equazioni di erenziali - unipa.it differenziali... · presenti derivate ordinarie (totali). alle...
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Università degli Studi diPalermo
Corso di laurea in Ingegneria Civile
Equazioni Di�erenziali
Tutor: Dott. Fabio F. G. Calabrese
A.A. 2008- �09
Supervisor:Assessor:
Indice
Indice i
Prefazione ii
1 Introduzione 11.1 Esempi di interesse �sico di equazioni di¤erenziali alle derivate
parziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
2 Equazioni di¤erenziali ordinarie lineari 3
3 Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 53.1 Equazione omogenea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53.2 Equazione non omogenea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63.3 Esempio: Moto di un corpo che cade in un mezzo viscoso . . . . . 73.4 Esempio: Circuito RL serie con V (t) = Vo sen!t . . . . . . . . . 103.5 Metodo dell�angolo aggiunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
4 Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 164.1 Equazione omogenea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174.2 Equazione non omogenea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184.3 Esempio: Oscillatore armonico smorzato . . . . . . . . . . . . . . 18
4.3.1 Soluzione omogenea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194.3.2 Oscillazioni con forzante F = Fo cos (!t+ �) - Metodo
degli esponenziali complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
5 Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 27
Bibliogra�a 34
i
Prefazione
Il presente scritto consiste nelle dispense relative alla prima parte delle eserci-tazioni da me tenute, del corso di Meccanica razionale del prof. F. Bagarello.Il corso e le esercitazioni sono stati svolte nell�anno accademico 2008-�09
agli studenti dei Corsi di studio in Ingegneria civile e Ingegneria aerospazialedell�Università degli studi di Palermo.Queste dispense sono la versione corretta e ampliata di quelle dell�a.a. 2007-
�08. Sono disponibili su internet all�indirizzo:http://www.unipa.it/~bagarell/didattica/attivitadidattica.htm
Questo scritto può essere liberamente copiato e/o distribuito con gli unicivincoli che ciò sia fatto:- senza �ni commerciali- senza modi�che e integralmente- citando la fonte
Sarò grato per ogni commento o segnalazione di errori; essi potranno esserefatti pervenire all�indirizzo: [email protected] ogni commento sul corso il referente è il titolare del medesimo, raggiun-
gibile all�indirizzo: [email protected].
Sperando di avere fatto opera gradita, auguro al lettore uno studio fruttuoso.
Palermo, gennaio 2009Fabio F. G. Calabrese
ii
Capitolo 1
Introduzione
Indichiamo con equazione di¤erenziale un�equazione in cui l�incognita è una
funzione, presente nell�equazione con le sue derivate.
Le equazioni di¤erenziali sono dette:
� ordinarie: se l�incognita è una funzione di una sola variabile, quindi sonopresenti derivate ordinarie (totali).
� alle derivate parziali: se l�incognita è una funzione di più variabili, quindisono presenti derivate parziali.
Chiamiamo ordine dell�equazione di¤erenziale l�ordine massimo delle derivate
presenti.
1.1 Esempi di interesse �sico di equazioni dif-
ferenziali alle derivate parziali
Si de�nisce operatore laplaciano (scalare):
r2u def=
@2u
@x2+@2u
@y2+@2u
@z2(1.1)
con u = u (x; y; z) :
1. Equazione di Poisson per il potenziale elettrostatico V = V (x; y; z):
r2V = � 1"o� (1.2)
con � = � (x; y; z) densità di carica elettrica.
1
1. Introduzione 2
2. Equazione scalare delle onde (meccaniche, elettromagnetiche, ecc) con ampiez-
za dell�onda scalare, o della singola componente vettoriale, u = u (x; y; z; t):
r2u� 1
v2@2u
@t2= f (1.3)
dove f = f (x; y; z; t) è il termine di sorgente e v la velocità di propagazione
dell�onda.
3. Equazione di conduzione del calore, per il campo di temperature T =
T (x; y; z; t) all�interno di un solido omogeneo e isotropo:
ar2T � @T
@t= �q (1.4)
dove a è detto coe¢ ciente di di¤usione ed è caratteristico del materiale in esame
e q = q (x; y; z; t) è il calore fornito dalla sorgente per unità di tempo e volume.
Capitolo 2
Equazioni di¤erenziali ordinarielineari
Ci occuperemo da adesso soltanto delle equazioni di¤erenziali ordinarie. Più
speci�camente ci limiteremo, per semplicità, alle equazioni lineari. Esse possono
essere sempre messe nella forma:
hn (x) y(n) + hn�1 (x) y
(n�1) + :::+ h1 (x) y0 + h0 (x) y = w (x) (2.1)
w (x) è detto termine di inomogeneità o forzante. Ci limitiamo ulteriormente a
prendere in esame il caso in cui tutte le funzioni in gioco siano funzioni reali di
una variabile reale.
I punti in cui hn (x) = 0 sono singolari, in quanto riducono l�ordine del-
l�equazione; studiamo allora l�equazione in un intervallo in cui hn (x) 6= 0.
Dividendo ambo i membri per hn (x) l�equazione può scriversi:
y(n) + fn�1 (x) y(n�1) + :::+ f1 (x) y
0 + f0 (x) y = g (x) (2.2)
Se g (x) = 0 l�equazione di¤erenziale è detta omogenea:
y(n) + fn�1 (x) y(n�1) + :::+ f1 (x) y
0 + f0 (x) y = 0 (2.3)
Teorema 1 Teorema di esistenza e unicità - Equazione omogenea:Sia I un intervallo aperto e siano f0 (x) ; :::; fn�1 (x) funzioni continue su I
chiusura di I. La (2.3) ammette una e una sola soluzione y = f (x) in I che
soddis� le condizioni iniziali:
f (x0) = f0 ; f 0 (x0) = f1 ; ::: ; f (n�1) (x0) = fn�1 (2.4)
con f0 ; f1 ; :::; fn�1 numeri reali e x0 2 I.
3
2. Equazioni di¤erenziali ordinarie lineari 4
Si noti che la soluzione è almeno di classe Cn (I), infatti, essendo soluzioneammette almeno derivata n-ma e inoltre questa è continua perché può essere
scritta tramite la (2.2) come somma e moltiplicazione di funzioni continue.
