fabio frosini sulla traducibilità nei quaderni di gramsci

Upload: fabio-frosini

Post on 08-Apr-2018

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    1/10

    Alla traducibilit dei linguaggi scientifici e filosofi-ci dedicata com noto una sezione, la quinta, delQuaderno 11, privo di titolo ma a cui Gramsci si rife-risce altrove, nel Quaderno 10, come il quaderno suIntroduzione allo studio della filosofia (Q 10 II, 60,1357)1. Daltronde un titolo interno a questo quader-no, in testa a carta 11 recto e quindi abbracciante laquasi totalit di esso, recita Appunti per una intro-duzione e un avviamento allo studio della filosofia edella storia della cultura. Insomma, il tema della tra-ducibilit dei linguaggi fa parte integrante di un pro-getto di ripensamento della filosofia, o meglio, per ri-prendere lesatta espressione usata da Gramsci, del

    binomio filosofia-cultura, nel senso preciso da lui im-presso a questo binomio alla luce della eguaglianzao equazione tra filosofia e politica, tra pensiero eazione, cio dellidea di una filosofia della praxisper la quale tutto politica, anche la filosofia o le fi-losofie [] e la sola filosofia la storia in atto, cio la vita stessa (Q 7, 35, 886)2. La presenza del bi-nomio filosofia-cultura nel quaderno di introduzionealla filosofia daltronde tanto poco estemporaneo,che segnala addirittura il nocciolo filosofico del marxi-smo, in quanto solo pensando la filosofia sempre con-giuntamente alla cultura nella quale immersa esulla quale agisce riformandola e trasformandola, se

    SULLA TRADUCIBILITNEI QUADERNI DI GRAMSCI

    Fabio Frosini

    Il tema della traducibilit dei linguaggi evidenzia un forte legame con

    lo statuto filosofico del marxismo.

    La forma radicale della traduzione, quella che rende possibili tutte le altre,

    la traduzione di filosofia in politica.

    La traduzione, se vista dalla parte giusta (quella di Marx), una riduzio-

    ne; se vista dalla parte sbagliata (quella dellidealismo), un capovolgi-

    mento.

    laboratorio culturale

    * Relazione letta al convegno Gramsci incontra Benjamin(Napoli, 20-21 giugno 2003).

    1) Con tale indicazione, anche direttamente nel testo, si ri-manda ad A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica a curadi V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975. I numeri che seguono lalettera Q indicano il numero del quaderno, ed eventualmente delparagrafo e della pagina. Con Q, si indica il solo numero di paginadella stessa edizione dei Quaderni..

    2) Di un legame strettissimo fra prassi e traduzione in Gram-

    sci ha parlato recentemente D. Jervolino in un saggio intitolatoCro-ce, Gentile e Gramsci sulla traduzione, relazione al convegno su Be-nedetto Croce, Napoli-Messina, novembre 2002 (cfr. www.gramsci-talia.it/jervo.htm). Ma in questa direzione si veda anzitutto il sag-gio di M. Lichtner, Traduzioni e metafore in Gramsci, in Criticamarxista, 1991, n. 1, pp. 116-122. Sottolinea invece il rapporto tra-ducibilit-egemonia A. Tosel, Filosofia marxista e traducibilit deilinguaggi e delle pratiche, in Filosofia e politica. Scritti dedicati aCesare Luporini, Firenze, La Nuova Italia, 1981,. pp. 235-245.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    2/10

    2

    ne potr cogliere appieno la specifica realt, consi-stente in unincessante opera di trasformazione delsenso comune sul quale la filosofia si staglia, comeuna figura su di un paesaggio.

    Gi ad uno sguardo poco pi che superficiale, iltema della traducibilit dei linguaggi evidenzia dun-que un forte legame con lo statuto filosofico del marxi-smo. Questo nesso viene da Gramsci pienamenteesplicitato in un testo del Quaderno 10, nel quale fariferimento al titolo della sezione del Quaderno 11. Sitratta di Q 10 II, 6.IV, intitolato Traducibilit del lin-

    guaggi scientifici e filosofici:Le note scritte sotto questa rubrica devono es-

    sere raccolte appunto nella rubrica generale sui rap-porti delle filosofie speculative e la filosofia dellapraxis e della loro riduzione a questa come momentopolitico che la filosofia della praxis spiega politica-mente. Riduzione a politica di tutte le filosofie spe-culative, a momento della vita storico-politica; la fi-losofia della praxis concepisce la realt dei rapportiumani di conoscenza come elemento di egemoniapolitica (Q, 1245).

    Si noti che questo testo, articolato in quattropunti, da un punto di vista teorico estremamenteimportante. In esso (complessivamente intitolato In-troduzione allo studio della filosofia) al punto I (Il ter-mine di catarsi) Gramsci fa un primo bilancio delleproprie riflessioni su questo concetto aristotelico cheegli riprende dallelaborazione estetica di Croce, e af-ferma che il termine pu esser fatto proprio dalla fi-losofia della praxis per indicare il passaggio dal mo-mento meramente economico (o egoistico-passionale)al momento etico-politico cio egemonico, spingen-dosi addirittura ad affermare che la fissazione delmomento catartico diventa cos [] il punto di par-tenza per tutta la filosofia della praxis (Q, 1244; cor-sivo mio). In questo modo, secondo Gramsci, il pro-cesso catartico coincide con la catena di sintesi che

    sono risultato dello svolgimento dialettico (ibid.), diquello svolgimento dialettico fissato nei terminiestremi delle sue oscillazioni ideali dai due criterienunciati da Marx nella Prefazione del 1859 a Per lacritica delleconomia politica. Qui Gramsci li riassu-me in questo modo:

