equipèco 10

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RIVISTA di Anno III n.10 Inverno 2006 - .10,00 EQUIPèCO trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_www.rivistadiequipeco.it LABORATORIO DI MESSAGGI_ARTI VISIVE_IDEE L’ARTE DENTRO-DENTRO L’ARTE CARTE P oste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P . - 70% - DCB - R oma ARTE ARCHITETTURA IL SEME MUSICA POESIA ESOTERISMO TEATRO FOTOGRAFIA LETTERATURA & PROGETTI CINEMA

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Carmine Mario Muliere Editore

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Page 1: EQUIPèCO 10

MauroMusica

de Vico Fallani

Pirofilo

Racconto

AltroEquipe

Masi

Mazzeng

a

Artee Sci

enza

Letteratura

Creti

Masi

Platone

Jekill, Hyde e

Bria

Betti

Kubrick

Courbet

Le Porte

La Nuova Sede

A. SalomonePalazzo

Kipling

Quarticelli

Alla ricerca

I ragazzi di

Tessarollo

Briccarell

o

Arnaboldi

Ferrari

Incomprensioni

Faella

De Luca

PullaraIntorno al

Libri

Etnologia

Barberini

Seme

T.Salomone

Cartagena

Cambellotti

Teatro

EQUIPè

CO

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Jazz

Quelloche è in

AltoArtisticaMente

Kilimanjaro

MilioniFlamel

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SabinaRellini

BassanoFratelli Marx

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Pistoletto

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Furlong

Società

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Belle ArtiBenatti

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Cinema

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TEATROFOTOGRAFIA

LETTERATURA

&

PROGETTI CINEMA

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RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

EDITORIALE

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RUDYARD KIPLINGSe

puoi non perdere la testa quando tutti vicino a te l’hanno perduta e dicono «Ne hai colpa tu!».

Se puoi ancora credere in te stesso,quando piú nessuno crede in te, e tuttavia ti chiedi

se non abbiano ragione gli altri e torto tu.Se puoi attendere con calma ciò che ti aspetta

o se, perseguitato, non pagare odio con odio, offesa con vendetta,

senza per questo abbandonarti al gustodi stimarti santo tra i santi, e tra i giusti giusto.

Se puoi sognare, e tuttavia non perdertinelle reti del sogno, e puoi pensaresenza tutto concedere al pensiero.

Se puoi fissare in volto trionfo e disonore,senza per questo spalancare il cuore a nessuno dei due.

Se, senza battere ciglio, puoi il tuo vero veder fatto menzogna sulle labbra dell’insincero,

e di colpo crollare quanto hai caroe per tosto ricomporlo con amaro coraggio.

Se in un sol colpo puoi rischiaretutto quanto hai avuto dalla vita,

e perderlo, e poi ricominciaresenza pentirti della tua partita.

Se potrai richiamare il tuo coraggioquando da un pezzo l’avrai dilapidato

e stare saldo quando sai che tualtro non puoi piú fare, se non dirti «sú!».Se puoi toccare il fango senza insozzarti

e dar la mano ai Re senza esaltarti.Se amico e nemico male potrà mai farti.Se tutti gli uomini avrai cari egualmente,

ma piú degli altri nessuno.Se nel balzo saprai d’un solo istantesuperare l’istante che non perdona,

tua allora è la Terra, e tutto ciò che dona!

RUDYARD KIPLING,

è il primo scrittore che ho letto: in casa mia non c’erano libri!

Ho ricevuto «Mougli, il figlio della jungla»dalla Direzione Didattica Statale del 1° Circolo di Campobasso

il 16 febbraio 1960 con questa lettera intestata al Sig. Ins. Fiduciario di Sant’Elena Sannita.

OGGETTO: Premio all’alunno Muliere Carmine.

Vi preghiamo di consegnare l’unito volume all’alunno Muliere Carmine della V classe

di codesto comune, in premio per la collaborazione al Piccolo Molisano. (Illustrazione su Pinocchio).

Grazie e distinti saluti.Il Direttore Didattico

Direttore del Piccolo Molisano(Michele Petti)

Muliere, La Via, opera digitale, 2001.

