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Redazione, direzione, amministrazione e pubblicità: Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r. l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano tel. (02) 55190714 fax (02) 55015245 Registrazione n. 634 del 12 ott. 1990 Tribunale di Milano. Spedizione in abbonamento postale gruppo IV/70. Prezzo: L. 7500 Copie arretrate L. 10000 Abbonamento annuale (5 numeri): L. 35000, studenti L. 25000, estero L. 56.000 Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Via Monte di Dio 14, 80132 Napoli Edizione Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r.l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano Per l'invio di articoli e materiale informativo indirizzare a: Informazione Filosofica Viale Monte Nero, 68 20135 Milano COMITATO SCIENTIFICO Mario Agrimi Remo Bodei Giuseppe Cantillo Franco Chiereghin Girolamo Cotroneo Mario Dal Pra Jacques D'Hondt Hans Dieter Klein Domenico Losurdo Italo Mancini Giovanni Mastroianni Aldo Masullo Vittorio Mathieu Adriaan Peperzak Roberto Racinaro Paul Ricoeur Paolo Rossi Pasquale Salvucci Hans-Jörg Sandkühler Livio Sichirollo Franco Volpi COMITATO DI REDAZIONE Antonio Gargano Lorenzo Giacomini Riccardo Ruschi REDAZIONE Flavio Cassinari Silvia Cecchi Riccardo Lazzari Massimo Mezzanzanica Elio Nasuelli Flora Parisi Valentina Restelli CORRISPONDENTI Alfonso Freire (Barcellona) Josef Früchtl (Francoforte) Fosca Mariani Zini (Parigi) ccp 17707209 - intestato a: Cooperativa Edinform Informazione e Cultura s.r.l. Milano Istituto Lombardo per gli Studi Filosofici e Giuridici Viale Monte Nero 68, 20135 Milano DIRETTORE RESPONSABILE Laura Bosio DIRETTORE EDITORIALE Riccardo Ruschi HANNO COLLABORATO: Amalia Simeone Marina Calloni Antonio Iodice Fabio Minazzi Massimo Ferrari Franco Ferrari Valeria Chiore Cristina Rolfini Franco Sarcinelli SEGRETERIA DI REDAZIONE Paola Grilli Anna Malafarina UFFICIO STAMPA Daniela Bolsi PROMOZIONE EDITORIALE Laura Alunno Anna Maria Morazzoni CONSULENZA GRAFICA Gianluca Poletti IMPAGINAZIONE: Elio Nasuelli Alessandro Confetti STAMPA Stabilimento Grafico Morreale, Via Bezzecca 5, 20135 Milano. DISTRIBUZIONE Joo Distribuzione Via G. Alessi 2, 20133 Milano In copertina: Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Karl Marx INFORMAZIONE FILOSOFICA

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COMITATO DI REDAZIONEAntonio GarganoLorenzo GiacominiRiccardo Ruschi

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CORRISPONDENTIAlfonso Freire (Barcellona)Josef Früchtl (Francoforte)Fosca Mariani Zini (Parigi)

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In copertina:Georg Wilhelm Friedrich Hegele Karl Marx

INFORMAZIONE

FILOSOFICA

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Gentili lettori,

al ricordo di Mario Dal Pra e Ernesto Grassi è dedicatoquesto numero. Di Ernesto Grassi vogliamo qui ricordare,con le parole di Antonio Verri, l’ampia opera di riflessionee interpretazione filosofica e filologica: un itinerario dipensiero che va dal mondo classico all’Umanesimo, aVico, all’esistenzialismo e all’odierna filosofia dellinguaggio, in un continuo e coerente confronto con ilrazionalismo occidentale. In questa prospettiva prendecorpo il richiamo di Grassi alla potenza evocatrice dellaparola poetica, in cui l’Essere trova il luogo della suaespressione autentica. Ed è appunto al linguaggiometamorfico della poesia, fatto di traslazioni, di metafore,che in alcune pagine scritte poco prima della morte, e dicui presentiamo qui un breve stralcio, Grassi affidaancora una volta il compito di tracciare il sentiero checonduce al luogo dell’Essere.Il ricordo invece che ci lega a Mario Dal Pra èdirettamente connesso alla nascita di questa rivista.Eugenio Garin, Fulvio Papi, Fabio Minazzi, con le lorotestimonianze, hanno fissato in modo suggestivo eprofondo , su questa rivista, l’opera teorica e storiograficadi Dal Pra: il fervore etico, la fede nel pensiero, nellaragione storica. Quello che ci proviene dalla sua operaè un insegnamento pieno e incisivo, ma anche un monitomite e rigoroso per chiunque si accinga a filosofare. E’quanto emerge dalle parole con cui Dal Pra, in unincontro al Circolo della Stampa nel maggio 1991, vollecommentare il progetto di questa rivista. Nel presentarlequi di seguito ci sia concesso il cenno di un devotocongedo.

L’attualità filosofica non si forma in una maniera qualsiasi,la filosofia non si fa in mille modi imprevedibili,inderterminabili, senza una struttura. La filosofia come lascienza - mi permetto di dire - ha una impalcatura; e allorachi si preoccupa di elaborarare una filosofia bisogna cheimmediatamente si interroghi su quali sono i caratteridella filosofia, del discorso filosofico, quale è la disciplinaspecifica che la costituisce e che in certa maniera lagarantisce. Anche perchè si tratta poi di mettere in rapportola persona che filosofa oggi con persone che hannofilosofato ieri, e quindi nasce il problema della tradizione.Quando si dice filosofia non si può intendere la filosofiané in senso troppo largo, né in senso troppo stretto. Insenso troppo largo la filosofia viene confusa con altreforme di cultura; in senso troppo stretto viene intesa inuna forma autoritativa, il cui valore è quello che leattribuisce la persona che la propone e basta; non hanessun seguito, e non fa nessun incontro con la tradizione.La tradizione è importante perchè senza tradizione si haquella specie di storia della filosofia che è una filastroccadi idee, dove cioè nessuno ci capisce niente di coordinato.Appena si costituisce, la tradizione deve già essere unpunto di riferimento della tradizione medesima, per vedere

che cosa rispetto a questa tradizione cambia e permane.Ecco, a me importa ricordare a tutti gli amici che sono quiconvenuti, che il tema dell’attualità della filosofia, cioè icaratteri che distinguono il discorso filosofico, in quantotale, e i caratteri che distinguono e formano la tradizionefilosofica sono stati dibattuti in piena regola in un momentopreciso della nostra storia del pensiero e sono statideterminati, chiariti, discussi circa i loro temi, almeno itemi più importanti, attraverso la figura di un filosofo, alquale vorrei fare qui riferimento: Giulio Preti. Nelconvegno che si tenne qualche anno fa all’Università diMilano sul pensiero di Preti, fu dedicata un’attenzioneparticolare alla metodologia della filosofia e della storiadella filosofia. Ma è chiaro che storia della filosofia efilosofia hanno un qualche legame. Preti osservava che sipuò considerare la filosofia dal punto di vista della suaautonomia, cioè del suo carattere; si può anche considerarladal punto di vista della sua eteronomia, cioè comestrumento di riflessione di una persona condizionataeconomicamente ecc..; ma questo non riguarda piùpropriamente le strutture interne, autonome della stessafilosofia. Non si può prendere per filosofia ogni sparatadi carattere più o meno originale, senza capo né coda esenza riferimenti all’impianto della tradizione. Ecco allorala funzione di questa rivista. Essa dice: qui c’è il talefilosofo che ragiona così, si appella ad una tradizioneconfigurata in questi termini, intende stabilire una distanzafra certi momenti di questa tradizione e certi altri.La tesi intermedia che bisognerebbe tenere presente è checi vuole continuità e discontinuità per spiegare ilmutamento e lo sviluppo; altrimenti, se tutto è continuola filosofia si riduce, come avveniva in certe fasi dellatradizione idealistica, ad una sola filosofia e tutte le altrenon erano che pseudofilosofie. Se invece si accentua ladiscontinuità, allora avviene proprio la filastrocca delleidee, di cui si diceva: non c’è più un legame, non c’è piùuna connessione - lo scopo di una rivista come“Informazione Filosofica” risulterebbe molto, ma moltopiù elementare e ridotto. Quindi sostengo che èestremamente importante avere in una filosofiaun’attualità; ma un’attualità si costruisce attraverso unastruttura, e questa struttura è una specie di essenza, nonun’essenza metaempirica, non un’essenza metafisica,ma un’essenza con cui si da validità a delle strutture dicarattere generale che costituiscono la riflessione. Poiquando si guarda alla tradizione a cui l’attualità si riferisce,si costruisce, si dispiega una prospettiva larghissima dipensiero nella quale noi siamo egualmente impegnati,così come siamo impegnati nell’attualità. Da questopunto di vista non si tratta dunque di filosofare come perscherzare, come per tentare l’arte, ma filosofare percostruire una maniera di comprensione della realtà cheabbia un suo disegno, una sua struttura alla quale ciriferiamo e nella quale riusciamo anche a riguadagnare lestrutture del passato che costituiscono la forza preminentedella tradizione.

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40 Diderot contemporaneo

41 Il pragmatismo in tedesco

41 Letteratura gnostica

41 Il Novecento filosofico di Mario Dal Pra

42 Heidegger: fenomenologia, psicologia e fondamento

45 Perché Lukács

46 NOTIZIARIO

47 CONVEGNI E SEMINARI

47 Gramsci a cent’anni dalla nascita

49 Meditazioni filosofiche attuali

50 Il futuro del politico

50 Emilio Agazzi, in ricordo

52 Panorami filosofici

53 La fisiognomica e il volto di Dio

53 L’istrice di Mallarmè

55 Toth e i paradossi di Zenone

56 La conoscenza, la matematica e il metodo

59 La filosofia del denaro di Simmel

59 CALENDARIO

63 DIDATTICA

63 Convegni

64 Interventi, proposte, ricerche

66 RASSEGNA DELLE RIVISTE

72 NOVITA' IN LIBRERIA

5 PROFILO

5 Ricordo di Mario Dal Pra

13 DIALOGO

13 Ragione e storia

16 PROFILO

16 Ricordo di Ernesto Grassi

19 INEDITO

19 Il dramma della metafora

23 AUTORI E IDEE

23 Contro la teoria speculativa dell’arte

23 Echi di Heidegger

24 Scienza, metodo, conoscenza

24 Fenomenologia del gesto

25 Bilancio di interpretazioni

26 Morin: vita e abitudini delle idee

27 La metodologia di lavoro della scienza

27 Tramonto dell’Occidente

31 TENDENZE E DIBATTITI

31 Etica e morale

31 L’etica realistica

32 Interpretazioni d’Europa

32 Relativismo?

33 Decostruzionismo e giurisprudenza

34 Serietà dell’avventura

34 Scienza e filosofia

35 Il silenzio della scrittura

37 PROSPETTIVE DI RICERCA

37 Il Platone parlante

37 Tempo dell’anima

38 Opere complete di Marx e Engels

40 Il giovane Feuerbach

SOMMARIO

Errata Corrige: nel numero 5 di questa rivista è stato inavvertitamente omesso trai collaboratori il nome di Fabio Minazzi

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PROFILO

Mario Dal Pra

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PROFILO

intuitivo-assolute dell’essere, ma piut-tosto (kantianamente) sull’indeducibilitàdell’essere: si tratta, in sostanza, di unrichiamo a Kant (e, in certa misura, an-che a Hegel), sicché una tematicagnoseologica molto più avvedutaproblematizzava ormai l’ontologismodell’opera prima, anche se il realismorimaneva punto di riferimento irrinun-ciabile».A cavallo degli anni ’40, con la collabo-razione alla rivista “Segni dei tempi”, siera fatta evidente per Dal Pra la necessi-tà di “interpretare praticamente” la filo-sofia, mostrando la radice comune dignoseologia ed etica sulla base della con-creta realtà umana. In questo contesto diriflessione teorico-pratico, fu proprio«l’assunzione che la storicità fosse com-ponente imprescindibile di ogni discor-

so filosofico significativo» chegli permise, non senza un pro-fondo travaglio interiore, diintravedere la possibilità di«assimilare - come osservaRambaldi - la componentepratica (cioè l’aspetto delfilosofare che sempre l’avevamassimamente interessato)dell’immanentismo laico (edin ispecie quello di Croce) allaconcezione cristiana». E, d’al-tro canto, allo sviluppo dellariflessione sullo «storicismoimmanentistico attivo» e al-l’esperienza culturale concre-ta della circolarità tra filoso-fia e storia della filsofia sideve poi l’adesione di Dal Pra,in termini dialettici rispettoalla prima formazione cristia-na, alla causa della Resisten-za.La sua, come c i ricorda

Rambaldi, fu un’interpretazione attiva eradicale del significato storico-concretodella “speranza”, un’interpretazione chegià racchiudeva in sé germi di queltrascendentalismo della prassi che sa-rebbe maturato negli anni subito dopo laLiberazione. Di questa prospettiva filo-sofica originaria, che Dal Pra, insieme aAndrea Vasa, veniva elaborando critica-mente in opposizione allasottovalutazione “teoricistica” del mon-do dell’azione, dell’etica, della storia,destinatario principale e «chiave di voltadella sua elaborazione» doveva essereper Dal Pra proprio la ricercastoriografica. Come sottolinea Rambaldi:«la fase trascendentalistica di Dal Pra,oltre a confermare il suo incoercibileinteresse per il lavoro filosofico teorico- come mostra l’ormai compiuto ingres-so di Hegel tra i suoi “maggiori” - riba-diva in modo a lu i strettamentecongeniale d’intendere la filosofia, siacome praticità, impegno etico “integra-le”, “radicale”, sia come storicità». E ineffetti il trascendentalismo fu la cornice

Avevamo appena ultimato la raccoltadelle testimonianze che alcuni autori, sunostra richiesta, ci hanno gentilmenteinviato per ricordare su questa rivistal’opera e il pensiero di Mario Dal Pra,quando ci è giunto, per volontà del suostesso autore, il testo di un articolo diprossima pubblicazione nella “Rivistadi storia della filosofia”, dedicato a DalPra da un allievo importante, EnricoRambaldi. La sorpresa, oltre alla soddi-sfazione di poter disporre per l’occasio-ne di uno scritto autorevole, è stata quel-la di trovarci tra le mani un’ampia, pre-cisa, per molti aspetti inedita ricostru-zione dello sviluppo di pensiero di que-sto filosofo attraverso gli scritti e insie-me la vicenda filosofica, dagli anni dellaprima formazione fino ai giorni nostri.Una “lezione storiografica”, questa diRambaldi, che certamente rac-coglie nel modo più significa-tivo l’eredità di pensiero ed’impegno filosofico che DalPra ci ha lasciato. Così ci èsembrato opportuno, con ilconsenso dell’autore, aprirequeste pagine di commemora-zione facendo riferimento aquesta ricostruzione e ripor-tandone anche alcuni passiesemplari.Di questa opportunità ringra-ziamo Enrico Rambaldi. Comeringraziamo in particolare Eu-genio Garin, Fulvio Papi e Fa-bio Minazzi, che con grandedisponibilità, in un momentodi generale smarrimento tra ifilosofi, hanno accettato di darevoce al ricordo, raccogliendoin questo non solo un nostrodesiderio esplicito, ma, vor-remmo dire, anche e soprattut-to quello implicito, inespresso, di tutticoloro che in qualche modo, attraverso ilibri, o nel rapporto diretto, hanno, nellaloro “vita filosofica”, incontrato MarioDal Pra. Di queste testimonianze diamoqui atto; e ci accorgiamo di trovarci difronte a immagini eloquenti, prospettivesingolari diverse tra loro, perchè diversoè il loro punto di vista, diversa l’occasio-ne da cui la memoria trae alimento. Manonostante questa diversità, e la contin-genza da cui inevitabilmente muove cia-scuna testimonianza, una visione comu-ne non tarda a farsi avanti.Chi, ed è la stragrande maggioranza, haconosciuto Dal Pra attraverso il suo in-segnamento nei licei o nelle università,porta con sé un’impressione ben precisa:la rigorosità dell’impegno storiografico,unita a una profonda tensione teorica edetica. Quest’impressione sembrava poitrovare riscontro nella trattazione di unautore in particolare, Hegel, a cui DalPra dedicava oltre allo scrupolo dellostorico una forte carica emotiva, celatada un carattere schivo e riservato. Ora,

proprio dalla ricostruzione di Rambaldiapprendiamo che questi aspetti più im-mediati della personalità filosofica diDal Pra hanno la loro origine e il lorosviluppo in momenti precisi del suo iti-nerario di pensiero, contribuendoripetutamente a delinearne gli esiti e lescelte.Nella prima fase di pensiero, contrasse-gnata inizialmente da un realismo dua-listico-ontologico e teocentrico di forteispirazione cristiana, l’originarsi dell’in-teresse storiografico è strettamente con-nesso alla polemica nei confronti delneoidealismo italiano, le cui grandi sin-tesi speculative non tengono conto dellaconcretezza storica dei problemi filoso-fici come vengono configurandosi nellatradizione del pensiero. E quando, suc-cessivamente, alla luce di un progressi-

vo interesse per il criticismo kantiano, sitratterà per Dal Pra di rompere con «l’af-fermazione assoluta dell’ontologia delreale in sé», sarà anche avvalendosi diun “ritorno a Hegel” che la critica delneoidealismo otterrà nuovo impulso.Così osserva in proposito Rambaldi: «oras’insiste sul ri l ievo che esso [i lneoidealismo] sia una forma diontologismo panlogistico, che identificala deduzione razionale con la realtà. Co-mincia così a prender corpo, e proprio infunzione antineoidealistica, un “ritornoa Hegel”, con riferimento non al“cominciamento” della Logica, che muo-ve da essere, nulla e divenire (“comin-cia-mento” che è l’incunabolo dell’attopuro gentiliano), ma a quello della Feno-menologia, cioè all’intuizione immedia-ta della certezza sensibile per, via via,mediarla. Nella prefazione di Pensiero erealtà, Dal Pra si richiama, contro l’ide-alismo, non più alla proposizione di tra-dizione medievalistica che l’essere vantiuna regione più ampia che non il pensie-ro, basandosi su definizioni

Intervengono:Eugenio Garin, FulvioPapi, Fabio Minazzi

a cura di Riccardo Ruschi

Ricordo di Mario Dal Pra

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PROFILO

in cui Dal Pra sviluppò, tra il ’49 e il ’51,un’intensa produzione storiografica nelcampo della filosofia antica e medioeva-le, approdando a considerazioni che dauna parte rinnovano la c ri t icatrascendentalista al teoricismo - comequella dell’inaccettabilità del dilemmatra dogmatismo e scetticismo, basandosientrambi su elementi “teoricisti”, o quelladell’insufficienza critica del teoreticismonei confronti della storiografia filosofi-ca -, dall’altra approfondiscono il “cir-colo” filosofia/storia della filosofia -come l’osservazione che fare storia dellafilosofia significa «svolgere un’istanzateorica che funga da cornice e da suppor-to allo storico», o che la storia dellafilosofia debba configurarsi come «sto-ria della filosofia della filosofia, ossiadella logica della filosofia», dovendoessere i l suo intento quello di«dialettizzare i fondamenti» sui qualipoggia «lo spirito critico della filosofiacontemporanea».Verso la metà degli anni ’50, sotto l’in-flusso del neorazionalismo, in particola-re nella versione pluralistica elaboratada Preti, secondo cui “filosofia” è ogni“discorso filosofato”, Dal Pra, osservaRambaldi, «si poneva il problema di de-finire una unità storica “possibile” dellefilosofie». Come già in precedenti muta-menti di prospettiva, anche in questonuovo contesto di riflessione l’esigenzache Dal Pra ora avverte di concedere allateoria una sua «autonomia relativa», e altempo stesso di conferire alla prassi «unadeterminazione finita e non metafisica»,viene risolta sul terreno proprio del con-fronto storico-critico della filosofia. Ciòsegnava i l passaggio daltrascendentalismo ad un nuovo campod’indagine, lo “storicismo critico”, incui oggetto d’indagine sono ora «i nessiche s toricamente si e rano venuticonfigurando tra sviluppo storico e strut-ture teoriche». Significativo in tal sensoil commento di Rambaldi: «la “possibi-

ancora Rambaldi, chiariva indirettamenteanche «l’evoluzione della concezionemarxiana della dialettica rispetto al ca-rattere logico e organicistico della con-cezione hegeliana».Ancora il “ritorno a Hegel” fu infine allabase, nell’ultimo Dal Pra, della sistema-zione organica dello storicismo criticoin seguito a un’intensa rimeditazione delrazionalismo critico di Preti e, con que-sti, di quello di Banfi. E’ quest’ultimoinfatti, come suggerisce Rambaldi, cherintracciando in Hegel la “legge dell’in-finita varietà e dello sviluppo”, preparaai temi dell’empirismo critico di Preti edello storicismo critico di Dal Pra, chetuttavia si discosteranno dalla posizionebanfiana, riconoscendo in essaun’indistinzione di fondo nei confrontidel teoreticismo astratto di Hegel.L’impostazione di Preti, invece, con ilrilievo dato all’autonomia, per quantorelativa, della teoria nei confronti dellaprassi, e concependo d’altra parte la strut-tura formale delle teorie come un apriori“oggettivo-storico”, appare a Dal Pramaggiormente idonea a fondare un “ri-torno a Hegel” secondo l’atteggiamentoproprio dello storicismo critico. Il risul-tato di questa confluenza d’impostazioneteorico-storiografica, risultato che è an-che una definizione dello storicismo cri-tico, è così sintetizzato da Rambaldi:«Preti e Dal Pra respingono esplicita-mente la metafisica hegeliana della sto-ria, che ricondurrebbe la dialettica aduno schema astratto, ma fanno salvo ilmetodo dialettico della trattazione stori-ca proprio in virtù dell’autonomia (rela-tiva) delle strutture formali».Alla luce di questo esito del proprioitinerario filosofico, in tempi recenti,quando si tratterà di raccogliere i mo-menti decisivi della propria opera, DalPra tornerà sul rapporto teoria/prassi,definendolo “un rapporto attivo”, «nelquale i due poli confluiscono in un “uni-co piano critico di rinnovamento” con-sentendo alla teoria una sua “autonomia

lità” di una visione storico-critica è daricercarsi innanzi tutto a livello teorico,sicché le strutture formali vengono adassumere una (relativa) autonomia dallaprassi pur restando questa (comestoricità) ineliminabile. Nel terrenodissodato del trascendentalismo dellaprassi, potevano dunque facilmente at-tecchire i suggerimenti di Preti, e si ve-niva già configurando un punto di vistainteressato all’evoluzione delle struttu-re teoriche in una concezione storica cheavesse appunto il carattere di una “storiadella filosofia della filosofia”».Questa concezione storico-critica dellafilosofia sancì definitivamente quella chepossiamo ora definire una costante dellosviluppo di pensiero di Dal Pra: il “ritor-no a Hegel”. A questo “ritorno”, chedalla fine degli anni ’50 interessò signi-ficativamente l’ultima fase della sua ri-flessione filosofica, Dal Pra pervieneattraverso la lettura critica di due autoriin particolare, Dewey e soprattutto Marx:lo sforzo teorico-storiografico che eglidedicò a questi due autori fu in realtà ilpresupposto per una rimeditazione diHegel e al tempo stesso terreno per unaverifica e un approfondimento dei prin-cipi dello storicismo critico. Così, comerileva Rambaldi, nell’analisi della “dia-lettica” marxiana come struttura forma-le in cui s’inscrive il rapporto tra lateoria e una concezione trasformatricedella prassi, Dal Pra riformulava di fattoil trascendentalismo della prassi nei ter-mini dello storicismo critico; riprenden-do la concezione che in Marx «albergas-sero due anime, l’una più incline a dis-solvere il panlogismo hegeliano nellaprassi, l’altra più organicistica, volta asussumere la prass i nel tessutologico-organicistico della dialettica»,egli giungeva «ad una nuova valutazio-ne dell’importanza delle strutture teori-che formali, considerate anche nella loroautonomia, quanto meno relativa, dallaprassi». Questo d’altro canto, osserva

relativa”, che tiene conto della prassi manon si dissolve in essa». In questo senzadubbio è racchiuso un significato pro-fondo del lavoro teorico e storiograficodi Dal Pra, un significato che per l’uni-versalità della domanda che pone oltre-passa la sua stessa opera, rendendosi dinuovo, accresciuto, alla necessità della

riflessione filosofica. E questo è quanto emerge, d'altra parte,dalle testimonianze che seguono.

Avviatosi alla filosofia a Padova, alla scuola di un inquie-to scolaro di Ardigò come Erminio Troilo, Mario Dal Prasi era venuto formando fra le sollecitazioni “realistiche”di eredi molto critici del positivismo come GiovanniMarchesini, scomparso nel 1931, e le spinte del“personalismo cristiano” di studiosi eminenti come LuigiStefanini, relatore con Troilo della sua tesi di laurea,

uscita nel ’37 con il titolo Il realismo e il trascendente.Nel ’40 Dal Pra pubblicava il suo secondo libro suPensiero e realtà, in cui cercava di chiarire ulteriormenteil suo punto di partenza.Nel dibattito filosofico di quegli anni, vivacementepolemico su molti fronti soprattutto con le varie posi-zioni “idealistiche”, dal Pra si proponeva di approfon-dire un “realismo critico” conciliabile con latrascendenza cristiana, mentre si interrogava sulleragioni profonde dell’idealismo. Era, d’altra parte, unmomento in cui la discussione filosofica in Italia - manon solo in Italia - si intrecciava strettamente con lariflessione politica e con una forte esigenza morale.Incombevano ovunque i fascismi e si preparava laseconda guerra mondiale.Fu allora, appunto, che ebbi a incontrare l’opera di DalPra: non solo il suo volume su Pensiero e realtà cheavevo letto per farne un cenno su “Leonardo” nel ’41,

EugenioGarin

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ma gli articoli che comparivano su “Segni dei tempi”,una piccola “rassegna trimestrale di scienze morali”,a cui Dal Pra collaborò intensamente fra il ’37 e il ’42con interventi assai significativi, testimonianza fedeleanche delle difficoltà e delle ambiguità chetravagliavano molti giovani e giovanissimi in quelmomento drammatico.E’ in quel breve giro d’anni che si intensifica anchel’attività storiografica di Dal Pra: un’attivitàstoriografica tesa quasi a verificare sul campo unapprofondimento teorico, che si rivela chiaro a chisappia leggere le monografie che quasi si inseguono:lo Scoto Eriugena e il neoplatonismo medievale del’41, il Condillac del ’42, Il pensiero di SebastianoMaturi del ’43 - soprattutto il Condillac, essenzialeper compredere il processo di critica e di approfondi-mento teorico di metodi e problematiche. Intorno siconsumava la tragedia italiana e il mondo cambiava,né dimenticherò mai un incontro, in Piazza del Duomoa Firenze, nell’estate del ’43, dopo il 25 luglio, quan-do, in quelle ore tese e drammatiche, trovammo ancheil tempo di discutere di filosofia. Poi Dal Pra avrebbepartecipato con gli amici (da Giulio Preti ad AndreaVasa) a quel fervore di discussioni che all’Universitàmilanese trovò stimoli e un punto di riferimento inAntonio Banfi. Oggi, a chi ci ripensi, appare davverostoria antica. Allora, nel moltiplicarsi di iniziativeculturali ed editoriali d’ogni genere, sembrò un mo-

mento felice di crisi rinnovatrice e di ripensamentifecondi. Metterebbe conto - anzi è cosa da fare -ricostruire almeno alcuni di quegli incontri di Dal Pra,e in primo luogo quello con Andrea Vasa a Milano, sia«nella organizzazione politica del Partito d’Azione(...) nel trapasso dalla clandestinità alla primaimpostazione del nuovo ordine democratico», sia nel-l’attività filosofica, mentre prendeva forma e siconcretava il disegno di una “Rivista di storia dellafilosofia”, che, uscita dal 1946 a oggi con ammirevoleregolarità, ha pesato non poco sui nostri studi e costi-tuisce uno dei punti forti dell’eredità culturale di DalPra. Nacque dal bisogno di un rigore razionale nuovounito ad un preciso metodo storiografico (a un certopunto volle anche denominarsi “Rivista critica”, conun’aggiunta che poi abbandonò), facendo convergereoriginali e importanti ricerche di storia dellastoriografia. Nella direzione della rivista, Dal Pra agliinizi era affiancato, significativamente, oltre che daMario Untersteiner, da Ernesto Buonaiuti, subito scom-parso e sostituito da Bruno Nardi.Dire in breve della “Rivista” di Dal Pra, del suo pesonelle sue varie fasi e vicende, non è possibile, comenon si può ripercorrere rapidamente il suo lavoro chepur si addensò intorno a certi temi fondamentali, qualiAbelardo nel Medioevo e David Hume nell’età mo-derna: autori grandi di cui fu editore e traduttore ed

esegeta finissimo. Come non è pos-sibile riassumere sinteticamente ilpeso e il valore della sua presenzanel dibattito italiano, dalla parteci-pazione al gruppo“neoilluministico”, animato daAbbagnano fra il ’53 e il ’62, alla

feconda e instancabile attività di direzione del “Cen-tro di studi del pensiero filosofico del Cinquecento edel Seicento in relazione ai problemi della scienza”(del CNR), per non dire della sistematica rivalutazionedelle figure significative legate alle vicende delpositivismo in Italia.Chi per mezzo secolo ha avuto con Mario Dal Prarapporti ininterrotti di amicizia e di collaborazioneoggi non sa dir altro che la propria pena e il propriorimpianto.Chissà se da qualche parte esiste ancora una copia diquel primo numero ciclostilato di “Ragionamenti” chenasceva nel 1951 a Milano in casa di ArmandaGianbrocono, dopo animate discussioni di socialismoe filosofia con Roberto Guiducci, Sergio Solmi, Fran-co Fortini, Luciano Amodio, Franco Fergnani, e iostesso, desideroso di essere e di partecipare, soprattut-to alla critica, ma senz’altro meno provveduto di tuttigli altri. Se sì, allora si potrebbe rileggere la testimo-nianza dell’influenza che ebbe per una certa stagionedel mio apprendere filosofico, la posizione di MarioDal Pra, lui sulla soglia di quarant’anni, tutto impe-gnato nel trascendentalismo della prassi. Dottrina che

acquisì quasi subito l’aggettivo “possibile” il qualesembrava togliere, in modo definitivo, quel progettofilosofico dal risucchio nell’area della predicazionedell’essere che è la catastrofe della metafisicaCorreva l’inizio degli anni Cinquanta. Iltrascendentalismo della prassi fu una creatura filoso-fica che Dal Pra aveva elaborato in amicizia conAndrea Vasa, professore al medesimo liceo, il Carduccidi Milano. A me capitava di incontrarli, la domenicamattina, nella buona stagione, che, in stretto collo-quio, passeggiavano sotto gli ospitali ippocastani diviale Romagna. Vasa aveva fatto i suoi studi all’Uni-versità cattolica, ma il neotomismo realistico cheaveva certamente studiato, era stato intaccato in mododistruttivo e irreversibile dalla filosofia di Gentile (delresto Bontadini aveva assegnato a se stesso comeinterlocutorio privilegiato proprio i temidell’attualismo e dei problematicismi). La critica al“pensato”, l’atto in atto, diventava in Vasa dedizionetotale dell’esistenza a una scelta di tipo religioso chenon poteva essere affidata ad alcuna certezza deltheorein, dell’oggettivare conoscendo, ma solo vissu-ta nel suo rischio immanente e nelle sue possibilitàcircoscritte.Questa posizione che concepiva l’esperienza dell’uo-mo nel campo di possibilità, di cui il “trascendentale”disegnava la pura forma, priva di alcun contenuto,costituiva per Dal Pra una ripetizione continua e deci-siva della critica alla metafisica, tanto più saliente inquanto anche rivolta a un non lontanissimo “se stes-

