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A CURA DELLA REDAZIONE DEL LICEO SCIENTIFICO E LINGUISTICO ‘GALILEO GALILEI’ DI CARAVAGGIO - COORDINAMENTO EDITORIALE DANIELA CIOCCA editoriale Tiriamo le somme Non è semplice fare un resoconto di quel- lo che ha comportato collaborare al giorna- le. Soprattutto se si parla di un anno intero. Sembrano una sciocchezza due pagine affi- date alla scrittura degli studenti di un liceo, ma quella che ‘il Popolo Cattolico’ ci ha fat- to è una grande concessione e un’ottima op- portunità per consentirci di capire da vicino cosa significa “fare il giornalista” e anche di provare ad esserlo. Quest’anno ci abbiamo lavorato in parecchi, con maggiore o minore continuità ma comunque in parecchi. A vol- te (rare) riunendoci, più spesso collaboran- do via e-mail con la prof., ed è stata questa una novità interessante che ci ha permesso di superare lo scoglio degli impegni scolasti- ci e di trovare uno spazio per la redazione. L’andirivieni di articoli, correzioni, bozze hanno sicuramente riempito l’attività della redazione del Galileo. Possiamo considerare la rete di internet come la nostra mascotte (o forse è vero il contrario), quella che ci ha permesso di rivedere i nostri articoli imme- diatamente alla luce delle indicazioni di cor- rezione della nostra coordinatrice. E posso assicurare che le revisioni dei nostri prodot- ti sono circolate in rete anche svariate vol- te. I motivi per cui è stato costruttivo collabo- rare a questo progetto sono stati molti. L’ho chiesto in presa diretta ad alcuni miei compagni che hanno fatto parte della reda- zione del Galileo. Ho scoperto che alcuni hanno visto nel Galileo la possibilità di por- tare alla ribalta fatti e notizie del proprio pae- se: non c’è bisogno di vivere a Milano o a Bergamo per scoprire fatti e persone interes- santi ai fini della cronaca. Un’altra ragazza, di cui condivido appieno il parere e il punto di vista, mi ha descritto la difficoltà di comu- nicare ciò che si pensa con “il linguaggio del giornalista” e il piacere di aver provato a far- lo. La scrittura scolastica a volte va per sche- mi fissi e frasi fatte, il giornalismo invece op- ta sempre (almeno nelle intenzioni) per la chiarezza, la semplicità nell’esprimere le idee. E noi studenti lo possiamo affermare con certezza che non è sempre facile rispet- tare questi canoni. Ancora un parere: questa esperienza è stata considerata un lavoro uti- le in vista della maturità. Scrivere sul giorna- le rappresenterebbe un buon esercizio ai fi- ni del tema della maturità, parere da tenere comunque nella dovuta considerazione. Cosa dire ancora per farvi capire cosa ab- biamo combinato: la biblioteca della scuola ha rappresentato un po’ il centro di arrivo e smistamento delle idee, ed è stata un po’ come la nostra casa di accoglienza. Lì ab- biamo scritto, lì abbiamo seguito e tradotto in correzioni e ristesure le note critiche del- la nostra coordinatrice migliorando quello che non andava. Ma quello che più ha entu- siasmato e forse incoraggiato ad aderire a questa iniziativa è stato il fatto che non ab- biamo scritto su temi che ci sono stati im- posti. Tutto quello che è stato scritto o pen- sato a proposito di spettacolo piuttosto che di televisione o di cronaca locale è stato frut- to delle nostre idee, dei nostri interessi, del- la nostra curiosità . Ovviamente con la su- pervisione di chi ci sa fare! Michela Brambilla Quando il volontariato fa bene al cuore In Kenya tra i bambini di Suor Rosaria Africa. Tanto vicina da poter dire di sapere dire tut- to di lei, troppo lontana per poterci andare. Ma non è così per tutti. Simona Silvani, 23enne di Bariano, con il fidanzato e con un gruppo di cinque pensio- nate, ha avuto il coraggio di fare questa scelta, an- zi, di farla per la terza volta e di andare “oltre”, al di là del cortile di casa propria, al di là della paura di andare in un posto “così difficile”, al di là delle semplici parole, prendendo l’aereo e aiutando qual- cuno con le proprie mani. Simona ce lo racconta con queste parole. Dove siete andate in particolare, in Africa? Siamo state a Nairobi in Kenia, nella Maria Rome- ro children’s home, un “istituto” di bambine abban- donate o con situazioni familiari difficili, anche se io preferisco chiamarlo semplicemente casa-famiglia. Suor Rosaria Assandri, originaria di Bariano, è