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Horror vacui Durante il recente incontro tra Comitato e Istituzioni riguardo le sorti dell'area ex-FAT è stato riportato il parere degli esperti che affermano la necessità del costruito in quello spazio per evitare che la dimensione di quel vuoto tolga centralità alle due piazze cittadine. Sarebbe interessante poter incontrare i tecnici chiamati in causa per verificare la correttezza della citazione (nel gioco del telefono senza fili non è raro che qualche parte del discorso muti o vada persa). Qualora io stesso avessi frainteso il concetto espresso mi piacerebbe approfittarne per chiarire un punto secondo me basilare: un esperto, nel rispetto del suo compito, esprime pareri e suggerimenti, anche bestialità a volte, ma non verità assolute. Se si approda poi nel campo dell'urbanistica e dell'architettura in generale l'unica certezza è che non esistono soluzioni universali perché ogni luogo, ogni città, ogni COMUNITA' risponde a esigenze e aspirazioni che sono la somma di dinamiche sociali, proprie ed esclusive, createsi nel tempo. Che possono mutare, anche passati venti anni o un giorno. In attesa di ulteriori sviluppi vorrei qui (scripta manent) manifestare la mia opinione di cittadino da tempo frequentatore del rione Prato riguardo l'argomento sposando l'ipotesi di un'area pubblica. Sicuramente non aggiungerò nulla di nuovo, ma spero che alcuni punti calzino per una riflessione di più ampio respiro. Io credo che la centralità delle piazze non si tolga con un vuoto urbano adeguatamente progettato, attrezzato e mantenuto (!). Credo piuttosto che la centralità si tolga privilegiando le periferie nelle scelte strategiche; credo che si tolga centralità non incentivando la comunicazione e la promozione al di fuori del territorio comunale. Tutti gli interventi e le acquisizioni, seppur lodevoli, perdono di efficacia per la mancanza di un disegno di città nitido. O comunque per un'idea di centralità non ben delineata. L'area in causa (la ex-FAT) si dovrebbe considerare, a mio avviso, come un importante punto di partenza per la vera rinascita del Centro Storico. Il vuoto urbano non mi pare rappresenti una minaccia per le piazze (che hanno già una funzione definita dai secoli), ma bensì un rafforzamento di queste e un'eccezionale occasione di valorizzazione dei quartieri di Mattonata e Prato se inserito in un'ottica di rientro delle funzioni che coinvolga l'ex-ospedale, testimonianza fondamentale della civiltà tifernate. Riportare le funzioni (mi riferisco all'insieme degli uffici pubblici) in centro integrandole con le poche rimaste potrebbe essere la carta vincente per ricreare quell'attrattiva che oggi pare definitivamente perduta. Un'area libera attrezzata e ben tenuta rappresenterebbe un importante polmone per l'incremento della qualità della vita nei quartieri storici, cuore e motore di quello che fu Castrum Felicitatis. Molte delle nostre più illustri città (basti pensare a Siena, Firenze...) ci insegnano l'importanza dei vuoti come spinta alla valorizzazione dei pieni lasciandocene il ricordo nel cuore. Credo inoltre che un nuovo accentramento delle funzioni sarebbe ben visto anche per il potenziamento delle attività commerciali centrali in quanto, credo sia innegabile, portatore di un ulteriore flusso di utenza. A questo proposito trovo estremamente deleterio ogni tentativo di inserimento della grande distribuzione. La vicinanza all'area di presenze importanti quali il citato Ospedale, il chiostro di s. Domenico, la Pinacoteca rimandano, secondo il mio punto di vista, in modalità automatica a uno spazio pubblico dove promuovere strategie innovative perfettamente inquadrabili in quel progetto di smart city che da tempo si va definendo. Inoltre il tutto si tramuterebbe in un'importante polo d'attrazione per il ringiovanimento (cosa non trascurabile) dei quartieri: la qualità della vita dei propri elettori, o meglio dei cittadini tutti, dovrebbe essere elemento basilare per la valutazione del prestigio di un'amministrazione. La mia visione romantica corre verso giovani coppie con carrozzine, nonni con i nipoti, turisti che si riposano dopo una visita o semplicemente cittadini che parlano o gustano una bevanda in attesa del proprio turno. E sono certo che si possa fare di meglio. La mia visione più pratica ipotizza invece un laboratorio a cielo aperto dove i giovani professionisti (e non solo) coordinati da chi può vantare maggiore esperienza possano mettere in atto nuove idee, acquisendo nuove conoscenze i primi e allargando la propria visione gli altri. Una nuova possibilità di lavoro per tutta la città che sostituisca il bene comune al beneficio per pochi. Ovviamente se i processi restassero interni all'apparato pubblico (anche in nome di un risparmio che sarebbe comunque da quantificare e valutare alla luce del sole) tutto questo sarebbe vanificato. Io non credo serva edificare in quell'area così come sono convinto che non serva un grande nome che ancora una volta cali dall'esterno a dire cosa vuole Città di Castello togliendo ingenti risorse economiche; non credo neppure serva la prassi del concorso di idee quanto piuttosto un concerto di idee, qualcosa che vada oltre le modalità conosciute valorizzando tutte le risorse umane della città, secondo le rispettive professionalità e attitudini. Nuove idee, nuove funzionalità per ridare vita anche a quelle iniziative in corso, ma ormai al palo. Poi verranno i codici e i cavilli, ma la legge non è un fine è uno strumento che va interpretato con il buonsenso a vantaggio della comunità. Se la legge prevale sul senso comune siamo in uno stato di barbarie palese, quando gli unni scendevano dalle periferie e dalle campagne a distruggere le città. Io credo che a Città di Castello non serva Sparta, ma bensì Atene: una rinnovata capacità di ascolto e di interazione tra i Cittadini e i loro rappresentanti (che in quanto tali sono ai primi subordinati). Pinacoteca, Chiostro, Ospedale e un'area (che è riduttivo definire parco) a essi funzionale potrebbero rappresentare un innovativo esempio di città-laboratorio alla portata di tutti, il magico connubio di utile e dilettevole. Gli inglesi, forti del

