elaborato - valutazione automatica della qualità dello spettro di un free electron laser mediante...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
Corso di Studi in Ingegneria dell’Informazione
Tesi di Laurea Triennale
VALUTAZIONE AUTOMATICA DELLA QUALITÀ
DELLO SPETTRO DI UN FREE ELECTRON LASER
MEDIANTE ANALISI DI IMMAGINI
Laureando:
Lorenzo SAULE
Relatore:
prof. Gianfranco FENU
Co-Relatore:
prof. Felice Andrea PELLEGRINO
_____________________________________
ANNO ACCADEMICO 2014-2015
Sommario 1 – Introduzione ........................................................................................... 1
1.1 – Cos’è un Free-Electron Laser............................................................... 1
1.2 – Sistema attuale ..................................................................................... 3
1.2.1 – Il sistema di controllo .................................................................... 3
1.2.2 – Cattura e formato dell’immagine .................................................. 4
1.3 – Problema e Obiettivo............................................................................ 7
1.3.1 – Presentazione delle due strategie .................................................. 8
2 – Strategia 1: Estrazione di Feature ............................................................... 9
2.1 - Algoritmo di estrazione ....................................................................... 10
2.2 – Test di estrazione delle feature ........................................................... 14
2.3 – Formulazione delle funzioni matematiche ......................................... 16
3 – Strategia 2: Confronto fra immagini ......................................................... 18
3.1 – Primo modo di utilizzo ....................................................................... 18
3.2 – Secondo modo di utilizzo ................................................................... 21
4 – Valutazione delle funzioni ......................................................................... 23
4.1 – Criterio di valutazione ........................................................................ 23
5 – Selezione delle Funzioni di valutazione .................................................... 27
5.1 – Controllo della selezione .................................................................... 28
6 - Conclusioni ................................................................................................ 35
Appendice A: Immagini con ordinamento imposto ........................................ 37
Appendice B: Immagini dei profili ................................................................. 43
Appendice C: Immagini delle interfacce grafiche .......................................... 50
Bibliografia ..................................................................................................... 53
1
1 – Introduzione
Il seguente elaborato, nell’ambito di una tesi di laurea triennale in
Ingegneria dell’Informazione, si propone di esporre come sia effettuata la
valutazione in sala controllo dello spettro del Free-Electron Laser FERMI,
con sede presso Basovizza (TS), e di cercare una procedura automatica di
valutazione che sia di ausilio in tale situazione.
Per comprendere al meglio tale procedura si riporta di seguito una breve
introduzione sui principi di funzionamento del Free-Electron Laser
considerato, sul sistema di controllo della struttura, sull’acquisizione delle
immagini ed infine sul formato delle stesse.
1.1 – Cos’è un Free-Electron Laser Un Free-Electron Laser o Laser a elettroni liberi è un particolare tipo di
laser nel quale la radiazione è prodotta da elettroni accelerati a velocità
relativistiche che interagiscono con una struttura detta ondulatore
magnetico.
L’acceleratore è costituito inizialmente da una sezione nella quale si
genera il fascio di elettroni tramite l’utilizzo di un foto-iniettore. Una volta
estratto, il fascio di elettroni viene accelerato da una sequenza di strutture
acceleratrici fino a raggiungere un’energia massima di 1,5 GeV.
Raggiunta questa energia il fascio entra nel sistema denominato
“Spreader”, in cui gli elettroni vengo indirizzati verso le catene di
ondulatori. FERMI ospita due sequenze di ondulatori denominate FEL-1 e
FEL-2 che operano in maniera esclusiva.
Gli ondulatori magnetici sono le sezioni in cui il fascio di elettroni genera
la radiazione. All’interno delle catene di ondulatori, il fascio di elettroni
interagisce con un laser UV esterno. Il laser modula l’energia degli elettroni
che viene poi convertita in modulazione di carica. L’interazione tra il fascio
di elettroni modulato e i campi magnetici generati dagli ondulatori stimola
un’emissione coerente di radiazione che viene amplificata lungo la catena
2
degli ondulatori fino a raggiungere potenze dell’ordine dei GW alle
lunghezze d’onda comprese tra i 4nm e 100nm. Tale processo di
“inseminazione” del laser esterno, detto anche seeded-FEL, distingue
FERMI da tutte le altre sorgenti FEL e permette di ottenere una qualità
della radiazione al momento unica.
La linea termina dunque con una sezione di controllo e con l’area
sperimentale. Una volta superati gli ondulatori magnetici, mentre la
radiazione procede all’area sperimentale, il fascio di elettroni devia dalla
linea principale ed è portato alla “beam dump” principale con l’uso di
magneti. Tale “beam dump” è l’area dove il fascio va a spegnersi. [1]
La sezione compresa tra gli ondulatori e l’area sperimentale, a cui si è fatto
un accenno, è denominata PADReS (Photon Analysis Delivery and
REduction System). Questa parte dell’acceleratore ha il compito di fornire
informazioni riguardo vari parametri della radiazione prodotta quali
intensità, posizione e distribuzione spettrale. Gli strumenti principali
presenti nel sistema PADReS sono il “Beam Defining Apertures” che regola
l’angolo di tolleranza del fascio di fotoni, il “Beam Position Monitors” che ne
controlla la posizione, “Intensity Monitors” per l’intensità, il “Gas Absorber”
che permette di diminuire l’intensità della radiazione senza modificarne le
caratteristiche ed un “Energy Spectrometer”, strumento sul quale è basato
il presente lavoro di tesi. [2]
Figura 1.1 Primo tratto della linea del Free-Electron Laser. È costituito dal
“Photo-injector”e dai “LINAC” in cui il fascio è accelerato e compresso.
3
Figura 1.2 Secondo tratto della linea del Free-Electron Laser. È costituito
dallo “Spreader”, dai tratti paralleli FEL1 e FEL2 in cui è generata la
radiazione, dal sistema di controllo e diagnosi PADReS e dalla sala
sperimentale.
1.2 – Sistema attuale
1.2.1 – Il sistema di controllo
L’attuale sistema di controllo è basato su TANGO, un software open source
presentato per la prima volta nel 1999 per il controllo di hardware in rete
e per la costruzione di sistemi distribuiti di controllo e di acquisizione dati.
[3] Elettra, con altri otto istituti in Europa, fa parte del cosiddetto
“consortium” un gruppo di enti di ricerca che collaborano attivamente allo
sviluppo di tale sistema. [4] [5] Mediante TANGO l’utilizzo dell’hardware è
legato al concetto fondamentale di device virtuale che incarna la logica
degli strumenti hardware. Il sistema è organizzato in maniera gerarchica
con una struttura ad albero per poter interfacciare nel modo migliore
sistemi complessi. In tale struttura ogni dispositivo virtuale è identificato
da un nome con tre campi nel formato “domain/family/member”. Da
remoto quindi, accedendo ai device, si possono leggere e modificare quelli
che sono chiamati attributi e comandi. È inoltre possibile utilizzare TANGO
per la comunicazione con altri sistemi o protocolli. [6]
Nell’attuale sistema di controllo di FERMI dunque ogni dispositivo fisico è
4
associato ad un device virtuale. In sala di controllo tali device sono
accessibili direttamente tramite Jive, uno strumento per l’esplorazione e la
modifica del TANGO database. È inoltre molto usato MATLAB per la
scrittura e l’utilizzo di programmi in sala controllo. L’accesso ai device è
reso possibile anche l’utilizzo di funzioni specifiche accedendo al
dispositivo desiderato. Ciò permette dunque l’acquisizione o la regolazione
di questi attributi durante l’esecuzione di programmi di analisi. [7]
1.2.2 – Cattura e formato dell’immagine
Uno dei device fisici accessibili in sala controllo tramite il sistema TANGO
è lo spettrometro presente in PADReS a cui si è accennato nel Capitolo 1.1.
