due conviti di mattia preti. · fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora ......

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DUE CONVITI DI MATTIA PRETI. ... ===::"1 LLA pittura è familiare la rappresentazione dei conviti, in ciascuno dei quali o si celebra un rito, COll1t negli innumerevoli che rappresentano la Cena di Gesù, o appare un prodi gio, come nella maggior parte di quelli del Tilitoretto, o si svolge un dramma, come nei due del Calabrese, recentemente acquistati per la Pinacoteca di Napoli. Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora esposti al pubblico, mancav a, fa tt a eccezione d'un quadretto di Luca Giordano imitante j veneziani, una grande cena, un banchetto, una rappresentazione di cou- vitati ricca e tragica, ove apparisse il mo vimento e il colore d'una fra le scelle più vag heggiate dagli antichi pittori; maucava ancora, tra le innumere vo li imma g ini d i sa nti e di madonne, la visione profana di una sala ove fosse un desco ricca- men te imbandito, al quale sedes se ro dame adorne di g emme e d'oro, fra paggi e cavalieri, sopra un fondo di paese o d'architettura. Aggiungasi che nelle grandi sa le destinate alle opere di scuola napoletana) tante sono le tele manier ,lte e volgari e così poco è espressa l'aspirazione dei pi ù pur i e ardent i pittori regionali, che il visi tat ore) massime se bene educato artisti- camente, non può percorrerle sellza selltire un vero malessere e il desiderio di meglio respirare dinanzi alla vera e grande pittura, ordinata nelle vicine sa lette, . ove sono i dipinti di Masaccio, di Giovallni Bellini, di Ti ziano, di Raffaello e d'altri fra i maggiori del nostro Rin ascimento. Fra tanti cattivi quadri er,l dunque ne ce ssario crea re un piccolo angolo felice, dare una mag giore luce a quelle sale malinconiche e riuscire a convincere qualcuno che, nel seicento napoletano rappre, entato in questa Pinacot eca, la pittura esiste ancora. Per queste ragioni, aiutati dalla Direzione Generale, facemmo ogni sforzo affi nchè fossero acquistati ed esposti i due con viti del pittore spadaccino Mattia Preti , detto il Calabrese. I due quadri furollo dipinti verso la metà del 1600 per la Galleria del Duca di S. Severino a Napoli; e dallo storico De Dominici sono descritt( nel seguente lllodo : « Hanno ciascuno palmi dodici di lar ghezza e nove di altezza. In uno vedesi « Assalonne, che nel funesto convito fa uccidere l'incestuoso Ammone suo fratello) « nel cui volto si vede lo spavento, nella fe rita gola il sangue, e il terrore nel « sembiante dei cOlllmensali, e di Tamar, che si confonde smarrita; amendue questi « qLl:ldri sono accordati con architettura, e le figure si mostrano insin quasi « al ginocchio, solito suo modo di componer le istorie, ad imitazione del Guercino, « come altrove a bb iamo detto. M<l qual lode potri agguagliare il maraviglioso « qu.ldro che rappr es enta la fLlllesta cena di Balda ss arre? Dirò so l amente che ella « è mirabilmen te rappre se ntata in uua gran tela per traverso, ove con istupore dei « commensali apparisce la mano che scrive le funeste note del J\1ane, T echel, Far es , « benchè il Calabrese le abbia tradotte in volgare : Conto, Peso , Divisione . DUE CONVITI DI MATTIA PRETI. ... ===::"1 LLA pittura è familiare la rappresentazione dei conviti, in ciascuno dei quali o si celebra un rito, COll1t negli innumerevoli che rappresentano la Cena di Gesù, o appare un prodi gio, come nella maggior parte di quelli del Tilitoretto, o si svolge un dramma, come nei due del Calabrese, recentemente acquistati per la Pinacoteca di Napoli. Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora esposti al pubblico, mancav a, fa tt a eccezione d'un quadretto di Luca Giordano imitante j veneziani, una grande cena, un banchetto, una rappresentazione di cou- vitati ricca e tragica, ove apparisse il mo vimento e il colore d'una fra le scelle più vag heggiate dagli antichi pittori; maucava ancora, tra le innumere vo li imma g ini d i sa nti e di madonne, la visione profana di una sala ove fosse un desco ricca- men te imbandito, al quale sedes se ro dame adorne di g emme e d'oro, fra paggi e cavalieri, sopra un fondo di paese o d'architettura. Aggiungasi che nelle grandi sa le destinate alle opere di scuola napoletana) tante sono le tele manier ,lte e volgari e così poco è espressa l'aspirazione dei pi ù pur i e ardent i pittori regionali, che il visi tat ore) massime se bene educato artisti- camente, non può percorrerle sellza selltire un vero malessere e il desiderio di meglio respirare dinanzi alla vera e grande pittura, ordinata nelle vicine sa lette, . ove sono i dipinti di Masaccio, di Giovallni Bellini, di Ti ziano, di Raffaello e d'altri fra i maggiori del nostro Rin ascimento. Fra tanti cattivi quadri er,l dunque ne ce ssario crea re un piccolo angolo felice, dare una mag giore luce a quelle sale malinconiche e riuscire a convincere qualcuno che, nel seicento napoletano rappre, entato in questa Pinacot eca, la pittura esiste ancora. Per queste ragioni, aiutati dalla Direzione Generale, facemmo ogni sforzo affi nchè fossero acquistati ed esposti i due con viti del pittore spadaccino Mattia Preti , detto il Calabrese. I due quadri furollo dipinti verso la metà del 1600 per la Galleria del Duca di S. Severino a Napoli; e dallo storico De Dominici sono descritt( nel seguente lllodo : « Hanno ciascuno palmi dodici di lar ghezza e nove di altezza. In uno vedesi « Assalonne, che nel funesto convito fa uccidere l'incestuoso Ammone suo fratello) « nel cui volto si vede lo spavento, nella fe rita gola il sangue, e il terrore nel « sembiante dei cOlllmensali, e di Tamar, che si confonde smarrita; amendue questi « qLl:ldri sono accordati con architettura, e le figure si mostrano insin quasi « al ginocchio, solito suo modo di componer le istorie, ad imitazione del Guercino, « come altrove a bb iamo detto. M<l qual lode potri agguagliare il maraviglioso « qu.ldro che rappr es enta la fLlllesta cena di Balda ss arre? Dirò so l amente che ella « è mirabilmen te rappre se ntata in uua gran tela per traverso, ove con istupore dei « commensali apparisce la mano che scrive le funeste note del J\1ane, T echel, Far es , « benchè il Calabrese le abbia tradotte in volgare : Conto, Peso , Divisione .