la re- sponsabile di questo posto di accoglienza, aiutata in questo compito da Suor Maria Goretti, religiosa del luogo, con il benestare dell’ispettrice del Kenia. Nella casa sono ospitate circa trenta ragazze dai 2 ai 13 anni, tutte provenienti della periferia di Nairo- bi e purtroppo tutte con delle esperienze di vita ter- ribili. Come possono due suore mantenere una struttu- ra che accoglie trenta ragazze? È proprio una domanda che viene da porsi quan- do le si conosce. Suona strano dirlo, ma vivono so- lamente con donazioni di associazioni che sostengo- no le bambine, con adozioni a distanza, sponsoriz- zazione di progetti e offerte dei volontari. Non si trat- ta solo di denaro. Spesso la mattina, durante la no- stra permanenza, andavamo con dei furgoni in aero- porto per caricare della verdura (infatti gli inglesi, per risparmiare sui costi, la fanno confezionare in Africa e poi la rispediscono in Inghilterra): un cono- scente di suor Rosaria, responsabile del trasporto della verdura, quando ne avanzava un po’ la dona- va a lei. Sembra forse una cosa stupida, irrilevante ma così non è e fa ben capire come tutto può ser- vire. Certo, sono occasioni che bisogna essere bra- vi a cercare e a cogliere. Come sono le ragazze di Suor Rosaria? Sono bambine allegre con tanta voglia di fare, 34 UN GIORNALE NEL GIORNALE SABATO 21 MAGGIO 2005 il Popolo Cattolico sempre sorridenti e che sicuramente non danno a vedere quello che hanno passato. La cosa più bella è che ti dimostrano tanto affetto. Sono tutte ragaz- ze letteralmente raccolte per strada. In quelle picco- le comunità di periferia, le voci corrono e se una bambina è in difficoltà si fa subito il possibile per accoglierla. Non sono ragazze che non hanno fami- glia, spesso però hanno solo uno dei due genitori, nonni o zii che, essendo in difficoltà, le abbandona- no A volte le storie sono ancora più tristi, come quel- la di Faith, una bambina di dieci anni. A un certo punto sono stati ritrovati uno zio e uno dei nonni; lei ha scelto di ritornare da loro ma ne hanno abusato e adesso Faith è di nuovo insieme alle altre ragazze. Non so come facciano, è difficile, ma dopo esperienze tragiche come questa riescono ancora a sorridere. Sarà una domanda ovvia, ma come giudichi que- sta esperienza e cosa ti ha spinto a tornare anco- ra? È una bellissima esperienza. Le bambine stesse mi spingono a tornare con la voglia di poter fare real- mente qualcosa per loro. Nei giorni che ho trascor- so con loro sono stata bene. Dovevo, ad esempio, svegliarmi molto presto per accompagnarle a scuo- la, ma non era un peso: un solo sorriso ti appaga molto. È strano poi stare con bambine che sono con- tentissime anche per una semplice caramella, e che sono emozionate di fronte a una macchina fotogra- fica per fototessere e all’idea di avere la loro picco- la carta d’identità. Per alcune abbiamo dovuto addi- rittura inventare la data di nascita, per lasciare loro un compleanno da poter festeggiare. E questo ti in- segna a ringraziare; ti rendi davvero conto che se hai qualcosa è perché Qualcuno te l’ha data. Elena Pecora Questo fine settimana Caravaggio, come ogni an- no, sarà pacificamente in- vasa dai ragazzi del liceo cittadino, nell’ambito del- la ricorrenza del Liceo in Piazza. La manifestazio- ne, che si ripete ogni mag- gio, ha lo scopo di promuovere un legame più stret- to fra la città e il suo liceo, attraverso iniziative di vario genere che vedranno gli studenti all’opera per le vie del centro storico. La novità fondamentale dell’edizione 2005 sarà la concomitanza con i festeggiamenti per l’anniver- sario dell’Apparizione della Vergine al Santuario, cui l’Amministrazione comunale sta lavorando già da tempo. Questo ha consentito di rinnovare la formu- la del Liceo in Piazza, che da alcuni anni riscuote- va un interesse sempre minore nella cittadinanza e fra gli stessi studenti, adeguandola alle nuove esi- genze e arricchendola di nuove attività: le due ini- ziative saranno infatti intimamente collegate. “Uno degli elementi fondamentali, ovvero la mu- sica dal vivo”, spiega la professoressa Patrizia Ma- pelli, che coordina l’iniziativa, “sarà mantenuto: nel pomeriggio di domenica tre gruppi musicali formati prevalentemente da studenti del biennio suoneran- no musiche d’atmosfera nel centro storico della cit- tà per tutta la durata della manifestazione”. “Altri