Si vede agevolmente che a causa della linearità dell�equazione lo spazio delle
soluzioni è uno spazio vettoriale, inoltre1 dal teorema di esistenza e unicità che
tale spazio ha dimensione n. Quindi se u1 (x) ; :::; un (x) sono indipendenti (nel
senso dell�algebra lineare, ossia che nessuna funzione sia ottenibile come sovrap-
posizione lineare delle altre funzioni) ogni soluzione dell�equazione omogenea può
scriversi:
u (x) =nXi=1
ciui (x) (2.5)
con ci costanti. Essa è la soluzione generale dell�equazione omogenea.
Il problema, quindi, è determinare le ui. Una volta determinata la soluzione
generale, la soluzione speci�ca sarà ottenuta in modo unico imponendo nella
(2.5) le condizioni iniziali (2.4).
In particolare per le condizioni iniziali:
f (x0) = 0 ; f 0 (x0) = 0 ; ::: ; f (n�1) (x0) = 0 (2.6)
la (2.3) ammette sempre la soluzione banale y (x) = 0.
Teorema 2 Teorema di esistenza e unicità - Equazione non omogenea:Sia I un intervallo aperto e siano f0 (x) ; :::; fn�1 (x) ; g (x) ; funzioni continue su
I. Supponendo che u1 (x) ; :::; un (x) siano soluzioni indipendenti della (2.3),
omogenea associata alla (2.2), e che v(x) sia una soluzione particolare della non
omogenea, la soluzione generale di quest�ultima può scriversi:
y (x) =
nXi=1
ciui (x) + v (x) (2.7)
per ogni x 2 I, con ci 2 R.
La dimostrazione si ottiene immediatamente considerando che y�v è soluzionedell�omogenea di cui conosciamo la soluzione generale.
Richiamiamo per referenza che esiste un metodo generale, il metodo della
variazione dei parametri, che permette di determinare sempre una soluzione
particolare della non omogenea a partire dalla soluzione generale dell�omogenea.1Cfr. ad es. [4] p. 36.
Capitolo 3
Equazioni di¤erenziali lineari delprimo ordine
Le equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine sono dunque nella forma:
y0 + f (x) y = g (x) (3.1)
con omogenea associata:
y0 + f (x) y = 0 (3.2)
Consideriamo qui il caso in cui f (x) e g (x) siano continue in modo che siano
veri�cate le ipotesi del teorema di esistenza e unicità.
3.1 Equazione omogenea
L�equazione omogenea può scriversi:
dy
dx= �f (x) y (3.3)
da cui per y 6= 0:dy
y= �f (x) dx (3.4)Z y(x)
y(xo)
dy
y= �
Z x
xo
f (x0) dx0 (3.5)
de�nendo adesso:
A (x)def=
Z x
xo
f (x0) dx0 (3.6)
5
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 6
in un intervallo in cui tale integrale sia �nito, e scegliendo y (xo)def= yo 6= 0 si ha:
ln
����y (x)yo
���� = �A (x) (3.7)
ossia:
jy (x)j = jyoj e�A(x) (3.8)
dovendo inoltre essere y (xo) = yo e y (x) continua, e visto che essa non si annulla
mai, questo è equivalente a dire:
y (x) = yoe�A(x) (3.9)
Si noti che essendo A (xo) = 0 tale soluzione e¤ettivamente ammette y (xo) = yo;
inoltre nel caso in cui y (xo) = yo = 0 la (3.9) prevede anche la soluzione banale.
In conclusione per il teorema di esistenza e unicità la (3.9) al variare di yo in
R descrive tutte e sole le soluzioni dell�equazione omogenea, in particolare nonci sono altre soluzioni con y = 0 all�infuori di quella banale.
3.2 Equazione non omogenea
Determineremo adesso la direttamente la soluzione generale della non omogenea,
senza passare da una soluzione particolare.
Sia y (x) la soluzione che cerchiamo della (3.1), allora:
y0 (x) + f (x) y (x) = g (x) (3.10)
pongo:
B (x)def= y (x) eA(x) (3.11)
derivando e usando la (3.10) e la derivata della (3.6) si ha:
B0 (x) = y0 (x) eA(x) + y (x)A0 (x) eA(x) =
= [y0 (x) + y (x) f (x)] eA(x) = (3.12)
= g (x) eA(x)
che può essere integrata:
B (x) = B (xo) +
Z x
xo
g (t) eA(t)dt (3.13)
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 7
e sostituendo la (3.11):
y (x) eA(x) = y (xo) e0 +
Z x
xo
g (t) eA(t)dt (3.14)
In�ne ponendo y (xo) = yo si ha:
y (x) = yoe�A(x) + e�A(x)
Z x
xo
g (t) eA(t)dt (3.15)
Abbiamo così ottenuto per costruzione tutte e sole le soluzioni cercate. Che
tali soluzioni rispettino il teorema di esistenza e unicità, discende direttamente
dall�osservazione che il primo termine del secondo membro è la soluzione generale
dell�omogenea e che il secondo termine, come si può veri�care per calcolo diretto,
è una soluzione particolare della non omogenea.
3.3 Esempio: Moto di un corpo che cade in un
mezzo viscoso
Questo paragrafo consiste nella discussione dell�esercizio 7 di p. 105 del libro
di testo [1]. In questo caso si è scelto il simbolo per indicare il coe¢ ciente di
attrito viscoso (si indicherà nel paragrafo 5 con � il coe¢ ciente relativo al regime
idraulico), mentre col simbolo k si indicherà nei paragra� successivi la costante
elastica di una molla.
Consideriamo un oggetto di massa m che si muova unidimensionalmente
soggetto ad una forza agente esterna Fa (t) all�interno di un mezzo viscoso, che
o¤re una resistenza proporzionale alla velocità: Fv = � v.L�equazione del moto di Newton in questo caso si scrive:
Fa (t)� v = ma (3.16)
questa equazione può essere pensata come una equazione di¤erenziale lineare del
primo ordine per la velocità:
_v +
mv =
Fa (t)
m(3.17)
Essa può essere risolta con la tecnica sopra esposta; successivamente si può
integrare la velocità così trovata per determinare la posizione.
