamento sono diffusi:
1) La disciplina di mercato, ovvero la sanzione che i mercati obbligazionari conferiscono
ad entità sub-nazionali in termini di tassi di interesse crescenti o interruzione dei flussi
creditizi
2) Accordi cooperativi tra livelli di governo per il controllo reciproco dei comportamenti
d’indebitamento
3) Creazione di Enti indipendenti per il monitoraggio e la eventuale sanzione dei
comportamenti non virtuosi degli Enti di governo inferiore
Nei paesi sviluppati (e in alcuni paesi in via di sviluppo) si presentano sotto diverse forme
alcune tipologie tra quelle descritte di regole fiscali, meccanismi di controllo e sanzione, ma
la letteratura empirica disponibile sulla capacità di tali regole e dei meccanismi di controllo di
moderare effettivamente la spesa degli Enti locali o di ridurre significativamente
l’indebitamento non è particolarmente ampia. Eccezioni importanti si danno nel caso dei
comportamenti degli stati e degli Enti sub-statali negli Stati Uniti (Bohn e Inman, 1996), dove
vi sono alcune conferme empiriche della effettività delle regole fiscali nel moderare i deficit.
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In Italia, la particolare versione del PSI introdotta nel 1999 si è incardinata su un mix tra le
tipologie b) –d), in assenza di un coerente e stabile sistema sanzionatorio. Vi sono state negli
anni diverse modifiche, ed è alla versione introdotta con la legge finanziaria 2006 che
vogliamo rivolgere la nostra analisi.
3. LE REGOLE DEL PSI PER GLI ENTI LOCALI ITALIANI PER IL 2007
Le attese del governo, nei documenti programmatici del 2006, venivano poste sul concorso al
miglioramento del saldo primario (per gli anni 2007-2008-2009 si prevedeva nel documento
Programma di Stabilità per l’Italia del dicembre 2006 un contributo del 0,2% sul Pil per il
2007 e 0,3% per il 2008 e 2009 in termini di contenimento della spesa) da parte degli Enti
locali come effetto dell’applicazione del nuovo patto di stabilità.
Le regole 2007 per il PSI cercano di risolvere i problemi legati alla precedente versione del
meccanismo, basato essenzialmente sui tetti di spesa. Il nuovo meccanismo, basato sul saldo
di bilancio, ricomprende una delle componenti della spesa che non entrava nel calcolo del PSI
(a differenza di quanto avveniva per il PSC1 in sede UE), la spesa in conto capitale, tenendo
conto del differente equilibrio iniziale degli Enti e imponendo una regola agli Enti locali in
termini di miglioramento dei saldi. La versione del patto introdotta nel 1999 faceva si che il
concorso alla manovra potesse essere più oneroso per un ente in avanzo e con spesa elevata
rispetto a quanto potesse essere richiesto a un ente in disavanzo. Inoltre si è introdotto, in
maniera si spera definitiva, il criterio della programmazione pluriennale ai fini del
miglioramento del saldo, in quanto i calcoli per il saldo da confrontare con i saldi effettivi di
consuntivo sono legati a medie triennali, e quindi permettono, se correttamente anticipati, di
spalmare su più anni l’effetto di un inatteso shock sulle entrate e/o sulle spese, in maniera da
rispettare comunque i vincoli di miglioramento imposti. L’inclusione del criterio della cassa e
delle spese in conto capitale nel calcolo, ha reso ancor più necessaria l’estensione dei periodi
di calcolo a più di un anno, data l’elevata volatilità degli aggregati relativi.
A proposito della questione, rimasta irrisolta, del calcolo del saldo tendenziale, ovvero
l’impossibilità di monitorare un saldo tendenziale che tenga conto, per ogni ente, degli effetti
della normativa in vigore, si rimanda al seguito, dove si discute di una possibile proposta di
regionalizzazione del patto.
I due saldi previsti dalla nuovo meccanismo del PSI sono:
(1)
1 Patto di Stabilità e Crescita a livello Comunitario.
7
Il saldo è detto concorso alla manovra basato sul saldo medio e viene calcolato su una media triennale per gli anni 2003-2005 utilizzando i dati di cassa ( sono le entrate e le
spese dei titoli primo e secondo del consuntivo). Un primo controllo deve essere effettuato sul saldo , ovvero, nel caso esso sia negativo, è necessario ricalcolarlo secondo la formula
con . Questa correzione si richiede agli Enti in disavanzo, cosi da condurre a
una riduzione pari al fattore nel 2007.
