eugène enriquez - uccidere senza colpa

14
STUDI Animazione Sociale 10 Gennaio 2001 G enocidi armeni, ebrei, zingari, ruan- desi, bosniaci, ecc. La lista sarebbe lunga. E certamente si allungherà an- cora. Il XX secolo, dopo la carneficina del 1914- 1918, è stato scandito dai genocidi. Non che i secoli precedenti non avessero conosciuto i loro massacri. [...] Tuttavia il XX secolo ha con- ferito al dominio dell’omicidio di massa un principio di legittimità. I «diversi» (gli strani, gli stranieri) devono scomparire a motivo della loro impurità e debolezza (o della loro imma- ginaria forza). Questi soggetti diversi possono raggrupparsi o essere raggruppati in comunità (ebrei, zingari), far parte della nazione (co- munisti, non credenti o ritenuti tali, sovversi- vi di ogni genere) o di un insieme identificato come nemico. Nel primo caso si parlerà di ge- nocidio in senso stretto, nel secondo di omi- cidi volti a dare un esempio e a terrorizzare la popolazione (liquidazione degli oppositori in Cile o in Argentina, uccisioni di massa in Algeria), nel terzo di umiliazione e di distru- zione (eliminazione di polacchi e russi da parte dei tedeschi durante la seconda guerra mon- diale). Questi casi non sono riducibili gli uni agli altri. Eppure hanno un tratto comune: la volontà di affermare che la specie umana non è una, che l’umano può, in certe condizioni, essere degradato al rango di animale, sacrifi- cato senza colpa se la «causa» trascendente lo esige, che più gli esseri sono deboli (vecchi, donne, bambini) o immaginati potenti pur nella loro debolezza (ebrei), più li si può utilizzare, martirizzare, eliminare senza rimorso alcuno. È questo tratto comune che sarà esplorato in queste pagine, che rischiano di apparire lapida- rie e scioccanti. Per sviluppare gli argomenti e mettere a confronto le diverse tesi non baste- rebbe un libro. Non mi resta che sperare che i lettori trovino utile questo testo, relativamente breve ma meditato a lungo. La questione alla quale voglio tentare una risposta è: ma perché gli assassinii di massa si sono imposti nel XX se- colo al punto da segnarlo in maniera indelebile e quali sono le conseguenze per la società e la psiche? Si tratta, come si vede, di un tentativo di UCCIDERE SENZA COLPA Alcune riflessioni sugli omicidi di massa* Eugène Enriquez Al progresso scientifico non corrisponde un progresso morale. Su questo piano l’uomo si scopre ogni volta fragile, esposto al rischio di continui arretramenti. Nemmeno la lezione del secolo che si è chiuso, con i suoi olocausti e le sue pulizie etniche, sembra darci maggiori assicurazioni sul futuro. Tuttavia, se è vero che ogni generazione si trova a dover rifare i conti con la possibilità del male, uno sguardo sulla storia consente perlomeno di non essere ingenui. Qualche sonda per cercare di far luce sul mistero del male può essere gettata. * Questo testo è la versione quasi integrale dell’arti- colo Tuer sans culpabilité, tratto dalla rivista «L’inactuel», Ed. Circé, Parigi 1999. Si ringrazia la rivista per aver con- sentito la traduzione e la pubblicazione.

Upload: thales-vilela-lelo

Post on 14-Nov-2015

8 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

Eugène Enriquez - Uccidere Senza Colpa

TRANSCRIPT

  • S T U D I

    Animazione Sociale10 Gennaio 2001

    Genocidi armeni, ebrei, zingari, ruan-desi, bosniaci, ecc. La lista sarebbelunga. E certamente si allungher an-cora. Il XX secolo, dopo la carneficina del 1914-1918, stato scandito dai genocidi. Non che isecoli precedenti non avessero conosciuto iloro massacri. [...] Tuttavia il XX secolo ha con-ferito al dominio dellomicidio di massa unprincipio di legittimit. I diversi (gli strani,gli stranieri) devono scomparire a motivo dellaloro impurit e debolezza (o della loro imma-ginaria forza). Questi soggetti diversi possonoraggrupparsi o essere raggruppati in comunit(ebrei, zingari), far parte della nazione (co-munisti, non credenti o ritenuti tali, sovversi-vi di ogni genere) o di un insieme identificatocome nemico. Nel primo caso si parler di ge-nocidio in senso stretto, nel secondo di omi-cidi volti a dare un esempio e a terrorizzare lapopolazione (liquidazione degli oppositori inCile o in Argentina, uccisioni di massa inAlgeria), nel terzo di umiliazione e di distru-zione (eliminazione di polacchi e russi da partedei tedeschi durante la seconda guerra mon-diale). Questi casi non sono riducibili gli uni

    agli altri. Eppure hanno un tratto comune: lavolont di affermare che la specie umana non una, che lumano pu, in certe condizioni,essere degradato al rango di animale, sacrifi-cato senza colpa se la causa trascendente loesige, che pi gli esseri sono deboli (vecchi,donne, bambini) o immaginati potenti pur nellaloro debolezza (ebrei), pi li si pu utilizzare,martirizzare, eliminare senza rimorso alcuno.

    questo tratto comune che sar esplorato inqueste pagine, che rischiano di apparire lapida-rie e scioccanti. Per sviluppare gli argomenti emettere a confronto le diverse tesi non baste-rebbe un libro. Non mi resta che sperare che ilettori trovino utile questo testo, relativamentebreve ma meditato a lungo. La questione allaquale voglio tentare una risposta : ma perchgli assassinii di massa si sono imposti nel XX se-colo al punto da segnarlo in maniera indelebilee quali sono le conseguenze per la societ e lapsiche? Si tratta, come si vede, di un tentativo di

    UCCIDERE SENZA COLPA

    Alcune riflessioni sugli omicidi di massa*

    Eugne Enriquez

    Al progresso scientifico non corrisponde un progresso morale. Su questo pianoluomo si scopre ogni volta fragile, esposto al rischio di continui arretramenti.

    Nemmeno la lezione del secolo che si chiuso, con i suoi olocausti e le sue pulizie etniche, sembra darci maggiori assicurazioni sul futuro. Tuttavia, se vero che ogni generazione si trova a dover rifare i conti con la possibilit del

    male, uno sguardo sulla storia consente perlomeno di non essere ingenui.Qualche sonda per cercare di far luce sul mistero del male pu essere gettata.

    * Questo testo la versione quasi integrale dellarti-colo Tuer sans culpabilit, tratto dalla rivista Linactuel,Ed. Circ, Parigi 1999. Si ringrazia la rivista per aver con-sentito la traduzione e la pubblicazione.

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 11

    comprensione e interpretazione del male radi-cale. Alcuni autori ritengono che una tale volontdi comprendere sia gi un segno di compromis-sione con il male e possa soltanto rafforzarne ilpotere (Becassis, 1998). Non sono daccordo:qualunque tentativo di far luce su un fenomenosociale gli sottrae una parte di mistero e permette,se non di padroneggiarlo, almeno di sottrarsi allasua influenza. Ragionare sugli omicidi di massanon significa cedere a una fascinazione mortife-ra e trovare giustificazioni a un simile compor-tamento; al contrario, significa manifestare la pro-pria capacit di attaccare frontalmente le illusionidi cui ciascuno, poco o tanto, si nutre. [...] Tenterdi evidenziare quattro tipi di ragioni che per-mettono di chiarire in parte il problema che trat-to: ragioni antropologiche, sociologiche, psico-sociologiche e psicologiche. In conclusione ac-cenner ad alcune conseguenze che la crescitadegli omicidi di massa ha sulla nostra societ esul nostro apparato psichico.

    Ragioni antropologicheDa Hobbes a Freud, a Einstein, la tenden-

    za degli uomini a uccidere il prossimo, a umi-liarlo e a trarne gloria stata pi volte analiz-zata. Una pulsione distruttiva caratterizzereb-be la realt umana (E. Morin). Una tale affer-mazione stata tuttavia contestata: bont del-luomo allo stato di natura (Rousseau), pulsio-ne di morte suscitata unicamente dallo svilup-po del capitalismo (Marcuse), dubbi sullef-fettiva esistenza di una pulsione di morte (nonpochi analisti rifiutano lipotesi freudiana). Nonli discuter. Parto dallidea che Hobbes e Freud,per nominare due autori soltanto, avessero ra-gione (Enriquez, 1983, 1991). Allo stesso modoaccolgo la tesi freudiana delluccisione del padreprimitivo, paradigma di tutti i crimini commessiin comune. Uccisione necessaria per far nascereil senso di colpa, le restrizioni morali e per in-staurare il diritto. Ma uccisione che ha lascia-to in eredit al genere umano parecchie que-stioni, a cui questo si sforza invano di trovaresoluzione: che fare del capo morto?