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 8
Speci�chiamo adesso la forza agente supponendo che l�oggetto pesante ven-
ga lasciato immergere in un liquido viscoso partendo da fermo, sotto l�e¤etto
del proprio peso. Considerando come positivo il verso delle altezze crescenti
l�equazione del moto si scrive:
_v +
mv = �g (3.18)
e seguendo la tecnica precedentemente esposta:
A (t)def=
Z t
o
mdt0 =
mt (3.19)
B (t)def= ve
mt (3.20)
B0 (t) = _ve mt +
mve
mt =
�_v +
mv�e mt = �ge
mt (3.21)
B (t) = B (0)� gZ t
o
e mt0dt0 (3.22)
ve mt = 0� m
g�e mt � 1
�(3.23)
v (t) = �mg +mg
e�
mt (3.24)
Il signi�cato di questa descrizione è il seguente: inizialmente l�oggetto è fer-
mo, la (3.18) all�istante iniziale indica che l�accelerazione iniziale è g verso il
basso. Appena l�oggetto inizia a muoversi entra in gioco la forza di attrito vis-
coso che cresce al crescere della velocità, la (3.24) ci dice che al passare del
tempo la velocità cresce sempre di meno e tende al valore limite mg= . Il tempo
caratteristico in cui ciò avviene è:
�def=
m
(3.25)
nell�istante t = � la velocità è 1�e�1 ' 63% della velocità �nale; dopo un tempot = 3� invece la velocità ha raggiunto il 95% della velocità �nale.
Si noti come al decrescere della viscosità o al crescere della massa crescano
parallelamente sia la velocità limite che tale tempo caratteristico, non si avrà
di¢ coltà a immaginare tale fenomeno.
Nel caso che avessimo considerato una velocità iniziale non nulla vo la (3.22)
avrebbe dato:
ve mt = vo �
m
g�e mt � 1
�(3.26)
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 9
e usando la de�nizione di � :
v (t) = voe� t� � g�
�1� e� t
�
�=
= �g� + (vo + g�) e�t� (3.27)
col medesimo valore limite per la velocità, cioè:
vvis1 = g� = gm
(3.28)
in�ne utilizzando questo ulteriore parametro del sistema la velocità può scriversi:
v (t) = �vvis1 +�vo + vvis1
�e�
t� (3.29)
Come si può vedere, qualunque sia la velocità iniziale, si ha v (1) = �vvis1 ; se�vvis1 < vo < 0 la velocità crescerà in valore assoluto verso tale valore, se invece
vo < �vvis1 essa decrescerà. Nel caso in cui vo > 0 si avrà v (t) > 0 �no ad un
tempo et per cui v �et � = 0 e successivamente sarà v (t) < 0. Si ricava dalla (3.29)che per v = 0:
eet� =
vo + vvis1vvis1
(3.30)
da cui: et = � ln
�1 +
vovvis1
�(3.31)
La distanza coperta si può adesso ottenere integrando la (3.29):
�s (t) =
Z t
0
h�vvis1 +
�vo + vvis1
�e�
t0�
idt0 =
= �vvis1 t+�vo + vvis1
� h��e� t0
�
it0= (3.32)
= �vvis1 t+�vo + vvis1
���1� e� t
�
�
Esempio 3 Ra¤reddamento di un oggetto a contatto con un termostato
Consideriamo il caso in cui un oggetto a temperatura T sia messo a contatto
con un termostato a temperatura Tter (es. un edi�cio a contatto con l�aria o un
oggetto di acciaio incandescente che viene temprato). L�equazione del calore, in
questo semplice caso, può essere formulata dicendo che la temperatura del corpo
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 10
tende a quella del termostato, con una velocità proporzionale alla di¤erenza di
temperatura fra oggetto e termostato:
dT (t)
dt= c (Tter � T ) (3.33)
con c > 0. Ossia:dT (t)
dt+ cT (t) = cTter (3.34)
Essa è formalmente identica alla (3.18) che riscriviamo:
_v +v
�= �g (3.35)
se facciamo corrispondere alla temperatura T la velocità v, e inoltre a:
c ! 1
�(3.36)
cTter ! �g (3.37)
da cui:
�g� = �vvis1 ! Tter (3.38)
la soluzione (3.29) quindi si scrive:
T (t) = Tter + [T (0)� Tter] e�ct (3.39)
che indica una temperatura che si avvicina esponenzialmente alla temperatura
del termostato.
3.4 Esempio: Circuito RL serie con V (t) = Vo sen!t
Un circuito con generatore di tensione V = V (t), resistenza R e induttanza L
posti in serie è retto dall�equazione alla maglia:
V (t)�Ri� Ldidt= 0 (3.40)
ossia:di
dt+R
Li =
V (t)
L(3.41)
Si noti che anche questa equazione è formalmente identica alla (3.17) di p. 7,
di un corpo immerso in un �uido viscoso. Alla velocità corrisponde l�intensità di
corrente, alla forza la di¤erenza di potenziale, alla costante di attrito viscoso la
resistenza elettrica e alla massa l�induttanza.
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 11
Se la corrispondenza fra e R appare intuitiva, essa infatti è �sicamente
il fattore dissipativo (proporzionale a v $ i), è interessante notare come L
rappresenti un fattore inerziale, esso si oppone, infatti, proporzionalmente alla
variazione di i.
Se adesso riscriviamo la soluzione relativa a vo = 0 (3.24), tenendo conto che
�mg = Fa:
v (t) =Fa
�1� e�
mt�
(3.42)
da questa analogia traiamo subito che chiudendo all�istante t = 0 l�interruttore di
un circuito RL serie con generatore di tensione costante Vo, la corrente all�interno
del circuito seguirà la legge:
i (t) =VoR
�1� e� t
�
�(3.43)
dove abbiamo posto:
� =L
R(3.44)
la corrente è quindi inizialmente nulla, cresce rapidamente in principio, sempre
più lentamente dopo, tendendo al valore limite i (1) = Vo=R. Per t � � la
corrente non essendo praticamente più variabile cortocircuita l�induttanza.
Studiamo adesso il caso in cui il circuito vada soggetto a una di¤erenza di
potenziale del tipo:
V (t) = Vo sen!t (3.45)
L�equazione di¤erenziale del circuito allora si scrive:
di
dt+1
�i =
VoLsen!t (3.46)
essa è nella forma della (3.10) p. 6. La de�nizione (3.6) in questo caso si scrive:
A (t)def=
Z t
0
1
�dt0 =
t
�(3.47)
e la soluzione (3.15):
i (t) = ioe� t� + e�
t�
Z t
0
VoLsen!t0 e
t0� dt0 (3.48)
Calcoliamo adesso questo integrale per parti, dalla primitiva di et� :Z t
0
sen!t0 et0� dt0 =
hsen!t0 �e
t0�
it0�Z t
0
! cos!t0 � et0� dt0 (3.49)
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 12
integriamo nuovamente per parti:Z t
0
sen!t0 et0� dt0 = sen!t �e
t� � !�
�hcos!t0 �e
t0�
it0+
Z t
0
! sen!t0 �et0� dt0
�=
= sen!t �et� � !� 2
�cos!t e
t� � 1
�� !2� 2
Z t
0
sen!t0 et0� dt0(3.50)
portando adesso l�integrale a primo membro e mettendolo in evidenza si ha:Z t
0
sen!t0 et0� dt0 =
1
1 + !2� 2
hsen!t �e
t� � !� 2cos!t e t� + !� 2
i(3.51)
così:
i (t) = ioe� t� +
VoL
1
1 + !2� 2
h� sen!t� !� 2 cos !t+ !� 2e�
t�
i=
=
�io +
VoL
!� 2
1 + !2� 2
�e�
t� +
VoL
�
1 + !2� 2[sen!t� !� cos !t] (3.52)
Notiamo anche in questo caso una soluzione composta da un termine che
decade esponenzialmente e uno che permane nel tempo; il primo viene indicato
come transiente il secondo come soluzione stazionaria.
