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IL DIBATTITO SULLA DISOCCUPAZIONE E LE POLITICHE DEL LAVORO IN EUROPA Floro Ernesto Caroleo Università di Napoli “Parthenope”

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Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

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Page 1: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

IL DIBATTITO SULLA DISOCCUPAZIONE E LE POLITICHE DEL LAVORO IN

EUROPA

Floro Ernesto CaroleoUniversità di Napoli “Parthenope”

Page 2: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

Fig. 1 Tasso di disoccupazione negli Usa e nell'Unione Europea - 1960-2005

0,0

2,0

4,0

6,0

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12,0

EU15

USA

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Anni 70: Shock negativi dal lato dell’offerta Aumento della disoccupazione strutturale

- Shock petroliferi- Rallentamento della produttività totale dei fattori

produttivi (TFP)- Tasso di interesse reale- Mutamenti tecnologici- Mutamenti istituzionali

Blanchard 2006, Economic Policy

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OECD consensusJob Study 1994

1) Tesi di fondo: uno shock esogeno dell’offerta crea un gap tra il livello di occupazione di equilibrio e quello effettivo. Tale gap non può essere colmato nel breve periodo quando siamo in presenza di un lento di aggiustamento di prezzi e salari a causa dell'esistenza di varie forme di rigidità. In Europa queste sono dovute alle rigidità istituzionali del mercato del lavoro.

2) Le implicazioni di policy: (a) identificare le istituzioni, le regole formali o informali, oltre che le politiche, che contribuiscono a determinare questa sclerosi; (b) introdurre delle modifiche istituzionali, orientate ad una maggiore flessibilità. In conclusione: la strategia di intervento proposta è una generalizzata deregolamentazione del mercato del lavoro.

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Basi teoriche

Non market clearing models o modelli del disequilibrio (Benassy 1975, Clower 1965, Barro e Grossman 1971, Leijonhufvud 1968, Malinvaud 1977) spiegano la disoccupazione ed in particolare sulla sua involontarietà sulla base della rigidità dei salari e dei prezzi

Nuova Economia Keynesiana (NEK), (Rotemberg 1987, Greenwald e Stiglitz 1987, Ardeni e altri 1993, Mankiw e Romer 1991) fornisce fondamenti microeconomici alle rigidità dei salari e prezzi.

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Equilibrio Walrasiano

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Ipotesi di base dei Non Market Clearing Models

Se il livello dei salari e dei prezzi sono fissati a valori arbitrari, diversi da quelli che portano il sistema in equilibrio walrasiano, i mercati non sono in equilibrio. Ciò significa che o i compratori o i venditori non sono in grado di scambiare le quantità volute ai prezzi esistenti.

In questo caso vale la “regola del lato corto del mercato”, ovvero le quantità scambiate saranno determinate dalla minore tra la quantità domandata e offerta. Un lato del mercato sarà, quindi, razionato dal volume degli scambi (il vincolo è nella quantità) che effettivamente può aver luogo.

Inoltre, quando vi è razionamento in un mercato le conseguenze si ripercuotono sugli altri mercati, nel senso che se un agente è razionato in un mercato modificherà il suo comportamento anche negli altri mercati, anche qualora in essi non vi fossero vincoli.

Definizione di domanda nozionale e la domanda effettiva delle famiglie. La domanda nozionale di beni da parte delle famiglie è la quantità che queste vorrebbero acquistare, dati i prezzi e i salari esistenti, se fossero in grado di concludere tutte le transazioni volute in tutti gli altri mercati. Se tali transazioni non possono essere portate a termine allora la domanda effettiva sarà la quantità che esse desiderano acquistare quando si saranno rese conto di non poter offrire tutto il tempo di lavoro desiderato.

Disoccupazione keynesiana: - Mercato del lavoro: eccesso di offerta, famiglie razionate.

- Mercato dei beni: eccesso di offerta, imprese razionate;

Disoccupazione classica:- Mercato dei beni: eccesso di domanda, famiglie razionate;- Mercato del lavoro: eccesso di offerta, famiglie razionate.

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Disoccupazione Keynesiana

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Disoccupazione Classica

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Fattori istituzionali che rendono rigidi i salari e i prezzi

1) l’assetto della contrattazione,

2) la regolamentazione del mercato del lavoro,

3) il livello dei sussidi alla disoccupazione

4) il cuneo fiscale.

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Il dibattito sui livelli di contrattazione Calmfors, 1993; Calmfors e Driffill, 1994;

Due modelli di contrattazione: decentrato vs centralizzato entrambi con performance positive sul mercato del lavoro.

Le peggiori performance in termini di occupazione avvengono allorquando la contrattazione viene condotta ad un livello intermedio, per esempio per settore o industria.

Un ulteriore elemento, introdotto nel dibattito sulla contrattazione è rappresentato dal grado di coordinamento tra sindacati e tra imprese che permette a molti paesi di avere buone performance positive pur avendo un grado di contrattazione intermedia.