gruppi”, prosegue l’insegnante, “allestiranno punti espositivi per le vie principali, dove i visitatori po- tranno vedere i diversi lavori artistici preparati du- rante l’anno scolastico in collaborazione con i do- centi di Arte. In particolare, saranno esposti dise- gni, acquerelli, tempere e gouaches ispirati a scor- ci di Caravaggio, elaborati durante le ore di lezio- ne”. Alla riuscita dell’iniziativa ha collaborato anche la professoressa Lucia Manzoni. “Con la nostra su- pervisione”, spiega, “i ragazzi hanno predisposto dieci pannelli informativi su temi di grande interes- se, fra cui una ricostruzione dettagliata della Cara- vaggio del 1400 e informazioni di valore storico su tre antiche chiese cittadine non più esistenti (s. Giovanni Decollato, s. Carlo e ss. Trinità, ndr), di cui molti caravaggini ignorano addirittura l’esisten- za”. Sempre nel pomeriggio di domenica saranno a di- sposizione del pubblico – gratuitamente, s’intende – delle guide turistiche d’eccezione: dopo la posi- tiva esperienza del FAI Pri- mavera, quando numerosi studenti del Liceo erano diventati guide d’arte per un giorno, altri ragazzi condurranno visite guidate alla scoperta delle consuetudini e della vita comu- ne nella Caravaggio del Quattrocento. Per tutta la giornata, inoltre, i ragazzi del Galilei parteciperanno come figuranti ai festeggiamenti per la ricorrenza dell’Apparizione, prendendo parte alla rievocazione storica in costume e alla partita di scacchi viventi organizzata per le 16.30 davanti al Palazzo Comunale. Ma per gli studenti del Galilei le fatiche continue- ranno anche dopo il tramonto. Diverse allieve del Liceo, infatti, presenteranno alle 21 un saggio di danza classica e moderna, a cura dell’associazio- ne Caravaggio Danza, nel suggestivo scenario del sagrato della Chiesa Parrocchiale. La giornata si concluderà quindi con un inedito spettacolo teatra- le della compagnia Medusa, “Sotto lo sguardo di Maria”, per la regia di Walter Macchi, preparato e realizzato appositamente per l’occasione. Fabio Bettani Al via la manifestazione annuale del Liceo Galilei Domani torna il ‘Liceo in piazza’ Collegata ai festeggiamenti per l’anniversario dell’Apparizione corsivo Venerdì. Un venerdì di ordinaria scolarizzazione. Era stato un intervallo buio e tempestoso e noi, impavidi eroi, ci accingevamo, unti di patatine, a rientrare in classe dopo dieci minuti di relax cerebrale, anzi, pseudo-cerebrale. Lei non era ancora arrivata, ma la previsione delle due ore che stavano per iniziare faceva sfrigolare l’aria di trepidazione. Ed ecco, due figure si stagliarono nitide sullo sfondo del corridoio dirette nella nostra classe: la più nota era quella della prof, la più ignota, quella di colui che ci avrebbe portato il sapere economico. Il prof. Marzio Galeotti, colui che avrebbe tentato di farci apprendere delle nozioni, come i nostri professori da innumerevoli anni tentavano invano di fare, colui che - con lo stesso ardire di un impavido cavaliere errante che, alla ricerca della gloria, uccide il drago - avrebbe provato ad arrivare là dove nessuno era mai giunto prima: alle frontiere selvagge della nostra capacità di comprendere. Il nostro capitano Kirk della valuta, inizialmente nemmeno intimidito dalla torma di alieni – nel senso di alieni al pensiero - che si trovava davanti, cominciò a lanciarsi in cose e concetti nella (fallace) ipotesi che risultassero, ai suoi muti Postumi di una lezione di economia interlocutori, comprensibili. Ma, dopo dieci minuti di scienza economica, verificato che, nonostante il superbo travestimento da giovani pensatori non letargici, le nostre pupille prendevano a dilatarsi fino allo sbarrato-smarrito, cominciò a sfrugugliare oltre la nostra maschera, come il migliore dei radiografi, e scoprì la nostra tattica. Così si adeguò. Fu una manna. Il cielo si rischiarò e le piante fiorirono quando il professore iniziò a parlare dell’economia mondiale e del mercato mondiale come se fosse un’isola deserta, dove gli stati si scambiavano le merci come Robinson Crusoe e Venerdì si scambiavano pesce e banane, e noi cominciammo a capire e ad annuire e ad interagire con l’oratore, come se avessimo compreso tutto sin dall’inizio. Ritornammo a casa, soddisfatti, estasiati, e tutti andammo a dire ai nostri genitori che Chiquita, in un’altra lingua, vuol dire Venerdì. Davide Danelli