    Ricordare i due punti tra cui oscilla questo pro-cesso: che nessuna societ si pone compiti per la cuisoluzione non esistano gi o siano in via di appari-zione le condizioni necessarie e sufficienti e che nes-suna societ perisce prima di aver espresso tutto il

    suo contenuto potenziale (ibid.).Lo spazio della catarsi, cio lo spazio dellege-

    monia, delliniziativa storica, per Gramsci delimi-tato dai due versanti del nuovo che nasce e del vec-chio che perisce da condizioni solo negative: il ma-terialismo storico fissa per Gramsci solamente le con-dizioni alle quali assolutamente qualcosa non potrsorgere o non potr dissolversi, e non si distende nelpiano affermativo della previsione. Ne segue che lacentralit della catarsi nella filosofia della praxissta proprio nel suo essere parte integrante del mate-

    rialismo storico. La catarsi la forma specifica che as-sume nel materialismo storico il campo della libertumana: ne segue che le uniche asserzioni predittivepossibili saranno quelle formulate appunto in termi-ni di catarsi, cio in termini non previsionali, ma dipossibilit aperte e alternative. In questo modo ri-sultano definitivamente banditi il fatalismo e il de-terminismo in qualsiasi forma3.

    Lo stesso riferimento ai due criteri della Prefa-zione del 1859 era gi presente in un testo anteriore,Q 7, 20, trascritto insieme ad altri in Q 11, 22. In essoGramsci notava che nel Saggio popolare la Teoria delmaterialismo storico di Bucharin non trattato ilpunto fondamentale: come dalle strutture nasce ilmovimento storico? Eppure questo il punto crucia-le di tutta la quistione del materialismo storico (Q 7,

    Fabio Frosini

    3) Quindi, pi che di catarsi come mediazione (come fa A. To-sel in Philosophie de la praxis et dialectique, in La pense, 1984, n.237, p. 105), parlerei di catarsi come previsione, nel senso criti-co, specificamente gramsciano che N. Badaloni assegna a questotermine nel suo Antonio Gramsci. La filosofia della prassi comeprevisione, in Storia del marxismo, a cura di E. H. Hobsbawm, vol.

    III.2, Torino, Einaudi, 1981. Per questa stessa ragione non sono amio avviso da accogliere le critiche che Tosel muove alla nozionedi catarsi nel suo Filosofia marxista e traducibilit dei linguaggi edelle pratiche, cit., pp. 242 sgg.; critiche peraltro implicitamenteriviste da Tosel nel suo Marx en italiques, Mauvezin, T.E.R., 1991,pp. 147-149.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    3/10

    3 laboratorio culturale

    20, 869). E proseguiva richiamando i due gi ricorda-ti criteri fondamentali della Prefazione, per conclu-dere:

    Solo su questo terreno pu essere eliminato ogni mec-canicismo e ogni traccia di miracolo superstizioso.Anche in questo terreno deve essere posto il proble-ma del formarsi degli aggruppamenti sociali e deipartiti politici e, in ultima analisi, quello della fun-zione delle grandi personalit nella storia. (ibid.)

    Questo terreno dunque ci che in Q 10 II, 6 (ma

    anche in altri testi di Q 10, I) Gramsci chiamer ap-punto catarsi, e che permette insomma di pensare lapolitica, e al suo interno il ruolo delle grandi perso-nalit nella storia, da sempre appannaggio della fi-losofia della storia idealistica (si ricordi Napoleonespirito del mondo a cavallo)4.

    nel quadro di questa riflessione che va lettala successiva parte del testo Q 10 II, 6: II. Concezio-ne soggettiva della realt e filosofia della praxis, cheha in III. Realt del mondo esterno un suo corolla-rio. La filosofia della praxis, infatti, viene presentatacome capace grazie al concetto di catarsi di tra-durre in termini realistici la filosofia idealistica, ciodi mettere in evidenza e valorizzare ci che nellidea-lismo storicit, cio politica, pur nella forma di ro-manzo filosofico (Q 8, 217, 1079).

    La traduzione di cui al punto IV. Traducibi-lit dei linguaggi scientifici dunque strettamentelegata da una parte al problema della prassi, della po-litica, dellenigma rappresentato dal movimento sto-rico sulla base della struttura; dallaltra al tema delconfronto tra la filosofia della praxis e lidealismo. Inquesta duplice articolazione, e nel modo di impostar-

    la, direi che Gramsci segue una movenza teorica per-fettamente analoga a quella praticata da Marx nelleTesi su Feuerbach, l dove dice, nella Tesi 1: Accad-de quindi che il lato attivo in contrasto col materia-

    lismo fu sviluppato dallidealismo ma solo astrat-tamente, poich lidealismo, naturalmente, ignoralattivit reale, sensibile, come tale (trad. di Gram-sci)5. Quando infatti Gramsci scrive che la filosofiadella praxis concepisce la realt dei rapporti umanidi conoscenza come elemento di egemonia politica(Q, 1245), cosaltro fa, se non richiamare lattenzionesul valore specifico da assegnare al lato attivo di cuiparla Marx, a condizione, tuttavia, che esso vengatradotto in linguaggio terreno, cio individuato nel-la sua specifica realt, come produzione di egemonia?