Tale spettrometro è unico per le linee FEL-1 e FEL-2 ed è adibito
all’acquisizione dello spettro nella banda di lunghezze d’onda tra i 100 e i
3 nanometri. Le immagini da esso acquisite raffigurano
tridimensionalmente l’intensità di energia rispetto alla lunghezza d’onda e
alla distanza fisica sull’asse verticale. Le immagini sono presentate come
delle matrici di mille elementi per mille elementi nelle quali le colonne
corrispondono a diversi valori di lunghezza d’onda in nanometri e le righe
alla posizione espressa in millimetri. Ogni elemento della matrice è un
numero puro raffigurante l’intensità di energia nella specifica lunghezza
d’onda nella determinata posizione dell’asse y.
Le immagini raffigurate in questo formato (Figura1.1 e Figura1.2) sono
dunque acquisite dal sistema TANGO e fornite alle funzioni che le
richiedano.
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Figura 1.3 Esempio di immagine dello spettro. In ascissa è indicata la
lunghezza d’onda della radiazione, in ordinata la posizione verticale rispetto a
un riferimento arbitrario. Le aree rosse indicano una maggiore intensità della
radiazione, le aree blu una minore.
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Figura 1.4 Esempio di immagine dello spettro. In ascissa è indicata la
lunghezza d’onda della radiazione, in ordinata la posizione verticale rispetto a
un riferimento arbitrario. Le aree rosse indicano una maggiore intensità della
radiazione, le aree blu una minore.
7
1.3 – Problema e Obiettivo I dati raccolti da PADReS, e in particolare in questo caso dallo spettrometro,
sono dunque utilizzati in sala controllo dove sono analizzati e valutati. Nel
caso dello spettro, per la valutazione sono usati principalmente due
sistemi: l’osservazione dell’immagine istantanea catturata, la quale
fornisce un’indicazione sullo stato dello spettro, e l’osservazione delle
immagini dei “profili” la cui descrizione dettagliata è effettuata al Capitolo
5 e che danno un’indicazione sull’andamento dello spettro nel tempo.
Figura 1.5 Esempio di immagine dei profili costruita con immagini acquisite
consecutivamente. Ogni colonna indica il profilo di una diversa immagine dello
spettro.
In entrambi i casi queste valutazioni non sono effettuate automaticamente,
ma è necessario che i dati raccolti siano valutati da qualcuno che, in base
alla propria esperienza e in maniera soggettiva, dia una valutazione
indicativa dello spettro e agisca di conseguenza.
Obiettivo
L’obiettivo di questo lavoro è dunque l’implementazione di un sistema che
sia in grado di valutare automaticamente le immagini dando
un’indicazione sulla qualità dello spettro e del fascio di elettroni. Lo scopo
finale è dunque quello di avere un sistema che sia in grado di stabilire, con
buona affidabilità, un grado di qualità dell’immagine e che, date due
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immagini, possa anche dare un’indicazione su quale delle due presenti uno
stato più vicino all’ottimo.
1.3.1 – Presentazione delle due strategie
Per affrontare il problema descritto è stato scelto di adottare due strategie
per due tipologie di approcci differenti. La prima strategia utilizzata,
descritta nel Capitolo 2, mira a risolvere il problema con un approccio più
simile a quello che può essere il metro di valutazione soggettivo dell’essere
umano. La procedura prevede il riconoscimento nell’immagine di
determinate caratteristiche, la loro valutazione e la costruzione della
funzione di valutazione dell’immagine a partire dalle stesse. Ciò
concettualmente può avvenire nello stesso modo in cui l’esperto di
macchina osservi un’immagine, ne identifichi delle caratteristiche e in base
alla propria esperienza ne dia una valutazione.
La seconda strategia, descritta nel Capitolo 3, è più specifica dell’analisi di
immagini e prevede il confronto diretto ed il calcolo della distanza tra
l’immagine analizzata e un’immagine indicante lo spettro “ottimo”.
Entrambe le strategie saranno approfondite in seguito.
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2 – Strategia 1: Estrazione di Feature
Delle due strategie presentate nel Capitolo 1.3.1, la prima affrontata è stata
quella riguardante la valutazione dell’immagine per mezzo di funzioni
costruite su feature opportunamente estratte.
Come detto, non essendo disponibile uno studio precedente, il primo passo
riguarda la definizione di quelle che dovranno essere le caratteristiche da
prendere in considerazione nell’immagine acquisita. Tramite una serie di
colloqui con tecnici di macchina e fisici, è stata elaborata una serie di
requisiti presa in considerazione dagli stessi al momento di analizzare le
immagini in maniera soggettiva e in base all’esperienza. Tali requisiti
riguardano in primo luogo l’individuazione di tutti i “picchi” di energia
presenti all’interno dell’immagine. Tali picchi sono aree connesse,
generalmente ellissoidali, in cui l’intensità è sensibilmente maggiore
rispetto alle zone circostanti. Sono inoltre di primaria importanza sia il
riconoscimento di picchi distinti, anche nel caso essi siano molto vicini tra
loro e tendano a confondersi, sia il riconoscimento della posizione
reciproca dei picchi, tenendo conto principalmente delle eventuali
sovrapposizioni nelle proiezioni sugli assi orizzontale e verticale. In
secondo luogo per ogni picco si considera di primaria importanza
l’intensità complessiva dello stesso e le sue dimensioni in orizzontale e in
verticale.
Sono state così individuate le seguenti feature generali da estrarre
dall’immagine per permetterne un’analisi dettagliata:
il numero complessivo di picchi presenti nell’immagine;
il numero di picchi, non sovrapposti, visibili nella proiezione
orizzontale;
il numero di picchi, non sovrapposti, visibili nella proiezione
verticale.
Sono inoltre state individuate delle feature da valutare, all’interno di
un’immagine, per ciascuno dei picchi identificati:
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l’area totale del picco, intesa come numero di pixel da esso occupati;
le coordinate del centro dell’intensità del picco;
le dimensioni orizzontale e verticale del picco, tenendo conto che
ogni picco ha una forma che tende ad essere ellittica;
l’intensità totale del picco;
l’intensità media del picco.
2.1 - Algoritmo di estrazione Per estrarre le feature si è elaborata una serie di funzioni che, come prima
cosa, costruisca dall’immagine iniziale un’immagine binaria che indichi
quali pixel sono occupati da aree connesse ad alta intensità e quali no. In
seguito da questa nuova immagine sarà possibile estrarre tutte le
caratteristiche elencate precedentemente.
La costruzione della mappa binaria è stata implementata elaborando un
algoritmo, da qui chiamato “PMap” o “Peaks Map”, il quale, come si è detto,
riceve come parametro l’immagine originale, due parametri numerici
chiamati, “th” e “thrmin”, compresi nell’intervallo aperto (0;1), e restituisca
la mappa binaria. Per farlo si è dovuto tenere conto del fatto che sia più
importante riconoscere due picchi distinti, anche quando molto vicini tra
loro, piuttosto che individuare nitidamente i confini tra i picchi e il rumore
di fondo. Questo procedimento avviene tramite l’analisi di una serie di
mappe binarie successive.
Innanzitutto la funzione individua il massimo valore di intensità “max”
presente nell’immagine e costruisce una matrice delle dimensioni
dell’immagine originale con ogni elemento posto a zero. Tale matrice è la
mappa binaria che, a fine esecuzione, sarà restituita in output.
Inizia a questo punto un ciclo:
Per ciascun valore intero “i” tale che il prodotto tra i e th sia minore o
uguale a uno, si costruisce la mappa binaria analizzando pixel per pixel
l’immagine originaria e ponendo, nell’analoga posizione della nuova
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immagine, uno se vale la seguente disuguaglianza e zero in caso contrario.