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A CURA DELLA REDAZIONE DEL LICEO SCIENTIFICO E LINGUISTICO ‘GALILEO GALILEI’ DI CARAVAGGIO - COORDINAMENTO EDITORIALE DANIELA CIOCCA

editoriale

Tiriamo le somme

Non è semplice fare un resoconto di quel-lo che ha comportato collaborare al giorna-le. Soprattutto se si parla di un anno intero.Sembrano una sciocchezza due pagine affi-date alla scrittura degli studenti di un liceo,ma quella che ‘il Popolo Cattolico’ ci ha fat-to è una grande concessione e un’ottima op-portunità per consentirci di capire da vicinocosa significa “fare il giornalista” e anche diprovare ad esserlo. Quest’anno ci abbiamolavorato in parecchi, con maggiore o minorecontinuità ma comunque in parecchi. A vol-te (rare) riunendoci, più spesso collaboran-do via e-mail con la prof., ed è stata questauna novità interessante che ci ha permessodi superare lo scoglio degli impegni scolasti-ci e di trovare uno spazio per la redazione.

L’andirivieni di articoli, correzioni, bozzehanno sicuramente riempito l’attività dellaredazione del Galileo. Possiamo considerarela rete di internet come la nostra mascotte(o forse è vero il contrario), quella che ci hapermesso di rivedere i nostri articoli imme-diatamente alla luce delle indicazioni di cor-rezione della nostra coordinatrice. E possoassicurare che le revisioni dei nostri prodot-ti sono circolate in rete anche svariate vol-te.

I motivi per cui è stato costruttivo collabo-rare a questo progetto sono stati molti.L’ho chiesto in presa diretta ad alcuni mieicompagni che hanno fatto parte della reda-zione del Galileo. Ho scoperto che alcunihanno visto nel Galileo la possibilità di por-tare alla ribalta fatti e notizie del proprio pae-se: non c’è bisogno di vivere a Milano o aBergamo per scoprire fatti e persone interes-santi ai fini della cronaca. Un’altra ragazza,di cui condivido appieno il parere e il puntodi vista, mi ha descritto la difficoltà di comu-nicare ciò che si pensa con “il linguaggio delgiornalista” e il piacere di aver provato a far-lo. La scrittura scolastica a volte va per sche-mi fissi e frasi fatte, il giornalismo invece op-ta sempre (almeno nelle intenzioni) per lachiarezza, la semplicità nell’esprimere leidee. E noi studenti lo possiamo affermarecon certezza che non è sempre facile rispet-tare questi canoni. Ancora un parere: questaesperienza è stata considerata un lavoro uti-le in vista della maturità. Scrivere sul giorna-le rappresenterebbe un buon esercizio ai fi-ni del tema della maturità, parere da tenerecomunque nella dovuta considerazione.

Cosa dire ancora per farvi capire cosa ab-biamo combinato: la biblioteca della scuolaha rappresentato un po’ il centro di arrivo esmistamento delle idee, ed è stata un po’come la nostra casa di accoglienza. Lì ab-biamo scritto, lì abbiamo seguito e tradottoin correzioni e ristesure le note critiche del-la nostra coordinatrice migliorando quelloche non andava. Ma quello che più ha entu-siasmato e forse incoraggiato ad aderire aquesta iniziativa è stato il fatto che non ab-biamo scritto su temi che ci sono stati im-posti. Tutto quello che è stato scritto o pen-sato a proposito di spettacolo piuttosto chedi televisione o di cronaca locale è stato frut-to delle nostre idee, dei nostri interessi, del-la nostra curiosità . Ovviamente con la su-pervisione di chi ci sa fare!

Michela Brambilla

Quando il volontariato fa bene al cuore

In Kenya tra i bambini di Suor RosariaAfrica. Tanto vicina da poter dire di sapere dire tut-

to di lei, troppo lontana per poterci andare. Ma nonè così per tutti. Simona Silvani, 23enne di Bariano,con il fidanzato e con un gruppo di cinque pensio-nate, ha avuto il coraggio di fare questa scelta, an-zi, di farla per la terza volta e di andare “oltre”, aldi là del cortile di casa propria, al di là della pauradi andare in un posto “così difficile”, al di là dellesemplici parole, prendendo l’aereo e aiutando qual-cuno con le proprie mani. Simona ce lo racconta conqueste parole.

Dove siete andate in particolare, in Africa?Siamo state a Nairobi in Kenia, nella Maria Rome-

ro children’s home, un “istituto” di bambine abban-donate o con situazioni familiari difficili, anche se iopreferisco chiamarlo semplicemente casa-famiglia.Suor Rosaria Assandri, originaria di Bariano, è la re-sponsabile di questo posto di accoglienza, aiutatain questo compito da Suor Maria Goretti, religiosadel luogo, con il benestare dell’ispettrice del Kenia.Nella casa sono ospitate circa trenta ragazze dai 2ai 13 anni, tutte provenienti della periferia di Nairo-bi e purtroppo tutte con delle esperienze di vita ter-ribili.

Come possono due suore mantenere una struttu-ra che accoglie trenta ragazze?