    Esattamente come Marx non avrebbe potuto ap-propriarsi il lato attivo rappresentato dal concettoidealistico di Thtigkeit se non avesse gi possedutolidea di una attivit sensibile (che in quanto tale ir-riducibile alluniverso dellidealismo), allo stessomodo la filosofia della praxis non si pu appropriareil concetto idealistico di catarsi senza essere gi inpossesso dellidea di unit di teoria e pratica, che negaprecisamente ci che di idealistico contenuto nelconcetto di catarsi. Infatti, proprio come in quel con-cetto, usato da Marx, di attivit sensibile conte-nuta tutta la presa di distanza dallidealismo pre-sente nella nozione di presupposto reale messa apunto nellIdeologia tedesca, alla stessa maniera,nellidea di eguaglianza o equazione tra filosofia epolitica, tra pensiero e azione (Q 7, 35, 886) elabo-rata nei Quaderni, troviamo la messa in discussioneradicale dellunit astratta del Principio, che allabase dellidealismo di Croce e di Gentile. Per costoro qui perfettamente concordi lunit il principio, la forma, e solo in quanto tale pu essere anche il ri-sultato, la storia, la materia. Viceversa, per Gramscilunit pu essere solo il risultato, e quindi pu esse-

    re solo ununit materiale, cio transitoria e contin-gente, mentre il ruolo della forma , come si visto,non negato ma ripensato come funzione della poten-zialit, della realizzazione da nulla garantita (cio

    4) Sul rapporto tra materialismo storico e scienza politica neiQuaderni del carcere cfr. L. Paggi, Da Lenin a Marx, in id., Le stra-tegie del potere in Gramsci. Tra fascismo e socialismo in un solopaese 1923-1926, Roma, Editori Riuniti, 1984, pp. 461-466. Si ri-cordi che, nella nota lettera a W. Borgius del 25 gennaio 1894, F.Engels menzionava proprio il problema dellapparizione dei cosi-detti grandi uomini nella storia allo scopo di svuotare di senso il

    nesso casualit/necessit e ridurre la prima ad apparenza della se-conda (K. Marx-F. Engels, Werke, Bd. 39, Berlin, Dietz, 1968, pp.205-207, qui 206 sgg.), e dunque in direzione differente da quellalungo la quale si muove qui Gramsci. La lettera a Borgius vienericordata in Q 4, 38, 462 a proposito della nozione di ultima istan-za, dunque in senso antieconomicistico.

    5) Cfr. Q, 2355.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    4/10

    4

    appartenente alla sfera della catarsi) di virtualitpresenti nella materia (i rapporti sociali).

    Traduzione della politicae politica della traduzione

    Se la traducibilit non coincidesse con il concetto diunit di teoria e pratica, esso, stando a Gramsci, si ri-durrebbe a una procedura di trasposizione meccani-ca, o a un semplice gioco di schematismi generici

    (Q 11, 47, 1468). Il giudizio ora citato rivolto al modoin cui i pragmatisti affrontano il problema del lin-guaggio come causa di errore e la traducibilit dei lin-guaggi scientifici. Al di qua di questo livello, per cosdire superficiale o, come stato definito recentemen-te, debole6 della traducibilit, ce ne un altro, piprofondo e importante, senza cogliere il quale si per-de di vista lintero significato della traducibilit. Que-sto livello viene formulato nei Quaderni come rap-porto tra culture nazionali:

    La traducibilit [dei linguaggi scientifici e filosofici]

    presuppone che una data fase della civilt ha unaespressione culturale fondamentalmente identica,anche se il linguaggio storicamente diverso, deter-minato dalla particolare tradizione di ogni culturanazionale e di ogni sistema filosofico, dal predominiodi una attivit intellettuale o pratica ecc. (Q 11,47,1468)

    Tenendo conto di questa articolazione gerarchica del-la teoria della traducibilit, si potr allora dire chelequivalenza fondamentale dei linguaggi di scien-ze o filosofie differenti non che un caso particolaredi un fatto pi ampio, e cio, sul piano delle culturenazionali, del fatto che, essendo ciascuna culturasempre comunque completa in quanto tale, e dunquenon scontrandosi con carenze espressive, le differen-ti tradizioni nazionali andranno decodificate comeforme di risposta differenti a problemi storici performe di civilt paragonabili e in quanto siano para-gonabili fondamentalmente identici. Ne seguir la

    relativizzazione dei diversi linguaggi e (data lunitdi teoria e pratica) la messa in chiaro del loro carat-tere unitariamente politico.

    La forma radicale della traduzione, quella cherende possibili tutte le altre, insomma la traduzio-ne di filosofia in politica, cio lindividuazione dellarealt dei rapporti umani di conoscenza nel lorospecifico dispiegarsi nei vari contesti nazionali, cio ilmodo in cui i filosofi e gli intellettuali in genere realizzano lunit di filosofia e senso comune alla lucedelle rispettive tradizioni e linguaggi nazionali.

    Non si dovr tuttavia concludere che Gramscipensi a una riduzione della filosofia (e della cultu-ra in genere) alla politica come unoperazione di di-svelamento ideologico. La critica delle ideologie perlui qualcosa di molto pi complesso, e non pu ridur-si a questo momento, che ne per cos dire il sempli-ce, elementare presupposto. Una volta operata la tra-duzione, ci che si tratta di mettere in luce la speci-fica funzione della filosofia-cultura: proprio quel li-vello che viene individuato nello spazio della catarsi.