Un ulteriore passaggio è costituito dalla costruzione del concorso alla manovra basato sulla spesa corrente , ovvero il risultato dell’applicazione alla media della spesa corrente
(definita nel seguito ), per lo stesso periodo su cui è calcolato , del coefficiente . In formula . Il fattore di correzione si applica, a differenza di quanto accade
con , a tutti i Comuni, richiedendo un miglioramento generalizzato del saldo pari alla quota
risultante .
La determinazione del cosiddetto importo annuo della manovra ( ) sarà la risultante
dell’applicazione di:
(2)
Prima del risultato finale, ovvero il saldo finanziario obiettivo di cassa, è necessario sottoporre ad un ulteriore controllo l’importo , ovvero verificare se questo risulta essere
minore o maggiore del limite dell’8% delle spese finali al netto della concessione crediti ( ). Il calcolo del limite delle spese finali , si basa sulla media delle
spese finali al netto della concessione crediti ( per il medesimo triennio 2003-2005.
In pratica, ai fini della rideterminazione dell’importo annuo si dovrà verificare la
sussistenza di una delle due condizioni :
(3)
Il risultato si definisce Saldo Finanziario Obiettivo di cassa e risulta, in termini formali,
uguale a:
(4)
Con , ovvero le entrate del titolo IV categoria 1 destinate all’estinzione
anticipata di crediti mediate sul medesimo periodo del saldo .
Il secondo saldo, definito Saldo Finanziario Obiettivo di competenza, è basato, come per il calcolo del saldo , su medie triennali utilizzando per gli aggregati i valori di competenza. Il
saldo si definirà:
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(5)
al netto delle entrate e spese per riscossioni crediti di competenza. Il saldo finanziario
obiettivo di competenza sarà allora dato da:
(6)
al netto delle entrate per estinzione anticipata di crediti (di competenza) similmente a quanto
visto in precedenza.
I due saldi andranno poi confrontati con i risultati da consuntivo in termini di
saldi rispettivamente di cassa e competenza per il 20072, e nel caso nessuno dei due saldi risulti maggiore dei saldi obiettivo si potrà considerare l’ente come non
adempiente il PSI per il 2007.
Nel nostro calcolo, la verifica del patto di stabilità si basa sul confronto, per i Comuni piemontesi sottoposti al patto, tra i saldi e l’andamento dei saldi rilevati dal consuntivo
2007. Il comune che non rispetta i vincoli sui due saldi è considerato inadempiente rispetto al
patto di stabilità secondo le regole 2007.
Come si vede dalle espressioni (4) e (6), il nuovo meccanismo tiene conto della distanza
dall’equilibrio contabile, penalizzando non tanto il disavanzo ma la forbice più accentuata che
per alcuni Enti si verifica in termini di distanza dai saldi medi calcolati secondo le formule (4)
e (6) dato un certo ammontare di spesa corrente effettuato nel triennio di riferimento
(ricordiamo a questo proposito il contributo di (3) alla determinazione di (4) e (6)).
La situazione finanziaria dell’ente in termini di equilibrio medio , sia per cassa che per
competenza, costituisce un benchmark a cui il saldo 2007 viene commisurato, ponendo gli
Enti nella necessità di aggiustare il saldo aumentando le entrate e/o riducendo le spese per
meglio accorciare la distanza dall’equilibrio contabile (o se si vuole, dal disequilibrio
contabile) benchmark.
Se osserviamo le figure 1a e 1b, costruite utilizzando i saldi calcolati sui Comuni piemontesi
per il 2007, possiamo osservare come si dispongano le diverse situazioni di bilancio degli Enti
non virtuosi e degli Enti virtuosi rispetto all’asse orizzontale considerato come il livello di
partenza del saldo di riferimento (che può essere di segno negativo o positivo) individuato dai
saldi finanziari obiettivi di cassa. Per gli Enti non virtuosi, la distanza (sempre negativa) rispetto ai valori calcolati presenta un addensamento (in termini di Enti con
disequilibri più accentuati) intorno ai valori di attorno ai 500.000 euro mentre per gli
Enti virtuosi presenta un addensamento attorno al punto neutro di equilibrio (lungo l’asse
2 Il saldo di cassa e competenza basato sul consuntivo 2007 è calcolato con le medesime variabili utilizzate per
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orizzontale). Come si può osservare, abbiamo un unico rilevante outlier, in termini di distanza
dall’equilibrio, per quel che riguarda gli Enti non virtuosi, mentre ne abbiamo due nel caso
degli Enti virtuosi.