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Le riflessioni di Paolo Pazzaglia

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Horror vacui

Durante il recente incontro tra Comitato e Istituzioni riguardo le sorti dell'area ex-FAT è stato riportato il parere degliesperti che affermano la necessità del costruito in quello spazio per evitare che la dimensione di quel vuoto tolgacentralità alle due piazze cittadine.Sarebbe interessante poter incontrare i tecnici chiamati in causa per verificare la correttezza della citazione (nel giocodel telefono senza fili non è raro che qualche parte del discorso muti o vada persa). Qualora io stesso avessi frainteso ilconcetto espresso mi piacerebbe approfittarne per chiarire un punto secondo me basilare: un esperto, nel rispetto del suocompito, esprime pareri e suggerimenti, anche bestialità a volte, ma non verità assolute.Se si approda poi nel campo dell'urbanistica e dell'architettura in generale l'unica certezza è che non esistono soluzioniuniversali perché ogni luogo, ogni città, ogni COMUNITA' risponde a esigenze e aspirazioni che sono la somma didinamiche sociali, proprie ed esclusive, createsi nel tempo. Che possono mutare, anche passati venti anni o un giorno.

In attesa di ulteriori sviluppi vorrei qui (scripta manent) manifestare la mia opinione di cittadino da tempo frequentatoredel rione Prato riguardo l'argomento sposando l'ipotesi di un'area pubblica. Sicuramente non aggiungerò nulla di nuovo,ma spero che alcuni punti calzino per una riflessione di più ampio respiro.

Io credo che la centralità delle piazze non si tolga con un vuoto urbano adeguatamente progettato, attrezzato emantenuto (!). Credo piuttosto che la centralità si tolga privilegiando le periferie nelle scelte strategiche; credo che sitolga centralità non incentivando la comunicazione e la promozione al di fuori del territorio comunale.Tutti gli interventi e le acquisizioni, seppur lodevoli, perdono di efficacia per la mancanza di un disegno di città nitido.O comunque per un'idea di centralità non ben delineata.