    Torner pi avanti su questo punto, quando ten-ter di mostrare come nel concetto di traducibilit siapresente una fortissima istanza antiriduzionistica,che aiuta Gramsci a liberarsi di qualsiasi tentazione(presente qua e l nel primo anno di lavoro ai Qua-derni) di pensare il campo della teoria in termini diallontanamento dalla radicalit della prassi politica.Prima per vorrei discutere un altro testo, nel qualeil nesso tra traducibilit e praxis viene articolato sulpiano dei criteri ermeneutici indispensabili alla rea-lizzazione di traduzioni corrette:

    Filosofia politica economia.Se si tratta di elementi

    costitutivi di una stessa concezione del mondo, ne-cessariamente ci deve essere, nei principii teorici,convertibilit da uno allaltro, traduzione reciprocanel proprio specifico linguaggio di ogni parte costitu-tiva: un elemento implicito nellaltro e tutti insie-me formano un circolo omogeneo (cfr la nota prece-dente su Giovanni Vailati e il linguaggio scientifico[si tratta di Q 4, 42]).

    Fabio Frosini

    6) D. Boothman, Traducibilit, relazione al seminario sul les-sico dei Quaderni della Igs Italia, Roma 21 febbraio 2003, in

    www.gramscitalia.it/html/seminario.htm.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    5/10

    5 laboratorio culturale

    Da questa proposizione conseguono per lo storico del-la cultura e delle idee alcuni canoni dindagine e dicritica di grande importanza:

    Avviene che una grande personalit esprima il suopensiero pi fecondo non nella sede che apparente-mente sarebbe la pi logica dal punto di vista clas-sificatorio esterno, ma in altra parte che apparente-mente sembrerebbe estranea (mi pare che il Croceabbia parecchie volte sparsamente fatta questa os-servazione critica). Un uomo politico scrive di filoso-fia: pu darsi che la sua vera filosofia sia invece daricercarsi negli scritti di politica. In ogni personalitc unattivit dominante e predominante: in que-sta che occorre ricercare il suo pensiero, implicito ilpi delle volte e talvolta in contraddizione con quel-lo espresso ex professo. vero che in questo criteriodi giudizio storico sono impliciti molti pericoli di di-lettantismo e che nellapplicazione occorre andarmolto cauti, ma ci non toglie che il criterio sia fe-condo di verit (Q 4, 46, 472-473).

    Il criterio della traducibilit in grado di mettere inevidenza dei nessi reali, indipendenti e spesso di-scordanti da quelli che appaiono a uno sguardo for-

    malistico: di qui il rinvio alla concezione crociana del-la categorizzazione storiografica e alla sua allergiaper i generi. Ma anticrociano il presupposto da cuilantiformalismo gramsciano scaturisce: non lunitdello spirito ma lunit di teoria e pratica, e quindilidea che la vera filosofia possa, in certe condizioni,essere ritrovata nella sfera che Croce definisce eco-nomica. Il circolo omogeneo di cui parla Gramscinon insomma il circolo espressivo dei distinti, per-ch la sua unit non risiede nella forma ma come si gi visto nella materia, ed pertanto sempre unaunit possibile, da realizzare. quanto Gramsciesprime in un passo tratto da Q 7, 35, un testo gi ci-tato proprio a proposito della eguaglianza o equa-zione tra filosofia e politica, tra pensiero e azione(Q, 886):

    Neanche la facolt di ragionare o lo spirito ha

    creato unit o pu essere riconosciuto come fatto uni-tario, perch concetto solo formale, categorico. Non ilpensiero, ma ci che realmente si pensa unisce o dif-ferenzia gli uomini (Q, 885).

    Stanti cos le cose, lindividuazione della centralit,del carattere per cos dire ordinativo di un elemen-to rispetto agli altri non sar mai eseguibile sullabase di un criterio fisso o aleatorio, ma da motivaredi volta in volta, dunque individuale, e fino in fondostorica (proprio nel senso in cui storia = materia), le-gata fino in fondo alla biografia di un individuo come,

    su scala nazionale, al modo irripetibile in cui in quelcontesto si venuto sistemando il rapporto tra cultu-ra e societ. Come si vede, il discorso sulle culture na-zionali, vale a dire sulla attivit-cultura o forma di ci-vilt predominante in ciascuna di esse, non pu esse-re disgiunto dal problema rappresentato dalla neces-sit, per lo storico della cultura e delle idee, di for-marsi dei canoni dindagine e di critica capaci disventare i pericoli di dilettantismo, cio quella ten-denza a forgiare chiavi che aprano tutte le porte, o aridurre la storia a qualche formuletta da mettersi in

    saccoccia, che Gramsci stigmatizza (con Labriola e ilCroce revisionista) fin dai tempi torinesi7.

    Cosa sono questi canoni dindagine e di critica?Unidea la possiamo ricavare da Q 7, 81:

    Riviste-tipo. Collaborazione straniera. Non si pufare a meno di collaboratori stranieri, ma anche lacollaborazione straniera deve essere organica e nonantologica e sporadica o casuale. Perch sia organica necessario che i collaboratori stranieri, oltre a co-noscere le correnti culturali del loro paese siano ca-paci di confrontarle con quelle del paese in cui la ri-vista pubblicata, cio conoscano le correnti cultu-rali anche di questo e ne comprendano il linguaggionazionale. La rivista pertanto (ossia il direttore del-la rivista) deve formare anche i suoi collaboratoristranieri per raggiungere lorganicit. [] Tale tipodi collaboratore [straniero] non esiste spontanea-mente, deve essere suscitato e coltivato. A questo

    7) Cfr Q 4, 38, 463 sulle critiche di Engels alleconomismo pre-sente nel materialismo storico. Su questi aspetti nel giovaneGramsci si veda L. Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe.