La posizione dell’Oecd consensus è nettamente a favore della contrattazione decentrata.

“Centralizzazione keynesiana” vs “decentralizzazione monetarista” .

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La regolamentazione del mercato del lavoro

Sistema di protezione sociale introdotto negli anni sessanta e settanta con lo scopo di rendere il lavoro più “sicuro” dal punto di vista della salute fisica e della sicurezza economica, per rendere più stabili i rapporti di lavoro con le aziende e per internalizzare i costi di assunzione, di licenziamento e di qualificazione.

la regolamentazione dell’orario di lavoro, la regolazione dei contratti di lavoro a part-time o a

tempo limitato, la legislazione a protezione dell’occupazione,

la determinazione di salari minimi.

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I sussidi al reddito

Un’altra caratteristica del sistema di welfare introdotto negli anni sessanta e settanta è rappresentata dall’espansione dei sussidi al reddito -inizialmente previsti solo per gli anziani o gli inabili e progressivamente estesi anche alle persone in condizione di lavorare (Atkinson e Miklewrigth, 1991).

(a) un sussidio a copertura di un reddito minimo garantito che può essere fornito per un periodo più o meno lungo e indipendentemente dal reddito precedentemente percepito;

(b) un sussidio per chi ha perso improvvisamente il lavoro, i disoccupati, che in genere è a tempo determinato e legato al reddito da lavoro svolto in precedenza.

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Il cuneo fiscale

Nella maggior parte dei paesi europei negli anni settanta e ottanta si è avuta una crescita del carico fiscale con conseguenze negative sull’occupazione.

Il cuneo fiscale è costituito da tre elementi: le tasse sul reddito, i contributi sociali -sia a carico dei lavoratori che delle imprese- e le tasse indirette sui beni di consumo.

Mentre la composizione relativa del cuneo fiscale non sembra avere effetti significativi sull’occupazione aggregata e sulla produzione, il suo livello, invece, nel caso di concorrenza imperfetta, contribuendo ad innalzare il costo del lavoro e a determinare l’incentivo al lavoro, influenza non solo la domanda di lavoro ma aumenta anche la conflittualità salariale e la resistenza alle riduzioni salariali.

L’alto costo del lavoro è anche responsabile, secondo l’Oecd consensus, della riduzione dell’area dell’occupazione formale e la crescita dell’economia sommersa e può spiegare anche il basso tasso di partecipazione in Europa e l’alto tasso di occupazione nel settore delle piccole aziende dei servizi negli Usa.

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Le implicazioni di policy dell’OECD consensus

L’ obiettivo è una riforma strutturale del mercato del lavoro “radicale e onnicomprensiva” (Imf, 1999). -10 linee guida e 70 raccomandazioni-

A livello microeconomico le proposte sono di: (a) eliminare le distorsioni degli incentivi, (b) rimuovere i vincoli alla regolazione contrattuale, (c) reintegrare coloro che si trovano senza lavoro, o gli scoraggiati, nella popolazione

lavorativa, possibilmente con sussidi non passivi ma condizionati all’accettazione dei programmi di lavoro o formativi e, infine,

(d) puntare ad una diversità istituzionale che sia di sostegno alle differenziazioni regionali che caratterizzano il mercato del lavoro europeo

Una volta portata a termine, la riforma strutturale rende più facile l’incontro tra domanda e prodotto potenziale e, quindi, minimizza a livello macroeconomico la necessità di politiche della domanda per riequilibrare il mercato.

Politiche di sostegno alla politica di riforma strutturale sono considerate le politiche dei redditi e le politiche attive del lavoro, che possono essere utilmente attivate soprattutto nei periodi di aggiustamento quando è necessario accelerare gli effetti della riforma sull’aumento dell’occupazione. Quei provvedimenti, invece, effettuati soprattutto sotto la spinta politica degli elettori come per esempio i prepensionamenti o i sussidi di invalidità, risultano fortemente discutibili.

Page 17: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

Le conseguenze

Produzione di dati (indicatori di rigidità istituzionale)

Spinta per i paesi (Europei) ad intraprendere Politiche di riforma strutturale del mercato del lavoro

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Lavori empirici basati sull’analisi degli indicatori OECD:

Scarpetta, 1998; Oecd, 1997; Bertola, Blau e Kahn, 2001; Nickell, 1997; Nickell e Layard, 1999; Manacorda e Manning, 1997; Jackman e altri, 1997; Jackman, 1998; Nickell e Bell, 1995; Buti, Pench e Sestito, 1998; Katz, 1998; Blanchard, 2006; Blanchard e Wolfers, 2000; Jackman, 1998; Boeri, Brugiavini e Calmfors Jackman, 1999, 2001; Buti, Pench e Sestito, 1998.