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Page 1: DUE CONVITI DI MATTIA PRETI. · Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora ... tra le innumerevoli immagini d i santi e di madonne, ... ove sono i dipinti di Masaccio,

DUE CONVITI DI MATTIA PRETI.

~~~ ... ===::"1 LLA pittura è familiare la rapp resentazione dei conviti, in ciascuno dei quali o si celebra un rito, COll1t negli innumerevoli che rappresentano la Cena di Gesù, o appa re un prodigio, come nella maggior parte di quelli del Tilitoretto, o si svolge un dramma, come nei due del Calabrese, recentemente acquistati per la Pinacoteca di Napoli.

Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora esposti al pubblico, mancava, fa tta eccezione d' un

1~~~2§~~~~~~ quadretto di Luca Giordano imitante j veneziani, una grande cena, un banchetto, una rappresentazione di cou­

vitati ricca e tragica, ove apparisse il movimento e il colore d'una fra le scelle più vagheggiate dagli antichi pittori; maucava ancora, tra le innumerevoli immagini d i santi e di madonne, la visione profana di una sala ove fosse un desco ricca­mente imbandito, al quale sedessero dame adorne di gemme e d'oro, fra paggi e cavalieri, sopra un fondo di paese o d'architettura.

Aggiungasi che nelle grand i sale destinate alle opere di scuola napoletana) tante sono le tele manier,lte e vo lgari e così poco è espressa l'aspirazione dei pi ù pur i e ardenti pittori regionali, che il visi tatore) massime se bene educato artisti­camente, non può percorrerle sellza sellt ire un vero malessere e il desiderio di meglio respirare dinanzi alla vera e grande pittura, ordinata nelle v icine sa lette, . ove sono i dipinti di Masaccio, di Giovallni Bellini, di Tiziano, di Raffaello e d'altri fra i maggiori del nostro Rinascimento .

Fra tanti cattivi quadri er,l dunque necessario crea re un piccolo angolo felice, dare una maggiore luce a quelle sale malinconiche e riuscire a convincere qualcuno che, nel seicento napoletano rappre, entato in questa Pinacoteca, la pittura esiste ancora. Per queste ragioni, aiutati dalla Direzione Generale, facemmo ogni sforzo affi nchè fossero acquistati ed esposti i due conviti del pittore spadaccino Mattia Preti, detto il Calabrese.

I due quadri furollo dipinti verso la metà del 1600 per la Galleria del Duca di S. Severino a Napoli; e dallo storico D e Dominici sono descritt( nel seguente lllodo :

« Hanno ciascuno palmi dodici di larghezza e nove di altezza. In uno vedesi « Assalonne, che nel funesto convito fa uccidere l'incestuoso Ammone suo frate llo) « nel cui vo lto si vede lo spavento, nella fe rita gola il sangue, e il terrore nel « semb iante dei cOlllmensali, e di Tamar, che si confonde smarrita; amendue questi « qLl:ldri sono accordati con m~lgllifica architettura, e le figure si mostrano insin quasi « al ginocc hio, solito suo modo di componer le istorie, ad imitazione del Guercino, « come altro ve abb iamo detto. M<l qual lode potri agguagliare il maraviglioso « qu .ldro che rappresenta la fLlllesta cena di Baldassarre? Dirò solamente che ella « è mirabilmente rappresentata in uua gran tela per trave rso, ove con istupore dei « commensali apparisce la mano che scrive le funeste note del J\1ane, Techel, Fares, « benchè il Calabrese le abbia tradotte in vo lgare : Conto, Peso, Divisione.

DUE CONVITI DI MATTIA PRETI.

~~~ ... ===::"1 LLA pittura è familiare la rapp resentazione dei conviti, in ciascuno dei quali o si celebra un rito, COll1t negli innumerevoli che rappresentano la Cena di Gesù, o appa re un prodigio, come nella maggior parte di quelli del Tilitoretto, o si svolge un dramma, come nei due del Calabrese, recentemente acquistati per la Pinacoteca di Napoli.

Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora esposti al pubblico, mancava, fa tta eccezione d' un

1~~~2§~~~~~~ quadretto di Luca Giordano imitante j veneziani, una grande cena, un banchetto, una rappresentazione di cou­

vitati ricca e tragica, ove apparisse il movimento e il colore d'una fra le scelle più vagheggiate dagli antichi pittori; maucava ancora, tra le innumerevoli immagini d i santi e di madonne, la visione profana di una sala ove fosse un desco ricca­mente imbandito, al quale sedessero dame adorne di gemme e d'oro, fra paggi e cavalieri, sopra un fondo di paese o d'architettura.

Aggiungasi che nelle grand i sale destinate alle opere di scuola napoletana) tante sono le tele manier,lte e vo lgari e così poco è espressa l'aspirazione dei pi ù pur i e ardenti pittori regionali, che il visi tatore) massime se bene educato artisti­camente, non può percorrerle sellza sellt ire un vero malessere e il desiderio di meglio respirare dinanzi alla vera e grande pittura, ordinata nelle v icine sa lette, . ove sono i dipinti di Masaccio, di Giovallni Bellini, di Tiziano, di Raffaello e d'altri fra i maggiori del nostro Rinascimento .

Fra tanti cattivi quadri er,l dunque necessario crea re un piccolo angolo felice, dare una maggiore luce a quelle sale malinconiche e riuscire a convincere qualcuno che, nel seicento napoletano rappre, entato in questa Pinacoteca, la pittura esiste ancora. Per queste ragioni, aiutati dalla Direzione Generale, facemmo ogni sforzo affi nchè fossero acquistati ed esposti i due conviti del pittore spadaccino Mattia Preti, detto il Calabrese.