    I. Nella crisi del socialismo italiano, Roma, Editori Riuniti, 1970,cap. I.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    6/10

    6

    modo razionale di intendere la collaborazione si op-pone la superstizione di avere tra i propri collabora-tori esteri i capiscuola, i grandi teorici, ecc. Non sinega lutilit (specialmente commerciale) di averegrandi firme. Ma dal punto di vista pratico di pro-muovere la cultura, pi importante il tipo di colla-boratore affiatato con la rivista, che sa tradurre unmondo culturale nel linguaggio di un altro mondo cul-turale, perch sa trovare le somiglianze anche doveesse pare non esistano e sa trovare le differenze an-che dove pare ci siano solo somiglianze ecc. (Q, 913-914).

    Ma gi in Q 1, 43 il concetto era stato chiaramenteespresso:

    Riviste tipo. [] La ripetizione paziente e sistema-tica il principio metodico fondamentale. Ma la ri-petizione non meccanica, materiale: ladattamento diogni principio alle diverse peculiarit, il presentarloe ripresentarlo in tutti i suoi aspetti positivi e nellesue negazioni tradizionali, organizzando sempre ogniaspetto parziale nella totalit. Trovare la reale iden-tit sotto lapparente differenziazione e contraddi-zione e trovare la sostanziale diversit sotto lappa-rente identit, ecco la pi essenziale qualit del cri-tico delle idee e dello storico dello sviluppo sociale. (Q33 s.)

    Si noti: entrambi questi testi sono dedicati alle Rivi-ste tipo: infatti le riviste sono per Gramsci al contem-po dei centri di irradiazione di una lingua unitariae dei centri di traduzione, sia in quanto traduconoculture nazionali (pensiamo ai testi politici ma anchepoetici stranieri pubblicati sullOrdine Nuovo), sia inquanto traducono certi temi nel linguaggio di un de-terminato pubblico che sintende non solamente rag-giungere ed educare, ma anche in certo modo aiutare

    a nascere.Il rapporto tra linguaggi scientifici e filosofici,intuito dai pragmatisti, non che una manifestazio-ne particolare del problema dellunit linguistica na-zionale, che pu essere correttamente affrontato solose formulato attivamente, come unificazione lin-guistica. Ma questo, a sua volta, data lequivalenza di

    lingua e ideologia, viene posto correttamente solo seviene pensato come processo attivo di unificazioneideologica (si ricordi il passo cit. supra: non il pen-siero, ma ci che realmente si pensa unisce o diffe-renzia gli uomini). Anche a questa altezza veniamoconfrontati con il centro generatore delle riflessioni diGramsci: lunit di teoria e pratica come un farsi sto-rico. Infatti, se prendiamo Q 4, 33 (Passaggio dal sa-pere al comprendere al sentire e viceversa ecc.), ab-biamo limpostazione della questione dellunificazio-ne di intellettuali e popolo come unificazione di sa-

    pere e sentire, cio di ragione e sentimento, untema sul quale nei Quaderni si torna varie volte, di-scutendo del rapporto tra salde convinzioni neces-sarie per lazione e comprensione teorica dei pro-blemi legati a quella stessa azione8.

    Dalla riduzione alla traduzione

    Riprendiamo il tema del rapporto tra filosofia e poli-tica alla luce della traducibilit delle culture nazio-nali. A questo scopo ci sar utile prendere le mosse da

    Q 3, 48, dove il rapporto tra spontaneit e direzio-ne consapevole viene equiparato a quello tra filoso-fia e senso comune:

    Si presenta una quistione teorica fondamenta-le, a questo proposito: la teoria moderna pu esserein opposizione con i sentimenti spontanei delle mas-se? (spontanei nel senso che non dovuti a unatti-vit educatrice sistematica da parte di un gruppo di-rigente gi consapevole, ma formatosi attraversolesperienza quotidiana illuminata dal senso comu-ne cio dalla concezione tradizionale popolare del

    mondo, quello che molto pedestremente si chiamaistinto e non anchesso che unacquisizione stori-ca primitiva ed elementare). Non pu essere in oppo-sizione: tra di essi c differenza quantitativa, digrado, non di qualit: deve essere possibile una ri-duzione, per cos dire, reciproca, un passaggio dagliuni allaltra e viceversa. (Ricordare che E. Kant ci te-

    Fabio Frosini

    8) Cfr Q 1, 29, 23 sgg., Il sarcasmo come espressione di transi-zione negli storicisti; Q 4, 40, 465, Filosofia e ideologia; Q 4, 45, 471sgg., Struttura e superstrutture; Q 4, 61, 507,Filosofia-ideologia,

    scienza-dottrina (molto importante in particolare lultimo capo-verso); Q 7, 37, 887, Goethe; Q 8, 175, 1047, Gentile; Q 11, 62, 1488sgg., Storicit della filosofia della prassi.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    7/10

    7 laboratorio culturale

    neva a che le sue teorie filosofiche fossero daccordocol senso comune; la stessa posizione si verifica nelCroce: ricordare laffermazione di Marx nella Sacrafamiglia che le formule della politica francese dellaRivoluzione si riducono ai principii della filosofia clas-sica tedesca) (Q, 330-331).