FulvioPapi

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so”, di ascendenza filosofica realista. Non è possibilealcun atto conoscitivo, egli sosteneva, che colga l’es-sere nella sua attualità e quindi ci consegni un mondoorientato nella sua struttura essenziale, nel quale nonresti che prendere il posto assegnato. Il pensiero nonpuò accomodare l’esistenza, ma nemmeno l’esistenzapuò essere detta nella geografia del pensiero. Il“teoricismo” (questo era l’oggetto della critica)rinasceva sempre quale che fosse il contenuto dell’at-to di pensiero oggettivante: l’essere, la storia, l’atto,l’uomo, l’esistenza ecc.Dal Pra allora inseguiva il vizio teoricista della filoso-fia contemporanea con un accanimento per lo piùfelice, e io ricordo non poche conversazioni alla So-cietà filosofica nelle quali la sua voce cauta ma impla-cabile, mostrava all’oratore come egli, in modo im-percettibile ma sicuro, avesse trasportato in dimensio-ne teoricista il tema del suo discorso che così diventa-va un oggetto totale, ingombrante per l’agire dell’uo-mo. Dal punto di vista teoretico si trattava di un gestoche sapeva fermarsi al limite giusto, cioè sull’orlodello scetticismo. Come Dal Pra aveva insegnato nelsuo corso sugli scettici greci da Pirrone a Sesto, c’erasempre il rischio di capovolgere l’argomentazionemettendo in negativo ciò che la metafisica presentacon segno positivo. Lo scetticismo valeva per le sueargomentazioni che mettevano in luce l’indicibilitàteoretica di alcuni temi fondamentali della conoscen-za. Ma questa era la soglia che mostrava come i giudizinon andassero codificati sulla certezza della verità (odell’impossibilità della verità), ma solo in relazionealla pratica della vita dove il pensiero non è prigionie-ro della propria teatralità filosofica. Non si può noncredere all’esistenza del mondo se si vive nel mondo.Hume, naturalmente, era intervenuto a correggere gliscettici antichi.Fu una stagione breve, ma molto intensa: a me, si trattacerto dell’esempio meno importante, lo “scacco mat-to” alla metafisica serviva contro il teoricismo delmarxismo ufficiale; e confesso che allora mi augura-vo, certamente con un eccesso di fiducia nel “pensie-ro”, che la posizione di Dal Pra avesse più risonanzanello spazio politico del PSI, dove eravamo entrambi,allora (1949-1952) dominato da uno stalinismo tantopiù odioso e futile quanto più di riporto.L’anti-teoricismo di Dal Pra veniva da un lungo cam-mino compiuto in breve tempo (1938-1945): era cer-tamente la forma filosofica in cui si condensavaun’esperienza di pensiero che dal realismo iniziale erapassata a una concezione immanentistica dello spirito.Il valore non deriva da presupposti contemplati: è solouna dimensione interiore che, con coraggio e perseve-ranza, può farsi mondanità e azione. Se i valori cristia-ni (questa era stata l’educazione morale di base di DalPra) diventano oggetto di contemplazione, non sonopiù valori, e allora (1943-45) la strada di questochiasmo tra pensiero e azione, tra interiore ed esterio-re, fu la partecipazione alla Resistenza.Se questa era la “genealogia” dell’anti-teoricismo, lasua efficacia teorica si esercitò in direzione dellastoria della filosofia. Le storie idealiste parvero a Dal

Pra storie “teoriciste”, proiettate e dominate tuttedalla figura filosofica che, al presente, appare come laverità, rispetto alla quale le altre filosofie si dispongo-no in una sequenza di precursioni, anticipazioni, for-me incompiute, tutte stazioni mentali della teleologiadella verità sull’onda del tempo. Il libro di Dal Pra suScoto Eriugena può essere interpretato come il docu-mento di quell’atteggiamento filosofico che volevasoprattutto porre un pensiero nella dimensione storicache l’aveva ospitato come senso comprensibile. Cre-do di essere sicuro che, oltre la sua esperienza teorica,ebbero anche un’influenza sensibile su questa posi-zione di Dal Pra la filologia classica di Untersteiner equella moderna di Nardi che furono nella direzionedella “Rivista di storia della filosofia”.Da Pra, raccontando se stesso, dice che, in un secondotempo, il circolo gentiliano di filosofia-storia dellafilosofia lo pose di fronte a un orizzonte problematicoe metodologico più complesso, e soprattutto dinnanziall’inevitabilità che domanda e oggetto (che poi sonola stessa cosa) nella ricerca storica abbiano unaineliminabile radice filosofica. Questa “apertura” av-veniva contemporaneamente alla nuova amicizia conGiulio Preti. Entrava in scena un empirismo critico,una concezione filosofica dell’esperienza come finita,dicibile solo secondo modalità specifiche, limitate,controllabili, revocabili e storiche, che non abbando-nò mai la scena: anzi fu l’ottica dominante del suostudio sulla dialettica in Marx.Negli ultimi anni questo “empirismo critico” venivatalora surrogato da “razionalismo critico”. Questaoscillazione semantica, a mio modo di vedere, ha unsignificato un poco recondito, ma rintracciabile: an-che Giulio Preti, al termine della sua vita, dopo venti-cinque anni di empirismo logico alla ricerca del lin-guaggio che unificasse le scienze, tornava in un ambi-to cassireriano, con la visione di una ragione poliforme,variegata, irriducibile a schemi meta-teorici rigidi,appunto un “razionalismo critico”, e in questa espres-sione certamente risentiva anche l’eco postuma diBanfi, sul cui lavoro filosofico, dopo il 1970, Dal Prasi era più volte soffermato in modo molto acuto ecompetente.L’immagine pubblica di Dal Pra (che il suo stessoinsegnamento universitario ha contribuito non poco aistituire) è quella di un maestro che ha lavorato conmolta tenacia in direzione del rinnovamento dellatradizione della storia della filosofia italiana. Questaprospettiva, per essere valutata nel suo senso pieno,deve essere però compresa bene nella sua natura

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teorica. Dal Pra spesso tornò sullarelazione verità-storia ofilosofia-filologia, mostrandocome le due polarità siano assolu-tamente fondamentali, e tuttavianessun lavoro può pensare chel’una possa coincidere con l’altra,

l’idea con il fatto o, direi, l’interpretazione con ilpregiudizio di una assoluta oggettività. L’oggettivitàè una costruzione che avviene nel rapporto concretotra filosofia e filologia. Un altro tema sul quale Dal Praritornava spesso, specie negli ultimi dieci anni, eraquello della specificità della storia della filosofia.Rispetto ad altre storie che evidenziano altri oggetti,la storia della filosofia, secondo Dal Pra, è storia dellegrandi categorie razionali. Credo che in questa opzio-ne vi fosse l’eco non indifferente del modo in cuiGiulio Preti concepiva la storia del pensiero scientifi-co (che poi, a ben guardare, riecheggia contemporane-amente storie neokantiane e la Logica di Hegel). Unsolenne intrigo nella nostra tradizione, e quindi, nelcaso di Dal Pra, un’eredità difficile, tutt’altro cheovvia.«Il fatto che l’ethos è il sistema di queste determina-zioni dell’idea, costituisce la razionalità del medesi-mo. In tal modo, la libertà o la volontà che è in sé e persé, è in quanto oggettività, è la sfera della necessità, icui momenti sono le forze etiche, le quali reggono lavita degli individui e in questi, in quanto loro acciden-ti, hanno la loro rappresentazione, forma apparente erealtà». Così scrive Hegel nel paragrafo 145 dei Line-amenti di filosofia del diritto.Commentando questo eminente passo hegeliano nelquadro del suo corso universitario dell’anno accade-mico 1974-75 (dedicato specificatamente proprio a Lafilosofia del Diritto di Hegel ), Mario Dal Pra osserva-va: «L’anima bella si bea nel vuoto di se stessa e nelvuoto di contenuti ed è in fondo l’esasperazione del-l’isolamento individualistico. L’uomo cosmico-storicoha esaltato se stesso nell’unica maniera concreta in cuil’individuo può realizzare pienamente la sua dimen-sione, cioè attraverso l’articolazione-creazionedell’eticità». Il par. 145 è estremamente indicativo aquesto riguardo. La razionalità dell’ethos, dice Hegel,sta nel fatto che le sue determinazioni non sono capric-ciose, casuali, (qui si avverte sempre la polemica fattanei confronti degli aspetti della soggettività che sonoappunto aspetti capricciosi e causali), ma sono neces-sarie.Dove sta la necessità, dove si coglie la necessità? Direiche il lato cui Hegel guarda e che è rimasto fissatonella prospettiva marxiana è il seguente: in ultimol’individuo si esprime attraverso le strutture dell’eticità,quindi si esprime attraverso i rapporti sociali. I rap-porti sociali hanno un carattere necessario perché èsolo attraverso una astrazione che noi possiamo con-siderare fin dalla nascita l’individuo come sciolto edisolato in se medesimo. E’ tanto poco sciolto edisolato in se medesimo che già nella famiglia è giàl’espressione di una società. In un certo senso ognunodi noi fin dalla propria origine è una società. Quindi

l’astrazione di un individuo è veramente non la condi-zione originaria di partenza (ecco dove è Hegel chesuggerisce a Marx questa famosa critica dell’indivi-dualismo: l’individualismo è la concezioneincancrenita di una persona che è passata attraversol’organismo sociale e che ha inteso o intende in unaforma intellettualistica i propri rapporti con la dimen-sione sociale). Non esiste quindi la possibilità diconsiderare in via logica il formarsi della società inquesta maniera: prima esiste l’individuo, poi gli indi-vidui si mettono insieme e vengono fuori le società.Questo è un modo meccanico di considerare il formar-si delle società che non corrisponde per niente allarealtà effettiva. Per contro esiste la società nelle sueforme più o meno complesse ed ampie, l’individuo èsempre in un contesto sociale, anzi, per esprimere inmodo più genuino la riflessione hegeliana bisogne-rebbe dire non “l’individuo è in un contesto sociale”ma “l’individuo è un contesto sociale “, perché direche è in un contesto sociale sembrerebbe che potrebbedar luogo alla considerazione dell’individuo preso persé, mentre essa è soltanto una maniera intellettualisticae sbagliata di tentare di dare affermazione all’energiadi un individuo dopo che ha succhiato il latte e ilsangue delle strutture sociali nelle quali è nato e si èformato».La non breve citazione, tratta direttamente, totidemverbis, dalla viva lezione che Dal Pra svolse venerdìmattina (alle 8,30) del 28 febbraio 1975 all’Universitàdegli Studi di Milano, possiede - a giudizio di chiscrive - perlomeno un duplice valore. In primo luogoperché si ricollega puntualmente ad uno dei momentipiù interessanti ed intensi del corso che in quell’annoaccademico Dal Pra svolge prendendo in considera-zione l’arduo testo hegeliano. Durante tutte le suelezioni hegeliane Dal Pra ebbe sempre la capacità nonsolo di guidare con piena intelligenzacritico-interpretativa l’ignaro studente nei meandripiù tortuosi della costruzione hegeliana, ma anchequella di fargli percepire le punte alte della prospetti-va di Hegel, inserendole nel vivo della tradizionefilosofica. Grazie alla particolare chiave di accessostorico-critico-interpretativa elaborata da Dal Pra, dot-trine, pensieri e figure finivano per assumere unavivacità, una concretezza e una profondità che traevalinfa continua da una puntuale lettura dei testi costan-temente immersi nel complesso gioco delle differentitradizioni concettuali. Superando sempre ognischematica unilateralità interpretativa pregiudiziale,in queste sue intense lezioni hegeliane, Dal Pra avevainoltre la capacità, solo apparentemente contradditto-ria, di illustrare con una chiarezza concettuale indele-bile i testi presi in considerazione cogliendo, contem-poraneamente, l’occasione per delineare squarci in-terpretativi storico-filosofici che non si sapeva se piùammirare per la loro attitudine di approfondire l’auto-re considerato o per la loro capacità a farci guardare inmodo profondamente innovativo, unitario e ricco disuggerimenti, alla storia del pensierofilosofico-scientifico. Anche se Dal Pra non ha maiscritto una monografia specifica su Hegel, senza alcun

FabioMinazzi

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dubbio il filosofo di Stoccarda rappresentava però unclassico del pensiero cui aveva dedicato, nel corso ditutta la sua intensissima attività di studioso, un’atten-zione specifica alquanto puntuale ed acuta. Un inte-resse che comunicò in modo discreto, ma con il suoconsueto fascino, anche agli studenti della secondametà degli anni Settanta, un periodo durante il qualetenne, nel volgere di pochi anni, ben quattro corsiuniversitari consacrati ad indagare aspetti diversi masempre complementari del pensiero hegeliano. Infattioltre al corso dedicato ai Lineamenti di filosofia deldiritto già ricordato, Dal Pra svolse negli anni Settan-ta altri due corsi universitari consacrati alla GrandeLogica hegeliana: quello del ’75-’76, dedicato allalogica dell’essere, e quello del ’78-’79, dedicato alladottrina dell’essenza, cui si affiancò poi, nel ’76-’77,il corso dedicato esplicitamente alla Dialetticahegeliana ed epistemologica analitica (un argomentoche, sia pure in versione diversa, aveva già affrontatonel più tardo corso dell’anno accademico ’71-’72).Ma al di là di questi dati, un poco esteriori e “burocra-tici” ma non privi di un loro puntuale significato,chiunque avesse frequentato le lezioni di Dal Pra diquegli anni, per esempio il corso dedicato a Il proble-ma del realismo nella storia del pensiero (svoltonell’anno accademico '79-'80), non avrebbe avutoveramente difficoltà a percepire la presenza continuadella potente lezione hegeliana sulla quale Dal Praritornava con insistenza per illustrare concretamentela vischiosità, la complessità e la ricchezza di tuttequelle, pur diverse, tradizioni concettuali che venivaillustrando. L’intento primario di queste lezioni puòinfatti essere individuato nello sforzo con il quale DalPra, voltando le spalle alle grandi formule interpretativetanto omnicomprensive quanto unilaterali e arbitrarie,era costantemente rivolto a recuperare la complessitàdei testi, ad evidenziare la stratificata interdipendenzadelle varie tradizioni di pensiero che si intrecciavanoin una stessa pagina, ad esplicitare i sottintesi implici-ti, le chiusure teoreticistiche e le cadute metafisicheche contraddistinguevano questa o quella classicapagina della storia della filosofia. Con questo pazientema penetrante metodo di lavoro storico-critico DalPra era così in grado di porre in luce i nuclei operatividelle tecniche dell’intelletto che si annidavano tra lepieghe delle grandiose costruzioni metafisiche dellastoria del pensiero e aiutava i suoi studenti a riscopriretutti i doni di conoscenza che possono essere rintrac-ciati da una ragione critica nel momento stesso in cuiindaga le composite movenze del pensiero classico.Una ragione critica plurale e puntuale, pienamenteconsapevole sia della storicità del pensiero sia dellastessa storicità della medesima criticità che non puòmai pretendere di attingere un piano assoluto e defini-tivo ma che aspira continuamente ad un sapere quantopiù possibilmente oggettivo in un quadro storicamen-te definito, configurato e delimitato. Durante le lezio-ni di Dal Pra si poteva così scorgere “in azione” lastrada critica dell’orientamento dell’intelletto e dellastoria delle sue differenti e crescenti prese di possessodi ambiti delimitati ma nodali della nostra esperienza

collettiva e sociale.In secondo luogo il passo citato in apertura di questanota possiede un valore emblematico anche perchéaiuta a meglio intendere la figura storica dello stessoDal Pra nel contesto concreto - e necessario! - del-l’università statale milanese della seconda metà deglianni Settanta. In quel tempo era infatti abbastanzaagevole percepire una complementarità di fondo esostanziale, tra la lezione di Dal Pra e quella diLudovico Geymonat (che era allora titolare della cat-tedra di Filosofia della scienza nel medesimo ateneo).Per la verità, per cogliere questa complementaritàsostanziale occorreva riuscire ad andare decisamenteal di là dell’immediata apparenza delle singole orga-nizzazioni disciplinari avendo anche, contemporane-amente, la virtù di superare una certa chiusurapregiudiziale che, inevitabilmente, finiva a volte percontraddistinguere le differenti “scuole” filosofichedirettamente legate al magistero di Dal Pra e a quellodi Geymonat. Anzi da questo punto di vista bisognaanche riconoscere francamente come la frequentazionecontemporanea dei due differenti indirizzi di ricercafilosofici approfonditi rispettivamente da Dal Pra e daGeymonat fosse in grado di determinare non pochiproblemi giacché questi due autentici Maestri inclina-vano rispettivamente per prospettive profondamentedifferenti se non, a volte, anche nettamente divergenti.Se infatti con Dal Pra si era costantemente invitati adiffidare delle sintesi onnicomprensive che si illudo-no di risolvere il mondo in una formula e si era invitatia svolgere sempre delle disamine particolari e circo-scritte, con Geymonat invece si era invitati più decisa-mente a prender posizione rispetto alle principaliopzioni teoretiche contemporanee compiendo dellescelte di campo nette e determinate. Questo differenteatteggiamento filosofico poteva poi risultare ancorpiù determinato e irriducibile se si prendeva in piùdiretta considerazione critica la particolare forma difilosofia cui entrambi questi autori guardavano con ilpiù vivo interesse: Dal Pra infatti inclinava ad avvici-narsi sempre più ad una forma di empirismo criticomolto simile a quella emergente dalla riflessione diGiulio Preti, mentre Geymonat era più direttamenteinteressato a sviluppare in forma innovativa e criticauna particolare accezione del materialismo dialetticoin cui l’interesse decisivo per l’impresa scientica erastrettamente abbinato all’utilizzazione critica delladialettica.Tuttavia se si aveva la capacità di non farsi bloccare,né dalle differenze più eclatanti e immediate né dallospirito eccessivamente partigiano legato a questa oquella impostazione di scuola non era poi difficilerendersi conto della comune “aria di famiglia” chepoteva essere respirata alle lezioni di questi due gran-di esponenti della filosofia milanese del secondo do-poguerra. Innanzitutto bisogna infatti riconoscere cheil modo stesso con il quale Dal Pra praticava lo studiodella storia della filosofia lo induceva a porre in unrilievo specifico del tutto particolare i contributi e ilvalore autonomo che lo studio della storia della scien-za e quello della filosofia della scienza rivestivano sia

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nell’ambito stesso della storia del pensiero sia nellaconsiderazione dello spazio specifico del discorsofilosofico, mentre, inversamente, nelle lezioni diGeymonat era pressoché scontato che lo studio teoricopiù rigoroso della scienza non potesse mai prescindereda un’attenta considerazione del suo sviluppo storico(considerato sia dal punto di vista della storia delpensieo filosofico sia dal punto di vista della storia delpensiero scientifico).In questo preciso contesto teorico erano poi abbastan-za scontati i continui ri-chiami con i quali ognu-no di questi due autoriera solito riferirsi alleprincipali opere dell’al-tro studioso (alcune del-le quali potevano essereormai considerati deiveri e propri studi “clas-sici” nel quadro del di-battito filosofico italia-no degli ultimi decen-ni). Per la verità su que-sto terreno va anche ri-conosciuto che nelle le-zioni di Dal Pra il riferi-mento ad altre prospet-tive di pensiero e ad al-tri indirizzi di ricercateorica, finiva per esse-re, inevitabilmente, piùampio e comprensivo,sia per la naturale incli-nazione storica del suodiscorso, sia per un at-teggiamento filosoficocon il quale Dal Praamava tener presente ilmonito eracliteo in baseal quale “gli dei sonoovunque “. In tal modose il suo discorso si fa-ceva più attento a se-gnalare i differenti “filidi verità” che potevanoessere colti nei vari in-dirizzi, è però anchevero che poi un suo stu-dente, acriticamente le-gato alla sua lezione, rischiava spesso di scivolare,inavvertitamente, in una posizione indebitamenterinunciataria sul piano teoretico, in una sorta di “lim-bo” nel quale non sarebbe stato lecito esprimere alcungiudizio teoretico. Di fronte a questo pericoloGeymonat reagiva invece nel modo più deciso richia-mando l’opportunità e la necessità di uno “schiera-mento” teorico ben preciso e delimitato. Tuttaviaquesta contrapposizione non era tale da cancellare uncomune orizzonte di razionalismo critico le cui radicipiù remote risalivano alla comune esperienza dellapartecipazione al movimento del neorazionalismo ita-

liano. Per la verità anche nel quadro del neoilluminismoitaliano Dal Pra e Geymonat avevano elaborato dueimmagini differenti dell’uso critico della ragione eavevano conseguentemente aspirato a due differentinozioni di “criticità”: più ancorata alla determinatezzastorica, quella di Geymonat, più attenta alla costruzio-ne di un discorso critico che non assolutizzasse inde-bitamente la stessa criticità, quella di Dal Pra. Ad ognimodo questa differente sfumatura di lettura criticadell’esigenza della criticità della ragione neoilluminista

non impedì affatto a DalPra e Geymonat di col-laborare attivamente e inmodo solidale con diffe-renti impostazioni teori-che - quali quellerintracciabili negli scrittidi autori come NicolaAbbagnano, EugenioGarin, Giulio Preti ,Norberto Bobbio, EnzoPaci, per non fare chepochi nomi - ai fini didar vita ad un movimen-to di pensiero in grado dirinnovare profondamen-te non solo la cultura fi-losofica italiana ma an-che la società civile nelcui contesto l’intellet-tuale (filosofo incluso) èsempre costretto ad ope-rare.Il che spiega poi perchégrazie alle lezioni di DalPra della seconda metàdegli anni Settanta glistudenti fossero indottia prendere in attenta con-siderazione critica anchel’opera e il pensiero diun autore come GiulioPreti il quale, pur essen-do morto nel 1972 e puravendo esercitato il suomagistero prevalente-mente a Pavia e Firenze,costituiva però un auto-re che circolava larga-

mente nel tessuto della riflessione storico-filosoficadalpraiana. Naturalmente anche la posizione di Pretinon era affatto riducibile, meccanicamente e imme-diatamente, né a quella di Dal Pra né, ancor meno, aquella di Geymonat, tuttavia, leggendo i testi di questoterzo autore non era davvero difficile rendersi contocome tra la ricerca di Geymonat, quella di Dal Pra equella di Preti, al di là delle differenti curvatureteoriche (e dei differenti percorsi biogra-

Mario Dal Pra e Ludovico Geymonat

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fico-intellettuali), fosse presente uncomune orizzontecritico-razionalista. Da questo pun-to di vista bisogna anzi riconoscerefrancamente come l’assiduafrequentazione dei testi di questitre autori costituisse una formida-bile palestra critica per non lasciar-si irretire dalle loro singole (e spes-so affascinanti) proposte teoriche:un esercizio di confronto che aiuta-va a recuperare costantemente unproprio spazio di riflessione che sicostruiva necessariamente nellamediazione (e in virtù) di punti divista conflittuali e differenti. An-che in questo percorso di riflessio-ne la guida di Dal Pra si rivelavapreziosa poiché la sua prospettiva -come quella hegeliana - abituavacostantemente a tener presenti ledifferenti vedute e cercava sempresi sfuggire ad ogni assolutizzazioneindebita. Il discorso criticodalpraiano, per utilizzare, parafra-sandole, le medesime parole con lequali lo stesso Dal Pra illustrò la

prospettiva hegeliana nella lezionedel 21 marzo 1975, non si riducemai ad una sola veduta ma è sempreun “si, però” oppure un “no, tutta-via”, è cioè sempre una visione diintegrazione critica, comunque que-sta prospettiva possa poi essere vi-sta e interpretata. In Dal Pra questaintegrazione critica era pensatacome la premessa più idonea permeglio intendere lo sviluppo stori-co e concreto di quella più minu-scola, particolare razionalità che siè realizzata acquisendo momentistorici molto delimitati e circoscrit-ti. La stessa lezione dalpraiana puòessere considerata un momento trai più significativi ed eminenti diquesti nuclei operativi delle tecni-che dell’intelletto elaborate da unuomo che è ben consapevole chenon si può mai arrivare ad uno statodi libertà storico e relativo se nonpassando necessariamente attraver-so uno stato di necessità che è an-ch’esso storico e relativo.Mario Dal Pra è scomparso a Milano il 21gennaio 1992. Nato il 29 aprile del 1914 a

Montecchio Maggiore da una famiglia diumili condizioni, si forma nel seminario diVicenza dove ebbe l’opportunità di frequen-tare direttamente monsignor FerdinandoRodolfi, uno dei pochissimi vescovi decisa-mente antifascisti, anche se di un antifascismodecisamente apolitico. Gli anni passati inseminario segnano profondamente Dal Pra,donandogli il tormento di una sincera e pro-fonda esigenza etica la quale, pur senza maitrasformarsi in rigido e astratto moralismo,ha però sempre contraddistinto tutta la suavita e tutto il suo impegno culturale. Termi-nati gli studi liceali si iscrive all’università diPadova presso la quale si laurea in filosofianel 1936, discutendo una tesi con ErminioTroilo pubblicata l’anno successivo in unvolume intitolato Il realismo e il trascenden-te. L’adesione iniziale di Dal Pra al realismo(sia pure ad un realismo critico che si diffe-renzia dal monismo di Troilo) è ulterirmenteapprofondita nella sua seconda opera, Pen-siero e realtà (1940), nella quale è presa indiretta considerazione la lezione kantiana.Dal Pra in questi anni, mentre svolge un’in-tensa collaborazione alla rivista «Segni deiTempi» e insegna nei licei a Rovigo e Vicenza,avverte progressivamente l’esigenza di con-frontarsi più puntualmente sia con la storiadel pensiero sia con la t radizionedell’immanentismo neoidealista. Dopo averpubblicato una serie nutrita di traduzioniunitamente ad una monografia dedicata aScoto Eriugena e il neoplatonismo medieva-le (1941), a Condillac (1942) e a Il pensiero

Opere di Mario Dal Pra (in volume)

di S. Maturi (1943), nel 1944 pubblica Valoricristiani e cultura immanentistica , in cui lasua adesione ad un atteggiamento culturale ecivile eminentemente critico si fa del tuttoesplicito.Dopo aver contribuito a dar vita al Partitod’Azione nel Veneto, all’indomani dell’8 set-tembre, si trasferisce clandestinamente a Mi-lano e, con il nome di battaglia di «Procopio»,partecipa con impegno, coraggio e determi-nazione alla guerra partigiana diventandoresponsabile delle pubblicazioni clandestinedegli azionisti (curando, in modo particola-re, i «Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà»,«Italia libera» e la diffusione di volantini dipropaganda). All’indomani della liberazio-ne, trasferitosi definitivamente a Milano doveinsegna in un liceo, fonda nel 1946 la «Rivi-sta di storia della filosofia» con la qualecontribuisce ben presto alla diffusione di unanuova mentalità storiografica la quale, purrecependo alcuni elementi vitali della lezio-ne del neoidealismo, riesce però a far giusti-zia di tutte le sue unilateralità intepretativeponendo al centro del suo interesse i testi deifilosofi (studiati con scrupolo filologico)nonché la complessità delle tradizioni con-cettuali (considerate in tutte le loro moltepli-ci interconnessioni con i differenti ambitidisciplinari e, in particolare, con la storia delpensiero scientifico).Contemporaneamente pubblica, in rapida suc-cessione, alcune monografie con le qualetraduce in essere la sua nuova visionestoriografica: Hume (1949), La storiografiafilosofica antica (1950), Lo scetticismo gre-co (1950), Amalrico di Bène (10951), Gio-vanni di Sal isbury (1951) , Nicolad’Autrecourt (1951), cui si affianca la secon-

da edizione, interamente rifatta, dello ScotoEriugena (1951). Dal 1951 inizia ad insegna-re all’università degli studi di Milano succe-dendo ben presto ad Antonio Banfi per poiinsegnare Storia della filosofia fino al 1986.Durante questi anni il suo magistero univer-sitario (unitamente alla direzione della Rivi-sta e alla fondazione e direzione del «Centrodi Studi del CNR sul pensiero filosofico delCinquecento e del Seicento nei suoi rapporticon la scienza») gli consente di dar vita aduna vera e propria scuola di storici dellafilosofia. Questo non gli impedisce però siadi scrivere, per i licei, un Sommario di storiadella filosofia (1963-64 in 3 voll.), sia dicontinuare a pubblicare studi originali comeLa dialettica in Marx (1965), Logica e realtà(1974) Logica, esperienza e prassi (1976)cui si affiancano, più recentemente, gli Studisul pragmatismo italiano (1984), gli Studisull’empirismo critico di Giulio Preti (1988)e i Filosofi del Novecento (1989). Nella se-conda metà degli anni Settanta pubblica inol-tre anche una monumentale Storia della filo-sofia (1975-78 in 10 voll.). Negli ultimi treanni ha invece atteso, prevalentemente, allarealizzazione della propria autobiografia in-tellettuale che ha voluto delineare cogliendol’occasione per tracciare un panorama com-plessivo della filosofia italiana del Novecen-to: Ragione e storia. Mezzo secolo di filoso-fia italiana (1992), apparso postumo nel feb-braio 1992, pochissimi giorni dopo la suaimprovvisa morte. F.M.Saggi filosofici

Il realismo e il trascendente , Cedam, Padova1937, pp.XXVIII-166;

Tracce di una filosofia del Cristianesimo,

Editrice Studium, Roma 1938;

Pensiero e realtà, La Scaligera, Verona 1940,pp.271;

Il problema della coscienza, «Atti del RealeIstituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti,Classe di Scienze morali e letterarie», 1940,XCIX, n.2, pp.1087-1109;

Necessità attuale dell’universalismo cristia-no, Collezioni del “Palladio”, Vicenza 1943,pp.32, (“Quaderni di cultura moderna”, n.2);

Valori cristiani e cultura immanentistica,Cedam, Padova 1944, pp.108;

Studi di storia della Filosofia

Scoto Eriugena e il neoplatonismo medieva-le, Bocca, Milano 1941, pp.306;

Condillac, Bocca, Milano 1942, pp.410;

Il pensiero di Sebastiano Maturi, Bocca,Milano 1943, pp.VIII-198;

Hume, Bocca, Milano 1949, pp.364;

Lo scetticismo greco, Bocca, Milano 1950,pp.464;La storiografia filosofica antica, Bocca, Mi-lano 1950, pp.307;

Almarico di Bène, Bocca, Milano 1951, pp.89;

Giovanni di Salisbury, Bocca, Milano 1951,pp.166;Nicola d’Autrecourt, Bocca, Milano 1951,pp.196;

Scoto Eriugena, Bocca, Milano 1951 [ II ed.interamente rifatta], pp.272;

La dialettica in Marx. Dagli scritti giovaniliall’«Introduzione alla critica dell’economiapolitca», Laterza, Bari 1965, pp.475, [II ed.

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DIALOGO

Negli ultimi tre anni Mario Dal Pra halavorato intensamente alla realizzazionedi una propria autobiografia intellettua-le, Ragione e storia . Mezzo secolo difilosofia italiana, (Rusconi, Milano1992) edita postuma pochissimi giornidopo la sua improvvisa scomparsa.L’opera è nata da un intenso dialogofilosofico e storico di Dal Pra con unodei suoi ultimi allievi, Fabio Minazzi, epossiede una struttura particolare poichéla ricostruzione puntuale della biografiaintellettuale di Dal Pra è delineata sullosfondo di uno scenario più ampio e arti-colato: quello della storia della filosofiaitaliana del Novecento. Per questa ragio-ne l’opera assume ine-vitabilmente unastruttura composita che consente più let-ture. Il registro della memoria di un pro-tagonista come Dal Pra (in virtù del qua-le nel libro si trovano inedite testimo-nianze culturali sia su filosoficome Croce, Gentile, Banfi,Preti, Paci, Geymonat, GarinBobbio, ecc., sia su personag-gi politici e civili come Parri,Valiani ed altri esponenti del-la resistenza italiana) si intrec-cia costantemente con un di-scorso storiografico critica-mente controllato, dal qualeemergono sensibilità genera-

vilegiato nel movimento del neoillumi-nismo italiano che ha avuto in Milano uncentro culturale particolarmente attivoed interessato a dialogare con quei pro-blemi teorici (in primo luogo con l’im-presa scientifica e la scienza) e con quel-le tradizioni storiche ( il pragmatismo, ilposit ivismo, gli s tudi d i logica-matematica, ecc.) che più erano statitrascurati dalla tradizione dello storici-smo idealista legato a Croce e Gentileche ha invece rappresentato l’asse tradi-zionale lungo il quale, fino ad oggi, sisono per lo più narrate le cronache dellafilosofia italiana. Con questa lettura ine-dita del Novecento filosofico italiano,Dal Pra ha voluto donarci, sul limiteestremo della sua vita, un’opera profon-damente innovativa nella quale si deli-nea non solo una piena rivalutazione ditutta una filosofia civile e teoretica che

ha difeso tenacemente lo spa-zio di una ragione tesa allalibertà, ma anche un possibilecompito per la filosofia attua-le. Un’opera, dunque, che èanche un messaggio di testi-monianza e di impegno cultu-rale che va al di là della stessafine individuale del singolopensatore, poiché si inseriscein una prospettiva di dialogo edi ricerca più ampia e proble-

matica.Nel raccogliere questo mes-saggio presentiamo qui di se-guito alcuni passi di quest'ope-ra (pp. 296-304).