𝑃𝑖𝑥𝑒𝑙 > 𝑚𝑎𝑥 ∙ (1 − 𝑡ℎ ∙ 𝑖)
Si procede in questo modo con una serie di soglie successive che partono
dal valore massimo dell’immagine e scendono con passo costante, pari al
valore del massimo moltiplicato per il valore del parametro th.
Una volta costruita la mappa binaria dell’iterazione, per rendere più
robusto l’algoritmo, si effettua un’operazione preliminare nella quale si
ripulisce l’immagine dalle aree connesse troppo piccole. In pratica si
eliminano tutte le aree di pixel adiacenti con valore unitario che abbiano
un numero di pixel inferiore ad una soglia. La soglia utilizzata in questo
lavoro e individuata sperimentalmente, è pari a mille.
Si effettua quindi il confronto tra la mappa dell’iterazione attuale
“NewThresholdMap” (Figura2.2) e quella dell’iterazione precedente
“OldThresholdMap” (Figura 2.3). Si effettua una sovrapposizione e si
controlla se alcuni dei picchi distinti individuati in OldThresholdMap sono
coperti da uno stesso picco di NewThresholdMap. Ovvero se, con altri
termini, abbassando la soglia i due o più picchi non siano più distinguibili
tra loro. Le coppie o gruppi di picchi per i quali il controllo dia esito positivo
sono infine salvati sulla mappa binaria di output a patto che non si
sovrappongano a picchi salvati in un’iterazione precedente.
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Figura 2.1 OldThresholdMap con le aree connesse separate. Le aree bianche
indicano le zone in cui la mappa binaria ha valore 1.
Figura 2.2 NewThresholdMap con un’unica area connessa che copre quelle
dell’OldThresholdMap.
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Eseguendo queste iterazioni all’aumentare di i fino a che si verifichi:
𝑖 ∙ 𝑡ℎ ≥ 1
l’algoritmo identifica i picchi distinti qualora essi siano presenti, ma non
identifica alcunchè nel caso in cui nell’immagine sia presente un solo picco.
Per questo motivo viene inserito il parametro numerico precedentemente
descritto “thrmin” il quale, ponendo un limite alle iterazioni dell’algoritmo,
permette di identificare sia picchi multipli che picchi singoli. Per la
precisione le iterazioni si arrestano quando
𝑚𝑎𝑥 ∙ (1 − 𝑡ℎ ∙ 𝑖) ≤ 𝑡ℎ𝑟𝑚𝑖𝑛
Condizione che se verificata fa terminare il ciclo salvando tutti i picchi di
NewThresholdMap non sovrapposti a picchi precedentemente salvati. Il
valore di “thrmin” usato in seguito e ricavato sperimentalmente è 0.3.
Si costruisce in questo modo una mappa binaria delle stesse dimensioni
dell’immagine originale nella quale il valore uno identifica l’appartenenza
del pixel a un picco e il valore zero la non appartenenza.
Figura 2.3 Esempio di immagine acquisita dallo spettrometro con più di
un’area connessa ad alta intensità. In ascissa è indicata la lunghezza d’onda
della radiazione, in ordinata la posizione verticale rispetto a un riferimento
arbitrario. Le aree rosse indicano una maggiore intensità della radiazione, le
aree blu una minore.
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Figura 2.4 Mappa binaria restituita dal Pmap a partire dall’immagine di
Figura 1.3
Utilizzando la mappa binaria e l’immagine originale, con una funzione
molto semplice e tramite l’utilizzo di opportune funzioni dell’Image
Processing Toolbox di MATLAB, si estraggono quindi le feature descritte nel
primo paragrafo del Capitolo 2.
2.2 – Test di estrazione delle feature Per la verifica del corretto funzionamento delle procedure appena
descritte è stata implementata in MATLAB una semplice interfaccia grafica
(Graphic User Interface o GUI) che presenti: l’immagine originale, la mappa
binaria ricavata moltiplicata punto a punto per l’immagine originale, le
caratteristiche estratte generali e infine, in una tabella, le caratteristiche di
ciascuna area connessa individuata. Tale interfaccia grafica, oltre a
proporre graficamente i risultati del lavoro di estrazione, sarà il punto di
partenza in alcuni procedimenti illustrati in seguito.
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Figura 2.5 Esempio di utilizzo dell’interfaccia grafica descritta per
un’immagine con una sola area connessa di alta intensità.
Figura 2.6 Esempio di utilizzo dell’interfaccia grafica descritta per
un’immagine con due aree connesse di alta intensità
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Figura 2.7 Esempio di utilizzo dell’interfaccia grafica descritta per
un’immagine con varie arre connesse di alta intensità
2.3 – Formulazione delle funzioni matematiche In seguito all’estrazione dall’immagine delle caratteristiche viste, per
procedere con la valutazione è stata costruita un’ampia serie di funzioni
matematiche che saranno analizzate in seguito. Per tale costruzione si è
deciso di formulare ciascuna funzione come prodotto di due fattori
denominati “𝐼” ed “F”.
Il fattore “𝐼” prende in considerazione l’intensità massima e la forma del
picco con maggiore intensità totale, ne sono state elaborate due varianti
chiamate “𝐼1” e “𝐼2”
𝐼1 = 𝐼𝑛𝑡𝑇𝑜𝑡𝑎
𝜎𝐻𝑏 ∙ 𝜎𝑉
𝑐
𝐼2 = 𝐼𝑛𝑡𝑇𝑜𝑡𝑎
(𝜎𝐻
𝜎0𝐻)𝑏 + (
𝜎𝑉
𝜎0𝑉)𝑐
Con “IntTot” pari all’intensità totale del picco massimo, “𝜎𝐻” e “𝜎𝑉”
rispettivamente la dimensione orizzontale e verticale, espresse in pixel, del
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medesimo picco. Gli esponenti “a”, “b” e “c” non hanno un significato fisico,
assumeranno i valori 1, 2 o 3 formulando funzioni differenti. I coefficienti
𝜎0𝐻 e 𝜎0𝑉 corrispondono alle dimensioni di un’immagine obiettivo di
riferimento, fornita dagli esperti di macchina, ottenuta facendo la media di
una serie di immagini da loro catalogate come ottime.
Il fattore “𝐹” considera la presenza e la distribuzione dei picchi
nell’immagine, ne sono state elaborate tre varianti chiamate “𝐹1”, “𝐹2” e “𝐹3”
𝐹1 = (1
𝑁𝑇)𝑑
𝐹2 = (1
𝑁𝐻 + 𝑁𝑉)𝑒
𝐹3 = (𝐼0
∑ 𝐼𝑖𝑛−1𝑖=0
)𝑓
Nei quali “𝑁𝑇” è il numero totale di picchi presenti nell’immagine, “𝑁𝐻” e
“𝑁𝑉” sono rispettivamente il numero di picchi visibili sulla proiezione
orizzontale dell’immagine e su quella verticale. I coefficienti “𝐼𝑖” sono le
intensità degli 𝑛 − 1 picchi identificati nell’immagine con “𝐼0” associato al
picco con maggiore intensità totale. Gli esponenti “d”, “e” e “f”,
analogamente al caso dei fattori “𝐼”, possono assumere i valori 1, 2 o 3
formulando così fattori diversi.
Al variare degli esponenti si possono quindi contare 27 fattori differenti
per ciascuno degli “𝐼𝑛” e 3 per ciascuno degli “𝐹𝑛”. Dal prodotto di un fattore
“𝐼” e un fattore “𝐹” si ottiene così una serie di 486 differenti funzioni per la
valutazione delle feature estratte da un’immagine, la cui efficacia sarà in
seguito valutata. Per identificare le differenti funzioni sarà utilizzata una
notazione del tipo:
𝐼𝑛𝐹𝑛(𝑎, 𝑏, 𝑐, 𝑘)
In cui 𝐼𝑛 e 𝐹𝑛 sono i fattori visti, a, b e c sono gli omonimi esponenti del
fattore 𝐼𝑛 e k è l’esponente del fattore 𝐹𝑛.