    Il riferimento allequazione, formulata nella Sa-cra famiglia, tra filosofia speculativa tedesca e pen-siero politico intuitivo francese (Se il signor Edgar[Bauer] paragona per un momento la eguaglianzafrancese con la autocoscienza tedesca, trover che il

    secondo principio esprime in tedesco, cio nel pensie-ro astratto, ci che il primo dice in francese, cio nel-la lingua della politica e del pensiero intuitivo9), ri-corre pi volte nei Quaderni, ed uno dei luoghi dipreferenza ricordati a proposito della traducibilit. Inesso troviamo infatti condensata, sia pure in una for-mula suggestiva, tutta la complessit problematicanella quale Gramsci tenta di inquadrare la questio-ne. Il paragone tra la cultura francese e quella tede-sca infatti in qualche modo paradigmatico proprionel rispettivo rapporto di esse con la filosofia e con la

    politica, con la teoria e con la pratica. Il confronto trafrancesi e tedeschi era vivo gi prima di Marx ed En-gels (e Gramsci lo annota pi tardi sulla base di unsaggio di Croce, La preistoria di un paragone, da luiriassunto in Q 8, 208)10. Sia nelle lezioni sulla Storiadella filosofia, sia in quelle sulla Filosofia della sto-ria, Hegel aveva affermato che, proprio in quanto op-posti, il popolo tedesco e quello francese sono quelliche hanno espresso compiutamente, ciascuno nellasua maniera peculiare, la presente forma dello spiri-to del mondo: i tedeschi in una filosofia che contienein forma di pensiero la rivoluzione, i francesi, at-tuando la rivoluzione nella pratica politica e tradu-

    cendo il concetto nella realt effettuale11.Evidentemente Marx e Hegel non dicono la stes-

    sa cosa, e in questa differenza c lo spazio per un pro-blema enorme, il problema del rapporto tra filosofiadella praxis e filosofia speculativa. Questo problema in qualche modo gi formulato in Q 3, 48, doveGramsci ricorda laspirazione di Kant e Croce allac-cordo della propria filosofia con il senso comune, ac-costandovi poi laffermazione appena ricordata dellaSacra famiglia: si tratta pur sempre di unit di filo-sofia e senso comune, ma in quanto venga formulata

    in modi opposti. Con il paragone tra Francia e Ger-mania Marx sottolinea la primariet della prassi po-litica sullautocoscienza, mentre per Kant, Croce eHegel il paragone tra Francia e Germania, o tra in-telletto comune e filosofia12, esplicita il fatto cheununit tra i due momenti c gi sempre, perch cor-risponde ad un principio, alla forma della ragione edello spirito umano.

    Il riferimento al paragone tra francesi e tede-schi dunque ambivalente proprio in riferimentoallidea di speculazione, in quanto pu convogliare

    tanto una riduzione della speculazione ad astrazione(primato della politica), quanto, allopposto, unindi-viduazione nellastrazione di una forma (anzi: dellaforma suprema) di prassi (primato della filosofiacome Thtigkeit, creativit). Mentre Gramsci non im-bocca mai la seconda strada, sul suo percorso incro-cia pi volte la prima, finendo per per prenderne ledistanze proprio grazie allequilibrio contenuto nellanozione di traducibilit, nella quale quando vengapensata fino in fondo nessuno dei due momenti puprevalere o essere assunto come originario.

    Le tracce pi corpose della tendenza politici-stica le troviamo nel Quaderno 1, che non a caso,

    9) F. Engels - K. Marx, La sacra famiglia, ovvero Critica dellacritica critica. Contro Bruno Bauer e soci [1845], trad. it. di A. Za-nardo, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 47.

    10) Cfr. B. Croce, La preistoria di un paragone, gi apparso nel-la Critica del 1906 e citato da Gramsci nella ristampa in id., Con-versazioni critiche. Serie seconda, Bari, Laterza, 1918 (19504), pp.292-294. Per una dettagliata indicazione delle fonti addotte da Cro-ce cfr. A. Gramsci, Filosofia e politica. Antologia dei Quaderni delcarcere, a cura di F. Consiglio e F. Frosini, Firenze, La Nuova Ita-lia, 1997, pp. 62-65 e n.

    11) Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, trad.it. di E. Codignola e G. Sanna, Firenze, La Nuova Italia, 1945, vol.III.2, p. 268; id., Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. di G.Calogero e C. Fatta, Firenze, La Nuova Italia, 1941, vol. IV, p. 200.

    12) In quanto la Francia rappresenta il pensiero intuitivo ched luogo a rivolgimenti pratici, pu essere quasi perfettamente so-vrapposta al Gemeinverstand come intelletto pratico, e analogaconsiderazione vale per la coppia Germania-filosofia. Ci che con-ta non insomma la diversit di origine delle due coppie, ma il fat-to che vengono da Gramsci fatte convergere.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    8/10

    al contempo, il laboratorio nel quale emerge il con-cetto di traducibilit13. Sia sufficiente il rimando a Q1, 44 (trascritto in Q 19, 24), in cui per la prima vol-ta compare il rinvio al rapporto tra politica francesee filosofia classica tedesca. Ma ancora pi interes-sante il gruppo di testi Q 1, 150 e 151 (trascritti in-sieme in ordine invertito in Q 10 II, 61) e Q 1, 152 (tra-scritto in Q 10 II, 60). Questi testi vanno letti insie-me al successivo, Q 1, 153 (trascritto in Q 16, 21), in-titolato Conversazione e cultura, che riprende il temadella diffusione di un modo di pensare omogeneo ar-

    ticolandolo dal punto di vista della ricerca del prin-cipio pedagogico, e si conclude con delle annotazionisulla traduzione dal latino e dal greco in italiano comeesercizio solo inizialmente meccanico, ma che prestodiventa una comparazione e una traduzione diuna cultura nellaltra (e in questo modo si confermail nesso del tema che sto mettendo in evidenza conquello della diffusione della cultura)14.