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RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006 3

MUSICA

Una rubrica di Jazz oggidi Walter Mauro

C’è ancora una fetta di consumatori di musica e di esper-ti -per fortuna di tutti sempre piú esigua- che considera

il Jazz qualcosa di ibrido e di selvaggio, in questo senso par-tecipi forse inconsci o inconsapevoli di una concezione dellamusica che ritiene tale espressione il frutto di suoni, aloro dire, scomposti se non barbari e selvaggi: e tuttoquesto provoca disappunto, se non dolore, anche se sipensa che uno dei piú lucidi filosofi del 900, Adorno,a sua volta notevole esperto di musica, suquesta espressione della creatività, ne hadette e scritte delle belle,voglio sperare preso dauna furia critica distrut-tiva e sicuramente nondocumentata. Detto questo, e a guisadi correzione su tantiverdetti avventati, c’èda plaudire all’inizia-tiva di questa rivista,nel recuperare, attra-verso la sua cassa dirisonanza, una musicairripetibile, che si pre-senta oggi con il depre-cabile biglietto da visitadella precarietà, scom-parsi ormai i giganti di questa musica: Louis Armstrong,Duke Ellington, Earl Hines, Count Basie, Stan Getz, e chi piúne ha, non si tiri indietro.Se veniamo al perché, domina l’intenzione di fondo di resti-tuire all’immaginario, al creativo, insomma all’invenzione,tutto quanto la realtà quotidiana che ci opprime le ha tolto,progressivamente, come un idra che fagocita tutto quanto dibello e di alto appartiene all’universo dell’inventiva.Di volta in volta, dunque, ci occuperemo di quanto accadenel mondo del Jazz, che non è affatto morto, si dica ad altavoce, e non si è neanche trasformato in quell’indecenteaccozzaglia di rumori che troppo di frequente siamo condan-nati a udire. Certamente, non c’è stato ricambio, oppure siè sviluppato in minima parte e alla periferia di quell’improv-visazione che da sempre è stato uno dei punti di forza di que-sta musica, e non potrà mai tradire questa sua precisa iden-tità. E allora, continuiamo ad ascoltare i grandi dell’improv-visazione jazzistica, come pure le grandi orchestre che hannofornito di un grande supporto strumentistico l’ineguagliabilelinguaggio di questa musica, ma senza chiudersi nel recintolabirintico dell’amarcord, bensí seguendo e osservando le

forze nuove che continuano a dare linfa, ad un universo disuoni ormai nella classicità, senza ombra di dubbio.

Louis Armstrong, (New Orleans, 4 luglio 1900-New York, 1971), sopranno-minato Satchmo, è stato uno dei piú grandi trombettisti. Ragazzo ribel-

le, fu rinchiuso in riformatorio dove imparò a suonare la tromba. Nel1922 (Chicago) suonava la cornetta nella King Oliver’s CreoleJazz Band. Tre anni dopo fondò il suo complesso che ottennesubito successo. È stato un innovatore e raggiunse un virtuosismostraordinario: riuscí ad eseguire con la tromba il do acuto ribat-tendolo per 280 volte. È stato definito l’Einstein del jazz.

WALTER MAURO. Nato a Roma, è tra i piú noti esponenti della critica mili-tante ed è soprintendente della società Dante Alighieri. Ha pubblicato nume-rosi saggi sia di carattere monografico (ricordiamo gli Inviti alla lettura diAlvaro, di Fenoglio, di Soldati, di Gramsci, di Sartre e di Dante Alighieri, pub-blicati da Mursia) che di sintesi storiografica (Cultura e società nella narrati-va meridionale, Realtà mito e favola nella narrativa italiana del ‘900, La pro-gettazione letteraria tra formalismo e realismo). È inoltre critico musicale.Collabora ai programmi di musica jazz della Rai. Ha pubblicato numerositesti saggistici sul jazz fra i quali Jazz e universo negro, Il blues e l’Americanera, una biografia, Louis Armstrong il re del jazz, e per la Newton Compton,Gershwin, la vita e l’opera, e due antologie, Il Blues e Gli Spirituals, in col-laborazione con Elena Clementelli. È fresco di stampa il volume Il doppiosegno - Saggi sulle visioni di artisti che hanno interpretato la DivinaCommedia, (RIVISTA di EQUIPèCO - Carmine Mario Muliere Editore, 2006).È inoltre autore della voce Jazz dell’Enciclopedia Treccani e ospite fisso delprogramma RAI L’Appuntamento di Gigi Marzullo.