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3 – Strategia 2: Confronto fra immagini
Diversamente da quanto visto nel capitolo precedente, nel quale si è
descritto un metodo di valutazione delle immagini basato sull’estrazione
dalle stesse di determinate feature, la seconda strategia adottata opera per
confronto diretto fra immagini.
Per poter dare un indice di valutazione alle singole immagini le stesse sono
state confrontate con un’immagine obiettivo cercando di minimizzarne la
distanza. L’immagine di confronto utilizzata è la stessa utilizzata per il
calcolo di 𝜎0𝐻 e 𝜎0𝑉 nel Capitolo 2.3, prodotta quindi come media tra
immagini riconoscibili soggettivamente come “ottime”.
Per la valutazione delle immagini è stata utilizzata la distanza fornita da
“Earth mover’s distance” o EMD. Questa distanza tra distribuzioni si può
comprendere intuitivamente tramite un esempio. Si immagini come un
insieme discreto di cumuli di terra distribuiti nello spazio la prima
distribuzione e come un insieme discreto di buche la seconda
distribuzione. Si consideri il costo del movimento come il prodotto tra la
quantità di terra spostata per la distanza fattale percorrere. La distanza
EMD si ricava minimizzando la somma dei costi di tutti gli spostamenti
necessari per riempire le buche della seconda distribuzione con i cumuli
della prima distribuzione. In altre parole si vuole minimizzare il costo
necessario per trasformare la prima distribuzione nella seconda. Il calcolo
della distanza EMD, non oggetto di questa tesi, può essere ricondotto a un
problema di programmazione lineare. ( [8] tramite [9])
In seguito, per il calcolo della distanza EMD tra distribuzioni, è stata usata
una funzione non sviluppata dal tesista.
Per l’utilizzo della distanza EMD sono stati adottati due modi di utilizzo
differenti.
3.1 – Primo modo di utilizzo La prima strategia prevede, come specificato fino ad ora, il confronto
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diretto tra l’immagine da valutare e l’immagine obiettivo. Per
l’applicazione di una distanza tra distribuzioni, al calcolo di una distanza
tra matrici di dimensione 𝑁𝑥𝑁, è necessario il calcolo preliminare dei
vettori di lunghezza 𝑁2 rappresentanti le suddette matrici e della matrice
D delle distanze. Questa matrice D è la principale ragione per cui sarà in
seguito utilizzata anche la seconda strategia. La matrice delle distanze deve
rappresentare la distanza tra ciascun elemento dell’immagine valutata e
ciascun elemento dell’immagine obiettivo. Tenendo presente la necessaria
rappresentazione delle due immagini con dei vettori di lunghezza 𝑁2, la
matrice delle distanze avrebbe quindi dimensione 𝑁2𝑥𝑁2 ed essendo le
immagini delle matrici 1000𝑥1000 si dovrebbe gestire nella computazione
una matrice 106𝑥106, con 1012 elementi complessivi.
Essendo l’obiettivo di questa tesi quello di trovare delle funzioni, per la
valutazione delle immagini, che possano in futuro essere utilizzate in
tempo reale, la computazione appena descritta, applicando il calcolo della
distanza EMD alle immagini originali è chiaramente da escludere.
Per l’utilizzo di questa strategia è stato necessario un lavoro preliminare di
adattamento dell’immagine. La prima considerazione effettuata riguarda
la dimensione della matrice: si nota che nella grande maggioranza dei casi,
e in particolare nel caso ottimo, i pixel con maggiore significato per il
riconoscimento dei picchi si trovano nelle zone centrali dell’immagine,
mentre il resto è prevalentemente rumore. Si consideri poi che, oltre ad
essere estremamente improbabile da un punto di vista della valutazione
dell’immagine, il caso in cui la maggior parte dell’intensità nella stessa sia
sparpagliata lungo i bordi e il caso in cui non sono presenti picchi ma solo
rumore sono egualmente pessimi. In seguito a queste considerazioni il
primo passaggio nell’elaborazione preliminare dell’immagine per il calcolo
della distanza EMD consiste nel cropping dell’immagine, ovvero nel
considerare esclusivamente le parti interne della matrice. Con questo
passaggio le dimensioni dell’immagine sono state ridotte a 700𝑥400.
L’asimmetria è dovuta all’analoga asimmetria presente generalmente nelle
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dimensioni delle aree intense e nella loro distribuzione spaziale.
A questo punto nella computazione le matrici sono sottoposte ad una
funzione di riscalamento con coefficiente pari a 0,2. In questo modo le
matrici sono ridotte all’essere di dimensione 140𝑥80, per un numero
complessivo di elementi ridotto allo 0,04 rispetto all’immagine ritagliata.
Si è osservato pertanto che il processo di riduzione dell’immagine in
precedenza descritto non comporta una significativa perdita di
informazione.
È stata quindi effettuata una considerazione sul significato fisico delle
immagini. Si può notare come, sia nelle immagini originali che in quelle
pre-processate, i picchi, quando presenti, occupino un numero di pixel
molto minori del totale. Considerando quindi la distanza EMD come il costo
speso per trasformare una distribuzione in un’altra, si può notare come la
valutazione sulle immagini ottenute fino a questo momento possa tenere
conto anche del costo dato dallo spostamento del rumore in nuovo rumore.
Essendo il rumore generalmente predominante nelle immagini è inoltre
possibile che immagini molto simili differiscano fortemente per la
distribuzione del rumore. Per ovviare a questo problema e per ridurre
ulteriormente il costo computazionale, nella resa vettoriale della matrice è
stato considerato l’insieme costituito dal 15% dei pixel con maggiore
intensità.
Al termine di questo procedimento si arriva dunque ad un numero di pixel
considerati per immagine pari a
#𝑝𝑖𝑥𝑒𝑙 =700 ∙ 400 ∙ 0.04 ∙ 15
100= 1680
Ottenendo una conseguente matrice D con meno di 3 milioni di elementi
complessivi, una sensibile riduzione rispetto ai 1012 considerati
inizialmente.
Si pone a questo punto il problema della costruzione della matrice D delle
distanze. Per il calcolo delle distanze tra pixel sulle immagini è stata usata
la distanza euclidea in ℝ2:
𝑑(𝑎, 𝑏) = √(𝑋𝑎 − 𝑋𝑏)2 + (𝑌𝑎 − 𝑌𝑏)2
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Posti quindi (𝑋𝑖, 𝑌𝑖) e (𝑋𝑗, 𝑌𝑗) coordinate dei pixel i-esimo della prima
distribuzione e j-esimo della seconda, per calcolarne la distanza è stata
costruita la matrice D con elementi:
𝐷𝑖𝑗 = √(𝑋𝑖 − 𝑋𝑗)2 + (𝑌𝑖 − 𝑌𝑗)2
Con la quale è dunque possibile procedere alla computazione del valore
della distanza EMD.
3.2 – Secondo modo di utilizzo Il secondo modo di utilizzo, invece, prevede il confronto tra le proiezioni
delle immagini sugli assi orizzontale e verticale, ovvero tra i vettori riga e
colonna ottenuti facendo rispettivamente la somma per colonne e per
righe delle matrici. Da un punto di vista fisico il significato è quello di
confrontare i profili delle immagini, assumendo che immagini simili
avranno profili molto simili. Sono quindi costruiti per ciascuna immagine i
due vettori:
𝑉𝑖 = ∑ 𝑀𝑖𝑗
𝑁
𝑗=1
𝐻𝑗 = ∑ 𝑀𝑖𝑗
𝑁
𝑖=1
Con 𝑉𝑖 e 𝐻𝑗 elementi i-esimi dei vettori V e H, 𝑀𝑖𝑗 elemento di riga “i” e
colonna “j” della matrice originaria M.