    La sua messa sul trono o la sua metamorfo-

    si in padre simbolico, che detta la legge e racco-manda la pacificazione, non ne ha impedito latrasformazione in padre idealizzato, totem, idoloche esige dai suoi figli sacrifici di sangue (le uc-cisioni di Isacco e di Cristo i casi pi celebri).Simbolizzazione, idealizzazione, sacrificio sonoandati di pari passo (diverso il caso della subli-mazione) e non abbiamo ancora finito di pagar-ne il prezzo. Che cosa sono diventate le istitu-zioni create con lo scopo di ottenere la pacifica-zione? Esse hanno consentito il sorgere di Statidi diritto. Ma dire Stato di diritto non ha mai si-gnificato che tutti gli esseri umani avessero ugua-li diritti, uguale dignit e dovessero suscitare ilrispetto e la considerazione. Lo Stato nazista equello sovietico erano Stati di diritto, vale a direStati in cui le differenze potevano essere istitu-zionalizzate e sanzionate dalla legge. Ci che ap-pare, quindi, nella nozione di Stato di diritto anzitutto la forza della sanzione (Durkheim nonsi era sbagliato), cio la violenza istituzionalizza-ta e codificata. Le istituzioni non possono esor-cizzare del tutto ci che ha presieduto alla lorogenesi: la violenza originaria. Anche quando simettono a consentire ci che avevano proibito(esse hanno sempre assegnato un posto allomi-cidio psichico e allomicidio travestito da sfrut-tamento e alienazione) le istituzioni danno libe-ro corso alla violenza che avevano contenuto eche pu, a quel punto, sfogarsi su tutti quelli chesono consegnati alla vendetta pubblica.

    Perch trasgredire? Su questo problema deldivieto, nota lopposizione tra Freud e Bataille.Freud (1913), seguendo Frazer, sostiene che ildivieto dettato dalla necessit di opporsi aldesiderio di uccidere (del resto, che senso avreb-be vietare ci che le persone non aspirano inprofondit a realizzare?). Quanto a Bataille(1951), come Caillois (1938), pensa invece chela trasgressione sia legata alla formulazione deldivieto (1). Nei suoi corsi Mauss, che di Cailloise di Bataille fu lispiratore, diceva: I tab sono

    (1) Pi di recente, alcuni sociologi della nuova Scuoladi Chicago e un certo numero di psicosociologi socialisperimentali non hanno sostenuto che le condotte deigruppi derivano dal modo stesso in cui questi sono statidefiniti, stigmatizzati o qualificati?

  • S T U D I

    Animazione Sociale12 Gennaio 2001

    fatti per essere violati, e Bataille scriveva: Latrasgressione non la negazione del divieto,bens il suo superamento e il suo completa-mento. Cos se il sacro (il divieto) deve pro-vocare il rispetto, per forza di cose esso generala sua trasgressione. Quanto a me, la mia posi-zione semplice: non bisogna opporre Freude Bataille, ma metterli in relazione. Il desideriofa sorgere il divieto e questo, a sua volta, indu-ce la trasgressione.

    In relazione al nostro tema, il desiderio diuccidere (che stato, non dimentichiamolo, al-lorigine dellumanit e che affiora ogni voltanel sacrificio) genera il divieto (divieto semprecircoscritto ai membri della trib o della na-zione, le quali non devono autodistruggersi, poi-ch ogni costruzione umana risponde al prin-cipio di autoconservazione). Ma questo divie-to, che mira a impedire il realizzarsi di certe ten-denze o pulsioni, induce la trasgressione, poi-ch il supremo godimento da una parte, lin-novazione e linvenzione sociale dallaltra, sonopossibili solo grazie a un atto di trasgressione.Senza trasgressione, senza attacco al divieto, ipiaceri devono accordarsi a una codificazionee a un rituale, e le societ devono lasciarsi an-dare alla ripetizione, come le trib indiane stu-diate da Clastres (1974). La societ diviene pie-namente umana, cio inventiva, capace di pro-gresso nella civilt, grazie alla trasgressione. in questo senso che la trasgressione non nega ildivieto (lo conserva perch esso impedisce lau-todistruzione), ma lo oltrepassa e lo completaperch permette alla societ di porsi semprenuove domande e di cercarvi delle risposte.

    Ci significa (e si deve prestare bene at-tenzione al carattere scandaloso di questa af-fermazione) che la trasgressione del divieto diuccidere e dunque lomicidio fanno parteintegrante del processo di civilizzazione. Se am-mettiamo, con Freud, che a fianco delle pul-sioni di vita esistono le pulsioni di morte, sideve accettare che il processo di civilizzazionenon soltanto, come mostra magistralmenteNathalie Zaltzman (1998), lassunzione di re-sponsabilit verso laltro, ma anche il non ri-conoscimento dellinsieme umano, la violazio-ne dellidentit altrui, la creazione di strutture

    di rifiuto, di repulsione, che favoriscono in ognigruppo la costruzione di unidentit propria.

    La civilt, regno della pace e della guerra. Erose Thanatos si contendono il processo di civi-lizzazione. Non vi civilt che non si sia edifi-cata (almeno fino ad oggi) sulle macerie di unal-tra o che non abbia contribuito al suo affossa-mento o alla sua liquidazione. La commemo-razione della scoperta dellAmerica da parte diColombo esemplare. Ci si deve rallegrare perla rivelazione di un nuovo mondo, che i popo-li europei hanno cercato di plasmare a loro pia-cimento e che ha portato alla creazione di unacivilt americana, oppure si deve deplorare lascomparsa delle grandi civilt aztechi, maya,inca e la riduzione degli indiani a popolo con-finato nelle riserve e destinato allassimilazio-ne o allannientamento? Come dimenticare cheun Las Casas, per proteggere gli indiani, nontrov di meglio che proporre agli europei difar arrivare schiavi neri (da qui la decimazionedellAfrica)? La civilt il regno della pace edella guerra. Da sempre si fonda, come avevanotato Levi-Strauss (in Charbonnier, 1961),sulla creazione di differenze e sui criteri di clas-sificazione che sono sempre stati alla base deisistemi di dominazione (Enriquez, 1983).

    Non si deve dimenticare che la civilt lu-nione della cultura (della Kulturarbeit, del la-voro della cultura) e del sociale.

    La cultura punta, come afferma Freud, a unprogresso nella spiritualit. La vita dello spiri-to si caratterizza per la predominanza del pro-cesso di sublimazione su tutti gli altri. Ora su-blimare vuol dire abbandonare i legami di san-gue per sostituirli con quelli della passione (im-portanza del sentimento nella sublimazione)associati a quelli della ragione (Nulla si fa senzagrandi passioni, diceva Goethe). In altre pa-role, significa riconoscere in s e negli altri laqualit di esseri umani, capaci di sentimentiforti, temperati dalla presenza dei lumi dellaragione e per questo degni di rispetto in quan-to segnano lappartenenza comune alla specieumana. Lvinas (1987) direbbe che il volto del-laltro ci chiama e ci fa scoprire il nostro pro-prio volto e il diritto di ciascuno a un volto che

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 13

    non si pu distruggere. Sublimare anche es-sere mossi da una ricerca di verit, da condivi-dere senza volont di dominio; essere capacidi una interrogazione infinita e di una elabo-razione del lutto; significa dunque lasciare ilmondo delle certezze, che conduce a opporsiagli altri, per quello di un sapere simile a unasorta di cantiere sempre aperto (work in pro-gress). Significa infine (ma non pretendo di es-sere esaustivo) voler creare con gli altri delleopere non idealizzate n ideologizzate, ma cheproclamino che uno degli scopi delluomo ledificazione della bellezza, una bellezza sem-pre fragile e insieme tranquillizzante e rappre-sentativa degli sforzi e delle incoerenze del-luomo. Cos sublimare ci costringe a entrarein contatto con gli altri, ai quali riconosciamoi nostri stessi diritti, nella ricerca della verit.