La Cornetta deriva dal corno di posta, fu introdotta nella banda militare nel1820. Nella metà del XIX secolo fu usata in orchestra da Rossini e Berlioz. Èsimile alla tromba ed è stata costruita in forme diverse.

La King Oliver’s Creole Jazz Band (1923).

La Tromba in si bemolle usata in orchestra, nelle bande jazz e militari. È unostrumento eccezionale per l’esecuzione di passi solistici, altresì è un efficacesostegno della tessitura orchestrale.

Louis Armstrong.

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Interno SensibileGianfranco Baruchello @ Fondazione SoutHeritage / Matera

nostro serviziotesto critico di Carla Subrizi

L’appuntamento che la Fondazione SoutHeritage dedica aimaestri del contemporaneo, presenta il progetto sull’operadi Gianfranco Baruchello ideato in partnership conFondazione Baruchello. Sperimentatore di linguaggi e mediadiversi l’artista, dalla fine degli anni Sessanta fonda provoca-toriamente società fittizie che lo porteranno, nel 1973all’operazione Agricola Cornelia S.p.A., vera e propria acti-vity durata otto anni. In questo periodo è il rapporto tra artee natura, tra cultura e agricoltura, tra arte e territorio, traspazio interno (mentale) e spazio fisico della terra cheBaruchello indaga, mettendo a punto una pratica linguisticadi confine, all’interno della quale la pittura, il disegno, ilvideo, la scrittura, l’azione, hanno tutti avuto una funzioneimportante. Soprattutto per questi aspetti presenti dunque daanni nel suo lavoro, con Interno sensibile, su particolare invi-to della Fondazione SoutHeritage, Baruchello torna dunquesu questi temi in due fasi distinte. Nella prima, il 25 novem-bre 2006, Gianfranco Baruchello presenta al pubblico unaserie di opere (dipinti, video, oggetti, libri) a documentazio-ne del lavoro storico. Nella seconda fase, prevista invece peril 2007, un’installazione appositamente studiata per Matera,metterà il pubblico in una condizione percettiva complessa,tra natura e specificità territoriali, (storiche, simboliche esociali), all’interno della quale saranno impiegati immagine,audio e oggetti. Il sogno e il racconto, la memoria persona-le e collettiva, la dimensione interna, psichica o immagina-ria, sempre in stretta relazione con lo spazio esterno, fisicodella terra, il recupero di antichi saperi agresti, la storia el’archeologia di un luogo (l’Etruria, le antiche strade che per-correvano il Lazio piú antico), tornano in questo progetto chesi colloca, dunque, su una lunga linea di ricerca, avviata neiprimi anni Sessanta.Le opere su tela nascono da un’indagine dello spazio para-

dossale interno al sogno e al paesaggio di questo con imma-gini di cavità, grotte, sottosuoli mentali ai confini tra realtà epercezione. In questi quadri, caratterizzati da vaste superficibianche in cui piccole immagini o linee sottili di confine dise-gnano e collegano spazi mentali, emerge il linguaggio piúcaratteristico di Baruchello che dal 1963 riduce gli elementidella pittura nell’essenzialità di uno spazio quasi monocromoindividuato come “incerto”. Nei video sono presenti invecetemi cari a Baruchello come lo spazio impercettibile delmutamento delle cose (il video Retard), l’attenzione per ilbanale, la vita di ogni giorno osservata dall’interno di un’au-tomobile (Cento donne viste dall’interno di un’automobile), laripetitività del gesto per attraversare spazi ordinari (Non c’è),l’accostamento paradossale tra natura e storia, tra giardino,terra e perdita di sé (Ballade).Protagonista della ricerca artistica della seconda metà del XXsecolo, dal 1959, Baruchello ha considerato l’arte comesperimentazione radicale. Attraverso l’uso di media e tecni-che diverse, ha praticato la pittura, l’oggetto/assemblage, lascrittura, la poesia, l’azione. Ha anche fondato società fitti-zie, praticato l’agricoltura e la zootecnia nei modi della acti-vity artistica; ha realizzato film sperimentali primi tra i quali Ilgrado zero del paesaggio del 1963 e Verifica incerta del1964, ha fatto uso dell’immagine in movimento già dall’ini-zio degli anni Settanta. Dal 1973, partendo dall’indagine sulrapporto valore d’uso-valore di scambio nell’arte avvial’operazione Agricola Cornelia S.p.A., che si proponeva loscopo di “coltivare la terra”, conclusa nel 1981. Altri proget-ti si sono incentrati sulla ricerca di significato dello spaziointerno degli edifici (L’altra casa, 1978-79), sulla realizzazio-ne di interventi in esterni (il “giardino” e il “bosco”, dallametà degli anni ‘80) pensati come spazi mentali e dell’imma-ginario. Il rapporto con la natura è stato per Baruchello il

ARTE

Baruchello, Agricola Cornelia, coltivazione del grano.

RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

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22 RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

Questo semplice assunto, ci porta a dire che, se ripensia-mo l’architettura come “sistema vivente” inscritto in

sistemi interattivi, ogni volta che comporremo, penseremo aduno spazio che abbia almeno due caratteristiche:sia, cioè, relazionale e co-evolutivo… qualcosa che si gene-ra, si trasforma e si dissolve.Lo spazio che ci porta a misurare altri impulsi vitali dobbia-mo scoprirlo incessantemente. Se esiste ciò che si muove e non il movimento in sé, alloratutto ciò che è occupa spazio cambiando continuamente isuoi rapporti di posizione e “impressionando” con sempre“altre combinazioni” i nostri sensi, gli stati diversi e successi-vi della nostra coscienza.Implicare i sensi nell’esperienza dello spazio contemporaneovuol dire contattare con gli organi della percezione le inter-relazioni tra le arti, le quali oggi non si dovrebbero struttura-re piú in maniera da corrispondere biunivocamente ai sensiumani e non tendere piú a venire coltivate o esercitate aseconda che la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto e il gusto sianoalternamente sollecitati.Oggi si può indagare uno spazio che si riconosce in uncorpo vivente, dove oltre le forme consuete del movimento,si possono registrare attriti e resistenze che non annullano ilmoto ma lo trasfigurano in forme e configurazioni comples-se non piú percettibili all’occhio soltanto.

Uno spazio che ambisce ad essere “azione configurativadella vita” che sa dislocare ciò che alloca, che sa scrutare ecomunicare i segreti del mondo visibile e materiale e sugge-rire quelli del mondo invisibile e immateriale.Uno spazio che è in grado di vivere, trasformare e cambiareper transizioni sensibili tutti i suoi componenti e che sa muta-re per conseguenza la sua struttura formale.In questa oscillazione vitalistica, dai distretti della geometriasi libera un universo creativo in cui si possono quasi autofor-mare altri organismi tridimensionali. È qui che il processo di formalizzazione rompe continuamen-te gli argini tra gli opposti, tra fiori e cristalli, pietre e anima-li, geometria e biologia. Queste nuove possibilità sfilano iltema del pensiero della forma dalla “guerra” tra animato einanimato, tra l’essere del cristallo e il divenire dell’organico,che oggi si scoprono riversati l’uno nell’altro.Del resto il ruolo delle riflessioni di Merlau-Ponty, circa il rap-porto tra sensorialità e sapere astratto è decisivo in questosenso cosí come la ridefinizione della fenomenologia delvivente inteso come organismo (da parte della biologia con-temporanea) secondo cui i sistemi viventi sono definiti nei ter-mini della loro configurazione di processi. Si tratta poi, a ben vedere, di un orientamento (sostenutoessenzialmente dalle ricerche di Maturana e Varela) che hacondotto ad una descrizione sistematica degli organismi

SISTEMI CREATIVI INTERDISCIPLINARI

PYCTA, il mondo stereoplastico di ALTROEQUIPE

I codici e la rete della vita nell’architettura e nella danza(lettera alle danzatrici di altroteatro)

di Orazio Carpenzano

PYCTAè la piú recente

proposta in forma spetta-colare di ALTROEQUIPE,che è stata presentata

nella sua ultima fase pro-duttiva in settembre al

Teatro Vascello di Roma e in dicembre 2006, al

Monaco Dance Forum diMonaco, Montecarlo.

Foto: ALTROEQUIPE PYCTA TeatroVascello 2006, Riccardo De Antonis.