Costruendo per ciascuna delle due immagini il vettore H e il vettore V, è
utile sottolineare che, ricavandoli rispettivamente dalle somme per righe o
per colonne della matrice originale, essi identificano i due profili
dell’immagine che si sta elaborando. Risulta quindi ovvio che, al momento
della valutazione di un’immagine, il vettore V della stessa dovrà essere
confrontato al vettore V della matrice obiettivo, e chiaramente un discorso
analogo varrà per i vettori H. Prima di procedere al calcolo della distanza
EMD tra i vettori corrispondenti delle due immagini, è necessaria la
costruzione della matrice D delle distanze per ogni coppia di vettori da
confrontare. Sia per i vettori V che per i vettori H la distanza utilizzata sarà
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la distanza euclidea in ℝ, analogamente al caso del “Primo modo di
utilizzo”. Considerati due punti di posizione a e b:
𝑑(𝑎, 𝑏) = |𝑎 − 𝑏|
Prendendo quindi gli indici “𝑖” dal vettore della prima immagine e “𝑗” dal
corrispettivo vettore della seconda, si costruisce in questo modo la matrice
delle distanze D:
𝐷𝑖𝑗 = |𝑖 − 𝑗|
Si può notare come la matrice delle distanze in questo caso sia la stessa per
i vettori V e per i vettori H. Si nota inoltre che essa, diversamente dal caso
delle immagini pre-processate del Capitolo 3.1, non dipende nemmeno
strettamente dall’immagine originale ma dipende solamente dalle
dimensioni di tale immagine che per la natura del problema consideriamo
fissate.
Effettuati i calcoli delle distanze EMD si ottengono, come già specificato,
due valori di distanze 𝑑𝑉 e 𝑑𝐻. Per poter effettuare un confronto tra le
distanze ottenute con questo sistema e quelle viste in precedenza è
necessario passare ad un singolo valore per la valutazione dell’immagine.
Si sono dunque, dalle due distanze, costruite le semplici funzioni di
valutazione date dalla somma e dal prodotto delle stesse:
𝐸𝑀𝐷𝑃 = 𝑑𝑉 ∙ 𝑑𝐻
𝐸𝑀𝐷𝑆 = 𝑑𝑉 + 𝑑𝐻
Considerando quindi queste due funzioni, la funzione data dalla distanza
EMD sull’immagine complessiva elaborata e le funzioni viste nel Capitolo
2, si può procedere alla valutazione e all’analisi delle funzioni migliori.
23
4 – Valutazione delle funzioni
Una volta individuate tutte le funzioni di valutazione, comprendendo con
questo termine tutte le procedure viste, si pone il problema di analizzarle,
capire quali siano effettivamente adatte ad essere usate e quali diano
risultati inutilizzabili. Per effettuare questa selezione va tenuto in mente
che la funzione desiderata deve dare una buona indicazione della distanza
tra l’immagine e i casi ottimo e pessimo. La funzione di valutazione deve
inoltre, date due immagini qualsiasi diverse tra loro, essere in grado di
definire con una buona precisione quale sia la più vicina all’ottimo.
4.1 – Criterio di valutazione Le funzioni ricavate in precedenza, considerando anche i metodi di utilizzo
dell’EMD, presentano tra loro valutazioni che possono differire anche di 20
ordini di grandezza nella valutazione della stessa immagine. Per valutare
le funzioni che più si avvicinassero a quanto richiesto è stato scelto di
osservare come le stesse ordinassero per valore una serie specifica di
immagini e controllare gli ordinamenti più vicini a quello imposto. Il
procedimento di valutazione descritto in seguito si può schematizzare
come:
selezione di un set di immagini;
ordinamento delle immagini;
definizione di una metrica sugli ordinamenti;
valutazione delle immagini e loro ordinamento;
valutazione degli ordinamenti.
Selezione di un set di immagini
Innanzitutto si effettua la selezione delle immagini. Sono state osservate
diverse scansioni dello spettro precedentemente acquisite dagli esperti di
macchina. Tali scansioni sono state effettuate al variare ciascuna di un
differente parametro di macchina e in ciascuna scansione, seppure con
dinamiche differenti, si può osservare una transizione tra condizioni
24
ottime e condizioni pessime. Da questi set di immagini ne sono state
selezionate 30 che coprissero i diversi stati in cui si può presentare lo
spettro, sia come forma che come intensità.
Ordinamento delle immagini
Una volta selezionato il campione di immagini, queste sono state ordinate.
L’ordinamento è stato imposto dall’autore del presente lavoro seguendo
attentamente quelle che sono state le specifiche fornite in linguaggio
naturale da parte degli esperti di macchina (Appendice A). Tali indicazioni
possono essere riassunte con l’obiettivo di avere un solo picco
nell’immagine, volerne massimizzare l’intensità e volere che sia il più
possibile stretto orizzontalmente e allungato in verticale. Con gli esperti di
macchina è stato poi concordato di dare una valutazione migliore a
immagini con picchi multipli distribuiti verticalmente piuttosto che a
immagini simili con picchi multipli distribuiti orizzontalmente. Come
accennato in precedenza l’ordinamento utilizzato è stato posto dall’autore,
come ausilio per una migliore scelta dell’ordinamento è stato utilizzato il
pannello di test visto al Capitolo 2.2.
Definizione di una metrica sugli ordinamenti
Per valutare la distanza tra due ordinamenti possibili è stata definita una
metrica. Ad ogni immagine è stato assegnato un numero pari all’indice che
essa ha nell’ordinamento imposto. È stato considerato ciascun
ordinamento delle trenta immagini come un vettore di altrettanti elementi.
Ciascun vettore conterrà i numeri naturali da uno a trenta distribuiti
secondo il nuovo ordinamento. Ad esempio il vettore 𝑉0 rappresentante
l’ordinamento imposto presenterà i trenta numeri in ordine crescente dal
minore al maggiore. Se l’ordinamento rappresentato da 𝑉𝑖 pone in
posizione 𝑘 l’immagine che in 𝑉0 è in posizione 𝑗 significherà che il vettore
𝑉𝑖 nella posizione k avrà il numero 𝑗.
Stabilita la rappresentazione di un ordinamento come un vettore di trenta
elementi, e quindi l’insieme di tutti i possibili ordinamenti come un
25
sottoinsieme finito di ℝ30, si può scegliere come metrica sull’insieme la
seguente:
𝑑(𝑎, 𝑏) = ∑|𝑎𝑖 − 𝑏𝑖|
30
𝑖=1
Si può facilmente verificare che sia una metrica controllando che ne
rispetti le proprietà. È altresì verificabile che, valendo le proprietà della
metrica in ℝ30 per ogni coppia di vettori in esso contenuti, tali proprietà
devono valere anche per qualunque coppia di vettori di trenta elementi,
naturali e compresi tra uno e trenta. La metrica definita può quindi essere
utilizzata come metrica tra ordinamenti.
Valutazione delle immagini e loro ordinamento
Per valutare le funzioni, come si è detto, si procede dunque con la
valutazione degli ordinamenti che tali funzioni generano. Per la
formulazione di questi ordinamenti sono state calcolate tutte le funzioni di
valutazione su tutte le immagini selezionate. Una volta in grado di ottenere
i valori di tutte le funzioni per tutte le immagini si elabora, funzione per
funzione, l’ordinamento delle immagini. Con il sistema descritto nel
paragrafo precedente, si associa infine ad ogni ordinamento il vettore che
lo rappresenta.
Si può notare come, sebbene nell’esecuzione pratica sia già stata data
un’indicazione precisa, nella descrizione del procedimento non sia
necessario distinguere se l’ordinamento delle immagini debba essere
crescente o decrescente. La metrica scelta e utilizzata in seguito non
distingue tra i casi, a patto che tutti i vettori siano costruiti con lo stesso
criterio.