È proprio una domanda che viene da porsi quan-do le si conosce. Suona strano dirlo, ma vivono so-lamente con donazioni di associazioni che sostengo-no le bambine, con adozioni a distanza, sponsoriz-zazione di progetti e offerte dei volontari. Non si trat-ta solo di denaro. Spesso la mattina, durante la no-stra permanenza, andavamo con dei furgoni in aero-porto per caricare della verdura (infatti gli inglesi,per risparmiare sui costi, la fanno confezionare inAfrica e poi la rispediscono in Inghilterra): un cono-scente di suor Rosaria, responsabile del trasportodella verdura, quando ne avanzava un po’ la dona-va a lei. Sembra forse una cosa stupida, irrilevantema così non è e fa ben capire come tutto può ser-vire. Certo, sono occasioni che bisogna essere bra-vi a cercare e a cogliere.

Come sono le ragazze di Suor Rosaria?Sono bambine allegre con tanta voglia di fare,

34 UN GIORNALE NEL GIORNALESABATO 21 MAGGIO 2005il Popolo Cattolico

sempre sorridenti e che sicuramente non danno avedere quello che hanno passato. La cosa più bellaè che ti dimostrano tanto affetto. Sono tutte ragaz-ze letteralmente raccolte per strada. In quelle picco-le comunità di periferia, le voci corrono e se unabambina è in difficoltà si fa subito il possibile peraccoglierla. Non sono ragazze che non hanno fami-glia, spesso però hanno solo uno dei due genitori,nonni o zii che, essendo in difficoltà, le abbandona-no A volte le storie sono ancora più tristi, come quel-la di Faith, una bambina di dieci anni.

A un certo punto sono stati ritrovati uno zio e unodei nonni; lei ha scelto di ritornare da loro ma nehanno abusato e adesso Faith è di nuovo insiemealle altre ragazze. Non so come facciano, è difficile,ma dopo esperienze tragiche come questa riesconoancora a sorridere.

Sarà una domanda ovvia, ma come giudichi que-

sta esperienza e cosa ti ha spinto a tornare anco-ra?

È una bellissima esperienza. Le bambine stessemi spingono a tornare con la voglia di poter fare real-mente qualcosa per loro. Nei giorni che ho trascor-so con loro sono stata bene. Dovevo, ad esempio,svegliarmi molto presto per accompagnarle a scuo-la, ma non era un peso: un solo sorriso ti appagamolto. È strano poi stare con bambine che sono con-tentissime anche per una semplice caramella, e chesono emozionate di fronte a una macchina fotogra-fica per fototessere e all’idea di avere la loro picco-la carta d’identità. Per alcune abbiamo dovuto addi-rittura inventare la data di nascita, per lasciare loroun compleanno da poter festeggiare. E questo ti in-segna a ringraziare; ti rendi davvero conto che sehai qualcosa è perché Qualcuno te l’ha data.

Elena Pecora

Questo fine settimanaCaravaggio, come ogni an-no, sarà pacificamente in-vasa dai ragazzi del liceocittadino, nell’ambito del-la ricorrenza del Liceo inPiazza. La manifestazio-ne, che si ripete ogni mag-gio, ha lo scopo di promuovere un legame più stret-to fra la città e il suo liceo, attraverso iniziative divario genere che vedranno gli studenti all’opera perle vie del centro storico.

La novità fondamentale dell’edizione 2005 saràla concomitanza con i festeggiamenti per l’anniver-sario dell’Apparizione della Vergine al Santuario, cuil’Amministrazione comunale sta lavorando già datempo. Questo ha consentito di rinnovare la formu-la del Liceo in Piazza, che da alcuni anni riscuote-va un interesse sempre minore nella cittadinanza efra gli stessi studenti, adeguandola alle nuove esi-genze e arricchendola di nuove attività: le due ini-ziative saranno infatti intimamente collegate.

“Uno degli elementi fondamentali, ovvero la mu-sica dal vivo”, spiega la professoressa Patrizia Ma-pelli, che coordina l’iniziativa, “sarà mantenuto: nelpomeriggio di domenica tre gruppi musicali formatiprevalentemente da studenti del biennio suoneran-no musiche d’atmosfera nel centro storico della cit-

tà per tutta la durata della manifestazione”. “Altrigruppi”, prosegue l’insegnante, “allestiranno puntiespositivi per le vie principali, dove i visitatori po-tranno vedere i diversi lavori artistici preparati du-rante l’anno scolastico in collaborazione con i do-centi di Arte. In particolare, saranno esposti dise-gni, acquerelli, tempere e gouaches ispirati a scor-ci di Caravaggio, elaborati durante le ore di lezio-ne”.

Alla riuscita dell’iniziativa ha collaborato anche laprofessoressa Lucia Manzoni. “Con la nostra su-pervisione”, spiega, “i ragazzi hanno predispostodieci pannelli informativi su temi di grande interes-se, fra cui una ricostruzione dettagliata della Cara-vaggio del 1400 e informazioni di valore storico sutre antiche chiese cittadine non più esistenti (s.Giovanni Decollato, s. Carlo e ss. Trinità, ndr), dicui molti caravaggini ignorano addirittura l’esisten-za”.