ALTROEQUIPE è un organismo multimediale formato dagli arti-sti del Gruppo ALTRO, dall’architetto Orazio Carpenzano,docente presso il DAAC - Università degli Studi di Roma LA

SAPIENZA, da Marco Donati e Mounir Zok, ricercatori delDiSMUS/Dipartimento di Scienza del Movimento Umano e

dello Sport/IUSM, da Flaviano Pizzardi, creative directordi POOL FACTORY, da Andrea Carfagna, regia video

di MUSIC HOUSE.

I corpi architettonici possono accumulare energia e liberarla assieme ad altri corpi viventi solo accettan-do la necessità (e qui sottolineo il termine necessità) di una dimensione provvisoria della forma in rap-porto proprio alla relatività delle condizioni di esistenza e dei modi, diversissimi, della sua percezione.

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Nella primavera del 1978 il giovane Jean Michel Basquait,nato da padre haitiano e madre portoricana, inizia a copri-re di graffiti i muri di Manhattan, firmandosi SAMO (SameOld Shit, una frase tipica usata negli ambienti studenteschi),

catturando immediatamente l’attenzione e colpendo l’imma-ginazione della gente. Inizia in questo modo l’esplosioneartistica di un bohémien geniale che è riuscito nel brevissimoarco della sua vita a imporsi sulla scena artistica e proiettar-si dalla strada al mondo dell’arte in pochissimo tempo e conun grande successo.Indiscutibilmente Basquiat era un artista e la mostra TheJean-Michel Basquiat Show in corso fino al 28 gennaio allaTriennale di Milano e che conclude la trilogia newyorkesedegli anni ’80, ne da ampia conferma.«Il colore, il gesto, il segno sono una necessità insopprimibi-le per il giovane Baquiat – commenta Gianni Mercurio, cura-tore della mostra - che si convince che essere un artista èl’unica cosa che sente di voler fare. Jean-Michel non ha unaformazione artistica accademica o comunque tradizionale,

nelle sue interviste ricorda che disegnava fin da bambino,ma che a scuola le sue immagini poco rassicuranti nonerano apprezzate».Guardando superficialmente le sue opere, potrebbe venire il

dubbio di essere di fronte ad un naïf con manie di protago-nismo. In realtà Basquait è molto colto e un gran divoratoredi libri e di tutto quello che può aumentare la sua cultura, elo dimostra il fatto che, alla sua morte, si troveranno miglia-ia di libri stipati in casa: di ogni argomento, dall’archeolo-gia, all’arte, alla scienza. Nelle suoi lavori, attraverso l’uso diinserire parole o elementi simbolici, sono innumerevoli irimandi ai testi studiati. A volte questi riferimenti sono però didifficile decifrazione, oppure a volte alcune parole sono can-cellate per catturare l’attenzione e conferire maggiore enfasial testo. La parola dunque costituisce parte integrante dell’opera diBasquiat, che a volte riporta sui supporti più vari, interi elen-chi – animali, frutta, telefonici… - o numeri – per la maggiorparte numeri di telefono di amici. Ed è proprio a sottolinea-

Il genio di Basquiat

alla Triennale di Milanodi Paola Rampoldi

ARTE

Jean- Michel Basquiat 1984, foto di Bobby Grossman.

RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

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48 RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

Nel 1963, la Marvel Comics (casa editrice americana difumetti) aveva già lanciato sul mercato, e con successo, per-sonaggi diventati rapidamente famosi anche fuori dai confi-ni degli Stati Uniti.Basta ricordare I Fantastici Quattro, L’Incredibile Hulk eL’Uomo Ragno, le cui avventure hanno nel tempo trovatoposto in biblioteche, su schermi televisivi e cinematografici.I supereroi, come ben presto vennero chiamati quei perso-naggi dai poteri strani ed eccezionali, si inserivano in un filo-ne, possiamo dire letterario, che già aveva portato il pubbli-co a contatto con soggetti capaci di compiere, per virtú pro-prie o in conseguenza di particolari eventi, imprese fuoridalla portata, e dalla comprensione, dei comuni mortali(Flash Gordon, Superman, Batman,…).

Nel 1963 appunto, Stan Lee e Jack Kirby, su richiesta dellaMarvel Comics, si impegnarono nella ideazione di unanuova serie di personaggi che si distinguessero però dai pre-cedenti per la natura e l’origine dei loro particolari poteri.Gli appassionati del genere ricordano che, ad esempio, ipoteri dei Fantastici Quattro derivavano dall’esposizione airaggi cosmici, quelli di Hulk dal fatto di essere stato vittimadi una esplosione di raggi gamma, quelli dell’Uomo Ragnodal morso di un ragno radioattivo.Lee e Kirby compresero di non poter piú continuare su quel-la strada e, forse senza rendersi conto almeno all’inizio dellavalenza etica della loro invenzione, scelsero di far discende-re i superpoteri della nuova serie di fantastici eroi da… unamutazione genetica.