In questo discorso merita particolare attenzione il calcolo della distanza
EMD. Le funzioni viste al Capitolo 2 sono state formulate come funzioni di
qualità, hanno un limite minimo teorico pari a zero quando la matrice sia
nulla o l’immagine estremamente rumorosa e non hanno un limite
massimo teorico se non dato da motivazioni esterne di tipo fisico. La
distanza EMD vista al Capitolo 3 stima al contrario la distanza con
26
l’immagine ottima, assumendo valore zero se le immagini confrontate sono
identiche. Bisogna quindi prestare attenzione nel procedimento di
valutazione e ordinamento poiché non tutte le funzioni considerate
crescono al migliorarsi dell’immagine. Per risolvere questo problema nel
procedimento, prima di effettuare gli ordinamenti, i valori assegnati dalle
distanze EMD alle immagini sono sostituiti con i rispettivi reciproci, in
modo da renderli crescenti al miglioramento dell’immagine.
Alternativamente si potrebbe invertire l’ordine degli elementi dei vettori
associati alle distanze EMD prima di proseguire. È stato scelto il primo
sistema per lavorare solo con funzioni crescenti rispetto alla qualità
dell’immagine, ma per quanto riguarda il processo di selezione che si sta
descrivendo nel capitolo i due procedimenti sono assolutamente
equivalenti.
Il punto appena descritto non necessita del completamento di tutti i punti
precedenti ma solo della selezione del set di immagini. L’esecuzione di
questo passaggio e di tutti quelli fino a ora descritti è però necessaria per
proseguire con la computazione.
Valutazione degli ordinamenti
Una volta che le immagini sono state selezionate, valutate con ogni
funzione e sono stati costruiti per ciascuna di esse gli ordinamenti, si passa
alla valutazione e alla selezione degli ordinamenti migliori.
Inizialmente è stata calcolata, per mezzo della metrica precedentemente
definita, la distanza tra ciascun ordinamento e quello imposto. È stato
pertanto possibile stabilire una relazione d’ordine sui vettori di
ordinamento e quindi, indirettamente, sulle funzioni di valutazione.
27
5 – Selezione delle Funzioni di valutazione
Sono stati dunque identificate le funzioni che hanno proposto gli
ordinamenti migliori e la distanza minima dall’obiettivo. Ciò ha portato
all’individuazione di sedici funzioni di valutazione sulle quali effettuare le
successive analisi. Queste funzioni di valutazione hanno presentato
ordinamenti molto vicini al caso ideale, differendo il più delle volte per
l’inversione di singole coppie di immagini o per un sistematico mal-
posizionamento di alcune immagini. È presente nell’Appendice A la tabella
con l’ordinamento ideale e gli ordinamenti forniti da tre delle funzioni di
valutazione selezionate.
Si osserva inoltre che tra le funzioni selezionate non siano presenti i vari
modi di utilizzo della distanza EMD, ma siano tutte funzioni calcolate sulle
feature estratte dall’immagine. È inoltre particolarmente evidente come 14
su 16 funzioni presentino, come primo fattore (Capitolo 2.3), il fattore 𝐼2,
mentre tra i secondi fattori in nessun caso compare 𝐹1. A conferma di
questa grande similitudine tra le funzioni selezionate si può notare come,
sebbene i valori degli indici di partenza differissero anche per molti ordini
di grandezza, gli indici selezionati presentino tutti, per le immagini
migliori, valori dell’ordine di 1020.
È già stato osservato che tra le funzioni migliori non sono presenti quelle
che utilizzano la distanza EMD. Osservando direttamente queste tre
funzioni si nota che, nell’ottica della metrica precedentemente proposta,
esse portino a una distanza dall’ordinamento ideale molto elevate. Per il
modo d’uso del confronto tra immagini intere pre-processate si trova una
distanza dall’ottimo pari a 94, mentre per entrambi i casi che considerano
le proiezioni la distanza calcolata è di 96. Oltre a notare la distanza molto
elevata tra questi ordinamenti ed il migliore ordinamento riscontrato, si
osserva, dalla valutazione di tutti gli ordinamenti, che esattamente 400
funzioni delle 486 formulate al Capitolo 2.3 presentano un ordinamento
strettamente migliore. Una probabile causa di ciò è il fatto che la distanza
EMD nei modi di utilizzo visti tenga conto unicamente della distribuzione
28
dell’intensità nei vari pixel, mentre le funzioni di valutazione basate
sull’algoritmo di estrazione delle feature del Capitolo 2.1 tendono a
riprodurre il criterio di valutazione dello spettro utilizzato dall’uomo.
Le candidate funzioni di valutazione che fanno uso della distanza EMD non
saranno quindi ulteriormente prese in analisi.
5.1 – Controllo della selezione Per verificare l’effettiva bontà delle funzioni di valutazione selezionate è
stato usato un particolare sistema ispirato ad uno strumento usato in sala
controllo. In sala controllo, nel valutare l’andamento dello spettro nel
tempo, si usa uno strumento che acquisisca continuamente le immagini, ne
calcoli la somma per righe, ottenendo un vettore colonna, e affianchi le
proiezioni ottenendo una matrice con mille righe ed un numero di colonne
pari a quello delle immagini acquisite. In questo modo si costruisce
un’immagine che rappresenta l’andamento nel tempo dell’intensità e della
forma dello spettro. Se si considera la matrice raffigurante la singola
immagine dello spettro come un’immagine a tre dimensioni con assi X e Y
righe e colonne e asse Z l’intensità, allora i vettori colonna appena nominati
possono essere considerati i “profili” delle immagini. Per questo motivo le
immagini di dimensione mille per numero di immagini di spettri saranno
chiamate “immagini dei profili”.
In questa descrizione si è parlato solo delle immagini dei profili costruite
con i vettori colonna della somma per righe, all’occorrenza possono essere
usate anche le immagini analoghe costruite tramite la somma per colonne
ma, come si vedrà in seguito, esse sono molto meno significative.
Per analizzare le funzioni di valutazione selezionate è stato usato un
sistema analogo alla costruzione delle immagini dei profili. Sono state
prese in analisi due scansioni dello spettro precedentemente effettuate,
all’interno del quale si trovassero immagini di vario tipo. Ciascuna delle
scansioni è stata effettuata variando un singolo parametro del Free-
Electron Laser. Tali scansioni presentano un totale di ottocento immagini
29
ciascuna. Ognuna di queste ottocento immagini per scansione è stata
valutata con ciascuna funzione di valutazione. Si sono ottenuti in questo
modo due set di sedici liste di immagini e ad ogni immagine all’interno di
ciascuna lista è stato assegnato un valore di qualità. Le sedici liste di ogni
set contengono le medesime ottocento immagini ma i valori assegnati alle
immagini sono differenti da una lista all’altra.
Le liste di immagini sono state in questo modo ordinate secondo il valore
di qualità di ciascuna immagine. Si è così costruito un ordinamento delle
immagini, da quella valutata peggiore a quella valutata migliore, per
ciascuna funzione.
Da queste liste di immagini ordinate sono quindi state costruite, con la
tecnica precedentemente descritta, le immagini dei profili. Avendo
ordinato le immagini degli spettri prima della costruzione, osservando
l’andamento dell’immagine dei profili di ciascuna funzione si ricava
un’idea della bontà dell’ordinamento da essa prodotto. L’andamento ideale
vede un’immagine con ad un estremo una parte centrale il più spessa e
intensa possibile che tende prima ad assottigliarsi e perdere di intensità
per poi dividersi e continuare a perdere d’intensità fino a non essere più
riconoscibile. Nel caso di una scansione in cui le immagini dello spettro
presentino sempre un’unica area d’interesse con intensità variabile, allora
l’immagine dei profili presenterà un’intensità molto elevata che tende
lentamente a diminuire in intensità e dimensione in maniera molto
regolare.