Figura 1 Distanza dall’equilibrio degli Enti non virtuosi
Figura 2 Distanza dall’equilibrio degli Enti virtuosi
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3.1 I Comuni piemontesi e il PSI 2007
Oggetto di questo paragrafo sarà un approfondimento empirico sul rispetto del PSI da parte
dei Comuni piemontesi, utilizzando le grandezze tratte dai certificati consuntivi 2004, 2005,
2006 per calcolare l’entità del saldo di cassa e di competenza e 2007 per verificare se
effettivamente esso sia stato rispettato e lo scostamento in positivo o in negativo dal saldo
obiettivo. Occorre, tuttavia, effettuare alcune precisazioni: innanzitutto, disponendo di dati
completi per i quattro anni non su tutti i 133 Comuni soggetti al PSI, l’analisi è stata condotta
su 124 Comuni; in secondo luogo nel calcolo del PSI si sono stimate alcune grandezze, di cui
non disponevamo di informazioni complete, quali la quota di alienazioni patrimoniali
destinate all’estinzione di mutui (ipotizzate essere pari a zero3)e le spese per nuovi uffici
giudiziari (ricavate dal Quadro IV e V dei certificati consuntivi per i soli Comuni di Cuneo e
Torino). I risultati saranno presentati suddividendo i Comuni in quattro classi dimensionali e
trattando Torino come realtà a se stante, essendo l’unica città piemontese con più di 250.000
abitanti.
In base a quanto disposto dalla Finanziaria, il rispetto del PSI 2007 doveva avvenire in termini
di cassa e competenza. Secondo la Comunità europea il criterio prevalente per il controllo dei
vincoli del Patto dovrebbe essere di competenza, tuttavia un vincolo solo sulla competenza
non consente un controllo sulla cassa (che rileva per il fabbisogno del settore statale), su cui
vi sono maggiori informazioni a livello centrale, che permettono dunque un monitoraggio più
tempestivo sugli Enti locali. Il 76% dei Comuni piemontesi, secondo le nostre stime, si è
attenuto ad entrambi i parametri.
Figura 3 Rispetto del PSI nel 2007
3 Abbiamo stimato che la quota di alienazioni patrimoniali utilizzata per estinguere mutui e debiti sia pari a zero in base alle risposte a una domanda specifica in tal senso somministrata attraverso questionari di tipo qualitativo somministrati per una ricerca relativa alla strategie finanziarie a 42 Comuni piemontesi soggetti al PSI.
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La maggior parte degli Enti che hanno sforato il PSI appartiene alla fascia compresa tra i
5.000 e i 20.000 abitanti, mentre quelli di maggiori dimensioni hanno mostrato maggiore
facilità ad attenersi alle regole imposte dal PSI, salvo sporadiche eccezioni. Solo 4 Comuni
non hanno rispettato il PSI in termini di cassa e competenza.
Tabella 1 Rispetto del PSI per classe dimensionale
Si No
5.000-19.999 56 27
20.000-49.999 21 2
> 50.000 6 1
Torino 1
Il rispetto del PSI in termini di cassa si è comunque mostrato più difficoltoso rispetto a quello
in termini di competenza.
Figura 4 Rispetto del PSI 2007 in termini di cassa
Ad avere mostrato maggiori difficoltà sono stati i Comuni compresi nella fascia tra i 5.000 e i
19.999, che presentavano già un disavanzo, e che hanno visto un aumento della spesa corrente
e per investimenti nel 2007 rispetto agli anni precedenti. Per alcuni di essi, pur essendo il
saldo positivo, risulta insufficiente il concorso alla manovra.