DAL PRA: La trattazionedel rapporto tra la dialetticahegeliana e l’epistemologiacontemporanea si basavaproprio sulla convinzioneche fosse possibile operare un ricupero della dialettica daun punto di vista di un’epistemologia la quale, a suavolta, fosse in grado di giovarsi significativamente dellostesso metodo dialettico. Il recupero epistemologicodella dialettica è reso possibile da un vero e proprioribaltamento della pretesa hegeliana: mentre Hegel col-locava la dialettica al di sopra dei procedimenti effettividelle scienze pensando che fosse capace di superarne ilimiti, l’indirizzo epistemologico rivendica invece lapriorità pregiudiziale dei procedimenti conoscitivi ela-borati dalle singole scienze e suggerisce sempre di attua-re una riduzione della dialettica ad un ambito particolaree finito. In questo senso il contrasto tra l’epistemologiae la dottrina hegeliana della dialettica è sempre avvertitocome radicale ed insanabile, anche se si fa presente chela dialettica può essere utilizzata in ambito epistemolo-gico unicamente se è sottoposta ad una profonda esostanziale trasformazione. Qualora la dialettica sia sot-toposta a tale drastica riduzione (per esempio conside-randola unicamente come uno schema empirico) puòallora produrre effettivamente dei preziosi suggerimenti

soprattutto per la compren-sione della storia e dello svi-luppo delle ricerche nel-l’ambito delle scienze uma-ne, arricchendo indubbia-mente la metodologia scien-tifica. In particolare la me-todologia dialettica aiuta atener ben salda l’osserva-zione che la conoscenza, pur

avendo una sua struttura specifica che deve essere rispet-tata e salvaguardata tramite la costruzione di disciplinescientifiche rigorose, tuttavia non possiede mai un fon-damento divino od ontologico proprio perché la cono-scenza acquista il suo significato più vero e la suacollocazione più opportuna unicamente nel contestodella prassi.La dialettica ci aiuta cioè a comprendere che gli stessicriteri conoscitivi cui si rivolge la riflessione analiticanon possono mai essere considerati “puri” giacché sonosempre turbati e arricchiti da un’istanza di integrazionepratica. La dialettica ci permette di tener ben presentecome anche i più astratti criteri conoscitivi possiedanosempre una radice pratico-storica che non possiamoignorare indebitamente se non vogliamo scivolare su diun piano arbitrariamente speculativo. In ogni caso inquesta integrazione tra epistemologia e dialettica restaescluso che la seconda apra la strada ad un superamentodel metodo scientifico. Al contrario la dialettica è richia-mata proprio nella misura in cui aiuta a consolidare ilmetodo scientifico ponendo in evidenza (e consolidan-do) alcuni suoi elementi cui non si era prestata preceden-

zionali differenti, curve interpretativenon sempre coincidenti, tali da fornireun ricco e mobile panorama dei dibattitifilosofici dell’Italia del secondo dopo-guerra.Da un punto di vista più complessivoquesto libro delinea però anche un’inter-ressante contro-cronaca della filosofiaitaliana perché pone al centro del suointeresse (di testimonianza, storiografi-co e critico-interpretativo) quei movi-menti legati alla tradizione del raziona-lismo critico e dell’empirismo criticoche si sono sviluppati lungo un asseculturale che comprende città come To-rino, Padova e Firenze, ma che ha trova-to il suo centro nodale nella Milano delsecondo dopoguerra. Tutti i principaliindirizzi di pensiero presi in considera-zione in questo volume hanno infattitrovato un loro punto di riferimento pri-

Ragione e storia

di Mario Dal Pra

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DIALOGO

temente un’attenzione adeguata. In ultima analisi è miaimpressione che il criterio dialettico, se inteso comecriterio euristico, suggerisce di integrare e di connetterel’ambito conoscitivo con un più ampio orizzonte difilosofia della prassi in cui l’intervento pratico-storicopossiede sempre un rilievo specifico che non va arbitra-riamente dimenticato o trascurato.Se la critica epistemologica alla dialettica ha investitoquasi in egual misura sia la tradizione hegeliana siaquella marxista, ben diversamente si è però mossa lacritica dialettica nei confronti dell’epistemologia la qua-le è stata svolta, in misura prevalente, soprattutto dall’in-dirizzo marxista. Anche in questo caso, comunque, oc-corre distinguere tra due tipi di critiche profondamentediverse. Alcune sono state infatti mosse da parte degliindirizzi marxisti che hanno assunto la dottrina dialetticanel suo significato metafisico, mentre altre provengonoda quegli indirizzi marxisti che hanno interpretato ladialettica come uno strumento euristico. Nella primadirezione si collocano tutti quegli indirizzi che hannocercato di promuovere una integrazione dell’orizzonteconoscitivo e scientifico in una direzione che finisceperò per svalutare oggettivamente la scienza rivalutandola filosofia intesa come metafisica e come affermazioneassoluta di criteri di unificazione del reale completamen-te svincolati dai controlli empirici. Lungo questa stradasi colloca anche l’elaborazione del cosidetto Diamataffermatosi soprattutto nella produzione ufficiale pro-mossa dall’Istituto di Filosofia dell’Accademia dellescienze dell’Unione Sovietica. Nel Diamat si assiste aduna generale svalutazione radicale della scienza cui sicontrappone il marxismo interpretato come una filosofiametafisica intrascendibile. Il marxismo critico ha invecemirato ad elaborare una organizzazione dei suoi criteriche risultasse in maggiore sintonia con i caratteri di unafilosofia scientifica e si è pertanto maggiormente preoc-cupato di svolgere una integrazione dialettica del proce-dimento analitico. In molti momenti del dibattito marxistacontemporaneo, per esempio nella ricerca di Havemann,si assiste così al tentativo di riferirsi alla dialettica comeun criterio integrativo dell’orizzonte conoscitivo chepossa favorire una considerazione criticamente più a-vanzata della stessa conoscenza.

MINAZZI: Ma è anche vero che in entrambi questiindirizzi si rischia a volte di mettere capo ad una sostan-ziale liquidazione della stessa razionalità scientifica.[…] L'epistemologia che non tiene conto dei problemisollevati dalla critica dialettica (intesa nel senso depuratoda ogni sottinteso metafisico cui si è fatto cenno) finisceinevitabilmente per cadere in alcuni esiti metafisici cuinon può sottrarsi però neppure quel pensiero dialetticoche pretende di non tener conto dei risultati e delle analisiepistemologiche (depurate anch’esse da ogni sottintesometafisico). Questa indicazione programmatica cui leiperviene nel testo dedicato a la Dialettica hegeliana edepistemologia analitica mi sembra poi del più alto inte-resse nella misura in cui recependo i risultati più maturidi tutta la discussione connessa al trascendentalismodella prassi, è arricchita dalla lettura del pragmatismo

deweyano, e nutrita della lezione hegeliana, tiene inconto la tradizione del criticismo kantiano denotandocostantemente la consapevolezza di non fermarsi mai anessuna di queste esperienze intellettuali per non chiu-dersi in un orizzonte già dato e costituito una volta pertutte.

DAL PRA: Per parte mia proprio questo risulta essere ilsottinteso complessivo di tutta la ricerca svolta in questoambito di pensiero, perché l’obiettivo fondamentale cheho cercato in qualche misura di perseguire era proprioquello di liberare degli strumenti da una codificazionerigida per favorirne una utilizzazione critico-operativa.Naturalmente va anche mantenuta l’avvertenza critica dinon cadere, per quest’altra via, in altre rielaborazioni ditipo metafisico e, a mio avviso, lo si può fare nella misurain cui si tiene presente la funzione critica dell’intellettoper smuovere e andare innanzi nello svolgimento delpensiero. In questa direzione di ricerca lo studio dellastoria del pensiero dovrebbe indurre ad individuare idifferenti nuclei operativi di una tecnica dell’intellettopresente nelle costruzioni teoriche più diverse e dispara-te. Si tratta insomma di prestare attenzione a quella seriedi spunti critici significativi che spesso sono inseriti incostruzioni più organiche e complesse. Di fronte ad unaragione classica che mira sistematicamente ad una co-struzione organica e totalizzante occorre così dirigere ilproprio interesse per i differenziati momenti di “pensierocritico” mediante i quali le strutture minuscole dellaragione o le tecniche più delimitate, parziali e finitedell’intelletto riescono però a configurare compiti circo-scritti e ben precisi i quali, nel loro sviluppo storico eteorico, sono in grado di farci conseguire risultati nonprivi di una portata conoscitiva e pratica dotata di unarazionalità specifica. Per andare in questa direzioneoccorre sviluppare una sorta di filosofia minore la quale,pur avendo alle spalle una storia complessa interna allecostruzioni più sistematiche ed organiche, miri ad elabo-rare temi e criteri di una sistematica razionale aperta eflessibile anche se non mai traducibile nei termini dellametafisica tradizionale. Si tratta, in ultima analisi, di unindirizzo di pensiero che eviti, contemporaneamente, lerigide alternative di un pensiero metafisico classicoasseverante e totalizzante e, di contro, l’impaludamentoin un metafisicismo rovesciato quale quello delineato daun “pensiero debole” che rinuncia programmaticamenteagli strumenti della ragione umana e inclina invece versoun piano teorico meno assoluto e più pragmatico, più amisura d’uomo e meno preoccupato di risolvere, unavolta per tutte, il mondo in una formula. La ragioneumana, pur in mezzo a scacchi notevoli, ad errori e a falsepiste, è pur riuscita a conseguire qualche risultato cono-scitivo finito e parziale nonché qualche risultato praticodi un certo rilievo. Occorre proseguire con umiltà lungoquesta strada critica dell’orientamento dell’intelletto edella sua crescente presa di possesso di tratti delimitatima incisivi della nostra esperienza. Se si abbandonanogli schemi totalizzanti e onnicomprensivi della ragioneclassica e se, parimenti, non si vuole però voltare le spallealla ragione umana non resta dunque che approfondire

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DIALOGO

ulteriormente l’orientamento dell’intelletto concentran-do la propria attenzione nei confronti dei differentinuclei operativi connessi con le varie tecniche dell’intel-letto storicamente elaborate dall’uomo.

MINAZZI: Questo mi sembra veramente un puntodecisivo in virtù del quale l’orientamento dell’intellettocui lei fa cenno permette di recuperare pienamente quel-l’uso critico della ragione cui si era appellato esplicita-mente lo stesso neoilluminismo italiano contrapponen-dolo decisamente al suo uso dogmatico . In altri terminisi tratta di un orientamento che si presenta quale buonerede di tutta la tradizione del razionalismo critico senzaperaltro abbandonarsi al cloroformio largamente circo-lante in buona parte del dibattito contemporaneo. Sitratta inoltre di un risultato che è in sintonia profonda conla costante apertura con la quale lei stesso si è confrontatocon molteplici tradizioni di pensiero invitando ad utiliz-zarle come strumenti euristici di analisi, essendo sempreconsapevoli della loro limitatezza e del loro orizzontestorico determinato. E per noi studenti universitari mila-nesi della seconda metà degli anni Settanta, abituati apassare quasi senza alcuna soluzione di continuità dallesue lezioni a quelle di Geymonat (voi due rappresentava-te infatti due punti di riferimento essenziali sia sul pianoculturale sia in quello civile) era interessante cercare difar interagire i metodi critici da lei delineati anche neiconfronti degli ampi e affascinanti campi di sapere cui ciinvitava costantemente Geymonat con le sue ricerche ele sue indicazioni di studio. Ma è anche vero che questasua tipica impostazione critica si ritrovava molto piùdirettamente proprio nel corso delle sue lezioni oralirispetto a quanto finisse poi per emergere nelle operepubblicate le quali, sotto un certo aspetto, costituivanoprevalentemente già un risultato rilevante proprio diquesto stimolante atteggiamento critico.

DAL PRA: Più che ad una corrente del pensiero contem-poraneo nel corso della mia ricerca e delle lezioni univer-sitarie ho cercato di dare rilievo ad un problema concer-nente il nesso tra lo sviluppo storico e la struttura teoricache mi è sembrato farsi strada attraverso correnti diverseconfigurandosi in molteplici modi. Il suo chiarimento miha poi indotto a prestare attenzione particolare alle diffe-renti fasi del “pensiero critico” non certo con l’intento dimostrare che la storia del pensiero si schierasse intera-mente dalla parte di questo “pensiero critico”, bensì conl’intenzione dichiarata di mostrare come le istanze dellacriticità e di un loro progressivo approfondimento fosse-ro presenti fin dagli albori della storia della filosofiaoccidentale. In relazione alle lezioni universitarie non vapoi dimenticato che dalla fine degli anni Sessanta e perquasi tutto il decennio degli anni Settanta, di cui lei èstato in parte testimone diretto, esse si sono svolte in unclima studentesco e sociale affatto particolare e a contat-to con parecchie generazioni di studenti sensibilmentediverse da quelle conosciute nel corso dei precedentidecenni. Inoltre non va dimenticato neppure che questelezioni si sono svolte in una città come Milano, presso

l’Università statale degli studi, dove si è certamentevissuta un’esperienza determinata, peculiare e sensibil-mente diversa da altre realtà universitarie italiane estraniere. Infatti a partire dalla fine degli anni Sessanta eper circa tutto il decennio degli anni Settanta la lezioneuniversitaria - perlomeno qui a Milano dove per partemia svolgevo l’attività didattica - si realizzava ancheattraverso un confronto diretto ed immediato con ledomande, le istanze, i dubbi e l’irrequietezza teorica epratica di molte generazioni di studenti le quali volevanosempre più assumere un ruolo eminentemente critico neiconfronti sia dell’intera società sia nei confronti delsapere trasmesso dall’università stessa. Nacque così unclima peculiare in virtù del quale i rapporti all’internodell’università si modificarono in modo significativodando vita ad una dialettica più libera e aperta peraltronon esente da alcuni tipici problemi connessi sia con latrasformazione dell’università di élite in università dimassa, sia con l’esigenza di sviluppare un confronto piùserrato e puntuale su molteplici questioni.In questo clima molto particolare ero così indotto nontanto a prospettare una soluzione definitiva e complessi-va, fissata e stabilita una volta per tutte, bensì preferivooptare - come del resto avevo sempre cercato di fare nelcorso delle mie precedenti indagini storiche - per unalinea operativa lungo la quale potevano anche inserirsicontributi di varia natura. E’ certo però che questa “lineaoperativa”, rispetto al mio percorso intellettuale cheormai avevo alle spalle, implicava perlomeno due puntie due svolte fondamentali a partire dalle quali deveessere inteso anche il mio accostamento ai testi marxistirealizzato negli anni Sessanta nonché la particolarità delsentiero di ricerca che ho cercato poi di seguire e sulla cuibase mi sono poi confrontato anche con le giovani einquiete generazioni degli ultimi decenni.La prima svolta era stata quella elaborata tempo addietronel superamento di una istanza religiosa fissa e stabile laquale ovviamente portava alla trascendenza. E se si dice“trascendenza” si intende che essa finisce per esserel’assoluto oggettivo . La prima direzione si apriva per-tanto ad una ricerca filosofica che nello stesso temporaccogliesse in sé le potenzialità religiose dell’uomoquando non fossero intese in una semplice contempla-zione di carattere assoluto.La seconda svolta, che ha costituito anch’essa un mo-mento e un punto di non-ritorno fondamentale nel miopercorso intellettuale, era stata invece la battaglia socialee politica connessa con la lotta partigiana. Anche qui ilriferimento alla ragione era diventato decisivo nellamisura in cui era stata capace di determinare strutture emomenti tali che fossero in grado di togliere all’afferma-zione dei criteri o delle categorie della vita associataquello che di assoluto si voleva far passare attraverso diesse. Ma questi anni furono anche anni di lotta e diricerca, anni, per rubare un’espressione a Parri, di “ideee sangue”: dietro la ricerca di alcune direttrici maestre,dietro le discussioni e le dispute ideologiche di queltempo non bisogna infatti mai dimenticare che vi eranole urla dell’Italia “straziata dalla Divisione Goering, lesalve dei plotoni d’esecuzione, il buio e l’angoscia dellecittà in rovina [...] il ghigno feroce del maggiore Caritào della famigerata Banda Kock, che ci riporta ai modi econdizioni di quella tessitura sotterrana d’idee, ogni

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PROFILO

Ciò che innanzitutto emerge dall’opera di Ernesto Gras-si, vasta per argomenti e amplissima per estensione neltempo - settant’anni di storia del pensiero europeo - è lapersistenza di una molteplicità di temi, nel loro comples-so organicamente sistemati, che spaziano dal mondoclassico all’Umanesimo, a Vico, all’esistenzialismo ealla odierna filosofia del linguaggio. Grassi si trova a suoagio in tali campi spesso contrastanti; vi si muove con lanaturalezza di chi possiede l’essenziale del sapere, di chidomina la cultura e non se ne fa dominare. Nelle suepagine tornano a vivere i miti del passato, dalla tragediae dalla lirica greca alla rinascita del pensiero europeonelle humanae litterae, degli umanisti e di Vico.Il richiamo all’Umanesimo è una costante nella riflessio-ne filosofica di Ernesto Grassi. Potremmo dire che laproblematica umanistica attraversi da un capo all’altrol’intera sua opera, dandole continuità e coerenza inrapporto polemico con la tradizione razionalistica del-l’Occidente che, a partireda Cartesio, ha caratterizza-to il pensiero moderno. Nel-la vivente complessità dellasua opera riappare non soloil richiamo alla potenza e-vocatrice della parola deipoeti della plurimillenariatradizione dell’Occidente,da Omero a Goethe aNietzsche a Stefan George;ma riecheggia nei suoi scrittianche la tradizione poeticae mistica della Spagna, daGongora a Calderon aCervantes e a De Unamuno,alla stessa maniera di comevi risuona il richiamo poeti-co alla Francia di Mallarmé,di Verlaine, di Proust.Grassi è stato definito “filo-sofo di frontiera”, tanto per la sua posizione di contattoe si scontro con culture diverse dalla nostra, quanto perla sua collocazione storico-ideologica e teoretica rispettoagli orientamenti filosofici del mondo contemporaneo.Dalla sua prima esperienza filosofica con Piero Marti-netti, all’incontro con Blondel e poi con Husserl eHeidegger, egli rimedita la sua iniziale adesione all’idea-lismo italiano, pervenendo, attraverso gli umanisti eVico, a quella visione del mondo che trova nella parolapoetica, e non nel discorso razionale, l’espressione au-tentica dell’Essere.La sua opera ci apre così a un ordine di pensieri chesorprende e affascina per le prospettive e le novità che daesso emergono. Se l’Umanesimo e Vico rappresentanouna continuità di pensiero con la filosofia contempora-nea, i filosofi di maggior rilievo della scena odiernavengono a realizzare, nella prospettiva di pensiero svi-luppata da Grassi, un rapporto e un incontro che esprimeanche una conciliazione, proveniente da orientamentilontani, se non opposti, ma singolarmente affini fra diloro. Nel vasto mondo culturale, che egli rivive e farivivere nella sua unitaria e articolata armonia dinanzi

agli occhi del lettore, c’è un punto che può valere daorientamento, da raccordo, ed esso è costituito dallapriorità della parola come rivelatrive dell’essenza piùprofonda del reale; dalla parola quale espressione dellafantasia, che meglio del rigore logico della deduzionerazionale, conferisce significato all’essere dell’uomo.Risulta così che l’estraneità di Heidegger all’Umanesimoviene a confronto col significato filosofico da lui stessoattribuito alla parola, quale manifestazione dell’Essere,pervenendo nel contempo a una comunanza di accenticon la dottrina vichiana, che alla parola attribuisce valorepreminente.Grassi apprende da Vico che il primo linguaggio umano,nella sua fase spontanea e generosa, nell’età eroica dellafantasia, non fu costituito da discorsi razionali, da ragio-namenti logici, ma da metafore e da tropi: dalla poesia.L’universale fantastico vichiano, come ha osservatoDonald Phillip Verene, è il ramo d’oro che la Sibilla

diede a Enea per scenderenel regno delle ombre; essopuò giovare ancora oggi,giacchè consente di acce-dere al mondo di Vico, cheè diverso dalla razionalitàdispiegata - la barbarie del-la riflessione - per tornare aun’espressione di vita nondistorta dall’alienazione edall’oblio dell’Essere.Nel ricostruire a grandi li-nee i temi centrali del pen-siero vichiano, ErnestoGrassi ne rileva i radica-menti nel mondo delle hu-manae litterae, ricercando-ne, con estrema sagacia, lecircostanze, le affinità e ipunti in comune. Ne emer-ge un quadro in cui il signi-

ficato della parole ha peso rilevante: traduce nella manie-ra più compiuta l’essenza della spiritualità umana, irri-ducibile a forme di pensiero diversamente articolate. Laparola che esprime l’Essere, che è la dimora dell’Essere,dirà Heidegger, è quella nel cui ambito si manifesta piùviva la fantasia e non la ragione tutta dispiegata. Vico el’Umanesimo s’incontrano nel culto che essi hanno dellaforma originaria e primigenia dell’esprimersi, che trovail suo riscontro nelle produzione della fantasia e nonnelle astrazioni dell’intelletto. Vico attribuisce significa-to poetico alle produzioni spontanee dello spirito, a ognimanifestazione teoretica o pratica nella quale l’uomotraduce i propri modi di sentire. Egli così qualificapoetico il conoscere come l’agire: la metafisica, la mora-le, la logica, il diritto, ecc.; ma il linguaggio è semprepoetico perchè nato da spontaneità e creatività, non dariflessione. La metafora esprime nella maniera più chiarail procedere dello spirito nel momento fantastico, quan-do la mente guarda alle cose con animo perturbato ecommosso, e le vivifica, dando loro senso ed anima.Grassi ha trovato in Vico il suo “autore”. Il pensatoreitaliano gli consente di coniugare in maniera sorprenden-

di Antonio Verri

Ricordo di Ernesto Grassi

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PROFILO

te due mondi di pensiero, quello umanistico e quellovichiano stesso, facendone vibrare all’unisono le cordepiù profonde. Ma il Vico di Grassi non è solo quello dellegrandi immagini, delle metafore, in cui spesso si traducela parola vichiana, perchè egli vi rintraccia altre e nonmeno interessanti affinità col pensiero contemporaneo.Grassi trova il modo di riscoprire Vico alla luce delpensiero di Heidegger e Marx, e il pensiero di questi allaluce di Vico.I “luci”, che si aprono nella foresta, son le radure, leschiarite che appaiono nella grande selva della terra,quando essa soggiace al disboscamento del lavoro uma-no. Tali spazi vuoti nei quali irrompe la storicità costitui-scono la Lichtung heideggeriana, che è schiarita e illumi-nazione, ma anche liberazione. Ercole e Cadmo son legrandi immagini del mondo antico nelle quali si racchiu-de e si condensa l’operare umano, col quale viene aidentificarsi la storicità degli esseri. Nella Lichtung, lacui radice è licht, che viene dal verbo lichten, illuminare,si ha il manifestarsi dell’Essere, che rimane l’inesprimi-bile, il misterioso e l’inafferrabile. La parola, la cuiassenza significherebbe la negazione dell’Essere, comeafferma Stefan George, rende possibile il disvelamentodell’Essere. Il poeta per Heidegger progetta, trova illuogo e il tempo dell’esistenza. Fuori del confronto colterrore dell’Essere è la polis in cui appare la storicitàumana; essa è il luogo in cui e fuori di cui avviene lastoricità. A questo momento appartengono gli dèi, itempli, i preti, i poeti, i pensatori e i governanti. Heidegger

afferma la preminenza della parola poetica, e quindi lapriorità dell’arte, che rende possibile l’apparizione origi-naria degli esseri. Marcuse, che si oppose a questa tesi,scorse nella funzione poetica attribuita alla parola un’a-berrazione mistica, priva di significato filosofico.Heidegger, che sempre attribuì scarso valore filosoficoalle riflessioni dei nostri umanisti, concluse la sua ricercasu posizioni non lontane da quelle vichiane e umanisti-che, quando alla parola conferì significati più profondi diquelli del comune linguaggio filosofico; vi scorse lafunzione rivelatrice dell’Essere.Il linguaggio metaforico e poetico non è quello dellalogica, dell’astrazione e della deduzione, ma quello nelquale si traduce la forma immediata del sentire e delpensare per immagini e non per concetti; quello che Vicodefinì degli universali fantastici. Questi esprimono l’e-sperienza di un mondo che sarebbe impossibile cogliereper le vie della ragione, in quanto esso sfugge alledeterminazioni definitive del concetto, per configurarsinella fugacità dell’immagine.Ma non saremmo completi se tacessimo del frequenterichiamo a Marx. Se il parallelo Vico-Heidegger emergechiaramente dalla costante della parola poetica, quale viaper la manifestazione dell’Essere, il riferimento a Marxs’impone per la considerazione della natura e del lavoro.Vico, Marx e Heidegger concordano nella negazionedella metafisica tradizionale; Vico la rifiuta in quantoessa deduce la realtà da una verità prima, secondo loschema cartesiano; Marx a sua volta, parte dalla negazio-

Ernesto Grassi

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ne dell’idealismo hegeliano, che deduce a priori la realtàe la storicità; Heidegger afferma la preminenza delproblema del vero come essenza del pensiero metafisicooccidentale, pervenendo alla negazione radicale di que-sta tradizione. Per Vico gli universali fantastici consen-tono il superamento del cartesianesimo; per Marx illavoro rappresenta, in quanto mediazione della natura, laradice della storicità. Pertanto la posizione di Marx neiriguardi di Hegel è di totale negazione dell’apriorismometafisico: Hegel scoprì solo l’espressione logica astrat-ta del manifestarsi della storia, non la vera storia nella suaconcretezza e realtà; il conflitto dialettico delle idee,fuori dagli eventi storici, politici e sociali, cioè il mondodelle istituzioni, in cui l’uomo realizza se stesso. In taleprospettiva gli uomini appaiono non come esseri concre-ti, viventi e reali, ma come simboli di un processodialettico, nel cui seno scompare la consistenza delle loroesistenze. Così per Marx lo sviluppo storico della realtàdi cui fa parte l’uomo, si sottrae all’astrattismo dialettico,quello di Hegel, per acquistare realtà nella funzione

svolta dal lavoro quale mezzo di trasformazione dellanatura, al fine di soddisfare i bisogni degli uomini.Vico e Marx concordano nella negazione di ogni meta-fisica che pretenda di dedurre a priori la realtà. Per Vicola via per il manifestarsi storico è data dalla fantasia, perMarx la radice della storicità, dal lavoro. L’immagina-zione non costituisce, per Vico, una sovrastruttura rispet-to al reale, ma ne traduce la originarietà. L’estraniamentodall’originarietà dell’Essere porta all’alienazione, al suodistacco dalla realtà che gli dà consistenza: porta allabarbarie della ragione. Gli uomini alle origini della lorostoria intesero le idee non in termini di ragione, ma percaratteri fantastici, che inizialmente tradussero nel lin-guaggio dei gesti. Vico prende le mosse proprio daquell’umanità, da quelle menti ancora seppellite nellagrossolanità dei sensi, da cui gradualmente emersero perle vie dell’immaginazione i primi segni di un’umanitàche man mano s’inciviliva. Punto di partenza dellastoria, quindi, la fantasia, che registrava il risveglio dellementi e il primo costituirsi del mondo storico.

Ernesto Grassi è scomparso il 22 dicembre1991 a Monaco di Baviera all’età di 89 anni. Conla sua opera di studioso del pensiero umanistico,di docente di filosofia e di organizzatore di cultu-ra, ha contribuito a stabilire un ponte tra la culturaitaliana e quella tedesca e a diffondere gli studisull’epoca umanistica e rinascimentale in Germa-nia.Dopo gli anni di studio e la laurea a Milano - cittàin cui era nato nel 1902 da padre italiano e madretedesca - Grassi si reca in Germania, dove incon-tra Edmund Husserl e, a partire dal 1927, frequen-ta a Marburgo le lezioni di Martin Heidegger. Nel1935, giunto a Friburgo in Brisgovia al seguito diHeidegger, ottiene qui un incarico universitarioper l’insegnamento di filosofia. In questi anniGrassi inizia a dedicarsi allo studio della filosofiadell’epoca umanistica e rinascimentale e alla pro-mozione dei rapporti tra studiosi italiani e tede-schi: nel 1938 fonda a Berlino, con il sostegnodelle autorità politico-culturali italiane, l’istituto“Studia Humanitas”; nel 1940 dà vita, con lostorico della religione Walter F. Otto e con ilfilologo classico Karl Reinhardt, allo “Jahrbuchfür geistige Ueberlieferung”, con l’obiettivo distudiare “il pensiero e l’immagine del mondo

dell’antichità” e di chiarire l’”essenza dell’Uma-nismo e del Rinascimento”. Temi come questi, inquegli anni, erano destinati a suscitare le attenzio-ni, talora di segno opposto, del regime nazista inGermania e di quello fascista in Italia, fautori, alivello ideologico, di un “umanismo” tronfio, re-torico e superficialmente ottimistico. Così, quan-do Heidegger scrisse per lo “Jahrbuch” il saggiosu La dottrina platonica della verità, in cui venivarelativizzato e sottoposto a critica il concetto diumanismo, Rosenberg, funzionario del regimenazista, si oppose alla pubblicazione dell’opera,che ebbe luogo solo per un intervento di Mussolininella vicenda. Pochi anni dopo lo “Jahrbuch” fucostretto a chiudere i battenti.Il tema di una riattualizzazione e di un rinnova-mento dell’umanismo viene ripreso da Grassinegli anni del dopoguerra con l’intento di guada-gnare una prospettiva da cui guardare con occhiodiverso ai problemi della filosofia e della culturacontemporanea: è il caso di opere come Kunst undMythos (Arte e mito, 1957) e Theorie des Schönenin der Antike (Teoria del bello nell’antichità, 1962),nelle quali Grassi interviene nelle discussionisull’arte contemporanea, facendo reagire al lorointerno le posizioni antiplatoniche delle dottrine

dell’arte dell’antichità. In studi più recenti, comeDie Macht der Phantasie (Il potere della fantasia,1980) e Einführung in die philosophischenProbleme des Humanismus (Introduzione ai pro-blemi filosofici dell’umanismo, 1986) Grassi of-fre invece un’ampia rassegna dei temi che lohanno occupato e appassionato per tutta la vita.Un ulteriore influsso di Grassi sulla vita culturaletedesca lo si deve alla sua attività di direttore dellaserie di volumi della “enciclopedia tedesca” pub-blicata dall’editore Rowohlt, che iniziò ad uscirenel 1955 con l’ambizioso programma di promuo-vere un “secondo illuminismo” nelle condizionidell’epoca della cultura di massa. Per la prima voltadalla fine della seconda guerra mondiale, in questacollana venivano presentati autori che avevanosvolto o svolgevano in quegli anni un ruolo diprimo piano nella discussione scientifica e cultura-le internazionale, come Werner Heisenberg, Ortegay Gasset, Ruth Benedict, Arnold Gehlen, AlbertEinstein.Studioso di fama internazionale, dal dopoguerraGrassi svolge la propria attività accademica a Mo-naco di Baviera, insegnando presso l’Istituto difilosofia e storia dell’umanismo della locale uni-versità e dirigendo il “Centro italiano di studiumanistici e filosofici” da lui fondato. M.M.

Il problema della metafisica platonica, Laterza,Bari 1932.

Dell’apparire e dell’essere, seguito da: Lineedella filosofia tedesca contemporanea, La NuovaItalia, Firenze 1933.

Vom Vorrang des Logos. Das Problem der Antikein der Auseinandersetzung zwischen italienischerund deutsche Philosophie, Beck, München 1939.

Die Einheit unseres Wirklichkeitsbildes und dieGrenzen der Einzelwissenschaften, E. Grassi ealtri, Lehnen-Verlag, München 1951.Kunst und Mythos, Rowohlts, Hamburg 1957.

Macht des Bildes, Ohnmacht der rationalenSprache. Zur Rettung der Rhetorischen, DumontSchauberg, Köln 1970.

Arte come antiarte. Saggio sulla teoria del bellonel mondo antico, trad. di Carlo Herman, Paravia,Torino 1972.

Humanismus und Marxismus. Zur Kritik derVerselbestätigung von Wissenschaft, Rowohlt,Hamburg 1973.

Forme storiche del capitale e metodo marxista, F.Angeli, Milano 1979.Die Theorie des Schönen in der Antike, Köln1980.

Das Gespräch als Ereignis. Ein semiotischenProblem, a cura di E. Grassi, H. Schmale, Fink,München 1982.

Die Macht der Phantasie, Syndicat, Frankfurt1984.

Heidegger e il problema dell’umanesimo, a curadi G. Vasoli, Guida, Napoli 1985.

Einführung in die philosophischer Probleme desHumanismus, Wissenschaftliche Bucgesellschaft,Darmstadt 1986.

La prominenza della parola metaforica.Heidegger, Meister, Eckart, Novalis, Mucchi,Modena 1986.la potenza dell’immagine. Rivalutazione dellaretorica, Guerini e Associati, Milano 1989.

Umanesimo e retorica. Il problema della follia,insieme a M. Dorch, trad. it. di E. Valenziani e G.Barbantini, Mucchi, Modena 1989.

La metafora inaudita, a cura di M. Marassi,Aesthetica, Palermo 1990.

La potenza della fantasia, trad. it. di C. Gentili, M.Marassi, a cura di C. Gentili, Guida, Napoli 1990.

Die unerhörte Metapher, Athenäum, München1990.Vico e l’umanesimo, trad. it. di Antonio Verra,Guerini e Associati, Milano 1992.