Molti di questi studi portano a conclusioni che attenuano fortemente l’ipotesi dell’OECD che le rigidità salariali, gli effetti isteresi, e la contrattazione siano le cause dell’aumento o della persistenza a livelli elevati della disoccupazione europea.

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Il ReassessmentReassessment del 2006(OECD 2006, Employment Outlook 2006)

Il punto di partenza è che la job strategy ha avuto successo (ovvero: i paesi che hanno intrapreso la strada delle riforme strutturali hanno effettivamente aumentato l’occupazione) e che le raccomandazioni rimangono fondamentalmente valide.

Tuttavia si rendono necessarie “alcuni cambi di enfasi” e messe a punto per adeguare la strategia ai nuovi cambiamenti.

4 Pilastri

Page 20: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

A dispetto della premessa, le indicazioni di politica economica che scaturiscono dall’analisi dei risultati empirici mostrano notevoli cambiamenti nella strategia proposta.

le politiche di minimi salariali, non sono più da abolire.

Si riconosce che la legislazione a protezione dell’occupazione può favorire le dinamiche del mercato del lavoro e dare maggiore sicurezza ai lavoratori

Anche i sussidi alla disoccupazione possono avere un effetto positivo sulla ricerca e sull’accettazione di una offerta di lavoro,

Non c’è più l’eccessiva enfasi sul problema del cuneo fiscale quale fattore di alto costo del lavoro

Si riconosce che anche un regime di centralizzazione, accompagnato da coordinamento delle istituzioni preposte alla contrattazione, può avere effetti benefici sulla disoccupazione.

Si auspicano politiche a favore di gruppi deboli

Da un ruolo del tutto secondario (o al più di stampo keynesiano di momentaneo sostegno della domanda) delle politiche macroeconomiche l’enfasi si sposta invece sull’importanza della stabilità dei prezzi quale premessa per la crescita economica. Politiche monetarie e riduzione dei deficit pubblici.

Page 21: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

In conclusione

Si riconosce che non esiste una sola “via alla riforma del mercato del lavoro” (legge dell’unico prezzo), ma che i vari paesi europei hanno intrapreso, in base alle loro caratteristiche istituzionali ed economiche, strade diverse e alternative.

In particolare si riconosce che i risultati migliori sono stati ottenuti sia dai paesi (anglosassoni), che hanno cercato di ridurre le rigidità istituzionali sia dai paesi (nord-europei) che hanno mantenuto alte i livello di welfare e di protezione.

Page 22: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

La strategie europea per l’occupazione (SEO)

Trattato di Amsterdam - Consiglio di Lussemburgo (1997)

La strategia di policy si focalizza sostanzialmente su alcune frammentate linee di intervento “di minima resistenza”. Le linee guida, infatti, ruotavano intorno a quattro pilastri: occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità.

Sembra in sostanza prevalere la preoccupazione, in un’ottica tipicamente liberista, di far sì che nel mercato del lavoro si determino situazioni di pari opportunità, ovvero che i gruppi più svantaggiati (giovani, disoccupati di lungo periodo, donne, disabili) abbiano la possibilità di aumentare le loro chance di essere occupati e di permettere l’espansione delle piccole imprese e dell’imprenditorialità diffusa.

Non si affronta pienamente il problema delle riforme strutturali

Page 23: Economia e Politica Del Lavoro Presentazione Modena

Lisbona 2000

Il processo di Lisbona attua un profondo cambiamento della strategia per l’occupazione.

L’Europa deve diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.

Flessibilità e sicurezza

Documento della Commissione Europea “Linee di orientamento per le politiche per l’occupazione per il triennio 2005-2008” nel quale il Consiglio Europeo ha ravvisato la necessità di rilanciare la strategia di Lisbona e di ridefinire le priorità di intervento.

Il primo set di politiche è costituito da quelle che fanno sì che sia possibile attrarre più persone nel mercato del lavoro e che vi possano rimanere.

Il secondo set di politiche riguarda quelle che puntano ad un alto livello di protezione sociale.

Il terzo set di politiche si pone il raggiungimento delle pari opportunità

Da ultimo, in continuità con il processo fin qui ricostruito, la nuova Agenda sociale introduce tre nuove “condizioni di successo” quali indicazioni per il futuro del modello sociale europeo: l’attivazione di un partenariato intergenerazionale e di un partenariato per il cambiamento nonché l’impatto del commercio estero sulla competitività.

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Conclusioni La strategia sembra differenziarsi molto da quella

proposta dall’OECD -anche rispetto al nuovo reassessment-

Perché a distanza di un quinquennio stenta a prendere forma?

a) Perché è basata su un livello istituzionale che applica una regolamentazione soft.

b) I singoli paesi soprattutto il nostro, e i paesi “intermedi”, sono stati molto più attratti dalle prescrizioni dell’OECD consensus circa le riforme strutturali.