I due quadri furollo dipinti verso la metà del 1600 per la Galleria del Duca di S. Severino a Napoli; e dallo storico D e Dominici sono descritt( nel seguente lllodo :

« Hanno ciascuno palmi dodici di larghezza e nove di altezza. In uno vedesi « Assalonne, che nel funesto convito fa uccidere l'incestuoso Ammone suo frate llo) « nel cui vo lto si vede lo spavento, nella fe rita gola il sangue, e il terrore nel « semb iante dei cOlllmensali, e di Tamar, che si confonde smarrita; amendue questi « qLl:ldri sono accordati con m~lgllifica architettura, e le figure si mostrano insin quasi « al ginocc hio, solito suo modo di componer le istorie, ad imitazione del Guercino, « come altro ve abb iamo detto. M<l qual lode potri agguagliare il maraviglioso « qu .ldro che rappresenta la fLlllesta cena di Baldassarre? Dirò solamente che ella « è mirabilmente rappresentata in uua gran tela per trave rso, ove con istupore dei « commensali apparisce la mano che scrive le funeste note del J\1ane, Techel, Fares, « benchè il Calabrese le abbia tradotte in vo lgare : Conto, Peso, Divisione.

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« In questo quadro SI veggono molti convitati assi si ad una mensa, la quale

« occupa tutta la larghezza, ed indi si allunga prospe tti vamente illdentro; laonde « vi stanno cOSI bene adattate le fi gure, e cOSI distinte da una parte e dall'altra,

« che meglio, e con più magnificenza e decoro nOll potevano essere ideate dal « gran Paolo Veronese. Siede dal destro lato l'effeminato Re in mezzo a due donne, « l'una dopo di lui e l'altra da vanti, che situata di spalla, fa pompa della sua can­

« didezza al paragone d' un morettino, ch e ti ene lUI bacino sotto il braccio, ed at­« tonito si rivo lge alla mano misteriosa, come la più parte dei cOlllm ensali; poichè

(( altri mirano il R e, ch e in atto meraviglioso adàita ancor egli la mano, e questa

« figura del Re con barba bionda, colore acceso, e con dolcezza di colore, ri esce « di tutta perfezione, che la dires te dipinta dal Tiziano. L 'azione par che sia rap­« presentata di notte, ma non apparendov i lumi, mi persuado che il Calabrese ne

« abbia finto alcun g rande in alto, donde vengono illuminate le figure, restandone « molte attenuate, e l'accordo si vede andarsi perdendo in aria quasi caliginosa, in (( cui appena comparisce l'architettura di seconda e terza veduta. Insomma dirò

« che quest'opera sia eccellentissima al par di quelle dei g raudi pittori, ed è uno

<s stupore, anzi terro re dei medesimi professo ri )l .

Ho citato quej ta lunga descrizione, principalmente perchè si sapesse quel che

si pensava dei due Conviti nd 1600, e quanto essi fosse ro ammirati dai contem­

poranei. Come è naturale, la nostra educazione artistica, più vasta e più varia, ci

permette di vedere molto più in quelle pitture cosi g iudicate da critici che non vedevano e non amavano altra pittura oltre quella di Guido Reni, di Annibale

Carracci, del Guercino e del Domenichino. Ma ttia Preti era invece più somigliante a 110i; in quanto la sua educazione artistica non si limitasse solo allo studio e all'amore di tre o qua ttro pittori del suo tempo, ma trascendendo la re·

g ione e l'età in cui era nato, dal desiderio del nuovo e da un più fo rte senso del colore, fa 'se tratto a vis itare lontani paesi e a conoscere maestri d'altre scuole non so lo d ' Italia, ma di Ger'mania, di Francia, del Belgio e dell'Olanda, per trame

nuove ispirazioni. Cosi egli poté rendere più ricca e profonda la sua visione di

colore, più vario, inatteso, affascinante nei suoi dipinti l'alternarsi e il succedersi delle luci e delle ombre, più intimamente fusa og ni parte dei suoi quadri nell'ar­

monia dell' intera rappresentazione, fi g lia della m usica, sorella dei colori e della luce. 'In questo momento io non tanto mi occupo di quel De Dominici , che Bel~e­

detto Croce chiama -il falsario, quanto dello scritto re d'arte che, dinanzi ai quadri, non sa scoprire lontane e nascoste armonie ne ha gli occhi per le ombre che ved'e

Amleto e che vediamo tutti 110i dell 'ed. moderna. Egli, infatt i, afferma nella sua descrizione che non si scorgono lumi in fondo

alla scena ave e descritto il convito di Baldassa rre. Pei nostri occhi, invece, appare

da lontano una moltitudine con fiaccole, attratte dal ' prodig io, m entre giù da vi­cino si vedono spuntare tra le colonne i primi lumi recati dalle persone accorse.

