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è vero, quattro anni fa l’a- vevamo promesso. Fu pre- cisamente dopo le famose politiche del 2013 che la nutrita pattuglia di autori satirici che di lì a poco avrebbe dato vita a que- sto fogliaccio, assunse un impegno solenne: mai più satira sul povero Pierluigi Bersani. Perché va bene essere spietati quando si impugna una matita, ma a tutto c’è un limite! Sparare sulla croce rossa non è bello, con buona pace dei nostri colleghi di Charlie Hebdo che non si fermano nemmeno davanti alle vittime di una sciagura. E cosa rappresentò quella famigerata competizione elettorale se non una disastrosa sciagura per l’allora aspirante “smacchiatore di giaguari” che finì per essere smacchiato da un Cav in disarmo e dal ciclone dei pentastellati? Impossi- bile dimenticare lo strazio che tutti provammo nel vedere l’uomo che avrebbe dovuto vincere a mani basse per mancanza di competitor, ridotto a trascinarsi in Transatlantico per mendicare disperatamente uno straccio di fiducia. Si dice che in quei giorni dram- matici il povero Pierluigi provò senza successo a flir- tare un po’ con tutti – commessi della Camera compresi – incassando pedate a raffica dai grillini, dai berluscones, ma soprattutto dagli uomini della sua stessa “ditta” che lo ritenevano responsabile di una delle débâcle più clamo- rose della storia della sinistra italiana. E purtroppo per lui ave- vano ragione: Bersani non solo non riuscì a smacchiare un giaguaro fiaccato dai complotti franco-tedeschi-“Napolitani” e dalle inchieste giudiziarie, ma riuscì a perdere persino a Bet- tola, suo paese natale. Un disastro su tutta la linea che impedì alla sua coalizione di conquistare la maggioranza al Senato e lo costrinse a pronunciare in conferenza stampa quell’ossimoro con il quale si aggiudicò il Guinness World Records della sfiga post-elettorale: “Siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto”. Fu in quel preciso istante che il nostro duro cuore di satirici si strinse al punto di accarezzare per la prima volta la decisione di non colpire mai più quel poveretto. Im- pegno che diventò definitivo nei mesi successivi, quando Bersani – ormai rottamato dal renzismo e re- duce da un malore probabilmente favorito dalle troppe umiliazioni – si lasciò andare alla classica strategia del cane risentito che abbaia ma non morde. Vederlo minacciare ogni due per tre la scissione da un Pd verdinizzato, per poi puntualmente rientrare nei ranghi (affermando dispe- ratamente che la “ditta” era casa sua), provocava infatti un moto di commozione persino più forte di quello già provato all’indomani della batosta del 2013. Dunque dicemmo basta e per anni, sullo sfigato di Bettola, è rimasto steso un velo che finalmente il mese scorso abbiamo potuto risollevare in pompa magna. Perché – udite udite – alla fine il povero Pierluigi è stato l’unico ad andarsene per davvero. Contro ogni previsione, alla faccia di ogni pronostico, il fallito smacchiatore s’è clamorosamente riscattato, lasciando il proprio testimone a Michele Emiliano. è stato infatti proprio il governatore della Puglia – nel corso dell’ultima incandescente direzione del Pd – a conquistarsi sul campo l’eredità dello sfigato “tante chiac- chiere e zero quid”. Così oggi l’immagine di Bersani, in con- fronto a quella di Emiliano, si staglia all’orizzonte come quella di un Che Guevara moderno. Con tanto di virile sigaro pen- dente dalle labbra. All’indomani della clamorosa “bersanizzazione” di Emiliano – rientrato in zona Cesarini nel partito dopo aver scassato gli ze- bedei per mesi e mesi con fantomatiche suggestioni socialiste e rivoluzionarie – il leader indiscusso degli scissionisti è proprio l’eroe di Bettola. L’uomo nuovo della sinistra dura e pura. Il solo ad essere rimasto col cerino in mano. Ah, quanto c’è mancato l’ottimo Pierluigi. Adesso sì che pos- siamo finalmente tornare a prenderlo per il culo. La parola d’ordine è: solidarietà a Virginia Raggi! L’indecente, violento insulto pubblicato il mese scorso in prima pagina da un quoti- diano nazionale, ha scatenato reazioni da tutto il mondo intellettuale e politico. Paragonare la sindaca di Roma a un tubero è davvero scandaloso, se poi al vocabolo tuberoso aggiungiamo anche l’aggettivo bollente, dav- vero dobbiamo dire che la misura è colma! Vir- ginia Raggi è, innanzitutto un primo cittadino e, come tale, di genere assolutamente maschile. Perciò non adatto all’accostamento con la so- lanacea, indubitabilmente femminile. Detto questo, l’assoluta indelicatezza dell’ammic- cante sottinteso montanelliano, ovvero ciò che il grande Indro disse a proposito della famiglia Savoia che risultava essere proprio come le so- lanacee di cui sopra, ovvero il cui meglio sta sottoterra, sottinteso che in questo caso ben si presta, così, ad alludere alla più scottante of- fesa che un romano possa udire: “li mortacci tua!”, supera ogni limite di decenza. È ora di mettere un freno all’insulto selvaggio. Le metafore offensive lasciamole usare a chi, al- meno, padroneggia la lingua e non confonde maschile e femminile, vegetali e animali: chi un giorno, in evidente stato di grazia, ha coniato un detto che ormai è entrato a far parte del lin- guaggio intellettuale: “smacchiare il giaguaro.” Caius La patata indecente VISTO DA SINISTRA Basta! Di queste lamentele continue, di questi lai a sfondo vegetale che si levano da ogni vir- gulto delle sinistre, quasi che avessimo assistito ad un reato di lesa maestà. Le tuberose o, meglio, nel caso le solanacee, non possono vantare quale che sia quarto di nobiltà e, perciò, l’aggettivo bollente va rite- nuto del tutto inoffensivo. D’accordo che le più radicali teorie naturaliste sostengono che anche i vegetali siano dotati di sensibilità se non, ad- dirittura, di sentimenti. Ma di lì a definirli es- seri senzienti ce ne corre. Che poi si voglia approfittare del doppio senso siffrediano che la solanacea tirerebbe, per allu- dere a chissà quale rapporto fra la sindaca di Roma e Silvio Ottimo Massimo, notoriamente estimatore del tubero di cui sopra, è davvero in- sostenibile. Tanto che, quando il medesimo quotidiano nazionale, pubblicò il medesimo ti- tolo a proposito dell’innocentissima Ruby Ru- bacuori, coinvolta nello scandalo subdolamente montato dalle sinistre, per le altrettanto inno- centi cene offerte dal Sempre Presidente a gio- vani intellettuali di centrodestra, non si levò neppure una flebile voce a difesa della giovane o di Silvio il Grande. È un’evidente discrimina- zione: gridiamolo con forza: non esistono sola- nacee di serie A e solanacee di serie B! Il tubero è uguale per tutti! Sempronius La patata indecente Dopo un lungo periodo di diffidenza nei confronti della Meloni e di Salvini, il Cavaliere sembra pren- dere in considerazione l’idea di un listone unico Lega-FdI-FI. Pare insomma che il Cav si sia lasciato tentare dalla suggestione “sovranista”. Ossia quella che vede lui nei panni del sovrano e i primi due con la solita livrea da camerieri. In merito all’inchiesta Consip, Matteo Renzi si schiera a difesa di papà Tiziano. Intervistato sulla vi- cenda ha dichiarato di conoscere bene i “valori” di suo padre. Qualcuno suggerisca all’ex premier di evi- tare terminologie che si prestano ad ambigue inter- pretazioni. Altrimenti potrebbe ritrovarsi convocato in Procura come “persona informata sui fatti”. Candido mensile, viene compilato e stampato a Roma dalla ditta La Satira di Luciano Lucarini e distribuito dalla Casa edi- trice Pagine. Direttore responsabile Luciano Lucarini Direttore Alessio Di Mauro Condirettore Egidio Bandini Collaboratori Enrico Beruschi, Cristiano Boggi, Lorenzo Borgonovo, Ottavio Cappellani, Danilo Coppe, LaFont, Walter Leoni, Maurizio Maluta, Giuseppe Mele, Mauro Modenese, Adriano Monti Buzzetti, Panif, Ric- cardo Paradisi, Giuseppe Pellegrini, Emanuele Ricucci, Manlio Triggiani, Giovanni Vasso. La direzione e la reda- zione sono a Roma in Via delle Medaglie d’oro, 73. Il giornale viene stampato presso la tipografia Mondostampa Srl, via della Pisana, 1448 - Roma. Pubblicazione registrata al Tribunale di Roma con il n. 101 del 24/04/2014. Per mettersi in contatto con noi ci si serva del numero 06.45468600, oppure si può mandare un’e-mail a [email protected]. è possibile seguirci anche sul sito www.nuovocandido.it e sulla nostra pagina Facebook. Per abbonarsi a Candido e ricevere per un anno il mensile è sufficiente telefonare al numero 333.6759574. Mensile Fondato da Giovannino Guareschi Euro 3,00 2,50 per ogni numero * Sped. abb. post. Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017 Questa testata non usufruisce di finanziamento pubblico *** di Alessio Di Mauro Noi per Voi Il Marziale Era meglio tacere L’apostrofo dell’ometto *** di Egidio Bandini Cari Candidolettori, eccoci al mese di marzo, all’inizio della più bella (o, perlomeno più pro- mettente…) stagione dell’anno: la primavera! La stagione dei cambiamenti, del rifiorire della natura e, quindi, il vostro ometto si chiede – come probabilmente farete voi tutti – cosa cam- bierà in Italia? Sono due, a quanto è dato sa- pere, le novità alle viste o, quanto meno, le più probabili novità. In ordine di importanza: l’as- segnazione del “genere neutro” alla parola amore e la scissione nel Pd. Perché risulterebbe più importante la questione linguistica rispetto a quella politica? Semplice: perché mentre la prima ha, seppur fievole, qual- che speranza di riuscita, la seconda, pur essendo sostenuta da cariatidi del peso di Bersani e, sotto sotto, D’Alema, si dovrà scontrare proprio con il più grande amore professato dai politici. Quello per la poltrona. Procediamo con ordine. È stata lanciata una campagna televisiva, con tanto di sottoscrizione, per mettere l’apostrofo alla frase “un amore” che, in nome del rispetto di genere (moda lanciata a piene mani dalla nostra presidenta della Camera), dovrebbe poter essere indifferentemente scritta con o senza l’a- postrofo, grafia quest’ultima in aperto contrasto con le più elementari regole della lingua ita- liana. VISTO DA DESTRA Seguiteci anche su www.nuovocandido.it segue in quarta pagina Bersani nudo balla Comunisti’s Karma *** di Giovanni Vasso “E ssere o dover essere? è il dubbio amletico, contemporaneo come l’uomo del neolitico”, secondo Francesco Gabbani, il vincitore dell’ultimo Sanremo, e la sua fedele scimmia. Ma è pure, da sempre, il dubbio della minoranza dem che però finalmente pare abbia scelto di “es- sere”! Basta “dover essere” paludati e liberal, occhietti pazzi, webbe e uaifai. Bersani, D’A- lema, Speranza and friends (anzi, tovarich) hanno scelto di fare outing, ritrovare le loro radici e adesso fanno i Socialisti Rivoluzio- nari. Ripartire dalle basi, bisogna. Lezioni di ortodossia, c’è Lenin in fila indiana, per tutti un’ora al Mausoleo, “hasta siempre”! Alla prima riunione, nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’università “Scipione l’Afri- cano” Bersani ha distribuito gli eskimo, Emi- liano s’è ingozzato di panini con la salsiccia e a ogni morso ha bestemmiato le delikatessen chic del renziano Farinetti. La Finocchiaro (imbucata) s’è presentata in minigonna psichedelica, D’Alema ha regalato molotov ai kompagni. Speranza ha presen- tato la mozione: “Proletariato, popolo in armi: Troskij ieri, oggi, domani e pure dopo- domani, tiè!”. Tutti estasiati al pensiero di poter dormire in aula senza le slide che rom- pono il materialismo storico. Alè! è proprio quello che serviva al Paese. Infatti la folla grida un mantra. Qualcosa di irrepe- tibile, una filastrocca di maledizioni paleo- etrusche: il proletariato è morto incazzato. Per capire la realtà nuova della globalizza- zione c’è bisogno dei vecchi strumenti del- l’Ottocento degli Stati Nazione. C’è un grande passato nel nostro futuro, come disse quello. Al proprio destino non si può sfug- gire. L’evoluzione, socialista massimalista, in- ciampa. La scimmia rossa balla. OM scissionisti dem LA TATTICA RIVOLUZIONARIA DEL COMPAGNO EMILIANO D’ALEMA LAVORA A UN’ALTERNATIVA AL PD USCIAMO dalla porta e RIENTRIAMO dalla finestra!

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Page 1: Euro 3,00 2,50 per ogni numero * Sped. abb. post. Nuova ... · mettere un freno all’insulto selvaggio. ... Tutti estasiati al pensiero di poter dormire in aula senza le slide che

èvero, quattro anni fa l’a-vevamo promesso. Fu pre-cisamente dopo le famose

politiche del 2013 che la nutritapattuglia di autori satirici che dilì a poco avrebbe dato vita a que-sto fogliaccio, assunse un impegnosolenne: mai più satira sul povero Pierluigi Bersani. Perché vabene essere spietati quando si impugna una matita, ma a tuttoc’è un limite! Sparare sulla croce rossa non è bello, con buonapace dei nostri colleghi di Charlie Hebdo che non si fermanonemmeno davanti alle vittime di una sciagura. E cosa rappresentò quella famigerata competizione elettorale senon una disastrosa sciagura per l’allora aspirante “smacchiatoredi giaguari” che finì per essere smacchiato da un Cavin disarmo e dal ciclone dei pentastellati? Impossi-bile dimenticare lo strazio che tutti provammo nelvedere l’uomo che avrebbe dovuto vincere a manibasse per mancanza di competitor, ridotto a trascinarsiin Transatlantico per mendicare disperatamente unostraccio di fiducia. Si dice che in quei giorni dram-matici il povero Pierluigi provò senza successo a flir-tare un po’ con tutti – commessi della Cameracompresi – incassando pedate a raffica dai grillini, daiberluscones, ma soprattutto dagli uomini della sua stessa “ditta”che lo ritenevano responsabile di una delle débâcle più clamo-rose della storia della sinistra italiana. E purtroppo per lui ave-vano ragione: Bersani non solo non riuscì a smacchiare ungiaguaro fiaccato dai complotti franco-tedeschi-“Napolitani”e dalle inchieste giudiziarie, ma riuscì a perdere persino a Bet-tola, suo paese natale. Un disastro su tutta la linea che impedìalla sua coalizione di conquistare la maggioranza al Senato elo costrinse a pronunciare in conferenza stampa quell’ossimorocon il quale si aggiudicò il Guinness World Records della sfigapost-elettorale: “Siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto”.Fu in quel preciso istante che il nostro duro cuore di satirici si

strinse al punto di accarezzare perla prima volta la decisione di noncolpire mai più quel poveretto. Im-pegno che diventò definitivo neimesi successivi, quando Bersani –ormai rottamato dal renzismo e re-duce da un malore probabilmente

favorito dalle troppe umiliazioni – si lasciò andare alla classicastrategia del cane risentito che abbaia ma non morde. Vederlominacciare ogni due per tre la scissione da un Pd verdinizzato,per poi puntualmente rientrare nei ranghi (affermando dispe-ratamente che la “ditta” era casa sua), provocava infatti unmoto di commozione persino più forte di quello già provatoall’indomani della batosta del 2013. Dunque dicemmo basta

e per anni, sullo sfigato di Bettola, è rimasto steso un velo chefinalmente il mese scorso abbiamo potuto risollevare inpompa magna. Perché – udite udite – alla fine il povero

Pierluigi è stato l’unico ad andarsene per davvero.Contro ogni previsione, alla faccia di ogni pronostico,il fallito smacchiatore s’è clamorosamente riscattato,lasciando il proprio testimone a Michele Emiliano.

è stato infatti proprio il governatore della Puglia –nel corso dell’ultima incandescente direzione del Pd –

a conquistarsi sul campo l’eredità dello sfigato “tante chiac-chiere e zero quid”. Così oggi l’immagine di Bersani, in con-fronto a quella di Emiliano, si staglia all’orizzonte come quelladi un Che Guevara moderno. Con tanto di virile sigaro pen-dente dalle labbra. All’indomani della clamorosa “bersanizzazione” di Emiliano –rientrato in zona Cesarini nel partito dopo aver scassato gli ze-bedei per mesi e mesi con fantomatiche suggestioni socialiste erivoluzionarie – il leader indiscusso degli scissionisti è propriol’eroe di Bettola. L’uomo nuovo della sinistra dura e pura. Ilsolo ad essere rimasto col cerino in mano. Ah, quanto c’è mancato l’ottimo Pierluigi. Adesso sì che pos-siamo finalmente tornare a prenderlo per il culo.