    Il sociale, da parte sua, sviluppa un pro-gramma molto diverso: un programma in cui lavolont di influenza se non di dominio pu espri-mersi completamente. Si tratta di ridurre la na-tura alla ragione, o almeno di addomesticarla perfarne unamica, di vedere nellanimale nulla piche un oggetto da dominare e via via, dopo la-nimale, di estendere il proprio potere sui pi de-boli, donne, bambini, vecchi, prima di cercaredi esercitare linfluenza sugli altri uomini, di altriinsiemi o dellinsieme al quale si appartiene.E per fare ci, occorre costruire delle istituzioniche provochino rispetto se non terrore, che per-mettano alla legge di esprimersi e al timore dellasanzione di imbavagliare le opposizioni. Il so-ciale il regno dellidealizzazione, della menzo-gna, del travestimento (ecco perch non esisto-no societ buone, anche se certune sono prefe-ribili ad altre). Afferma la pacificazione, ma mettein atto la violenza. Genera diseguaglianze, si basasullo sfruttamento e sullalienazione, anche quan-do proclama la sua volont egualitaria e il rico-noscimento della libert delluomo. Se la cultu-ra sta dalla parte di Eros, il sociale sta sempredalla parte di Thanatos. Uno Thanatos, ahim,necessario. Perch non c cultura senza istitu-zioni, non si danno legami senza attacchi ai le-gami stessi, n esiste desiderio buono che la so-ciet non debba controllare, anche se sa che essopotr, un giorno, avere lultima parola.

    Lossessione della citt perfetta. Amore emorte, legame sociale e omicidio restano dun-que indissolubilmente legati. Questo non vuoldire che alcune societ non riescano a esserepi piacevoli da vivere e non riconoscano aognuno il diritto di vivere come meglio crede.Ogni societ creazione continua degli uo-mini e attraverso gli uomini. Societ migliorisono quindi possibili. Ma la citt ideale restaun fantasma le cui ricadute sono sempre statepi mortifere che creatrici. quello che do-vremo ora cercare di analizzare.

    In effetti necessario sottolineare unevi-denza che, come tutte le evidenze, occultata:il carattere facile della distruzione. Una civiltimpiega secoli a costruire le sue fondamenta, isuoi monumenti, la sua arte di vivere. Ci metteappena qualche anno o alcune decine danni adistruggersi (lesempio nazista o dei khmer rossipossono bastare) e ancora meno a distrugger-ne altre. Per quale motivo se non perch, dagliesordi del cristianesimo, gli uomini sono osses-sionati dalla citt perfetta? Per purgare la so-ciet dai suoi problemi, le antiche civilt cono-scevano il sacrificio umano. Sacrificando alcu-ni loro membri (la cui procedura di designa-zione era codificata) la societ si lavava dalle sueimpurit. Nel mondo occidentale, il sacrificioumano scomparso. stato sostituito dagli omi-cidi di massa. Il sacrificio era gi un omicidio(Scubla, 1999), ma un omicidio selettivo chepermetteva, come ha ben visto R. Girard (1972),di gestire la violenza interna del gruppo. Daquando questo meccanismo non esiste pi (enon il caso di rammaricarsene) gli uomini nehanno adottato un altro: consentire, in momentiprivilegiati, alla violenza del gruppo di po-tersi manifestare con guerre o massacri, scac-ciare gli impuri dal tempio sterminando tuttiquelli che potrebbero rappresentare lanticomondo destinato allo sterminio e alla Redenzione(gli ebrei, i bolscevichi o, come nel caso deikhmer rossi, tutti i vecchi, i genitori, quelli cheavevano conosciuto il mondo precedente e ave-vano potuto apprezzarlo, e naturalmente in pri-mis gli intellettuali, che avevano larroganza divoler pensare). Non dunque pi possibile se-lezionare. Si tratta di eliminare tutti quelli che

  • S T U D I

    Animazione Sociale14 Gennaio 2001

    non vogliono o potrebbero non volere il nuovoordine (Il Reich che durer 1000 anni!).Trasformandoli in stranieri, in animali, inbestie nocive possibile mobilitare la gentecontro di loro o, almeno, ottenerne ladesionemuta e passiva. La citt ideale rivela il suo au-tentico volto: quello di un inferno per tantissi-mi e la trasformazione degli assassini in indivi-dui sempre meno capaci di sublimazione, as-sassini di se stessi e della propria possibilit dicontribuire alla vita dello spirito.

    Ragioni sociologicheIl 1914-1918 ha inaugurato lepoca degli

    omicidi su vasta scala. A partire dal momentoin cui una guerra, senza una vera posta in gioco,e conclusasi in modo sinistro (con il trattatodi Versailles e gli altri trattati di pace) perchha innescato la balcanizzazione dellEuropa,ha potuto causare milioni di morti (morti dun-que senza causa), tutto diventato permesso.Questa guerra era riuscita a mettere alloperatre elementi essenziali che sono stati i motoridel XX secolo: il legame stretto tra Stato mo-derno e guerra, il trionfo della razionalit stru-mentale (con il suo corollario: il declino dellatrascendenza dei valori) e la costruzione di unuomo nuovo, oscillante tra paranoia e apatia.

    Il legame stretto tra Stato moderno e guerra.Questo legame stato ben sottolineato da R.Caillois (1963). La creazione degli Stati-na-zione, in cui tutti gli individui sono divenuticittadini (anche se non si tratta di repubbli-che) e sono esortati a difendere la loro patriain pericolo, ha permesso la guerra di massa, laguerra totalitaria (dove al vinto intimata laresa senza condizioni), la guerra rivoluziona-ria (grazie alla quale gli uomini vogliono crea-re un nuovo Stato), la guerra di sterminio (dovegli istinti pi omicidi questa volta sono am-messi e addirittura favoriti).

    Noi sappiamo dopo Clausewitz che la guer-ra la continuazione della politica con altrimezzi. Quando gli Stati-nazione sono riuscitiad affiliarsi la grande maggioranza della popo-

    lazione, questa si trovata presa nelle magliedella politica decisa da questi Stati e sottopostadi conseguenza alla logica della guerra. Nellamisura in cui gli Stati-nazione hanno, in Europasoprattutto, ceduto allondata del nazionalismovirile e hanno voluto costituire comunit omo-genee, non hanno potuto esimersi dal collocar-si nella dialettica amico-nemico definita daC. Schmitt e rifiutare ai loro membri ogni de-vianza e persino divergenza. Laltro (nemico in-terno o nemico esterno) diventava luomo daabbattere. Il soldato non bastava pi come im-magine dellavversario da sopprimere. I civilidivennero i bersagli privilegiati e tra di loro ipi deboli perch i pi inutili. I bombardamentisenza obiettivi militari e volti a suscitare terro-re (Guernica, Coventry) si moltiplicarono. Icampi di concentramento e di sterminio di-vennero i nuovi luoghi dove si esprimeva il po-tere nudo, senza limiti e arbitrario dei padroni.Pi gli Stati-nazione vollero essere i rappresen-tanti del popolo unito, pi desiderarono espri-merne lessenza, pi fecero ricorso agli omici-di di massa (la Germania nazista).

    La seconda parte del secolo in Europa oc-cidentale ha visto allentarsi i legami tra Stato ecittadino (progressivamente lindividuo non stato pi considerato come fatto per la nazio-ne, ma la nazione per lindividuo, per ripren-dere unespressione di Marc Bloch) (Bloch,1940). La guerra tra nazioni dellEuropa occi-dentale si cos allontanata, lidea di unEuropaunita si imposta. Ma in altri paesi dEuropa(Bosnia, Kosovo), nei paesi del Vicino edEstremo Oriente o in Africa, l dove stanno for-mandosi Stati-nazione, la guerra e gli omicididi massa infuriano. Quei popoli sono entrati nelregno del terrore. E non detto che possano la-sciarlo. In ogni caso lo Stato moderno, volen-do organizzare e sovrastare i suoi membri, harivelato la sua vera natura: una violenza costi-tutiva, che va dallintolleranza allomicidio or-ganizzato. lallentamento dei legami socialiche allontana dallomicidio di massa. Ma il prez-zo da pagare il ritorno della violenza interna.

