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ENEIDE
LIBRO I
15 Aprile 2012
G. Romoli 4LSC
Canto le armi e il primo eroe che dalle
piagge di Troia
giunse in Italia, profugo per suo destino, e
ai lidi
lavinii: molto di terra in terra e per mare fu
sbattuto
da forze divine, per il memore furore
dellostile Giunone,
e molto anche da guerra pat, fin quando
fondasse una citt
e consegnasse al Lazio i suoi di, onde la
discendenza latina
e i nostri padri albani ed erette le mura di
Roma.
(Eneide I, 1-7; trad. R. Scarcia)
Ranuccio il Vecchio, esponente della famiglia Farnese, fu dipinto
da F. Salviati nelle vesti di Enea per rafforzare le presunte origini
romane e il prestigio militare della famiglia.
Anche Virgilio adott nel suo poema il mito delleroe troiano per
riconfermare la nobilt della stirpe di Roma e celebrare
indirettamente Augusto.
IL PROEMIO
LIRA DELLA DEA GIUNONE Giunone scatena una tempesta contro Enea per impedire alleroe di raggiungere il Lazio. Le cause dellira della dea sono per pi remote; per Virgilio sono tre i motivi per i quali Giunone odia lintera stirpe troiana:
Paride, figlio di Priamo e dunque troiano, aveva osato giudicare Giunone meno bella di Venere, assegnando a quest'utlima la mela d'oro, per avere in moglie Elena.
Si racconta di come Giunone, moglie e sorella di Giove, perseguitasse tutti gli amanti del dio: Ganimede, giovinetto di origine troiana di straordinaria bellezza, era stato rapito da Giove, innamoratosi di lui, perch diventasse coppiere degli di al posto di Ebe, la Giovinezza, figlia tra laltro della stessa Giunone.
Le Parche, divinit che secondo il mito presiedevano al destino delluomo, avevano profetizzato la caduta di Cartagine, citt diletta di Giunone, per mano di una progenie tratta dal sangue troiano.
Quando Giunone, che serbava eterna nellintimo suo la
piaga, cos tra s: Che io sconfitta debba desistere
dalle mie azioni, e non possa distogliere dallItalia
questo sovrano di Teucri? (Eneide I, 36-8; trad. R. Scarcia)
IL RE EOLO
Qui il re Eolo in un
antro sterminato le
bufere ribelli e le
strepitanti tempeste con
la sua autorit governa
e incarcera trattenute in
catene. Quelle riluttanti,
con grande fragore
della montagna,
fremono addosso ai
recinti; siede Eolo su
una rocca elevata, lo
scettro in pugno, e ne
ammorza gli sbuffi e ne
tempera lira. (Eneide I, 52-7; trad. R.
Scarcia)
Il mito racconta che Eolo regnasse in unisola o in un gruppo di isole a nord della Sicilia (le attuali Isole Eolie). Giove gli aveva assegnato il compito di incarcerare e sorvegliare i venti, affinch il mondo intero non fosse perennemente sconvolto da tempeste.
Giunone per scatenare la tempesta si era rivolta al re Eolo, il quale aveva accettato la proposta di liberare alcuni venti in cambio della ninfa pi bella di tutte, Deiopea.
LA TEMPESTA
E i venti come un drappello serrato, per il passo
concesso precipitano e spazzano con turbini il mondo.
Si rovesciarono sul mare e tutto dagli abissi profondi lo
scuotono uniti e Levante e Scirocco e il Libeccio dei
fortunali frequenti e rovinose ondate accavallano lungo
le coste. Li segue un tosto urlare di gente e uno
schiocco di sartie. Dun tratto cancellano le nuvole il
cielo e la luce agli occhi dei Teucri; piomba sulle acque
una torbida notte. Rintronarono gli spazi siderei e
guizza letere di fitte fiamme e ogni cosa prospetta agli
uomini limminenza della morte. (Eneide I, 82-91; trad. R. Scarcia)
Il nome Enea compare esplicito per la prima volta nel verso
92. Leroe ha paura, trema e grida, rimpiangendo la morte a
cui si era sottratto sotto le mura di Troia durante uno scontro
con Diomede.