Disinteressiamoci adesso al transiente e, ricordando che � = L=R, scriviamo:
i (t) =VoR
1
1 + !2� 2[sen!t� !� cos !t] (3.53)
Si noti che per L! 0 (� ! 0) troviamo:
i (t) =VoRsen!t (3.54)
che è correttamente la legge di Ohm. Moltiplichiamo adesso la (3.53) per R=R:
i (t) = Vo1
R2 + !2L2[R sen!t� !L cos !t] (3.55)
essa per R! 0 diventa:
i (t) = � Vo!L
cos !t (3.56)
Si noti come la corrente circolante nel circuito puramente induttivo è in ritardo
di �=2, infatti � cos !t = sen (!t� �=2).
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 13
3.5 Metodo dell�angolo aggiunto
Introduciamo adesso una semplice tecnica che permette di scrivere somme di
termini in seno e coseno dello stesso argomento, come la (3.55), in termini di
una sola delle due funzioni trigonometriche, es. seno.
L�idea è quella di riscrivere a sen!t+b cos !t in modo da utilizzare la regola
di somma:
cos � sen!t+ sen� cos !t = sen (!t+ �) (3.57)
tentiamo allora ponendo:
a = c cos � (3.58)
b = c sen� (3.59)
in modo da avere:
a sen!t+ b cos !t = c cos � sen!t+ c sen� cos !t = (3.60)
= c sen (!t+ �) (3.61)
Interpretiamo adesso quindi le (3.58) e (3.59) come un sistema di incognite c e
� e termini noti a e b. Il modo più semplice per risolvere il sistema consiste nel
quadrare e sommare membro a membro per determinare c:
a2 + b2 = c2 cos2 �+ c2 sen2� = c2 (3.62)
c = �pa2 + b2 (3.63)
invece per determinare � si può dividere membro a membro (3.59) e (3.58) e
trovare:c sen�
c cos �= tan� =
b
a(3.64)
se a 6= 0.Naturalmente a = 0 corrisponde alla soluzione banale b cos !t = b sen (!t+ �=2)
(ossia c = b, � = �=2). Nel caso che fosse b < 0 e volessimo c > 0 potremmo
scrivere:
b cos !t = � jbj cos (!t) = jbj cos (!t� �) = jbj sen (!t� �=2) (3.65)
Non ci interesseremo oltre a questo caso.
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 14
Cerchiamo adesso soluzioni che appartengano al ramo ]��=2; �=2 [ dellatangente, ossia scegliamo:
��2< � <
�
2(3.66)
e quindi:
� = arctanb
a(3.67)
In questo caso cos� > 0 e dalla (3.58) segue che dobbiamo scegliere c concorde
con a.
Con questa posizione il problema può dirsi risolto; è però spesso comodo
esprimere la regola utilizzando c positivi, e questa sarà la scelta adottata d�ora
in poi. Nel caso quindi che c < 0 (in quanto a < 0) si può scrivere:
c sen (!t+ �) = jcj sen (!t+ �+ �) = jcj sen (!t+ ) (3.68)
con:
= �+ � (3.69)�
2< <
3
2� (3.70)
Riassumendo possiamo scrivere:
a sen!t+ b cos !t = c sen (!t+ �)
per: c =pa2 + b2
e:
(� = arctan b
a; se a > 0
� = arctan ba+ �; se a < 0
(3.71)
Si noti che la (3.68) è anche il motivo per cui la scelta di segno di c è equivalente a quella
del ramo della tangente. Si sarebbe potuto alternativamente scegliere �n dal principio c > 0 e
determinare dalla (3.58):(a > 0; ��
2< � <�
2=) arctan b
a= �
a < 0; �2< � <3
2� =) arctan b
a= �+ �
(3.72)
Con questo metodo la soluzione stazionaria del circuito RL assume la forma:
i (t) =Vop
R2 + !2L2sen (!t+ �) (3.73)
3. Equazioni di¤erenziali lineari del primo ordine 15
dove:
� = � arctan !LR
(3.74)
Si notino le condizioni limite L = 0 =) � = 0: circuito resistivo, nessuno sfasa-
mento; R = 0 =) � = � arctan (+1) = ��=2: circuito puramente induttivo,sfasamento di �=2 in ritardo.
Citiamo in�ne per referenza che nella teoria dei circuiti questa tecnica o
quella degli esponenziali complessi che a¤ronteremo a breve, sono alla base della
de�nizione di impedenza; ci disinteresseremo qui di tali sviluppi.
Capitolo 4
Equazioni di¤erenziali delsecondo ordine a coe¢ cienticostanti
Per quanto concerne le equazioni di¤erenziali del secondo ordine, si deve dire che
non esiste una regola generale che permetta di determinarne le soluzioni; esse
vengono studiate accorpandole in famiglie dalle caratteristiche speci�che.
La famiglia più semplice che si può considerare è quella delle equazioni lineari
a coe¢ cienti costanti: per questa famiglia esiste una soluzione generale in ter-
mini di funzioni elementari che considereremo in questo paragrafo. Ad esempio
l�oscillatore armonico, avendo equazione:
m�x = �kx (4.1)
appartiene a questa categoria.
Allentando la richiesta che i coe¢ cienti siano costanti o che l�equazione sia
lineare, in generale non è più possibile scrivere la soluzione in termini di funzioni
elementari, così, capovolgendo la prospettiva, tali equazioni possono essere usate
per de�nire funzioni di cui non esiste una espressione in termini di funzioni ele-
mentari. Tali funzioni sono dette funzioni speciali e lo studio delle loro proprietà
è uno dei campi tradizionali di studio dell�analisi e della �sica matematica. Casi
apparentemente semplici come il pendolo, con equazione:
l�� = �g sen �
appartengono a questa più ampia famiglia.