La parola d’ordine è: solidarietà a VirginiaRaggi! L’indecente, violento insulto pubblicatoil mese scorso in prima pagina da un quoti-diano nazionale, ha scatenato reazioni da tuttoil mondo intellettuale e politico. Paragonare la sindaca di Roma a un tubero èdavvero scandaloso, se poi al vocabolo tuberosoaggiungiamo anche l’aggettivo bollente, dav-vero dobbiamo dire che la misura è colma! Vir-ginia Raggi è, innanzitutto un primo cittadinoe, come tale, di genere assolutamente maschile.Perciò non adatto all’accostamento con la so-lanacea, indubitabilmente femminile. Dettoquesto, l’assoluta indelicatezza dell’ammic-cante sottinteso montanelliano, ovvero ciò cheil grande Indro disse a proposito della famigliaSavoia che risultava essere proprio come le so-lanacee di cui sopra, ovvero il cui meglio stasottoterra, sottinteso che in questo caso ben sipresta, così, ad alludere alla più scottante of-fesa che un romano possa udire: “li mortaccitua!”, supera ogni limite di decenza. È ora dimettere un freno all’insulto selvaggio. Le metafore offensive lasciamole usare a chi, al-meno, padroneggia la lingua e non confondemaschile e femminile, vegetali e animali: chi ungiorno, in evidente stato di grazia, ha coniatoun detto che ormai è entrato a far parte del lin-guaggio intellettuale: “smacchiare il giaguaro.”

Caius

La patata indecente

V I S T O D A S I N I S T R A

Basta! Di queste lamentele continue, di questilai a sfondo vegetale che si levano da ogni vir-gulto delle sinistre, quasi che avessimo assistitoad un reato di lesa maestà. Le tuberose o, meglio, nel caso le solanacee,non possono vantare quale che sia quarto dinobiltà e, perciò, l’aggettivo bollente va rite-nuto del tutto inoffensivo. D’accordo che le piùradicali teorie naturaliste sostengono che anchei vegetali siano dotati di sensibilità se non, ad-dirittura, di sentimenti. Ma di lì a definirli es-seri senzienti ce ne corre. Che poi si voglia approfittare del doppio sensosiffrediano che la solanacea tirerebbe, per allu-dere a chissà quale rapporto fra la sindaca diRoma e Silvio Ottimo Massimo, notoriamenteestimatore del tubero di cui sopra, è davvero in-sostenibile. Tanto che, quando il medesimoquotidiano nazionale, pubblicò il medesimo ti-tolo a proposito dell’innocentissima Ruby Ru-bacuori, coinvolta nello scandalo subdolamentemontato dalle sinistre, per le altrettanto inno-centi cene offerte dal Sempre Presidente a gio-vani intellettuali di centrodestra, non si levòneppure una flebile voce a difesa della giovaneo di Silvio il Grande. È un’evidente discrimina-zione: gridiamolo con forza: non esistono sola-nacee di serie A e solanacee di serie B! Il tuberoè uguale per tutti!

Sempronius

La patata indecente

Dopo un lungo periodo di diffidenza nei confrontidella Meloni e di Salvini, il Cavaliere sembra pren-dere in considerazione l’idea di un listone unicoLega-FdI-FI. Pare insomma che il Cav si sia lasciatotentare dalla suggestione “sovranista”. Ossia quellache vede lui nei panni del sovrano e i primi due conla solita livrea da camerieri.

In merito all’inchiesta Consip, Matteo Renzi sischiera a difesa di papà Tiziano. Intervistato sulla vi-cenda ha dichiarato di conoscere bene i “valori” disuo padre. Qualcuno suggerisca all’ex premier di evi-tare terminologie che si prestano ad ambigue inter-pretazioni. Altrimenti potrebbe ritrovarsi convocatoin Procura come “persona informata sui fatti”.

Candido mensile, viene compilato e stampato a Roma dalladitta La Satira di Luciano Lucarini e distribuito dalla Casa edi-trice Pagine. Direttore responsabile Luciano LucariniDirettore Alessio Di Mauro Condirettore Egidio Bandini

Collaboratori Enrico Beruschi, Cristiano Boggi, LorenzoBorgonovo, Ottavio Cappellani, Danilo Coppe, LaFont,Walter Leoni, Maurizio Maluta, Giuseppe Mele,Mauro Modenese, Adriano Monti Buzzetti, Panif, Ric-

cardo Paradisi, Giuseppe Pellegrini, Emanuele Ricucci,Manlio Triggiani, Giovanni Vasso. La direzione e la reda-zione sono a Roma in Via delle Medaglie d’oro, 73. Il giornaleviene stampato presso la tipografia Mondostampa Srl, via della

Pisana, 1448 - Roma. Pubblicazione registrata al Tribunale diRoma con il n. 101 del 24/04/2014. Per mettersi in contattocon noi ci si serva del numero 06.45468600, oppure si puòmandare un’e-mail a [email protected]. è possibile

seguirci anche sul sito www.nuovocandido.it e sulla nostrapagina Facebook. Per abbonarsi a Candido e ricevere per unanno il mensile è sufficiente telefonare al numero333.6759574.

MensileFondato da Giovannino Guareschi

Euro 3,00 2,50 per ogni numero * Sped. abb. post. Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

Questa testata non usufruisce di finanziamento pubblico

***di Alessio Di Mauro

NoiperVoi

Il Marziale Era meglio tacere

L’apostrofodell’ometto

***di Egidio Bandini

Cari Candidolettori, eccoci al mese di marzo,all’inizio della più bella (o, perlomeno più pro-mettente…) stagione dell’anno: la primavera!La stagione dei cambiamenti, del rifiorire dellanatura e, quindi, il vostro ometto si chiede –come probabilmente farete voi tutti – cosa cam-bierà in Italia? Sono due, a quanto è dato sa-pere, le novità alle viste o, quanto meno, le piùprobabili novità. In ordine di importanza: l’as-segnazione del “genere neutro” alla parolaamore e la scissione nel Pd. Perché risulterebbe più importante la questionelinguistica rispetto a quella politica? Semplice:perché mentre la prima ha, seppur fievole, qual-che speranza di riuscita, la seconda, pur essendosostenuta da cariatidi del peso di Bersani e, sottosotto, D’Alema, si dovrà scontrare proprio conil più grande amore professato dai politici.Quello per la poltrona. Procediamo con ordine.È stata lanciata una campagna televisiva, contanto di sottoscrizione, per mettere l’apostrofoalla frase “un amore” che, in nome del rispettodi genere (moda lanciata a piene mani dallanostra presidenta della Camera), dovrebbe poteressere indifferentemente scritta con o senza l’a-postrofo, grafia quest’ultima in aperto contrastocon le più elementari regole della lingua ita-liana.

V I S T O D A D E S T R A

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segue in quarta pagina

Bersani nudo ballaComunisti’s Karma

***di Giovanni Vasso

“Essere o dover essere? è il dubbioamletico, contemporaneo comel’uomo del neolitico”, secondo

Francesco Gabbani, il vincitore dell’ultimoSanremo, e la sua fedele scimmia. Ma è pure,da sempre, il dubbio della minoranza demche però finalmente pare abbia scelto di “es-sere”! Basta “dover essere” paludati e liberal,occhietti pazzi, webbe e uaifai. Bersani, D’A-lema, Speranza and friends (anzi, tovarich)hanno scelto di fare outing, ritrovare le lororadici e adesso fanno i Socialisti Rivoluzio-nari. Ripartire dalle basi, bisogna. Lezioni diortodossia, c’è Lenin in fila indiana, per tuttiun’ora al Mausoleo, “hasta siempre”! Alla prima riunione, nella facoltà di Letteree Filosofia dell’università “Scipione l’Afri-cano” Bersani ha distribuito gli eskimo, Emi-liano s’è ingozzato di panini con la salsiccia ea ogni morso ha bestemmiato le delikatessenchic del renziano Farinetti. La Finocchiaro (imbucata) s’è presentata inminigonna psichedelica, D’Alema ha regalatomolotov ai kompagni. Speranza ha presen-tato la mozione: “Proletariato, popolo inarmi: Troskij ieri, oggi, domani e pure dopo-domani, tiè!”. Tutti estasiati al pensiero dipoter dormire in aula senza le slide che rom-pono il materialismo storico. Alè!è proprio quello che serviva al Paese. Infattila folla grida un mantra. Qualcosa di irrepe-tibile, una filastrocca di maledizioni paleo-etrusche: il proletariato è morto incazzato.Per capire la realtà nuova della globalizza-zione c’è bisogno dei vecchi strumenti del-l’Ottocento degli Stati Nazione. C’è ungrande passato nel nostro futuro, come dissequello. Al proprio destino non si può sfug-gire. L’evoluzione, socialista massimalista, in-ciampa. La scimmia rossa balla. OM

scissionisti demLA TATTICA RIVOLUZIONARIA DEL COMPAGNO EMILIANO

D’ALEMA LAVORA A UN’ALTERNATIVA AL PD

USCIAMO

dalla porta

e RIENTRIAMO

dalla finestra!

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MATERA Preso il maniaco che si in]lava tra iceleberrimi Sassi, armamentario inmano, nell’attesa che arrivassero ledonne per masturbarsi alla loro pre-senza. L’uomo era dedito pure a usarei bagni del bar senza chiudere laporta, in modo tale da essere visto datutti.

la Gazzetta del Mezzogiorno

SCAFATI (SA)Mancano poche settimane al ma-trimonio, c’è da Urmare le pubbli-cazioni ma lei non si trova più. Losposo disperato chiama l’amico fe-dele che gli farà da testimone e sco-pre la verità: lui e la pulzella sonoscappati insieme lasciandogli il lo-cale e la chiesa da pagare.

la Città di Salerno

NUORO Quattro bracconieri sono stati sga-mati con cinquemila tordi, gli im-mangiabili uccelletti di cui Fantozzici ha degnamente rac-contato le lodi. Il Wwfadesso ha deciso che sicostituirà parte civilenel processo. L’associa-zione Pensionati Ano-nimi ancora devesciogliere la riserva.

l’Unione Sarda

BOLZANOL’autentica pizza ve-race, quella chesprizza originalità eallegria? La potetemangiare solo a Bol-zano nel locale diproprietà della fami-glia tedesca! Mica èuna marchetta, no?

Alto Adige

VIAREGGIO (LU)Grazie a un gruppo di ggggiovaniamici riapre ]nalmente la storica ta-baccheria che aveva alzato le serrandeper la prima volta 110 anni fa! Lì siserviva pure Giacomo Puccini! Micaè una marchetta, no?

il Tirreno

CATANZAROLa Regione Calabria ha pagato duevolte le spese dei gruppi politici inseno al consiglio regionale. Ora la

magistratura contabile crede che leleggi che hanno consentito ciòsiano incostituzionali. E ricorronoall’omonima corte.

il Quotidiano del Sud

ROMASimona Venturanon può sposarsicon il compagnoGerò Carraro ]noa che non otterrà il

perdono da parte di donna Mara Ve-nier. Al via i negoziati internazionalidella Nato e dell’Ue per tentare di ri-solvere quanto prima la situazioneche non lascia dormire in pace gli ita-liani.

Nuovo Settimanle

PESCARAZdenek Zeman ritorna in pan-china e lo fa ripartendo dallascommessa impossibile del Pescaraderelitto in serie A. Esulta la se-

zione locale della Federazione ita-liana dei tabaccai: “Non lasciarcimai più”.

Gazzetta dello Sport

MESSINAL’ambasciata cinese s’è rizelata parec-chio per la visita in città del DalaiLama. È solo un agitatore politico,un separatista, ha tuonato il rappre-sentante di Pechino in Italia e ha mi-nacciato il variopinto sindacoAccorinti di ripercussioni econo-miche da parte della Cina: “Nonverremo più in vacanza qui e fa-

remo noi il ponte sulloStretto”.

la Gazzetta del Sud

VERONAGli uomini simettono a lavo-rare all’uncinettocontro la vio-

lenza sulle donne. Ha cominciato con ilricamare il primoquadro della copertadi Giulietta il vicepre-sidente della commis-sione regionale allePari Opportunità eora dovranno farlo al-meno altri 9.999 ve-neti. Cucirne uno per(ri)educarne 10mila. .

l’Arena

NAPOLIUno studio dell’Uni-versità Federico II svelal’insondabile, morti]cai corifei del terrorismosalutista e spazza lefake news alimentari:l’olio di palma non famale! Adesso, per fa-

vore, chiedete scusa alla Nutella. il Giornale

ROMAOttime notizie! Il prezzo dei suinipesanti aumenta e passa a 1,44euro al chilogrammo. Cresce laredditività degli allevamenti e ilsettore non risente minimanentedella concorrenza impropria delporcile socio-economico-politicoitaliano.

Suinicoltura

PIANURA PADANADopo le eroiche gesta del già mitolo-gico don Contin, sgamato il fratac-chione con il tonacone se ne andavabellamente a impipare al night clubcon le puttane in alt’uniforme. Vivala chiesa militante!

La7

SENIGALLIA (AN)L’attempata milfona 56enne scopreche quei due pischelletti ventennicon i quali s’è intrattenuta allagrandissima, hanno fatto il videodelle sue gesta eroiche ed erotiche.La donna è andata fuori di mattoed è corsa dai carabinieri per de-nunciarli subito, preventivamente.Ma i militari l’hanno rimandata acasa: prima devono pubblicare ilvideo e poi li può querelare. Tecnica e informazione per le aziende

MILANOScopri quanto sei gay con il nuovotest della scala di Kinsey! Io l’ho fattoe mi è uscito che sono omosessuale,ma che non disdegno contatti etero.Troppo per ambire a un qualsiasicontratto a tempo indeterminato.

Gay.it

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fa bene***

di Emanuele Ricucci

Sensazionale scoperta di alcunimedici milanesi: l’odio dipalma fa bene. In seguito alla

recente installazione delle palme inPiazza Duomo a Milano è la scienzaa dare una risposta. “L’odio dipalma, in passato fortemente osteg-giato, ha delle reali proprietà bene]-che. Agisce, principalmente, sulsenso di dignità e di buon senso dellepersone che noncapiscono pro-prio come maiMilano avessenecessità dipalme che faces-sero ombra al go-tico ed eterno Duomo”. Ad ammetterlo è uno degliscopritori, il dott.Serio Buongusto,esperto nei fenomeni chimici che az-zerano la capacità di giudizio degliindividui. Dello stesso parere la fa-mosa giornalista scienti]ca VeraScorretta: “Una bella sorsata di odiodi palma aiuta a dormire meglio. Si torna, così, a sognare una Milanoelegante e dinamica, geometrica eperfetta avanguardia della città occi-dentale: libera, ordinata e a dimen-sione d’uomo”. Dichiarazioni importanti che arri-vano proprio nel giorno in cui il sin-daco Al Giusep Salah, di recenteconvertito all’Islam, parla dell’evolu-zione della sua città, in una confe-renza stampa dal tema: “Hammameto Casablanca: quale futuro per Mi-lano?”: “Bene le palme ma Milanoha la necessità di aprirsi all’integra-zione di culture ben più adeguate ainostri tempi rispetto a quella cri-stiano-occidentale. Siamo già al la-voro per installare un suq, in piazzaCastello, concepito da Fuksas, dovesi potrà conversare tra un cus cus el'altro, dotato di ogni confort, dalleschiave, agli ingressi usb per ricari-care gli smartphones. Addio alle bi-ciclette, addio bike sharing. Stiamoinstallando i Cammelli nelle variezone della città. Inoltre stiamo pre-disponendo proprio piazza delDuomo per accogliere la sharia: dalsabato alla domenica, con un bi-glietto ridotto, animazione beduinae sassaiola verso le impudiche, gratisper i ragazzi e gli over 65". Milan, l’èon grand kebab.

Emergenze dimenticate“Anto’, faceva

caldo...”***

di Cristiano Boggi

Èproprio vero che il tempovola quando ci si diverte.Pare ieri, ma son già passati

sette mesi dalla scossa che ha scon-quassato l’Italia di mezzo in quel 24agosto. Noi si stava ancora in fasepost impepata di cozze mentre adAmatrice e Norcia si stava scate-nando l’inferno. Anto’ fa caldo! Se non fosse per levittime, la distruzione… vabbètutte quelle cose spiacevoli che disolito accadono durante i terre-moti, non sarebbe stato un grandeproblema dormire qualche mesenelle tende sul Unire dell’estate.Anzi sicuramente già c’era chi si fre-gava le mani pregustando la pioggiadi denari per la ricostruzione. Poi, però la scossa del 30 ottobrealle 7,40. Miseria che botta! Sta-volta s’è sentita bene anche a Roma. Non vi lasceremo soli, ripeteva ildisco rotto durante le interminabilipasserelle tra le macerie, in favoredi telecamera. Sai che c’è, Anto’?!?Comincia a fare freschetto è quasinovembre e in montagna l’aria si èfatta frizzantina. Sarà meglio che cimettiamo su qualcosa, chessò? Unaroulotte, un camper. È quasi Na-tale, che ne pensate se quest’annoper le feste regaliamo un Ciauscolodi Visso solidale? O una confezionedi Lenticchie di Castelluccio “ilcui-ricavatodellavenditasaràdevolutoai-terremotati”. Anto’, ma che fa nevica? Sì, in mon-tagna di solito nevica, ma que-st’anno non abbiamo più la casa. Ècrollata col terremoto. Insieme allescuole, ai negozi, alle chiese e allestalle. Ecchessarà mai qualche mesein albergo sulla costa, c’è chi paghe-rebbe… poi tra poco arriveranno imoduli abitativi e le casette. Non ci lasceranno soli, Anto’, cel’hanno promesso. Anto’? Anto’…siamo a marzo, ma ’ste casette?Come dici? C’è l’emergenza PD? IlCongresso, la fase programmatica,lo scisma… Anto’ ma sei serio?Davvero dici? Ma le bestie alfreddo? E le creature? Emiliano,Speranza, Rossi… Anto’ dici che cevonno ventitrè miliardi per la rico-struzione e adesso non sanno dovetrovarli? Dici che l’hanno spesi tuttiper le banche? Antò, sai che c’è?…ma vaTanculo!