I venti vengono descritti dallautore con
caratteri antropomorfici: Tramontana, Scirocco,
Levante, Libeccio, Ponente, assumono le
sembianze di grandi giganti che spingono i
flutti al cielo, frantumano i remi, sollevano le
navi e le sbattono sugli scogli, accumulano
banchi di sabbia, creano vortici I naufraghi
vengono scaraventati fuori dalle navi e sono
risucchiati dalle acque.
La tempesta imperversa, distruggendo la flotta dei Troiani. Virgilio racconta ci utilizzando un gran numero di immagini funeste.
INTERVENTO DEL DIO NETTUNO Frattanto si accorse
Nettuno che con grande
frastuono sagitava il mare e
che una burrasca era stata
scatenata e dal profondo
turbate le plaghe degli
abissi, e gravemente se
nadont; dal largo per
osservare sollev il sereno
suo capo dal sommo
dellonda.
(Eneide I, 123-8; trad. R. Scarcia)
Nettuno interviene, rimproverando i venti e si accinge a rimettere ordine.
Le divinit marine
accorrono in
aiuto: la ninfa
Cimotoe (ovvero
colei che corre
sui flutti) e
Tritone
sconficcano le
navi dagli scogli,
Poseidone placa la
distesa del mare,
smuove le secche
col tridente e
caccia le nuvole.
Liconografia tradizionale
presenta le divinit del
mare sopra carri che
corrono sul pelo
dellacqua, trainati da
cavalli, i quali hanno una
coda di pesce al posto
delle due zampe
posteriori, oppure a
cavalcioni di animali
marini.
Tritone, figlio di Nettuno, ha la forma di
uomo nella parte superiore del corpo, di
pesce in quella inferiore. Si dice che soffiando
dentro una conchiglia ritorta riuscisse a
placare le acque del mare.
Come quando durante una sommossa un uomo di aspetto dignitoso
e di meritata stima riesce ad acquietare gli animi della folla
ammorzandone il furore, cos Nettuno spegne il fragore del mare;
Virgilio utilizza questa similitudine, topica, fra la tempesta e il
tumulto popolare.
PROFEZIA DEL DIO GIOVE
Quando Giove dalla
sommit delletra gi
guardando al mare alato di
vele e alle distese di terra e
alle costiere e ai popoli
sparsi, cos dal vertice del
cielo sarrest, e fiss le
pupille sui regni di Libia. E a
lui, che nel petto considerava
le cure del buon governo, un
poco triste e soffusa di
lagrime gli occhi luminosi
rivolge Venere la parola.
(Eneide I, 223-9; trad. R. Scarcia)
Venere piangente si reca da Giove chiedendo il motivo di tanta sofferenza. Giove le risponde preannunciando gli onori e la gloria eterna della progenie di Enea (A costoro (i Romani)... un impero senza fine ho concesso, Eneide I, 278-9; trad. R. Scarcia). Infine il re degli dei invia Mercurio a Cartagine, affinch Didone ospiti i naufraghi nella sua corte.
Virgilio rappresenta Venere in lacrime per un motivo ben preciso: con ci infatti lautore intende anticipare che ci sar la sorte infelice di una donna.
Venere durante il suo intervento cita Antenore: perch questo (accusato da altri di tradimento) riuscito a salvarsi, giungendo in Italia e fondando Padova, e ora riposa tranquillo (placida pace), mentre Enea, uomo giusto, ancora erra per mare? Anche Dante riprender questa versione di Antenore: chiamer Antenora il secondo girone del cerchio dei traditori, i traditori della patria.
Giove nel suo discorso parla di Ascanio, cui ora si aggiunge laltro nome di Iulo, ed era Ilo, finch lilia potenza si fond su un regno (vv. 267-8, trad.
R. Scarcia). Per nobilitare le origini della gens Iulia, Virgilio ricollega il termine Iulo allaggettivo ilia, ovvero troiana. Ilia sar anche il nome con il quale Virgilio si riferir poco dopo a Rea Silvia.
Giove menziona esplicitamente Giulio Cesare (il romano Cesare); alla pax augustea invece si collega laffermazione: si chiuderanno le funeste porte della Guerra con fitte sbarre di ferro, vv. 293-4, trad. R. Scarcia.