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Tabella 2 Rispetto del PSI 2007 in termini di cassa per classe dimensionale
Si No
5.000-19.999 70 23
20.000-49.999 17 6
> 50.000 7
Torino 1
Tabella 3 Situazione dei saldi dei Comuni che non hanno rispettato il PSI 2007 in termini di
cassa
Saldo + Saldo -
5.000-19.999 7 16
20.000-49.999 1 5
La classe compresa tra i 20.000 e i 49.999 abitanti ha riscontrato invece una diminuzione
delle entrate tributarie ed extratributarie non compensata dalla crescita dei trasferimenti, a
fronte in alcuni casi di un aumento della spesa in conto capitale e corrente. L’ente con saldo di
cassa positivo (tab. 3), ma fuori dai parametri del PSI, ha visto invece la maggior criticità
nell’aumento della spesa corrente.
Per quanto concerne il rispetto dei vincoli imposti in termini di competenza mista, quasi tutti i
Comuni (94%) si sono attenuti ad essi.
Figura 5 Rispetto del PSI 2007 in termini di competenza
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A denunciare maggiori problemi sono stati ancora una volta i Comuni di minori dimensioni, a
causa soprattutto delle difficoltà a ridurre la spesa corrente, ma anche un comune capoluogo
sopra i 50.000 abitanti.
Tabella 4 Rispetto del PSI 2007 in termini di competenza per classe dimensionale
Si No
5.000-19.999 88 5
20.000-49.999 21 2
> 50.000 6 1
Torino 1
Anche in questo caso gli Enti in disavanzo, sono quelli che non sono stati in grado di
raggiungere il saldo obiettivo prefissato.
Tabella 5 Situazione dei saldi dei Comuni che non hanno rispettato il PSI 2007 in termini di
competenza
Saldo + Saldo -
5.000-19.999 2 3
20.000-49.999 0 2
> 50.000 0 1
Complessivamente nel 2007 il disavanzo di cassa ammontava a circa 97 milioni di euro e
quello di competenza di 71 milioni, in netta diminuzione rispetto alla media del triennio 2003-
2005, grazie al rispetto da parte della maggior parte degli Enti del PSI.
Figura 6 Andamento del disavanzo di cassa e di competenza nei Comuni piemontesi
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Scendendo nel dettaglio dei dati per classe di comune nel 2007, si può notare come il
disavanzo di cassa e di competenza sia imputabile in gran parte al capoluogo (che in questi
ultimi anni ha visto una crescita della propria spesa in conto capitale), mentre mostrano saldi
positivi i Comuni di dimensioni medie e medio-grandi.
Figura 7 Avanzo e disavanzo di cassa al 2007 nei Comuni per classe dimensionale
Figura 8 Avanzo e disavanzo di competenza al 2007 nei Comuni per classe dimensionale
4. REGIONALIZZAZIONE DEL PATTO DI STABILITÀ . UNA DISCUSSIONE PRELIMINARE
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Premessa essenziale ad ogni proposta relativa a un meccanismo di regionalizzazione del patto
di stabilità è la definizione di un assetto equo ed efficiente della finanza comunale. In altre
parole si richiede il disegno di un meccanismo di finanziamento della spesa comunale che
risponda alle esigenze di copertura del fabbisogno standard degli Enti locali attraverso il
disegno di un assetto stabile di autonomia impositiva e opportuni trasferimenti perequativi (si
veda Piperno , Locatelli e Zanola 2001). Solo dopo che questo sistema avrà raggiunto un
grado di effettività sufficiente è possibile immaginare meccanismi coerenti di compensazione
a livello regionale degli squilibri della finanza comunale rilevanti ai fini del PSI, cosi come
deciso a livello centrale. In altre parole, non è facile definire, ancorché il saldo oggi rilevante
per il calcolo del PSI sia quello medio triennale, un periodo neutro (o periodo zero) a partire
dal quale cominciare ad attribuire alla responsabilità dell’ente locale il contenimento del
disavanzo in presenza di una compressione dei trasferimenti e una riduzione dell’autonomia
impositiva da parte dell’autorità centrale. Un assetto stabile di finanziamento della spesa
standard locale, e quindi di una sufficiente copertura del fabbisogno standard (almeno per i
servizi considerati indispensabili), rende coerente l’attribuzione ai Comuni di un’ ampia
responsabilità nei confronti del miglioramento dell’indebitamento netto, o più in generale del
contenimento dei disavanzi. Ipotizzando un assetto stabile della finanza comunale, e un
compiuto disegno di implementazione dell’articolo 119 della costituzione che preveda il
concorso regionale alla perequazione comunale, è possibile immaginare un abbozzo di
schema di regionalizzazione del patto di stabilità interno che miri a flessibilizzare i criteri del
PSI.