SISTEMI CREATIVI INTERDISCIPLINARI

X-MENDAI FUMETTI AL CINEMA, DAL CINEMA ALL’UNIVERSITÀ

di Severino Briccarello

A mio figlio Federico, per la preziosa consulenza storica.

In alto: Arcangelo (Ben Foster) Jean Grey(Famke Janssen) Wolverine (Hugh Jackman);in basso: Tempesta (Halle Berry) Bestia(Kelsey Grammer) Rogue (Anna Paquin).

Un pó di storia

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59RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

L’arco di tempo intercorso tra il1910 e il 1927, anno in cui il sono-

ro fece la sua comparsa, fu caratteriz-zato da una straordinaria fioritura delcinema comico americano.Parallelamente al filone dei drammistorici e di appendice che trovò subitointeressanti sviluppi anche dall’altrolato dell’Atlantico, particolarmente inFrancia e in Italia, il film comico diven-ne uno dei fenomeni piú promettenti einnovativi del panorama cinematogra-fico americano. Il cinema non avevaancora affermato il suo status di indu-stria ma era in un periodo di pienaevoluzione e la crescente richiesta dipellicole da parte del pubblico neaveva consolidato il primato comemezzo di comunicazione piú potente epopolare della storia. In un mercatocome questo, dalle potenzialità di cre-scita illimitate, il film comico diventò inbreve tempo l’articolo piú richiesto. Inquesto panorama in continua evolu-zione i primi che seppero proporre unnuovo modo di concepire la comicitàfurono i Fratelli Marx. Leonard(Chico), Arthur (Harpo), Julius Henry(Groucho), Milton (Gummo) e Herbert(Zeppo) sono nati a New York da SamMarx e Minnie Shoenberg, ebrei tede-schi immigrati in America. I nonnimaterni erano ex artisti (un prestigiato-re ventriloquo e una suonatrice d’ar-pa) che giunti nel nuovo paese dovet-tero adattarsi a riparare ombrelli.Cresciuti nell’Upper East Side, quartie-re di New York popolato in maggio-ranza da immigrati tedeschi e irlande-si, i cinque fratelli della famiglia Marxfecero le prime esperienze di vita in unambiente sottoproletario dove ebberomodo di frequentare e osservareattentamente un campionario di uma-nità tanto tragica quanto comica.Questi furono anni fondamentali perla formazione artistica dei Marx, annidifficili in cui le continue crisi economi-che della famiglia costringevano i fra-telli a cercare continuamente qualche lavoretto per difendersi dallamiseria. Nel 1910 i Fratelli Marx, che potevano contare ancora sul-l’apporto di Milton (Gummo), idearono la loro parodia scolasticaFun in Hi Skule. Questo tipo di spettacolo comico era allora moltoin voga, soprattutto grazie a Gus Edwards, protagonista del vaude-ville di quegli anni e al suo famosissimo School Days. Groucho, cheper la prima volta indossava i suoi abiti caratteristici -i baffi finti (nonancora disegnati) e il sigaro- interpretava la parte dell’insegnante;Harpo, con la parrucca bionda, la parte dell’idiota e Gummo quel-la dello scolaro ebreo. Nonostante una sceneggiatura ancora piut-tosto rozza i Marx, grazie a questo spettacolo, raggiunsero una