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Francesco GabbaniGabbani ci piace molto. Intanto è

di Carrara, e, come tale, ubiquo. Loamano i toscani, i liguri e pure gliemiliani. Tutti lo sentono come robaloro. Di tutti e di nessuno, in-somma. Di_cile la vita degli anar-chici delle Apuane: sarà per questo(o per le polveri di marmo?) chelaggiù sono sempre’mbriachi. E poi c’èquesta storia dellascimmia nuda: inuna recente intervi-sta l’antropologoDesmond Morris,alle cui opere lacanzone di France-sco Gabbani vinci-trice di Sanremo fariferimento, pro-muove a pieni voti il

cantante toscano. Era proprio quelloche volevo dire nei miei saggi, fa sa-pere Morris. Occidentali’s karma.

Nientemeno. A questo punto potevaanche non scrivere tutti isuoi libri: bastava recarsi nelnegozio di strumenti dei

Gabbani a Car-rara, ed incari-care il buonFrancesco di oc-cuparsi di tutto.

La scimmia nuda diMorris saremmo noi,e ci mancherebbe altro.Con quello che pa-ghiamo di tasse ci siamo

ipotecati tutti i banani di-sponibili. Abbiamo dovutovenderli a Starbuck’s che li ha

piazzati a Milano in piazzaDuomo. Stavano decisa-mente meglio nella foresta,mi viene da dire. E vabbè.Quel che è perso è perso. Comunque vada panta rei,direbbe lo stesso Gabbani,sul quale corre una stranavoce. Pare che, comequalche collega pri-mate, sia superdo-tato. Adesso capiamoperché lo hannoripescato allascorsa edizionedi Sanremo! Sapevano acosa aggrap-parsi anchedurante la ca-duta nel profondopozzo dell’oblio.

Alessandra MussoliniSe voi trovaste vostra ]glia mino-renne a letto con un vecchio bab-bione che fareste? Fuoco, certo.

Io personalmente farei fuocoanche se la trovassi a letto

con un compa-gnuccio di scuola,di quelli adora-bili con la felpadi sei taglie piùlarga e settepiercing perlato. Sullaquestione,Alessandra

Mussolinisospende il giu-dizio. La provocazione,fatta in diretta te-levisiva da Mauri-zio Belpietro neglistudi di Dalla vo-stra parte è di unex grillino, talDaniele Marti-

nelli, che si guadagna il triste primatodi avere infranto il tabù sulle vicendescabrose del marito della Alessandranazionale. Da una sostenitrice a spron battutodelle armi come la Mussolini, ci sa-remmo certamente aspettati una ri-sposta a\ermativa, nonostante ladomanda mal posta: “Sì, avrei spa-rato, persino se il babbione in que-stione fosse stato mio marito”. E chissà che al buon Floriani non siatoccata per davvero una bella scaricadi sale grosso (e non di piombo), alsuo ritorno a casa dopo il famoso mi-sfatto. Io, fossi nella nipote di(quando c’era) LVI, farei campagnaelettorale proprio su questo: “Donnespariamo ai nostri mariti quandosgarrano”. Sarebbe un colpaccio, da un lato ac-contenti le femministe militanti edall’altro la lobby delle armi. Pensa se poi si convincesse persino lamoglie del Martinelli e lo aspettassea casa con la doppietta, presentando-gli il conto delle posizioni politichebislacche sin qui sostenute. Bang!

***di Lorenzo Borgonovo

Genio e Sregolatezza

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

***di Giovanni Vasso

Giro d’Italia

IMPEACHMENT

ISLAMIZZAZIONE

IMPERIRivista Quadrimestrale di Geopolitica

e Globalizzazione

Diretta da EUGENIO BALSAMO

VOCE ROMANARivista di Cultura, Poesia,

Dialetto, Arte e Tradizioni Popolari

Diretta da SANDRO BARI

IL BORGHESEMENSILE DI POLITICA E ATTUALITÀ

Liberi per tradizione

Diretto da CLAUDIO TEDESCHI

chiedi in OMAGGIOuna copia al

333.675.95.74

NOVA HISTORICARivista di storia

Diretta da Francesco Bonini, Simona Colarizi,Giuseppe Parlato (coordinatore), Gaetano Sabatini

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La recente faida esplosa all’in-terno del partito di maggio-ranza relativa, che rischia dinon essere più tale dopo lascissione e il conseguentetracollo nei son-daggi, ha riaccesoi riflettori sullemanovre in corsonel Centrodestra. Le recenti guerreintestine delPartito Demo-cratico, infatti,hanno tutte le

sembianze di un assist clamoroso aForza Italia che fino a ieri sem-

brava ormai fuori dai giochi eora – con i grillini fiaccati dallafiguraccia Capitale – riacquisi-

sce improvvisamente unarinnovata agibilità politica.

Ne parliamo con Clau-dio Tedeschi, diret-

tore del mensileIl Borghese.

Cosa ne dici, direttore: il giova-notto Silvio Berlusconi può ini-ziare a preparare le valigie, con lasperanza di tornare presto a Pa-lazzo Chigi, oppure il suo astro èormai tramontato per sempre? Berlusconi è finito, perché è finita lastessa idea di centrodestra. Parola chefa schifo, nel senso politico del termine. Il centro è pieno di «casini» mentre ladestra tutti ne parlano, ma nessuno sadove sia. Inoltre, è fallito, e l’elezione di Trumpe l’avanzata della Le Pen lo confer-mano, lo stesso concetto di liberalismotanto caro a Berlusconi. Si è perso di vista l’interesse primario,che non è quello di salvare i «padroni»,ma di salvaguardare il sistema socialeed economico dell’Italia. E Berlusconiè stato incapace a farlo.

Eppure gli osservatori sostengonoche un sentimento di destra – mal-grado lo smarrimento dei partiti adesso riconducibili – sia ancoramolto forte nel Paese. E che la pos-sibilità di tornare a intercettarloalle urne passi dalla capacità degliattuali leader schierati in campo disuperare i personalismi e ritrovareun’intesa. Ce li vedi Salvini e la Meloni tor-nare, novelli figliol prodighi, allacorte del Cav?No, perché ciascuno dei due punta sol-tanto a garantirsi la visibilità del pro-prio orticello.

Nessuno dei due ha esperienza di go-verno non dico di un comune, figuria-moci se parliamo della Nazione.Inoltre, Salvini si è legato molto alla LePen, mentre la Meloni parla benino,ma in quanto a preparazione politicalascia a desiderare.

Europeista o sovranista; populistao moderata; comunitaria o liberal. Come dev’essere la Destra del fu-turo, a prescindere da chi sarà aguidarla? La destra del futuro non esiste perchénon esiste la destra. Parafrasando Metternich «la parola de-stra è una espressione geografica che nonha il valore politico che gli sforzi degliideologi rivoluzionari tendono ad im-primerle». Se guardiamo fuori dei confini, il fu-turo del mondo è cambiato e muta ognigiorno. In Italia, le forze politiche diopposizione sono ferme al «vecchio». La stessa alleanza Alemanno-Storace,messa in campo con l’appoggio di Ber-lusconi per dare fastidio alla Meloni,

potrebbe avere come titolo «il passatoappartiene a noi».

La stagione dei cesarismi in poli-tica sembra definitivamente con-clusa. Anche a Destra è arrivato iltempo delle primarie? Le primarie si fanno se alle spalle c’è unpartito, una base, un popolo che segue.La Le Pen in 12 anni ha costruito unpartito grazie al suo nome, ma ha fati-cato contro tutto e tutti. Trump ha fatto tutto da solo, creandouna base grazie agli errori dei suoi op-positori, ma si è circondato di consi-glieri e strateghi di rispetto. Parlare diprimarie a «destra», come a «sinistra»,è inutile. Non vi sono uomini o donnein grado di trascinare le masse, con unprogramma «giusto e realizzabile», eneppure i soldi per fare politica. Perchéla verità è questa. Senza soldi, nientesezioni. Senza sezioni, niente coesionepopolare. Senza base di popolo, nientevittoria. Per questo Berlusconi ancoraha voce: perché tratta la «destra» comele olgettine.

La parola ai circoli “omo”“Che bello fare

i gay coi quattrinidegli altri”

***di Ottavio Cappellani

Spano, un nome una garanzia. Ildirettore dell’Unar riusciva afare avere contributi a locali gay

in cui, pare, si dice, sembrerebbe, cisi ribaltava allegramente a paga-mento. In altre parole facevano i gaycon il portafoglio del contri-buente. Candido è riuscito acontattare un fre-quentatore del clubper una intervista.

Candido: Cosa si fa-ceva in questi locali?

Frequentatore: Omofobo.

C.: No, ma veramente…

F.: Non si “faceva”, si fatutt’ora, voi non riuscirete a impri-gionare il nostro corpo.

C.: Ma si figuri.

F.: Non mi vuole imprigionare?

C.: Ma non mi passa neanche perl’anticamera del cervello.

F.: Neanche una manettina?

C.: No, volevamo capire che c’entraL’Ufficio Nazionale Antidiscrimina-zioni Razziali con un locale a paga-mento.

F.: Perché noi facciamo entrare anchei neri. Ha forse qualche problema se

facciamo entrare anche i neri?

C.: Ma no, ma si figuri. Quindi sa-rebbe un contributo biglietto di in-gresso per gli immigrati in difficoltàeconomica?

F.: Mmmmm… quasi.

C.: Come quasi.

F.: No è che i neri entrano gratis. Ilcontributo è per i bianchi.

C.: Bianchi in difficoltà economica?

F.: Mmm… quasi.

C.: Eh?

F.: Omofobo.

C.: Ma che c’entra.

F.: Guardi che i nostrisono posti chic, vengono

i designer, gli architetti, glistylist… Tutte persone conun elevato tenore di vita.Smettiamola con questedescrizioni anacronistiche

di ghetti omosessuali. I bianchi nonhanno difficoltà economiche e pa-gano il biglietto per intero.

C.: Ma allora il contributo perché?

F.: Aiutiamo lo scambio di cultureattraverso il linguaggio universale delcorpo.

C.: Quindi anche le senegalesi perstrada avrebbero diritto al contri-buto.

F.: Che c’entra, quelle non sono chic.Lei è un omofobo. Le danno fastidioi gay chic che fanno cultura.

C.: Mi ha convinto.

Altro che canzonetteL’Italia pensante

saluta lo “Spenglerdell’Ariston”

***di Emanuele Ricucci

Francesco Gabbani è un genio.Ha ragione da vendere chi losostiene. Dobbiamo ammet-

terlo. Francesco Gabbani e il suo stu-dio musicato sulla vita deglioccidentali dalle sfumature indiane,non è affatto un fenomeno da sotto-valutare. Chi lo ha definito un genio,un Battiato 2.0, è modesto. Il gio-vane cantautore può andare oltre. Ece ne siamo accorti dopo il trionfoottenuto a Sanremo il mese scorso,ma soprattutto, dopo i grandi ap-prezzamenti avutisulla stampa. Per Rolling Stones, ilmensile più cool intema di musica,Gabbani “ha le so-norità dei PinkFloyd, l’anima di Vi-valdi e la poesia di Ne-ruda”, per Aldo Grassodel Corriere della Sera,“le scimmie che bal-lano di Gabbanisono un richiamoalla primordialità,tra Sant’Agostino,le sagre calabresi ela notte della Taranta”; ma non fi-nisce qui. Per Il Foglio, “il suo‘Buddha in fila indiana’ è il nuovoperfetto ibrido tra il ragionier Fan-tozzi e Gesù Cristo, emblema dellapochezza e della sofferenza dell’Oc-cidente”. Per Massimo Gramellini, “il giovaneGabbani meriterebbe il Nobel. Lui sìche lo ritirerebbe e namastè alè a Bob

Dylan. Uno dei migliori italiani nelmondo più di Benigni e Saviano”.Un genio. Chi lo definiva un genioha ragione. E noi del Candido vi ri-veliamo perché. Pare che il giovanecantautore, per ispirare i versi im-mortali, di certo non buoni solo perun primo posto a Sanremo e perqualche mese in radio, sia statoospite, nei mesi di scrittura del branoche gli è valsa la notorietà nazionale,della famiglia del filosofo MartinHeidegger che gli avrebbe aperto deiprivatissimi archivi del genio tedesco.Nei giorni passati a Meßkirch, trawurstel, Krauti e le pagine di Intro-duzione alla metafisica, avrebbe tro-vato l’ispirazione che lo sta, di fatto,portando ad essere uno tra i più effi-caci ed imponenti pensatori contem-poranei. Altre indiscrezioni, vorrebbero chesia stato sorpreso a leggere ben tre ca-pitoli de Il Tramonto dell’Occidente diOswald Spengler. “Sì, Francesco è

passato di qui. Ha comprato iltrattato sul-l’Occidente diSpengler e La

bibbia del bar-becue”, così ci rac-

conta un’emozionatacommessa della Feltri-

nelli di Surreale, in provin-cia di Palermo.

Anche il mondo degli atenei simuove per tributare il giovanecantautore. L’università diBologna annuncia che c’è una

cattedra pronta per Gabbani in“Fenomenologia delle cose”. Francesco Gabbani, story

telling del nuovo che avanza. Unanarrazione edificante e rassicurante,disimpegnata e leggera, che aiuta ilnuovo talento ad esplodere e che so-prattutto rinnova il concetto di co-municazione, colta ma efficace. Francamente non ci spieghiamocome Pippo Baudo possa dire cheGabbani durerà tre mesi.

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

Noi e gli AltriClaudio Tedeschi

Nuovi epiteti per FiniNon solo “coglione”Il fatto di essere un coglione – e in

tutti questi anni chi ha avuto rispettoper la propria intelligenza e autono-mia di giudizio non ha mai pensatodi Fini il contrario – non mette au-tomaticamente al riparo dall’essereanche eventualmente un corrotto.Anzi, da quanto emerge dalle inda-gini che vedono Gianfranco Finicoinvolto, l’ex presidente della Ca-mera potrebbe essere stato l’anello dicongiunzione tra Francesco Corallo,il capo di Atlantis, e la famiglia Tul-liani. Amedeo Laboccetta, suo uomodi fiducia (ché di questa gente Fini sicircondava) sostiene che era statoFini a spingere il cognato Giancarloa fare affari immobiliari con Coralloche sarà poi il regista della costru-zione di società a scatole cinesi checostituiranno la copertura per l’affaredella casa di Montecarlo. Ma non c’è

solo questo. Il Gip infatti sostienenella sua ordinanza che “l’obbiettivodi Corallo fosse altro dai Tulliani equesto si desume per tabulas: Coralloè il titolare di un’impresa colossale, iTulliani una famiglia della piccolis-sima borghesia romana”. Al contrario Fini era invece all’epocauna “figura istituzionale di elevato ri-lievo”. D’altra parte le tracce del flusso didenaro, nota sempre il giudice per leindagini preliminari, vengono la-sciate “in occasione dell’adozione diprovvedimenti di legge di estremo fa-vore per Corallo”. Norme a favore della Atlantis di Co-rallo e azioni “sintomatiche di con-dizionamento della vita parlamentarein ragione di flussi di denaro digrande consistenza”. NaturalmenteFini fa sapere di essere sereno e diavere piena fiducia nella magistra-tura.