16
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 17
Come premesso ci si interesseremo adesso al semplice caso in cui l�equazione
sia lineare ed i coe¢ cienti siano costanti:
y00 + ay0 + by = g (x) (4.2)
Supporremo che g (x) sia continua su R. Tale equazione ha omogenea associata:
y00 + ay0 + by = 0 (4.3)
Di quest�ultima si può ottenere la soluzione generale secondo lo schema
seguente:
4.1 Equazione omogenea
Si de�nisce equazione caratteristica l�equazione algebrica:
�2 + a�+ b = 0 (4.4)
essa ha come discriminante:
� = a2 � 4b (4.5)
1. Se � = 0 si de�nisce: u1 (x)def= 1, u2 (x)
def= x
2. Se � > 0 si de�nisce: k = 12
p�; u1 (x)
def= ekx, u2 (x)
def= e�kx
3. Se � < 0 si de�nisce: k = 12
p��; u1 (x)
def= sen kx, u2 (x)
def= cos kx
La soluzione generale della (4.3) allora è:
y = e�a2x [c1u1 (x) + c2u2 (x)] (4.6)
Si noti come in ognuno dei tre casi la soluzione generale è combinazione lineare
di un numero di funzioni linearmente indipendenti pari all�ordine dell�equazione
di¤erenziale, cioè 2.
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 18
4.2 Equazione non omogenea
Si de�nisce wronskiano di due funzioni h1 (x) e h2 (x) la funzione w (x):
w (x)def= h1 (x)h
02 (x)� h2 (x)h01 (x) (4.7)
Siano h1 (x) e h2 (x) due funzioni de�nite da:
h1 (x)def= e�
a2xu1 (x) (4.8)
h2 (x)def= e�
a2xu2 (x) (4.9)
con u1 (x) e u2 (x) le funzioni de�nite per l�equazione omogenea. Si de�niscano
in�ne le due funzioni �1 (x) e �2 (x):
�1 (x)def= �
Zh2 (x)
g (x)
w (x)dx (4.10)
�2 (x)def= �
Zh1 (x)
g (x)
w (x)dx (4.11)
dove g (x) è il termine di inomogeneità. Allora l�equazione non omogenea (4.2)
ammette come soluzione particolare:
v (x) = �1 (x)h1 (x) + �2 (x)h2 (x) (4.12)
e quindi come soluzione generale:
y = e�a2x [c1u1 (x) + c2u2 (x)] + v (x) (4.13)
4.3 Esempio: Oscillatore armonico smorzato
Consideriamo un oggetto di massam che si muova unidimensionalmente soggetto
ad una forza agente esterna Fa (t) all�interno di un mezzo viscoso, che o¤re una
resistenza: Fv = � v. Supponiamo che il corpo sia altresì soggetto a una forzadi richiamo elastica (di Hooke): Fh = �kx.L�equazione del moto di Newton in questo caso si scrive:
Fa (t)� v � kx = ma (4.14)
Questa può essere pensata come una equazione di¤erenziale lineare del secondo
ordine per la posizione:
�x+
m_x+
k
mx =
Fa (t)
m(4.15)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 19
che, ricordando che l�oscillatore armonico ammette una pulsazione naturale1:
!o =
rk
m(4.16)
può essere riscritta:
�x+
m_x+ !2ox =
Fa (t)
m(4.17)
Tale equazione può essere a¤rontata con la tecnica sopra esposta per ottenere la
soluzione generale dell�omogenea.
4.3.1 Soluzione omogenea
Consideriamo per cominciare il caso in cui non sia presente una forza agente
esterna e applichiamo lo schema precedentemente descritto:
� = 2
m2� 4!2o (4.18)
A¤rontiamo per primo il caso in cui � < 0 cioè
2
m2< 4!2o (4.19)
de�niamo:
! =1
2
p�� = 1
2
r4!2o �
2
m2(4.20)
! =
r!2o �
�
2m
�2(4.21)
e troviamo come soluzione:
x (t) = e� 2mt [a sen!t+ b cos !t] = ce�
2mt sen (!t+ �) (4.22)
secondo la tecnica dell�angolo aggiunto.
Si può notare la presenza anche in questo caso di un decadimento esponen-
ziale, che de�nisce un tempo proprio del sistema:
�def=2m
(4.23)
1Tale risultato è usato puramente per comodità di notazione, non è presupposto: saràcomunque ottenibile dalla soluzione generale.
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 20
ma rispetto alla (3.25) di p. 8 in assenza di forza di richiamo, questa è il doppio,
indicando un fenomeno �sicamente distinto (si noti che quel caso non può essere
pensato come caso limite di questo per k ! 0 perché per !2o = k=m = 0 e 6= 0si ha � > 0).
Ride�niamo allora le (4.17) e (4.18):
�x+2
�_x+ !2ox =
Fa (t)
m(4.24)
� = 4
�1
� 2� !2o
�(4.25)
e ricapitoliamo quanto ottenuto:
Oscillazioni smorzate (smorzamento sottocritico): � < 0
Per:
!o >1
�(4.26)
la soluzione è:
x (t) = ce�t� sen (!t+ �) (4.27)
con:
! =
r!2o �
1
� 2(4.28)
Si noti come la frequenza di oscillazione risulti comunque inferiore a quella in
assenza di smorzamento. Il caso limite si ha per = 0 ) � ! 1 caso in cui,
come annunciato nella nota di p. 19, si trova ! = !o =pk=m.
In questo primo caso il tempo caratteristico del decadimento è maggiore del
periodo di oscillazione:
� >1
!o=To2�
(4.29)
qualitativamente ciò signi�ca dire che possono avvenire delle oscillazioni prima
che lo smorzamento prevalga.
La velocità è:
v (t) = c
��1�e�
t� sen (!t+ �) + !e�
t� cos (!t+ �)
�=
= ce�t�
�! cos (!t+ �)� 1
�sen (!t+ �)
�(4.30)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 21
Determiniamo adesso le costanti c e � a partire dalle condizioni iniziali:
x (0) = c sen�def= xo (4.31)
e:
v (0) = c
�! cos�� 1
�sen�
�def= vo (4.32)
da cui:
c ! cos�� 1�xo = vo (4.33)
c cos � =1
!