L'area in causa (la ex-FAT) si dovrebbe considerare, a mio avviso, come un importante punto di partenza per la verarinascita del Centro Storico. Il vuoto urbano non mi pare rappresenti una minaccia per le piazze (che hanno già unafunzione definita dai secoli), ma bensì un rafforzamento di queste e un'eccezionale occasione di valorizzazione deiquartieri di Mattonata e Prato se inserito in un'ottica di rientro delle funzioni che coinvolga l'ex-ospedale, testimonianzafondamentale della civiltà tifernate. Riportare le funzioni (mi riferisco all'insieme degli uffici pubblici) in centrointegrandole con le poche rimaste potrebbe essere la carta vincente per ricreare quell'attrattiva che oggi paredefinitivamente perduta. Un'area libera attrezzata e ben tenuta rappresenterebbe un importante polmone per l'incrementodella qualità della vita nei quartieri storici, cuore e motore di quello che fu Castrum Felicitatis. Molte delle nostre piùillustri città (basti pensare a Siena, Firenze...) ci insegnano l'importanza dei vuoti come spinta alla valorizzazione deipieni lasciandocene il ricordo nel cuore.Credo inoltre che un nuovo accentramento delle funzioni sarebbe ben visto anche per il potenziamento delle attivitàcommerciali centrali in quanto, credo sia innegabile, portatore di un ulteriore flusso di utenza. A questo proposito trovoestremamente deleterio ogni tentativo di inserimento della grande distribuzione.

La vicinanza all'area di presenze importanti quali il citato Ospedale, il chiostro di s. Domenico, la Pinacotecarimandano, secondo il mio punto di vista, in modalità automatica a uno spazio pubblico dove promuovere strategieinnovative perfettamente inquadrabili in quel progetto di smart city che da tempo si va definendo. Inoltre il tutto sitramuterebbe in un'importante polo d'attrazione per il ringiovanimento (cosa non trascurabile) dei quartieri: la qualitàdella vita dei propri elettori, o meglio dei cittadini tutti, dovrebbe essere elemento basilare per la valutazione delprestigio di un'amministrazione. La mia visione romantica corre verso giovani coppie con carrozzine, nonni con inipoti, turisti che si riposano dopo una visita o semplicemente cittadini che parlano o gustano una bevanda in attesa delproprio turno. E sono certo che si possa fare di meglio.La mia visione più pratica ipotizza invece un laboratorio a cielo aperto dove i giovani professionisti (e non solo)coordinati da chi può vantare maggiore esperienza possano mettere in atto nuove idee, acquisendo nuove conoscenze iprimi e allargando la propria visione gli altri. Una nuova possibilità di lavoro per tutta la città che sostituisca il benecomune al beneficio per pochi. Ovviamente se i processi restassero interni all'apparato pubblico (anche in nome di unrisparmio che sarebbe comunque da quantificare e valutare alla luce del sole) tutto questo sarebbe vanificato.Io non credo serva edificare in quell'area così come sono convinto che non serva un grande nome che ancora una voltacali dall'esterno a dire cosa vuole Città di Castello togliendo ingenti risorse economiche; non credo neppure serva laprassi del concorso di idee quanto piuttosto un concerto di idee, qualcosa che vada oltre le modalità conosciutevalorizzando tutte le risorse umane della città, secondo le rispettive professionalità e attitudini. Nuove idee, nuovefunzionalità per ridare vita anche a quelle iniziative in corso, ma ormai al palo. Poi verranno i codici e i cavilli, ma lalegge non è un fine è uno strumento che va interpretato con il buonsenso a vantaggio della comunità. Se la legge prevalesul senso comune siamo in uno stato di barbarie palese, quando gli unni scendevano dalle periferie e dalle campagne adistruggere le città.Io credo che a Città di Castello non serva Sparta, ma bensì Atene: una rinnovata capacità di ascolto e di interazione tra iCittadini e i loro rappresentanti (che in quanto tali sono ai primi subordinati).Pinacoteca, Chiostro, Ospedale e un'area (che è riduttivo definire parco) a essi funzionale potrebbero rappresentare uninnovativo esempio di città-laboratorio alla portata di tutti, il magico connubio di utile e dilettevole. Gli inglesi, forti del

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loro humour, ci suggerirebbero fun (divertimento) & function (dovere) sottolineando come l'uno non escluda, ma anzicontenga l'altro.