    Ma torniamo a Q 1, 150-152. In essi ha luogouna sorta di movimento regressivo. Gramsci prendele mosse (Q 1, 150) da una considerazione del rapportotra borghesia/proletariato da una parte, intellettuali

    dallaltra, dando una valutazione fortemente svalu-tativa di questi ultimi. Gli intellettuali creano ilconcetto di Stato moderno come assoluto in quantoin questo modo rendono assoluta la propria posizionestorica, e al contempo reagiscono alla Rivoluzionefrancese (reazione-superamento nazionale ecc.).Lidealismo filosofico si spiega in questo modo, comeassorbimento teorico delle novit rivoluzionarie epensiero che feconda lEuropa post-napoleonica. Nesegue che giacobine nel senso deteriore sono pro-prio, nellItalia risorgimentale, le correnti che ap-

    paiono pi autoctone, in quanto pare sviluppino unacorrente tradizionale italiana (Q, 133), essendo que-sta tradizione nazionale fatta di niente altro che cul-tura (per il cosmopolitismo degli intellettuali italia-ni), e restando quindi incapace di unire veramente ilpopolo-nazione.

    Si noti la coppia concettuale formata dallasso-lutizzazione della propria posizione e dalla reazionealla rivoluzione: questa coppia qui per cos dire ege-monizzata dal suo primo membro, il secondo non haquasi autonomia. Di qui il giudizio conclusivo, duroanche se formulato in forma dubitativa:

    La quistione molto complessa ed irta di appa-renti contraddizioni, e perci occorre esaminarla an-cora profondamente su una base storica. In ogni modogli intellettuali meridionali nel Risorgimento appaio-no con chiarezza essere questi studiosi del puro Sta-

    to, dello Stato in s. E ogni volta che gli intellettualiappaiono dirigere, la concezione dello Stato in sriappare con tutto il corteo reazionario che di solitola accompagna (Q, 133).

    Nel testo seguente (Q 1, 151) si approfondisce iltema del rapporto tra la Francia e gli altri Paesi eu-ropei:

    Altra quistione importante [] quella dellufficioche hanno creduto di avere gli intellettuali in questafermentazione politica covata dalla Restaurazione.La filosofia classica tedesca la filosofia di questaepoca ed quella che vivifica i movimenti liberali na-

    zionali del 48 fino al 70. A questo proposito vedere lariduzione che fa Marx della formula francese libert,fraternit, galit con i concetti filosofici tedeschi(Sacra famiglia). Questa riduzione mi pare teorica-mente importantissima: da porre accanto a ci cheho scritto sulla Concezione dello Stato secondo la pro-duttivit (funzione) delle classi sociali (p. 95 bis) [ iltesto precedente]. Ci che politica per la classeproduttiva diventa razionalit per la classe intel-lettuale.Ci che strano che dei marxisti ritengano supe-riore la razionalit alla politica, la astrazioneideologica alla concretezza economica. Su questabase di rapporti storici da spiegare lidealismo filo-sofico moderno (Q, 134).

    Tutto lultimo periodo scompare nel testo C (ma le va-rianti di questi testi sono in generale di fondamenta-le importanza), e la ragione di questa scomparsa che

    8Fabio Frosini

    13) Su questa iniziale tendenza cfr. G. Cospito, Struttura e so-vrastruttura nei Quaderni di Gramsci, in Critica marxista,2000, n. 3-4, pp. 98-107.

    14) A questo gruppo va aggiunto Q 1,154 , trascritto in Q 10 II,60 insieme a Q 1, 152. Entrambi sono intitolati Marx ed Hegel.

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    9/10

    esso elimina lambivalenza presente in questo testo enel precedente, riducendola a una sola delle sue com-ponenti, quella politica; finendo cos per favorire unalettura dellequazione della Sacra famiglia in termi-ni di riduzione dellastrazione alla politica comesmascheramento dellideologia. Di conseguenza tuttolidealismo filosofico si vede privato di qualsiasirealt: politicamente, esso sinonimo di reazione eteoricamente non altro che politica enervata e pri-vata di sostanza.

    In Q 1, 152 si esplicita questultimo aspetto, con

    la registrazione dellimmagine marxiana (ma inrealt engelsiana) di un Hegel che fa camminaregli uomini con la testa in gi (Q, 135)15. Insomma, ilpunto attorno al quale ruota il pensiero di Gramsci che la traduzione, se vista dalla parte giusta (quelladi Marx), una riduzione; e se vista dalla parte sba-gliata (quella dellidealismo), un capovolgimento,cio il rapporto tra filosofia e politica qui analogo aquello tra volatile illusione e solida realt. chiaroche questa impostazione confligge frontalmente conlintento teorico fondamentale con il quale Gramsciscrive i Quaderni, quello cio di combattere lecono-

    micismo e il settarismo teorico e politico. E infatti nel-la riscrittura tutte queste affermazioni vengono radi-calmente ridimensionate e rilette alla luce del con-cetto di traducibilit.