�xo�+ vo
�=1
!�(xo + vo�) (4.34)
da cui:
c2 = c2 sen2�+ c2 cos2 � = x2o +1
!2� 2(xo + vo�)
2 (4.35)
e d�altro canto:
tan� =c sen�
c cos �=
!�xoxo + vo�
(4.36)
Smorzamento critico: � = 0In questo caso:
!o =1
�(4.37)
e la soluzione si scrive:
x (t) = (a+ bt) e�t� (4.38)
Per a e b discordi vi è un cambiamento di segno per:
tc = �a
b> 0 (4.39)
Il caso dello smorzamento critico con a e b concordi è quello per cui vi è il più
rapido avvicinamento alla posizione di riposo senza oscillazione; per tale motivo
è la condizione utilizzata nella progettazione di vari apparati quali: chiusura
automatica di porte, apparati di misura a lancetta, ecc.
La velocità è in questo caso:
v (t) = (a+ bt)
��1�e�
t�
�+ be�
t� =
1
�(b� � a� bt) e� t
� (4.40)
e le condizioni iniziali si scrivono:
x (0) = adef= xo (4.41)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 22
v (0) =1
�(b� � a) = b� xo
�
def= vo (4.42)
e in�ne:
b = vo +xo�
(4.43)
Smorzamento sovracritico: � > 0
Nel caso restante si ha:
!o <1
�(4.44)
0 < � =1
2
p� =
r1
� 2� !2o <
1
�=
2m(4.45)
e la soluzione si scrive:
x (t) = e�t�
�ae�t + be��t
�= ae�(
1���)t + be�(
1�+�)t (4.46)
Si noti che:1
�� � > 0 (4.47)
ed entrambi gli esponenziali sono decrescenti.
Può aversi al più un cambiamento di segno.
Lasciamo come esercizio al lettore la determinazione dei parametri a e b sulla
base delle condizioni iniziali.
Nel caso limite k ! 0 si ha !o = 0, � = 4=� 2 e:
� =1
2
p� =
1
�> 0 (4.48)
da cui:
x (t) = a+ be�2�t = a+ be�
mt (4.49)
che ricostruisce l�andamento temporale aspettato.
Per veri�carlo direttamente si ponga ad esempio g = 0 nella (3.32) di p. 9 che
così diventa:
s (t) = vom
�1� e�
mt�+ so (4.50)
4.3.2 Oscillazioni con forzante F = Fo cos (!t+ �) - Meto-do degli esponenziali complessi
L�applicazione dello schema all�equazione non omogenea:
�x+2
�_x+ !2ox =
Fa (t)
m(4.51)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 23
con forzante:
Fa (t) = Fo cos (!̂t+ �) (4.52)
risulta di¢ coltoso perché conduce agli integrali:
�1 (t) =Fom!o
Zsen !̂t cos!ot e
t� dt (4.53)
�2 (t) =Fom!o
Zsen !̂t sen!ot e
t� dt (4.54)
la cui soluzione oltre ad essere molto ingombrante, risulta di di¢ cile lettura.
È molto più conveniente fare l�ipotesi �sicamente evidente che la soluzione
oscilli con pulsazione identica alla forzante:
x (t) = xo cos (!̂t+ ) (4.55)
e determinare successivamente se e per quali condizioni questo sia possibile;
d�altro canto, per il teorema di esistenza e unicità, siamo interessati alla ricerca
di una soluzione particolare qualsiasi.
Prima di far ciò, per sempli�care ulteriormente i calcoli, è opportuno in-
trodurre un metodo di importanza cruciale per lo studio di ogni fenomeno
oscillatorio: il metodo degli esponenziali complessi.
Il punto di partenza consiste nell�individuare in ogni fenomeno oscillatorio
reale la parte reale di un esponenziale complesso, utilizzando la formula di Eulero:
cos ' = Re (cos '+ i sen') = Re ei' (4.56)
Adotteremo adesso la notazione per cui una grandezza complessa è indicata in
caratteri calligra�ci.
Nel nostro caso quindi scriveremo:
Fa (t) = Fo cos (!̂t+ �) = Re�Foe
i(!̂t+�)�= (4.57)
= Re�Foe
i�ei!̂t�= Re
�Foei!̂t
�= Re [F (t)] (4.58)
dove si è de�nito:
Fodef= Foe
i� (4.59)
F (t) def= Foei!̂t (4.60)
e analogamente per x.
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 24
Già a questo stadio si può osservare come la grande comodità di questo
metodo consiste nel potere scrivere complicate regola di somma come:
cos (!t+ �) = cos!t cos�� sen!t sen� (4.61)
nella semplice forma:
ei(!̂t+�) = ei!̂tei� (4.62)
infatti:
cos (!t+ �) = Re ei(!̂t+�) = Re�ei!̂tei�
�= Re [(cos!t+ i sen!t) (cos�+ i sen�)] (4.63)
= cos!t cos �� sen!t sen�
Ciò permette di svolgere i calcoli molto più agevolmente, posto che alla �ne si
prenda la parte reale del risultato.
Esprimiamo allora la soluzione cercata in forma complessa:
X (t) = Xoei!̂t (4.64)
e derivando:_X (t) = i!̂Xoei!̂t (4.65)
�X (t) _X (t) = �!̂2Xoei!̂t (4.66)
L�equazione non omogenea (4.51) espressa in forma complessa allora diventa:
�X + 2�_X + !2oX =
F (t)m
(4.67)
�!̂2Xoei!̂t +2
�i!̂Xoei!̂t + !2oXoei!̂t =
Fomei!̂t (4.68)
da cui: �!2o � !̂2 + 2i
!̂
�
�Xo =
Fom
(4.69)
Xo =Fo=m
!2o � !̂2 + 2i !̂�(4.70)
Il denominatore è nella forma cartesiana a+ ib, è può essere riscritto nella forma
polare ei� con:
=
s�!2o � !̂2
�2+ 4
!̂2
� 2(4.71)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 25
tan� =2!̂=�
!2o � !̂2(4.72)
da cui:
X (t) = Foei�=m
ei�ei!̂t =
Fom
ei(!̂t+���) (4.73)
e in conclusione, passando alla parte reale:
x (t) =Fom
1q�!2o � !̂2
�2+ 4 !̂
2
�2
cos [!̂t+ (�� �)] (4.74)
Si osservi che l�ampiezza dell�oscillazione:
xo =Fom
1q�!2o � !̂2
�2+ 4 !̂
2
�2
(4.75)
presenta un picco in corrispondenza di:
!̂ = !o (4.76)
ossia quando la forzante eccita il modo fondamentale di vibrazione del sistema.