    Il trionfo della razionalit strumentale. NelXX secolo, questo trionfo non ha significato la

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 15

    vittoria dei lumi. Semmai il contrario. La razio-nalit, come si accennato, non in contraddi-zione con le passioni. In pi, essa pone neces-sariamente la questione dei fini e dei valori, laquestione semplice e indispensabile: perch?per quale ragione dobbiamo perseguire certi finie certi obiettivi? La razionalit strumentale, dasola, svuota sia il problema delle passioni (rifiu-tandole e occultandole, le fa risorgere con tuttala loro violenza arcaica) sia il problema dei finial quale sostituisce quello dei mezzi. La domanda:come? diventa lunica valida.

    Ponendo soltanto la questione dei mezzi,non solo non si esamina il valore dei fini perse-guiti, ma il mezzo finisce spesso per diventareil fine ultimo. La matematizzazione del mondo,lavanzata della scienza e della tecnologia (e li-deologia ad essa legata) hanno come risultatoche soltanto i mezzi pi redditizi e meno costosisaranno impiegati. Tutto si riassume nel con-fronto costi/benefici. Da questo punto di vista,mezzi moralmente deplorevoli, come dicevaWeber, possono e devono essere utilizzati.Inoltre, in tale ottica, gli esseri umani sono can-cellati o, se sono presi in considerazione, sonosoltanto un elemento (che si cerca naturalmen-te di ridurre a cifra in modo che possa entrarein un sistema di equazioni o disequazioni) rei-ficato del calcolo. E se il calcolo evidenzia unminor costo globale, sar accettato anche qua-lora risulti dispendioso in termini di vite umane.

    Lutilizzo della razionalit strumentale haavuto come conseguenza il declino dei valori tra-scendenti perch impossibili da misurare. A pocoa poco sono stati dimenticati o ridicolizzati per-ch di intralcio al dominio che luomo vuole ot-tenere sulla natura e sugli altri uomini. I campidi sterminio sono uno degli esempi meno con-futabili di negazione dei valori legati alle reli-gioni monoteiste. Hanno permesso lo sviluppodegli omicidi di massa nel momento in cui le fu-cilazioni risultavano meno redditizie o addi-rittura psicologicamente pregiudizievoli per gliassassini (Browning, 1992). A un livello menoviolento, i licenziamenti di massa operati daaziende che vogliono dimagrire, far colare ilsangue, tagliare il grasso (espressioni da meudite, a pi riprese, nelle organizzazioni indu-

    striali), sono una manifestazione della barbarieinsita nella razionalit strumentale (definiscobarbara qualunque decisione volta a negare al-luomo la sua appartenenza alla specie umana).

    Questa constatazione non significa che laragione strumentale non possa essere utilizza-ta. Nelle scienze dette dure, cos come nellescienze sociali (a patto di essere prudenti e diinterrogarsi sullideologia soggiacente a ogniformalizzazione del reale), essa si rivela indi-spensabile. Ma per non produrre questi effettimicidiali, devessere sempre subordinata allarazionalit dei fini. Il XX secolo ha fatto la scel-ta inversa. Ne risultato un mondo dove hannodiritto di vivere solo gli appartenenti alle cate-gorie del medesimo, del conforme, del fede-le, dellintegrato, capaci di trovare posto in ununiverso funzionalizzato. Quando questa ra-zionalit si fa troppo pesante, torna il mondoincantato dei valori trascendentali pi re-gressivi. Il fanatismo religioso, politico o im-prenditoriale sono i segni di uno choc di ritor-no, tanto pi violento perch imprevisto daipi. Ora chi decide dovrebbe sapere che untrionfo completo il padre naturale dello scac-co. Razionalit strumentale e fanatismo sonodunque le due facce di una stessa moneta.Quando si completano invece di opporsi, il ter-rore pu regnare perch i fini pi aberranti sonoperseguiti grazie ai mezzi pi sofisticati.

    La costruzione di un uomo nuovo. Il XX se-colo ha generato un uomo nuovo. Certo, la fi-gura che stiamo per delineare non si affermaovunque. Alcuni resistono. Luomo in piedi(E. Bloch) non si definitivamente accascia-to. Tuttavia non pu impedire che un altrotipo duomo, diverso da quello voluto dai Lumie dal XIX secolo, sia nato e abbia proliferato:un uomo paranoico e apatico oppure oscil-lante tra le due posizioni. Ambedue sono co-munque degli assassini in potenza perch rap-presentano, secondo lanalisi di MichelineEnriquez (1984), due tra i tanti volti dellodio.

    Il paranoico. Le nostre societ, che si vo-gliono pure e perfette, provano una profondarepulsione di fronte a tutto ci che pu scalza-re il buon ordine sociale. Ci che unheimlich,

  • S T U D I

    Animazione Sociale16 Gennaio 2001

    strano, straniero, esotico nel senso dato a que-sto termine da V. Segalen, immigrato, non in-tegrato, non conforme temuto come possibi-le portatore di peste. Un pidocchio che infe-sta la societ e di cui bisogna sbarazzarsi. Questipidocchi provengono dallinterno: coloro chenon sono come gli altri verranno accusati deipi vili complotti (gli ebrei descritti nel Protocollodei saggi di Sion). E provengono dallesterno: isovietici o, per gli iraniani di oggi, gli america-ni, simboli del grande Satana. Ogni nazione ri-schia di essere invasa, venduta allasta. Si trat-ta quindi di difendersi. E per difendersi, checosa c di meglio dellattacco e dello sterminiodi quelli che vogliono distruggere la felicitconforme? In queste condizioni profeti, mes-sia, guru di ogni sorta troveranno facile ascol-to. Perch predicono lapocalisse e indicano lavia della Redenzione. Perch offrono alla genteun immaginario in cui collocarsi e rassicuranosulla possibilit di realizzare i sogni pi sfrena-ti. A una condizione, per: uccidere o respin-gere chi potrebbe essere di intralcio alla crea-zione di una razza di signori, alluomo co-munista o al combattente dellIslam.

    Lapatico. Dopo Sade, conosciamo il suovolto. Teme tutte le emozioni, rifiuta di lasciarsitoccare, vuole il riposo delle passioni. Per lui,gli altri esseri umani non sono altro che gli stru-menti possibili del suo godimento. Si vive comedotato di un ruolo sociale. Se si impegnasse per-sonalmente rischierebbe di entusiasmarsi, di ap-passionarsi, e quindi di essere turbato. Rifiutail turbamento del pensiero (Tocqueville) comequello emotivo. Non che li rimuova. Al con-trario, sa che esistono. Ma lemozione per lui come il tasto di un pianoforte. Si tratta di suo-narlo, ma gli proibito soffermarsi. Non dete-sta nessuno, ma incapace damore. SecondoFreud, un malato grave. Lui non lo sa e stabenissimo cos. Immune dalla colpa, pu pro-vare vergogna se convinto daver fatto male ilsuo lavoro. Funzionario coscienzioso, eseguegli ordini con zelo. Sa che sar ricompensato.Non si interroga sul valore dellordine perchha perfettamente interiorizzato i precetti e i prin-cipi della razionalit strumentale. Si pretendeindividuo proprio perch funziona come un ele-

    mento di una massa, provando una volta di piche lindividualismo pi spinto non affatto incontraddizione con il processo di massificazio-ne. Crede, come diceva Reich, a quel che gli di-cono i potenti, non crede a ci che pensa lui.Potr fare del male senza in pratica accorger-sene. Eichmann ne fu un buon esempio.Inconsciamente, tuttavia, certe persone le de-testa: quelle che pensano con la loro testa, chesono causa di s come le chiamava MichelineEnriquez (1984). Potr quindi riversare il suoodio incosciente su tutti coloro che sembranovivere per conto loro (ebrei, zingari, anziani,ecc.). Quando ha potere opprime gli altri e, senecessario, li distrugge, ma solamente perchrischiano, data la loro originalit, di incepparela macchina o perch si rivelano inutili per lor-ganizzazione ( il caso dei licenziamenti dimassa). Lo si pu sospettare quel che face-va Devereux (1973) di avere istituito una verascissione nella sua personalit: da una parte lavita privata, dove talvolta manifesta dei senti-menti, dallaltra la vita pubblica, dove solo unelemento di un insieme che lo trascende. In que-sto caso, non fa che seguire gli imperativi di unasociet burocratica che ha fatto della separa-zione fra vita privata e vita pubblica lalfa e lo-mega di tutti i comportamenti e che ha spintola razionalit strumentale al suo apogeo.