Opere di Ernesto Grassi in volume

Il dramma della metafora,, a cura di M. Marassi,Officine Tipografiche, Roma 1992

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INEDITO

Grassi ci lascia una traccia ben marcata, presentiamo qui diseguito alcune“tappe”tratte da Il Dramma della metafora.

Nel continuo sforzo di comprendere la metaforicità dellarealtà, strappiamo ogni giorno dal nostro calendario dilavoro un foglio per annotare i segni indicativi ai quali siamogiunti; ma anche, ogni giorno, una foglia dalla pianta sottola cui ombra giacciamo per godere la visione di una momen-tanea radura (Lichtung), nella quale godiamo le nostresperanze: così si riassume la sofferenza della nostra storia.Siamo costretti nel continuo ed incombente impulso delcolloquio con l’abissale che urge, che per pochi istanti civivifica e che poi ci fa ricadere silenti su una sabbiosa

spiaggia nella quale invano affondiamo e rattrappiamo lenostre dita, una sabbia senza significato, dalla quale salel’angoscia perchè vivremo l’indeterminato!La necessità di dovere continuamente riconoscere e comu-nicare questa esperienza - sempre nell’ambito di istanti, diun hic, stare nell’attimo per annunciare una fuggente paru-sia - si impone alla nostra coscienza.L’essenza del nostro timore è quella che nasce di fronte allamêtis, all’astuzia dell’appello abissale che continuamente siimpone entro i limiti ristretti di precisi diastemi, che ci fannovivere l’esperienza dell’inscindibilità di piacere e dolore.Dunque si manifesta sempre la preminenza dell’urgere dellapassionalità in quanto continuamente riaffiora, nell’ambito

E’ noto il paradigma teorico, derivatodall’insieme dei filosofi interrogati daHeidegger, che farebbe di quest’ultimoil mentore di una posizione “originaria”della questione ontologica, riscontrabilenella filosofia greca e in quella tedesca,in opposizione alla tradizione latina, chepartirebbe invece dalla riflessione mora-le degli antichi romani per arrivare, at-traverso l’Umanesimo, a Cartesio. Que-sta seconda linea speculativa, privile-giando l’indagine sull’uomo e sul sog-getto, respingerebbe sullo sfondo il pro-blema dell’Essere: i popoli latini, avevaosservato Heidegger, sono popoli dellelettere, non della filosofia.In uno dei suoi ultimi studi, Vico andHumanism (1990), di cui sta per uscirela traduzione italiana con il titolo: Vico el’Umanesimo (introduzione di AntonioVerri, prefazione di Donald PhillipVerene, Guerini e Associati,Milano 1992), Ernesto Grassinon rovescia questo paradig-ma, né rifiuta il terreno propo-sto da Heidegger: scelto il pro-prio autore, Vico, gli dedicauna ricostruzione storiografi-ca, ben nutrita di presuppostiteoretici, fino a mostrare co-me l’autore stesso, e il milieufilosofico con il quale vien po-sto in connessione, finiscanoper vibrare all’unisono con leproposte heideggeriane. Laquestione del dire, il caratteredi trascendenza del linguag-gio rispetto al suo uso prag-matico-strumen-tale: sonoques te le corde su cuieccheggia l'assonanza. Così iltema heideggeriano della “ca-sa dell’Essere” si ritrova, se-condo Grassi, nella tesi vichia-na del carattere metaforico del-la realtà, che prepara alla ri-vlutazione della retorica come organumphilosophiae.D’importanza centrale per Grassi è ladistanza che separa Vico e l’Umanesimoda Cartesio: la prospettiva, che dischiu-de al pensiero filosofico, in senso hei-deggeriano,la sua dimensione più origi-naria, non si realizza semplicemente po-nendo l’uomo al centro della riflessionesulla propria origine, ma intendendo di-versamente questa centralità. L’analisi

mente come articolarsi di connessionimetaforiche. In questo fondare la consi-derazione dell’ente come “semplicemen-te presente” nel suo originarsi in unadimensione “poietica”; nel rovesciare,con ciò, la considerazione quantitativa,matematico-razionale, degli enti intra-mondani in quella di un rapporto essen-ziale con l’uomo come artefice di questorapporto, sta la consonanza più profondaindividuata da Grassi tra Vico eHeidegger.Questa prospettiva viene ulteriormentesviluppata da Grassi ne Il dramma dellametafora, Euripide, Eschilo, Sofocle,Ovidio (di prossima pubblicazione a cu-ra di Massimo Marassi, per iniziativadell’Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici di Napoli),in cui si focalizza l’es-senza del soggetto nelle situazioni limiteche lo definiscono, attraverso il confron-

to con i tragici greci, portavo-ci di una prospettiva teoreticanoetica, diversa dalla metafi-sica tradizionale di ascenden-za platonica: una prospettiva«che lega gli enti in situazioneall’origine comune che li at-traversa, e che perciò insiemeunifica e differenzia». La di-mensione originaria dell’uo-mo è la lacerazione tra passio-ne e ragione che nasce all’in-terno della comunità umana,dove la possibile preminenzadelle passioni significa la real-tà dell’horror vacui, e l’espe-rienza del dolore e della fini-tezza rimanda all’impossibili-tà di una spiegazione raziona-le, che risulterebbe “priva difondamento”.Nel colloquio che Grassi in-staura con le figure dei mitigreci l’autore va alla ricercadel luogo di provenienza delle

domande essenziali che riguardano l’uo-mo e il suo essere situato, al di fuoridell’alternativa fra un un muto terrore eun razionalismo cieco. E’ la parola poe-tica, fatta di “traslazioni”, cioè di meta-fore, il sentiero che Grassi propone peraccedere a questo luogo; il luogo di unsapere non epistematico, non ontologi-co, ma “passionale”, in un cammino sulquale non si incontrano concetti, ma “indica-zioni”. Di questo “sentiero”, di cui Ernesto

del soggetto a partire dalle “qualità og-gettive” della matematica e della scien-za moderne lascia in ombra il caratteredecisivo della condizione umana nel suorapporto con l’Essere; un carattere dram-matico, dinamicamente lacerato, che e-merge invece quando l’uomo stesso ven-ga considerato attraverso le lenti dellatragedia, della metafora e della meta-morfosi. Su questa base, in Vico el’Umanesimo Grassi aveva connessoVico a Heidegger attraverso la retorica,strappata al tradizionale ambito deglistudi letterari. Valore euristico ha infattila topica, quella aristotelica e quella ri-nascimentale, quando essa attribuisce al-l’individuazione del “luogo” di partenzadel ragionamento, inteso come sua ori-gine, la possibilità di dar conto del suovalore veritativo; valore euristico ha,allo stesso modo, l’ “universale fantasti-

co” vichiano, che è una categoria cono-scitiva, una funzione della fantasia. Lametafora, prodotto dell’ingenium, nonconcerne enti già dati empiricamente ecome tali conosciuti, ai quali venga in unsecondo momento a sovrapporsi la rela-zione conoscitiva. Essa è invece il luogodi nascita della considerazione del mon-do, dell’ “immagine del mondo”, perdirla con Heidegger, e del mondo stessoin quanto tale, che si presenta originaria-

Il drammadella metafora

di Ernesto Grassi

a cura di Flavio Cassinari

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della contraddizione logica dell’esperienza, che l’esserenon si rivela mai completamente nel divenire degli istanti.E’ in questo divenire del metaforico traslarsi del reale cheviene passionalmente vissuta la contraddittorietà della logi-cità astratta.Questo ritmo arcaico del palesarsi e dell’occultarsi noncessa mai, è esso che ordina - nei limiti di storiche, differentiradure che appaiono in istanti - i tumulti che incombono. Ibordi dei colorati tappeti, tessuti per ritrovare, negli inter-valli della storia, linee, rapporti di colori che indicano learchaí della vita, si sfrangiano, si consumano. Sussistonosolo i rinsecchiti brandelli di immagini indicative, strette indiastemi conservati astratti nei musei. L’uomo erge anchemura dipinte con immagini, per ricordare ciò che è statovissuto, sofferto. Senza queste mura erette in difesa delvento del tempo, che distrugge la stessa temporalità, dimen-ticheremmo il significato delle nostre traslazioni, metaforestoriche.Dobbiamo dunque aspirare continuamente a un filosofareche non si riduca a una astratta ontologia, che riconoscal’importanza dell’esperienza storica. Per questo motivoricerchiamo la struttura della metafora nel dramma greco enelle metamorfosi latine di Ovidio. Ci muove a questoriguardo un interesse speculativo; ma di che genere? Oppureun interesse letterario, o il tentativo di riscoprire una retoricaarcaica ben lontana da ogni funzione puramente persuasiva?Perchè servirsi nel linguaggio drammatico di metafore e delloro rinvio continuo a nuovi significati?Indipendentemente da ogni filosofare metaforico, ontologi-co, riguardante l’apparire (phaínesthai), ciò che viene me-diato dai sensi appare continuamente differente nell’ambitodelle indicazioni di piacere e dolore. Platone nel Filebo haammonito che le indicazioni di piacere e dolore non hannosolo una funzione arcaica, ma metaforica.E’ mediante i sensi che facciamo l’esperienza della neces-sità vitale, di indicazioni che per il loro carattere arcaico sirivelano abissali. Ogni dolore implica il suo superamento eogni piacere si svuota nella sua funzione indicativa appenaquesta è stata adeguata. L’annuncio del significato delnutrimento o dell’atto sessuale si trasforma nell’ambitodell’ora e del qui. Teniamo pure presente che lo snodarsi diquesto processo non si realizza in funzione di processirazionali, ma essenzialmente di indicazioni passionali emetaforiche.Mediante i nostri organi sensibili facciamo l’esperienza diindicazioni alle quali dobbiamo corrispondere e che per illoro carattere arcaico ci appaiono nella loro indeducibilità.Ogni dolore implica il suo superamento tendendo al piacere,la cui adeguazione a sua volta implica nuove richieste, ilpatire e adeguare nuove necessità, indipendentemente daogni considerazione razionale. Sottolineiamo ancora unavolta che tale processo di trasformazione ha sempre uncarattere passionale e non è il risultato di precise considera-zioni razionali, ma dipende dal patire un’azione metamorfi-ca e metaforica.Costantemente sperimentiamo appelli dell’abissale, che siimpone ad ogni istante nella distinzione indicativa di piace-re e dolore.Solo il sonno e i suoi sogni ci distolgono dall’appelloabissale, anche se in quelle ombre si palesano raggi dipiacere e dolore indicativi. Costantemente patiamo passio-ni: predominano il timore, l’ansia di essere trascinati fuoridalla realtà nella pazzia dei sogni. Da qui deriva la fuga nel

lavoro, nello sforzo di identificare la concreta situazionestorica che viviamo e nella quale si impone ciò che ciriguarda.Le fatiche di Ercole - nel corso della storia umana - rifonda-no nuovi ambiti, luoghi archi-tettonici nell’ambito dei qualicerchiamo la nostra dimora momentanea per vivere e peragire: esistiamo così in ambienti, in sale accoglienti, congrandi finestre che ci danno la speranza, l’illusione, di voltain volta, di aprirci la vista su giardini paradisiaci (hortusconclusus), di gioie senza dolori.Ma esistono veramente giardini paradisiaci, a-storici, dipiaceri senza dolori, iperurani platonici, di vita senza morte,nei quali viene superata la separazione di soggetto e oggetto,nel divenire delle apparizioni dei fenomeni? Orti, giardininei quali siamo al sicuro dalla violenza distruttrice delleonde del piacere intimamente concatenato col dolore, dal-l’intima connessione di vita e morte: hortus conclususdell’immortalità?Ma se nella nostra esistenza non incontriamo mai questigiardini paradisiaci, o se nel corso della nostra storia dalledifferenti religioni ci vengono dogmaticamente presentatiparadisi completamente differenti e costantemente contrad-dittori tra loro, non è questo nostro desiderio completamenteillusorio? Questa stessa aspirazione, nella sua contradditto-rietà e drammaticità, non è demoniaca, infermale?Non siamo in questa situazione rinchiusi nell’ambito dipassioni, di fenomeni che ci imprigionano con colori, odori,suoni? Costituiscono forse essi quella necessità, anànkeabissale, nell’ambito della quale appariamo? Nel luogo, neltempo, nelle schiarite nelle quali l’uomo appare, si imponela indissolubilità di luce e notte, di vita e morte, aprendo cosìil palcoscenico per l’apparire dei nostri drammi, del nostroteatro?Perchè rifarsi con questi problemi a drammi greci connessinon con il mondo e il linguaggio razionale, ma con quellometaforico, fantastico, al quale per ora abbiamo solo accen-nato? [...] L’unica aspirazione che ci muove in questaricognizione dell’epoca tragica della grecità consiste nelvedere, attraverso i singoli miti, sorgere dei problemi filoso-fici molto spesso ignorati o ridotti a concezioni teoretiche oa enunciazioni semplicemente poetiche.Il compito proposto è di chiarire l’appello abissale nell’am-bito del quale urge e si manifesta, in funzione del linguag-gio, il nostro esistere. E’ il problema eracliteo dell’uno chein sé è differente, o come parafrasa Platone, dell’uno che«discorde in sé, seco stesso s’accorda».Nell’ambito di questa problematica ci troviamo a viverenell’urgenza di una sempre nuova e attuale “necessità”filosofica: solo se ci interrogheremo sull’essenza di questa“passione” speculativa, sofferta oggi, qui e ora, il problemadel linguaggio tornerà ad avere la sua dimensione origina-ria. Di conseguenza l’oggetto della nostra ricerca non potràessere una teoria astratta, che si propone di analizzare illinguaggio e la metafora come un “oggetto”, bensì l’espe-rienza vissuta dei testi metaforici e drammatici.Dato che la nostra tradizione occidentale, grazie alle Meta-morfosi di Ovidio, è direttamente collegata ai drammaturghigreci, iniziamo la nostra ricerca rifacendoci a autori greci. Sitratta di risentire l’eco greca e latina dell’interpretazionedella physis come “natura”, che si schiude ed urge nelpalesarsi di sempre nuovi fenomeni, nella luminosità dellavarie “radure” linguistiche, storiche.Il ritorno all’analisi dei testi drammatici di Eschilo, Euripide

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INEDITO

il suo luogo di sviluppo e di critica in una nuova ontologiasituazionale.Quindi l’intento del nostro lavoro consiste nel raccontaremomenti esemplari del mito greco e di indicare, alla fine diogni episodio, i problemi che rimangono aperti, moltospesso tragicamente proposti senza alcuna consolatoriasoluzione. Alla fine di questo itinerario che va da Eschilo aOvidio resteremo di fronte a molti problemi non definiti equindi non liquidati, che il racconto stesso ha avuto il meritodi porre, come pure alla deficienza di non saper risponderea essi. A quel punto dovremo riprendere con nuova lena ilcammino e verificare se le soluzioni incontrate siano effet-tivamente tali, riproponibili nella storia, modelli di vita e dicomportamento e non solo enunciazioni teoriche. Alla con-clusione del lavoro dovremo cioè esplicitare quale proble-maticità abbia legato e condotto tutto il nostro cammino ecome essa possa costituire un ideale del filosofare nellanostra tradizione occidentale; con pari dignità rispetto allefilosofie oggi imperanti, o rispetto a altri modelli culturaliche, nel tempo, hanno preso il sopravvento rispetto aiproblemi che occuparono i tragici greci.Un’ultima indicazione: nei primi anni del Novecento e indiverse correnti irrompe sulla scena filosofica il problemadell’io storico, rinvenibile innanzitutto nel pensiero diDilthey. Ma è soprattutto Heidegger - e questo già nelleprime lezioni friburghesi - ad evidenziare il tema dellatemporalità e della storicità, che viene strutturandosi condefinitiva chiarezza proprio quando Heidegger ripercorre lariflessione dei primi pensatori greci. Tutta una tradizionespeculativa spingeva Heidegger e la cultura del suo tempoa una ripresa della filosofia greca: pur nella loro diversità, èsufficiente ricordare i contributi di Nietzsche, Reinhardt eSchadewaldt per comprendere le ragioni di questo ritorno.Quest’ultimo - il grande traduttore dal greco, allora ordina-rio all’Università friburghese - sotto l’influenza di Heideggerripropone il problema teoretico della traduzione come nuo-va espressione di mondi e culture. Non dimentichiamo cheegli dedica la sua versione dell’Edipo re sofocleo a Heidegger.Schadewaldt propone un senso della traduzione come espe-rienza della storicità, che sorge dal patire la Bedeutsamkeit; un problema, questo, che in pochi autori e correnti dellafilosofia è assurto alla dignità di problema teoretico. Ricor-diamo qui la tesi di Schadewaldt che scorge l’essenza dellaparola non nella logicità astratta, bensì nella concretezzadella vita e nell’intima connessione fra l’attuarsi dell’esi-stenza in una situazione e il suo strutturarsi nell’esperienzadella totalità significativa: la parola «in quanto intreccio benpiù ricco di rapporti vitali e mondani...è l’organo viventemediante il quale il poeta visionario delle cose del mondovede e dice gli uomini con le loro passioni e destini, ildominio degli dei e l’accadere». Quindi ogni «tradurrequesto linguaggio del poeta deve cercare di riesprimere lasua parola nella propria lingua per appropriarsi anche ilvedere del poeta, la forma in cui il mondo gli appare e comelo domina».Riprendendo questa idea di Schadewaldt e portando all’e-stremo le argomentazioni dedicate da Heidegger ai primipensatori greci, ci sembra di poter dire che molti problemifilosofici riguardanti l’io storico, sebbene in forma a voltesolo enunciata e non criticamente approfondita, siano giàrinvenibili nelle opere degli autori tragici.E’ allora nostra intenzione riprendere una problematicaspeculativa che oggi urge e si impone, rifacendosi a testi efonti che la tradizione occidentale ha relegato nell’ambitoben determinato della storia della letteratura greco-latina,

e Sofocle implica un’ulteriore problematica fondamentale.La metaforicità del linguaggio originario e drammaticosuscita ed esprime un filosofare che non parte dal problemadella identificazione razionale degli enti - e quindi non dalproblema logico della verità, non da un Essere del quale siparla e discute astrattamente in una, come direbbe Heidegger,onto-teo-logia, dove il lógos è ridotto a mera ragione calco-lante - ma innazitutto dalla domanda sull’essere e sullastruttura linguistica pre-razionale, che urge nell’esperienzadi una drammaticità filosofica irriducibile a mera “letteratu-ra”.L’originaria speculazione greca non ha la struttura dellametafisica socratico-platonica - e quindi discorsivo-logica -ma di una ricerca drammatica in funzione dell’esperienzadel patire e agire (dráo), che sorge di fronte all’originario,all’abisso della passione, della sofferenza, del dolore, del-l’angoscia sofferta come tragedia: è una «rappresentazioneper quanto possibile chiara dell’azione umana nella suaessenza» e quindi si tratta anzitutto dell’esperienza dellastoricità umana, nelle cui differenti “schiarite” appaionosempre verità differenti.[...] E’ precisamente questa problematica della sofferenza,dell’angoscia, del timore, dell’ironia vissuta storicamente enon in un pensiero astratto e astorico, la riscoperta filosoficadella tragedia greca alla quale oggi vogliamo e dobbiamorifarci. Ecco emergere la possibilità di un filosofare nononto-teo-logico, che ci apre con la tragedia un accesso anuove esperienze. Viene così legittimato il problema dellinguaggio metaforico, ingegnoso, non razionale della tra-dizione latina e greca. Non si tratta di testi letterari, distraen-ti dalla filosofia, ma di testi “teatrali”. Qui per teatro bisognaintendere il luogo del vedere passionale, nel significatooriginario di questo termine: indicazione mitica legata sem-pre all’ora e al qui dell’esperienza dell’appello abissale,della schiarita nell’ambito della quale viviamo sempredifferentemente.Solo così, nell’attività scoprente della passione, nel soffrirela tragicità dell’esistente, giungiamo concretamente a i-dentificare la problematica dell’apertura enunciatica, infunzione della quale lo svelarsi tragico degli enti ottiene unaforma apofantica, ante-predicativa.L’esperienza originaria del dover chiedere - il latino petere,- l’indicazione di ciò che si manifesta, ci obbliga a unrispondere che è essenzialmente una disperata ri-petizione,nell’azione e nella parola, all’originario appello abissale.Nella storia vissuta si impone così la tragicità di un processoche obbliga il singolo a rinunciare alla distinzione astratta divero o falso, e insieme a vivere, a soffrire individualmentel’unità indissolubile e tragica di piacere e dolore, di buonoe cattivo. Questa tesi fondamentale nasce dalla drammatici-tà sofferta e non dalla logicità, dalle storie, dai miti ai qualisi rifacevano i Greci prima di Platone e che in lui ritroviamo,tutt’al più, come residui della precedente tradizione.Il problema del “terribile”, della “paura”, scoperto ed evi-denziato dal dramma greco, e a cui si riferisce Nietzsche -costituisce l’essenza di una’indicazione e non di una dimo-strazione logica. Rifuggire da questo pro-gramma dramma-tico e passionale, significa rifugiarsi in un’onto-teo-logiapropria della successiva storia dell’Occidente. Questa affer-mazione implica che solo nel tempo - come appello vissutodell’abissale - urge una storia come racconto di vari miti chemanifestano sempre nuove verità situazionali, concordanzeistantanee nella loro istanza attuale, patita. Tale storia trova

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Carlo Carrà, Il gentiluomo ubriaco,1916

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Stato».E’ chiaro l’intento di Schaeffer di smonta-re criticamente un progetto dove l’inter-pretazione dell’arte diventa l’argomento dilegittimazione delle conclusioni ontologi-che del sistema. Al termine di questo scavoattorno ai fondamenti dell’estetica con-temporanea, acriticamente assunti da tantacosiddetta critica d’arte, l’autore non hadifficoltà a denunciare la retorica senzacostrutto dei discorsi dell’oggi sull’arte edell’arte che si vuole programmaticamentespeculativa. A questi Schaeffer oppone,nell’introduzione e nella conclusione dellibro, le risorse di un’estetica che si rifiutadi fondarsi su un’idealità metafisica, insintonia con la riflessione kantiana sul giu-dizio estetico, dove viene posta per princi-pio l’inanità di qualsiasi formulazione dot-trinale. «Cercare un principio del gusto -scrive Kant - che attraverso dei concettideterminati indichi il criterio universaledel bello, è un’impresa sterile, dal momen-to che quello che si va cercando è impossi-bile e in se stesso contraddittorio». E.N.

Echi di Heidegger

Fra i molti studi critici che di recentesono stati dedicati alla ricostruzionedell’opera di Heidegger, o ad aspettiparticolari di essa, vanno segnalate latraduzione italiana della nota mono-grafia di Otto Pöggeler, Il camminodi pensiero di Martin Heidegger(traduzione di Giuseppe Varnier, Gui-da, Napoli, 1991), e la raccolta di saggia cura di Mario Ruggenini, Heideggere la metafisica (Marietti, Genova,1991). La prima di queste due ope-re,divenuta oramai quasi un classicodella storiografia heideggeriana, è u-na ricostruzione simpatetica del pen-siero del filosofo di Messkirch, com-piuta da Pöggeler in stretto contattocon il proprio autore. La seconda ope-ra invece, mettendo a fuoco un pro-blema che è poi il problema fonda-mentale di Heidegger, si presenta co-me uno strumento di indubbia utilitàper fare il punto sulle questioni teore-tiche che attualmente sono al centrodell'impegnativo dibattito intorno al-

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Contro la teoria speculativadell’arte

Se c’è chi lamenta la “conversioneestetica” del discorso filosofico, Jean-Marie Schaeffer, nel suo ultimo sag-gio: L’Art de l’age moderne.L’estetique et la philosophiede l’art du XVIII siècle à nosjours (L’arte dell’era moderna. Este-tica e filosofia dell’arte dal XVIII secoloai giorni nostri, Gallimard, Parigi 1992),denuncia invece l’appropriazione daparte di alcune scuole filosofiche del-l’intera riflessione estetica contempo-ranea.

La critica è rivolta a ciò che Jean-MarieSchaeffer denomina “teoria speculativa del-l’arte”, dove con teoria viene indicata unariflessione indifferente alle pratiche artisti-che e con speculativa, una teoria informatada un progetto filosofico che privilegia ilmagistero artistico come unica possibilitàdi accesso ad una verità ontologica altri-menti inaccessibile. Arte infine, con la maiu-scola, indica la sacralizzazione di una cate-goria che omogeneizza le specificità dellearti per erigersi a chiave di accesso all’Es-sere, al di là del gioco delle apparenze. Inquesto modo la filosofia dell’arte si innalzaa coronamento della filosofia stessa, culmi-ne di un sapere illuminato, partecipe deldivino.Gli esordi di questa dottrina, Schaeffer lirintraccia nelle posizioni di Novalis e diSchlegel che, contro la Critica del Giudiziokantiana, affermano la necessità di un idea-le per l’arte. Si inaugura così una visioneontologica dell’arte, in seno alla quale spet-ta all’artista il compito di aprire il camminoverso la verità dell’Essere. I nomi che ricor-rono nella genesi e nello sviluppo di questoprogetto romantico sono quelli di Novalis,Hölderlin, ma anche di Schopenhauer eHeidegger che sostiene che «Il Daseinstorico dei popoli, il loro innalzarsi e il lorodeclino scaturiscono dalla poesia, e (...) nescaturisce altresì il sapere autentico in sen-so filosofico; da i due congiunti scaturiscel’attualizzazione da parte dello Stato delDasein di un popolo in quanto tale - lapolitica. Questo tempo originale, storico,dei popoli è di conseguenza il tempo deipoeti, dei pensatori e dei fondatori dello

l’opera di questo filosofo.La raccolta di saggi curata da MarioRuggenini, Heidegger e la metafisica, con-tiene gli atti dell’importante convegno o-monimo tenutosi all’Università di Veneziadal 4 al 6 aprile 1989, con interventi, fra glialtri, di Virgilio Melchiorre, EmanueleSeverino, Carlo Sini, Vincenzo Vitiello.Come osserva Ruggenini, intento del con-vegno è stato anzitutto quello di sottrarreHeidegger al clamore che tuttora persisteintorno alla sua biografia, per riportare lasua opera alla propria collocazione proble-matica. Caratteristica di tutti gli interventiè stato infatti un approccio alle riflessioniheideggeriane né puramente storiografico,né scolasticamente ripetitivo. L’analisi delrapporto fra “Heidegger e la metafisica”vale, dunque, come richiamo al rapporto“destabilizzante” che il filosofo ha volutoinstaurare con la metafisica, ponendolacome problema.Filo conduttore dei saggi qui raccolti èl’atteggiamento con cui gli autori si sonoavvicinati a Heidegger, e che in certo qualmodo riflette la forma di interrogazionecon cui lui stesso ha interpretato i filosofiche lo hanno preceduto. Ciò che viene inluce è allora quella che ancora Ruggeninidefinisce «dimensione tragica dell’espe-rienza ermeneutica», la consapevolezzadello scarto fra interpretante e interpretatoche costituisce l’essenza del movimento -o del “falso movimento”- della storia dellafilosofia.Il carattere della monografia dedicata aHeidegger da Otto Pöggeler è affatto pe-culiare. Come nota Giuseppe Varnier,essa consiste, infatti, in una ricostruzione«quasi in presa diretta» della riflessionedel pensatore di Messkirch; una ricostru-zione per taluni aspetti quasi coeva al mo-mento del formarsi della riflessione stessa.Indicativo, da questo punto di vista, è ilfatto che sia stato messo a disposizionedell’autore, materiale all’epoca inedito,quali appunti di corsi di lezione o testi deglistessi, forniti da Heidegger medesimo.D’altronde, sostiene Pöggeler, Heideggerha sempre compreso il proprio pensierocome un avviarsi per un cammino che loportasse nelle vicinanze dell’essere: ciòesclude in linea di principio che si possapervenire ad un sapere compiuto. Obietti-vo del filosofare è invece una «trasforma-

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effettiva teoria è stata invece inventata dascienziati “confusionari”. La conoscenzafornita dalle scienze non ha perciò titoli diprivilegio nei confronti di altre - arte, lette-ratura, emozioni - ed è anzi essa stessacondizionata da queste forme di conoscen-za, che costituiscono nel loro complesso la“vita”. Irridendo il concetto di neutralitàdella scienza, correlato della pretesa dell’e-sistenza di un metodo che dia conto del suoprogredire, Feyerabend arriva a ipotizzareproprio per le relazioni reciproche tra scien-za e vita, filosofia e vita, la necessità di uncontrollo sociale nella ricerca scientifica enella pratica filosofica stessa.Nella sua irruenta polemica antipopperia-na Feyerabend tocca comunque un puntodecisivo quando rileva che il tentativo diestrapolare da una teoria scientifica un me-todo - ipostatizzandolo come il metododella scienza, e magari della conoscenzatout court - corre il rischio di legare lariflessione epistemologica a teorie partico-lari e ben determinate, che per gli stessiscienziati sono tutt’altro che pacificamenteaccettabili. Si veda, per esempio, il casodell’ultima opera di Karl RaimundPopper, Un universo di propensioni, doveegli coniuga il realismo della definizione diverità di Alfred Tarsky - per il quale unenunciato è vero se ha una corrispondenzacon un fatto oggettivo - alla teoria oggetti-vistica della probabilità - dalla quale Popperderiva l’idea non deterministica dell’uni-verso, che è invece un insieme di “propen-sioni” - senza prendere in considerazionel’opposta interpretazione soggettivistica,pure bene accetta a molti scienziati. F.C.

Fenomenologia del gesto

E’ dedicata al gesto, in quanto movi-mento simbolico del corpo umano nonriducibile a spiegazioni causali, l’ulti-ma opera del filosofo tedesco VilémFlusser Gesten. Versuch einerPhänomenologie (Gesti. Tentativo diuna fenomenologia, Bollmann Verlag,Düsseldorf 1991).

Strumento espressivo autonomo che fun-ziona spesso in maniera inconscia, secondocodici strutturatisi socialmente e cultural-mente, o elemento che fa da contrappuntoo da accompagnamento alla linea melodicafondamentale del linguaggio verbale, il ge-sto è una delle componenti portanti attra-verso cui si realizza lo scambio di significa-ti nella comunicazione quotidiana. Diffici-le però, proprio per la fluidità dei gesti e ladifficoltà di obiettivarli, giungere a stabili-re o fissare codici e modalità di funziona-mento e di interpretazione dei gesti, e anco-ra più arduo è passare da una fenomenolo-gia del gesto basata sulla sua evidenzaintuitiva, alle strutture antropologiche ecomportamentali che nei gesti si esprimo-no. A questo tema è dedicata l’ultima operadi Villém Flusser, che si cimenta con il

zione dell’atteggiamento fondamentale»,una riproposizione della domanda sull’es-sere che è già il cardine di Essere e Tempo.Se il pensiero di Heidegger deve quindiessere interpretato come un cammino “nel-le vicinanze” dell’essere, ciò non va inteso,sostiene Pöggeler, come sacerdotale am-ministrazione della “verità dell’essere”. Alcontrario, il cammino vuole esserne la ve-rifica continua e incessante, ma non inun’ottica di progresso cumulativo e linea-re, di adeguatezza di ogni singolo passo aquesta verità. Di fatto, dall’opera di Pögge-ler viene escluso ogni approccio al pensie-ro heideggeriano da un punto di vista “evo-lutivo”, proprio perché la questione del-l’essere, con i tentativi di una sua continuaripuntualizzazione, costituisce l’astro at-torno al quale orbita la traiettoria di talepensiero. Il cammino di pensiero diHeidegger, dice Pöggeler, è «un’unica,grande localizzazione: quella decisiva lo-calizzazione dell’essere che conduce per laprima volta il pensiero nella sua essenzalocalizzante».Le due corpose appendici che costituisco-no circa un terzo dell’attuale dimensionedell’opera di Pöggeler, edita per la primavolta nel 1963, sono in tal senso indicative.Tanto l’appendice del 1983, quanto quella,ancor più ampia, del 1990, più che un“aggiornamento” sugli sviluppi del pensie-ro heideggeriano alla luce dei nuovi mate-riali a disposizione, sono l’illustrazione diuna pluralità di cammini intesi a percorrerela medesima regione, oltre che una resa diconti con altri studiosi heideggeriani. Ladefinizione di “studio critico”, riferita aquest’opera, va intesa in un senso affattopeculiare; non solo perché, come testimo-nia Pöggeler stesso, il rapporto con l’autoreoggetto del suo studio fu così continuo dapermettere allo studioso di seguire il for-marsi di talune opere, e all’autore di inter-venire nel formarsi dello studio critico. Nelproprio lavoro Pöggeler pare mirare a un-’osmosi con il lavoro filosofico di Heidegger- fin quasi nell’assunzione di uno stile discrittura “heideggeriano” - volendo forniredi esso più che una “critica”, una “testimo-nianza”. F.C.