Si noti che per ! 0 (� ! 1) ciò comporta la divergenza dell�ampiezza perforzanti arbitrariamente piccole. Senza arrivare a questi estremi, coe¢ cienti
di smorzamento bassi comportano fenomeni di risonanza che possono risultare
distruttivi. Ciò ha comportato in passato casi in cui una semplice brezza o il
marciare ritmico di truppe ha causato la distruzione di ponti non adeguatamente
progettati.
Tralasciamo in questa sede di studiare il comportamento dello sfasamento.
Esempio 4 Circuito RLC serie con V = Vo cos (!̂t+ ')
Un circuito con generatore di tensione V = V (t), resistenza R, capacità C e
induttanza L, posti in serie è retto dall�equazione alla maglia:
V (t)�Ri� q
C� Ldi
dt= 0 (4.77)
Derivando rispetto al tempo tale equazione e ricordando che i = dq=dt si ha:
_V (t)�Rdidt� 1
Ci� Ld
2i
dt2= 0 (4.78)
ossia:d2i
dt2+R
L
di
dt+
1
LCi =
_V (t)
L(4.79)
4. Equazioni di¤erenziali del secondo ordine a coe¢ cienti costanti 26
Questa equazione è formalmente identica alla (4.17) di p. 19 �n qui considerata,
con equivalenze:x ! i F ! _V
m ! L k ! 1C
! R(4.80)
Poniamo quindi analogamente:
(4.16) p. 19: !o =q
km ! !o =
1pLC
(4.23) p. 19: � = 2m ! � = 2L
R
(4.72) p. 25: tan� = 2!̂=�
!2o�!̂2 ! tan� = 2!̂=�
!2o�!̂2
(4.81)
se inoltre la forzante si scrive:
V (t) = Vo cos (!̂t+ ') (4.82)
si ha:_V (t) = �!̂Vo sen (!̂t+ ') = !̂Vo cos
�!̂t+ '+
�
2
�(4.83)
con equivalenze:
Fo ! !̂Vo (4.84)
� ! '+�
2(4.85)
con cui la soluzione (4.74) di p. 25 in�ne diventa:
i (t) =!̂VoL
1q�!2o � !̂2
�2+ 4 !̂
2
�2
cosh!̂t+
�'� �+ �
2
�i(4.86)
Soluzione sulla quale è possibile sviluppare considerazioni �siche dello stesso
tenore di quelle svolte precedentemente.
Capitolo 5
Caduta di un corpo in un mezzoviscoso - Regime idraulico
Il presente paragrafo consiste nella parziale risoluzione dell�Esercizio 8, p. 106 del
libro di testo [1], è però necessario leggere anche l�esercizio 7 precedente.
Per uniformità di notazione non indicheremo qui col simbolo k la costante di
viscosità in regime idraulico, bensì con �:
Fidr = ��vv (5.1)
Abbiamo inoltre indicato in grassetto le variabili vettoriali.
Si ha:
v =p_x2 + _y2 + _z2 (5.2)
Se le dimensioni �siche di sono:
[ ] =
�F
v
�=ml
t2t
l=m
t(5.3)
le dimensioni di � invece sono:
[�] =
�F
v2
�=ml
t2t2
l2=m
l(5.4)
indicandoci chiaramente il signi�cato �sico di¤erente delle due costanti.
La forza agente ha la forma:
Fa = �mgbz (5.5)
27
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 28
e le equazioni del moto di Newton diventano:8><>:��v _x = m�x
��v _y = m�y
��v _z �mg = m�z
(5.6)
Tali equazioni si presentano nella forma di un sistema di equazioni di¤eren-
ziali accoppiate, del secondo ordine e non lineari ; la risoluzione del sistema ove
possibile presenta quindi in generale una grande di¢ coltà.
Nel testo citato è dimostrato che con le semplici condizioni iniziali:�_x2 + _y2
�(0) = 0 (5.7)
si ha: �_x2 + _y2
�(t) = 0 (5.8)
In questo caso:
v =p0 + _z2 = j _zj (5.9)
Possiamo quindi disinteressarci alle prime due equazioni e scrivere la terza:
m�z + � j _zj _z = �mg (5.10)
ossia:
�z +�
mj _zj _z = �g (5.11)
Tale equazione (come le due precedenti) è mancante del termine di ordine
zero (cioè in z) e quindi secondo la ricetta generale è convenientemente espressa
come equazione del primo ordine in _z. Esplicitiamo questo con la posizione:
_z = vz (5.12)
con l�avvertenza che vz è considerato con il suo segno, mentre v è sempre non-
negativo. L�equazione del moto allora diventa:
_vz +�
mjvzj vz = �g (5.13)
La risoluzione di questa equazione richiede la suddivisione del problema in due
parti: vz � 0 e vz � 0. Il secondo caso diventa rilevante solo per vz (0) � 0mentrecomunque, prima o poi la velocità diventa negativa; si tenga inoltre presente che
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 29
una discussione �sicamente più adeguata richiederebbe di considerare nel caso
che �v� < vz < v� (cfr.[1], p. 105) la forza di regime viscoso Fvis = � v invecedi quella relativa al regime idraulico.
Ci interessiamo qui solo al primo caso:
vz � 0 (5.14)
e inoltre supporremo vz < �v�. Avremo quindi jvzj = �vz e l�equazione delmoto diventa:
dvzdt� �
mv2z = �g (5.15)
Tale equazione appartiene alla famiglia delle equazioni del primo ordine a varia-
bili separabili, per le quali cioè, è possibile isolare nei due membri la variabile
dipendente e quella indipendente:
dvzdt=�
mv2z � g (5.16)
dvz�mv2z � g
= dt (5.17)
purché il denominatore non si annulli.
Essa si può quindi integrare direttamente:Z vz(t)
vz(0)
dv0z�m(v0z)
2 � g=
Z t
0
dt0 (5.18)
m
�
Z vz(t)
vz(0)
dv0z(v0z)
2 � mg�
= t (5.19)
dove correttamente le dimensioni di mg=� sono:�mg
�
�=
�Fv2
F
�=�v2�
(5.20)
È interessante allora introdurre una velocità caratteristica ~v:
~vdef=
rmg
�(5.21)
tramite la quale la (5.19) diventa:
mg
�
1
g
Z vz(t)
vz(0)
dv0z(v0z)
2 � ~v2=~v2
g
Z vz(t)
vz(0)
dv0z(v0z)
2 � ~v2= t (5.22)
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 30
La condizione sul denominatore si può scrivere jv0zj 6= ~v ) v0z 6= �~v.