Osservando le immagini dei profili ottenute con le somme per colonne
(Figura 5.1) si osserva che esse, oltre ad avere tutte un andamento come
quello desiderato, sono molto rumorose a causa di un possibile leggero
spostamento dello spettro nella lunghezza d’onda. Essendo la valutazione
desiderata slegata dalla lunghezza d’onda media dell’immagine dello
spettro queste immagini danno complessivamente l’idea di un ottimo
ordinamento ma non permettono confronti appropriati tra le funzioni di
valutazione che le hanno generate.
30
Figura 5.1 Esempio di immagine dei profili ottenuta con somme per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
Da questo punto in poi, come si era precedentemente anticipato, vengono
considerate unicamente le immagini dei profili ottenute con somme per
righe.
Si analizzano quindi separatamente le immagini generate su scansioni
differenti. Le sedici immagini prodotte per la prima scansione mostrano un
ottimo ordinamento, l’intensità nei profili partendo da un estremo
diminuisce costantemente in intensità e dimensione. Da queste immagini
si può notare come in tutta la scansione gli spettri, pur passando per stati
pessimi e stati ottimi, tendono sempre a presentare, quando riconoscibile,
un’unica area di maggiore intensità. Non si presentano mai, o sono rare al
punto da non essere riconoscibili, immagini di spettri in cui si possano
individuare due o più aree distinte di alta intensità.
31
Figura 5.2 Esempio di immagine dei profili della prima scansione ottenuta con
somme per righe. Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore
riga, le ordinate perdono di significato in quanto le immagini giustapposte
hanno una scala verticale arbitraria. È evidente la bontà dell’ordinamento
generato. Si notano attorno alla colonna numero 300 delle singole fasce di
immagini male ordinate.
Considerando una ad una le immagini dei profili della prima scansione si
nota come in ciascuna immagine si riconoscano non più di 4 o 5 profili
palesemente male ordinati, mentre immagini come quella associata a
𝐼1𝐹2(3,1,1,1) non presentino evidenti difetti. Si conclude dall’osservazione
delle immagini dei profili della prima scansione che, in caso di immagini
spettrali con al massimo una zona ad elevata intensità riconoscibile, le
funzioni di valutazione selezionate appaiono estremamente valide, con
particolare attenzione per 𝐼1𝐹2(3,1,1,1) e 𝐼2𝐹2(3,3,1,1).
Sono state in seguito analizzate le immagini dei profili della seconda
scansione. È riconoscibile da tali immagini come, diversamente dalla
scansione precedente, parte delle immagini degli spettri presenti due o più
aree ad alta intensità. Questa diversità nella scansione comporta nelle
32
immagini dei profili non solo un progressivo calo dell’intensità ma anche
una divisione degli stessi.
Anche in questo caso tutte le funzioni di valutazione hanno dato origine ad
un ordinamento apparentemente ottimo. In ciascuna immagine si possono
notare dei singoli profili male ordinati o delle sottili fasce di profili al cui
interno l’ordinamento sembra non perfetto.
Figura 5.3 Esempio di immagine dei profili della seconda scansione ottenuta
con somme per righe. Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il
vettore riga, le ordinate perdono di significato in quanto le immagini
giustapposte hanno una scala verticale arbitraria. Partendo a destra dai profili
migliori l’intensità diminuisce fino al punto in cui inizia a dividersi.
Sono state quindi elaborate delle osservazioni per ogni immagine dei
profili. Riferendosi alla posizione del profilo nell’immagine si è osservato
in quali zone l’ordinamento fosse più preciso ed in quali fasce si
presentassero profili palesemente male ordinati.
33
FZ ESP Valori ottimi per colonne Fasce imprecise
I2F2 3121 >650, molto buono 200-400 100
I2F2 3211 <150, >650, 200-400 150
I2F2 3111 >650, <150, 200-400 150, 450
I2F2 3131 200-400 150,500-600
I2F3 2111 <150 400,52
I2F2 2121 100,400,500
I2F2 2131 500-550
I1F2 3111 >600 100, 200-400
I2F3 3111 >600 550,2
I2F3 3121 >700 510,420,200
I1F2 3132 <150 400,56
I2F3 3211 100,400,530
I2F3 3212 100, 530
I2F2 3221 420
I2F2 3311 <150 420
I2F3 3311 600, 400 e 100
Tabella 5.1 La tabella rappresenta le osservazioni effettuate sulle immagini dei
profili associate a ciascuna funzione. Sono state individuate le aree di
ordinamento ottimo e le fasce con ordinamenti particolarmente imprecisi.
Si conclude dunque la selezione tenendo presenti le osservazioni effettuate
su entrambe le scansioni. Tutte le funzioni precedentemente selezionate
forniscono degli ottimi ordinamenti, le funzioni 𝐼2𝐹2(3,1,2,1), 𝐼2𝐹2(3,2,1,1)
e 𝐼2𝐹2(3,1,1,1) sembrano in queste analisi essere le maggiormente
affidabili. È degno di nota come, sulle 16 considerate, queste 3 funzioni
fossero anche quelle che davano risultati migliori sul set ordinato
proposto.
Si può concludere dunque selezionando le seguenti funzioni di valutazione.
𝐼2𝐹2(3,1,2,1) = 𝐼𝑛𝑡𝑇𝑜𝑡3
(𝜎𝐻
𝜎0𝐻)1 + (
𝜎𝑉
𝜎0𝑉)2
∙ (1
𝑁𝐻 + 𝑁𝑉)1
𝐼2𝐹2(3,2,1,1) = 𝐼𝑛𝑡𝑇𝑜𝑡3
(𝜎𝐻
𝜎0𝐻)
2
+ (𝜎𝑉
𝜎0𝑉)
1 ∙ (1
𝑁𝐻 + 𝑁𝑉)
1
𝐼2𝐹2(3,1,1,1) = 𝐼𝑛𝑡𝑇𝑜𝑡3
(𝜎𝐻
𝜎0𝐻)1 + (
𝜎𝑉
𝜎0𝑉)1
∙ (1
𝑁𝐻 + 𝑁𝑉)1
34
Con valori per il caso ottimo e il caso pessimo approssimativamente:
I2F2 (3,1,2,1) I2F2 (3,2,1,1) I2F2 (3,1,1,1)
Caso Ottimo 4,18 ∙ 1020 3,57 ∙ 1020 4,19 ∙ 1020
Caso Pessimo 3.61 ∙ 1013 8,86 ∙ 1012 3,42 ∙ 1013
Tabella 5.2 La tabella riporta i valori individuati dalle 3 funzioni selezionate
per le immagini di uno spettro ottimo e di uno pessimo.
35
6 - Conclusioni
Sono state dunque, con le precedenti analisi e valutazioni, selezionate tre
particolari procedure di valutazione della qualità dello spettro. Tali
procedure prevedono, dopo l’acquisizione dell’immagine, l’estrapolazione
mediante l’algoritmo “Pmap” di alcune caratteristiche fondamentali dello
spettro. Su tali caratteristiche sono quindi applicate tre differenti funzioni
di valutazione. Queste procedure sembrano rispondere molto bene a
quelle che sono state le richieste iniziali e costituiscono una valida
soluzione al problema esposto al Capitolo 1.3.
Per l’utilizzo delle funzioni selezionate è stata sviluppata un’applicazione
che al momento della stesura di questo elaborato è installata nel sistema
di controllo di FERMI. Tale applicazione è stata sviluppata come una
modifica di quanto presentato al Capitolo 2.2. Essa acquisisce le immagini
dello spettrometro e ne estrae le feature presentando sull’interfaccia
grafica l’immagine originale, l’immagine binaria moltiplicata elemento per
elemento con l’originale e la tabella delle feature. L’interfaccia grafica
dell’applicazione permette inoltre di impostare i parametri “th” e “thrmin”
per l’utilizzo di “Pmap”. Per concludere una serie di popup-menu permette
di selezionare una qualsiasi delle 486 funzioni di valutazione proposte nel
Capitolo 2.3. Non sono state inserite le funzioni di valutazione utilizzanti la
distanza EMD in quanto i tempi di computazione non sono compatibili con
l’utilizzo on-line.