Più lontano ancora il cielo notturno con g randi nubi e illuminato dalla luna. Tutto ciò è veduto come in sogno e genera uno statu di sogno, in cui non poteva en­

trare lo , spirito pratico e bonario dello storico napoletano. Ne qui soltanto e la

invenzione del pittore, che lo scrittore non seppe t rovare . Aver molto viaggiato, dentro la nostra anima, e fuori, nel vasto mondo: ecco la condiziol.le principale

per vedere, in pittura. La navi d, la parola nuova detta dal Calabrese nel suo Co nvi to trag ico sta nel mod o ond'egli alla idea, nata leggendo le sacre istorie, fa

seguire l'appari zione del colore ; sta nella sua maniera particolare di accompagnare il Llcconto della cena terribile, con una successione di toni neri e rossi, che, dal

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« In questo quadro SI veggono molti convitati assi si ad una mensa, la quale

« occupa tutta la larghezza, ed indi si allunga prospe tti vamente illdentro; laonde « vi stanno cOSI bene adattate le fi gure, e cOSI distinte da una parte e dall'altra,

« che meglio, e con più magnificenza e decoro nOll potevano essere ideate dal « gran Paolo Veronese. Siede dal destro lato l'effeminato Re in mezzo a due donne, « l'una dopo di lui e l'altra da vanti, che situata di spalla, fa pompa della sua can­

« didezza al paragone d' un morettino, ch e ti ene lUI bacino sotto il braccio, ed at­« tonito si rivo lge alla mano misteriosa, come la più parte dei cOlllm ensali; poichè

(( altri mirano il R e, ch e in atto meraviglioso adàita ancor egli la mano, e questa

« figura del Re con barba bionda, colore acceso, e con dolcezza di colore, ri esce « di tutta perfezione, che la dires te dipinta dal Tiziano. L 'azione par che sia rap­« presentata di notte, ma non apparendov i lumi, mi persuado che il Calabrese ne

« abbia finto alcun g rande in alto, donde vengono illuminate le figure, restandone « molte attenuate, e l'accordo si vede andarsi perdendo in aria quasi caliginosa, in (( cui appena comparisce l'architettura di seconda e terza veduta. Insomma dirò

« che quest'opera sia eccellentissima al par di quelle dei g raudi pittori, ed è uno

<s stupore, anzi terro re dei medesimi professo ri )l .

Ho citato quej ta lunga descrizione, principalmente perchè si sapesse quel che

si pensava dei due Conviti nd 1600, e quanto essi fosse ro ammirati dai contem­

poranei. Come è naturale, la nostra educazione artistica, più vasta e più varia, ci

permette di vedere molto più in quelle pitture cosi g iudicate da critici che non vedevano e non amavano altra pittura oltre quella di Guido Reni, di Annibale

Carracci, del Guercino e del Domenichino. Ma ttia Preti era invece più somigliante a 110i; in quanto la sua educazione artistica non si limitasse solo allo studio e all'amore di tre o qua ttro pittori del suo tempo, ma trascendendo la re·

g ione e l'età in cui era nato, dal desiderio del nuovo e da un più fo rte senso del colore, fa 'se tratto a vis itare lontani paesi e a conoscere maestri d'altre scuole non so lo d ' Italia, ma di Ger'mania, di Francia, del Belgio e dell'Olanda, per trame

nuove ispirazioni. Cosi egli poté rendere più ricca e profonda la sua visione di

colore, più vario, inatteso, affascinante nei suoi dipinti l'alternarsi e il succedersi delle luci e delle ombre, più intimamente fusa og ni parte dei suoi quadri nell'ar­

monia dell' intera rappresentazione, fi g lia della m usica, sorella dei colori e della luce. 'In questo momento io non tanto mi occupo di quel De Dominici , che Bel~e­

detto Croce chiama -il falsario, quanto dello scritto re d'arte che, dinanzi ai quadri, non sa scoprire lontane e nascoste armonie ne ha gli occhi per le ombre che ved'e

Amleto e che vediamo tutti 110i dell 'ed. moderna. Egli, infatt i, afferma nella sua descrizione che non si scorgono lumi in fondo

alla scena ave e descritto il convito di Baldassa rre. Pei nostri occhi, invece, appare

da lontano una moltitudine con fiaccole, attratte dal ' prodig io, m entre giù da vi­cino si vedono spuntare tra le colonne i primi lumi recati dalle persone accorse.