***di Riccardo Paradisi

Ho visto cose

Le interviste del Candido

RICADUTESvolta palazzinara

Grillo dice sì allo stadio.Saranno scelti

online costruttore, capo masto,

e pure i portaborse ***

di Pierpaolo Baratti Boffa

Beppe Grillo è un uomo che hauna sola parola. Alla volta.Fino al momento in cui vi si

scrive, Egli parlò e disse che lo stadiodella Roma s’ha da fare. Però a unacondizione: non lo faranno i palazzi-nari, ma i costruttori. Roba da rivo-luzione lessicale che manco la sciùraBoldrini al convegno delle superfansdi Sex and e City a Manhattan. E già che si trovano, i Cinque Stellehanno messo paletti ineludibili e re-gole certe per la costruzione dell’or-mai famoso stadio.Non saranno usate le cardarelle masecchi in plastica per la mescoladel cemento, non si utilizze-ranno riggiole per ricoprire isolai ma raffinate mattonelle,non si potrà più chiedere almasto se la calce è tosta ma sidovrà dimostrare gentilezza e ri-spetto nei confronti della professio-nalità delle maestranze. Poi ha dettoGrillo che la questione stadio dellaRoma è così importante che saràmessa ai voti con un libero referen-dum sul webbe. Lo stesso webbe cheapprovò lo sposalizio con l’Alde e cheapprovò la rottura del fidanzamento

e che poi approvò il ritorno da NigelFarage e che approvò il referendumanti-euro e che approvò gli scontrinidella Taverna e che approvò la candi-datura del topolino che al mercatomio padre comprò. E a proposito direferendum sullo stadio della Roma,sarà online che verranno decisi il re-sponsabile della sicurezza del can-tiere, il geometra, tre portaborse e ilsalumiere ufficiale che fornirà ilpranzo al sacco agli operai. Il restosarà nominato tramite procedure ditrasparenza e merito, con il tocco. Al Comune, in regime di praivat-pu-blic renching managementes, laRoma garantirà almeno due posti trai titolari nell’undici iniziale. Diconoin giro che Totti e Manolas abbianogià acceso sette-otto polizze intestatealla sindaca. Ma non basta. Perché larivoluzione è nei fatti. Di ganja.Grillo ha spiegato che lui e la Raggi

sono assolutamente a favore dei tas-sisti, contro la rivoluzione informa-tica di Uber e contro la shareeconomy, quella che del telelavoro,dei lavori divertendoti da casa, quellache dai un passaggio a una squinziache ti diamo cinquanta centesimi daspendere in profumi da bagno turco,quella che il tuo mestiere è un hobbyche può fruttarti qualche cosa disoldi, quella che ti fabbrichi da solole cose con la tua stampante 3D,quella di Foodora che paga due euroe rotti ai ciclisti che consegnano sushivendicando, una volta e per sempre,gli automobilisti da questi vessati. Sono contro quella rivolta per cui“petrolio e carbone saranno proibitiinsieme alla circolazione di auto pri-vate”, quella che profetizzava come“le imprese di costruzioni sono statericonvertite in imprese di decostru-zione. Distruggono edifici e infra-strutture inutili. La decostruzione èdiventata in pochi anni uno dei prin-cipali business del pianeta insiemealle opere di bonifica”. Quella che teorizzò Gianroberto Ca-saleggio nell’ultima opera sua, il suo

libro-testamento. A ’sto punto i mi-litanti sono un po’ confusi. Casaleggio era evidentementefuori dal Movimento Cinque Stelleoppure è il Movimento CinqueStelle che è uscito dal suo guru, ap-

profittando della di lui scomparsa?Oppure Grillo è uscito dal Movi-mento Cinque Stelle e ha lasciato il

blog aperto e gli ha fatto loscherzo quel burlone in-viperito di Pizzarotti, ilsindaco di Parma lapidatoonline per mooooltomeno di quanto capitatoalla Raggi? Lo deciderà

un bel referendum sul webbe.

TRASPARENZA GRILLINAGUERRE LEGGENDARIE

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Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

Una firma coi baffiIl marchio di fabbrica

di Giovannino***

di Egidio Bandini

Una delle cose che erano ri-maste piantate nel cervellodel Giovannino adolescente

certamente doveva essere la firmaincredibile del padre Primo Augu-sto, il quale, pago della sua licenzaelementare, non solo redigeva docu-menti ufficiali per avvocati, notaied altri professionisti, ma apponevail proprio nome in calce con unasorta di rito: prima tracciava le treiniziali, P, A e G, ad una distanzasempre perfettamente calcolata,indi riempiva con il resto di nome ecognome gli spazi vuoti e, per finire,concludeva con uno straordinariosvolazzo che “pareva un crescendoverdiano”. Così la firma, l’identificazione pereccellenza di un autore, divenne perGiovannino Guareschi una sorta disfida contro la logica, ma anche, benspesso, una vignetta nella vignetta.Tanto che basta cogliere il profilo diquella “G” appuntita e dotata dibaffi per capire immediatamenteche si tratta di roba guareschiana,disegni, lettere, appunti o cartolineche siano. La prima firma antropomorfa Gio-vannino la appone su di una carto-lina che indirizza da Parma allamadre Lina Maghenzani, attac-cando, alla fine della i uno svolazzoche termina in una faccina giovane,con l’occhio aperto, che emette dallabocca una sorta di fumetto. Guare-schi aveva 13 anni: è infatti il 1Aprile 1921. Dopo la grande paren-

tesi del Bertoldo, quando per la piùparte la firma è “Nino”, arriva, il15 dicembre del 1945 il primo nu-mero di Candido e Guareschi, nellavignetta “Il metodo” si firma giàcon una G che ricorda un viso na-suto, ma ancora senza baffi, nono-stante li avesse già ben piantati daitempi del lager. Arriviamo al 1947,sia Giovannino che il Candidohanno raggiunto la maturità, edecco il 3 maggio la vignetta dal ti-tolo “Compagni, cervelli all’am-masso” (prodromo dell’obbedienzacieca, pronta, assoluta) con i duetrinariciuti sormontati dallafirma Guareschi che reca, alposto della G, una grandefalce e martello con tanto distella rossa. 1947, 14 settem-bre, la vignetta della serie “Il

compagno padre” porta la firmacon una caricatura quasi reale, na-sone, baffi e ciuffo ribelle sullafronte, ma niente spigolosità. Si puòdire che origini da qui, la lunghis-sima serie di firme antropomorfeche accompagneranno GiovanninoGuareschi lungo tutta la sua storiadi disegnatore, sino al 1968. Nel1950 compare su Candido una seriedi vignette dal titolo “L’ha vistoPajetta”, nelle quali l’onorevole co-munista, come già sapete dalla let-tera che inviò a Guareschi, venivarappresentato con un piede al posto

della testa. Bene, facendo ecoal titolo della serie, Giovan-nino firmava con la G che te-

neva gli occhi sbarrati sullascena che stava osservando.Questa firma accompagna

tutta la serie di disegni dedicati aGiancarlo Pajetta, a volte anche ro-vesciata, quasi a sottolineare chePajetta capovolgeva addirittura larealtà. Una sola volta la firma diGiovannino nelle vignette dedicataa “L’ha visto Pajetta” è diversa: il26 novembre del 1950, quando la Gassume la forma di colomba dellapace, a sottolineare il diktat del PCIverso l’arcifamosa “distensione”. Sempre nel 1950 la firma si mettemascherina e bustina militare perreclamizzare l’uscita della secondaedizione del Diario clandestino,mentre si allunga i baffi per somi-gliare a Giuseppe Stalin, nella fa-mosa vignetta della spuntatina aimustacchi del “Piccolo Padre” al-l’altezza del 38° parallelo. Restiamo al 1950, con una bellis-sima vignetta che anticipa, come fa-ceva spesso Giovannino, i tempi,mostrando la già allora ecletticabravura dei graffitari sui “Muri d’I-talia”: Guareschi ne approfitta peraggiungere alla firma un abbasso laclassica W rovesciata e un com-mento “Reassionario” sotto il suocognome. Dal 1952 al 1953, lefirme riassumono il senso di nume-rose vignette della serie “Obbe-dienza cieca, pronta, assoluta”,facendo indossare alla G le orecchied’asino, un sole nascente sopra ilciuffo, inchiostro che cola dallapunta del naso, fino ad una codademoniaca alla fine dello svolazzo.Evidentemente la firma arcicom-plessa del padre aveva suggestionatoGiovannino, al punto di farla di-ventare qualcosa di più che un sem-plice “marchio di fabbrica”: unaparte essenziale di molte vignette,ma anche di lettere ed appunti, chenella semplicità di pochi tratti dipenna (maestria incomparabile diGuareschi) riuscivano ad arricchireun messaggio di per sé già efficacecome pochi altri.

Ci sono diversi tipi di ristoranti, mail denominatore comune è sempreuno: sono locali dotati di una cucinadove vengono preparati dei pasti. Ep-pure anche a questa caratteristica basi-lare c’è un’eccezione: si tratta di un“ristorante” di Helsinki, dove i came-rieri prendono le ordinazioni, ma in-vece di portarle in cucina, le girano aduno dei 20 ristoranti associati in giroper la città. Il locale si chiama “Take In”, che è ungioco di parole con “take out”, che è ilcibo da asporto, in questo caso consu-mato in un altro locale. Il locale ha

aperto lo scorso novembre e rimarrà at-tivo fino alla fine di marzo di que-st’anno. L’idea è sponsorizzata da American Ex-press e Wolt, una applicazione per or-dinare cibo da asporto. Se l’idea diordinare del cibo da asporto e consu-marlo in un altro locale può sembrarequasi sciocca, a ben vedere porta deivantaggi non proprio banali. è veroche normalmente si ordina del cibo daasporto quando non si vuole uscire,ma in questo caso la possibilità di or-dinare da 20 diversi ristoranti permettedi mettere d’accordo tutti quando si

vuole uscire ma ciascuno vorrebbe an-dare in un posto diverso. Allo stesso tavolo si possono ordinarepizza, hamburger, cinese, o pratica-mente qualunque tipo di piatto. “Vo-gliamo essere un salotto in città.Sappiamo come succede: state peruscire e uno vuole pizza, uno sushi,uno provare quel nuovo ristorante, unaltro vuole mangiare vegano. Cosapuoi fare? La soluzione a Helsinki è ve-nire al Take In, perché puoi fare tuttequelle cose assieme”, ha spiegato unportavoce di Wolt.

Di solito i siti di incontri puntano acreare le potenziali coppie sulla basedegli interessi in comune, ma unanuova app (significativamente chia-mata Hater) usa l’approccio oppo-sto, e vi segnala le persone chedetestano le stesse cose che odiatevoi. L’idea è venuta a Brendan Alper,che ha mollato il suo lavoro presso labanca di investimenti GoldmanSachs per diventare un comico, e al-l’inizio era nata come battuta: mapiù Alper ci pensava, più si convin-ceva che sarebbe potuta essere unavera app di incontri e avrebbe potutoavere successo. “Quello che odiamoè una parte importante di noi, maspesso è nascosta sotto il tappeto,dalla nostra ‘persona pubblica’”, haspiegato Alper. “Vogliamo che lepersone si esprimano più sincera-mente”. L’app funziona con un meccanismosimile a quello di Tinder, ma invecedi scorrere foto di persone si scor-rono argomenti, e con semplici gestisi può dire se odiate quella cosa onoi. L’app poi trova le persone cheodiano le stesse vostre cose e ve le se-gnala. Pur essendo basato sull’“odio”,Hater vuole però scoraggiare i com-portamenti negativi, e gli argomentiproposti dall’app sono rigorosa-mente esaminati dallo staff.

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Surrealismo al potere Un Pd senza

Speranza. Propriocome gli italiani

***di Emanuele Ricucci

La realtà sta alla politica, comeRenzi all’inglese parlato. Essa,ormai, non è altro che una

condizione inevitabile che fa dasfondo alle vicende dei partiti e all’e-gocrazia in cui siamo infilati. Daquando le idee si aggregano diversa-mente, e non più in costrutti ponde-rati, da quando un processo haazzittito tutti e ha punito chi avevale Mani sporche, avremmo dovutoprogredire verso un recupero coltodella politica, verso una comunica-zione fedele ai fatti che mettesse or-dine al caos, non altro caos. Unoslancio verso la maturità. Ma appena girato l’angolo di ManiPulite, appena compreso che la fe-deltà ad un’ideologia valeva quantola tessera punti dell’Eurospin sca-duta, tana! Non c’è Speranza. Né pergli italiani, e neanche per il PD chenelle scorse settimane ha riunito glieserciti. Speranza, Roberto, s’in-tende, non è d’accordo con Emilianoche non è d’accordo con Renzi, masolo in parte, che però non è d’ac-cordo con la minoranza dem, anzinon lo è mai stato. Occhiatacce e mi-nacce. Veleni, capricci. Uno che esce,un altro che scrive la propria Scinder’slist, un altro ancora rimane, nel par-tito di Governo. Chi ha mollato, chi vuole la rivolu-zione socialista, con la bandiera rossae la falce e martello e già se la prendecon un certo Benito Mussolini, un

compagno testardo che sta domi-nando gli ambienti socialisti. I piddini si scindono e si riunisconosenza pudore. Chi è offeso, chi vuolela sua fetta. Rancore, personalismi.Indiscrezioni affermano che Renzi,per creare lo scompiglio a tutti, abbiascritturato lo sceneggiatore di CentoVetrine. Cinquanta sfumature di rosso che,immaginiamo, siano durissime damandare giù, specie per quei giovani,schiavi di 400 euro al mese, col di-ritto di non avere diritti, carceratinella cameretta di casa dei genitori.E dall’altra parte? Storace e Ale-manno hanno ritrovato le chiavi delcassetto che contenevano i simbolidei due loro partiti, si sono telefonatie si sono detti: “Ci riproviamo?”, cosìnasce il Movimento Nazionale. La nuova Alleanza Occasionale. Nonprima che, ovviamente, Salvini – cono senza il duo Meloni/Berlusconi –,abbia deciso di portare la Padaniafuori dall’Italia o l’Italia a fare un girosulla ruspa. Pare che il leader leghista sia statocolto, la scorsa notte, da un improv-viso crollo di nervi, non sapendo piùcosa scrivere sulle nuove felpe. Tuvuò fa lo socialista, comunista, piùfascista, ma te scordi l’Italì. Allapugna! Salvo poi, ritrovarsi alle urnee di nuovo deputati. Tutti. E i giornali che fanno? Cedono al ri-catto del retroscena e del commento,soffiano sul fuoco del pettegolezzo,mentre il nodo della cravatta dei di-rettori è strettissimo, così tanto chequasi manca l’aria. Dal 2018 in edicola non più cartaceima tablet usa e getta per leggere lenews dal sito. Un click salva l’altro etutti e due salvano l’audiweb. Delresto, se vogliono lavorare. AridateceNenni, Bombacci e Montanelli. Larealtà non esiste.

Urge la ricostruzioneAridatece Peppone

e Don Camillo!***

di Egidio Bandini

Sette anni or sono la chiesa diBrescello, quella di don Ca-millo, subì danni ingenti a

causa di un incendio provocato daiceri pasquali che, incautamente,pare non fossero stati spenti la seradel sabato Santo, al termine dellaVeglia Pasquale. Così tutti, a partire dall’ammini-strazione comunale di centrosini-stra, si mobilitarono per unacolletta in favore dei restauri neces-sari a ripulire la chiesa eliminandole pesanti tracce dell’incendio. Nemmeno a farloapposta, Giovan-nino Guareschiaveva già raccon-tato un fattoanalogo, benchécon i distinguonel comporta-mento dei dueprotagonisti, ov-vero il parroco e ilsindaco del paese.Il fatto riguardavauna crepa che, daanni, minacciavala stabilità delcampanile. Unacrepa che preoc-cupava davveroparecchio il par-roco: «Don Ca-millo tutte le mattineandava a misurare la famosa crepadella torre e ogni volta era la stessastoria: la crepa non si allargava,ma neppure si restringeva e alloraperdette la calma e un giornomandò il sagrestano in Comune.“Vai a dire al sindaco che venga su-bito a vedere questo guaio. Spiega-gli che è una cosa grave”. Ilsagrestano andò e ritornò. “Hadetto il sindaco Peppone che vicrede sulla parola che sia una robagrave. A ogni modo ha detto che, seproprio ci tenete a fargli vedere lacrepa, gli portiate la torre in muni-cipio. Lui riceve fino alle cinque”. Don Camillo non batté ciglio; si li-mitò a dire, dopo la funzione se-rale: “Se domattina Peppone oqualcuno della sua banda hanno ilcoraggio di farsi vedere a Messa as-sisteremo a cose da cinematografo.Ma lo sanno, hanno paura e non sifaranno vedere”». La mattina dopo, contrariamentea ciò che don Camillo aveva previ-sto: «Cinque minti prima che co-minciasse la Messa si sentì sulsagrato risuonare il passo caden-zato di una formazione in marcia.

Inquadrati perfettamente tutti i“rossi” non solo del paese ma dellefrazioni vicine, tutti, persino Bilòil calzolaio che aveva una gambadi legno e Roldo dei Prati che avevaun febbre da cavallo, marciavanofieramente verso la chiesa con Pep-pone in testa che dava l’un-due.Compostamente presero posto inchiesa, tutti in blocco granitico etutti con una faccia feroce da co-razzata «Potëmkin». «Don Camillo, arrivato al discor-setto illustrò con bel garbo la para-bola del buon Samaritano eterminò rivolgendo un breve fervo-rino ai fedeli. “Come sanno tutti,meno coloro che dovrebbero sa-perlo, una incrinatura pericolosasta minando la saldezza dellatorre. Mi rivolgo quindi a voi, mieicari fedeli, perché veniate in aiutoalla Casa di Dio. Dicendo “fedeli”io intendo rivolgermi agli onesti iquali vengono qui per appressarsia Dio, non certo ai faziosi che ven-

gono qui per far sfoggio dellaloro preparazione mi-litare. A costoro benpoco può importare se

la torre crolla.”Finita la Messa,

don Camillo siinsediò a un ta-volino presso laporta della cano-nica e la gentesfilò davanti alui, ma nessunoandò via e tutti,fatta l’offerta, ri-

stettero sulla piaz-zetta per vedere comeandava a finire. E andò a finire chearrivò Peppone se-

guito dal battaglione perfetta-mente inquadrato che fece unformidabile alt davanti al tavo-lino. Peppone si avanzò fiero. “Da questa torre, queste campanehanno salutato ieri l’alba della Li-berazione e da questa torre questestesse campane dovranno salutaredomani l’alba radiosa della rivolu-zione proletaria!” disse Peppone adon Camillo. E gli mise davanti tregrandi fazzoletti rossi pieni disoldi. Poi se ne andò a testa alta se-guito dalla banda». Bei tempi, direbbe qualcuno, eprobabilmente a ragione. Oggi, a quasi sette anni dal terre-moto in Emilia, la chiesa di SanGiovanni Battista a Disvetro vi-cino Cavezzo, non solo è inagibilee piena di sterpaglie all’interno,ma si vocifera della sua demoli-zione per ricostruirla ex-novo no-nostante i 400 mila euro spesi perla messa in sicurezza, a differenzadella moschea di Mirandola, per laquale la Regione ha elargito 600mila euro e che, con ulteriori 400mila provenienti dal Qatar, è giàstata aperta e inaugurata in pompamagna!