In generale, è possibile affermare, sulla base delle risultanze del nostro calcolo per i Comuni
piemontesi, che il vincolo richiesto ai Comuni appare, anche nel caso il criterio di
applicazione si basi sui saldi misti, eccessivo rispetto all’obiettivo complessivo di
contenimento dell’indebitamento, e l’inclusione delle spese in conto capitale sembra aver
compresso ancora di più i margini di manovra degli enti. La possibilità di compensare gli
squilibri contabili cui alcuni Comuni sono sottoposti attraverso il concorso del margine
positivo di miglioramento4 rilevato nei conti dell’insieme dei Comuni che appare in regola
con le regole per il 2007, sembra una plausibile ipotesi ai fini di una regionalizzazione del
patto di stabilità. Ma questa apparente semplicità del meccanismo di compensazione, che
sembra aver goduto di un percorso preferenziale in Bosi, Guerra, Matteuzzi (2003), Isae
(2007) e Rapallini, Patrizi (2008) nasconde alcune evidenti difficoltà di implementazione. Per
comprendere la natura di questa difficoltà ritorniamo ai principali aggregati, calcolati sugli
scostamenti dalle richieste del PSI 2007 per i Comuni piemontesi, su cui il meccanismo di
compensazione dovrebbe basarsi.
4 Calcolato rispetto alla richiesta derivante dai saldi finanziari obiettivo
16
In base ai dati precedentemente esaminati relativi al rispetto del PSI nel 2007, gli Enti locali si
sono trovati in una situazione abbastanza differenziata non solo per quanto riguarda il rispetto
del PSI, come già evidenziato nel paragrafo precedente, ma per gli scostamenti (di segno
positivo o negativo) del saldo 2007 rispetto al saldo derivante dalle modalità di calcolo
contenute nella legge finanziaria. In termini sia di cassa e soprattutto di competenza vi è un
“surplus” da parte dei Comuni che hanno rispettato il Patto (sebbene alcuni di essi abbiano un
saldo di cassa e di competenza negativo) che compensa in larga misura la quota che sarebbe
stata necessaria, per raggiungere il saldo obiettivo, a quelli che non lo hanno rispettato.
In termini di cassa sono gli Enti tra i 5.000 e i 20.000 abitanti a mostrare un andamento
altalenante, con un surplus di circa 46 milioni di euro per coloro che si sono attenuti ai vincoli
imposti per il 2007 rispetto al fabbisogno di 28 milioni di euro di quelli fuori patto. Nella
classe dimensionale successiva il surplus è di 31 milioni di euro verso gli 8 milioni di
fabbisogno; i Comuni più grandi, invece, hanno un surplus complessivo di 42 milioni di euro.
Figura 9 Margini dei Comuni piemontesi per classe dimensionale in termini di cassa rispetto
al PSI
Figura 10 Margini dei Comuni piemontesi per classe dimensionale in termini di competenza
rispetto al PSI
17
Lo stesso fenomeno avviene in modo più accentuato in termini di competenza dove i margini
di surplus sono elevati per ogni classe dimensionale (per i Comuni tra i 5.000 e i 20.000 vi è
un surplus di 44 milioni di euro a fronte di un fabbisogno di 4 milioni circa, per quelli tra i
20.000 e i 50.000 un surplus di 33 milioni euro e un fabbisogno di 4 milioni, per quelli oltre i
50.000 un surplus di 19 milioni di euro e un fabbisogno di 4 milioni e per Torino un surplus di
323 milioni di euro circa).
Se infine osserviamo i dati offerti dal grafico 8 e 9, osserviamo come vi sia stato un effetto
aggregato di overshooting a seguito dell’applicazione delle regole PSI per il 2007, e questo
effetto, stimato in termini di cassa attorno a 120 milioni di euro (418 milioni euro circa in
termini di competenza) per tutti i Comuni virtuosi sottoposti alle regole, potrebbe essere
messo in relazione al fabbisogno aggregato dei Comuni non virtuosi, ovvero circa 37 milioni
di euro in termini di cassa (che diventano 11 milioni in termini di competenza).