Ribadisco che questa è una mia ipotesi, sindacabile e confutabile. Se non addirittura ingenua. Spero, però, che almenoillustri come esistano molteplici modi di osservare e valutare le questioni cittadine; mi auguro anzi che mani più fermedella mia traccino il percorso verso proposte più concrete: quot capita tot sententiae, ci insegnano gli avi. Credocomunque che anche un pensiero banale come questo contenga spunti per poter valutare con lungimiranza l'opzione diuna strategia di azione diversa che per le istituzioni potrebbe divenire un evento di richiamo per far risaltare non solo lapiccola Città di Castello, ma l'intera regione ben oltre il limite dei propri confini.

Mi pare che arrivati a questo punto l'amministrazione e la proprietà siano chiamate a compiere una scelta tra l'onore diessersi fermati ad ascoltare una cospicua parte della civitas tifernate e l'onere di una manovra (parlo ovviamentedell'edificare) che spero per tutti gli interessati si riveli a posteriori la migliore possibile, ben consapevoli del fatto chein architettura è più difficile togliere che aggiungere e che i nomi resteranno stampati nella mente di molti a lungo,anche dopo che i cartelli saranno spariti. Nessuno pensa che questa decisione sia facile e indolore: questo è il rovesciodella medaglia dell'amministrare; è cosa nota, basta aver letto l'Uomo Ragno almeno una volta per saperlo (a grandipoteri corrispondono grandi responsabilità).

Mi concedo una seconda e ultima riflessione sull'assemblea a cui ho avuto il piacere di assistere.Ho apprezzato l'impegno dell'amministrazione di prendere fortemente in considerazione l'ipotesi di una temporaneasospensione; scelta meritevole che denoterebbe serietà non solo alla luce dei documenti introdotti dai membri delComitato. Ancor di più ho apprezzato l'ausilio che questi ultimi hanno ricevuto dalla gioventù tifernate che si è rivelataefficace, consapevole, celere, forte di una capacità di azione e di reazione sconosciuta finora. Generazioni diverse unitenel chiedere risposte, soprattutto quando alle domande sul Futuro si rispondeva con il passato. Un ottimo auspicio per laCastello che verrà. Con o senza quei metri cubi.Aggiungo che trovo poco credibile che una qualsiasi forza politica o associazione esterna cerchi di prendere le redini diquest'onda cittadina; l'unico effetto è quello di lordare qualcosa che sporco non è oltre che di inficiare l'ottimo lavorosvolto finora. In tutta quest'azione (perché questa è AZIONE) il chiacchiericcio propagandistico diventa insignificantedi fronte alla mole di quella parte di Comunità.

Cito Italo Calvino:L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni,che formiamo stando assieme.Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto dinon vederlo più.Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, inmezzo all'inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio.Città di Castello non è l'inferno, ma non è neanche il paradiso. Mio nonno Leonello, caporeparto alla So.Ge.Ma., era solito ripetere: fanno le fabbriche de capelli e nascono i fiolisenza la testa.Non penso serva una nuova fabbrica di cappelli, ma sono, dopo questi fatti, ancor più convinto che esiste unagenerazione di fioli con la testa sulle spalle che chiede strade senza interruzioni o rotonde per camminare, correre. Perportare avanti il proprio Viaggio. Magari commettendo errori (ma i loro errori) perché, come ci insegna un vecchioadagio, lo sbaglio è una virtù nei più giovani e un delitto nei più esperti. Perché i giovani hanno il tempo di imparare.

Mio nonno sarebbe molto orgoglioso di loro.

Paolo Pazzaglia, Tifernate (e architetto)