Giro del Mondo

I FURBETTI DEL CAPPUCCINO

Uscito 70 anni fa e sembra ieri: ilCandido, veleggiava sulle ali di unsuccesso crescente, ci si avvicinavaalle elezioni del 18 aprile 1948, contutti i timori che comportava la mi-naccia, serissima, di ritrovarsi sotto legrinfie del blocco sovietico, era in la-vorazione la Carta Costituzionale eGiovannino Guareschi, già consoli-dato opinion leader, trova il modo difar sorridere gli italiani che faticosa-mente si stavano rialzando dalle di-struzioni della guerra. Come? Mettendo insieme ritagli digiornale, vignette, fotografie sbiaditedalla retinatura, il tutto trattato a col-lage, appiccicato con accuratissimomontaggio su un fondo da “viola” ti-pografica, lasciando sempre uno spa-zio bianco dove avrebbe trovatoposto il commento. Nasce così, dagli occhi, dalle mani,dalle forbici e dalla penna acuminatadi Giovannino Guareschi il volumepiù anomalo, ma forse anche più si-gnificativo dell’intera produzioneguareschiana: l’Italia provvisoria. La prima edizione che esce è un suc-cesso straordinario, tanto che l’annoseguente Rizzoli decide di ristam-parlo, aggiungendo all’ultima paginafotografica la lista delle testate gior-nalistiche del 18 e 19 Aprile, il d-daye il day after delle arcifamose elezionidel ‘48. Niente altro: la restante partefunzionava benissimo, anche dopol’esito della battaglia politica piùacerrima mai combattuta. Insomma,con poche righe, Guareschi riesce adipingere un ritratto scanzonato, maa tratti drammatico e, spesso, com-movente dell’Italia che sileccava le ferite dellaguerra: «Dopo la guerranon viene subito la pace,ma tra la guerra e lapace stanno il “dopo-guerra” e “l’antepace”.Tra la guerra e lapace accadonodei fatti, partedei quali nega-tivi, in quantoappartengono an-cora alla guerra e partepositivi in quanto appartengono giàalla pace. Quando i fatti negativi su-perano i positivi, questo è il dopo-guerra. Quando i positivi superano inegativi, questo è l’antepace». Così inizia l’introduzione di Giovan-nino a l’Italia provvisoria, con la di-stinzione fra dopoguerra e ante pace,attribuendo solo al desiderio di pacela volontà di rinascere, di costruireun mondo migliore, il significatodella speranza che aveva rappresen-tato il motivo di sopravvivenza del-l’IMI 6865 e dei suoi compagni diprigionia nel lager nazisti. è significativo il collage che Guare-

schi compone con i simboli dei par-titi partecipanti alle elezioni dellaCostituente: Cinquantanove. Prati-camente come fosse ieri e non sessan-tadue anni fa. Il ritratto di un’Italiaprovvisoria, appunto: ieri come oggi.Un’Italia che sostanzialmente noncambia, tanto che Giovannino,giunto ai primi anni ’60, pensa di ri-proporre una nuova edizione de l’I-talia provvisoria, pescando da tutte leannate del suo settimanale, dal 1946al 1961. Prepara una scaletta, con icapitoli riferiti ai singoli anni, e ri-pensa anche al titolo da dare alnuovo volume: Mondo provvisorio.Scrive ancora Guareschi nell’intro-duzione del 1947: «Canzonette, nuoviinni, nuove teorie, poesie, annunci eco-nomici, cartelli di propaganda, ritaglidi giornale costituiscono la parte illu-strativa del volumetto; quella parte cioèche documenta il travaglio spiritualeespresso nei racconti e nelle favolette.Cartaccia, spazzatura, si dirà: ma èproprio nella pattumiera che, a saperleggere nelle cose, si trova scritta la sto-ria segreta di una famiglia». Una riflessione di grande attualità,che Giovannino deve aver fattoanche negli anni ’60, perché iniziò araccogliere il materiale per il suonuovissimo Mondo provvisorio: fru-gando nella pattumiera dell’Italia,dell’Europa, dell’America e dellaRussia, il tutto riflesso dalla stampadi casa nostra, con qualche rara in-cursione sui giornali esteri. Così,ecco comparire l’articolo sulla vacca

“Kostroma”del sovchoz Kare-veno, che produce 50 litri dilatte al giorno, decuplicando la

produzione lattieradi un anno inun solo giorno,oppure la bu-stina di lamette

da barba “Bandierarossa” (sottotitolo: che

trionferà! Marca depositata) prodottanientemeno che dall’URSS, ma nonl’Unione Repubbliche Socialiste So-vietiche, bensì la Utensili Rasoi Spe-ciali Saponi con sede in Milano, ViaFilodrammatici e, per finire, ma l’e-lenco potrebbe continuare ancoraper un bel po’, la notizia del morbilloche ha colpito Elisabetta d’Inghil-terra, coperta da un riquadrino abiacca su cui campeggia la scritta:«Non ce ne frega niente. La Dire-zione». Un’Italia o, meglio, un Mondo dav-vero provvisorio, involontariamentecomico, ma del tutto incapace di ri-dere di sé stesso, poco incline a

quell’umorismo che Guareschi usavaper uccidere la retorica, prendendosigioco dei vizi degli italiani: «Se questanotte venissero affissi cartelli con scritto:“Proibito pagare le tasse”, la Celere do-mani dovrebbe scorrazzare da unaesattoria all’altra perché ci sarebbegente disposta a usare il mitra pur dipoter pagare tre o quattro volte letasse». E Giovannino non si limita amettere alla berlina le più o menoesilaranti trovate di giornalisti, pub-blicitari e titolisti poco colti oppurea deridere l’attenzione per ogni pic-cola vicenda che riguarda i perso-naggi famosi, ciò che oggi sichiamerebbe gossip: indaga anchesull’uso che viene fatto della cronaca,da una parte e dall’altra. è il casodella fotografia di uno scontro fa laCelere e i gruppi di dimostranti, lastessa fotografia che, vista da destra,serve a sottolineare come la celebra-zione del 25 Aprile diventi il pretestoper riportare che: “Dopo il comiziopartigiano tenuto al castello un gruppodi comunisti ha preteso di sfilare per lacittà, in contrasto con le disposizionigovernative. Nello scontro con la poli-zia, in via Dante, quattro colpi di pi-stola hanno ucciso un carabiniere”.Vista da sinistra, la foto, invece servea raccontare tutt’altro fatto: “L’ade-sione dell’Italia al piano di guerra con-tro la Russia è stata imposta dalgoverno. Ogni protesta è stata spezzatacon i manganelli di cuoio, le dimostra-zioni sono state affrontate tra squilli ditromba e rombi di motori e di armi. IlPatto atlantico vanta così i suoi primimorti”. Gli ingredienti ci sono tutti, per tor-nare a descrivere un’Italia, un Mondoche, nei diciotto anni raccontati daCandido sono rimasti provvisoriquali erano e nulla più. Un altro la-voro che Giovannino Guareschi haimpostato, per il quale ha raccoltomateriale e ha scelto immagini, sto-rielle e racconti, ma che non ha vistola luce, se non oggi, grazie alle ricer-che di Cristiano Dotti nell’archiviodi Roncole Verdi; anche se, proprionel 1963, esattamente con lo stessometodo del collage, non di ritagli digiornale, ma di spezzoni di pellicola,Guareschi racconterà il suo Mondoprovvisorio, in quello straordinariofilm-verità che è La Rabbia, il ritrattodi dieci anni di politica, costume, so-cietà, per il quale Giovannino ha cer-tamente attinto al lavoro fatto per ilMondo provvisorio in volume, che haceduto il passo al più modernomezzo cinematografico, ma con lamedesima capacità di «…comporre –come lavorando coi tasselletti del mo-saico – il volto un po’ bieco e un po’ cre-tino di quella “Italia provvisoria” chemolti ingenui han creduto potesse esserel’Italia dell’avvenire».

Comici all’insaputa

***di Egidio Bandini

L’Italia provvisoria

SALA: IL “COCCO” DEGLI ISLAMICI

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ReportageAlla ricerca della Destra perduta

“Mai più”. L’ometto tre-mava. Ma chi glieloaveva fatto fare? Per-ché era stato a sentirequel cazzaro con il

cravattone quadrato? “Vieni, Ometto. Se cerchicasa devi fare come abbiamo fatto noi. Le ideolo-gie sono cadute, il muro di Berlino è caduto e tuvuoi rimanere qua a fare la guardia al bidone?”.Cravattone Quadrato lo aveva conosciuto altempo delle vacche grasse. Faceva il consigliere co-munale, di professione. Aveva il busto di LVI, ilfazzoletto di LVI, faceva i pellegrinaggi fasciofolkin Romagna. Era così fascista che s’era candidatola prima volta col Psi, poi era passato in ForzaItalia, quindi saltino in An, trafila Pdl e infineaveva trovato casa nel Pd. “Tutte le terze e quarte linee hanno fatto ’stascelta. Fidati. Combattiamo il sistema dall’in-terno. Se cerchi la destra, la trovi a sinistra.Chiaro, no?”. Stava così disperato, Ometto, dopoi fantasmi della villa di Arcore e le mazzate deibarbari che pur di trovare un sorriso si sarebbeiscritto anche al club della canasta. CravattoneQuadrato, vanaglorioso come solo un consigliere

comunale di un paese di 3mila abitanti può es-sere, aveva deciso di portare Candido nel quartiergenerale del Pd, giusto per fargli capire quanto(lui) fosse importante. Arrivarono con una Punto grigia. La macchinasi fermò davanti a un circolo Pd “Bella Napoli,sez. Forcella”. Entrarono, non c’era ancora nes-suno. Attorno a un tavolo da biliardo c’erano lesedie di plastica colorata intrecciata. Alle pareti i quadri di Berlinguer che arringa lafolla e di Maradona che alza uno scudetto al cielo.Il tempo di ordinare una gassosa che la sala iniziòa riempirsi. Per prima arrivò la paranza dei bam-bini, che non era un libro di Saviano ma la co-mitiva formata da Renzi, Orfini, Migliore,Boschi e Lotti. Erano arrabbiatissimi. Cravattone Quadrato sussurrò: “Lo vedi Renzi?Sta come al pazzo perché don Massimo D’Alemagli ha fatto trovare una testa di Delrio nel letto.Quello gliel’ha giurata, appena è uscito dall’iso-lamento della rottamazione si è incontrato con isuoi, il clan della “minoranza” e gli ha dato la pa-rola d’ordine: mo ce ripigliammo tutto chello cheè ‘o nuostro”. Ometto sbiancò quando li vide en-trare tutti con i borsoni pieni di armi, munizioni

e voti alle primarie. Bersani stringeva tra i dentiun sigaro che manco Tony Montana. Fioroni gio-cava con un coltellino. Robertino Speranza entròa far strada a D’Alema che, demoniaco e gelido,entrò tra due guardie rosse vestite di nero. Si misero tutti attorno al tavolo. Dissero che eraun’assemblea. Michele Emiliano, con il gessato eil cappellone, li teneva a bada tutti con il “vio-lino”. Vicino a lui c’era don Vincenzo De Luca,che sgranocchiava calamari dal cuoppo di pescefritto e c’era mastro Enrico Rossi, il dissidente diToscana, che s’era portato vagoni di tessere solo perrestituirle. Nichi Vendola era assente, perché teneva il pupocon la febbre. “C’ho un’offerta che non si può ri-fiutare”, disse Renzi mentre Orfini caricava il re-volver. “Voi vi fate da parte, una volta per sempre,e la lapide ve la faccio pagare dai contribuenti”.Bersani morse così forte il sigaro che il fumo gliiniziò a uscire dalle orecchie. Don Massimo nonperse la calma: “Matteuccio, Matteuccio. Vedi che

c’è qualcuno che ti cerca”. Da fuori la sala, unavoce tremolante e mortadellosa gridava con incon-sueto coraggio dalle colonne dei giornaloni, daiconvegni chic e dai rendez-vous pittati: “MatteoRenzi è nu guappo ‘e cartone!”. Era proprio lui,avvolto da una pletora di vecchissimi, incazzatis-simi e incartapecoritissimi supermegadirettori eu-roitalobruxelliani, suoi fedelissimi padroni. EraRomano Prodi, ‘o Professore. Cravattone Quadrato ebbe un singulto, Omettosi gettò dietro il frigo dei gelati. I renziani apri-rono immediatamente il fuoco su twitter. Da die-tro al bancone del bar sbucarono Rosi Bindi ePippo Civati, armati fino ai denti, abbracciati erisoluti a vender cara la poltrona, i sanguinariBonnie e Clyde della sinistra perbene. D’Alema rideva e sparava, sparava e rideva. Nelcasino generale, Emiliano fece rapida capriola esi ritrovò coi mutandoni a sparare insieme ai gua-gliuncielli ’e don Matteo, De Luca sputò tuttod’un fiato una sventagliata di sfessati-cafoni-palle&pippe, si contrattò al volo un seggio parla-mentare blindato per il figlioletto predilettoPierino e con un salto mortale carpiato a sinistramoderata, iniziò anche lui a combattere pro

Renzi, lanciando gamberi e alici fritte ai vec-chioni democratici. Fu un uragano di mazzate, mozioni, capate, sfi-ducie, coltellate, revoche di incarichi, sfilamentidi sedie, sculacciate, investimenti sbagliati, Vel-troni che volavano, Fassini che sbattevano, Ser-racchiani che pontificavano. Almeno, però,ammortizzarono i costi della guerra con i contri-buti statali per il partito. In quel bailamme democratico, Candido – cheera vecchio lupo di congressi, rotto a mille e millelotte di correnti, scazzi di partito, agguati sangui-nosissimi tra destre – riuscì a fuggire scoprendo ildoppiofondo nel muro grigio in cui s’era nascostosua coraggiosità Paolo Gentiloni. Lo sradicò dal rifugio e si fece largo nelle pareti.Sbucò nel salotto di donna Assunta ’a guerriglieradurante la riunione del condominio Scampia 66.La signora, che colpita dalla sua storia interruppela tortura di don Pasquale ’o malommo, il cuicane abbaiava sempre a orari sbagliati, gli offrì ilcaffè e una fetta di casatiello prima di lasciarloandar via e tornare a vendicare il sonno perduto.

segue nel prossimo numero

Nevica e tira il vento. Scarpe rotte, eppur bisogna andar. Dove? Boh. Questo è il problema che datempo affligge il nostro Ometto. Lo chiamiamo così perché un nome seppur ce l’ha non lo ricordapiù. Non sa più nemmeno chi è. Sa solo che lo chiamavano l’Ometto, oppure Candido e che sapevadisegnare. Ma per il resto nulla, non sa più niente. Si ricorda solo da dove viene, ma non riescepiù a trovare il cammino. Ricorda che c’era la mamma, il papà, la nonna con il mestolo e il nonnocon la pipa. Appena diventavi grande andavi a lavorare e pigliavi moglie. Oggi è confuso tra ge-nitore 1, genitore 2 e quell’odiosa prozia con il merletto arcobaleno; s’è trovato in casa uno che

dice di essere sua moglie, si chiama Ugo e c’ha il pizzetto. In tasca ha un accendino, unosmartphone e quattro voucher spicci. Ma siccome a tutto c’è un limite il nostro Ometto, o comecavolo si chiama, si intabarra e si mette in cammino, mentre la dolcissima Ugo lo scongiura dinon partire perché c’ha un’unione civile a cui pensare. Indietro non si torna. C’è da capire che cosa sia accaduto in questo Paese dove tutto sembra girareal contrario. Non resta che partire, con taccuino e blocco schizzi in mano, alla ricerca di un’i-dentità perduta.

Gli scissionisti

***di Giovanni Vasso

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017 Pagina 5

Illustrazione di Rodo Santoro

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è arrivato il mese di Marzo, cariCandidolettori, e il vostero fogliacciocontinua con le date da ricordare. Sta-volta, facciamo un salto all’indietro,arriviamo al 1997 e analizziamoquello che succedeva un ventennio fanella nostra povera Italia.

1 MARZOL’Azienda Italia sempre in frenata: unvenerdì nero per la lira che superaquota 1000 sul marco, 1686 lire suldollaro. Economia in crisi: l’anda-mento del prodotto interno lordoconferma una dinamica piatta.Emergenza conti pubblici: manovrada 16 mila miliardi. La Banca d’Italiatira le somme: l’economia sempre insofferenza. In attivo però il saldo conl’estero: 5322 miliardi. Pensioni piùpovere? Potrebbero ridursi del 10 –15%

2 MARZOStato di emergenza in Albania: larivolta dilaga in tutto il Paese, ca-

serme assaltate. Scende in campol’esercito. Berisha manda le truppea soffocare la rivolta. Il regimemette il bavaglio all’informazione.Gli insorti lanciano un ultimatume minacciano di marciare su Ti-rana. Il governo albanese accusa“agenti stranieri” di fomentare i di-sordini. Dini chiede all’Europa eagli Usa di intervenire. Prodi te-lefona a Berisha e invita alla pru-denza. – Il Papa scomunica laclonazione: duro monito all’Ange-lus: «Via i mercanti dal Tempio. ilmondo appartiene a Dio e non vaprofanato.» Intanto, dopo la pecora Dolly,negli Usa un gruppo di scienziatiha prodotto due scimmie con dueembrioni clonati. “E ora le provesull’uomo sono molto vicine. Piùvicine di quanto pensiamo.” Le reazioni in Italia di alcuni scien-ziati: «Sarebbe un errore rinunciarea queste scoperte. Ci servono or-

gani per i trapianti; tutti li vo-gliono ma nessuno li dona.»