Ma la possibilità di uno spazio per la compensazione, ancorché vi siano evidenze di un
overshooting dell’obiettivo posto dal PSI 2007 sui Comuni piemontesi, delle distanze
dall’equilibrio contabile dei Comuni non virtuosi ad opera dei “surplus” operati dai Comuni
virtuosi non sembra possa essere utilizzata semplicemente come giustificazione di una
effettiva praticabilità della compensazione delle diverse situazioni di bilancio degli Enti non
virtuosi rispetto al PSI (ISAE 2007, Rapallini et al 2008).
La praticabilità della logica della compensazione tra Enti non è in grado di giustificare da sola
un vincolo sul vantaggio dei Comuni adempienti, i quali potrebbero non essere disposti ad
operare trasferimenti di tipo redistributivo (in seno alla stessa Regione). Si deve anche tenere
conto dell’assenza di strumenti vincolanti sui bilanci degli Enti locali ad opera delle Regioni
nell’assetto attuale del federalismo fiscale.
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Se si esclude il meccanismo, proposto in letteratura, fondato sulla distribuzione iniziale dei
permessi di debito (Casella, 1999), che avrebbe il pregio di consentire un miglioramento5 in
senso paretiano della situazione di tutti gli Enti chiamati a rispettare un tetto prefissato al
debito mantenendo una situazione di mercato nello scambio dei diritti di indebitamento6, un
criterio che appare coerente con il quadro finanziario offerto dal nostro esercizio per i Comuni
piemontesi alle prese con le regole 2007 del PSI appare essere quello di una ripartizione
cooperativa dell’onere regionalizzato del PSI tra i Comuni di una stessa Regione.
5. REGIONALIZZAZIONE DEL PATTO DI STABILITÀ . UNA PROPOSTA
Il PSI per il 2007, su cui abbiamo basato gli esercizi di calcolo, prevede l’obiettivo di
miglioramento del saldo, includendo i livelli iniziali per ogni ente dei saldi di riferimento. Il
nostro calcolo per i Comuni piemontesi ha rilevato l’esistenza di uno spazio, in termini di
aggregati monetari di surplus, utilizzabile per la compensazione di risultati non in linea con i
criteri di miglioramento dei saldi imposti dal PSI 2007. La principale obiezione a una
applicazione semplificata del criterio della compensazione, pensiamo ad esempio alla
proposta in ISAE (2007) o Rapallini e Patrizi (2008), non appare tanto, o non solo, legata alla
difficoltà politica di integrare le preferenze dei Comuni all’interno del disegno strategico
regionale, ma alla difficoltà di immaginare un criterio giustificativo della cessione del credito
(surplus) accumulato da un sottoinsieme di Enti a favore di Enti che non hanno rispettato il
patto durante l’anno fiscale di riferimento. Inoltre, in assenza di un vincolo regionale sulle
decisioni di bilancio degli Enti locali appartenenti al medesimo territorio che possono godere
di maggior flessibilità sull’applicazione del PSI, la credibilità di un meccanismo di
regionalizzazione del patto potrebbe non essere garantita.
Un sistema su cui potrebbe essere imperniato un meccanismo di regionalizzazione del patto
dovrebbe basarsi su pochi punti:
1) Alla Regione sono assegnati gli obiettivi di tetto all’indebitamento (o percentuale di
contributo alla riduzione del disavanzo delle AAPP) che devono essere rispettati ogni
anno secondo le decisioni prese a livello centrale (di concerto con le regioni stesse).
5 Tale criterio avrebbe tra l’altro il pregio di affrontare, e parzialmente risolvere, il problema redistributivo connesso ai trasferimenti di surplus tra Comuni. Per una discussione, si veda Giarda et al (2001) 6 Ricordiamo che la distribuzione iniziale dei permessi si fonderebbe su tre criteri: il criterio dimensionale o del fabbisogno di spesa standardizzato, il criterio della capacità fiscale o un mix dei due, in quanto un alto fabbisogno e non altrettanto alto livello di capacità fiscale non sembrano facilitare l’abbattimento del deficit. Il pregio di questa soluzione risiederebbe, dato un vincolo aggregato, nel rispettare le decisioni al margine dei singoli Comuni relativamente ai livelli attuali e futuri di indebitamento, senza dover ricorrere alla fissazione esogena di parametri per l’assegnazione degli obiettivi ai singoli enti. Evidenti difficoltà di implementazione ne rendono difficile l’applicazione.