Siamo quindi condotti a calcolare l�integrale:
I =
Zdx
x2 � a2 (5.23)
questo è fatto canonicamente con la scomposizione:
1
x2 � a2 =1
x� a1
x+ a=1
2a
�1
x� a �1
x+ a
�(5.24)
da cui:
I =1
2a
�Zdx
x� a �Z
dx
x+ a
�=
=1
2a(ln jx� aj � ln jx+ aj) + c = (5.25)
=1
2alnjx� ajjx+ aj + c
Così la (5.22) diventa:
t =~v2
g
�1
2~vlnjv0z � ~vjjv0z + ~vj
�vz(t)vz(0)
= (5.26)
=~v
2g
�lnjvz (t)� ~vjjvz (t) + ~vj
� ln jvz (0)� ~vjjvz (0) + ~vj
�(5.27)
Ponendo ora per semplicità di scrittura:
�def=jvz (0)� ~vjjvz (0) + ~vj
(5.28)
abbiamo:
t =~v
2gln1
�
jvz (t)� ~vjjvz (t) + ~vj
(5.29)
da cui:jvz (t)� ~vjjvz (t) + ~vj
= �e2g~vt (5.30)
Dato che vz � 0 (e ~v > 0) si ha jvz (t)� ~vj = � (vz (t)� ~v) = ~v � vz (t).Per quanto concerne il denominatore dobbiamo distinguere i casi:
I) �~v < vz � 0II) vz < �~vIII) vz = �~v
(5.31)
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 31
Per il primo caso si ha jvz (t) + ~vj = vz (t) + ~v e la soluzione si scrive:
~v � vz (t)vz (t) + ~v
= �e2g~vt (5.32)
~v � vz (t) = vz (t) �e2g~vt + ~v�e
2g~vt (5.33)
vz (t)��e
2g~vt + 1
�= ~v
�1� �e
2g~vt�= �~v
��e
2g~vt � 1
�(5.34)
dove quest�ultimo passaggio è orientato a fare risaltare l�atteso segno negativo
della velocità.
vz (t) = �~v�e
2g~vt � 1
�e2g~vt + 1
(5.35)
L�espressione si presta male ad essere interpretata per t ! 1, quindi moltipli-chiamo numeratore e denominatore per e�
2g~vt:
vz (t) = �~v� � e� 2g
~vt
� + e�2g~vt
(5.36)
Anche in questo caso è possibile individuare un tempo proprio del sistema:
�def=
~v
2g(5.37)
vz (t) = �~v� � e� t
�
� + e�t�
(5.38)
Il valore limite della velocità è:
vidrz (1) = �~v (5.39)
indipendentemente dalle condizioni iniziali. Ciò conferisce signi�cato �sico alla
de�nizione (5.21) di ~v.
Nel semplice caso che vz (0) = 0 (si supponga in questa analisi che v� ' 0) siha dalla (5.28):
vz (t) = �~v1� e� t
�
1 + e�t�
(5.40)
e la velocità in valore assoluto dell�oggetto va crescendo asintoticamente da zero
al valore limite ~v. Si noti quindi che questa soluzione rispetta ad ogni istante
la condizione I) della (5.31). Si dimostra analogamente che per ogni vz (0) tale
che �~v < vz (0) � 0 la soluzione indica una velocità che va crescendo in valoreassoluto da jvz (0)j a ~v, rispettando ad ogni istante la condizione I).
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 32
Ritornando adesso a considerare il caso vz (0) = 0, si ha che per t = � il
rapporto (1� e�1) = (1 + e�1) vale circa 46% e che per t = 3� esso diventa il
91% circa, indicando, a parità di tempo proprio, un tipo di avvicinamento più
lento al valore limite rispetto al caso di attrito viscoso ordinario di p. 8.
Ricaviamo adesso sotto questa condizione la posizione:
�z (t) = �~vZ t
0
1� e� t0�
1 + e�t0�
dt0 (5.41)
Calcoliamo il corrispondente integrale inde�nito per sostituzione:
s = e�t�
ds = �1�e�
t� dt =) (5.42)
dt = ��sds
da cui:
Idef=
Z1� e� t
�
1 + e�t�
dt0 =
Z1� s1 + s
���s
�ds (5.43)
e scomponendo l�integrando:
1� ss (1 + s)
=1
s� 2
1 + s(5.44)
I = ���Z
ds
s� 2
Zds
1 + s
�= �� (ln jsj � 2 ln j1 + sj) + c =
= ����� t�
�� 2 ln
�1 + e�
t�
��+ c = (5.45)
= t+ 2� ln�1 + e�
t�
�+ c
così:
�z (t) = �~v [I (t)� I (0)] = �~vht+ 2� ln
�1 + e�
t�
�� 2� ln 2
i(5.46)
e in�ne:
z (t) = zo � ~vt� 2~v� ln1
2
�1 + e�
t�
�(5.47)
Nel caso II) vz � �~v invece si ha: jvz (t) + ~vj = �vz (t)�~v e la (5.30) diventa:
~v � vz (t)�vz (t)� ~v
= �et� (5.48)
5. Caduta di un corpo in un mezzo viscoso - Regime idraulico 33
~v � vz (t) = �vz (t) �et� � ~v�e t� (5.49)
vz (t)��e
t� � 1
�= �~v
��e
t� + 1
�(5.50)
vz (t) = �~v�e
t� + 1
�et� � 1
= �~v � + e�t�
� � e�t�
(5.51)
Anche in questo caso:
vz (1) = �~v (5.52)
ed essendo la frazione maggiore di 1, la condizione II) è rispettata per ogni t � 0.In questo caso la velocità decresce in valore assoluto dal suo valore iniziale
che è maggiore del valore limite, avvicinandosi asintoticamente a questo.
Nel terzo e ultimo caso vz = �~v e la (5.16) si può scrivere:
dvzdt= g
�v2z~v2� 1�
(5.53)
cosicché se a un certo istante to si ha vz (to) = �~v, allora _vz = 0 e vz (t) = �~vcostante è una soluzione ad ogni istante.
Bibliogra�a
[1] F. Bagarello (2003), Note di Meccanica Razionale, Dario Flaccovio Editore
[2] F. Bagarello (2007), Fisica matematica, Zanichelli
[3] T. M. Apostol (1977), Calcolo, Vol. I - Analisi 1, Boringhieri
[4] T. M. Apostol (1978), Calcolo, Vol. III - Analisi 2, Boringhieri
[5] K. R. Symon (1960), Mechanics, Second edition, Addison-Wesley
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