Più lontano ancora il cielo notturno con g randi nubi e illuminato dalla luna. Tutto ciò è veduto come in sogno e genera uno statu di sogno, in cui non poteva en­

trare lo , spirito pratico e bonario dello storico napoletano. Ne qui soltanto e la

invenzione del pittore, che lo scrittore non seppe t rovare . Aver molto viaggiato, dentro la nostra anima, e fuori, nel vasto mondo: ecco la condiziol.le principale

per vedere, in pittura. La navi d, la parola nuova detta dal Calabrese nel suo Co nvi to trag ico sta nel mod o ond'egli alla idea, nata leggendo le sacre istorie, fa

seguire l'appari zione del colore ; sta nella sua maniera particolare di accompagnare il Llcconto della cena terribile, con una successione di toni neri e rossi, che, dal

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Page 4: DUE CONVITI DI MATTIA PRETI. · Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora ... tra le innumerevoli immagini d i santi e di madonne, ... ove sono i dipinti di Masaccio,

primo piano, percorrono tutto il dipinto, sino agli spazi più lontani. I neri se­gnano le pause, gli intervalli fra i rossi che, squillanti da vicino sulle sete e sui velluti, riappaiono poi nelle stoffe dei personaggi più lontani, . in una scala che dal cupo rubino va al giallo luminoso, finchè vaniscono in riflessi sugli archi e le colonne dei portici e in un lontanissimo chiarore purpureo. Fa contrasto la luce della tovaglia bianca abbagliante e il tono azzurro del berretto di un convitato; il quale, in piedi e con le braccia leva te, fra il terrore degli astanti, presenta in quel modo la sola nota fredda fra tutte quelle note di fuoco.

L'altro convi·o, che rappresenta l'uccisione di Ammone, non ba ugual potenza di colore, ma è un nobilissimo dipinto nel quale il pittore ha espressa la rapidid dell'azione micidiale. Si comprende infatti che, ad un cenno di Assalonue, i due carnefici già pronti si slanciano sul fratello inces tuoso e lo feriscono alla gola, prima ancora cb.e tutti i presenti si avvedano di cio che già è accaduto. La terri­bile scena, rappresentata con grande forza di chiaroscuro, è composta in modo che i due carnefici occupino il centro, e li circondi un cerchio di spavento; e l'effetto di questa conceutrazione tragica, nella parte centrale del quadro, è irresistibile. Tuttavia, benchè il pittore qui non raggiunga la sua intera potenza di colorista, egli è sempre uno che segue la trad izione dei capolavori, e sa che cosa sia la pittura; ed anche se non avessimo l'altro quadro basterebbe questa tela a far com­prendtre l'enorme distanza che separa Mattia Preti dal maggior numero dei pittori del se icento napoletano. Lo stesso Luca Giordano, di cui nella medesima sala è

un grande quadro tra i più famosi - il San Francesco Saverio, che egli dipinse, narra il De Dominici, in un giomo e 1Jte'{Z0 - impallidisce al paragone, come se dinanzi ai suoi colori discendesse un improvviso crepuscolo. E la ragione è la se­guente: Luca Giordano, il più grande improvvisatore della pittura, fu quasi sempre un pittore superficiale, uno cbe faceva presto, per contentare il gusto faci le e un po' grossolano della folla napoletana e spag nuola, e cbe, non avendo ' una visione profonda del colore, si compiacque a dip :ngere in tinte fresche e smaglianti, al­lontanandosi dalla maniera fo sca di Mattia Preti. Egli era un ribelle, ma la sua ribellione fu uno dei primi passi che l'arte fece in Italia ve rso la volgarid. Chi, dopo vis itata a Firenze la Cappella di Benozzo Gozzoli nel palazzo Riccardi, con gli occhi ancor pieni di quel colore e l'anima di quella poesia, passi a vedere il vicino salone dipinto dal napoletano, si sente offeso come se d'improvviso, da quel luogo di sogno, fosse trasportato in mezzo a una moltitudine di facchini urlanti.