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2) Viene individuato un tavolo di coordinamento tra Regione e Enti locali (province e
Comuni) in cui, dopo aver monitorato le prospettive degli Enti locali in termini di
saldo previsto a legislazione invariata, si possono coordinare le proiezioni relative
all’equilibrio contabile degli Enti incorporando le decisioni prese a livello centrale sul
PSI, il contributo richiesto alla Regione nel complesso e le politiche fiscali di medio
termine degli Enti locali.
3) Gli Enti locali sono tenuti a un tendenziale rispetto dell’equilibrio di bilancio richiesto
dal PSI e sono autorizzati a generare disavanzi ulteriori per gli investimenti netti
4) Le quote di disavanzo ammissibili devono, nell’aggregato regionale, essere
compatibili con gli obiettivi posti alla Regione di appartenenza (presumibilmente gli
obiettivi per ogni Regione saranno in termini di indebitamento netto)
5) L’accordo sulla ripartizione delle risorse per finanziare i disavanzi eccedenti il PSI
(ammissibili per investimenti) potranno essere parametrati su criteri di fabbisogno
oggettivo (non derivati semplicemente da criteri normativi dell’ente di governo
superiore), caratterizzati da trasparenza e omogeneità di calcolo con i criteri della
(eventuale) perequazione regionale.
6) I singoli sconfinamenti dai criteri del patto ammessi per Comuni o gruppi di Comuni
possono essere compensati in corso d’anno dai surplus di altri Comuni o gruppi di
Comuni (i quali ultimi perderanno tale surplus dal conteggio del saldo di riferimento
per il rispetto del patto mentre i riceventi potranno contare nel saldo utile ai fini PSI
tale cessione) ai fini del rispetto del PSI aggregato assegnato alla Regione
7) I riceventi compensazioni sono tenuti, (tramite politiche d’entrata adeguate o
restringimento delle decisioni d’investimento nelle fasi in cui le spese in conto capitale
determinanti il disavanzo in eccesso hanno esaurito i propri effetti) a compensare negli
esercizi successivi con surplus o miglioramenti al saldo di riferimento di entità tale da
mettere al riparo i medesimi da violazioni ulteriori degli obiettivi stabiliti in seno al
coordinamento
8) Il monitoraggio e la distribuzione dei permessi di violazione (in un senso molto
ristretto di cessione di diritti a violare il PSI data la distribuzione di surplus da parte di
un gruppo di Comuni che ha rispettato lo stesso) viene gestito dalla Regione
9) Il primo anno di implementazione del meccanismo prevede che gli Enti non
adempienti il PSI abbiano il tempo di rientrare nei criteri dello stesso PSI, previo
accordo al tavolo di coordinamento, senza penalizzazione in corso d’anno
10) Il meccanismo di penalizzazione prevede che tutti i Comuni, che rispettino o meno il
PSI e le regole date al tavolo di coordinamento, siano colpiti da penalità qualora uno o
più dei componenti non risultino inadempienti.
Il tavolo di coordinamento di cui al punto 2) potrebbe essere individuato all’interno
dell’attuale assetto cooperativo Regione-Enti locali. A questo proposito si può richiamare
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l’attuale tavolo di discussione del DPEFR regionale, che, con opportuni meccanismi
decisionali, potrebbe incorporare consultazioni sulla programmazione pluriennale delle spese
per investimento e delle politiche fiscali insieme alla condivisione degli strumenti per il
rispetto degli obiettivi assegnati alla Regione dal PSI. D’altro lato, l’individuazione del tavolo
di coordinamento all’interno della programmazione pluriennale fondata sul DPEFR permette
di escludere dai punti 1)-7) la questione, anch’essa rilevante, delle politiche a sostegno
dell’impatto delle fluttuazioni cicliche sui bilanci degli Enti locali.