Sempre nel pomeriggio di domenica saranno a di-

sposizione del pubblico –gratuitamente, s’intende– delle guide turistiched’eccezione: dopo la posi-tiva esperienza del FAI Pri-mavera, quando numerosistudenti del Liceo eranodiventati guide d’arte per

un giorno, altri ragazzi condurranno visite guidatealla scoperta delle consuetudini e della vita comu-ne nella Caravaggio del Quattrocento.

Per tutta la giornata, inoltre, i ragazzi del Galileiparteciperanno come figuranti ai festeggiamenti perla ricorrenza dell’Apparizione, prendendo parte allarievocazione storica in costume e alla partita discacchi viventi organizzata per le 16.30 davanti alPalazzo Comunale.

Ma per gli studenti del Galilei le fatiche continue-ranno anche dopo il tramonto. Diverse allieve delLiceo, infatti, presenteranno alle 21 un saggio didanza classica e moderna, a cura dell’associazio-ne Caravaggio Danza, nel suggestivo scenario delsagrato della Chiesa Parrocchiale. La giornata siconcluderà quindi con un inedito spettacolo teatra-le della compagnia Medusa, “Sotto lo sguardo diMaria”, per la regia di Walter Macchi, preparato erealizzato appositamente per l’occasione.

Fabio Bettani

Al via la manifestazione annuale del Liceo Galilei

Domani torna il ‘Liceo in piazza’Collegata ai festeggiamenti per l’anniversario dell’Apparizione

corsivo

Venerdì. Un venerdì di ordinaria scolarizzazione.Era stato un intervallo buio e tempestoso e noi,impavidi eroi, ci accingevamo, unti di patatine, arientrare in classe dopo dieci minuti di relaxcerebrale, anzi, pseudo-cerebrale. Lei non eraancora arrivata, ma la previsione delle due ore chestavano per iniziare faceva sfrigolare l’aria ditrepidazione.

Ed ecco, due figure si stagliarono nitide sullosfondo del corridoio dirette nella nostra classe: lapiù nota era quella della prof, la più ignota, quelladi colui che ci avrebbe portato il sapereeconomico. Il prof. Marzio Galeotti, colui che

avrebbe tentato di farci apprendere delle nozioni,come i nostri professori da innumerevoli annitentavano invano di fare, colui che - con lo stessoardire di un impavido cavaliere errante che, allaricerca della gloria, uccide il drago - avrebbeprovato ad arrivare là dove nessuno era maigiunto prima: alle frontiere selvagge della nostracapacità di comprendere.

Il nostro capitano Kirk della valuta, inizialmentenemmeno intimidito dalla torma di alieni – nelsenso di alieni al pensiero - che si trovavadavanti, cominciò a lanciarsi in cose e concettinella (fallace) ipotesi che risultassero, ai suoi muti

Postumi di una lezione di economia

interlocutori, comprensibili. Ma, dopo dieci minutidi scienza economica, verificato che, nonostante ilsuperbo travestimento da giovani pensatori nonletargici, le nostre pupille prendevano a dilatarsifino allo sbarrato-smarrito, cominciò a sfrugugliareoltre la nostra maschera, come il migliore deiradiografi, e scoprì la nostra tattica. Così siadeguò.

Fu una manna. Il cielo si rischiarò e le piantefiorirono quando il professore iniziò a parlaredell’economia mondiale e del mercato mondialecome se fosse un’isola deserta, dove gli stati siscambiavano le merci come Robinson Crusoe eVenerdì si scambiavano pesce e banane, e noicominciammo a capire e ad annuire e ad interagirecon l’oratore, come se avessimo compreso tuttosin dall’inizio.

Ritornammo a casa, soddisfatti, estasiati, e tuttiandammo a dire ai nostri genitori che Chiquita, inun’altra lingua, vuol dire Venerdì.

Davide Danelli

Malcostume: ecco le ‘armi’ per tentare di non pagare la corsa

Niente biglietto? Arrivano le sanzioniI proventi delle vendite destinati ai piccoli cardiopatici dello Zimbabwe

‘L’erba di casa mia’ di Bettini

Dalla nostra corrispondente in Svezia

Noi visti dal profondo Nord

35UN GIORNALE NEL GIORNALESABATO 21 MAGGIO 2005 il Popolo Cattolico

Rivolta - “L’erba di casa mia” è l’ultima faticaletteraria di Alfredo Bettini.

Il libro è il più recente di una trilogia iniziata nel1998 con la pubblicazione di “Ritagli”, prosegui-ta nel 2002 con “Ehi, torna giù!” e conclusa, nelmarzo di quest’anno, con “L’erba di casa mia”.