Scienza, metodo, conoscenza

Alla questione del valore gnoseologi-co del metodo nella scienza sono dedi-cati alcuni recenti studi ora disponibiliin traduzione italiana: Morris Kline,Storia del pensiero matematico(a cura di Alberto Conte, traduzione diLuca Lamberti, Einaudi, Torino 1991, 2voll.), Paul K. Feyerabend, Dialoghisulla conoscenza (traduzione diRoberta Corvi, Laterza, Roma-Bari1991) e infine la traduzione italiana deltesto di due conferenze di KarlRaimund Popper, Un universo dipropensioni (Vallecchi, Firenze 1991).

Dalla ricostruzione che Morris Kline com-pie in Storia del pensiero matematico e-merge innanzitutto il problema di definireil senso in cui si possa parlare di “storia”per un sapere, quale la matematica, conce-pito come un insieme in sé conchiuso. Ciòchiama però in causa il problema di stabi-lire il rapporto tra la matematica comesapere storico e il suo valore sul pianognoseologico. Il presupposto che agiscenella ricostruzione storica di Kline è quellodel valore conoscitivo della matematicanelle sue connessioni - storicamente deter-minate - con altri saperi. Per Kline la mate-matica, più che un corpus disciplinare, èuno strumento interpretativo interdiscipli-nare. Così il progresso della matematicaconsiste anzitutto nell’acquisizione di nuo-vi ambiti tra quelli da essa considerati enella loro riconduzione a principi semprepiù generali.L’interpretazione contenutistica della ma-tematica come di un sapere a sé stante va dipari passo con la convinzione che essa siaun sapere sovrastorico e in sé concluso. Perconverso, porre l’accento sulla matematicacome “metodo” implica invece una suavisione dinamica “aperta”, interpretazioneche ha ricevuto impulso appunto dalla per-dita del referente “reale”, con le geometrienon euclidee e con la crisi dei tentativi difondazione.Ma come si caratterizza questa dinamicità?Qual è il suo punto di forza? Non la logica,non il rigore, ma piuttosto l’intuizione e lacreatività, afferma Kline; in questo nonlontano da Paul K. Feyerabend, la cuiultima opera, Dialoghi sulla conoscenza,vuole riprendere già nella forma espositivala polemica “antimetodologica”: «Il sag-gio ha un inizio, un centro e una fine. C’èun’esposizione, uno svolgimento e un ri-sultato. Dopodiché l’idea (il sistema) ètanto chiaro e ben definito quanto una far-falla morta nella vetrina di un collezioni-sta». Ciò che incrina il sistema è il fatto chealle idee “vere”, cioè vive, produttive, ilsistema non è più adeguato di quanto unacassetta da entomologo non lo sia per unafarfalla: è la vita ciò che “eccede” il siste-ma, la classificazione metodica, ed è d’al-tronde la vita ciò che rende vere le idee. Il“dialogo” è forma più vicina alla vita diquanto non lo sia il “saggio”, per quanto,come dialogo scritto, sia soggetto pur sem-pre a regole e perciò esso non sia che unasbiadita parvenza del dialogo reale, quelloattraverso cui la scienza davvero progredi-sce al di fuori della metodica.I due dialoghi di cui si compone il libro diFeyerabend vogliono essere appunto l’e-semplificazione di questa tesi; non solo lavita va al di là di qualunque pretesa “ogget-tività” scientifica, che pure è da essa condi-zionata, ma la stessa pratica scientifica «vaoltre la portata dei principii e dei metodifilosofici». Con le sue ubbie metodologi-che Popper, osserva Feyerabend, non dàche «suggerimenti sciocchi e completa-mente disinformati» in merito all’interpre-tazione della meccanica quantistica, la cui

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complesso compito di una “fenomenolo-gia” del gesto, inteso come «movimentodel corpo o di un mezzo ad esso connesso,per il quale non esiste alcuna spiegazionecausale soddisfacente». Se il gesto vienedefinito da Flusser, in negativo, a partiredalla sua irriducubilità ad una spiegazionedi tipo causale, in senso positivo esso puòessere caratterizzato secondo il nostro au-tore come un «movimento simbolico» incui è contenuta una «donazione di sensocodificata».La fenomenologia del gesto sembra rinvia-re per Flusser ad un’antropologia filosofi-ca, se è vero che per lui - e questa è la tesiprincipale della sua opera - nel gesto èl’uomo stesso che si rappresenta. Tentativodi questa fenomenologia è di decifrare unatale rappresentazione dell’umano, muoven-do dalla tesi secondo cui «l’esserci si espri-me nel mondo in quanto gesticolare». Que-sta analitica dei gesti nella dimensione del-la quotidianità è chiaramente debitrice del-la descrizione heideggeriana della quoti-dianità in Essere e Tempo. Ma Flusser, nonsenza ironia, prende in considerazione nel-la sua analisi anche dimensioni della ge-stualità che non rinviano direttamente adun’intenzione comunicativa, come il ra-dersi o il fumare la pipa. Al centro delledescrizioni di Flusser c’è però il gesto del“fare” (machen), che ha il suo modello

nell’allestimento di un oggetto tramite lemani, in cui si esprimerebbe quella sorta dicoazione a trasformare l’essente che perFlusser è caratteristica dell’uomo: «Per que-sto le nostre mani sono qualcosa di mo-struoso: esse affermano con i loro gesti delprodurre, che il mondo in cui esse si trova-no è sbagliato, cattivo e brutto. (...) E pro-prio questa mostruosità è il nostro modoumano di essere nel mondo».Partendo da questa melanconica concezioneantropologica di fondo, Flusser sviluppa unaserie di analisi di gesti e comportamentiquotidiani. Così ad esempio avviene per ilgesto del fumare la pipa e dei suoi rituali,nella cui “purezza estetica” Flusser indivi-dua il residuo di un modo di vita artistico chenell’Occidente moderno sarebbe stato re-presso dalla coazione al lavoro ed alla comu-nicazione. Altre parti del volume sono dedi-cate all’analisi della scomparsa, nella mo-dernità, di gesti del passato. Come già nellasua precedente opera, Die Schrift (La scrittu-ra, 1987), Flusser considera l’atto dello scri-vere un gesto arcaico destinato a sparirenell’epoca del computer, così come alla mortesarebbero votati, nell’epoca moderna, i gestidel parlare e dell’amare. Altre interessantianalisi sono dedicate nel testo a comporta-menti che certo possiedono una propria ge-stualità, ma che si trovano ai limiti di ciò chepuò essere considerato come “gesto”, quali

ad esempio “il gesto dell’ascoltare musica” e“il gesto del video”. M.M.Bilancio di interpretazioni

La riedizione di un testo che è quasi un“classico”, quello di Paul Ricoeur, Del-la interpretazione. Saggio suFreud (traduzione di E. Renzi, IlMelangolo, Genova 1991) e la pubbli-cazione dello studio critico di FrancoBianco, Pensare l’interpreta-zione. Temi e figure dell’erme-neutica contemporanea (EditoriRiuniti, Roma 1991) forniscono l’occa-sione per un bilancio dell’ermeneuticacontemporanea.

La discussione sull’ermeneutica in Italia siè andata configurando sempre più comeuna nuova koiné capace di ricondurre, al-meno in apparenza, ad un unico denomina-tore un fenomeno quanto mai complesso edifferenziato. Tale circostanza ha portato acredere che l’ermeneutica fosse non sol-tanto una corrente di pensiero sostanzial-mente unitaria, ma per di più identificabilesenz’altro con l’ermeneutica filosofica diMartin Heidegger e Hans Georg Gadamer.A questo modo tradizionale di vedere lecose Franco Bianco oppone con forza latesi che nell’attuale dibattito italiano sul-l’ermeneutica debba essere fatto valere «il

Michelangelo, Episodi della Creazione, (Roma, Cappella Sistina)

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riconoscimento del carattere conflittualedelle diverse teorie del fenomeno interpre-tativo».La disamina di Bianco prende le mosse daMax Weber, per il quale, come è noto, ladiscussione del rapporto tra comprendere espiegare costituisce un momento di assolu-ta centralità nella sua riflessione. Il primomomento risulta indispensabile alla spie-gazione della condotta umana, mentre ilsecondo «è chiamato a vagliare fino a chepunto l’evidenza dell’interpretazione giun-ga davvero a identificarsi con la sua validi-tà». Spostandosi sul terreno rivendicato dachi, come Heidegger e Gadamer, vede pro-prio nell’oggettività e nel metodo ciò cherende impossibile il sapere ermeneutico, aBianco risulta agevole affermare che, nellamisura in cui Heidegger è fondamental-mente disinteressato alle questioni episte-mologiche, la sua posizione tende a diven-tare periferica nel dibattito contemporaneosull’ermeneutica. I diritti dell’ermeneuticafilosofica si fanno però valere con l’operadi Gadamer, la cui riflessione è vista muo-versi tra un polo positivo e uno negativo. Inquanto superamento di una coscienza stori-ca ingenua ed assunzione della radicalestoricità dell’atto interpretativo, il pensierogadameriano è visto come denunzia edoltrepassamento dei limiti dello storici-smo. In questa tendenza a ridurre al lin-guaggio tutto l’essere (tesi, questa, checonduce a quella della universalità dell’er-meneutica), esso è visto tuttavia anche co-me trasformazione idealistica del compren-dere in un autocomprendersi che ricerca,anziché l’arricchimento attraverso ciò cheè estraneo, l’identità dell’autocomprender-si con se stesso.Al primato del linguaggio e dell’interpreta-zione, afferma Bianco, va contrapposta laconsapevolezza habermasiana del fatto chela coazione della natura interna e quelladelle condizioni esterne sono dati all’inter-pretazione, sono già agiti rispetto al lin-guaggio, che rispetto a essi può e deve peròavere una funzione critica. In questo modo,continua Bianco, se da un lato è possibilepervenire alla relativizzazione del ruolodella tradizione, che con Gadamer è conce-pita come entità intangibile nella prospetti-va di un’ermeneutica che ignora ogni for-ma di condizionamento, dall’altro si apre lastrada a una revisione del compito chespetta alla comprensione, un compito chenon può essere soddisfatto soltanto attra-verso il ricorso agli strumenti dell’erme-neutica. Ciò che all’autore sta a cuore è laricerca di un sistema di riferimento piùcomplesso nella comprensione dell’agireindividuale e sociale. E’ questa la strada,secondo Bianco, su cui la stessa ermeneu-tica filosofica, opportunamente rivista ecorretta da un’ermeneutica “critica”, puòdiventare davvero operante; una strada lun-go la quale pensatori di provenienza diver-sa - si pensi agli ultimi esponenti dellascuola di Francoforte, ma anche a filosofidi provenienza analitica o fenomenologica- sono destinati a incontrarsi, quando venga

compiuto quel ritorno dall’ontologia all’e-pistemologia che Paul Ricoeur ha di recen-te indicato come il compito che l’ermeneu-tica post-heideggeriana è chiamata a soddi-sfare.Proprio a partire da Pensare l’interpreta-zione di Paul Ricoeur, la cui prima edizio-ne risale al 1965, è possibile misurare ledistanze del dibattito messo a fuoco daBianco, dibattito volto a determinare cosasi dovesse intendere con ermeneutica e sefosse possibile prospettare un’ “ermeneuti-ca filosofica”. Come è noto Habermas,proprio contro l’impostazione di Ricoeur, ein diretta polemica con Gadamer, rifiutaun’interpretazione troppo estensiva del ter-mine “ermeneutica”, che preferisce ricon-durre alla prassi interpretativa di caratterefilologico che si esercita su un testo, o suuna tradizione consegnata ad esso. Di quil’accusa di intrinseco “conservatorismo”,che Habermas rivolge all’ermeneutica giànei suoi scritti degli anni Sessanta; un’ac-cusa volta a "comprendere meglio", non asovvertire, né a smascherare, l’oggetto del-la sua indagine. Compito, quest’ultimo,attribuito dal filosofo francofortese alla“teoria critica”, piuttosto che all’ermeneu-tica, e che invece Ricoeur metteva in contoproprio all’ermeneutica, alle radici dellaquale c’era la “scuola del sospetto”. Identi-ficata nelle figure di Marx, Nietzsche eFreud, quest’ultima è, secondo Ricoeur,anzitutto orientata allo “smascheramento”,alla lettura mediante il rovesciamento dia-lettico, alla genealogia dei sentimenti mo-rali e di quelli religiosi, alla ripresa e messain evidenza di ciò che era stato rimosso - diciò che il testo non può o non vuole dire.Proprio per questo l’opera di Ricoeur può,d’altra parte, essere considerata all’originedel dibattito; il suo riferirsi a Marx,Nietzsche e Freud, piuttosto che alle figuretradizionali della tradizione ermeneutica oa quella di Heidegger - come fa inveceGadamer - ha fatto per la prima volta com-piere all’ermeneutica il passo da prassifilosofica - valenza che, prima di Heideggere Gadamer, non le era peraltro neppurericonosciuta - a koiné del mondo filosofi-co. F.C./G.B.

Morin: vita e abitudinidelle idee

Negli ultimi mesi del ’91 sono apparsinelle librerie francesi due saggi diEdgard Morin: La Méthode. 4 LesIdées: leurs habitat, leursvie, leurs moeurs, leurs orga-nisation (Il metodo. 4 Le Idee: am-biente, vita, costumi e organizzazio-ne, Seuil, Parigi 1991) e Autocritique(Seuil, Parigi 1991). Lavoro di analisi edi riflessione sul metodo il primo, au-toriflessione sul proprio percorso cul-turale e politico il secondo testo che,pubblicato negli anni della desta-linizzazione, viene riproposto oggi, con

una più aggiornata introduzione criti-ca, anche in traduzione italiana(Autocritica , Moretti e Vitali,Bergamo 1992).Il quarto volume sul Metodo costituisce uncomplemento della ricerca epistemologicacondotta da Edgard Morin nell’arco diquindici anni. E’ del 1977 La Nature de laNature (La natura della natura), del 1980La vie de la Vie (La vita della vita), del 1986La Connaissance de la Connaissance (Laconoscenza della conoscenza). All’antro-pologia della conoscenza, che prende inesame le condizioni psico-cerebrali delprocesso conoscitivo, succede infatti, inquesto saggio, un’ecologia della conoscen-za, che considera le idee dal punto di vistaculturale e sociale per concentrarsi poi sulrapporto di autonomia/dipendenza che que-ste intrattengono col mondo - ciò che Morinchiama noosfera - ed affrontare infine ilmodo di organizzazione della conoscenza(noologia).Se la prospettiva adottata focalizza l’am-bito culturale “autonomo” delle idee, ètuttavia implicito il lavoro di analisi sullecomponenti biologiche della conoscenza esui suoi caratteri mitici, che Morin hacompiuto nei precedenti studi. L’ecologiadella conoscenza, che studia l’habitat, icostumi e l’organizzazione delle idee, con-sente a Morin di affrontare il problemadella conoscenza ordinaria, “volgare”, cheha nel cosiddetto buonsenso la sua caratte-rizzazione più tipica. In esso si annida ungerme di universalità che travalica le spe-cifiche determinazioni culturali. La cono-scenza quotidiana è una morfologia com-plessa di percezioni sensoriali e di costru-zioni ideologico-culturali, di intuizioni edi induzioni, conoscenze ancestrali e su-perstizioni. La ricchezza espressiva dellalingua comune è produttiva di combina-zioni conoscitive che si situano in unaposizione di mezzo tra il pensiero raziona-le e quello metaforico-analogico; su diessa si fondano tanto i linguaggi specificidelle scienze che quelli metaforici dell’ar-te. Ed è ancora su questo terreno che puòrendersi comunicabile ed evidente l’anali-si della conoscenza, analisi da cui emerge- per Morin - il problema e la necessità diun pensiero della complessità.Una lezione di vita tratta dalla propriaesperienza di militante politico nel qua-dro di un’esperienza chiave del secolo èinvece quanto ci propone Morin inAutocritique. Il tema è il comunismo,progetto grandioso e totalizzante, nutri-to degli ideali della cultura europea enaufragato in un sistema oppressivo emistificatore. La storia del XX secolo èsegnata dalla credenza razionale che si ètrasformate nella fede in un ideale che siè creduto scientifico e che è stato - osser-va Morin - l’ultima religione laica del-l’era moderna. Ma che tipo di mentalitàha consentito l’adesione “realistica” adun credo che utilizza l’analisi razionalecome strumento di lotta politica e nellostesso tempo si chiude acriticamente in

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AUTORI E IDEE

una immunologia che gli permette diresistere ai fatti e agli argomenti che locontraddicono? Potenza ideologico-religiosa della fede nel partito - rispondel’autore - capace di trasformare un uomoin un eroe o in un mostro, più sovente inun funzionario di un universo gerarchicoe sacrale. «Abbiamo bisogno di capire iprocessi di razionalizzazione che giusti-ficano in modo apparentemente logicociò che ci rende ciechi nei confrontidella realtà empirica». E’ un’esperienzache Morin vorrebbe veder trasformata incoscienza, perchè, come affermaSantayana, «coloro che non sono in gra-do di riportare alla mente l’esperienza,sono condannati a ripeterla». E.N.

La metodologia di lavorodella scienza

All’interno di quella prospettiva checerca di riordinare i differenti approccimetodologici assunti dalla filosofia del-la scienza rientra la recente raccolta disaggi curata da Richard Boyd, PhilipGasper e J. D. Trout, The philosophyof science (La filosofia della scien-za, MIT Press, London 1991), che vuoleessere un’antologia di quelle che sonole principali teorie di filosofia dellascienza di questi ultimi anni. AncheJerrold J. Katz, con il suo nuovo libroThe metaphysics of meaning (Lametafisica del significato, MIT/Bradford, 1990), intende inserirsi inquesta prospettiva di dibattito, for-nendo una nuova interpretazione eridefinizione di alcune importanti teo-rie, quali quelle di Wittgenstein,Chomsky e Quine, nell’intento di for-mulare una teoria linguistica non-naturalistica.

Negli anni cinquanta la filosofia della scien-za era dominata da un positivismo logicopuro e semplice. Puro nel senso che lafilosofia veniva intesa come un’indaginecirca la logica della scienza mediante stru-menti analitici distinti dai metodi empiricidella scienza stessa. Semplice perchè leteorie scientifiche possedevano solo unafunzione fondamentale: l’introduzione del-l’esperienza. In particolare il positivismo,accettando un modello radicale di signifi-cato, rifiutava l’idea che una teoria scienti-fica potesse descrivere entità e processinon osservabili, Venendo in tal modo pri-vato, il contenuto di una teoria, dei dati chelo sostengono. Nel 1953, Herbert Feigl eMay Brodbeck pubblicavano Readings inthe philosophy of science (Letture di filoso-fia della scienza), un’antologia di ben 52articoli, che rappresentava un aperto con-senso al positivismo. Ora Richard Boyd,Philip Gasper e J. D. Trout, prendendo amodello l’antologia di Feigl e Brodbeck,hanno raccolto un’ugualmente volumino-so insieme di saggi, che a distanza di qua-

rant’anni riflettono la differente scena filo-sofica. Infatti, mentre la prima antologiaevidenziava un generale accordo col posi-tivismo, la recente raccolta mostra una co-mune impostazione di pensiero solo per ilfatto che la precedente generale accettazio-ne del positivismo viene considerata erro-nea.I curatori di questa nuova antologia, cer-cando di mettere in evidenza le principalidirezioni intraprese dalla filosofia dellascienza, parlano di “naturalismo”, muo-vendo dal presupposto che le considerazio-ni empiriche riguardano la filosofia dellascienza. Da questo punto di vista l’eviden-za che ci deriva dalla storia della scienza èfonte di dati empirici che il positivismo nonconsiderava; ugualmente il lavoro compiu-to dalla psicologia e dalla scienza cognitivava ad incidere sull’evidenza, producendoinferenze. In tal modo la purezza metodo-logica dell’empirismo viene abbandonata.Un’altro aspetto che emerge da questa an-tologia è quella tendenza che potremmodefinire “teoreticismo”, secondo cui qua-lunque risultato raggiungano le teorie scien-tifiche, non è mai pienamente comprovatodall’evidenza. Lontani dallo sperare di po-ter analizzare i contenuti delle teorie secon-do una nozione di osservazione non proble-matica, molti filosofi della scienza pensanoche le osservazioni scientifiche dipendanodalla teoria. Si stabilisce cosí un nuovorispetto per le teorie e per la complessitàdelle loro metodologie: la semplicità delpositivismo viene in tal modo condannata.I curatori di questa nuova antologia hannoraccolto quelle diverse prospettive di filo-sofia della scienza che riflettono sia lenuove tendenze, sia i nuovi disaccordi. Laprima parte del volume contiene articoliriguardanti problemi generali di metodo,significato, spiegazione, riduzione e reali-smo, la seconda indagini filosofiche sullafisica, sulla psicologia e sulle scienze so-ciali, fornendo cosí nel complesso una pa-noramica piuttosto completa di questo am-bito di ricerca..Mosso anch’esso dall’in-tento di chiarire l’approccio contempora-neo alla filosofia della scienza, gran partedel volume di Jerrold J. Katz, Themetaphysics of meaning, analizza in ma-niera critica gli argomenti più importantidelle teorie di Wittgenstein, Chomsky,Quine, Goodman, Davidson, Putnam e deiloro seguaci, responsabili, per Katz, di averreso il naturalismo la filosofia dominantenel nostro secolo. Il lavoro di Katz si pre-senta come parte di una ambizioso pro-gramma di ricerca, che si propone di sotto-mettere ad ulteriore esame il disegno natu-ralistico del linguaggio e della filosofia,per poter in seconda istanza formulare unateoria non-naturalistica, capace di trarrevantaggio sia dall’approccio chomskyanoal linguaggio, sia da quello filosofico-linguistico dell’ultimo Wittgenstein . Eglituttavia si sofferma relativamente poco sullapossibilità di un nuovo approccio per unateoria non-naturalistica, dato che il suoscopo è per ora quello di porre la questione.

Certo sorprende pur sempre vedere rag-gruppati insieme, sotto la definizione di“naturalisti”, autori come Chomsky,Wittgenstein e Quine. Per Katz il naturali-smo è quella dottrina secondo cui nienteesiste o succede, niente può essere descrit-to o spiegato, almeno in linea di principio,all’interno dell’apparato concettuale e me-todologico delle scienze naturali. Ma que-sta applicazione unidimensionale della no-zione più o meno standard di naturalismo èin Katz subordinata in tutto alla fondazionedella propria teoria non-naturalistica. Ciò èin parte dovuto alla strumentalizzazioneopportunistica di questa nozione operatada Katz, ma anche al fatto che le tradiziona-li opposizioni a questa concezione hannoperso molto della loro forza in conseguen-za di quella che è stata definita la “rivolu-zione chomskyana”. Infatti la ripresa ope-rata da Chomsky della teoria platonica del-la reminiscenza, dottrina monistica e pro-fondamente scientifica, fisicalista-mentalista, ha drasticamente ridotto, se nonaddirittura eliminato, le tradizionali polari-tà degli schieramenti. V.R.

Tramonto dell’Occidente

Una comune posizione filosofico-culturale caratterizza le tre iniziativeeditoriali, con cui Stefano Zecchi inter-viene sulla scena filosofica di fine 1991:l’introduzione alla nuova edizione delTramonto dell’Occidente di OswaldSpengler (a cura di R. Calabrese Con-te, M. Gottone, F. Jesi, traduzione di J.Evola, Guanda Edizioni, Parma 1991);il primo numero dell’annuario Esteti-ca (Il Mulino, Bologna 1991), che rac-coglie interventi di filosofi e artisti,italiani e stranieri, invitati a interro-garsi sulla creatività umana attraver-so l’idea di destino (da qui il titolo diquesto numero dell’annuario, Sul de-stino), quale ci viene proposta pro-prio da Spengler, filosofo della moder-nità che ha posto al centro della sua“morfologia della storia mondiale” iltema della destinazione della cultura.Infine la raccolta di elzeviri Verso do-ve? (Tema Celeste, Siracusa 1991) incui Zecchi si pronuncia, talvolta pole-micamente, su alcuni quesiti impor-tanti della cultura contemporanea, «sultramonto dell’espressione, sulla per-dita di fede nelle grandi opere cheinventano mondi possibili, che fonda-no cosmogonie per parlarci del nostrorapporto con l’infinito, con il destino,con la potenza della vita».

Di fronte alla tetraggine nichilista dellacultura contemporanea è necessario perStefano Zecchi interrogarsi sul nostro “de-stino prossimo”, quello che ci sta alle cal-cagne invitandoci ad assumere la responsa-bilità delle scelte filosofiche e culturali chel’epoca impone. Significa rivitalizzare il

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AUTORI E IDEE

Soldato nazista mentre uccide unpolacco

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AUTORI E IDEE

problema dei criteri di valore e delle sceltedi campo in un orizzonte culturale che hadepotenziato il valore di verità dell’attivitàcreativa, ridotto a sperimentazione la forzadell’immaginazione, intorbidito con nenieluttuose il nostro rapporto con la tradizionedi appartenenza. Il Novecento ha minatoalla base il rapporto simbolico con la qua-lità espressiva delle cose, “il nocciolo sa-cro della vita” custodito dalla forza imma-ginativo/creativa con cui l’uomo interpre-ta la propria appartenenza alla vita delcosmo, alla qualità sensibile dell’esisten-za che dà forma e significato al suo mododi prendere “dimora” nel mondo in un datomomento storico.Destino è il modo originario che, attraver-so l’immaginazione, lega ogni nostro in-tervento conoscitivo o attivo sulla scenadel mondo alla dimensione cosmologica,rituale, simbolica della natura, della po-tenza diversificata della vita. Destino è lacifra della destinazione dell’uomo, la suacapacità di interpretare e di trasformare lecose penetrando nei loro processi produt-tivi di senso, cogliendone i richiami, sco-prendovi la qualità sensibile, le forme me-tamorfiche. Interrogarsi sul destino impli-ca un’attenzione rinnovata per la storia e ilsuo andamento ed esige di prendere posi-zione rispetto alla propria origine.Una delle figure più importanti che ac-compagnano tale riflessione sulla storia èper Zecchi Oswald Spengler, che ha cen-trato le sue preoccupazioni teoriche sultema della destinazione dell’Occidente.Note sono le stroncature liberali, ma anchenaziste, dell’opera di Spengler: non a casola riedizione del Tramonto dell’Occidenteha riacceso il dibattito in tal senso. Spenglerstesso in Pessimismus? si era difeso dal-l’accusa di disfattismo di quanti «confon-dono il declino dell’Antichità con il nau-fragio di un transatlantico». Resta che,come sottolineava Adorno, Spengler conil suo chiaroveggente disincanto focalizzaalcuni possibili scenari “negativi” dellaModernità. Nell’epoca della Repubblicadi Weimar, per Spengler, per noi nell’epo-ca dell’azzeramento giacobino dei valori,dell’impero del denaro, della crisi delledemocrazie, s’imponevano e s’impongo-no alcune domande fondamentali: qual’èil senso dell’azione? Quale destino attendela democrazia? Come concepire il rappor-to fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e latecnica?Per Zecchi si tratta innanzitutto di avvici-narsi alla riflessione spengleriana con lu-cidità e serenità; solo in questo senso lacritica diviene feconda. Su questa lineaGiampiero Moretti, nel suo interventosull’annuario Estetica 1991, propone un-’interpretazione di Spengler che diversa-mente da Zecchi tende a sottolineare lafrattura con il romanticismo attraverso l’in-fluenza di Nietzsche. La presenza ambi-gua di un duplice modello, goethiano enietzscheano, in altri termini di un “relati-vismo volontarista e dell’analogia meta-morfica”, comporterebbe in Spengler «un

approdo irrazionalistico nei confronti delreale, anche vissuto come storia”. Destinosarebbe allora semplicemente l’assenza disenso elevata a paradigma dell’accadere:in Spengler mancherebbe in tal senso, perMoretti, una coscienza lucida della crisidel soggetto, anche di quello in termini divolontà di potenza. A ciò fa riscontro,sempre nell’annuario, la posizione diAndràs Gedö, che invita a resistere allafilosofia del destino, ribadendo «la neces-sità di una costruzione razionale e coscien-te del processo storico, la ricerca di sentie-ri dell’agire liberati e emancipati dall’in-cantesimo del destino, che non sfocino neisentieri interrotti di una fatalità anonima».Diversa è l’opinione di Zecchi nell’Intro-duzione alla riedizione del Tramonto del-l’Occidente. Tramonto è un’espressionedensa: testimonia il tentativo di assumersiun destino sapendo che le scelte a un datomomento non sono infinite: «Tramonto -scrive Zecchi - è un’immagine del simbo-lismo cosmico che unisce gli uomini almovimento delle stelle e agli eventi dellavita: il sole tramonta e risorge, così comeuna civiltà nasce e declina». Spengler pro-pone una concezione della storia che mettesubito fuori gioco tanto l’ideologia delprogresso, quanto il nichilismo luttuoso:le civiltà sono “organismi viventi” checoncrescono attorno a uno specifico “sti-le”, ossia a un preciso sentimento dellavita, con cui il mondo è percepito nel suosenso più profondo. Quando una civiltàesaurisce la sua forza espressivo/simboli-ca, scivola nelle ombre della sera la capa-cità creativa di un’epoca. Declina cosìquella visione che sapeva stringere la na-tura vivente con la storia delle civiltà, checoglieva analogie e corrispondenze, pene-trando nell’anima simbolica delle cose,intensificando la qualità estetica della vitacome origine etica del conoscere e dell’a-gire. E’ l’anima faustiana a raccontarequesto destino: l’Occidente avrebbe “tra-dito” l’anima di colui che aveva legato lepotenze cosmologiche della natura all’in-ventività dell’azione creatrice, che senzadialettizzarle, aveva saputo percorrere laforza del negativo e la pienezza del senso.Non a caso Spengler, nella sua morfologiastorica, riprende, per Zecchi, l’idea goe-thiana che: «Tutto ciò che passa è simbo-lo». Certo tutto ciò che una civiltà elabora,il suo “stile”, è caduco, tutti i suoi simbolitrascolorano, ma ciò che non passa è ildestino simbolico con cui la cultura diun’epoca si rapporta al senso e all’espe-rienza della vita. Simbolo è dunque quelsignificato complessivo assegnato alla vi-ta per mezzo dell’immaginazione: essonon è un’elaborazione arbitraria, bensì siradica nella dimensione mitico-cosmologica del rapporto uomo-natura cheè a priori ad ogni volontà individuale. E’forse a questo punto che il dibattito suSpengler assume la sua pregnanza: infatti,per chi esiste questa storia morfologica,che al limite coinciderebbe con una “sim-bologia universale”? Quale spazio di azio-

ne resta all’individuo nel cerchio del desti-no? Circa le critiche di conservatorismo edi estetismo rivolte a Spengler (e a Zecchi)si pronunciano nell’annuario Estetica 1991Marcello Staglieno e Detlef Felken,sgombrando il campo da facili pregiudizi.Quanto a Zecchi, egli riporta l’attenzionesulla “scommessa” di alcuni “geniali con-servatori” (Jünger, Heidegger, Pound,Céline): per loro si trattava di trovare unrapporto organico fra la natura e la tecnica,senza perdere di vista il valore sacro esimbolico dell’esistenza. Di fronte all’ac-cusa di estetismo, Zecchi difende un’ideadi “estetica militante”, secondo cui la pri-ma radice dell’azione è estetica, nel sensodi un investimento simbolico e mitico cheinforma un mondo. Diversamente dall’a-zione direttamente politica, la creatività èquell’azione che mette in opera un valore,valore essa stessa e dunque fonte etica diogni progetto. Senza l’immaginazione dimondi possibili, ossia di mondi in cuiavrebbe senso vivere, l’azione pratica, pub-blica, concreta resterebbe a metà fra l’arbi-trario e il contingente. Su questa linea,scrive Zecchi, «militanza significa darecentralità nei processi formativi a quelsapere artistico e filosofico che libera l’e-nergia del linguaggio simbolico e dell’im-maginazione. Qui c’è il riscatto del carat-tere filosofico dell’artistico e del caratterecreativo e immaginativo del filosofico».L’arte è infatti quell’attività creatrice chenelle sue opere rigenera e trasforma lanostra appartenenza al mondo e al sensoprofondo di quest’appartenenza qualitati-va all’esperienza: essa implica sempre un-’idea precisa sul mondo e in questo sensomette in atto una cosmogonia, fino unacosmologia. E’ un uomo “integrale” quel-lo che si profila nell’arte, in cui e grazie acui il cosmo, la natura, l’anima simbolicadelle cose assumono un valore di veritànell’esistenza. Così anche nell’epoca mo-derna, suggerisce Zecchi nel suo saggio:“Baudelaire: il destino dell’arte, il destinodella modernità”, contenuto in Estetica1991, il conflitto arte-natura va risoltotrasformando entrambe, riconducendole al-le fonti simbolico-immaginative dell’e-sperienza. Il simbolo lavora infatti sull’a-spetto “referenziale” delle cose e vi scopreconsonanze e analogie insospettate.E’ chiaro allora che il dibattito contempo-raneo verte sul possibile “rinnovamento”dell’energia espressiva e creativa delle no-stre culture e sull’ “identità” del soggettoin un’epoca di crisi. La tensione è fra chi,come Zecchi, critica fortemente alcuni as-sunti del Moderno (nichilismo, sperimen-talismo, giacobinismo) e difende con pas-sione l’azione creativo-simbolica dell’uo-mo e il suo originario rapporto organico,cosmico e sacro con la potenza diversifi-cata della vita, e fra chi, richiamandosi auna tradizione neoilluministica, situa il“rinnovamento” sul piano di una riflessio-ne filosofico-politica in grado di rilanciaregli assiomi delle democrazie occidentali,difendendo con altrettanta passione lo sta-tuto legislatore, regolatore della ragioneautofondantesi, ragione che però taglia

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TENDENZE E DIBATTITI

Aristotele, Etica Nicomachea, frontespizio Libro II (Vienna, Biblioteca Nazionale)

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TENDENZE E DIBATTITI

loro verità e falsità. Lo scopo di Platts è dismantellare la teoria humiana proponendoinzialmente, proprio come Hume, una psi-cologia morale per arrivare però a conclu-sioni completamente differenti e dare unanuova chance al realismo. Egli distinguequattro tipi di desiderio, tra cui uno defini-to “desiderio motivato”, che sorge in rispo-sta all’oggetto desiderato e che Hume nonriesce a spiegare. In questo tipo di deside-rio i fatti sono motivati dal desiderio stes-so, che sebbene sia esistente, e non può nonesserlo se ci deve essere un’azione corri-spondente, non gioca il ruolo che Humeattribuisce al desiderio. In questo caso esi-stono fatti che attivamente generano il de-siderio, anche se Platts non nasconde il gapche esiste tra il riconoscimento dei fatti e ildesiderio che ne consegue. Non riuscendoa fornire però un’analisi accurata di questafondamentale relazione e della concezionedella razionalità che ne sta alla base, Plattsalla fine non si allontana di molto daglistessi risultati raggiunti da Hume. V.R.