    Lesistenza di questo tipo di personaggio stata spesso contestata. C. Lanzmann (1986),per esempio, rifiuta lidea della banalizzazionedel male avanzata da H. Arendt (1963). Per lui,chiunque faccia del male sa benissimo quel chefa. Ha ragione, tranne che su un punto essen-ziale: possibile fare il male, uccidere personea centinaia senza provare la sensazione di faredel male. Se luomo stato ridotto al rango dianimale (e prima si provveduto a separare de-finitivamente lanimale dalluomo) non graven ucciderlo n umiliarlo. [...]

    In Dallorda allo Stato (1983), ho cercato dimostrare che la scissione tra luomo da un latoe animali e piante dallaltro ha portato al do-minio degli uomini da parte di altri uomini.Luomo, predatore nato, si diverte nella sua in-fanzia (molto spesso) a massacrare insetti.Perch non dovrebbe fare lo stesso con gli uo-

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 17

    mini, senza rimorsi aggiuntivi? Soprattutto seha introiettato la razionalit strumentale, chebada essenzialmente ad allontanare ogni preoc-cupazione, e vive in una societ dove questaviolenza ammessa e favorita.

    Il paranoico e apatico. Quando la posi-zione paranoica, sempre un po tinta di sadi-smo, si unisce alla posizione apatica perversa,allora non ci sono pi freni. Il paranoico, si-curo del suo buon diritto, certo di lottare con-tro le forze del male, metter tutte le sue ener-gie e pulsioni al servizio della sua causa. Quantopi anche apatico, perverso, tanto pi farquesto lavoro con la scrupolosit del buonfunzionario. Ho potuto osservare questa com-binazione nel medesimo individuo in nume-rose aziende, dove i capi utilizzano perverseraffinatezze per distruggere moralmente, psi-chicamente i loro subordinati pensando di agireper il bene, per la causa (dellazienda). In ef-fetti, lazienda loro grata. Salvo poi un gior-no rivolgersi contro di loro e liquidarli a lorovolta. Certo, non si tratta qui esplicitamentedi omicidi fisici. Tuttavia, quanti uomini sonostati definitivamente assassinati da una taleesperienza, che finisce per annientarli e persopprimere in loro ogni capacit di rivolta?

    Cos lindividuo nuovo creato dal XX secolo sempre pronto al crimine. E questo a maggiorragione perch deve risolvere i problemi sem-pre pi da solo, perch il suo io divenuto unfardello e perch percepisce gli altri come unin-sidia, capace di spezzare il suo essere e di risve-gliare in lui langoscia della frammentazione. Lafamosa frase: Lenfer, cest les autres diventail motore della sua azione. Che muoiano, gli altri,allora! Se lo sono ben meritato.

    Ragioni psicosociologicheGli omicidi di massa si commettono sem-

    pre in gruppo e testimoniano delladesione diciascuno al gruppo di cui fa parte. Da tempo sisa che, se gli uomini possono impostare le loroazioni riferendosi a valori trascendenti, a unaideologia, il fermento pi forte resta, malgradotutto, il loro desiderio di non derogare alle norme

    del gruppo, soprattutto quando questo ha rag-giunto un alto grado di coesione ed diretto daun leader nel quale gli uomini hanno fiducia.

    Gli studi sullefficacia e il morale dei mili-tari tedeschi durante la prima guerra mondia-le e dei militari americani durante la secondadanno lo stesso risultato: pi le divisioni dicombattimento sono coese, pi i loro membrisintendono bene insieme, pi i capi sono in-vestiti positivamente, pi i soldati hanno il mo-rale saldo e combattono con tutte le energie,anche se non sono motivati da unideologia enon sempre sanno perch combattono.

    La vicenda del 101 battaglione. Pi eloquenteancora la storia del 101 battaglione di poliziadi riserva di Amburgo, analizzata da Ch.Browning (1992). Ricorder solamente due epi-sodi: nei momenti che precedono la prima fu-cilazione di ebrei a Josefow, il comandante delbattaglione d ai suoi uomini la possibilit di ri-fiutarsi di procedere allesecuzione. Solo dodi-ci uomini (su milleottocento), che non sarannomai inquisiti per quella decisione, desistono.Man mano che le azioni di massacro si ripe-tono, si vedono sempre meno rifiuti e semprepi volontari. Si trattava di uomini ordinari,non di SS fanatiche. Rifiutare dobbedire, com-menta G. Bensoussan (1998), pu far temerela punizione. Ma rifiutare di coincidere col grup-po genera un isolamento ancora pi temuto. Ilconformismo, il gusto del consenso e la pres-sione del gruppo giocano nellassassinio un ruolofondamentale. Cos la pressione del gruppo al-luniformit, analizzata tempo prima da W. Reiche oggetto di un gran numero di studi di psico-logi sociali americani e francesi, ha un peso de-cisivo. Nessuno vuol essere tacciato di vigliac-cheria o essere considerato un lavativo dai suoicompagni. In pi, facendo come gli altri, cia-scuno riconosciuto da loro (e si sa il ruolo de-cisivo che gioca il desiderio di riconoscimentonei gruppi) e pu, con poca spesa, sentirsi uneroe perch ha avuto il coraggio di fare il suodovere per quanto orribile. I membri del grup-po hanno ceduto al contagio di atteggiamenti ecomportamenti per non essere respinti, per nonsentirsi in esilio.

  • S T U D I

    Animazione Sociale18 Gennaio 2001

    Cos facendo, sono stati presi dentro il fan-tasma dellillusione gruppale, cos definito daD. Anzieu (1975), e pi ancora in quello dellos-sessione della pienezza, come ho avuto mododi definirla (Enriquez, 1971), grazie al quale ilgruppo funziona sotto legida di una metaforacomune: quella di un corpo pieno, senza sma-gliature, senza temporalit, autentica sfera ri-piegata su di s a protezione della propria inte-grit. Questa metafora fa leva su una malattiadellidealit che mira a trasformare questogruppo qui, ora, in questo spazio, in ungruppo puro, perfetto, che funziona secondola legge che assegna a ciascuno un ruolo alquale non pu n deve sottrarsi. I membri delgruppo acquisiscono cos unidentit colletti-va che si sostituisce a quella individuale.Allontanano ogni preoccupazione, scompa-rendo per come esseri differenziati [...] (dopotutto, essere, non la cosa pi difficile?).

    Il gruppo (a meno che non sia un gruppoche pensa, che ammette cio la variet dei suoimembri e dunque non soltanto la discussionee il confronto, ma anche il dissenso e la pola-rit delle posizioni) serve da io-pelle, in-volucro psichico, per riprendere le espres-sioni di Anzieu (1985; 1987). Protegge e re-cinta. Esso tende, per definizione, a volersi tra-sformare in comunit compatta, in societsegreta, in setta e quindi ad assorbire tutti gliindividui e a dotarli di uno psichismo colletti-vo. Questa tendenza stata studiata magi-stralmente da Freud in Psicologia delle massee analisi dellio (1921), dove mostra come imembri del gruppo si identifichino gli uni congli altri dopo aver messo un oggetto comune(capo, causa) al posto del loro ideale dellio.Per Freud, la coesione (termine che lui nonutilizza) del gruppo, la sua unit, la similitu-dine dei comportamenti dei suoi membri nonsarebbe possibile (per i gruppi che studiava)senza la presenza di un capo, di una guida cheama ciascuno dei suoi uomini del medesimoamore ed da loro corrisposto.