discreta notorietà che gli permise dientrare nel giro dei grandi teatri. Ibuoni risultati ottenuti e il passaggio aun circuito teatrale di categoria supe-riore, convinsero lo zio Al Shean a col-laborare con la compagnia dei Marx ecosí nel 1914 scrisse uno sketch (Mr.Green’s Reception) che riprendeva laformula usata per Fun Hi Skule. Conquesto nuovo spettacolo il gruppo siassestò definitivamente; l’ingresso diChico, che si occupava della partemusicale, permise infatti ad Harpo disviluppare il personaggio del clownmuto. La collaborazione con Al Sheanproseguí in un altro sketch chiamatoHome Again con cui i Marx calcaronoil palcoscenico del tempio del vaude-ville: il Palace di New York. A questoperiodo risale la versione definitiva deisoprannomi con cui i fratelli si feceroconoscere e divennero celebri. Glianeddoti e le ipotesi sulla vera originesono molti, ma la piú credibile sembraquella che individua in Art Fisher,monologhista di vaudeville, il veroideatore dei nomi. Sulla scia del suc-cesso di un popolare fumetto dell’epo-ca, Knocko and Monk, Fisher decise dichiamare i Marx con nomignoli chefinissero in “o”.Quindi Julius prese il nome diGroucho storpiatura di grouch (bron-tolone) per via del suo carattere deci-so, Leonard divenne Chico, dalloslang Chick (pollastra, ragazza), per lasua fama di conquistatore, Arthurassunse il soprannome di Harpo dallasua passione per lo strumento musica-le che aveva iniziato a usare anche inscena, Milton si fece chiamareGummo perché calzava sempre scar-pe dalla suola di gomma e infineHerbert trasformò il suo nome inZeppo o in onore di un certo Mr.Zippo, domatore di scimmie, o perricordare l’avventura del dirigibileZeppelin. Fu proprio da queste primeesperienze nel vaudeville che i Marx

cominciarono a sviluppare le peculiarità dei personaggi che poiporteranno sul grande schermo. Nel 1920 il successo ottenuto alPalace venne replicato con un altro show On the Mezzanine Floor.Dal 1915 erano entrati nel circuito teatrale di E. F. Albee, uno deipiú noti magnati del vaudeville, che nonostante avesse un rapportodifficile con i Marx decise di organizzargli una tournée in Inghilterra.Il 1922 vide i fratelli Marx impegnati al Coliseum di Londra con Onthe Balcony, versione corretta di On the Mezzanine Floor. Le cosenon andarono bene, l’accoglienza del pubblico inglese fu piuttostofredda e per evitare di tornare a casa con un fiasco, si decise diripiegare su Home Again. La rottura con Albee divenne ormai ine-

La rivoluzione comica dei Fratelli Marx

di Nicola Bassano

CINEMA

I cinque Fratelli Marx.

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Il teatro de LiNUTILE è un teatro semplice diretto e lineare. Il gruppo nato dall’unione artistica di elementi diversi tra loroper formazione, ha l’obiettivo di creare eventi che guardino con occhio nuovo il pubblico, senza catalogare la propria atti-

vità nel cliché dell’intrattenimento, della ricerca o del classico. Riscoprendo il teatro comeforma diretta di comunicazione, LiNUTILE si propone di interagire e costrui-re insieme al suo pubblico; e se dalla sua si presenta con mezzielementari e di facile fruizione, pretende dall’uditore lapartecipazione al gioco a cui è invitato. Ci trovia-mo all’interno di un teatro di crescita, unmomento assolutamente unico di realescambio, dove il ruolo di chi offre echi riceve muta continuamentecon l’evolversi del raccon-to. Niente di nuovo,ma solo di dimen-ticato.

Un viaggio, un safari all’interno di un territorio sconosciuto.

Un luogo, l’Africa, bellezza e pericolo ovunque.

KILIMANJAROLIBERAMENTE ISPIRATO ALL’AFRICA DI ERNEST HEMINGWAYCON MARTA BETTUOLO E STEFANO EROS MACCHIDRAMMATURGIA E REGIA GIULIO COSTAPRODUZIONE LiNUTILE

TEATRO

Marta Bettuolo, (Padova, 1975), diploma di attrice al Teatro Stabile di Genova. Nel 2003 ha vinto il PremioHystrio alla vocazione.Stefano Eros Macchi, (Roma 1973), ha studiato alla Scuola Actors Studio diretta da Beatrice Bracco. Nel2004 ha frequentato la Scuola di perfezionamento per registi e attori diretta da Luca Ronconi.Giulio Costa, (1974), architetto, specializzato con il Master in Architettura per lo Spettacolo (Univ. di Genova),workshops di teatro (Damiani, Svoboda, Living Theatre, Binasco, Teatro de los Andes, Barba), la Scuola diperfezionamento per registi e attori diretta da Luca Ronconi e con il corso di regia Proyecto BAT, (Bilbao).

servizio di Carmine Mario Muliere

70 RIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006