L’etica realistica

Che cosa c’è in comune tra Hume, allacui opera è dedicata la recente mono-grafia di Eugenio Lecaldano, Hume ela nascita dell’etica contem-poranea (Laterza, Roma Bari 1991) eHilary Putnam, autore de La sfidadel realismo (trad. di NiccolòGuicciardini, Garzanti, Milano 1991).L’elemento che i due pensatori han-no in comune è la convinzione relativaall’esistenza di una relazione biunivo-ca tra etica e scienza: come l’eticadetermina la forma del conoscere e isuoi risultati, allo stesso modo le o-pzioni gnoseologiche riflettono deter-minate posizioni etiche.

Il primo senso della relazione è quelloparticolarmente a fuoco nel saggio criticodi Eugenio Lecaldano. Il primato dell’eti-ca che viene riconosciuto nel pensiero diDavid Hume implica non solo e non tantoche questo sia l’interesse dominante nelfilosofo inglese, ma implica, nella sua pro-spettiva, che l’agire determini il conosce-re. Basti pensare a questo proposito come

TENDENZE E DIBATTITI

Etica e morale

La recente pubblicazione nel mondoanglo-sassone di saggi riguardanti l’e-tica e la morale indica una grossa ri-presa e riscoperta dell’aspetto più pro-fondamente morale di queste proble-matiche, aspetto che negli ultimi anniaveva subito dure critiche e spesso erastato sistematicamente trascurato.Un’opposta tendenza cerca oggi di ri-valutare l’aspetto morale, mettendoloin relazione con la natura umana ed isuoi bisogni. A questo proposito, inMoral scepticism di Clement Dore(Scetticismo morale, Macmillan,London 1991) e in Good and evil: anabsolute conception di RaimondGaita (Il bene ed il male: una concezio-ne assoluta, Macmillan, London 1991)viene attaccato in maniera differentelo scetticismo morale e, in particolare,l’abisso che si è creato tra i giudizimorali e il retto agire, tra il riconoscereil bene e il ricercarlo. Il problema dellacoscienza, vista come intrinsecamen-te motivante, è invece affrontato daThomas E. Wren in Caring aboutmorality: philosophical per-spectives in moral psychology(Sostenendo la moralità: prospettivefilosofiche di filosofia morale,Routledge, London 1991), mentre lamoralità nella sua connessione con ildesiderio viene analizzata dal punto divista della psicologia filosofica da MarkPlatts in Moral realities: an essayin philosophical psychology(Realtà morali: un saggio di psicologiafilosofica, Routledge, London 1991).

In Caring about morality: philosophicalperspectives in moral psychology ThomasWren pone il suo interesse sulla coscienzavista come forza motivante, questione chepuò essere considerata o come un problemafilosofico o come un problema pratico dipsicologia umana. A livello pratico puòsembrare che spesso la coscienza non ven-ga ascoltata, anche se logicamente sembre-rebbe che essa debba essere sempre rispet-tata, soprattutto se si conosce ciò che sareb-be giusto fare. A questo proposito Wrenafferma che la coscienza è intrinsecamentemotivante. Egli prende come suo principa-

le bersaglio quella psicologia che giustifi-ca le motivazioni morali attraverso l’esi-stenza di ricompense esterne e di punizio-ni.L’impostazione di Wren pone sotto accusachi si occupa professionalmente di psico-logia morale e a questo proposito ancheRaimond Gaita, nel suo Good and evil: anabsolute conception, solleva aspre critichesui recenti sviluppi di questa teoria. Laposizione di Gaita risente dell’articolo diElizabeth Anscombe del 1958, Modernmoral philosophy (Moderna filosofia mo-rale), in cui si accusava di mente corrottachi sosteneva la tesi utilitaristica circa l’e-sistenza di ricompense e di punizioni nelcomportamento morale. Questa prospetti-va non riuscirebbe per Gaita a spiegare lanozione di rimorso. Confrontandosi con lagente reale e i seri interessi morali degliindividui, Gaita parla di realtà del male eafferma che la dimensione etica è fonda-mentale nella vita umana, poiché implicaun senso di destino personale, la creazionedi una vita storica.Che ci siano fatti in virtù dei quali i giudizimorali sono veri o falsi è una tesi cheClement Dore, nel suo Moral scepticism,intende difendere con argomenti puramen-te astratti. Egli rifiuta lo scetticismo moralein favore di una moralità in cui l’esistenzadi Dio e la fede in una vita ultraterrena sonoelementi chiave. Se non di una nuova era dipopolarità per vecchie concezioni, certa-mente il libro di Dore testimonia il fatto chela filosofia morale non può essere più alungo equiparata nè all’utilitarismo scien-tifico, nè all’analisi impersonale del lin-guaggio morale.Coloro che si occupano di morale da unpunto di vista “realistico” affermano cheesistono pratiche morali vere che possonoessere individuate e riconosciute come tali,anche se la loro esistenza è indipendentedal loro rinvenimento. Queste realtà mora-li pratiche riguardano le nostre azioni, ehanno la funzione di motivare il nostroagire morale. In Moral realities, MarkPlatts analizza questa situazione. La primametà del libro è dedicata allo studio dellanatura del desiderio, prendendo spunto dal-l’analisi del desiderio proposta da Hume,la cui etica non-cognitivistica non permet-te di considerare esistenti fatti morali ca-ratterizzati dal giudizio razionale circa la

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TENDENZE E DIBATTITI

descriviamo, e “dall’interno” dei quali guar-diamo il mondo. Se Kant è l’immediatafigura di riferimento, è evidente come ilrelativismo e il pluralismo categoriali insitinella posizione di Putnam sarebbero ina-cettabili per il pensatore di Königsberg.Evidenziare il fondamento pragmatico enon metafisico dell’opzione realistica èd’altra parte, secondo l’epistemologo sta-tunitense, l’unico modo per il realismo diraccogliere la sfida mossagli dai vari rela-tivismi. D’altra parte l’aver posto su unabase pragmatica il discorso sul rapporto fral’uomo e il mondo è l’unica via per giusti-ficare una posizione basata sul pluralismoe sul confronto di stili di vita; confrontofinalizzato al riconoscere non tanto quali diessi siano giusti in assoluto, quanto qualisiano, in termini relativi, preferibili. F.C.

Interpretazioni d’Europa

Può forse essere significativo il fattoche esponenti di primissimo piano del-l’ermeneutica, come Hans GeorgGadamer e Jacques Derrida, pubbli-chino riflessioni su identità e destinodella cultura europea. Pare quasi cheper l’ermeneutica, che focalizza il nes-so dialogico fra interpretante e inter-pretato, sia quasi necessario il pas-saggio dalla decostruzione del testo aquella dei rapporti fra gli uomini edegli uomini, con la loro tradizione.Del pensatore francese è stato infattitradotto Oggi l’Europa (a cura diMaurizio Ferraris, Einaudi, Torino1991), che appare in Italia quasi con-temporaneamente alla raccolta di sag-gi di Hans Georg Gadamer, L’eredi-tà dell’Europa (trad. di FlavioCuniberto, Einaudi, Torino 1991).

Se la prospettiva più vera dell’ermeneuticaè quella di un dialogo che sappia riconosce-re e mantenere la differenza, nonché lanecessità del rapporto con il “differente”come relazione costitutiva della propriaidentità, questa deve essere l’eredità del-l’Europa per Hans-Georg Gadamer. Neisaggi che compongono il volumettoL’eredità dell’Europa questaimpostazione ontologica viene collocata inuna dimensione etica, e lo scenario su cuiessa agisce è umanistico: occorre ribadirela centralità della “comprensione dialogi-ca”, giungendo a comprendere la necessitànon solo di saper dare spazio alla vocedell’”altro” da sé, ma quella di saper pensa-re se stessi come “altro dell’altro”.Gadamer si pone il problema del compitodel pensiero filosofico di fronte a ciò cheegli definisce una situazione di “varietà ediversità” della cultura europea come suoprivilegio ed elemento caratterizzante, inopposizione al processo di omologazione elivellamento imposto dalla legge del pro-gresso. Su questo sfondo problematicoGadamer passa a interrogarsi sul significa-

to attuale della filosofia e sul suo possibilecontributo ai problemi che coinvolgonooggi la civiltà europea, assegnando un ruo-lo particolare alle scienze dello spirito. Aloro è assegnato il compito di salvaguarda-re l’umano dal suo annullamento nella spe-cializzazione dei metodi e delle tecnologiescientifiche, che caratterizza ciò cheGadamer chiama la “realtà della scienza”,la “fede scientifica” della società moderna.Un tono diverso si esprime invece nel volu-metto di Jacques Derrida, Oggi l’Europa,che contiene due articoli - il secondo èun’intervista - apparsi nel 1989 e nel 1990.Nella sua postfazione, Maurizio Ferrarisnota che a proposito dell’”essere europei”,presupposto da Derrida, si potrebbe capo-volgere proprio il detto gadameriano percui «occorre distinguere, ma anche pensareassieme». Qui infatti il pensatore franceseprivilegia decisamente l’aspetto dell’uni-versalità europea del pensiero filosoficorispetto alle distinzioni in esso rintracciabi-li e rintracciate. Anche se, con il viaticodell’interrogativo che Paul Valery nel 1939si poneva sul che fare “al giorno d’oggi”per l’Europa, egli perviene forse a conclu-sioni non del tutto dissimili da quelle diGadamer, quando rileva l’incompatibilitàdi qualificarsi, nel contempo, come “a pie-no titolo” e come “integralmente” europeo.L’identità europea, l’appartenere “a pienotitolo” ad essa, consiste proprio nel nonpoter essere “integralmente” se stessi: lasua sfida - che essa deve accettare, pena ilripiegamento su di sé, e la morte per implo-sione - consiste precisamente nell’accetta-re l’ ”essere altro” come connotazione es-senziale del proprio “essere sé”. F.C./R.R.

Relativismo?

Il relativismo è una teoria che ha lacapacità di suscitare entusiasmo e ac-cettazione. Ciò non sorprende in unasocietà ed in un sistema educativocome quello anglo-sassone, che vantacredenziali pluraliste e multi-culturali.Ciò che invece sorprende è l’alacritàcon cui molti accademici ripudianoqualsiasi implicazione relativistica chesi può percepire nei loro scritti. JosephMargolis appare come un’eccezionerispetto a questo tipo di comporta-mento e nel suo recente The truthabout relativism (La verità sulrelativismo, Blackwell, Oxford 1991)tenta addirittura una spiegazione delcomportamento dei suoi colleghi. InReasons and experience (La ragio-ne e l’esperienza, Clarendon Press,Oxford 1991) Alan Millar considera in-vece il relativismo in un suo aspettoparticolare, cercando di fornire unaspiegazione al problema delle creden-ze empiriche di un individuo in relazio-ne ad una loro giustificazione esternain quanto credenze.

nozioni cardine della metafisica, quali lacategoria di causalità o quella di sostanza,vengano ricondotte alla “credenza”, e que-st’ultima alla consuetudine dell’agire.Emerge dunque un primo punto, ripetuta-mente sottolineato da Lecaldano, e cioè ilfatto che l’etica di Hume non ha alcuncarattere prescrittivo e normativo, ma con-siste invece in uno studio della “realtàeffettuale”. Nel solco della tradizione in-glese, da Hobbes a Hutcheson, Hume puntaa una descrizione di tipo naturalistico del-l’agire umano - la sua filosofia morale, cosìcome la sua gnoseologia, e la stessa filoso-fia della religione, si fondano su presuppo-sti relativi al campo antropologico - e nona una definizione del dover essere. Ciò nonimplica in alcun modo che l’etica si confi-guri come forma di conoscenza; se è anzipossibile trovare su questo punto contattitra Hume e la riflessione etica contempora-nea, secondo Lecaldano nell’ambito di que-st’ultima occorre guardare proprio alle po-sizioni “non-cognitiviste”.E’ proprio il confronto tra il pensiero hu-meano e le problematiche che emergononel dibattito odierno ciò che interessa mag-giormente Lecaldano: non però per metterein gioco il pensatore inglese alla stregua diun contemporaneo, ma per misurarne ladistanza, e insieme l’originalità, rispetto aisuoi predecessori. Originalità che consisteproprio nel carattere “realistico” della suariflessione etica, e che fonda anche la suariflessione in campo politico. Su questorealismo si fonda la distanza di Hume dalcontrattualismo giusnaturalistico, come dalformalismo hobbesiano, come dalle posi-zioni dell’utilitarismo. Il problema perHume è scoprire la genesi dei sentimentimorali, per poter fondare su di essi unateoria politica realistica; non gli interessa,come ai giusnaturalisti, una fondazione on-tologica ed etica della politica e degli stessiprincipi morali, né ritiene applicabile all’a-gire umano la prospettiva del “calcolo”,cioè della conoscenza scientifica di stamporazionalistico e meccanicistico, alla qualeegli ha provveduto ad assestare colpi deci-sivi già in sede di analisi gnoseologica.Proprio lo statuto della conoscenza delmondo è il punto di partenza de La sfida delrealismo, la più recente fra le opere diHilary Putnam tradotte in italiano, chepone fra l’altro il problema di come deter-minate prospettive conoscitive riflettano la“posizione” nel mondo di chi le assume,ovvero le sue convinzioni rispetto all’agi-re.Qual è la “sfida del realismo”? E’ quellache, a parere di Putnam, deve accettarechiunque creda nell’esistenza del cosiddet-to “mondo esterno”, nell’esistenza cioè dioggetti in certa misura indipendenti dalsoggetto che li percepisce. Per vincere lasua sfida contro le varie forme più o menoradicali di relativismo, il realismo devepresentarsi, a parere di Putnam, sotto lespoglie di quello che egli chiama “realismointerno”: la categoria di realtà è funzionaleagli schemi concettuali in base ai quali la

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TENDENZE E DIBATTITI

in Reasons and experience intende risolve-re questo dilemma. Evitando qualsiasi for-ma di fondamentalismo epistemologico,Millar vuole mostrare come le esperienzepossono giustificare le credenze. La suasoluzione sta nel porre una distinzione net-ta tra un concetto proposizionale e non-proposizionale di esperienza, cioè tra un’e-sperienza che si ha di un certo oggetto (peresempio che un oggetto è di F-tipo), eun’esperienza tale per cui sembra che qual-cosa esista (per esempio che F esiste). Ilprimo tipo di esperienza è per Millar di tiponon proposizionale, e solo cause esterne lopossono categorizzare; mentre la secondaforma di esperienza presenta un contenutoproposizionale essenziale. A questo puntoegli introduce l’idea di una Q-inferenza,che è una relazione non tra proposizioni,ma tra tipi di esperienze e proposizioni. Ilsuo scopo è sviluppare uno schema di giu-stificazione che abbracci sia le esperienze,che le credenze, cosicchè il sistema di cre-denze di una persona venga a possedereuna fonte di giustificazione esterna che sitrova nell’esperienza concepita non-proposizionalmente, ma le cui esperienzedopo tutto siano capaci di conferire giusti-ficazione, attraverso la Q-inferenza, allecredenze. L’ipotesi di Millar sembra inte-ressante e plausibile, e il modo con cuivengono sottolineate le ragioni incondizio-nali e inconclusive della credenza, sullabase di una salda evidenza fallibile, sembraessere illuminante, anche se questa ideanon viene adeguatamente sviluppata. V.R.

Decostruzionismoe giurisprudenza

In un suo recente saggio JacquesDerrida ha sottolineato in maniera e-nigmatica che il decostruzionismo ègiustizia. Questo sembrerebbe volerdire che dove si attua la funzione dellagiustizia come applicazione della leg-ge scritta, interviene il decostruzioni-smo per metterne in discussione i te-sti. In effetti, si può ammettere che ladecostruzione, intesa come procedu-ra per l’analisi e la problematizzazionedei testi, possa porre in discussionel’interpretazione dei testi di legge, met-tendo in evidenza l’incalcolabile, il pa-radossale e l’indecidibile presente neitesti. A questo proposito Matthew H.Kramer, con il suo libro: Legaltheory, political theory, anddeconstruction: againstRhadamanthus ( Teoria legale, teoriapolitica e decostruzione: controRadamante, Indiana University Press,Bloomington 1991), vuole fornire unaintroduzione sistematica alle possibi-lità di una teoria del diritto decostrut-tiva. Analogo tentativo viene affronta-to da Costas Douzinas, RonnieWarrington e Shaun McVeigh inPostmodern jurisprudence: the

La contemporanea opposizione al relativi-smo è classificabile per Joseph Margolisin due ampi filoni. O esso viene rifiutatocome logicamente incoerente e paradossa-le, o, pur ammettendo una teoria che loesprima formalmente in maniera propria,esso viene considerato come una rispostainadeguata rispetto alle problematiche, purplausibili, che i relativisti si pongono. Ilprimo genere di obiezioni risale all’argo-mento del Teeteto contro Protagora, la cuiteoria viene erroneamente uguagliata alrelativismo, di cui sarebbe solo una versio-ne sfortunata, detta relazionalismo, secon-do la quale il “vero” può solo significare il“vero per X”. Una nozione questa che risul-ta incoerente, in quanto non può fare ameno di appellarsi a una nozione di veroassoluto per giustificarsi. Questo situazio-ne fallimentare non sembra però intaccarela differente versione di “relativismo robu-sto” sostenuta da Margolis, che sostituiscela logica bivalente con una plurivalente,per poter considerare come vere afferma-zioni incongruenti, che nella logica classi-ca sono considerate inconsistenti. La tradi-zionale bivalenza sarebbe in tal senso resavana dalla non-trasparenza cognitiva delmondo.Come si spiega allora che filosofi che ac-cettano alcune problematiche proprie delrelativismo (per esempio Putnam, Quine,Gadamer, Rorty, Loytard ed altri) rifiutinodi essere considerati dei relativisti? Secon-do Margolis questi ritengono che l’inade-guatezza della teoria bivalente non portinecessariamente all’accettazione di una po-sizione scettica, dato che il buon senso puòancora fornire un’analisi del vero a dispettodelle limitazioni dovute alla non trasparen-za. Il relativismo viene pertanto giudicatoinsufficiente in quanto non riesce ad accet-tare l’inevitabile conclusione secondo cuinon è possibile dare una legittimazione allenostre dichiarazioni. A queste obiezioniMargolis risponde sia che la sua versione di“robusto relativismo” è capace di difende-re una teoria bivalente, ricorrendo a teorie“stabili”, le migliori che ancora si possanocostruire, sia dichiarando che le affasci-nanti affermazioni “postmoderne” sulla nontrasparenza della realtà, non tengono pre-sente che un individuo che fa una afferma-zione seria sta ammettendo l’appropiatez-za di una legittimazione che trascende ilparticolare gruppo sociale a cui egli appar-tiene.L’esperienza è stata spesso considerata co-me la risposta appropriata nella giustifica-zione del sistema di credenze empirichelegate all’individuo. Questa risposta tradi-zionale suscita però molti problemi, unodei quali deriva dal fatto che l’esperienzagrezza, senza contenuto proposizionale, nonpuò conferire giustificazione, e d’altro can-to l’esperienza dotata di contenuto propo-sizionale deve ricevere essa stessa una giu-stificazione e dunque non può essere a suavolta giustificazione per le credenze empi-riche. Il tentativo intrapreso da Alan Millar

law of text in the texts of law(Giurisprudenza postmoderna: la leg-ge del testo nei testi della legge,Routledge, London 1991). Accanto aquesti originali tentativi di interpreta-zione della teoria del diritto, si affian-cano naturalmente i classici problemiche tanto fanno discutere nel mondoanglosassone. Segnaliamo in partico-lare lo studio di Carlos Santiago Nino,The ethics of human rights(l’etica dei diritti umani, ClarendonPress, Oxford 1991), che affronta ilproblema dell’inviolabilità, dell’auto-nomia e della dignità della persona.

In Legal theory, political theory and de-construction, Matthew H. Kramer si pro-pone un vasto ed ambizioso progetto chenon riesce però a raggiungere. Egli iniziacon il tentativo di introdurre la filosofia deldecostruttivismo a un ipotetico pubblico dilettori anglo-sassoni interessati alla giuri-sprudenza. La sua preoccupazione è quelladi tradurre il decostruzionismo in un idio-ma che sia accessibile all’antitetico stileanalitico proprio della teoria del diritto. Aquesto proposito, dopo aver introdotto lafilosofia decostruttivista, Kramer presentauna serie di letture decostruttive di specifi-ci testi di teoria politica e legale, da cuirisulta che la decostruzione si presenta co-me lo studio del paradosso, appellandosi insenso stretto alle ragioni dell’irrazionaleper incrinare la razionalità dei testi di dirit-to. E’ lo studio dell’aporia, dell’antinomiadella ragione nella ragione stessa.Questo tipo di analisi sconvolge i confinisia delle convenzioni politiche che delleistituzioni legali. Le categorie fondamen-tali del pensiero politico e legale sono mes-se in questione, anche se bisogna ricono-scere che l’uso che Kramer fa del decostru-zionismo, inteso semplicemente come ana-lisi del paradosso, è restrittiva e per moltiaspetti idiosincratica.Anche Postmodern jurisprudence: the lawof text in the texts of law presenta notevolimanchevolezze dovute ad una conoscenzaancora superficiale e spesso anche erroneadella filosofia decostruttivista da parte delmondo anglo-sassone. In questo libro ildecostruttivismo è presentato come un tipodi scetticismo o anti-fondazionalismo, sul-la base dell’uso che i filosofi fanno dellaretorica.Accanto a questi originali tentativi d’inter-pretazione, le tematiche tradizionali legatealla definizione dei diritti e dei doveri del-l’individuo di fronte agli altri individui edallo Stato conservano pur sempre un ampiospazio, suscitando grande interesse. E’ ilcaso dello studio di Carlos Santiago Nino,The ethics of human rights, in cui si affermache la riflessione filosofica sull’attività so-ciale e politica dell’individuo può stabilirein maniera schematica quelli che sono idiritti umani, sia a livello teorico che aquello pratico. I tre principi affermati daNino, l’autonomia, l’inviolabilità e la di-gnità, devono essere perseguiti da una per-

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TENDENZE E DIBATTITI

sona, rispettando naturalmente l’inviolabi-lità degli altri individui. Il termine inviola-bilità possiede per Nino molteplici aspetti.Esso rimanda da una parte alla concezionedi Robert Nozick, riguardante esclusiva-mente la protezione dell’autonomia dellapersona, ma possiede anche un significatoche va a coinvolgere il dovere dello Statonel garantire per esempio le cure medicheai suoi cittadini. Nel liberalismo ugualita-rio di Nino si intravede qualcosa della suaesperienza politica: egli è stato fino al 1988speciale consigliere costituzionale del pre-sidente Raul Alfonsin. V.R.

Serietà dell’avventura

Ci sono periodi in cui la filosofia diven-ta incerta sul proprio statuto e suipropri limiti, e vengono consideratecome appartenenti al suo ambito an-che speculazioni “di confine”, a caval-lo tra l’elaborazione concettuale e lameditazione sul senso e il destino del-l’uomo, esposta nella forma rapsodicadegli aforismi o in quella tornita dellaprosa letteraria. In questo senso puòessere considerata un “segno dei tem-pi” l’odierna fortuna in Italia di VladimirJankélévitch, di cui è stato recente-mente tradotto L’avventura, lanoia, la serietà (trad. di CarloAlberto Bonadies, Marietti, Genova1991), la monografia dedicata a HenriBergson (trad. di Giuliano Sansonetti,Morcelliana, Brescia 1991) e quella de-dicata a Debussy e il mistero (acura di Enrica Lisciani-Petrini, Il Muli-no, Bologna 1991).

Divisa con l’attività di musicologo, la ri-flessione filosofica di VladimirJankélévitch ha come suoi poli di riferi-mento Kierkegaard e Bergson, come emer-ge bene da L’avventura, la noia, la serietà,opera del 1963 per la prima volta tradotta initaliano. Avventura, noia e serietà sono trediverse “figure” etiche, ciascuna delle qua-li si fonda su un modo di vivere il tempo,esse disegnano appunto nel loro insiemeuna fenomenologia della temporalizzazio-ne della “durata” bergsoniana. L’ampiamonografia che Jankélévitch dedica aBergson, di cui fu allievo, oltre che unadisamina critica è appunto il momento diuno sforzo simpatetico per afferrare l’espe-rienza del tempo nella dimensione delladurata. Il motivo della libertà, intorno a cuiruota la filosofia di Bergson, costituisce,secondo Jankélévitch, un elemento di con-tinuità con la religione ebraica, da cuiBergson proviene. Il convincimento del-l’interprete è che in ciascuna delle singoleopere di Bergson ci sia, nella sua totalitàcompiuta, già tutto il suo pensiero, come inciascuna monade leibniziana è compresa latotalità dell’universo.Proprio la categoria di totalità è quella che,secondo Jankélévitch, spiega il divenire

della “filosofia del divenire” di Bergson, ilsuo esprimere la verità del cosmo in ciascu-no dei concetti - libertà, evoluzione, intui-zione - che di volta in volta vengono messia fuoco. «L’avventura è legata a quel tem-po del tempo che si chiama tempo futuro»,dice Jankélévitch, e la categoria del possi-bile è quella che meglio si adatta a esprime-re filosoficamente la dimensione in cui sipone l’uomo avventuroso. Ma se l’avven-tura è il “presentarsi” del futuro, il suoirrompere nell’istante presente, angoscia enoia si svolgono invece proprio nella misu-ra del presente, colta una volta nella pun-tualità dell’istante, un’altra nell’iterazionedell’intervallo fra un istante e l’altro: l’av-ventura è cercata come rimedio alla noia,come svincolo dalle paludi dell’intervallo.La serietà è la considerazione del temponella dimensione della durata; come tale,essa non funge dall’intervallo della vitaquotidiana verso l’istantanità dell’avven-tura, ma considera questo istante, che sa-rebbe per lei angoscia, senza soffermarsi inesso.Se in questo testo è quello filosofico ilpiano di riflessione scelto da Jankélévitch,nondimeno il suo argomentare segue lostile del conferenziere, o della prosa nonscevra da influenze letterarie, più che quel-lo della serrata indagine concettuale. Vo-lendo in effetti accettare la distinzione traforma dell’esposizione e suo contenuto, èindubbiamente alla prima che il filosofofrancese delega la capacità di ripercorrere,attraverso la fluidità della prosa letteraria,lo snodarsi dell’esperienza concettuale.D’altra parte gli autori stessi - Pascal,Kierkegaard, Bergson, Simmel, ma ancheDostojevskij, Leopardi e Tolstoj -, cui vie-ne fatto esplicito riferimento, sono non acaso figure “di confine” fra letteratura efilosofia, accomunate dall’interesse per u-na considerazione anche introspettiva del-la condizione umana.Perfettamente in accordo con Pascal eKierkegaard, Jankélévitch ritiene che al-l’analisi categoriale, soprattutto se è espres-sa in forma sistematica, faccia difettol’esprit de finesse necessario a cogliere ladinamica della concreta esistenza dell’uo-mo. Per penetrare le pieghe di quest’ulti-ma, più del concetto serve dunque la medi-tazione sulla quotidianità, una fenomeno-logia degli atteggiamenti che compaiono inessa. Più della parola chiarificante del filo-sofo serve il residuo umbratile che si appa-lesa come mistero nell’arte di Debussy; unmistero su cui non va “fatta luce”, che nonva “chiarificato”, ma che va, all’opposto,tutelato come tale. Non per un qualcheafflato mistico, non per una qualche formadi rispetto nei confronti del trascendentema, semplicemente, perché “al di là” del-l’opera d’arte musicale, così come dellaricerca filosofica, non c’è nulla: l’”appa-renza” è “in sé” significante, come ricordaEnrica Lisciani-Petrini.Così l’ “avventuroso” è ben altra cosa dall’“avventuriero”: non per la relazione mate-rialmente determinata che le azioni dell’u-

no e dell’altro intrattengono con la situa-zione in cui si esplicano, ma per la diversadisposizione esistenziale, per la diversa“apertura al mondo” - l’ “esposizione” nelprimo caso, il calcolo borghese e program-matorio invece nel secondo.In questo contesto di problematizzazionestilistica della filosofia, dove la forma afo-ristica e quella aneddotica si sovrappongo-no all’organizzazione formale tipica delsaggio filosofico, merita un accenno larecente edizione italiana dell’opera di EmileCioran, L’inconveniente di esser nati (trad.Luigia Zilli, Adelphi, Milano 1991). An-che se non consegnata a un sistema, laverità di Cioran non rinuncia a essere tale,non rinuncia a porsi nella dimensione dellaconoscenza. Metafisico che rifiuta la meta-fisica per poterne dire l’essenza più profon-da e la parola ultima, Cioran ambisce anzia porre il proprio testo come forma assolutadi conoscenza.Lo sguardo che Cioran lancia sul mondonon vuole provenire da nessun luogo, è losguardo sub specie aeternitatis e la veritàche raggiunge non può essere comunicatase non a Dio, che non ne ha alcun bisogno,perché è sua da sempre. Quella di Cioran èuna sorta di imprecazione contro un cosmospinoziano di cui accetta le premesse; èl’anelito a una libertà, la libertà del possi-bile, che vien posta come impossibile nelmomento stesso in cui vi si anela, nelmomento stesso, cioè, in cui si è comereali, anziché come possibili. Ecco perchél’ “inconveniente”, il male assoluto, non ènella fine, ma nell’inizio: la nascita, l’es-sere, e non la morte, il nulla, è ciò che,togliendo il possibile, elimina alla radicela possibilità della libertà. F.C.

Scienza e filosofia

Il problema del metodo, fondamenta-le nella ricerca filosofica, come in quel-la scientifica, per analizzare e spiega-re una disciplina teorica, diviene es-senziale quando si vuole ricercare leradici della scienza moderna, dato checiò presuppone un contatto con cul-ture scientifiche differenti dalla no-stra, a cui non si possono applicare,generalizzando, i nostri principi di me-todo. Questo problema viene affron-tato da Geoffrey Lloyd per quantoriguarda l’antica scienza greca inMethods and problems in Greekscience (Metodi e problemi nellascienza greca, University Press,Cambridge 1991). GeorgeGheverghese Joseph in The crestof peacock: non-european rootsof mathematics (La coda del pavo-ne: le radici non europee della mate-matica, Tauris, London 1991) cercainvece di dimostrare come le radicidella nostra cultura siano riscontrabi-li non solo, come vuole la tradizioneeurocentrista, all’interno della cultu-

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TENDENZE E DIBATTITI

ra greca, ma anche nel pensiero mate-matico orientale. Robert N. Proctor inValue-free science?: Purity andpawer in moderm knowledge (Scienzalibera? Purezza e potere nella cono-scenza moderna, Harvard UniversityPress, 1991) vuole invece prenderecoscienza del significato che possie-dono oggi i termini di libertà e neutra-lità, proclamati dalla scienza, rispettoa quello che possedevano nel XVIIsecolo. Contro le posizioni che ap-piattiscono la filosofia sulla scienza,si è alzata in questo secolo un’acutacritica, che ha preso di mira lo scienti-smo filosofico, considerato una mise-ra infatuazione della filosofia per lascienza; a questo proposito si segna-la infine il libro di Tom Sorell,Scientism: philosophy and theinfatuation with science(Scientismo: filosofia e infatuazioneper la scienza, Routledge, London1991).