    Riprendendo il testo di Browning, quel cheabbiamo potuto verificare che gli investimentiamorosi sul capo e la sua presenza sovrana trai membri del gruppo non erano per forza ne-

    cessari per assicurare la massificazione delgruppo. certo che un gruppo guidato da uncapo carismatico ha grandi possibilit di svi-luppare comportamenti uniformi, ma non meno certo che il contagio degli atteggiamentie il conformismo nei comportamenti possonopoggiare su altri fondamenti pi direttamentelegati alla dinamica del gruppo. Il gruppo stes-so, se non si fonde, spinge alla comunione, tantopi se si tratta della comunione dei forti conto ideboli. Questa la ragione (salvo eccezioni) percui quelli del 101 battaglione fecero ben pre-sto il callo ai massacri. Una volta rotto il ghiac-cio, erano diventati come fratelli. Non poteva-no pi avere unaltra immagine di s. Avevanoucciso in loro il senso invece di percepirsicome assassini. Si sacrificano i nemici a un capoche incarna una causa o a un suo portavoce. Sipu sacrificare persino se stessi a un ideale.Certo, occorre ripetere molte volte agli uominiche non stanno uccidendo, ma soltanto elimi-nando i nemici della causa, del capo se non ad-dirittura dellumanit (certi capi nazisti hannodichiarato che volevano creare le condizioni perun paradiso a venire, Pol Pot lo stesso). Non sitratta pi dunque di omicidi, ma di sacrifici col-lettivi. In queste condizioni, chi sacrifica si senteassolto. Sacrificando, mostra di aver rispettoper il sacro, per la legge promulgata dalla guidao dal testo divino al quale ciascuno deve obbe-dire. Diventa lui stesso sacro. Ne consapevo-le? poco probabile. Ma certo ha la sensazio-ne di agire per la causa. I cecchini in Libano,che facevano fuoco non appena vedevano qual-cuno, gli sgozzatori algerini non hanno (se sideve credere alle loro dichiarazioni) alcuno statodanimo. Essi lavorano o hanno lavorato per laloro patria o per la rinascita dellIslam. Sottoun certo aspetto, sono i sacerdoti che procla-mano nel sangue la loro fede intangibile. [...]

    I pericoli della vita in gruppo. Si potrebberoaggiungere altre caratteristiche psicosociologi-che: il narcisismo gruppale, che deriva dal nar-cisismo delle piccole differenze studiato daFreud; la cultura del gruppo, che esclude la cul-tura degli altri gruppi, visti come portatori disporcizia, e nella loro eliminazione intravede

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 19

    lunica via duscita; il fatto che ciascuno, allin-terno di un gruppo che gli fa da specchio in-franto, prova i limiti della propria identit e sirapporta agli altri per non vivere le angosce dellafrantumazione. Non insister: queste caratteri-stiche sono note. Vorrei solamente notare chela vita in un gruppo chiuso su se stesso (e i grup-pi omicidi rientrano in questordine: il resto delmondo esiste, ma loro se ne accorgono appe-na) favorevole allo sviluppo della tentazioneparanoica. Ogni gruppo il messaggero (a voltea sua insaputa) di una speranza messianica. Essocontribuisce a salvare il mondo, a lavarlo daisuoi peccati, a farlo tornare allinfanzia (temacostante dei khmer rossi e dei comunisti cinesidel tempo di Mao). Crede allimpossibile e allasua realizzazione sulla terra. preso al tempostesso in un immaginario ingannevole(Enriquez, 1997), tessuto dagli uomini di pote-re che dicono ai loro discepoli che pi si iden-tificheranno, aderiranno, si sottometteranno,rinunceranno, pi sar loro restituito cento voltetanto, e in un immaginario motore (ibidem),che gli d la forza e lenergia per intraprende-re e proseguire la battaglia perch si tratta ditrasformare il fantasma (un mondo nuovo senzaimpurit) in realt. Non sa che il fantasma nonpu n deve diventare realt, pena il partorire,invece del risultato atteso (un paradiso), lin-ferno per gli altri come per s. Ignora anche chei persecutori non sono i nemici designati, mache non c peggior persecutore del persecuto-re interno, carico di desiderio di onnipotenza.Cos la tentazione paranoica che circola in ognigruppo (anche se non operante in tutti) unfattore supplementare alla liquidazione di tuttiquelli che si oppongono al grande disegno diun mondo migliore, dove regner lamore tragli esseri eletti, perch gli altri, gli esseri odiosie persecutori saranno scomparsi per sempredalla terra, dalla nazione o dal gruppo.

    Ragioni psicologicheLa psiche dellindividuo non pu essere del

    tutto slegata dal contesto sociale. Freud ha in-sistito a sufficienza su questo punto allinizio

    di Psicologia delle masse e analisi dellio.Ricordiamo queste frasi celebri: Nella vita psi-chica dellindividuo preso isolatamente, lAltrointerviene di norma in qualit di modello, so-stegno e avversario, ed per questo che la psi-cologia individuale anche, simultaneamente,una psicologia sociale, in questo senso allarga-to ma perfettamente giustificato. Lappar-tenenza alla specie umana, la societ nella qualevive, i gruppi di cui fa parte esercitano tutto illoro peso sulla psiche individuale, come osser-vavo in precedenza. Vivendo in un universoultra-competitivo, in cui regnano la razionalitstrumentale e la pressione dei gruppi allu-niformit, gli uomini tendono a diventare sem-pre pi insensibili agli altri, a creare una pic-cola societ a loro uso (per riprendere le-spressione di Tocqueville) e a sviluppare com-portamenti perversi e paranoici.

    Il piacere di far male. tuttavia possibile ten-tare di isolare certe ragioni di ordine stretta-mente psicologico per completare il quadro finqui disegnato. Ogni individuo in cerca dellasua identit. La desidera il pi possibile unita-ria e solida perch cerca di realizzare il pro-gramma del principio di piacere. Tutto ci che suscettibile di intralciare la realizzazione di untale programma potr essere considerato comeun ostacolo da rimuovere, aggirare, distrugge-re se necessario. Ora laltro, laltro generico (uo-mini, gruppo, societ) si adopera in tutti i modia ricordargli che non solo, che esistono deivincoli, che non pu mettere in opera il suo fan-tasma di onnipotenza, che deve scambiare il suoio-ideale con un ideale pi conforme alle esi-genze della vita umana e sociale. Egli quindisempre suscettibile di essere respinto, fram-mentato, diminuito. Quando, improvvisamen-te, il corpo sociale gli consente di adoperare lasua forza, di provare la sensazione di sovrasta-re gli altri e di comandarli, egli pu allora la-sciar parlare impunemente la sua pulsione didistruzione. In TV ho sentito un torturatore dire:Quando prendevamo qualcuno non era perconsegnarlo alla giustizia, ma per eliminarlo.Cos, non lo si torturava come si fa con i pri-gionieri destinati al tribunale. Noi lo facevamo

  • S T U D I

    Animazione Sociale20 Gennaio 2001

    a pezzi... Cera una specie di follia in noi, noneravamo pi normali. Pensavamo che una vitanon significasse pi nulla... Dopo una missio-ne, ti senti come se fossi andato a letto con unadonna. Ladrenalina scorre in te e sei sfinito.

    Sade, per primo, aveva mostrato che tor-turare i corpi, bruciare, tagliuzzare, provoca-re dolore, poteva dare piacere, fare di ciascu-no un re al di sopra di tutte le leggi, eccettoquella del proprio desiderio e del proprio pia-cere. Si tratta anche, per quanto possibile, diparlare per razionalizzare la violenza. Cos nonsolo si deve fare il male, ma bisogna adopera-re un linguaggio che squalifichi laltro e ne mo-stri linsignificanza. Lidentit si afferma nelladistruzione dellaltro, il godimento si accrescenella misura in cui laltro cancellato e ridot-to a cosa che non pu pi muoversi e con laquale non si ha pi nulla da spartire. Il fanta-sma di onnipotenza pu a questo punto rea-lizzarsi e la virilit ha libero corso.

    Lodio di s. Non si pu capire bene una si-mile violenza se non si collega lodio per lal-tro a un odio pi fondamentale: lodio di s.Conosciamo lopera di Th. Lessing (1930) sul-lodio di s ebraico. Lessing avanzava lipotesiche molti ebrei, nelle nostre societ, fosseroabitati dal rifiuto di essere ebrei, rifiuto che tro-vava la sua origine nella tendenza dellebreoa interpretare una sventura che lo colpisce comelespiazione di una colpa commessa. Ritrovavaquestodio presso un certo numero di suoi cor-religionari di cui tracciava il ritratto [...]. Ai suoiritratti si potrebbe aggiungere quello di M.Sachs, ebreo amico di Cocteau, che fin perconvertirsi ed entrare nella Gestapo.