Dopo la felice presentazione al pubblico, ho av-vicinato l’autore (non mi è stato poi così difficile,visto che abita accanto a me) per fargli alcune do-mande sulla genesi e sul significato del suo ro-manzo.

Alfredo Bettini, perché ha scritto questo ro-manzo e perché l’ha intitolato così?

Tutto è nato un giorno in cui mi è capitato diimbattermi in un tramonto stupendo, talmente bel-lo che sono arrivato a fermare la macchina perammirarlo. Così mi sono reso conto di non avermai guardato con attenzione a tutte le cose cheti possono passare davanti nella vita, a tutte quel-le minuzie che passano sempre inosservate. Main quel momento non potevo immaginare che, adistanza di due mesi, il mio cuore, dopo ventitréanni di buona condotta, mi avrebbe sbattuto perqualche mese in un letto di ospedale. È stataun’esperienza traumatica, dominata da un solosentimento: la speranza.

La speranza di non morire, di tornare accantoa chi ami, a chi ti è amico, alla persona cui haiaffidato chi ti è più caro. E alla tua casa. Una vol-ta guarito, è stata proprio questa sofferta vogliadi erba tenuta bene – quella del giardino di casamia – a portarmi davanti al computer per tentaredi riportare sulla pagina e di descrivere umili maimportanti momenti, anche miei, seppur nascostidietro la storia di Gianni e della sua famiglia. Mo-menti che iniziano in tempi lontani e ci accompa-gnano ai giorni nostri.

Anche qui, come nei romanzi precedenti, il fi-lo conduttore sono vicende svoltesi a Rivoltad’Adda o a Soncino?

No, in questo romanzo le vicende si svolgono

attorno alla casa di Gianni Spinelli e della sua fa-miglia, che è situata comunque in un ambientemolto vicino a quello della campagna lombarda,ed in particolare a quella cremonese.

Ecco spiegata quindi la scelta delle foto scat-tate da Lunghi come illustrazioni…

Come ho già detto, le vicende narrate si svol-gono in un ambiente che ricalca da vicino la cam-pagna cremonese. Lunghi ha dimostrato una sen-sibilità particolare nella scelta di queste foto,scattate in base ai racconti che aveva letto e vi-cino ai quali sono state collocate le sue immagi-ni. Ogni foto, infatti, racconta in breve il contenu-to del racconto che le fa seguito.

A chi sarà devoluto l’incasso della vendita delromanzo?

Il derivato dalla vendita sarà interamente devo-luto alla struttura sanitaria italiana di Mutoko (Zim-bawe) diretta dalla dottoressa Marilena Pesaresi,dove alcuni bambini cardiopatici con breve aspet-tativa di vita vengono visitati dal dottor Ettore Vi-tali, primario di Cardiochirurgia al Niguarda, e daldottor Maurizio Ferratini, Primario della Divisionedi cardiologia riabilitativa del “Don Gnocchi”. Ibambini, portati in Italia, vengono operati e riabi-litati in queste strutture sanitarie milanesi, e poi,dopo un periodo di accoglienza presso alcune fa-miglie di dipendenti della “Fondazione don Gnoc-chi”, ritorno al loro paese d’origine. Un’altra par-te degli utili verrà devoluta all’oratorio S. AlbertoQuadrelli, per la promozione delle sue attività.

L’epilogo inizia con la frase “E quando ho spen-to il computer…”. È l’annuncio che la trilogia ècompiuta o c’è spazio (e tempo) per riaccende-re il computer e ricominciare un’altra avventura?

La conclusione dello scritto è stata per me unmomento di solitudine, ma lo spazio per un altroromanzo ci sarebbe. Il problema è il tempo: ormaisono sulla soglia degli ottanta… anche se la vo-glia rimane tanta!

Matteo Mariani

Quale studente-pendolare non conosce le stra-tegie, i campi di battaglia, i termini della perennecontesa con i controllori degli autobus? Bastascordarsi del cambio di mese e già bisogna sta-re all’erta: il pericolo di dover pagare 100 volte ilcosto di una corsa semplice è sempre dietro laporta della vettura. Poche sono le speranze di ri-uscire a sgattaiolare tra i due battenti mentre sichiudono fra gli spuffi del meccanismo a pres-sione. Se si è in tanti bisogna pagare la mul-ta, il controllore fa giustamente il suo do-vere.

Non c’è nulla invece di giustificabilequando un intero gruppo di passegge-ri opta per la... clandestinità perma-nente. La tecnica per cercare di far-la franca è semplice: non permet-tere al controllore di avvicinarsi.Barricati in fondo al pullman, si cer-ca di ‘respingerlo’....

E il controllore, a questo punto, puòsolo minacciare di chiamare le forze del-l’ordine. Per tutti sono state sempre e so-lo minacce, almeno fino a giovedì 12 mag-gio.