3 MARZOL’Italia verso le elezioni amministra-tive: i partiti in lotta per l’appetitosaMilano. Belusconi punta a fare il ca-polista. Ma forse sarà Albertini il pro-babile candidato del Polo. Esclusol’ex questore di Milano Achille Serra.«Silvio mi ha buttato via senza ri-guardi. Non ha avuto alcun rispettoumano. Credevo che rispettasse lepersone. Mi sbagliavo. Nelle pros-sime ore deciderò di lasciare ForzaItalia. Sono stato uno sciocco. pen-savo che mi avesse lanciato come de-putato per stima. ma non era così.Gli servivo in quel momento perchéero stimato da tutti. Non ho ricevutoneanche una telefonata.» IntantoProdi sul Governo dell’economia rin-grazia Berlusconi per l’offerta di vo-tare le nuove misure: «BravoCavaliere.» ma ribadisce che la mag-gioranza non cambia. E Bertinotti at-tacca: «Romano, attento ai brindisiavvelenati. Questa disponibilità diBerlusconi crea problemi in entrambii Poli. – Sabotaggio al Giornale diFeltri: Alle nove di sera nella tipogra-

fia del quotidiano,di punto inbianco è sparital’intera composi-zione del giornale.Azzerata la me-moria virtuale,non una riga, unafoto, un modulodi pubblicità sisono salvati. Fel-tri: «Un lavorotroppo ben fattoper attribuirlo aun semplice gua-sto. Ed è stranoche sia capitato al-l’unico giornaleche si oppone si-

stematicamente al potere, anzi al re-gime. E che alcuni giorni fa avevapubblicato le intercettazioni di Scal-faro.»

4 MARZOIn Albania coprifuoco: i servizi se-greti prendono il controllo dell’e-sercito, ma nessuno ha voglia dimorire per Berisha. Tante le diser-zioni. Tirana invia carri armati alSud e oscura le Tv straniere. Ore 14. Blitz italiano a Valona:nella città del caos, in otto minutievacuati 36 civili intrappolati dallarivolta. Il rischio dei profughi di-vide il Polo. La possibilità di sbar-chi in massa crea aperti contrasti.Buttiglione difende Berisha: «Stavalottando contro gli abusi.» Ma-stella: «I profughi? aiutiamoli.» Al-leanza Nazionale: «No, vannorespinti.» La Lega: «Ci manchereb-bero anche gli Albanesi adesso.» –Spine nella maggioranza di go-verno: Prodi, doppia stoccata aD’Alema e Rifondazione: «Solocon il Pds al 35% D’Alema po-trebbe aspirare al premierato. Senza i comunisti avremmo fatto dipiù.» e rivolto a Bertinotti «Ci haifrenato.» Mussi: «Siamo comeBiade runner, sul filo del rasoio.Ogni giorno c’è il rischio di ta-gliarsi.» Bertinotti: «Abbiamo im-pedito al premier di sbagliare. Lenostre colpe? Aver corretto gli er-rori altrui. Se la destra vuole il ta-glio della spesa sociale il governodovrà scegliere tra noi e il Cava-liere.» – Sul governo dell’economia:Ciampi. «Bene i conti, ma la mano-vra ci vuole.» Bastano 4 giorni, perfarvi capire che, dopo vent’anni,nella nostra Italia nulla è cambiato.Purtroppo basteranno gli altrigiorni del marzo 1997 e i primigiorni di questo marzo 2017, perfarci capire che, fra vent’anni, an-cora nulla sarà cambiato…

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

Può il pudore essere parte fon-dante anche del nuovo mondo? Puòessere contemplato tra quei valori2.0, rivalutati a seconda di una mo-ralità adatta al progresso, in cuil’uomo, spirituale e biologico, è tas-sello di un coinvolgimento globale,di un mosaico, e mezzo, non il cen-tro, del processo produttivo? Fran-camente ci sembra di no. A due giorni dall’uscita del libro diFranz Culetti, Cogito ergo boom,che racconta di come il sistemadell’informazione non faccia più unfiltro tra il lettore e il bombarda-mento di immagini che arrivanodagli scenari di guerra, si inaspriscela polemica. “Si è perso il senso delpudore – racconta al Candido ilCardinal Marcello Diociaiuti, delramo tradizionalista della Chiesa(già minacciato da Papa Francesco,per la sua forte identità, di fare lastessa fine del suo collega RaymondBurke ed essere trasferito su uno deinuovi pianeti appena scoperti dallaNasa).Si può avvertire quel senso di avver-sione e di contrattacco all’equivo-cità e la morbosità del sesso, per cuila definizione naturale di pudore; sipuò, per natura, avvertire il mede-simo anche nei confronti della mo-dernità e dei suoi costrutti,snaturanti, disumanizzanti. Il pu-

dore ti gonfia la gola prima di vo-mitare.Salvifico più che mai, contro l’avve-lenamento degli eccessi del tempo.Esso va recuperato, specie in unmondo globale e follemente colletti-vizzato, alfanumerico, in quantospazio di salvaguardia tra l’indivi-duo e l’idolatria del nulla, tra lepersone e l’intimità dei significati.Un senso che comunque partecipa aquello che potremmo definire pu-dore sociale. Per questo, esso è temutissimo daicantori del progresso, di quelli chesistemano al centro del processo pro-duttivo la felicità materialistica, enon l’uomo”. Una polemica destinata a conti-nuare. Le fa eco la rinomata filosofaVera Perdizione, ospite a Pomerig-gio 5 di Barbara D’Urso, che inter-viene a gamba tesa: “Il pudore èroba da reazionari, da fascisti. Dio-ciaiuti la smetta di fare della più in-tima voce morale, un inno che tutti

devono cantare. Piuttosto, tutti de-vono sapere tutto, sempre! Il diritto di avere diritti è un doveree un diritto allo stesso tempo. Liberidi informarsi. Se mi voglio alzare di notte perfarmi un panino speck e brie, e, nelfrattempo, farmi un bagno di news,di immagini di mutilazioni dei Cri-stiani uccisi dall’Isis in Siria, o vo-glio leggermi come funziona uncorso scolastico di masturbazioneper bimbi dagli 0 ai 14 anni, saròlibera di farlo?”. Come darle torto? Proprio mentrescopriamo nuovi pianeti fuori dalsistema solare, trapiantiamo teste,agganciamo Plutone, permettiamoai migranti di ripopolare le nostreterre, di ricominciare, e ai nostrifigli di ignorare la natura e di sce-gliere quale sia il sesso migliore perloro, interpretando il più alto sensodi autodeterminazione e di libertà;proprio mentre i nostri ragazzi ri-mangono a casa tutti i giorni con ilJob’s Act, così che riscoprano l’altovalore della famiglia, un’ondata dinuova moralizzazione dovrebbe fer-marci? Il pudore dei santi e dei saggi,quella sottile linea tra il discerni-mento del reale e la follia gratuita eincondizionata, non dovrà inter-rompere il progresso che avanza.

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Quando eravamo povera gente

Si stava peggioquando

si stava peggio ***

di Egidio Bandini

ètornato in libreria un “super-classico” mai tramontato:Quando eravamo povera gente

(Avagliano 266 pag. € 15) dell’indi-menticabile Cesare Marchi, protago-nista di quegli anni ’80 quando alfuturo si guardava sol-tanto con lui alla sera,vedendo in TV l’Al-manacco del giornodopo. Marchi racconta delpassato, di quei “beitempi andati” che, inrealtà, sono belli soloper chi non li ha vis-suti e lasciano, purnell’ironia del rac-conto, la bocca amara.Proprio come quando,ricorda l’autore, lemamme propinavanol’olio di ricino o l’olio di fegato dimerluzzo come rimedio per ogni ma-lattia. E non basta, perché quellasorta di medicina omeopatica casa-reccia imponeva rimedi che, benspesso, si rivelavano peggiori delmale: «Per regolare l’intestino, un in-fuso di erba senna, che scatenava tu-multuosi regolamenti di conti nelProfondo Sud. Chi era raffreddato scaldava unatazza con miele e una goccia di co-gnac, che nelle case della piccola bor-ghesia entrava solo per usomedicinale. Bere un bicchierino di li-quore o di distillato per puro piaceredi berlo era giudicato uno scialo dal

punto di vista economico, un cedi-mento da quello morale. Lo confer-mavano, nelle vetrine dei negozi dichincaglieria, i servizi dei bicchieriniper liquore: piccolissimi, poco piùgrandi di un ditale. Per combattere ilraffreddore si usava anche il vinbrulé, una tazza di sanguigno merloto cabernet, scaldato con zucchero,chiodi di garofano, una buccia di li-mone. E poi sotto le coperte a sudare, unberretto di lana in testa e il naso chegocciolava come un rubinetto chiusomale». Insomma, per dirla tutta, avolte si rimpiange il passato non sa-pendo affatto di cosa si stai parlando.Scrive Marchi: «Appartengo ad una

generazione singolare:le nonne tiravano l’ac-qua al pozzo e lava-vano i panni al fiume;le figlie, premendo ilbottone d’una lava-trice e spedendo unacartolina postale,hanno trasformato ilbucato in un gioco te-levisivo, dotato di ric-chi premi. I padri conchitarra e mandolino,facevano la serenatasotto la luna; i figli visono saliti, con l’A-

pollo11. Spinti dalla fame, i nonniemigravano col passaporto rosso, inipoti, spinti dalla noia, vanno alleMaldive col volo charter. Atrent’anni le contadine, strematedalla fatica, ne dimostravano cin-quanta; oggi le cinquantenni metro-politane, restaurate dalla chirurgiaestetica, ne dimostrano trenta». Un ritratto beffardo dell’Italia di ieri,dell’altro ieri, ma anche di oggi: un’I-talia dove vela ancora, verrebbe dadire più che mai, l’aforisma di LordByron che Marchi scelse come exergo del suo libro: «Il buon tempoantico? Tutti i tempi, quando sonoantichi, sono buoni».

Date da ricordare

Ci mancavano le stregheInstallato

alla Casa Bianca lo sfiga-detector

***di Giovanni Vasso

Tremate, tremate: le stregheson tornate! E lanciano in-cantesimi contro Donald

Trump e i suoi fedelissimi. L’offensiva magica è iniziata e già sicontano le prime vittime. In Ok-lahoma, una donna in un parco è ri-masta seriamente scocciata dallelitanie mormorate per ore dagliadepti e l’hanno dovutaportare in ospedale per unasospetta rottura di scatole; aNew York le cartomantisono scese in piazza pre-dicendo guai e sifilide atutte le fans di Carrie di Sexand e City, causando l’assaltoalle farmacie. La situazione è grave.La Casa Bianca deve reagire. Donald Trump, all’inizio, era un po’scettico. S’è convinto però quando,durante la toletta del mattino, men-tre si stava radendo canticchiando Allyou need is Love, s’è tagliato con il ra-soio elettrico e sul vapore dello spec-chio è apparsa l’inquietante scritta:“Yrallih, yrallih”. Immediatamente sono state presetutte le contromisure necessarie a sal-varguardare la persona del presi-dente. Nello studio ovale è statomontato un cornicello rosso di duemetri, dotato di tre testate anti-jetta-tore. All’ingresso è stato montato losfiga-detector con due guardie ar-mate di sale grosso e acqua santa.e Don ha dato un paio di giornidi ferie ai bodyguard e ora va in giroscortato da Ninetta ’a scugnata, lapiù potente fascinara di Casavecchia

del Molise, che gli toglie il malocchioogni quindici minuti. Il presidente ha chiamato tutti i mi-gliori specialisti su piazza per fron-teggiare l’inquietante minaccia. Allostudio ovale ha riunito gli agenti Foxe Mulder di X-Files che avrannocompiti operativi sul campo, coordi-nati dal magistrato ispanico Tomasde Torquemada che avrà alle sue di-pendenze una squadra di fuochistiarruolati nell’Oregon. Sarà della partita anche Madame LaCapelle, la peggio janara di tutta laLouisiana. Ha già schierato il suoesercito di tamburini neri e suonatoridi jazz bebop e dixie per contrastarela pallosità satanica delle arpe celti-che. Infine Trump ha deciso di far al-zare in volo sui cieli degli States gliUfo dell’Area 51. I piloti dei dischi

volanti, alieni grigi e ret-tiliani di strettissima os-servanza repubblicana,sostituiranno i droni del

past president Obama,hackerati dalla mafia russa. E

a proposito di Mosca, VladimirPutin ha mandato a Donald tre ba-bushke della steppa che saranno leinfiltrate tra le streghette americanecon l’obiettivo di intercettare mail,patti con diavoli, code di rospo eocchi di gatto. Fonti importanti all’interno dellaCasa Bianca parlano di scontro fatalee durissimo. Le forze del male, lestreghe fai-da-te, infatti, possonocontare su un’arma segreta terrifi-cante contro cui sarebbe inutile per-sino spingere il tasto atomico dellavaligetta della morte. I ricconi dellaSilicon Valley, infatti, hanno fatto ar-rivare nel loro quartier generale di-rettamente dall’Italia il più grande epotente schiattamorto della storia re-cente dell’umanità, vero talismanodella sfiga e della iella più nera. Sì,Matteo Renzi è in America. E questo nemmeno gli spiriti lo po-tevano prevedere.

Coltura ModernaIl seme del conformismo

***di Emanuele Ricucci

Ce lo chiede il progresso

Basta col pudore.Roba da reazionari

Centomila gavette di Ghiaccio

Un’eredità tutta da leggere

***di Egidio Bandini

Se esiste un episodio indimenti-cabile, nella memoria di coloroche pensano, seppure con sgo-

mento, alla campagna di Russiadell’Esercito Italiano, è la Carica diIsbuscenskij: l’assalto al galoppo,spade sguainate, dei nostri cavalleg-geri alle truppe sovietiche al grido di“Savoia!”. Era quello il nome del reg-gimento protagonista della gloriosavittoria che fece esclamare agli uffi-ciali tedeschi: «Noi queste cose nonle sappiamo più fare!» Purtroppo sappiamo benissimocome andò a finire la campagna diRussia e dell’eroismo dei nostri sol-dati, ufficiali e sottufficiali ha raccon-tato, meglio di chiunque altro,Giulio Bedeschi in quel capolavorodal titolo Centomila gavette di ghiac-cio. Ebbene, il 2 dicembre del ’63,proprio il dottor Giulio Bedeschiscriveva una lettera a GiovanninoGuareschi: “Egregio dott. Guareschi,ho letto ieri su Annabella l’annunciodel Suo Il compagno don Camillo diprossima pubblicazione, e il raccontoTre fili di frumento dedicato ai nostrimorti sul fronte russo. Nel febbraioscorso l’editore Mursia ha pubblicatoun mio libro: Centomila gavette dighiaccio che forse non Le è passatoinosservato; molte volte io sono statotentato di inviargliene copia in omag-gio, ma sono stato trattenuto dal timoredi poter passare da scocciatore che cercad’ingraziarsi Guareschi. Ora inveceprevale la commozione suscitata in medal Suo racconto davvero struggente, e

Le scrivo per esprimerLe la mia solida-rietà di lettore e di uomo cha da moltianni l’ammira, e per augurare al Suonuovo libro la fortuna dei precedenti.Fortuna che non può mancare, perchéLei ha il dono di saper giungere al cer-vello catafratto della gented’oggi attraverso l’unica viaancora rimasta parzial-mente aperta: la via delcuore. Mi scusi l’intrusione emi sappia Suo affezionatoGiulio Bedeschi (Ne ho se-polti tanti, in terra russa,morti tra le mie braccia.Grazie per ricordarli)”.A strettissimo giro arriva larisposta di Giovannino:“Caro Bedeschi, nel febbraio di que-st’anno, io lavoravo a Roma (lavoravo,naturalmente, invano – Il riferimentoè al film La Rabbia ndr.): lessi sullaDomenica una recensione di Cento-mila gavette di ghiaccio e mi misi allaricerca del libro. Non lo trovai perchénon era ancora uscito e lo ebbi attra-verso l’ottimo Branduasi (?) che lo ri-chiese per me a Mursia. Lo lessi conenorme interesse. Dicendo “enorme”non esagero. Il dramma dei soldati ita-liani in Russia è commovente ed esal-tante in sé. Inoltre,mio fratello fece la ri-tirata di Russia e fua lungo disperso.Inoltre – mi scusi laconfessione della miadebolezza – nel feb-braio di quest’annomio figlio era in AltoAdige (Vipiteno)dove faceva il servi-zio di prima nominanell’Artiglieria Al-pina. E, vedendo lefoto famose degli al-pini morti e copertidi neve, pensavo amio figlio. Inoltre, incampo di concentra-

mento fui compagno di baracca di No-vello, Garibaldi jr. e tanti altri Alpini. Lei può immaginare quanto io abbiaapprezzato il Suo libro e quale sia statala mia gioia apprendendo che il pub-blico aveva accolto con grande favore il

volume. Quanto Lei miscrive mi fa immensamentepiacere e, assieme agli au-guri di buon Natale Lemando tanti ringrazia-menti. Con affetto Guare-schi”.Rileggiamo, mentre sistanno perdendo in Italiai valori dell’attaccamentoalla Patria e alla Bandiera,ben spesso proprio a causa

di coloro che, invece, dovrebbero,Patria e Bandiera, averle più a cuore,sia Centomila gavette di ghiaccio cheTre fili di frumento: ci troveremo lastessa commozione, lo stesso rim-pianto, la stessa disperazione ma, allostesso tempo, la stessa fierezza, lastessa speranza, la stessa fede. In Dio,nella Patria e nella Famiglia. Rileg-giamoli e ricordiamoci di questa Ita-lia nobile e fiera: la sua eredità non èancora andata perduta. Abbiamo ungran bisogno di ritrovarla!