Il punto 4) invoca, a differenza di quanto proposto in letteratura (Balassone et al 2003, ISAE
2007, Rapallini et al. 2008), un criterio su cui parametrare il riparto dei disavanzi ammissibili.
Non proporremo in questa sede un concreto meccanismo di implementazione di un criterio di
riparto, ancorché si possa mostrare, attraverso semplici esercizi quantitativi7 come in presenza
di indicatori relativi all’esistenza di pressioni rilevanti sul bilancio di un sottogruppo di
Comuni che possono essere addebitate alle caratteristiche strutturali degli stessi, non si possa
negare la pertinenza di un criterio che giustifichi differenziali locali in termini di fabbisogno
che possono richiedere uno scostamento temporaneo, da riassorbire in esercizi successivi,
dalle regole del PSI. Ricordiamo come l’individuazione di criteri di riparto ha ispirato
un’ampia letteratura che negli scorsi decenni ha indagato le condizioni per la costruzione di
regole perequative ispirate a fattori oggettivi di fabbisogno (di tipo esogeno) e ai criteri per la
ripartizione di risorse a sostegno degli investimenti per gli Enti sub-regionali (per una
rassegna, si veda Pola 1992 e per una discussione aggiornata Lorenzini Maltinti 2006). Il
punto 4) della nostra proposta si propone anche come argomento a favore del superamento
dell’obiezione portata a meccanismi cooperativi di riparto dell’onere del PSI fondati su una
golden rule generalizzata, che sarebbero inadeguati a passare il test della qualità e efficacia
della spesa per investimento da parte di amministrazioni opportuniste e/o non attente alla
valutazione costi e benefici delle decisioni di spesa.
6. CONCLUSIONI
In questo lavoro, dopo aver introdotto le principali problematiche messe in luce dalla
letteratura economica in merito alle regole per la disciplina fiscale degli Enti locali, si sono
proposte le risultanze dei calcoli per l’applicazione del PSI 2007 per i Comuni piemontesi,
utilizzando i dati di conto consuntivo 2003-2005. Una proposta di regionalizzazione del patto
di stabilità è stata poi indicata, insieme a un semplice esercizio qualitativo sul comportamento
fiscale dei Comuni piemontesi non adempienti le regole del PSI per il 2007 al fine di
suggerire alcune possibili linee d’analisi dei differenziali di comportamento rispetto ai
Comuni adempienti.
7 Rimandiamo a una discussione aggiornata sull’individuazione di criteri oggettivi di fabbisogno per i Comuni italiani in ISAE (2008)
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La proposta di regionalizzazione presentata si pone nel solco di un riconoscimento del ruolo
strategico delle regioni a statuto ordinario nel nuovo disegno di federalismo fiscale, e indica
un meccanismo basato sulla ripartizione cooperativa dell’onere della disciplina fiscale per i
Comuni di un medesimo territorio regionale.
Non si mette in dubbio la difficoltà connessa al coordinamento decisionale in seno al tavolo
cooperativo tra Regione e Enti locali, ma si sottolinea come la capacità di monitoraggio
regionale dei criteri di riparto individuati in seno al coordinamento, la condivisione delle
strategie fiscali e di spesa di medio periodo e la trasparenza dei meccanismo di
compensazione intercomunale possano sostenere un progetto di flessibilizzazione imperniato
sulla cooperazione tra livelli di governo ispirato a un’ottica genuinamente federalista.
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ABSTRACT
Balanced-budget rules can be defined as legislated constraints on government deficits, taxes,
expenditures, or debt. In adopting Maastricht convergence criteria, in 1999,in Italy was
introduced the Stability and Growth Pact (SGP), to control fiscal policy, to facilitate and
maintain Economic and Monetary Union. Also local governments have to contribute to
reduce deficit and, then, they are subject at Internal Stability Pact. In theory, budget rules
appear to be justified if their cost in terms of foregone fiscal stabilization is outweighed by
benefits such as discouraging local government debt accumulation and reduced risk
premiums on local government borrowing. But budget rules can break local investments and
social expenditures, creating more problems when the economic cycle is negative.
This paper, after a review of economic literature about fiscal policy and government levels
and after an empirical analysis about the respect of internal budget rules by, Piedmont’s
municipalities, tries to build some proposals in constructing a regional model of Internal
Stability Pact.
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