36
Figura 6.1 Esempio di utilizzo dell’applicativo in sala di controllo
In conclusione, sono state sviluppate tre procedure di valutazione dello
spettro che possano valutare e ordinare delle immagini con un’ottima
affidabilità, soddisfacendo quindi perfettamente gli obiettivi posti nel
Capitolo 1.3.
Sviluppi futuri
Per quanto riguarda i possibili sviluppi futuri l’aspetto più immediato
riguarda l’ottimizzazione dell’algoritmo di estrazione feature ed
un’ulteriore verifica della bontà delle selezioni tramite un maggiore
utilizzo on-line dell’applicativo. Uno sviluppo interessante, anche se
successivo, potrà portare all’utilizzo di questo sistema di valutazione per
l’ottenimento di indicazioni su quali siano i parametri di macchina da
modificare per migliorare il fascio di elettroni ed ottenere dunque
un’ulteriore automazione.
37
Appendice A: Immagini con ordinamento
imposto
In questa appendice si vogliono proporre le immagini selezionate ed
ordinate per la prima valutazione delle immagini illustrata nel Capitolo 4.
Le seguenti immagini sono ordinate dalla peggiore alla migliore e sono da
leggersi in ordine prima da sinistra a destra e poi dall’alto verso il basso.
Per questioni di visibilità ogni immagine ha una differente scala per
l’intensità, per poter effettuare confronti è stata utilizzata l’interfaccia
grafica presentata nel Capitolo 2.2 e nell’Appendice C.
Ciascuna delle seguenti immagini è inoltre considerata priva sulle ascisse
e sulle ordinate in quanto il riferimento delle ordinate sia arbitrario e
l’intervallo di lunghezze d’onda dell’immagine non costituisca un
parametro di valutazione.
38
39
40
41
42
Sono di seguito riportati in una tabella gli elementi dei vettori
dell’ordinamento ideale e delle tre migliori funzioni selezionate secondo la
costruzione indicata nel Capitolo 4.1.
Ordinamento Ideale I2F2 I2F2 I2F2
3121 3211 3111
1 2 2 2
2 1 1 1
3 3 3 3
4 4 4 4
5 5 5 5
6 6 6 6
7 7 7 7
8 8 8 8
9 9 9 9
10 11 11 11
11 10 10 10
12 12 12 12
13 13 13 13
14 14 14 14
15 16 16 16
16 15 15 15
17 17 17 17
18 18 18 18
19 20 19 20
20 19 20 19
21 21 21 21
22 22 22 22
23 30 30 30
24 24 25 25
25 23 24 24
26 25 23 23
27 27 27 27
28 26 26 26
29 29 28 29
30 28 29 28
Tabella A.1 Tabella degli ordinamenti generati dalle tre migliori funzioni
selezionate sull’insieme di immagini fornito.
43
Appendice B: Immagini dei profili
In questa appendice si vogliono proporre le immagini dei profili, calcolati
sia per righe che per colonne, delle tre funzioni selezionate nel Capitolo
5.1. Le seguenti immagini sono presentate divise per funzione.
𝑰𝟐𝑭𝟐(𝟑, 𝟏, 𝟐, 𝟏)
Figura B.1 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per righe.
Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ordinate
perdono di significato in quanto le immagini giustapposte hanno una scala
verticale arbitraria.
44
Figura B.2 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
Figura B.3 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per righe.
Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ordinate
perdono di significato in quanto le immagini giustapposte hanno una scala
verticale arbitraria.
45
Figura B.4 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
𝑰𝟐𝑭𝟐(𝟑, 𝟐, 𝟏, 𝟏)
Figura B.5 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per righe.
Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ordinate
perdono di significato in quanto le immagini giustapposte hanno una scala
verticale arbitraria.
46
Figura B.6 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
Figura B.7 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per righe.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
47
Figura B.8 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
𝑰𝟐𝑭𝟐(𝟑, 𝟏, 𝟏, 𝟏)
Figura B.9 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per righe.
Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ordinate
perdono di significato in quanto le immagini giustapposte hanno una scala
verticale arbitraria.
48
Figura B.10 Immagine dei profili della prima scansione calcolati per colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
Figura B.11 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per righe.
Le ascisse indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ordinate
perdono di significato in quanto le immagini giustapposte hanno una scala
verticale arbitraria.
49
Figura B.12 Immagine dei profili della seconda scansione calcolati per
colonne.
Le ordinate indicano a quale immagine fa riferimento il vettore riga, le ascisse
perdono di significato in quanto si giustappongono immagini con scale di
lunghezza d’onda differenti.
50
Appendice C: Immagini delle interfacce
grafiche
Nella presente appendice si vogliono presentare le immagini delle due
interfacce grafiche sviluppate ed utilizzate nel corrente lavoro di tesi.
Queste GUI sono già state analizzate rispettivamente al Capitolo 2.2 e al
Capitolo 6, se ne forniscono qua immagini più grandi e una descrizione più
dettagliata.
Figura C.1 Esempio di utilizzo della prima interfaccia grafica per il
riconoscimento e lo studio di un’immagine con due aree connesse di alta
intensità.
La presente interfaccia grafica presenta affiancate l’immagine originale e
l’immagine ottenuta moltiplicando elemento per elemento tale immagine
e la mappa binaria da essa costruita.
Sulla sinistra le voci “Aree Connesse”, “Aree Conn Orizzontale” e “Aree Conn
51
Verticale” indicano rispettivamente il numero totale di aree connesse
nell’immagine binaria e il numero di aree connesse distinte riconoscibili
nella proiezione orizzontale e nella proiezione verticale di tale immagine.
Nella tabella ogni colonna è riferita ad un’area connessa distinta, ogni riga
corrisponde ad una caratteristica. Nel caso in cui possano servire per un
controllo da parte di un umano, o essere utilizzate in future applicazioni,
sono presentate più caratteristiche di quelle descritte nel Capitolo2. Tali
caratteristiche sono:
il numero totale di pixel appartenenti all’area connessa;
il numero di riga e il numero di colonna del centro geometrico dell’area
connessa nella mappa binaria;
il numero di riga e il numero di colonna del centro dell’area connessa
pesato sull’intensità del pixel nell’immagine originale;
le dimensioni orizzontale e verticale dell’area connessa, tale calcolo viene
effettuato con una funzione MATLAB che approssima le aree con degli
ellissoidi;
l’angolo (compreso tra i -90° e i 90°) rispetto ad una retta orizzontale
dell’asse maggiore dell’ellissoide che approssima l’area connessa;
la somma delle intensità dei pixel appartenenti all’area connessa;
l’intensità media dei pixel appartenenti all’area connessa.
La seconda interfaccia grafica è stata sviluppata come un’estensione della
prima, ne presenta quindi tutte le caratteristiche. È stata inoltre inserita
una serie di elementi che permetta l’utilizzo dell’interfaccia in tempo reale
per valutare le immagini acquisite dallo spettrometro e che permetta, oltre
alla scelta della funzione di valutazione da utilizzare, anche di modificare i
due parametri principali di input all’algoritmo Pmap di costruzione della
mappa binaria. Sono dunque presenti due menu popup che permettano la
selezione di quali fattori I ed F utilizzare e quattro menu popup che
permettono di selezionarne gli esponenti. Due aree di testo permettono
l’inserimento dei parametri th e thrmin per l’algoritmo Pmap. Infine al
centro della GUI è presente il testo con il valore della funzione selezionata
calcolata sull’immagine rappresentata.
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Figura C.2 Esempio di utilizzo della seconda interfaccia grafica perla
valutazione di un’immagine con un’unica area connessa ad alta intensità
53
Bibliografia
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