INCONTRO CON VENERE
A lui la madre si fece incontro nel cuore
della foresta, assumendo aspetto e
abbigliamento da ragazza, e armi di
ragazza () ch aveva sospeso agli omeri
secondo il costume il maneggevole arco,
da cacciatrice, e aveva lasciato la chioma
sciogliersi al vento, nuda il ginocchio e
raccolte in un nodo le pieghe fluenti .
(Eneide I, 314-20; trad. R. Scarcia)
Nel frattempo Enea era giunto sulle coste libiche con gli altri sopravvissuti. L i Troiani accendono un fuoco e trovano ristoro. La comparsa di alcuni cervi anticipa lincontro successivo tra leroe e sua madre, Venere.
Si fa riferimento al vino di Aceste, della cui
ospitalit si parler nel III libro.
Enea consola i compagni (fate appello al
coraggio e congedate il tristo sconforto; forse
anche questo un giorno non sar che un dolce
ricordo, vv. 202-3, trad. R. Scarcia), ma anchegli
spaesato e impaurito (simula speranza sul
volto, in fondo al cuore caccia langoscia, v.
209, trad. R. Scarcia).
Venere appare ad Enea sotto le vesti di una
guerriera: Virgilio la paragona ad una
spartana, oppure ad Arpalice, brigantessa
della Tracia, utilizzata dallautore come
modello per Camilla (XI libro).
CARTAGINE
Ne ammira limponenza Enea, capanne
un tempo di nomadi, ammira le porte e
lanimazione delle vie, gi lastricate.
Simpegnano con foga i Tirii: parte a
drizzare i muri e a costruire la rocca, e a
forza di braccia a rotolare pietre, parte a
scegliere larea per la casa, e a
racchiuderla in un solco. Eleggono i
magistrati per i tribunali e il venerabile
senato. Qui altri scavano i porti, qui altri
gettano fondamenta per i teatri e
smisurate colonne ritagliano dalle rocce,
maestoso ornato per le future scene.
(Eneide I, 421-9; trad. R. Scarcia)
Dopo aver detto il luogo nel quale si trovavano e dopo aver narrato le origini di Cartagine, Venere avvolge Enea e Acate in una nuvola, aiutandoli cos ad entrare nella citt inosservati.
Secondo la leggenda Cartagine fu fondata da Didone (o
Elissa), fuggita dalla patria, la citt fenicia di Tiro, dopo
che il fratello Pigmalione le aveva ucciso Sicheo, suo
marito. La dea Giunone aveva suggerito alla donna dove
fondare la nuova citt, nascondendo una testa di cavallo
nella foresta che copriva le spiagge della Libia; Virgilio
pi tardi, descrivendo Cartagine, dir che al centro della
citt gli abitanti avevano lasciato un bosco l dove era
stato fatto il ritrovamento. Si dice anche che il re della
Libia aveva concesso alla futura regina tanto territorio
quanto poteva contenerne una pelle di bue; Didone
aveva tagliato la pelle in strisce sottilissime, creando
una circonferenza maggiore: da qui Birsa, (
pelle), altro nome della citt. Dopo la fondazione,
Cartagine era diventata il luogo prediletto di Giunone:
nella citt vi era un tempio di bronzo, il pi bello mai
dedicato alla dea.
La nuvola di nebbia un espediente
topico, di invenzione omerica, messo in
atto da una divinit per sottrarre al
pericolo il proprio protetto.
GLI AFFRESCHI DEL TEMPIO
Si arrest e lagrimando Qual luogo
ormai disse Acate, quale regione sulla
terra non piena del nostro soffrire?
Ecco Priamo. Ha la gloria anche qui il
suo premio, ha lagrime, e luniversale
sentire toccano le umane vicende.
Dissipa i timori; ti arrecher questa fama
una qualche salvezza. Cos dice e
pasce il suo animo dei simulacri di quella
pittura, molto gemendo, e bagna il volto
con un largo fiume. (Eneide I, 459-65; trad. R. Scarcia)
Entrando nel tempio della citt, Enea rimane colpito da una serie di affreschi raffiguranti la guerra di Troia.