La medesima impressione produce in chi abbia una buona educazione artistica l'aspetto dei quadri del velocissimo Luca accanto ai due conviti del Calabrese. Qui non colori smaglianti, non la disseminata policromia che amo il pittore dei sof­fitti, discepolo di Pietro da Cortona, ma la maggiore concentrazione e la subordi­nazione di ogni tono ad un tono dominante, come in una sinfonia; .in altre parole, non i colori, ma il colore. Ecco perchè l'udi r parlare di toni rossi, nel Convito di Baldassarre, ove manca un qualsiasi rosso schietto, puo sembl:are una stranezza, mentre non è se non la più semplice ed elementare constatazione, per chi sappia in qual modo i toni acquistino il loro va/ore nella rappresentazione pittorica.

Mattia Preti non fu, come Luca Giordano, un superficiale imitatore o un con­traffattore ' dei bolognesi, dei veneziani, dei fiamminghi; ma uno che seppe vera­mente assimilarli, tras forn~andoli in cio che costituisce la sua speciale essenza pitto­rica, in modo che la sua vis ione s'arricchisse della loro luce, che i suoi occhi, nel nuovo fulgore, vedessero più cose e più da lungi . Luca Giordano, invece, come far­falla, vo lo intorno alle dive rse tavolozze d'Italia e d'oltre alpe, tingendosi le ali

primo piano, percorrono tutto il dipinto, sino agli spazi più lontani. I neri se­gnano le pause, gli intervalli fra i rossi che, squillanti da vicino sulle sete e sui velluti, riappaiono poi nelle stoffe dei personaggi più lontani, . in una scala che dal cupo rubino va al giallo luminoso, finchè vaniscono in riflessi sugli archi e le colonne dei portici e in un lontanissimo chiarore purpureo. Fa contrasto la luce della tovaglia bianca abbagliante e il tono azzurro del berretto di un convitato; il quale, in piedi e con le braccia leva te, fra il terrore degli astanti, presenta in quel modo la sola nota fredda fra tutte quelle note di fuoco.

L'altro convi·o, che rappresenta l'uccisione di Ammone, non ba ugual potenza di colore, ma è un nobilissimo dipinto nel quale il pittore ha espressa la rapidid dell'azione micidiale. Si comprende infatti che, ad un cenno di Assalonue, i due carnefici già pronti si slanciano sul fratello inces tuoso e lo feriscono alla gola, prima ancora cb.e tutti i presenti si avvedano di cio che già è accaduto. La terri­bile scena, rappresentata con grande forza di chiaroscuro, è composta in modo che i due carnefici occupino il centro, e li circondi un cerchio di spavento; e l'effetto di questa conceutrazione tragica, nella parte centrale del quadro, è irresistibile. Tuttavia, benchè il pittore qui non raggiunga la sua intera potenza di colorista, egli è sempre uno che segue la trad izione dei capolavori, e sa che cosa sia la pittura; ed anche se non avessimo l'altro quadro basterebbe questa tela a far com­prendtre l'enorme distanza che separa Mattia Preti dal maggior numero dei pittori del se icento napoletano. Lo stesso Luca Giordano, di cui nella medesima sala è

un grande quadro tra i più famosi - il San Francesco Saverio, che egli dipinse, narra il De Dominici, in un giomo e 1Jte'{Z0 - impallidisce al paragone, come se dinanzi ai suoi colori discendesse un improvviso crepuscolo. E la ragione è la se­guente: Luca Giordano, il più grande improvvisatore della pittura, fu quasi sempre un pittore superficiale, uno cbe faceva presto, per contentare il gusto faci le e un po' grossolano della folla napoletana e spag nuola, e cbe, non avendo ' una visione profonda del colore, si compiacque a dip :ngere in tinte fresche e smaglianti, al­lontanandosi dalla maniera fo sca di Mattia Preti. Egli era un ribelle, ma la sua ribellione fu uno dei primi passi che l'arte fece in Italia ve rso la volgarid. Chi, dopo vis itata a Firenze la Cappella di Benozzo Gozzoli nel palazzo Riccardi, con gli occhi ancor pieni di quel colore e l'anima di quella poesia, passi a vedere il vicino salone dipinto dal napoletano, si sente offeso come se d'improvviso, da quel luogo di sogno, fosse trasportato in mezzo a una moltitudine di facchini urlanti.