    Ma impossibile non vedere che in realt lideadi traducibilit cio il problema dellunit della teo-ria e della pratica gi presente a questa altezzanei Quaderni, proprio grazie alla strutturale ambi-guit presente nel pensare la traduzione a volte comecorrispondenza delle teorie, a volte come capovolgi-mento. Detto altrimenti: affermare che il rapporto tra

    Francia e Germania quello tra politica e razionalit,corrisponde a un giudizio negativo sulla razionalit,solamente se il fatto che questa una politica capo-

    volta equivale ad assegnare a questo capovolgimentouna realt meramente privativa (come non-concre-tezza, non-storicit, ecc.). Viceversa, diventa un giu-dizio di ben diverso tenore, quando il capovolgimentovenga visto a sua volta come una forma di traduzio-ne, cio come un modo per realizzare in Germania (inmodi e con finalit specificamente differenti, propriodal punto di vista del loro segno di classe) la stessa po-litica che veniva portata avanti in Francia, insomma,in termini gramsciani, come una forma anchessa diegemonia, sia pure con segno rovesciato, esatta-

    mente come la rivoluzione permanente dei giacobi-ni si rovescia nella rivoluzione passiva dei modera-ti.

    Il concetto di rivoluzione passiva (che in Q 1,150 e 151 non a caso si annuncia nel riferimento allaformazione degli Stati moderni in Europa come rea-zione-superamento nazionale della Rivoluzionefrancese e del napoleonismo (Q, 133)) segnala lavviodella riqualificazione del capovolgimento in terminidi traduzione, cio lindividuazione della politicit po-sitiva e non privativa dellastrazione. Una volta con-quistato questo nuovo punto dosservazione, i concet-

    ti elaborati gi nel Quaderno 1 potranno essere rilet-ti (cio esplicitati, o se si vuole tradotti) in modo dif-ferente, e in Q 8, 208, intitolato Traducibilit [reci-proca] delle culture nazionali, Gramsci potr addirit-tura ricondurre la versione marxiana del paragone aquella hegeliana, e quindi andare a trovare in essa lafonte dellidea filosofica fondamentale delle Tesi suFeuerbach, lunit di teoria e pratica:

    Questo passo di Hegel [paragone tra francesi etedeschi] mi pare sia appunto il riferimento letteraledel Marx, dove nella Sacra Famiglia accenna a

    Proudhon contro il Bauer. Ma esso mi pare assai piimportante ancora come fonte del pensiero espres-so nelle Tesi su Feuerbach che i filosofi hanno spie-

    9 laboratorio culturale

    15) Cfr. F. Engels, Die Entwicklung des Sozialismus von derUtopie zur Wissenschaft, in K. Marx - F. Engels, Werke, Bd. 19,Berlin, Dietz, 1962, p. 199: Era il tempo in cui, come dice Hegel,il mondo venne posto sulla testa [Es war die Zeit, wo, wie Hegelsagt, die Welt auf den Kopf gestellt wurde] (qui Engels d in notail passo hegeliano della Filosofia della storia). Gramsci conoscevaquesto testo, anche se non lo aveva a disposizione a Turi. Un altropasso interessante nel Ludwig Feuerbach und der Ausgang derklassischen deutschen Philosophie, altro libro conosciuto da Gram-

    sci ma non presente tra quelli di Turi: Con ci per [cio con la cri-tica di Marx] la dialettica concettuale divenne essa stessa solo ilriflesso cosciente del movimento dialettico del mondo reale, e conci la dialettica di Hegel venne posta sulla testa, o piuttosto, dal-la testa, su cui si trovava, venne nuovamente messa sui piedi [Unddamit wurde die Hegelsche Dialektik auf den Kopf, oder vielmehrvom Kopf, auf dem sie stand, wieder auf die Fe gestellt] (in K.Marx - F. Engels, Werke, Bd. 21, Berlin, Dietz, 1962, p. 293).

  • 8/7/2019 Fabio Frosini Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci

    10/10

    gato il mondo e si tratta ora di mutarlo, cio che la fi-losofia deve diventare politica, pratica, per conti-nuare ad essere filosofia: la fonte per la teoriadellunit di teoria e di pratica (Q, 1066).

    Ovviamente il termine fonte posto tra vir-golette, ed perci tanto pi significativo che Gram-sci labbia usato. Evidentemente egli non vuole so-stenere che la teoria dellunit di teoria e pratica stata enunciata da Hegel, ma che proprio la sua ri-

    sposta-superamento della Rivoluzione francese con-tenuta nel parallelo Francia-Germania, cio lessersiegli collocato sul terreno della rivoluzione passiva,ha prodotto degli effetti di conoscenza criticamenteappropriabili da parte del materialismo storico. Inquesta duplice produttivit politica e teorica del-la filosofia, sintetizzata nella nozione di egemonia,consiste dunque per Gramsci la realt dei rapportiumani di conoscenza16.

    10Fabio Frosini

    16) In Traduzioni e metafore in Gramsci, cit., pp. 130 sgg., M.Lichtner fa corrispondere lirriducibile carattere metaforico del lin-guaggio allinsostenibilit teorica di un concetto di verit, chenon rinvii immediatamente alla storia, annullando cos il pro-prio valore teorico. Credo che alla base di questo giudizio si tro-vi lassunto secondo cui metaforicit del linguaggio e suo caratte-re ideologico sono per Gramsci la stessa cosa. Ma ripensare il con-cetto di verit dentro la metafora consiste nel pensare criteri di di-stinzione tra effetti di verit ed effetti di ideologia allinterno di que-

    sto terreno mutevole e per definizione incompleto. Non dunque diun rinvio dalla verit alla storia (come qualcosa di esterno o altro)si tratta, quanto piuttosto della produzione storica della verit. Ilfatto che tutta linterpretazione di Lichtner poggia sopra le tesidi Biagio de Giovanni, secondo cui la verit della prassi sta nellasua attualit (cfr. ivi, p. 109 e n.). Questa ottica finisce parados-salmente per separare nuovamente il terreno della storia da quel-lo della verit, come ben si vede dalle conclusioni di Lichtner.