MINESTRA RISCALDATA

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Page 7: Euro 3,00 2,50 per ogni numero * Sped. abb. post. Nuova ... · mettere un freno all’insulto selvaggio. ... Tutti estasiati al pensiero di poter dormire in aula senza le slide che

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Nando Pagnoncelli è volto noto peri telespettatori. Insegna “Analisi dellapubblica opinione” alla Cattolica diMilano ed è autore di vari libri. L’ultimo è proprio Dare i numeri. Lepercezioni sbagliate sulla realtà sociale(Edizioni EdB, Bologna, pagg. 101,euro 10,00). Un libro sulla statistica e sulla di\e-renza fra la percezione della società edella politica rispetto alla realtà.Qualcosa non quadra. Parte daindagini dell’Ipsos, società di ri-levamenti statistici di cui Pa-gnoncelli è presidente. La tesi difondo è gli allarmi sociali (salute,numero di immigrati, percen-tuali di disoccupazione, crollodelle nascite, “bamboccioni” cherestano in famiglia, ecc.)sono percepiti in ma-niera maggiore dallagente. Ma Pagnon-celli non sempreconvince. Anzi, incerti punti, nonconvince a\atto. Innanzitutto nonconvince quando parladell’importanza e dell’attendibi-lità dei sondaggi politici. Qual-che mese dopo l’uscita del libro,c’è stato il caso-Trump, dato perscon]tto su tutta la linea da HillaryClinton, con i giornali come il NewYork Times che la sera precedente lospoglio delle votazioni dava l’85 percento dei voti alla Clinton... Poi, ab-biamo visto come è andata a ]nire...Paolo Fox ci avrebbe azzeccato... De-

scrive poi i “sondaggi-propaganda”che, prima delle elezioni, sono fatti(in malafede) per orientare gli elet-tori, per spingere a votare un candi-

dato, come è avvenuto in Usa afavore della Clinton. Ma anche lì ab-biamo visto come è andata a ]nire...Ancora. Pagnoncelli spiega che i sondaggi“non servono a prevedere ma a foto-grafare un momento ben preciso”.

Anzi, “Si rivelano molto più precisidi quanto sarebbe lecito attendersi”.E quello fatto la sera prima dello spo-glio in Usa? Ma ciò che proprio nonconvince è ciò che dice sull’immigra-zione. “Talora molte persone pen-sano che siamo di fronte a una verae propria invasione” e vorremmo sa-pere se non è invasione 181.405 per-sone che nel 2016 sono arrivate inItalia. Una città intera! E nel2015, in tutta Europa, arrivò unmilione di migranti! ’A Nando, sinun è invasione questa... Dice ancora che il loro arrivopone preoccupazioni: “ridurrà lerisorse pubbliche per gli italiani,e anche le nostre possibilità di ac-cesso ai servizi: aumenteranno ladelinquenza e i rischi di possibiliattentati terroristici”. A parte l’ultimo caso, quello chela pubblica opinione “esagerata”teme è già avvenuto. L’immigra-zione costa alle tasche degli ita-liani quattro miliardi di eurol’anno (che vengono tolti a altrespese sociali) e se agli immigrativengono messi a disposizione al-berghi di lusso e centri di acco-glienza, ai terremotati italianisolo tende a 18 gradi sotto zero;in più, la criminalità è certa-

mente aumentata. Lo dice la cronaca, ma anche la per-centuale di detenuti nelle carceri ita-liane che ormai per circa la metàsono immigrati. Se questi sono i numeri che dà Pa-gnoncelli, molto meglio Dario Fox.

Rubens e le nubi della scissione dem

Emiliano divorail piccolo Matteo

Capita che per brevi periodi dellanostra miseranda esistenza siamoportati a credere che le regole aureeche hanno reso il mondo quelloche è possano essere sovvertite.Possiamo illuderci, per un se-condo, che il cielo possa assumereil colore della terra e viceversa. Eppure l’illusione dura poco e gliequilibri del mondo tornano pre-sto a stabilirsi, dopo l’iniziale sov-vertimento. Come per un breveperiodo i giovani scapestrati hannopensato di potere fare a meno deglianziani e persino delle tele nellapittura, così, nella politicadel Paese patria di ogni bel-lezza, la nostra penisola ita-lica, si è per un poco credutoche il sangue caldo e ribol-lente degli infanti potessesommergere, con un’ondata,quello stantio ed ormai coa-gulato dei vegliardi. Sangue rosso fuoco controsangue blu. Numi! I colori...Le forze mi mancano, lapoesia mi soverchia. Ecco,mi ricompongo. Mi scom-posi come un idrocarburo,chiedo venia. Purtroppo, non funzionacosì: la vendetta dei parruc-coni è sempre all’orizzonte ei vecchi mai saranno vintidai poppanti! Questo sembra comunicarciil buon vecchio Rubens neldipingere il suo capolavoroSaturno divora i Sgli. Il possente Saturno, padredi tutti gli dei, con la suabarba canuta, il naso aqui-lino e la panza barocca nonvi ricorda forse qualcuno?Ma sì, è proprio lui, il buonvecchio Michele Emiliano,mentre rende a Renzi ur-lante pan per focaccia. Povero Matteo, rottamatore im-berbe che pensava di menare peril naso quelli che nell’Olimpo sie-dono da ben prima di lui. I due sierano dati appuntamento nelcielo grigio e tempestoso sopra lasede nazionale del PD (in terranon era possibile a causa dellosciopero selvaggio dei taxi che nonguarda in faccia neppure agli dei).Guardate con che grazia Rubens hadipinto le nubi della scissione! Neicieli, grazie allo stop di Alitalia,nessun rombo di motori avrebbedisturbato l’incontro tra Saturno

ed il Uglio rottamatore. Vedetequelle tre stelle lucenti magistral-mente abbozzate dall’artista incima al quadro? Sono nientemenoche D’Alema, Rossi e Bersani,ormai lontani, come nane gialle,dall’orbita della terra e dai suoidei. Lontani dal pantheon del PD.Sotto lo sguardo vigile di questigrandi antichi, Michele ha tentatodi ricondurre il piccolo Matteosulla retta via. Nel quadro, Il pittore cattura latensione che segue la comunica-zione a Saturno dell’intenzione diricandidarsi a segretario di mat-teino. Quando è troppo, è troppo,e manco fosse un caciocavallo, ilpiccolo Renzi viene azzannato dal

possente divino essere pugliese. Lamostra di Rubens si è chiusa ilmese scorso a Palazzo Reale, nel ca-poluogo Lombardo. Tutti coloro che hanno avutomodo di visitarla si saranno resiconto di cosa sono capaci gli anti-chi dei, se provocati.

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 * Marzo 2017

Un sondaggistache dà i numeri

***di Manlio Triggiani

Fahrenheit 451

I giornali dicanola verità

Caro Candido, davvero misto chiedendo se abbia omeno un senso continuare

ad ascoltare telegiornali e a leggeregiornali (escluso il vostro, natural-mente!). Dopo l’ubriacatura gene-rale del Festival di Sanremo, che haanestetizzato milioni di italianiper un’intera settimana, abbiamoripreso a pieno ritmo il raccontodei fatti di sangue: ogni giorno dob-biamo subire i video di VeronicaPanarello (già condannata a 30anni di reclusione per l’omicidiodel Sglioletto) che canticchia du-rante l’interrogatorio osale sulla sedia bal-lando; le interviste sulnuovo indagato per lamorte di Chiara Poggi,nonostante Alberto Stasisia in galera da un belpezzo; il ricordo per im-magini della cattura diMassimo Bossetti conl’immancabile ritrattopiagnucoloso della po-vera Yara Gambirasio ealtre simili amenità. Intanto l’Italia va alladeriva e arrivano sem-pre più extracomuni-tari, l’economia è incrisi nera, i giovani di-soccupati sono in cre-scita inarrestabile, furtie rapine mettono in gi-nocchio anziani e piccoli

imprenditori. Non sarebbe ora dismetterla e cominciare, magari, adire la verità agli italiani? Veritàsui conti pubblici, sugli sprechi, sulnumero di clandestini, sulle pro-spettive economiche. Non sarebbegiusto?

Emilio M. - Pescara

Caro Emilio, sarebbe non giu-sto: giustissimo dire, unabuona volta, come stiano

davvero le cose nel nostro disgrazia-tissimo Paese. Purtroppo, però, la ve-rità generalmente non va d’accordocon la politica: specialmente quelladel nostro Governo Gentilenzi (oRenziloni, scegli tu). Come farebberoa proseguire nel perverso cammino

dell’obbedienza cieca, pronta e asso-luta verso l’Europa di Angela Merkel?Quale Nazione abdica la propria so-vranità, decidendo che occorre pre-levare dalle tasche dei cittadini 3miliardi e mezzo di Euro per soddi-sfare gli appetiti irrefrenabili del mo-stro di Bruxelles, invece di destinareogni centesimo alle vittime del terre-moto e dei disastri del maltempo?Solo questa Italietta dei Renziloni,che fa rima con c….oni! Purtroppo le prospettive politichesono tutt’altro che rosee e la semprepiù gettonata intesa Berlusconi-Renzi parrebbe l’unica alternativaall’ascesa dei grillini a palazzo Chigi.Occorrerebbe poter scegliere dell’al-tro… Ma un rigurgito d’indipen-

denza e libertà come quelloche ha spazzato via il referen-dum renziano non si ripeteràtanto presto: anche perché idiretti trombati hanno dimo-strato, se ce ne fosse bisogno,in quale considerazione ten-gono gli elettori. Anzi: gli ita-liani.

Ridateci la Nutella

Ho letto di uno stu-dio di una rivistainternazionale se-

condo la quale non è veroche l’olio di palma causi, diper sé, il cancro. Un risul-tato simile a cui, qualchesettimana fa, erano giunti

dei ricercatori dell’università Fede-rico II. Allora, a chi dobbiamo cre-dere? Possiamo tornare a mangiarela Nutella alla faccia del ministroSegolene Royal che voleva farla vie-tare in Francia?

Sabatino - Falconara

Caro Sabatino, noi non ab-biamo mai smesso di farlo. Emanco di mangiare carne

rossa, insaccati, salumi, uova fritte ecotte nel tanicone di benzina. Di farbene alla Francia o alla lobby nazive-gansalutista non ce ne può fregar dimeno. Per il poco che possiamo fare,brinderemo a questa (ennesima) ]-guraccia di lorsignori scendendo instrada a scolarci boccali colmi di iper-caloricissimo olio di palma.

Rispettareil voto

Caro Candido, ma perché c’ètanto accanimento nei con-fronti di Trump? Non che io

sia un fan sfegatato del neo elettoalla Casa Bianca, ma mi pare che,se gli americani l’hanno votato,preferendolo all’establishment rap-presentato dalla Clinton, evidente-mente anche negli Stati Uniti c’eravoglia di cambiamento. E Trumpmi pare che di cambiamenti ne stiafacendo, soprattutto al tavolo dellerelazioni con l’estero. Arrivo a ca-pire gli americani che non hannovotato Ve Donald, ma gli europei,gli italiani, gli asiatici che si strac-ciano le vesti e alzano lamenti perquella che descrivono come ri-schiosa deriva autoritaria (se nonaddirittura nazista)? Proprio loro,che si professano democratici, nondovrebbero innanzitutto rispettareil voto del popolo americano?

Mirta - Isernia

Cara Mirta, certo che occorre-rebbe rispettare il voto degliamericani, come di qualsiasi

popolo libero. Pare, però, che i nostriopinionisti sinistroidi, assieme allamassa perennemente mobilitata deitrinariciuti, rispetti solo le grandi“democrazie” di Cuba, della Coreadel Nord, dell’Iran, dell’Isis e via di-scorrendo. D’altronde, essendo costoro espres-sione di una Nazione che si de]niscelibera e dove la sovranità appartieneal popolo, ma nella quale sussiste ilquarto governo non eletto dai citta-dini: ebbene il conto è presto fatto.Curiosamente, però, a costoro piac-ciono i cosiddetti “uomini forti”,come Kim Jong Un, Raul Castro,Ahmadinejad, Al Baghdadi eccetera,ma non sopportano Donald Trumpe Vladimir Putin: indubbiamentedue “uomini forti”. Strano, ma cer-tamente spiegabile. Basta infatti con-siderare chi siano i rappresentanti digoverno a\erenti a queste lobby delpensiero politicamente corretto: inordine sparso Mario Monti, EnricoLetta, Paolo Gentiloni, Pierluigi Ber-sani, Piercarlo Padoan, Angelino Al-fano, Dario Franceschini, Luigi DiMaio, Virginia Raggi, Nichi Ven-dola, Alessandro Dibattista e po-tremmo proseguire all’in]nito. Tutti uomini (o donne, sennò la Bol-drini si infuria) forti? Assolutamenteno. Il Italia, negli ultimi tempi, diuomini forti ne abbiamo visti pochi:Giorgio Napolitano (forte nell’im-porre i propri governi, ma ]accatodall’anagrafe), Beppe Grillo (che è uncomico e neppure da sé stesso siprende sul serio) e Matteo Renzi chela forza l’ha messa tutta nel sostenerela Boschi, la sua riforma e le banchedei familiari. Perché, poi, a costoronon piaccia un vero uomo fortecome Trump, mi piacerebbe chieder-glielo. Ma sono certo che non rispon-derebbero…

Lettere all’[email protected]

Candidarte***di Lorenzo Borgonovo

Il grado zero della scrittura Il quadro della situazione

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MensileFondato da Giovannino Guareschi

Made in Italy***

di Egidio Bandini

Questo Made il Italy, cari Candido-lettori, vi sembrerà alquanto prevedi-bile e, quasi, superato: dal momentoche parleremo di crisi. Ebbene sì, lacrisi che da nove anni-nove incombesulla nostra povera Italia, rendendolauna Italia povera. Ben diversa, però,da quell’Italia povera di cui parlavaGiovannino Guareschi negli anni ’60:quella era l’Italia povera del dopo-guerra, miserabile, affamata, sconfittama con una grande, infinita speranzanella possibilità di risollevarsi, di pro-gredire, di tornare il grande Paese cheera sempre stata. L’orgoglio italiano diede ai nostrinonni la capacità di reagiree di non perdere, dopola guerra, anchela pace. Cosa suc-cesse, purtroppo,dall’entrata in vi-gore della “Costituzionepiù bella del mondo” losappiamo benissimo. Oggi, però,vogliamo parlarvi di un’altra crisi,anche se, a ben vedere, alla fine derivaanch’essa dalla solita, interminabilecrisi di cui sopra: la festa di San Va-lentino, da poco trascorsa, ha perso ilsuo appeal. Un sondaggio di SpeedDate.it, hapreso in esame le tendenze legate a SanValentino di un campione di 2 milapersone di entrambi i sessi, la metàdelle quali rappresentative di chi è incoppia e l’altra metà di chi è single. Il 38% delle persone in coppia ha ri-sposto di non aver festeggiato San Va-lentino ed una percentuale ancoramaggiore (65%) non è andata nep-pure fuori a mangiare. Ancora peggiova sul fronte dei viaggi: dalle rispostedate dal campione rappresentativodelle coppie, emerge che per festeggiarela ricorrenza solo il 5% delle coppie hafatto un viaggio insieme, mentre tra isingle aumentano (64%) coloro chehanno deciso di sfruttare il periodo de-dicato alla festa degli innamorati perconcedersi un viaggio. E non è che ilsettore dei tradizionali regali goda dibuona salute: «Andando poi ad esami-nare le risposte legate ai regali – pun-tualizzano gli analisti – tra chi ritienedi voler festeggiare ancora la festa degliinnamorati in modo tradizionale laspesa media del regalo oscilla tra i 15e i 60 euro.» San Valentino ha perso le ali – iro-nizza Roberto Sberna, direttore gene-rale di SpeedDate.it – trasformandosiin uno dei giorni più gettonati proprioda chi un partner non ce l’ha, peruscire e fare nuove conoscenze.» Dunque, addio “innamoratini” diPeynet, fiori e cene, regali e viaggi?Sembrerebbe di sì, anche se, magari,gli italiani in coppia hanno deciso difare proprio lo slogan, che molti inveceritengono demodé, del mai abbastanzaaccantonato Mario Monti: “sobrietà”.Niente festeggiamenti eclatanti perSan Valentino? Vogliamo pensare che,finalmente, buona parte dei nostricompatrioti abbiano deciso di superarela logica trita e ritrita del “giorno difesta” a tutti i costi: se ci si vuol bene,è festa 365 giorni l’anno. 366 se bise-stile!