Virgilio fa riferimento a Reso, re di Tracia, alleato dei Troiani, e ai suoi
soldati: il mito racconta infatti che egli aveva portato con s dei cavalli
bianchi, i quali, secondo una profezia, se si fossero abbeverati nello
Scamandro, che scorreva vicino alla citt, avrebbero salvato Troia; prima
che questo potesse accadere, Ulisse e Diomede avevano assalito
laccampamento, uccidendo il re e rubando i cavalli.
Lautore parla anche di Troilo, ultimo figlio di Priamo, e della disperazione
delle donne venute a conoscenza della sua tragica fine. Un oracolo infatti
aveva predetto che Troia non sarebbe mai stata conquistata se il ragazzo
avesse raggiunto let di ventanni. Achille, innamoratosi di lui, lo sorprese
vicino una fonte e lo uccise in un abbraccio, dopo che lo stesso ragazzo
aveva rifiutato di cedere al suo amore.
Virgilio nomina anche Pentesilea e le altre
amazzoni, donne guerriere le quali,
racconta il mito, solevano recidersi una
mammella per avere pi comodo
lappoggio dellarco (da qui il nome, a-
mazs, prive di un seno). Combattevano a
petto scoperto, e nel loro regno non vi
erano uomini: per la conservazione della
stirpe si servivano, una volta lanno, dei
maschi di un popolo confinante.
LA REGINA DIDONE E IL CONVITO
La regina Didone, bellissima nella figura,
verso il tempio avanz, scortata ai lati da
un gran numero di giovani. Quale sulle
sponde dellEurota o per le giogaie di Cinto
guida le danze Diana, al cui seguito mille
Oreadi di qui e di l si affollano in cerchio
tale era Didone, tale si muoveva con
orgoglio in mezzo ai suoi sollecitando
limpresa e lavvenire del regno. (Eneide I, 496-504; trad. R. Scarcia)
Enea partecipa di nascosto alludienza che Didone concede a Anteo, Sergesto, Cloanto e altri Teucri che erano stati ritenuti morti dai compagni ed invece erano sopravvissuti. Quando la regina promette ospitalit, Enea si rivela. Subito viene allestito un convito.
Virgilio si sofferma a descrivere il fasto del convito: vengono
uccisi cento maiali, venti tori, cento agnelli, il palazzo viene
adornato con porpora, argento, oro.
Il verso 533 il primo verso incompiuto.
Al convito un cantore, Iopas, allieta il banchetto: Virgilio
riprende la figura omerica di Demodoco, l'aedo della corte dei
Feaci, che rappresenta il modello di quest'episodio
CUPIDO FA INNAMORARE DIDONE
Ma Citerea nuove trame, nuovi piani progetta
in cuor suo, perch Cupido mutato nellaspetto
e nei lineamenti venga al posto del dolce
Ascanio e infiammi con quei doni fino alla follia
la regina, e le appicchi lincendio alle ossa.
Perch ella teme lambigua reggia e i Tirii dalle
due lingue; la brucia la dura Giunone, e a
notte le torna insistente langoscia. (Eneide I, 657-62; trad. R. Scarcia)
Ascanio viene mandato dal padre a prendere alcuni doni da recare a Didone. Venere, per proteggere Enea, rapisce il ragazzo e ordina a Cupido, altro suo figlio, di assumerne le sembianze in modo che, tenuto in braccio dalla regina, possa farla innamorare di Enea.
La disgraziata fenicia, votata a futura sciagura,
non pu saziarsi lanimo e avvampa
nellosservarlo (vv. 712-3, trad. R. Scarcia).
Virgilio pi volte anticipa il funesto futuro della
regina (infelix, pesti deuota futurae).
presente unincongruenza: Ascanio, che a
Cartagine un bambino da tenere sulle
ginocchia, solo dopo un anno, in Sicilia, sar
presentato come un adolescente.
Pi studiosi hanno confermato
che i doni recati a Didone, per
il fatto che erano appartenuti a
Elena, traditrice e adultera,
sono un presagio di rovina
futura.