Lo scopo centrale di Methods and pro-blems in Greek science volume che racco-glie 18 dei più importanti scritti di GeoffreyLloyd, è quello di mettere in rilievo l’ina-deguatezza di valutazioni superficiali egeneralizzanti, che applicano il principiodi semplicità all’antico pensiero scientifi-co greco. E’ comune infatti l’affermazionesecondo cui gli “scienziati” dell’anticaGrecia sarebbero da considerarsi dei dog-matici poco scientifici, poiché non riscon-travano le loro teorie con il ricorso all’e-sperienza e all’osservazione. Ma parlaredi scienza greca significa avere a che farecon un gran numero di progetti scientifici,che vanno dalla cosmologia, all’astrono-mia e meteorologia attraverso l’ottica el’idrostatica, alla medicina e zoologia; ilmodo dell’osservazione scientifica in re-lazione alla teoria varia in tal senso consi-derevolmente rispetto alla scienza consi-derata, e nello stesso modo varia la tecno-logia a disposizione delle varie discipline.Inoltre il modo in cui i Greci si appellava-no all’osservazione scientifica riflette dif-ferenti e spesso complessi atteggiamentinel considerare la relazione tra teoria edati.In base a queste considerazioni Lloyd fanotare che il rischio cui si va incontro,quando si tenta di comprendere la culturagreca, è quello di non considerare le altreculture dello stesso periodo o allo stessostadio di sviluppo, che offrono un impor-tante verifica delle nostre interpretazioni.Altra forma di assunzione erronea è consi-derare la nostra prospettiva culturale comeunico esito possibile dello sviluppo chelega il pensiero filosofico e scientificogreco al nostro odierno, dimenticando in-vece che esso è il prodotto di contingenzestoriche.Facendo propria l’ammissione del fattoche le radici della nostra cultura non sitrovano solo in quella greca, avendo que-sta risentito fortemente dell’influenza del-

la cultura egiziana e di quella mesopota-mica, George Gheverghese Joseph, nelsuo libro The crest of peacock, si proponedi fornire un completo ed esauriente studiodelle matematiche extra-europee. In parti-colare a tutt’oggi si trascura ancora laradice africana dell’aritmetica egiziana,mentre si sottovaluta la matematica cinesee si ignora completamente il pensiero ma-tematico ed i risultati tecnologici indiani.E’ evidente ormai, osserva GhevergheseJoseph, come alcuni dei risultati raggiuntidalla matematica moderna siano stati anti-cipati dal pensiero matematico indiano.Di tutt’altra impostazione è invece lo stu-dio di Robert N. Proctor, Value-free scien-ce?: Purity and pawer in modermknowledge, che intende affrontare il pro-blema dell’uso della conoscenza scientifi-ca. Sebbene l’autore insista ripetutamenteche la nostra comprensione della scienzadeve essere condizionata dalla consapevo-lezza politica, dall’impegno morale e dalmiglioramento delle condizioni umane,quest’opera appare come uno studio com-petente di storia delle idee. Il concetto dilibertà e di neutralità della scienza è unprodotto della storia. In tal senso Proctorfa notare come differenti progetti scienti-fici, spesso opposti e incompatibili fraloro, si siano ugualmente serviti del con-cetto di libertà della scienza. Da questopunto di vista vengono esaminati sia ilcontrasto che nasce tra argomenti riguar-danti fatti scientifici e affermazioni pura-mente morali, che non esprimono altro cheopinioni e preferenze, sia il contrasto trasemplici questioni scientifiche e questionifondamentali legate alla morale e ai valori.Interessante è anche la chiara dimostrazio-ne di come il concetto di neutralità possasignificare cose differenti, in relazione alcontesto considerato, e come ciò che èimplicito in questa nozione vari a secondadella funzione sociale degli argomenti par-ticolari a cui essa si rivolge.L’analisi storica presente nel libro è divisain tre parti. La prima considera il XVIIsecolo, la rivoluzione scientifica, la mec-canizzazione del disegno del mondo, ildeclino della tecnologia e la rigida diffe-renziazione di fatti e valori. Nella secondaparte viene analizzato il sorgere dell’idea-le della scienza pura in Germania nel XVIIIsecolo e i dibattiti fra gli studiosi sullapossibilità e desiderabilità della libertà perla scienza. La parte finale del libro consi-dera le recenti controversie, riguardanti leaffermazioni di positivismo come presup-posto per l’acquisizione del valore dellalibertà della conoscenza. Attraverso que-sta analisi storica lo studio di Proctor for-nisce anche una descrizione sociologicadell’incidenza dell’ideologia della neutra-lità, come base per una cooperazione traambiti differenti e sostanzialmente in di-saccordo tra loro. Secondo Proctor invece,nell’odierna situazione è importante che laricerca scientifica e la conoscenza prodot-ta vengano valutate da posizioni di rigidoimpegno morale. Egli tuttavia non giusti-

fica una morale specifica, né fornisce untipo di conoscenza con cui giudicare laconoscenza scientifica.Alla critica dello scientismo come esage-razione dei risultati raggiunti dalla scien-za, sottovalutazione di altri ambiti di cono-scenza, applicazione illimitata dei metodidella scienza è rivolto infine il lavoro diTom Sorell, Scientism: philosophy andthe infatuation with science. Per Sorell loscientismo è per definizione scorretto, manon sempre dannoso. Ciò che invece appa-re realmente dannoso è lo scientismo infilosofia. In questo secolo lo scientismofilosofico ha significato in particolare ri-durre la filosofia alla filosofia della scien-za. Questa concezione ristretta della filo-sofia è propria del positivismo logico, chepur essendo stato attaccato e confutato, hafavorito l’idea che la filosofia possa permolti versi coincidere con la scienza. PerSorell questo procedere del pensiero portaad ignorare i legittimi problemi filosofici,invece di cercarne una risposta. Sorell simostra particolarmente sensibile al ruolocritico della filosofia nei confronti delloscientismo, anche perchè la filosofia possafornire una soluzione. V.R.

Il silenzio della scrittura

L’orlo del dire e dello scrivere, l’originedella nominazione e della concettua-lizzazione, oltre che indirizzo di ricercacomune alle prospettive che si richia-mano alla fenomenologia e all’erme-neutica, è il filo conduttore che lega lerecenti opere di Pier Aldo Rovatti,L’esercizio del silenzio (Raffa-ello Cortina Editore, Milano 1992) eCarlo Sini, L’etica della scrit-tura (Il Saggiatore, Milano 1992). Mache parola è quella che “esercita ilsilenzio”? Che scrittura è quella che“abita la verità”, senza pre-tenderla?

Dopo Heidegger - “oltre” Heidegger, maanche “con” Heidegger - la ripresa dell’e-poché husserliana si configura come tenta-tivo di “dire una parola” che non vogliaessere “parola di verità”: questo il pro-gramma che si propone Pier Aldo Rovattie che attraversa i dieci saggi raccolti inL’esercizio del silenzio. La via indicatadall’autore per svolgere questo program-ma è appunto “l’esercizio del silenzio”: chenon è un metodo filosofico, ma un “atteg-giamento”, non uno “stile di meditazione”,ma una “disposizione all’ascolto”; una pras-si di frequentazione con l’”altro” del sog-getto, con l’epoché come metodo dellafilosofia. Se quindi è, apparentemente, con-tro Heidegger che Rovatti sembra reintro-durre il soggetto e l’idea di un metodo dellafilosofia, è in realtà a partire da Heideggerche questo soggetto ricompare non piùnella sostanzialità dell’ ego cartesiano, manel suo “essere aperto” all’essere. Questoapproccio non si caratterizza più come me-

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TENDENZE E DIBATTITI

todologia filosofica, programma di regole,cioè come strada tracciata attraverso le suesuccessive tappe, ma come “apertura”, co-me un percorso senza una direzione certa.Se nell’incrocio tra pensiero filosofico enarrazione letteraria, o parola poetica, ci sipone dal punto di vista filosofico, non c’èper Rovatti alcuna soluzione di continuità,ma una divergenza che è necessaria insenso duplice: perché la parola della poesianon è quella della filosofia e perché, piùradicalmente, la seconda deve rivolgersialla prima per avvicinarsi a se stessa, perritornare «là dove già è». In questo sensoper Rovatti la parola filosofica in quantotale è dunque “parola della divergenza”, el’epoché non ha il carattere rassicurantedello strumento metodologico, ma quellorischioso dell’esercizio, ovvero dell’esporsiin proprio. All’epoché “mancano i nomi”;essa resta senza parole a fronte dell’eventoche essa stessa è, e in ciò consiste il suo“pudore”, il suo parlare per cenni, piuttostoche per rappresentazioni concettuali. E’questo l’”esercizio del silenzio”: silenziodelle parole, che tacciono, e silenzio nelleparole, che devono continuare a “dire”. Edè questo il silenzio che occorre ascoltare, aldi là dell’usura delle parole.Non con una negazione assoluta del Sé, chefinisce per por capo a un’altra Identità, ma

appunto nella posizione dell’ascolto si in-contra l’altro di Sé; è questa l’indicazioneche ci proviene da Carlo Sini. Sulla scortadi Ricoeur, più che di Lévinas, l’indagineche Sini svolge nella sua ultima opera, eche si pone all’incrocio fra la tradizionefenomenologica e quella ermeneutica, cer-ca anch’essa il luogo più proprio dellascrittura come pratica filosofica, in unadimensione ai limiti della pre-tensione checaratterizza la filosofia. Una ricerca sulluogo di provenienza della scrittura, cheinsiste necessariamente sui suoi margini;una ricerca, quindi, “di confine”, che parteproprio da filosofi che si sono aggiratiintorno ai confini della metafisica. Eccodunque Heidegger, del quale Sini accettaanzitutto il porre al centro della riflessionepropriamente filosofica la “domanda”, an-ziché il “problema”, nozione che caratte-rizza invece la posizione calcolante dellalogica.La “questione della questione”, si potrebbedire, è dunque l’essenza della filosofia; mail “limite” di Heidegger, il “confine” cheegli non pratica, ma all’interno del qualepermane, consiste secondo Sini nel suoprender per buono il problema della logica,che è appunto quello della verità. La do-manda “genealogica” verte invece sul “con-tenuto” della “forma”, dove quest’ultima è

l’idea, in cui “ciò che è, ci appare”. Questocontenuto è il contenuto proprio della scrit-tura, intesa come pratica espressivo-significativa, e non come logica definito-ria. In tale dimensione “patica” della scrit-tura il contenuto, l’”altro”, irrompe “nella”forma - o, meglio, “con” la forma - e favalere i propri diritti; qui si pone la questio-ne originaria, che per Sini non è quella delsenso dell’essere e della sua verità, maquella, appunto, del “contenuto della for-ma”. Qui nasce la metafisica, e qui la sioltrepassa; perché la definizione concet-tuale, “oggettiva”, da un lato non può ren-dere conto della propria origine e la rimuo-ve, ma dall’altro, producendo di continuo il“contenuto” nella “forma”, lo mantiene.Nella metafisica, osserva Sini, non echeg-gia alcuna voce del silenzio proveniente daun “oltre”; piuttosto è essa stessa a circo-scrivere questo silenzio. Non sull’aldilàdella filosofia va dunque gettato lo sguar-do, ma sulla pratica filosofica stessa; piùche alla “cosa del pensiero” è alla “cosadella pratica” che occorre rivolgersi. La“cosa della pratica” (filosofica) è il suosenso, il suo stesso evenire, lo stare nelladomanda (filosofica); e questo è precisa-mente l’ethos filosofico, il «lato trascen-dentale della pratica empirica del filosofa-re» afferma Sini. La domanda filosofica ha

Paul Klee, Vocal Fabric of the Singer Rare Silver (New York, Museum of Modern Art)

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PROSPETTIVE DI RICERCA

PROSPETTIVE DI RICERCA

Il Platone parlante

La nuova traduzione delle opere diPlatone, Tutti gli scritti (a curadi Giovanni Reale, Rusconi, Milano1991) è la tappa di un lavoro di inter-pretazione che Giovanni Reale condu-ce da molti anni sul pensiero di Plato-ne, in direzione di una nuova definizio-ne dell’immagine del filosofo, giocatasulla ridefinizione del ruolo dei testiscritti in rapporto all’insegnamento im-partito oralmente nell’Accademia. Inquesta direzione è impegnato ancheThomas Szlezak, direttore del PlatonArchiv di Tubinga, di cui è stato tradot-to Come leggere Platone (trad. diN. Scotti, Rusconi, Milano 1991). Allaquestione della valenza comunicativadi oralità e scrittura in riferimento al-l’opera del filosofo greco è dedicato lostudio di Giovanni Cerri, Platone so-ciologo della comunicazione (pre-fazione di Bruno Gentili, Il Saggiatore,Milano 1991).

Sulla scorta delle teorie della “Scuola diTubinga”, il presupposto che ha guidato losforzo interpretativo di Giovanni Reale,curatore e traduttore egli stesso di buonaparte dei dialoghi contenuti in questa edi-zione di Tutti gli scritti, riguarda la neces-sità di considerare i dialoghi nel loro com-plesso sullo sfondo delle “dottrine non scrit-te”, vale a dire dell’insegnamento impartitooralmente da Platone nell’Accademia. Daciò consegue la necessità di abbandonarel’idea di poter considerare ciascun dialogocome un’opera autosufficiente, ovvero co-me l’esposizione in sé conclusa dei risultatidi una riflessione che si compendia in untesto. Ciascun dialogo è piuttosto un mate-riale per il lavoro di scuola, e questa sarebbela dimensione più propria del magisteroplatonico. Se, da un lato, il testo scrittorimanda a un suo uso didattico, in unaprospettiva che è più quella dello studiocomune che non quella della riflessioneindividuale, d’altra parte, per questa mede-sima ragione, ogni dialogo può essere com-preso solo in connessione con gli altri, inquanto strumenti per un lavoro che li tra-scende nel loro aspetto di autarchicità.L’opera di Platone si pone all’interno deldibattito in Grecia tra il IV e il V secolo

intorno al valore conoscitivo da attribuirealla scrittura. Per Reale la posizione plato-nica, espressa con la celebre “critica dellascrittura” contenuta nel Fedro, è chiara: iltesto scritto si colloca sul piano della doxa,cioè dell’”immagine della verità”, del sa-pere apparente; il sapere reale scaturiscedall’interrogazione, dalla domanda e dallarisposta, ovvero dal dialogo (orale). Laforma dialogica dello scritto è dunque l’”im-magine della verità” meno distante da essa,ma non per questo con essa coincidente.Su questa base Thomas Szlezàk respingela tradizionale teoria interpretativa dei dia-loghi platonici, che presuppone che in essivi siano differenti livelli di accesso al con-tenuto del testo, per cui quest’ultimo di-venterebbe disponibile in misura diversa aseconda della preparazione del lettore.Accettando invece nella sua letteralità lacondanna della scrittura espressa da Plato-ne, il testo avrebbe tutt’al più un valoreipomneumatico, tanto per l’autore stessoquanto per il lettore.A parere di Giovanni Cerri, almeno dalpunto di vista della comunicazione, cioèdella “politicizzazione” dei risultati daquello della ricerca filosofica, se non daquello dell’euristica filosofica, la posizio-ne di Platone è invece sensibilmente diver-sa, e alla condanna della scrittura, cosìcome a quella della retorica, si accompa-gna il riconoscimento di una sua funzionepositiva. Se, infatti, la verità ha la sua sedepiù propria nella parola orale, l’ ”immagi-ne della verità” trasmessa dalla scrittura inPlatone ricopre quasi la funzione che isofisti assegnavano alla parola, e in quantotale viene a collocarsi sul versante dellapersuasione. D’altra parte, proprio perchéla parola scritta è immagine della verità, enon di qualcosa di inesistente o di inespri-mibile, come era la parola orale per i sofi-sti, il testo platonico negli intendimenti delsuo autore si differenzia in modo radicaledalla retorica sofistica, pur ponendosi sullostesso piano.Su un piano diverso da quello propriamen-te filosofico, scelto dalla “Scuola diTubinga”, l’impostazione di Cerri è dun-que per certi versi complementare a esso,in quanto attraverso la prospettiva dellateoria della comunicazione dà conto di unadimensione - quella del riscontro “politi-co”, appunto, della ricerca filosofica - tut-

t’altro che estranea agli interessi di Plato-ne. Partendo dagli intendimenti che muo-vono questa nuova edizione dei dialoghi siridefinisce anche la vexata quaestio delrapporto tra il Platone essoterico e quelloesoterico. La linea di demarcazione nonpassa più, come poteva essere per un se-guace di Pitagora, tra ciò che viene divul-gato ai profani e ciò che viene rivelatoinvece solo agli iniziati. Fedele in ciò piut-tosto al magistero socratico, il crinale divi-de coloro che della verità possono solovedere le ombre, le immagini fornite daltesto scritto, e chi, invece, alla verità puòattingere davvero grazie all’opera dellamaieutica, che si esplica nel dialogo reale.F.C.

Tempo dell’anima

Riconosciuto o meno come tale,Plotino è comunque una pietra milia-re di una linea di pensiero divergentedalla “via maestra” della metafisicaoccidentale, la tradizione platonica:questo il senso della nuova edizionedello scritto di Plotino L’eternità eil tempo (traduzione, prefazione ecommento di Franco Ferrari, introdu-zione di Mario Vegetti, Egea, Milano1991) tratto da Enneadi, III. 7. Dasegnalare inoltre, nel quadro di unanuova traduzione delle opere comple-te di Plotino, la pubblicazione del pri-mo volume delle Enneadi (traduzio-ne di Carlo Tondelli, a cura di PierreDalla Vigna, Carlo Tondelli e TizianaVillani, Mimesis, Milano 1992).

Benché voglia proporsi come commento alTimeo platonico, la trattazione plotinianaesce dalla prospettiva di Platone e ne gua-dagna una propria, rilevante per almeno unduplice ordine di considerazioni. Anzitut-to per la distanza, da un punto di vistateoretico, che separa i due filosofi, e sullaquale si agitano questioni talmente capitaliper la filosofia da ritrovarsi anche nel di-battito contemporaneo. In secondo luogoperché a fare i conti con la trattazione deltempo in Plotino sono in molti dopo di lui,da Agostino a Heidegger, passando perKant e Hegel.

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All’analisi, rispettivamente, di eternità(aion) e tempo (chronos) è dedicata ciascu-na delle due sezioni di questo testo diPlotino. Il punto critico in cui la riflessioneplotiniana, volendosi porre come esegesidel testo platonico, ne rovescia invece ilsenso profondo, si colloca, da una parte,nella radicale accentuazione della differen-za ontologica tra il mondo noetico e quellosensibile, dall’altra nel ruolo attribuito, tral’uno e l’altro mondo, all’anima. Il cosmonoetico platonico è, in ultima analisi -so-prattutto escludendo gli ultimi dialoghi-sostanzialmente modellato sul mondo sen-sibile, secondo un rapporto di sommatoriatra le parti e il tutto: gli oggetti e il mondosensibile in un caso, le idee e il mondointelligibile in un altro. Per Plotino, invece,un tipo di rapporto siffatto è da escludersinel mondo intelliggibile: le idee non sono“parti” di un tutto ma “potenze” rispettoall’”atto” che è l’ipostasi del mondo noeti-co.Ciò che fa la differenza tra Platone e Plotinosu questo punto, nota Franco Ferrari nel-l’ampia prefazione, è il fatto che il secondodispone di uno strumento concettuale - ladistinzione tra potenza e atto - che Platoneinvece non possedeva. Il trattato su L’eter-nità e il tempo è contenuto nella terzaEnneade dedicata al mondo e «alle coseche sono in relazione al mondo», come dicePorfirio, la cui Vita di Plotino è premessaalle prime due Enneadi contenute nel volu-me della casa editrice Mimesis. Esso pre-suppone però le analisi sul mondo, cioè ledottrine fisiche raccolte nella secondaEnneade, e in particolare il trattato sulsignificato della distinzione tra “potenza” e“atto”. E non è certo questo l’unico punto incui Plotino si distacca radicalmente da Pla-tone, come nota Pierre Dalla Vigna intro-ducendo il volume. La distanza da Platonesulla questione estetica - la radicale con-danna del filosofo ateniese lascia il posto,nel suo commentatore, a una rivalutazionedella figurazione - è segno di un più ampiomutamento di prospettiva: il dualismo on-tologico platonico, che comporta necessa-riamente lo svilimento di ciò che non è ilmodello originale, l’idea, ma solo una suaimmagine, nell’emanatismo plotiniano vie-ne abbandonato, e l’immagine diventa l’u-nico luogo dove riluce la potenza dell’Uno.Plotino esclude poi esplicitamente un’i-dentità sostanziale tra eternità e mondonoetico, ma perviene comunque a una de-temporalizzazione di quest’ultimo, il cuiessere “pensiero di sé”, lascia fuori di sé ladimensione del tempo, e si esplica fenome-nologicamente come eternità. Così anchela dottrina dell’eternità, che vuole essereper Plotino un approfondimento e una radi-calizzazione della trascendenza delle ideeposte da Platone, fedele però alla prospet-tiva platonica stessa, arriva in realtà a porrequest’ultima in discussione, laddove in luo-go della duplicazione ontologica dei mon-di, presente nel Platone della Repubblica,Plotino sostituisce una differenza radicaletra essi, sul fondamento della questione

della temporalità. Se il problema di Platoneera tanto ontologico, quanto epistemologi-co nel dar conto, attraverso il mondo intel-ligibile, della possibilità di conoscere quel-lo sensibile, per Plotino si tratta, nota anco-ra Ferrari, di un problema solo ontologico.Il secondo momento dell’analisi plotinia-na, e il secondo passo del suo distacco dallaprospettiva platonica, è costituito dalla no-zione di tempo. La posizione di Plotinoconsiste in una netta presa di distanza dalleprecedenti teorizzazioni - valga per tuttequella di Aristotele - che legano la questio-ne del tempo a quella del movimento. Nonè il movimento a dare ragione della tempo-ralità, ma viceversa; la temporalità rivesteun ruolo ontologicamente fondamentale.Come successione temporale, il tempo è lastruttura portante del mondo sensibile, ericopre d’altra parte un ruolo di mediazionequasi paradossale rispetto al mondo intel-liggibile. Il tempo si origina infatti dall’e-ternità, in un rapporto di successione che è,significativamente, tanto atemporale - inquanto posto “al di fuori” del tempo -quanto caratterizzato temporalmente, es-sendo costituito da un “prima”, il racco-gliersi del tempo nell’eternità, e da un “do-po”, lo scindersi da essa. Un ruolo di me-diazione, questo del tempo, ulteriormentesottolineato dal modo in cui è concepito daPlotino come “parte dell’anima”, articolar-si fenomenologico della sua essenza crea-tiva.In questo, come nota nel suo saggio intro-duttivo Mario Vegetti, esiste certo un’am-biguità in Plotino, che da un lato rinunciaall’idea tradizionale di una somiglianza,per quanto imperfetta, del tempo all’eterni-tà, così come del mondo sensibile a quellonoetico, ma dall’altro, dato che il tempo è“vita dell’anima” così come l’eternità è“vita dell’intelletto”, fa di tempo ed eterni-tà due sottospecie del genere “vita”, apren-do la strada a suggestioni mistiche su unosfondo cosmo-biologicista. E’ necessariod’altronde sottolineare che per Plotino èl’anima, e non il demiurgo platonico, atrarre dall’eternità la dimensione tempora-le: la diversità tra il piano poetico e quellosensibile, posta da Plotino come una diffe-renza marcata ontologicamente, ha comesuo riscontro il coappartenersi dei due pia-ni, l’affermazione della necessità di unmutuo rimando tra essi, nei termini di unrapporto di fondazione. F.C.

Opere completedi Marx ed Engels

A causa delle numerose difficoltà dicarattere economico e politico in cuiversa, rischia di restare incompiuto ilproseguimento della Marx-EngelsAusgabe, l’edizione storico-critica delleopere di Marx ed Engels iniziata nel1979 a cura dell’Istituto per ilmarxismo-leninismo di Berlino e diquello di Mosca. Sono tra l’altro già

pronti per la stampa numerosi mate-riali riguardanti gli studi di Marx nel-l’ambito delle scienze della natura, unaspetto ancora poco conosciuto del-l’attività scientifica del pensatore diTreviri.

Nel dicembre 1929, ancora sotto la direzio-ne di Lenin, il comitato centrale del partitocomunista russo prese la decisione di fon-dare a Mosca un Istituto Marx-Engels, dacui ebbe più tardi origine il celebre Istitutoper il marxismo-leninismo. Già negli anni’20 questo Istituto iniziò la propria attivitàcon la costituzione di un ampio archivio, lapubblicazione della prima edizione russadelle opere di Marx e Engels (in ventottovolumi) e parallelamente con un’edizioneincompiuta in lingua originale.Nel 1979 iniziava la pubblicazione dellaMEGA (Marx-Engels Gesamtausgabe),l’edizione storico-critica completa delle o-pere di Marx e di Engels, la più grandeopera comune intrapresa in ambito scienti-fico da Unione Sovietica e DDR. Collabo-ratori di questo progetto erano nella DDR,oltre all’Accademia delle Scienze, gruppidi ricerca delle Università di Berlino, Halle-Wittenberg, Lipsia, Jena, Erfurt-Mühlhau-sen. I volumi pubblicati fino al 1989 eranocomplessivamente quaranta. Ora anche que-sta edizione, progettata in circa 130 volu-mi, resterà probabilmente incompiuta.Dopo i recenti mutamenti politici in Ger-mania e nella ex-Unione Sovietica, il pro-getto della MEGA ha perso la propria baseistituzionale, e gli Istituti per il marxismo-leninismo di Berlino e di Mosca hannorinunciato ai diritti di edizione. Ricercato-ri, bibliotecari, archivisti e politici di tuttoil mondo hanno così rivolto un appello airesponsabili, affinché l’impresa della Marx-Engels Gesamtausgabe venisse portata atermine. Conseguentemente un gruppo dicollaboratori del progetto-MEGA ha fon-dato la “Fondazione MEGA di Berlino”,con lo scopo di garantire la continuità diquesto progetto e di mantenerne costante ilpotenziale tecnico e umano. Una donazio-ne di 27.5 milioni di marchi della PDS (lavecchia SED) sembrava assicurare per cir-ca trent’anni la prosecuzione del progetto.Le preoccupazioni per la mancanza di unnuovo gruppo di edizione internazionale eindipendente dai partiti politici avevanoportato nell’autunno 1990 alla creazione diuna “Fondazione internazionale Marx-Engels” con sede ad Amsterdam. A curareil progetto era stato chiamato MartinHundt. Dietro alla suddetta Fondazione sitrovano l’Istituto di storia sociale diAmsterdam, l’Istituto per il marxismo-leninismo di Mosca (divenuto intanto Cen-tro di storia contemporanea), la Casa diMarx di Treviri e l’Accademia delle scien-ze di Berlino. Tra questi Istituti e Centri dicultura, sono i primi due a possedere lamaggior parte del lascito manoscritto diMarx e Engels. Questa nuova fondazione,che non possiede mezzi economici autono-mi, avrebbe però dovuto affidarsi al soste-

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gno finanziario della “Fondazione MEGA”di Berlino. Grazie all’offerta della PDS sisperava di poter proseguire il progetto conun numero ridotto di collaboratori. In que-ste condizioni nel 1990 sono stati assuntiquarantuno collaboratori e prodotti tre vo-lumi. Il 21 febbraio dello stesso anno, se-condo una disposizione dell’ufficio perl’amministrazione fiduciaria, veniva tutta-via bloccato il conto bancario della “Fon-dazione MEGA”.Intanto però erano già in corso diversilavori preliminari che mettevano a disposi-zione materiali per alcuni volumi del pro-getto. Un gruppo di ricerca dell’UniversitàHumboldt di Berlino, diretto da A. Griesee G. Pawelzik, cura la pubblicazione degliestratti di Marx riguardanti le scienze dellanatura. Questi si riferiscono soprattutto allachimica agraria ed alla storia delle piantecoltivate, alla fisiologia delle piante, deglianimali e dell’uomo, alla chimica inorgani-ca ed organica, alla fisica. Secondo il pro-getto originario, questi testi avrebbero do-vuto essere raccolti in non meno di diecivolumi della quarta sezione della MEGA.L’attività di Marx nell’ambito delle scien-ze della natura è ancora ampiamente inin-dagata. Negli anni ’70 e nei primi anni ’80dell’Ottocento iniziava un nuovo periododel pensiero di Marx e di Engels, caratteriz-zato da un interesse ampio e sistematico perdiverse scienze. Dall’inizio del 1873 finoalla metà del 1882 Engels lavorava allaDialettica della natura, in cui, con riferi-mento alle grandi linee di sviluppo delpensiero naturalistico nel XIX secolo, vie-ne fondata una visione materialistico-dialettica della natura. In questo periodoMarx si concentrava soprattutto sulla fisio-logia (1876), sulla chimica agraria, mine-ralogia e geologia (1878), sulla teoria mec-canica del calore (1876 e 1878) e infinesulla chimica organica ed inorganica, cosìcome su questioni relative all’elettricità edalla sua utilizzazione tecnica (1882-1883).Gli aspetti più rilevanti di questi studi diMarx sono tre: l’interesse per i dettagliempirici; l’attenzione prioritaria per la teo-ria chimica delle molecole e per il sistemaperiodico degli elementi, cioè per i fonda-menti in cui si esprime il mutamento quali-tativo della chimica nel XIX secolo; l’am-pio spazio di riflessione dedicato alla storiadella chimica. Marx segue qui la valutazio-ne di L. Meyer, secondo cui la teoria degliatomi rappresenta il fondamento concet-tuale della chimica.Lo studio di Marx dei testi delle scienzedella natura non è indiscriminato, ma sem-bra invece seguire una logica interna: egliinizia dai problemi dell’agricoltura, inte-ressandosi di quegli aspetti che concerno-no lo scambio reciproco di natura e societàin quanto condizione dell’esistenza e dellosviluppo umano; successivamente cerca dipenetrare sempre più profondamente i fon-damenti scientifici di questa tematica, giun-gendo anzitutto alla fisiologia delle piante,degli animali e dell’uomo ed alla mimera-logia e alla geologia. Messo con ciò a Karl Marx (1875) e Friedrich Engels (1888)

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confronto con una molteplicità di problemidi carattere fisico e soprattutto chimico,egli decide infine di dedicarsi alla fisica edalla chimica.Presso l’Università di Halle-Wittenberg ungruppo di ricercatori lavora alla pubblica-zione dei ventiquattro Quaderni londinesi1850-1853, un progetto che dovrebbe con-cludersi attorno alla metà degli anni ’90.Sono finora stati pubblicati i primi dieciQuaderni. In essi Marx si interessa in par-ticolare allo sviluppo storico delle funzionie forme del denaro, dei tipi di credito e delleistituzioni bancarie, ed allo sviluppo dellostatuto del denaro nel XIX secolo. Questiquaderni londinesi sono il fondamento ma-teriale decisivo per lo sviluppo successivo,della teoria marxiana. La loro importanza èparagonabile a quella dei più famosi Qua-derni di Kreuznach, di Parigi, di Bruxellese Manchester. M.M.

Il giovane Feuerbach

Pensatore originale, stilista elegante ecorrosivo, Ludwig Feuerbach è una diquelle figure che i manuali di storiadella filosofia sono soliti collocare alcrocevia di due diversi orientamenti:la scuola di pensiero hegeliana e ilmaterialismo dialettico. Un invito arileggerlo al di fuori delle tradizionalicategorie che lo vogliono, o epigonodi Hegel, o precursore di Marx, ci vienedal saggio di Alexis Philonenko: Lajeunesse de Feuerbach. 1828-1841 (La giovinezza di Feuerbach.Introduzione alle sue posizioni fonda-

mentali, Vrin, Parigi 1991), mentre allacura di Christian Berner dobbiamo lePensées sur la mort et l’immor-talité (Cerf, Parigi 1991), traduzionefrancese dei Pensieri sulla mortee l’immortalità che il giovaneFeuerbach pubblicò anonimi nel 1830.