La medesima impressione produce in chi abbia una buona educazione artistica l'aspetto dei quadri del velocissimo Luca accanto ai due conviti del Calabrese. Qui non colori smaglianti, non la disseminata policromia che amo il pittore dei sof­fitti, discepolo di Pietro da Cortona, ma la maggiore concentrazione e la subordi­nazione di ogni tono ad un tono dominante, come in una sinfonia; .in altre parole, non i colori, ma il colore. Ecco perchè l'udi r parlare di toni rossi, nel Convito di Baldassarre, ove manca un qualsiasi rosso schietto, puo sembl:are una stranezza, mentre non è se non la più semplice ed elementare constatazione, per chi sappia in qual modo i toni acquistino il loro va/ore nella rappresentazione pittorica.

Mattia Preti non fu, come Luca Giordano, un superficiale imitatore o un con­traffattore ' dei bolognesi, dei veneziani, dei fiamminghi; ma uno che seppe vera­mente assimilarli, tras forn~andoli in cio che costituisce la sua speciale essenza pitto­rica, in modo che la sua vis ione s'arricchisse della loro luce, che i suoi occhi, nel nuovo fulgore, vedessero più cose e più da lungi . Luca Giordano, invece, come far­falla, vo lo intorno alle dive rse tavolozze d'Italia e d'oltre alpe, tingendosi le ali

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Page 6: DUE CONVITI DI MATTIA PRETI. · Fra i molti e forse troppi quadri di questa raccolta, ancora ... tra le innumerevoli immagini d i santi e di madonne, ... ove sono i dipinti di Masaccio,

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o d 'oro veueziauo o di bruuo fìammiugo, ma re taudo, tolte rare ccez ioui, schiet­tamente cromatico, come era e eguitò ad es ere quasi tutta la pittura napoletana.

Noi iLI èguito cercneremo e studieremo le eccezio ui, per comprendere in qual modo ad uua pittura, ueI compie o volgare, sia stato poss ibile avvicinarsi alle mag­aiori altezze o foudersi, in viven te unità, cou l'aria, con la luce e col Illare d i ques ta meravigli osa regione, come nella eh ie a di S. Ma rt ino SI/pro l'v enpo/illl. Ve­~iremo , per quali leggi, ai napoletaui sia conce so, in rari istauti, d'e ere f;euia li , e come iu questi istanti si manifesti, nella loro anima comune, la profouda e ar­d ente anima greca che qui vive aucora .

Ho vo luto aggiuugere alla no tizia dell 'acquisto dei due dipimi del Calabre e ques te brevi eonsid razioni, perchè tutti si ralllmeutino che una Piuaco teca deve esse re UOll solo utile alla cultura, ma fo rnire mezzi sicuri per affinar il gu to e perfezionare la educazione art istica naziouale.

Al\GELO Cmrn.

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o d 'oro veueziauo o di bruuo fìammiugo, ma re taudo, tolte rare ccez ioui, schiet­tamente cromatico, come era e eguitò ad es ere quasi tutta la pittura napoletana.

Noi iLI èguito cercneremo e studieremo le eccezio ui, per comprendere in qual modo ad uua pittura, ueI compie o volgare, sia stato poss ibile avvicinarsi alle mag­aiori altezze o foudersi, in viven te unità, cou l'aria, con la luce e col Illare d i ques ta meravigli osa regione, come nella eh ie a di S. Ma rt ino SI/pro l'v enpo/illl. Ve­~iremo , per quali leggi, ai napoletaui sia conce so, in rari istauti, d'e ere f;euia li , e come iu questi istanti si manifesti, nella loro anima comune, la profouda e ar­d ente anima greca che qui vive aucora .

Ho vo luto aggiuugere alla no tizia dell 'acquisto dei due dipimi del Calabre e ques te brevi eonsid razioni, perchè tutti si ralllmeutino che una Piuaco teca deve esse re UOll solo utile alla cultura, ma fo rnire mezzi sicuri per affinar il gu to e perfezionare la educazione art istica naziouale.

Al\GELO Cmrn.