    Ma quellodio di s che Lessing attribuivaai soli ebrei riguarda di fatto lumanit intera.Per una ragione semplice, richiamata tanto daC. Castoriadis (1987) che dal sottoscritto: lim-possibilit per ognuno di realizzare pienamentei suoi desideri e il ruolo della colpa o della ver-gogna (i popoli monoteisti sono pi abitatidalla colpa, i popoli orientali dalla vergogna)insegnato, inculcato dai primi educatori, checostringe ognuno a prendere coscienza dei pro-pri limiti di fronte a s e agli altri. Limiti in-

    sopportabili perch, anche se non si accetta latesi di Castoriadis secondo cui esisterebbe unamonade psichica che si ribellerebbe controla realt, non si pu negare limportanza delleferite narcisistiche che il mondo circostanteimpone alla psiche. Ferite sempre numeroseperch leducazione , per sua natura, violen-za ed vissuta come arbitraria e incomprensi-bile dal bambino. Queste ferite ci rinviano allanostra infanzia, alla nostra impotenza (bastivedere la rabbia espressa dal bambino quan-do i genitori non cedono alla realizzazione im-mediata dei suoi desideri o li contrastano) eper noi significano la costrizione a rinunciareo reprimere i nostri desideri perch esiste unalegge pi alta da rispettare.

    Ciascuno dunque mosso da un odio in-conscio di s, perch il s non degno di am-mirazione, un angelo decaduto per colpadegli altri e chiede costantemente riparazione.Allora, quando laltro a nostra portata, quan-do esiste un sistema di tortura o di concen-tramento che dichiara o voi o noi, lodio pufinalmente esternarsi, investire un altro oggettoanche se si tratta di un povero sostituto deglioggetti-soggetti che ci hanno fatto fantasma-ticamente o realmente del male. Lodio del-laltro non che il rovescio dellodio di s.

    La lezione di Freud. Freud ha lungamenteesitato su questo tema. Se in Pulsioni e loro de-stini (1915) egli dichiara che il sadismo ori-ginario e precede il masochismo, ne Il proble-ma economico del masochismo (1924) dichiarache il masochismo a essere originario. Si am-mette, scrive, che la persona ha commessoun crimine, non ben precisato, che deve esse-re espiato mediante tutte le procedure di do-lore e di tortura. Qual questo crimine? Inquesto testo, Freud evoca la masturbazione,lautoerotismo. Se questa ipotesi plausibile,tuttavia non soddisfacente. Per parte miapenso, fedele in questo al Freud del Disagiodella civilt (1929), che questo crimine abbiatre origini: da una parte, luccisione del padreprimitivo che, se stata dimenticata o rimos-sa, ossessiona sempre a livello inconscio (e, pudarsi, conscio). Del resto non c bisogno di

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 21

    fare appello qui, come fa Freud, allidea se-condo cui lontogenesi riprodurrebbe la filo-genesi. Basta anteporre i principi educativi chefanno di ogni essere un colpevole o un sogget-to potenzialmente meritevole di eterna vergo-gna. Il discorso dei genitori veicola dei precet-ti morali, e non c precetto morale senza cri-mine o tentazione di crimine, o senza che ilbambino abbia il sentimento di dover espiareuna colpa, legata alla sua stessa esistenza.

    Dallaltra parte, c il fatto che il bambino,nel suo amore, non sa distinguere lamore dal-lodio e distrugge ci che ama. Il bambino divo-ra e incorpora. Percepisce il suo atto come uncrimine che deve pagare. Teme sempre, quindi,il rifiuto dellamore dei suoi genitori. Il suo sensodi colpa deriva dallangoscia di fronte allauto-rit, angoscia alimentata dai suoi stessi atti. [...]Lamore arcaico divorante. Ogni bambino loavverte, ogni uomo lo sperimenta. Un giorno, sideve pur saldare il conto. Infine, non bisognaomettere la severit del Super-io: Data lim-possibilit di tener nascosta al Super-io la persi-stenza dei desideri proibiti, langoscia di fronteal Super-io spinge inoltre il soggetto a punirsi(Freud). Il masochismo il prezzo da pagare perla violenza del desiderio, esso porta allodio di sperch questo desiderio represso e perch luo-mo si sente colpevole o ne ha vergogna.

    Ci si rende conto allora che se il masochi-smo viene prima e il sadismo nei confronti del-laltro non che la proiezione dellodio di s,la violenza del desiderio (di divorare) ha in sconnotazioni sadiche. Sadismo e masochismonon si oppongono quindi radicalmente. Invi-tano soltanto luomo a diffidare sempre deglialtri, anche se li ama. Se la societ gli d il nu-trimento ideologico per odiarli, il compito perlui diventa pi facile. Tutto il dolore per lal-tro, tutto il piacere per s e la sua identit (ilsuo narcisismo) ne uscir glorificata.

    Non necessario proseguire. Il resto vieneda s. Nella psiche risiede e agisce il desideriodi essere unico, di non essere toccato, di esse-re un Narciso senza rughe e trionfante. al-lora possibile sottomettersi agli ordini pi ter-ribili, allideologia pi costrittiva, alle richie-ste dellautorit come dimostrato da Stanley

    Milgram , partecipare alla zona grigia dicui parla Primo Levi, purch il narcisismo nonsia offeso e il premio sia la possibilit di arri-vare al godimento e sentirsi un padrone. Non necessario essere un gran padrone, un gran-de carnefice; essere un piccolo aguzzino tran-quillo, che non pensa troppo, pu gi forniresoddisfazioni intense. Certo, non tutti sonocos e alcuni riescono a resistere. Ma come diceMilgram (1974): Gli uomini sono condottiallomicidio senza troppe difficolt.

    ConclusioniPer concludere, necessario precisare che

    queste ragioni differenziate, che abbiamo iso-lato e tipizzato per comodit di analisi, intera-giscono le une con le altre, si aggrovigliano finoa formare dei nodi che intrappolano luomo nelsuo desiderio. Lindividuo ad un tempo unico,membro di uno o pi gruppi, della societ nelsuo complesso e appartiene al genere umano. questo che lo rende ancor pi malleabile. Pusempre trovare delle buone (e cattive) ragionialle sue azioni. Deve trovare la sua identit, oammirare il suo capo, o piacere ai suoi compa-gni, o essere razionale, ecc. Ecco perch gli as-sassini, anche se colpa e vergogna sono allori-gine dello sviluppo dellumanit, non si sento-no n colpevoli n provano vergogna dei loroatti. Al contrario, avanzano rivendicazioni comequel dentista (di cui ho scordato il nome), assi-stente di Mengele ad Auschwitz, che tempo fadichiarava a un giornale tedesco di aver trova-to condizioni ottimali di lavoro ad Auschwitz,dove il suo lavoro (!) consisteva nelliniettarepus nelle gengive dei prigionieri, e di aver avutobisogno solo di qualche giorno per adattarsi pie-namente a quel posto, dove sapeva perfetta-mente che migliaia di ebrei (dei veri topi,disse) venivano gasati. Un criminale che ha unasola azione criminale al suo attivo pu avere deirimorsi, un serial-killer pi raramente perch larealizzazione del suo fantasma rilancia la suapropensione a uccidere (De Mijolla-Mellor,1997), un partecipante a omicidi di massa o chili ha decisi, praticamente mai. Il grande nume-

  • S T U D I

    Animazione Sociale22 Gennaio 2001

    ro uccide lemozione se lemozione esiste an-cora. I processi Eichmann, Barbie, Touvier,Papon non fanno che confermare questa as-senza di rimorsi. Dovevano fare il loro lavoro.Potrebbero dire il loro lavoro civilizzatore.Di che cosa li si pu accusare?