L’apostrofodell’ometto

***di Egidio Bandini

(...) Ma vi chiederete: perché questo de-siderio di apostrofo? Perché, sic stanti bus rebus, per la lin-gua di Dante la parola “amore” risul-terebbe indiscutibilmente di generemaschile e perciò, siccome l’amore è unsentimento universale, non dovrebbeessere costretto da pastoie sessiste: amoreè maschile, femminile e pure neutro!Sì, proprio così, neutro. Genere chenell’italiano attuale non esiste, ma cheera ben vivo nella lingua dei nostri

avi: il tanto vitupe-rato latino. Dunque, liberiamol’amore e dotiamolo,a piacere, di apo-strofo anche quandopreceduto dall’arti-colo indetermina-

tivo: “un’amore”. Ovvero, siccome nonesiste il genere neutro in italiano, per-lomeno cassiamo dagli errori da ma-tita blu lo scrivere un’amore conl’apostrofo, cosicché il termine risultiindifferentemente maschile o femmi-nile e, di conseguenza, neutro. Ce la faranno gli ideatori e i sottoscrit-tori di questa importantissima rivolu-zione linguistica? Visto l’accoglimento entusiastico delneologismo “petaloso”, verrebbe da direche qualche chance ce l’hanno. Ben diversa la paventata scissione delPd. Pierluigi Bersani, dopo un discorsoaggrovigliato, quale non produceva datempo, ha chiesto a Renzi di usare pa-role chiare, altrimenti la diasporadella sinistra dem sarà inevitabile. Già schiere di commentatori politici siaffannano nel prevedere gli scenari piùdiversi, derivanti da questa divisionee qualcuno adombra già il voto a set-tembre; c’è addirittura chi preconizzaun’intesa Renzi-Berlusconi e optionalnella ricostruzione di una moderna“balena bianca” 2.0, partorita da unarevisione in senso proporzionale dellalegge elettorale. Cosa accadrà? L’ipotesi più probabileè che tutto, alla fin fine, rimanga esat-tamente com’è ora, grazie all’indefesso,profondo affetto che i nostri politici diogni ordine e grado nutrono nei con-fronti del seggio parlamentare e delconseguente, ricco guiderdone econo-mico. Ecco perché il vostro ometto du-bita che il Pd possa scindersi, almenoa breve: Renzi e Bersani (tanto per in-dividuare le due “anime” dell’ex PCI)consegnerebbero il Paese nelle mani diqualcun altro ed è l’ultima cosa che vo-gliono: tutti e due! Un apostrofo e una scissione nel de-stino dell’Italia? Che dopo l’amore toc-chi pure al cuore diventare neutro, pervia dell’inevitabile rima? Che davveroil Pd si divida in due correnti? Il vostro ometto lancia una proposta evi chiede di sottoscriverla: basta con“un’Italia” al femminile! Scriviamoloanche senza apostrofo: dare un generealla Patria è sessista. Sì, ma anche Pa-tria è femminile. Come Fede. Carte su, come dicono da noi. L’ita-liano va benissimo così com’è!

La famiglia GuareschiUn Angelo di nome

Giovannino «Angelo di Dio, che sei il mio Cu-

stode, illumina, custodisci, reggi e go-verna me, che ti fui affidato dallapietà celeste. Amen.» Chi si ricordaquesta piccola preghiera che le nostrenonne ci facevano recitare la mattinaappena alzati, prima di affrontare unanuova giornata? Pochi, certamente.Come pochi ricorderanno lui, l’An-gelo Custode che il Padreterno cimette al fianco e ci accompagna pertutta la vita. Angelo Custode che,da qualche tempo, ha avuto peròla sua rivincita, seppure per in-terposta persona; sì, perché inquel di Noceto, comune di oltrediecimila anime arrampicatosulle prime colline parmensi, il sin-daco ha istituito la festa delle nonnee dei nonni ed ha fissato la data in cuicelebrare questa festa: il 2 ottobre,giorno degli Angeli Custodi. Che i nonni e le nonne siano da con-siderarsi a tutti gli effetti degli angelicustodi è inconfutabile, ma del fattoche occorrano anche gli Angeli Cu-stodi titolari, quelli accreditati dalBuon Dio, era convintissimo Guare-schi, che tante volte parla di loro nellesue favole. Giovannino aveva, comeognuno di noi il suo bravo AngeloCustode, di nome Giacinto (comeMondaini, sottolineava lo scrittore) eche non aveva peli sulla lingua: «Misono svegliato di soprassalto. Qualcunostava parlottando vicino a me. Seduti

ai piedi del letto stavano tre signori incandido camicione: uno era Giacinto,il mio Angelo Custode, gli altri dueerano Camillo, l’Angelo Custode delladolce signora del mio quarto piano, eRoberto, l’Angelo Custode del nostromascalzoncello rosa. Chiacchieravano eGiacinto, naturalmente, teneva banco.Giacinto a un tratto ha detto con con-vinzione: “L’ultimo mio era molto mi-gliore di questo: un tipo più serio, unnotaio. Non mi era mai capitato unoche scribacchia sui giornaletti. è unacosa poco decorosa per uno, come me,

che dal milleottocentodue almilleottocentottantacinque èstato con Victor Hugo”».

Checché ne dica Giacinto però,conclude Guareschi, ognuno di

noi nasce angelo: «Il buon Dio,negli immediati paraggi del

1908, costruì un angelo e prima ancoradi collaudarlo scosse il capo. “Come an-gelo” disse fra sé “è troppo brutto. Comeuomo è troppo buono. Al massimo neposso cavare un Giovannino.”» E cosìanche Guareschi, diventato nonno,sarà l’angelo custode dei suoi nipo-tini, Michelone, la Fenomena e la Vi-cefenomena, cui se ne aggiungerannoparecchi altri e il 2 ottobre, guar-dando ai piedi del letto, chissà cheanche loro non vedano un signore coibaffi in candido camicione: l’AngeloCustode Giovannino. P.S. Queste ed altre storie le potreteleggere nel volume “La famiglia Gua-reschi, 1939 -1968. Storie di una fa-miglia qualunque”.

segue dalla prima pagina

La otto di

Bari e Milano unite dalle stesse pole-miche o quasi. Nooo, non c’entra la scis-sione del Pd, né il dibattito sulleprimarie e neppure i termini per an-dare a votare per il nuovo governo. Lepalme. Mai c’è stata una polemica tal-mente accesa, a Bari come a Milano,sulle palme.I fatti. Un progetto di riassetto urbani-stico prevedeva che a Bari fossero elimi-nate le palme che abbellivano viaSparàno, la strada commerciale per an-tonomasia del centro cittadino. Polemi-che, chi era per il sì, chi per il no: unputiferio fra le “tifoserie”. Mesi fa il sin-daco Antonio Decaro parlò della possi-bilità di sradicarle. Intervenne VittorioSgarbi sostenendo che stanno bene inuna città mediterranea, luminosa, so-lare che sorge sul mare. Come a Nizza,a Saint Tropez ecc. Decaro assicurò cheavrebbe mediato. Silenzio... e, invece,via! Pochi giorni fa tutte tolte. Sgarbi,a Bari, ha definito l’iniziativa di De-caro “una grande impresa del cazzo”,

sottolineando che nella strada princi-pale della città le basole messe sono or-ride. “Vedo che si prosegue con ladesertificazione. La pavimentazione èorrida”. Insomma, con questo restylingil sindaco Decaro, secondo Sgarbi, in-tende far diventare Bari “una città gri-gia, cementificata”. Il rapporto fra maree palme non c’è più e il grigio avanza...Il pensiero corre alla polemica di Mi-lano dove, giustamente, Lega e FIhanno protestato per la decisione – ba-sata peraltro sul parere positivo dellaSoprintendenza, bah... – di piantu-mare file di palme nelle aiuole davantial Duomo, alternate con file di ba-nani... Secondo alcuni milanesi tuttoquesto ha un significato politico: prepa-rare il cambiamento del panoramadella città in panorama esotico per ri-chiamare il Magreb (specie con i ba-nani) davanti all’architettura gotica delDuomo. Il sindaco Giuseppe Sala ha

fatto cadere i dubbi dichiarando aTGCom24: “Si evoca la sacralità, siparla di violenza quasi si trattasse di unnuovo simbolo della religione milanese.La religione milanese vuol dire usare ilsenso cristiano, vuol dire accogliere”.Ecco: anticipare, senza ammetterlo, in-novazioni del paesaggio urbano che ri-mandano... all’“accoglienza”. Passi perle palme, che in piazza Duomo nonstanno bene, ma in altre parti di Mi-lano ci sono, ma i banani...E allora in consiglio comunale la pro-testa di FI e Lega è stata pittoresca: iconsiglieri hanno esibito grandi bananegonfiabili. Di certo i sindaci di sinistrariescono sempre a scontentare città e cit-tadini. Spendendo soldi (3 milioni aBari) e acquisendo gli alberi (gratis)come il Comune di Milano, che li haavuti in dono dalla catena di caffetterieStarbucks. E che questa catena regalialberi senza pensare al panorama, al-l’architettura e alla cultura del posto,qualcosa significherà...

[email protected]

***di Manlio Triggiani

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - DL 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 dcb Roma - Aut. C/RM/25/2014

***di Egidio Bandini

Mondo Piccolo

Nuova serie * Anno IV * N. 5/6 - Marzo 2017

Giorni diversiÈ passato un mese da San Valen-

tino: un’orgia ipocrita di pensierigentili, dai quali sono riuscito asfuggire compiendo degli incredi-bili slalom tra cellulare, computer,facebook e diavolerie in genere. An-tichi accordi, muti e segreti, mi evi-tano di compiere penosesdolcinature in famiglia. L’unica, a cui sarebbe concesso, po-trebbe essere la nipotina, che, a ottoanni, può ancora credere al Giornodegli Innamorati: avrà tanto tempoper ricredersi. Per fortuna mia mo-glie potrebbe anche avere dei difetti(infatti ne ha, perbacco se ne ha!),ma almeno è esente da questi falsiin atti privati. Il giorno fatidico mi sono dedicatoalle cartacce di casa, sono uscitosolo per un incontro in bibliotecaper ricordare un grande amicomancato in agosto, il professorGuido Bezzola; di conseguenzasolo gente seria ed acculturata, ioero l’unico che sa appena leggere escrivere. Per le strade di Milano,verso le otto di sera, passavano gio-vani coppie, in ghingheri, fanciullein fiore: in fondo è anche bello chevivano un giorno sorridente e fe-lice, credendo di essere innamorati.

Ormai è notte, mi fa compagnia uncd de La Bohéme, canta la Callas eGiuseppe di Stefano: che cosa cipuò essere di più romantico? Miofiglio mi ha interrotto per la mez-zora da dedicare a sfoltire le carte efar pulizia in taverna (l’unico luogoin cui il povero marito può crederedi essere indipendente e parlare conil suo amico computer):nella polvere confusa, dasotto un tavolo, mi tirafuori un doppio sacco diplastica azzurra con dentroriviste di 20/30 anni fa. Ar-ticoli e foto che avevo quasidimenticato, i bambini gio-vanissimi, anche la mo-glie… quante belle donneho conosciuto: carta canta.Sono contrario ai rimpianti,però… proprio con nessunasi è parlato di San Valen-tino; penso che sia uno deimiei maggiori errori di gio-ventù, qualcuno dice cheinvece si parla bene di me

soprattutto per questo. Giunto al-l’età che consiglia di tirare i remi inbarca, qualche volta mi sorprendoa ripensare a tanti gioiosi momentivissuti negli anni, incontri meravi-gliosi ed irripetibili, ma vissutisempre con educazione e pudore,secondo gli insegnamenti di fami-glia: ecco l’importanza dei genitori

e dei nonni. Spesso mi chiedo: sonoun nonno all’altezza? Poi torno ilragazzo di sempre e mi trovo a ra-gionare su frasi consumate e spac-ciate come verità, tipo: “Il primoamore non si scorda mai”. Ma chil’ha detto? Ma chi si ricorda di pre-ciso il primo battito del cuore? Hosempre pensato che sia “l’ultimo

amore” quello che non siscorda, che sia ben presente,anche perché esiste o è ap-pena finito. Quello che èsuccesso un anno e mezzofa, puoi ancora ricordarlo,ma prima? L’ho pensato, l’ho scritto,ma intanto suona il Quar-tiere Latino e mi sovviene diuna bocca, gli occhi, gli zi-gomi alti della dolce dirim-pettaia del terzo piano,cresciuti insieme nello stessocortile dal ’45 al ’55; allorasi giocava a nascondersi enel vano della cantina hocompiuto un maldestro ten-

tativo di bacio: il “NO!” è statonetto e senza alternative. Dopopochi giorni filava con il mio fra-terno amico, ma il tipo mi è rima-sto come prototipo nella mente,comunque roba da tredicenni. Qualche volta però mi punge va-ghezza di ritrovare gli antichiamici. Forse è meglio mantenere ilricordo, che non può invecchiare,piuttosto che incontrare una cata-pecchia trasformata dagli anni edirriconoscibile. Comuni amici, probabilmente deiservizi segreti, credono di aver no-tizie di una cara signora, che va ingiro a dire che io sia stato una dellesue vittime: se è quella che penso,anche qui non è successo niente, senon una cotta dei 17 anni, assolu-tamente platonica. Però, in fondo,mi piacerebbe rivederla. Ma tor-niamo a San Valentino, festa degliinnamorati e, soprattutto, dei ven-ditori di inutilità: un abbraccio atutti. Dopo la confusione sul primoamore, ricordo benissimo l’ultimo,focoso e fulminante: eravamo a Mi-lano, ma anche un po’ in giro. Eraalta, forse bassa, abbiamo parteci-pato alle 5 giornate di Milano, no!Quando è arrivato Napoleone,forse era Carlo V… Temo di averdimenticato anche l’ultimo.

***di Enrico Beruschi

Osservazioni di uno qualunque

Pulcis in fundo

ARRUOLATEVI ANChE VOITRA I LEGIONARI DELLARISATA! MANDATECI I VOSTRI DI-SEGNI SATIRICI E I VOSTRIARTICOLI. MA ANChE FO-TOMONTAGGI, STRIPS EBREVI SCRITTI PER LE DE-NUNCE O LE SEGNALA-ZIONI ChE NON TROVANOSPAZIO ALTROVE. LE OPERE PIù VALIDE SA-RANNO PUBBLICATE INqUESTO SPAZIO E I MI-GLIORI TRA VOI DIVENTE-RANNO UFFICIALMENTE“COLLABORAZIONISTI”DEL NOSTRO GIORNALE.

ParacarriLa deriva mondiale “radical chic”

ossia quell’ipocrita tendenza al “poli-tically correct a tutti i costi” fatta dapersone che sorseggiano tisane newage sprofondati in comodi divani dialtrettanto comodi superattici, comin-cia a scricchiolare. In USA si da la colpa all’ignoranzadella gente che ha votato Trump percercare di nascondere una triste verità,ossia che tutti ne hanno le taschepiene di finiti buoni sentimentiquando vengono da persone che nonviaggiano in seconda classe in treno enon hanno problemi di bollette esopravvivenza. Ero anch’io unofelice che avessero eletto unpresidente di colore che potevaportare un’ondata di entusia-smo e di positività alla streguadi un Nelson Mandela. Invece allafine ci sono stati 8 anni di chiacchiere.Obama, nonostante la faccia simpa-tica e il buon eloquio è un’altro diquelle figure che non si è mai spezzatola schiena per guadagnarsi da vivere.Dopo gli studi, un comodo posto dadocente all’Università per qualcheanno poi la folgorante carriera poli-tica. Di sicuro c’è solo che, certa-mente, ha lavorato più di gran partedella nostra classe politica. Da noi imperano persone completa-mente scollate dal mondo del lavoroe dei servizi a disposizione del popolosuddito. Grazie al Grillo nazionale,che peraltro stimo quale unico cen-sore, in tempi non sospetti, di tantimalaffari italici, una nuova classe po-

litica si è mescolata alla vecchia. Ap-parentemente veniva dal popolo equindi è stata vista da tanti, me com-preso, come l’ennesima speranza –ahimè mal riposta – per un mondomigliore. Così gente che non aveva né arte néparte nella società produttiva si è ri-trovata su un comodo e prestigioso se-dile servito e riverito. Nessun bagnodi umiltà nella consapevolezza di es-sere stati eletti per disperazione ma,anzi, in molti casi si sono viste alzarsitante creste, come se i voti fossero ar-

rivati, invece, per meriti perso-nali. Il triste è che oggi vediamoal potere leader finti popolaricol quoziente intellettivo di unparacarro. Ma con un denomi-

natore comune con i vecchi pro-fessionisti della politica: evitare

quanto più possibile il fastidio delleelezioni. Non si sa mai che il colpo diculo di essere stati eletti una volta nonsi ripeta una seconda. Così tutte lescuse sono buone, compresa la man-canza di una legge elettorale adeguata.Per cui, a livello nazionale, siamo alquarto governo non eletto dal popolo.La “nostra” presidente della Camerafaceva parte di SEL che prese menodel 3% di preferenze eppure è laquarta carica dello Stato da 4 legisla-ture… Non so più cosa pensare. Meglio lasciarli continuare a bere co-gnac e tisane e sentire bei discorsi tipoquelli sulla solidarietà agli immigratio meglio rischiare che aumenti il nu-mero dei paracarri?

***di Danilo Coppe

Biti

Mine

MONITO DEL PAPA CONTRO I PRETI PEDOFILI

TRAGEDIA CAPITALE

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