Ecco l’episodio. Sul pullman Caravaggio-Pozzuolo delle 13.27 sale un gruppo di studenti.Occupano la parte finale del mezzo. Quanti di lo-ro avranno il biglietto? Quanti di loro saranno di-sposti a mostrarlo? Dopo 20 minuti, all’altezzadella località Taranta, frazione di Cassano d’Adda,il pullman si ferma. Sale un controllore. Un altro.Un altro ancora. Tre controllori, decisi ad affron-tare il clan dei viaggiatori ‘in nero’. Una volantedei Carabinieri scorta il pullman fino alla fermatacentrale di Cassano.

Fioccano le multe. I controllori sanzionano le ir-regolarità nei biglietti, ogni cifra non chiara del co-dice personale sui biglietti mensili. È la resa deiconti. A Cassano il pullman si ferma. Tutti i pas-seggeri vengono fatti scendere: segue una ‘raman-zina’. Poi tutti a casa: per la prima volta il ‘clandei clandestini’ assapora l’amaro della sconfitta.

E i passeggeri in regola tirano un sospiro di sol-lievo.

Si spera che la situazione cambi e in manieradefinitiva perché si sente il bisogno di riafferma-re il primato della cultura della legalità a partireanche da questi piccoli episodi.

Jonas F. Erulo

Ikea, il gelo e le renne. Questo é quello che co-noscevo della Svezia nove mesi fa quando salutavol’Italia nel caos di Roma Fiumicino, tra strilla e suo-nerie polifoniche. Poche ore dopo atterravo a Stoc-colma e un silenzio tombale mi dava il benvenutonel nord.

L’intenzione era quella di frequentare un anno discuola all’estero, imparare la lingua e vivere con unafamiglia svedese. Missione compiuta nonostante lasfida del clima. Personalmente ho dubitato più vol-te di riuscire a svernare, ma gli audaci scandinavi(gli stessi che potete ammirare a febbraio immersinelle acque del Garda) hanno sottolineato che è sta-to l’inverno peggiore degli ultimi 15 anni. Io, con unaminima sperimentata di meno 25 gradi, mi accon-tento della “mediocre” esperienza e il prossimo Na-tale spero di passarlo al sole che, a questa latitudi-ne e nei mesi piú freddi, si mostra solo per tre oreal giorno.

Ma lo stereotipo del Nord freddo e Sud caldo ha

ostante le scuole gratuite (compresi libri, mensa etrasporti) e le pensioni garantite, nemmeno lassù vi-vono nell’idillio: il divorzio è diventato una moda e igiornali non parlan d’altro che di alcolismo e violen-za domestica.

Conoscere una cultura diversa era nei miei piani.Quello che non immaginavo è che, guardandola congli occhi di uno svedese, avrei imparato ad apprez-zare la mia. Con qualche eccezione: secondo alcunidei miei ospiti le uniche cose che ci distinguono daspagnoli e greci sono pizza e mafia. Dopo mesi laformula fissa “buenas dias, señorita”, ogni volta chela conversazione cadeva sulla mia provenienza, miè diventata irritante. Ed è inutile opporre resistenza:per chi sta a nord, sotto il Danubio siamo tutti ugua-li. La prossima volta ci penserò due volte prima dietichettare la metà della popolazione mondiale, lacinese, con la dicitura “quelli gialli con gli occhi amandorla”.

Laura Maiorino

altre basi oltre a quelle atmosferiche. Per questo glisvedesi, tanto riservati e taciturni che il loro silen-zio è menzionato nell’inno nazionale, sono accanitifan del temperamento degli italiani e del nostro co-lore (e non mi riferisco solo all’abbronzatura, ma an-che alla vivacità).

Noi, nel caso specifico, siamo tanti in Lombardiaquanti nell’intera Svezia, e noti esperimenti come ilGrande Fratello dimostrano che la convivenza forza-ta in uno spazio limitato accende gli animi. Gli sve-desi, al contrario, sono terrorizzati dai contrasti, par-ticolarmente da quelli in pubblico. Immagino sia la

ragione che sta dietro la neutralità della Svezia nelcampo della politica internazionale: questa fobia co-stringe gli svedesi a cercare sempre un compromes-so o ad astenersi dalla discussione. Il diverbio piùinfervorato a cui ho assistito si è concluso con undiplomatico: “...allora la pensiamo diversamente!”.Per godermi le risse, in tv come in parlamento, do-vrò aspettare fino al ritorno in patria.

La correttezza forzata non è, però, l’unico segnoparticolare che fa della Svezia l’opposto dell’Italia.Lì tutto è ordinato, pianificato e funzionante: dai li-bri sulle mensole di casa al sistema sociale. Ma non-

Arrivederci dalla Redazione 2004-05Maria

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