    incontestabile che una societ dove si sonodiffusi i genocidi, le pulizie etniche, gli sgoz-zamenti diventata una societ indifferente.Troppi crimini per esserne ancora turbati. Alcontrario, la violenza si manifesta sempre pinettamente. Violenza nei film americani (sem-pre di grande successo), violenza quotidiana suimedia, violenza su Internet e nei video-giochidove si pu uccidere a piacere, violenza nel quo-tidiano che provoca un aumento del senso diinsicurezza, ma anche unabitudine alla violen-za. Se nelle nazioni occidentali (Stati Uniti,Canada ed Europa occidentale) i crimini dimassa sono scomparsi, gli assassinii individua-li e quelli psichici aumentano. La guerra eco-nomica fa le sue stragi. La violenza sottile del-limpresa ha sostituito lo sfruttamento brutale.A molti essa appare non meno intollerabile. Ladiseguaglianza aumenta, gli scarti umani pure.Pochi sono ancora capaci di reagire a questatendenza, anche se ricercatori, medici e attorisociali tentano di definire vie nuove. In ognicaso non sembra, malgrado la letteratura ab-bondante sugli omicidi di massa, che le societe i soggetti umani abbiano preso coscienza del-lampiezza delle trasformazioni. Il pentimento allordine del giorno, ma non fa che alimen-tare (anche se in buona fede) la buona co-scienza e permettere a numerosi gruppi o or-ganizzazioni di sdoganarsi e di darsi un aspet-to pi accogliente e benevolo. Legoismo, il ci-nismo (nel senso volgare del termine), lo scet-ticismo, il relativismo prosperano. Ci si domandasempre meno come perseguire la ricerca di ve-rit e sempre pi come trarsi dimpiccio e so-pravvivere. Il politicamente corretto, cheaveva fondamenti umanisti evidenti, finisce inun rammollimento di tutte le differenze e opi-nioni. Gli uomini di convinzione si fanno rariquando pullulano i buoni e i cattivi ammini-stratori. Le persone al limite si accettano, si tol-lerano senza amarsi. Lappuntamento col cri-

    mine saltato, ma anche quello con lamore. Lenostre societ vivono un deficit di libido.Ognuno pu cos non impegnarsi e protegger-si. Gli uomini vivono nelleffimero e i progettia lungo termine fanno sorridere. Il desiderio dirivoluzione si estinto quando stato possibi-le percepire i danni causati da quelle societ cheavevano voluto rifare tutto dalle fondamenta. Imovimenti sociali radicali languono.

    Gli individui sono diventati pi atoni, pitrasparenti, quasi diafani, senza spessore. Quantoallapparato psichico, se ancora esiste, funzio-na a basso regime. lio adattivo e adattatologgetto di tutte le attenzioni. Gli ideali delliofanno paura, le pulsioni sono canalizzate, reseasettiche; quanto al Super-io, da quando statoparagonato a un poliziotto nella testa, squa-lificato. Si vedono fiorire anche molti divieti re-pressivi e pochi divieti strutturanti. Gli educa-tori non sanno pi i limiti e gli obblighi che de-vono imporre. Il riferimento alla legge orga-nizzatrice non pi posto. I delinquenti, pic-coli e grandi, si moltiplicano, perch niente pi bello, pi sportivo che aggirare e coprire diridicolo la legge e le leggi. Daltronde ognunosi vive come una vittima (della societ, dei ca-pitalisti, degli immigrati, dei delinquenti). Il ter-mine di gran moda sofferenza. Siamo en-trati nella civilt del pianto. Non si tratta pi dilottare per le proprie idee, per la democrazia edi affrontare i problemi e gli ostacoli, ma di de-signare la causa del male, di chiederne la scom-parsa, di ottenere riparazione. Una vittima nonha bisogno del Super-io, di unistanza di divie-to. Ha solo bisogno di essere ascoltata, sotto-posta a terapia se necessario.

    Anche il mondo si scinde. Da una parte i do-minatori, i capitalisti, gli squali della finanza (iparanoici e gli apatici) che esigono la sottomis-sione, dallaltra le vittime e in mezzo gli ope-ratori sociali, psicologi, psicanalisti, mediatori,sociologi, animatori di strada, educatori, ecc., ilcui ruolo di limitare il danno e venire in aiutoalle vittime. Ma poich tutti potranno essere ungiorno vittime, necessario, come ho detto, cheognuno si assicuri di possedere un io solido,flessibile, adattabile. Pu cos fare gli sforzi ne-cessari per seguire le trasformazioni economiche

  • S T U D I

    Animazione Sociale 2001 Gennaio 23

    e sociali. Senza sentirsi pi portatore dellaKulturarbeit, del destino della civilt, dellevolu-zione sociale, n della violenza del mondo. Vuolela pace e consumare gli oggetti e i segni. Questaconstatazione pu apparire sinistra. Nondimenopenso che si debba farla. Daltronde il peggionon sempre sicuro ed sempre nel momentoin cui la speranza svanisce che sorge limprevi-sto e la novit. Questo non prevedibile ci an-nuncia una schiarita o una catastrofe dolce. Nonmi sento in grado di formulare unipotesi. La solapossibilit che mi resta di voler continuare, mal-grado tutto, a pensare e agire con gli altri, a ri-conoscerli, ad amarli se possibile. Se lalba si le-ver, tanto meglio. Se no, si dovr continuare illavoro tranquillamente e pazientemente. Dopotutto, Mos non ha mai visto la Terra promessae gli ebrei hanno dovuto errare quarantanni neldeserto. Non abbiamo alcuna ragione di crede-re che essi hanno pagato a sufficienza per noi nche fossero pi forti e pi resistenti di noi. Bisognariprendere il cammino. Ogni epoca ha un com-pito da portare a termine.

    Traduzione di Danilo Capelli.

    BIBLIOGRAFIA

    Anzieu D., Le groupe et linconscient, Dunod, Parigi1975, tr. it. Il gruppo e linconscio, Borla, Roma 1979.

    Idem, Le moi-peau, Dunod, Parigi 1985, tr. it. Liopelle, Borla, Roma 1987.

    Idem (e altri), Les enveloppes psychiques, Dunod,Parigi 1987.

    Arendt H., Eichmann Jrusalem. Rapport sur la ba-nalit du mal (1963), tr. it. La banalit del male, Feltrinelli,Milano 1993.

    Bataille G., Lerotismo (1951), Mondadori, Milano 1976.Becassis E., Petite mtaphysique du meurtre, PUF,

    Parigi 1998. Bensoussan G., Auschwitz en hritage, Mille et une

    Nuits, Parigi 1998.Bloch M., Ltrange dfaite (1940), Gallimard, Parigi

    1990.Browning C., Ordinary men: Reserve Police Battalion

    101 and the final solution in Poland, HarperCollins, NewYork 1992, tr. it. Uomini comuni. Polizia tedesca e solu-zione finale in Polonia, Einaudi, Torino 1999.

    Caillois R., Bellone ou la pente de la guerre, Nizet,Parigi 1963.

    Idem, Lhomme et le sacr, Gallimard, Parigi 1938.

    Castoriadis C., Notations sur le racisme, in Connexions,49, 1987.

    Charbonnier G., Entretiens avec C. Levi-Strauss,Julliard, Parigi 1961.

    Clastres P., La socit contre ltat, Ed. Minuit, Parigi1974.

    De Mijolla-Mellor S., Le meurtre: entre fortune etralit, in Violences: lieux et cultures, AssociationRnovations, 1997.

    Devereux G., Essais detnopsychiatrie gnrale,Gallimard, Parigi 1973.

    Enriquez E. (e altri), La formation psychosociale dansles organisations, PUF, Parigi 1971.

    Idem, De la horde ltat, Gallimard, Parigi 1983, tr.it. Dallorda allo Stato, Il Mulino, Bologna 1986.

    Idem, Les figures du matre, Arcantre, Parigi 1991. Idem, Les jeux du pouvoir et du dsir dans lentrepri-

    se, Descle de Brouwer, Parigi 1997.Enriquez M., Aux carrefours de la haine, Descle de

    Brouwer, Parigi 1984.Freud S., Totem e tab (1913), in Opere, Boringhieri,

    Torino 1967-80, vol. VII.Idem, Pulsioni e loro destini (1915), in Opere, cit.

    vol. VII.Idem, Psicologia delle masse e analisi dellio (1921),

    in Opere, cit., vol. IX.Idem, Il problema economico del masochismo (1924),

    in Opere, cit., vol. X.Idem, Il disagio della civilt (1929), in Opere, cit.,

    vol. X.Girard R., La violence et le sacr, Grasset, Parigi 1972,

    tr. it. La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980.Lanzmann C., Les non-lieux de la mmoire, in

    Lamour de la haine, in Nouvelle Revue de Psychanalyse,33, 1986.

    Lessing T., Lodio di s ebraico (1930), Mimesis, Milano1995.

    Levinas E., Humanisme de lautre homme, BiblioEssais, Livre de poche, Parigi 1987.

    Milgram S., Obedience to Authority, Harper & Row,New York 1974, tr. it. Obbedienza allautorit, Bompiani,Milano 1975.

    Scubla L., Ceci nest pas un meurtre, in HritierF., De la violence II, Odile Jacob, Parigi 1999.

    Zaltzman N., De la gurison psychanalytique, PUF,Parigi 1998.

    Eugne Enriquez - professore emerito allUni-versit Paris VII Denis Diderot - condirettore delLaboratoire du Changement Social - coredattore dellaRevue Internationale de Psychosociologie.