Nello scritto giovanile di LudwigFeuerbach, Pensieri sulla morte e l’im-mortalità, sono decisamente tracciati duemomenti centrali della sua riflessione filo-sofica: la critica della teologia e la suariduzione ad antropologia e l’individuazio-ne di una radice teologica nella stessa filo-sofia di Hegel. Ignorata dai pensatori greci,posta in secondo piano dalla religiositàmedievale, la nozione di immortalità del-l’anima individuale - così osservaFeuerbach - è un carattere distintivo dellamentalità moderna. La critica feuerbachia-na muove dalla dimostrazione filosoficadell’impossibilità di sopravvivenza dell’es-sere singolo in seno alla manifestazioneeterna dell’universale. L’impossibilità diuna tale sussistenza nel tempo di un ele-mento individuato è di fatto implicita nelconcetto stesso di universale. Immortale èla vita, sostiene Feuerbach, e infinito è iltempo di cui il singolo non è che un fram-mento: «Solo quando l’uomo tornerà ariconoscere che non esiste una “morte ap-parente”, bensì una morte effettiva e reale,una morte che pone definitivamente finealla vita, quando riprenderà coscienza dellapropria finitezza, solo allora troverà il co-raggio di iniziare una nuova vita». L’auten-tico riconoscimento della verità della mor-te può così aprire alla vera religiosità eall’abnegazione. Ponendo come oggettiva

l’idea di immortalità individuale, l’uomorivela una sua fede essenziale, essa pertan-to «non è vera se non nel senso di credenzain questa vita».La radicalità delle tesi di questo scrittogiovanile contribuì non poco a precluderglila carriera accademica. «Hegel sale, io scen-do» - scriveva Feuerbach per definire ilproprio cammino filosofico - evidente èinfatti l’intento antimetafisico che non siarresta al grigio materialismo del dato em-pirico, ma parte dal concetto per restituirglila sua determinazione umana e la ricchezzainfinita del reale. E.N.

Diderot contemporaneo

Alle cure di Pierre Lepape dobbiamouna nuova e densa biografia di DenisDiderot (Flammarion, Parigi 1991), ilprimo degli intellettuali di professio-ne, un vero filosofo «militante». Figu-ra centrale dell’Illuminismo, ideatoree redattore del grande progetto filoso-fico dell’Encyclopedie. A differenzadi filosofi quali Voltaire o di Rousseau,Diderot ha aspettato quasi due secoliprima di trovare una nuova "contem-poraneità".

Come ci mostra Pierre Lepape, a renderemoderno Denis Diderot sono la sua perso-nalità multipla e contraddittoria, l’ecletti-smo della sua ricerca, l’ampiezza e la liber-tà dei suoi interessi e del suo stile filosofi-co. Non è dunque seguendo una linea dilettura che privilegi la coerenza del sistemache procede il lavoro biografico di Lepape;l’analisi delle opere, il quadro sociale, ildato privato convergono a definire la per-sonalità di un filosofo che non temeva certoil rischio di perdersi nella vastità dei saperi,spaziando dai campi della scienza ai fattisociali, alla letteratura.Eccentrico nel carattere e negli interessi,poco assiduo della vita mondana, filosofoartigiano dalla cultura ricchissima, ma sen-za alcuna volontà di sistema, Diderot rap-presenta il prototipo dell’intellettuale mo-derno. Lepape mette in rilievo il suo ruolodi organizzatore culturale e la capacità dicogliere i segni del tempo, intervenendo almomento opportuno nel dibattito intellet-tuale e politico, a volte non senza il rischiodi contraddirsi. Diderot ha predicato il rea-lismo in arte, un deismo a tinte ateistiche incampo religioso e lo spirito di tolleranza inmateria morale, sempre geloso della pro-pria libertà intellettuale. Esploratore di nuo-vi territori della conoscenza e dell’avven-tura intellettuale, l’autore dell’Encyclopedieè tutto meno che uno spirito sistematico;come scrive il suo biografo: «Pensare con-tro lui stesso è, più che un metodo, un’esi-genza filosofica e una garanzia contro ildogmatismo che egli non smetterà mai dipraticare, assumendo il rischio della di-spersione, della crisi, della non-risposta atutto». Come afferma lo stesso Diderot inLudwig Feuerbach

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PROSPETTIVE DI RICERCA

una celebre lettera a Galitzine si tratta diun’ispirazione pantagruelica, dove enor-me è soltanto la libertà di pensare e la gioiadi scrivere. E.N.

Il pragmatismo in tedesco

Esce una nuova edizione della tradu-zione tedesca delle lezioni sul prag-matismo tenute nel 1903 all’Universi-tà di Harvard dal filosofo americanoCharles Sanders Peirce: Vorlesungenüber Pragmatismus (con introduzio-ne e note a cura di Elisabeth Walther,Felix Meiner Verlag, Hamburg 1991).L’importanza dell’opera di Peirce è sta-ta sottolineata di recente in Germaniada Karl-Otto Apel, che ha visto in essauna tappa fondamentale nel processodi “trasformazione semiotica” dellafilosofia trascendentale di Kant.

Come è accaduto per tutte le opere fonda-mentali di Charles Sanders Peirce (1839-1914), anche le Lezioni sul pragmatismohanno conosciuto una notorietà postuma.Dopo ripetuti e vani tentativi di ottenereuna cattedra di logica all’Università diHarvard, dove aveva studiato e dove ilpadre aveva esercitato l’attività di matema-tico, e dopo aver lavorato per il Serviziogeodesico e costiero degli Stati Uniti, Peirceriuscì solo ad ottenere alcuni incarichi an-nuali di logica e filosofia della scienzapresso l’Università John Hopkins diBaltimora, presso il Lowell Institute diBoston e a Harvard. Morto in condizioni diisolamento e povertà, lasciò una gran mas-sa di manoscritti, poi acquistati dallaHarvard University e pubblicati in partenegli otto volumi dei Collected Papers(1931-1958). E’ qui, nel quinto volume,che vennero pubblicate nel 1934 le Lezionisul pragmatismo.A partire dagli anni ’60 l’opera di Peirce èstata riconosciuta nel suo valore, ed è oggiconsiderata alle origini non solo del prag-matismo, ma anche di correnti della filoso-fia americana contemporanea come il rea-lismo critico, l’empirismo logico e il com-portamentismo. In Germania è stato Karl-Otto Apel, fautore di una “trasformazionetrascendental-pragmatica della filosofia”basata essenzialmente sugli strumenti del-l’analisi del linguaggio, a riprendere e asottolineare il valore della semiotica “prag-matistica” di Peirce. A quest’ultima Peirce,che sostiene il carattere segnico di pensieroe linguaggio, assegna il valore di una scien-za filosofica fondamentale, al pari dellalogica e della teoria della conoscenza tradi-zionali. In particolare, la semiotica di Peirceè nota per la presenza in essa - tra i dueelementi essenziali di ogni teoria dei segni,l’oggetto designato, o “significato”, e l’e-lemento designante, o “significante” - di unterzo elemento chiamato “interpretante”,la cui attività interpretativa conferisce, percosì dire, al segno il suo carattere segnico.

Attraverso questa concezione, Peirce met-te così in risalto il carattere pragmatico deisegni, il fatto che i segni hanno origine soloall’interno di quello che con un termine diJürgen Habermas e di Apel possiamo dire“agire comunicativo”.Dalla lettura delle Lezioni sul pragmatismorisulta chiaramente il legame esistente, inPeirce, tra semiotica e pragmatismo: cosìcome la semiotica ha bisogno dell’inter-pretante, in quanto istanza pragmatica perla definizione del segno, così il pragmati-smo nel suo insieme si fonda sul fatto chel’azione o l’effetto diventa il criterio dellaconoscenza e del pensiero; come “il con-cetto di tutti i possibili effetti prodotti da unoggetto è il concetto completo di quell’og-getto”, così il significato di una proposizio-ne teoretica è contenuto nelle sue possibiliconseguenze pratiche. Nelle Lezioni si tro-va anche una concezione gerarchica delrapporto tra le scienze normative fonda-mentali: dal primato dell’azione deriva chela logica (dottrina del pensare in manieracorretta) sia subordinata all’etica (dottrinadell’agire correttamente) e che entrambe sipongano ad un livello di minor generaliz-zazione rispetto all’estetica, che si pone ilproblema del bene in sé, non però, comeavviene nell’etica, dal punto di vista dell’a-zione. Queste tre discipline normative pre-suppongono a loro volta una scienza de-scrittiva fondamentale, che viene caratte-rizzata da Peirce come una fenomenologia.Essa si riferisce da un lato all’esperienzacome all’indubitabile punto di partenza delpensiero, dall’altro stabilisce una triade dicategorie o modalità ontologiche universa-li che l’esperienza stessa presenterebbe: la“primità” (pura possibilità o irrelatività), la“secondità” (relazione, reazione o esisten-za di fatto) la “terzità” (integrazione delleprime due categorie nella generalità dell’i-dea o della norma, razionalizzazione).M.M.

Letteratura gnostica

A quasi venti anni di distanza dallaprima edizione viene nuovamente pub-blicato lo studio di Jacques LacarrièreLes Gnostiques (Gli gnostici, A. M.Métalié, 1992), mentre, sempre in Fran-cia, i più aggiornati risultati della ricer-ca sulla letteratura gnostica vengonoraccolti nel libro di Madeleine ScopelloLes Gnostiques (Gli gnostici, Cerf,Parigi 1991). Così trova un nuovo a-scolto, alle soglie del millennio, la vo-ce di un pensiero radicalmente tragi-co, ma vivo, che proclama l’assurditàdel mondo e dell’esistenza e in tuttanaturalezza unisce la lussuria all’asce-si.

Per gli gnostici - nota Jacques Lacarrière- la creazione non può che essere il prodottodi un Dio malevolo, nemico dell’uomo:«Visceralmente, imperiosamente e in ma-

niera irremissibile gli gnostici riassumonola vita, il pensiero, il divenire umano neitermini di un’opera mal riuscita, limitata,viziata nelle sue più profonde strutture (...)Ma questa critica radicale di tutta la crea-zione è accompagnata da un’altrettanto ra-dicale certezza, che la suppone e la sotten-de: che esista cioè nell’uomo qualcosa chesfugge alla maledizione di questo mondo,un fuoco, una scintilla, una luce che vienedal vero Dio, lontano, inaccessibile, estra-neo all’ordine perverso dell’universo rea-le». Il compito dell’uomo diventa alloraquello di riguadagnare questa luce perduta,sottraendosi alle illusioni del mondo perritrovare l’unità originaria, il regno del Dionascosto.La storia delle sette gnostiche, esplorata daLacarrière, rappresenta il percorso versoquesta origine perduta, a dispetto di ognidogma e ordine costituito. Inaccettabili perla Chiesa, a lungo impegnata in un serratoconfronto dottrinale con i seguaci dellesette gnostiche, considerati sovversivi dal-le autorità politiche, gli gnostici furono apiù riprese sterminati nel corso dei tempi.La forza tragica del loro pensiero, grazieanche ad opere come quelle di Lacarrière edi Madeleine Scopello, continua a negarela storia e ad interrogare gli uomini di oggi.E.N.

Il Novecento filosoficodi Mario Dal Pra

E’ uscito in una nuova edizione rivistae aggiornata il volume dedicato allafilosofia del Novecento della Storiadella filosofia diretta da MarioDal Pra (vol. 10/ La Filosofiacontemporanea/ Prima metà delNovecento, Casa Editrice Vallardi-Piccin Nuova Libraria, Padova 1991).

Nell’ormai lontano 1960 Mario Dal Praaveva progettato una Storia della filosofia indiversi volumi, alla cui realizzazione eranostati chiamati studiosi altamente qualificatiin campo italiano e internazionale. L’opera,certamente la più ampia ed esaustiva attual-mente disponibile, uscì tuttavia solo un quin-dicennio più tardi - tra il 1975 e il 1978 -presso l’editore Vallardi di Milano; e rimanenon solo uno strumento di studio e di con-sultazione di eccellente livello, ma costitui-sce al contempo - e specie oggi, dopo lascomparsa improvvisa di Dal Pra nel gen-naio scorso - testimonianza preziosa di un-’impostazione feconda: di come - in altreparole - si possa ‘fare’ storia della filosofiapur non rivolgendosi ad un pubblico di spe-cialisti senza smarrire il rigore filologico,l’accuratezza nella ricostruzione delle ‘tra-dizioni’ filosofiche, il rispetto di fondamen-tali (ma non sempre adeguatamente ricono-sciuti) canoni di contestualizzazione storica.Non per nulla, presentando nel ’75 il primovolume, Dal Pra teneva a sottolineare comeanche nell’ambito della storiografia filosofi-

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ca occorresse misurarsi «col chiarimento disingoli problemi, con la soluzione di precisedifficoltà, con la paziente estensione delleconoscenze su campi finiti e ben determinatidell’indagine». Preferire «la complessità al-la chiarificazione, l’arricchimento alla siste-maticità, l’estensione documentata ad ogniriduzionismo unilaterale» - aggiungeva DalPra - deve essere criterio imprescindibile diogni opera di storia della filosofia che nonvoglia pervenire alla «rarefazione di unavisione chiusa e sistematica»; e ciò nel pienorispetto, in ogni caso, del «piano strutturaledella filosofia», dei diversi procedimenti,delle differenti tecniche, dei distinti piani diargomentazione in cui si è storicamente rea-lizzata la filosofia nel corso della sua «vicen-da storica».La Storia della filosofia uscita tra il ’75 e il’78 rispecchiava dunque le convinzioni pro-fonde che hanno animato il lavoro storico-filosofico di Dal Pra, anche per quanto ri-guarda il carattere sempre provvisorio e fini-to di ogni tentativo di ricostruzione storica,sia esso parziale, settoriale o - come in questocaso - globale. Non per nulla già nella pre-sentazione al primo volume Dal Pra ponevasull’avviso il lettore di quanto la trattazioneriservata al Novecento fosse necessariamen-te «limitata ed integrabile» in ragione della«singolarissima espansione del dibattito fi-losofico» e del carattere «a volte tumultuo-so» della filosofia nel nostro secolo. Proprioper questo Dal Pra aveva lavorato intensa-mente, negli ultimi anni, a preparare il rifaci-mento del volume dedicato al Novecento,spezzandolo in due tomi rispettivamente de-stinati a trattare la prima metà e la secondametà del secolo, e infine riorganizzando ladistribuzione dei capitoli anche avvalendosidi nuovi collaboratori. Pur in presenza didifficoltà editoriali dovute al fallimento del-la benemerita casa editrice Vallardi e altrasferimento della proprietà dell’opera al-l’editore Piccin di Padova, ha visto così laluce, nei mesi scorsi, la sezione del volumedecimo appunto dedicata alla Prima metàdel Novecento, mentre è in preparazioneintanto il secondo tomo, che Dal Pra avevaaccuratamente predisposto e che si accinge-va a seguire nella preparazione ancora negliultimi giorni della sua vita.Il volume ora pubblicato dà conto in manierainformata e puntuale (grazie anche alla riccaappendice bibliografica) delle principali tra-dizioni filosofiche che hanno animato il di-battito della prima metà del Novecento, spes-so incrociandosi nel comune disegno - cosìDal Pra nelle pagine di presentazione - di darvita ad un «pensiero critico», vale a dire voltoad individuare «le forme che la ragione vieneassumendo a contatto con l’esperienza e conle strutture formali in cui l’esperienza stessaviene organizzata e mediata dalla conoscen-za». Seguendo un criterio cronologico e dipartizione in base alle diverse aree geografi-che, viene in tal modo ripercorsa innanzitutto - grazie alla competenza ben nota diAntonio Santucci - la vicenda della filosofiaitaliana e francese dei primi decenni delNovecento, tra la reazione al positivismo e la

nascita del neoidealismo in Italia e l’affer-marsi del bergsonismo in Francia, per giun-gere alle correnti degli anni Trenta in cui giàsi annunciano alcuni dei grandi temi dellafilosofia del secondo dopoguerra. Parallela-mente Franco Restaino traccia un panora-ma preciso e stimolante della filosofia inInghilterra e negli Stati Uniti: un percorsoche dall’idealismo di fine Ottocento si in-cammina - anche chiamando in causa figure‘minori’ eppure tutt’altro che ininfluenti -verso gli stili analitici di Russell, di Moore edi Wittgenstein, per poi coinvolgere il vivacequadro della filosofia americana tra reali-smo, naturalismo e strumentalismodeweyano.I capitoli sulla filosofia tedesca sono invecestati divisi tra Riccardo Pozzo e PaoloSpinicci: il primo studia le filosofie della vitae della cultura, il secondo affronta, con spun-ti innovativi e sulla base di un’esposizionerigorosa, le ‘avventure’ della fenomenologiahusserliana, della domanda heideggerianacirca il ‘senso dell’essere’ e infine gli svilup-pi dell’antropologia filosofica sullo sfondodelle drammatiche vicende che scandisconola crisi della repubblica di Weimar e l’ascesadi Hitler al potere. Chiude il volume l’ampiasezione che Paolo Parrini ha dedicato airapporti tra scienza e filosofia nella culturatedesca nonché alle vicende dell’empirismologico e della filosofia della scienza: anchein questo caso si tratta di una sintesi felice, incui viene peraltro dato il giusto peso (nonsempre altrove riconosciuto) all’importanzadella discussione sulla teoria della relativitàper la genesi dell’empirismo dei circoli diVienna e di Berlino. In tal modo le pagine diParrini offrono un’ulteriore conferma di quan-to auspicava Dal Pra, ossia che le competen-ze specialistiche e i risultati dell’indaginecondotta in ambiti più ristretti possono con-tribuire potentemente a modificare i quadrigenerali, o magari le ‘storie della filosofia’nel senso più tradizionale del termine. An-che per questo Dal Pra teneva molto a vedercompiuta in veste rinnovata questa Storiadella filosofia, ed è un segno emblematicodella sua lezione di tolleranza razionale e dipassione storiografica che a tale impresaabbiano collaborato non solo gli ‘allievi’, mastudiosi di differente provenienza e forma-zione che si sono riconosciuti in un progettodestinato certamente a contare nel panoramaattuale. M.F.

Heidegger: fenomenologia,psicologia e fondamento.

E’ recente la traduzione italiana di tretesti di Martin Heidegger, a vario tito-lo rilevanti. Il corso di lezioniProlegomeni alla storia delconcetto di tempo (a cura di RenatoCristin e Alfredo Marini, Il Melangolo,Genova 1991) chiarisce alcuni nodi del-l’evoluzione storiografica del suo pen-siero, mentre i Seminari di Zollikon(a cura di Antonello Giugliano e Euge-

nio Mazzarella, traduzione di AntonelloGiugliano, Guida, Napoli 1991) ne e-spongono un aspetto poco noto. Ilprincipio di ragione (a cura diFranco Volpi, traduzione di GiovanniGurisatti e Franco Volpi, Adelphi, Mi-lano 1991) infine, ne approfondisce unmotivo teoretico centrale, la “questio-ne del fondamento”.

Nel semestre estivo del 1925 MartinHeidegger propose all’Università diMarburgo un corso dal titolo “Storia delconcetto di tempo” e dal sottotitolo“Prolegomeni a una fenomenologia di sto-ria e natura”. Del piano di svolgimento delcorso, diviso in tre parti, oltre all’introdu-zione vennero effettivamente svolte solol’introduzione stessa e la prima parte. Perquesto il testo venne pubblicato nel 1979con il titolo di Prolegomeni alla storia delconcetto di tempo, ed è diviso in due parti:la “parte preparatoria”, ovvero l’introdu-zione, e la “parte principale”, ovvero laprima parte del corso. Quest’ultima è, difatto, una prima stesura di Essere e Tempo;la “parte preparatoria”, del tutto inedita, èinvece uno status quaestionis della feno-menologia fra Ottocento e Novecento.Meglio, una resa dei conti, alla luce diquello che per Heidegger era il criteriofondamentale della fenomenologia, l’”an-dare alle cose stesse”, per far emergerequello che era il suo problema, l’articolarsicioè, nella prospettiva fenomenologica, del-la tematica dell’essere e di quella del Dasein.L’affermarsi della ricerca fenomenologicaè letto da Heidegger in relazione al panora-ma filosofico europeo della seconda metàdell’Ottocento: positivismo, neokantismo- che dà un’”interpretazione positivista” diKant - e il corrispondente tentativo da partedi Dilthey di fondazione delle disciplinestoriche. Un contesto di pensiero, dunque,che vede l’affermarsi della cosiddetta “fi-losofia scientifica”, che è tale in un triplicesenso: perché è “teoria delle conoscenzescientifiche”, perché perviene con ciò astabilire un proprio campo e un propriooggetto, e perché infine, riferendo le singo-le discipline all’attività fondativa della co-scienza, tenta di costituire una scienza fon-damentale che si qualifica come psicolo-gia.Su questa strada Heidegger incontraBrentano e Husserl, ovvero la fenomenolo-gia, che per il filosofo di Messkirch costi-tuisce, più che un complesso di dottrine, unindirizzo di ricerca che non può essereriferito mediante l’esposizione dei risulta-ti, ma attraverso la ripetizione delle ricer-che stesse. In questa prospettiva, Heideggerindividua tre “scoperte fondamentali” del-la fenomenologia: l’intenzionalità, l’intui-zione categoriale, il “senso autentico dell’apriori”. L’intenzionalità è la “struttura deivissuti come tali”, che si attua al di quadella “rottura gnoseologica” tra soggetto eoggetto, attraverso la “coappartenenza” diintentio e intentum, atto e contenuto del-l’intenzionamento. L’intuizione categoriale

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Martin Heidegger

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rimanda all’idea di un carattere manifesta-tivo dell’essere degli enti al di fuori diipoteche soggettiviste. Conseguentemen-te, “il senso autentico dell’a priori” sarà ilsuo consistere non in un attributo del sog-getto, ma «nella struttura d’essere dell’es-sere».Qual è allora, a parere di Heidegger, ilpunto critico, la lacuna “fondamentale”della fenomenologia di Husserl e di MaxScheler? La lacuna è l’atteggiamento “na-turalistico” di essa nei confronti del proble-ma dell’essere dell’uomo - e dell’essere ingenerale - quando la fenomenologia si ac-contenta di considerarlo «come essere vi-vente, come oggetto zoologico». TantoHusserl quanto Scheler, recuperando unaprospettiva personalista, restano orientatisu una definizione dell’uomo come animalrationale, e lasciano con ciò non indagatoil suo “modo d’essere”. La loro fenomeno-logia resta con ciò infedele al suo stessoprincipio, quello di andare “alle cose stes-se”: paradossalmente, osserva Heidegger,essa «risulta non fenomenologica...preten-de di essere fenomenologia». Questa non èuna semplice dimenticanza, ma il segno delpermanere di questa prospettiva all’internodi quella ontologica, antropologica e logicatradizionale.A partire da qui, da questi problemi,Heidegger inizia la stesura della “parteprincipale” del corso di lezioni del 1925,ovvero l’abbozzo di quell’analitica delDasein che costituirà due anni dopo il testodi Essere e Tempo. Oltre che dal punto divista storiografico, questo corso di lezioniè dunque particolarmente importante per-ché chiarisce in modo definitivo, più diquanto non faccia l’opera del 1927, nonsolo la posizione di Heidegger rispetto aHusserl, ma la genesi teoretica della stessaquestione heideggeriana dell’essere, a par-tire dall’insoddisfacente impostazione del-la questione antropologica nella metafisicatradizionale.Molto diversa la prospettiva dei materialipubblicati con il titolo Seminari di Zollikon,composti da tre sezioni: il testo, redatto acura dello psicoteraupeta svizzero MedardBoss, degli incontri a carattere privato cheHeidegger ebbe con psicologi e psichiatriper un lungo periodo (dal 1959 al 1969)presso la residenza di Boss, il resoconto diconversazioni tra Heidegger e Boss stesso(dal 1961 al 1972) e, infine, l’estratto dialcune lettere (dal 1947 al 1971) diHeidegger al medico svizzero. Rispetto aquella tedesca, l’edizione italiana è inte-grata da due scritti di Boss, in cui vienesostenuta l’importanza del pensiero del fi-losofo di Messkirch non solo per l’auto-comprensione, da parte della psicoterapia,dei propri presupposti teorici, ma anche peril compito specifico della psicoterapia stes-sa.Già questo può sembrare strano, per chiabbia in mente lo stereotipo di un Heideggerche con il suo “antiumanismo”, più chetenersi alla larga da analisi “concretamen-te” empiriche, considera come indebita e

fuorviante la posizione di chi fa partire lapropria indagine dall’”uomo” e dalla sua“anima”, postulando l’una e l’altra comeentità originarie, alle quali pertengono, co-me “strumenti” o come “accidenti”, pen-siero, linguaggio, morte, malattia, e viadicendo. Heidegger non rinuncia qui a quel-l’antiriduzionismo, derivante, come sotto-linea Eugenio Mazzarella nella sua Intro-duzione, dal rifiuto della frattura ontologi-ca tra il “corpo” - definito in termini mec-canicistici - e la psiche - dove apparirebbela libera intenzionalità.La necessità di precisare il proprio punto divista di fronte a un uditorio che non soloben difficilmente avrebbe potuto sottoscri-verne i presupposti, ma che a stento potevaaddirittura condividerne il linguaggio, in-duce però Heidegger a uno sforzo di preci-sazione per lui relativamente nuovo, chenon è senza riflesso su alcuni aspetti delproprio stesso punto di vista. Non solo enon tanto i temi trattati - la questione delfondamento delle scienze, quella del tem-po, dello spazio e della loro realtà a partiredal loro “essere misurabili”, la questionedella spazialità del corpo come modalitàdel Dasein - ma il metodo stesso con cuiquesti temi sono affrontati da Heideggerriceve una coloritura nuova rispetto agliscritti degli anni Trenta in poi, e riportapiuttosto lo stile e i contenuti delloHeidegger di talune parti di Essere e Tem-po. Anzi, ancor più che nell’analitica delDasein presente in questi Seminari, è lamesse di dati concreti, è il muovere dell’a-nalisi da situazioni empiriche che dà qui untaglio peculiare al metodo fenomenologicoheideggeriano. Ciò che si mostra è certo ilfenomeno, ovvero, come viene definito inEssere e tempo e tematizzato negli scrittiposteriori, l’essere: ma la “questione dellacosa” nei Seminari è più marcatamentequestione delle cose, e si muove da esse edall’esperienza quotidiana.Questa applicazione del metodo fenome-nologico apparenta significativamente quilo stile heideggeriano a quello di altri filo-sofi che si muovono nello stesso ambito diproblematiche, da Husserl a Merleau-Ponty,a Sartre. E’ il caso della questione, frequen-temente ripresa, dell’immagine: quando,nel seminario dell’11-14 maggio 1965,Heidegger arriva a concludere che essa nonè un ente, egli si richiama certo alle proprieanalisi svolte in Kant e il problema dellametafisica (1929) ma, ancor più diretta-mente, a quelle sartriane di Immagine ecoscienza. Parallelamente, se l’esperienzaquotidiana, da cui si muove nei Seminari,perviene alla nozione di Dasein come luo-go di quell’esperienza, ciò avviene semprepartendo immediatamente dall’uomo, cheè l’unica modalità di Dasein che si possaconsiderare.E’ una differenza di accenti, forse, più chedi punti di vista, quella che separa i Semina-ri di Zollikon da opere heideggeriane coevee precedenti. Ma se, come ipotizzaMazzarella, l’inaspettato interesse diHeidegger nel 1947 per l’invito di uno

psicoterapeuta a una collaborazione di pen-siero può avere una motivazione nel trava-gliato momento che il filosofo si trova avivere in quel periodo, certo lo sforzo pro-tratto di Heidegger nel tradurre e divulgarei caposaldi del proprio pensiero non puòspiegarsi senza un preciso interesse teore-tico dell’autore in questo senso. Heideggerentra nello specifico dell’ambito di pensie-ro con cui si trova a fare i conti nei Semina-ri: non solo a livello dei fondamenti teorici- come quando critica Freud e prende in piùoccasioni le distanze dalla traduzione psi-chiatrica dell’analitica del Dasein da partedi Ludwig Binswanger - ma, addirittura,nella presa in esame di casi clinici con iltentativo di fornire, “su questo piano”, in-dicazioni a partire dai propri presuppostifilosofici. Per quanto inopinato, tale tenta-tivo, oltre a gettare luce, dal punto di vistagenuinamente teorico, su un obiettivo diHeidegger, non deve esser apparso del tut-to velleitario agli psichiatri e agli psicologiche partecipavano ai seminari. Perlomenonon a Medard Boss che, nella lezione com-memorativa “Il significato di MartinHeidegger per il lavoro con persone soffe-renti e per l’autocomprensione della psico-terapia”, riportata nell’Appendice, ritenevasi potesse determinare “essenzialmente”l’essere sano e l’essere malato «se a fonda-mento del sapere medico si pongono cometeoria le vedute filosofiche di Heidegger».Di tutt’altro tenore Der Satz vom Grund,l’opera del 1957, tratta da un corso dilezioni del 1955-56 e da una conferenza del1956.Precedendo la sua edizione tedesca nellaGesamtausgabe, l’opera appare ora per laprima volta in edizione italiana con il titoloIl principio di ragione, corredata da unanota illuminante e da un ampio e utilissimoglossario a cura di Franco Volpi.Nella formulazione leibniziana, il “princi-pio di ragione” suona: nihil est sine ratione,«ogni cosa ha un suo fondamento», ovvero«nulla è senza una causa». Heidegger diri-ge la propria critica appunto verso la tradu-zione della “tesi del fondamento” nel “prin-cipio di causalità”. Quest’ultimo rappre-senta uno dei caposaldi della metafisicasostanzialista; con esso si realizza l’obliodella “differenza ontologica” tra l’ente e ilsuo fondamento, l’essere, cui vengono inquesto modo attribuite le stesse modalità disussistenza del primo. Prendendo il termi-ne Grund nel suo senso letterale di “fonda-mento”, der Satz vom Grund finisce pervalere come “la tesi fondamentale sul fon-damento”, il “principio del fondamento”,che diventa a un tempo, come fa rilevareVolpi, «struttura portante della metafisica»e leva nella mani di Heidegger per scardi-narla.Ma come avviene il passaggio dalla consi-derazione metafisica a quella originaria?Come determinare concettualmente, senzafar ricorso al principio di causalità, il fon-damento, cioè l’essere? Heidegger fa quiricorso al concetto di “gioco”, cifra dell’es-sere. Il gioco sfugge alla prospettiva causa-listica della metafisica: come la rosa della

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Perché Lukács

Nell’odierna situazione della culturaeuropea la ricezione di figure qualiquella di György Lukács, in cui la rifles-sione si è spesso intrecciata con l’im-pegno politico, appare alquanto con-trastata. E’ quindi un evento positivo -al di là dei meriti specifici di questanuova edizione - la riedizione di un’ope-ra come L’anima e le forme (a curadi Sergio Bologna, SE, Milano 1991),che appartiene al periodo giovanile,premarxista e “esistenzialista” del fi-losofo ungherese. Alla formazione fi-losofica di Lukács è dedicata anche lostudio critico di Lelio La Porta, Eticae rivoluzione nel giovane Lukács(L’Ed, Roma 1991).

L’anima e le forme, che consacrò la famafilosofica di György Lukács, appartiene alnovero dei testi che l’autore stesso, nelperiodo della maturità, non amava ricorda-re, se non come testimonianza di un ap-prendistato che l’avrebbe portato almarxismo. Per quest’opera, la cui primaedizione italiana risale al 1963, non si puòcerto parlare di “scoperta”, vista la fortunache ha conosciuto negli anni Sessanta eSettanta; ma è certo legittimo chiedersi senon sia in qualche modo significativo ilfatto che proprio quest’opera, nell’estesopanorama della produzuone lukácsiana, siastata privilegiata per una riedizione.La valutazione isolata degli scrittipremarxisti di Lukács, a scapito di quellidella maturità, rischia infatti di dare diquesto autore un’immagine mutila, con un

effetto di misconoscimento, rilevante sulpiano teoretico prima ancora che su quelloesistenziale. Da un lato c’è il rischio di nonvalutare come l’esistenzialismo di Lukácssi muova sullo sfondo di un impianto teore-tico di stampo hegeliano, dove la categoriadella totalità agisce come presupposto, e ilmomento dell’effettualità ogettivata comecriterio di realtà della condizione esisten-ziale. Dall’altro si rischia di trascurare lamatrice etica dell’adesione lukácsiana almarxismo, dove la prassi rivoluzionariadiventa la soluzione “reale”, cioè effettua-le, della scissione spirituale che si manife-sta nella categoria kierkegaardiana dell’an-goscia, o nei personaggi dostoevskijani.La breve monografia di Lelio La Porta èdedicata proprio a focalizzare in Lukács ilrapporto tra etica e politica, dove la primaè “levatrice” della seconda negli anni dellaformazione giovanile. La frequentazionedi Max Weber e l’opera su Dostoevskij,mai realizzata, sono i due momenti attra-verso i quali viene analizzata l’adesione alpartito comunista. Lo studio di La Portacontiene tra l’altro, in appendice, quattor-dici lettere, inedite in italiano, indirizzate aLukács nel 1913 da personaggi della cultu-ra francese, relative alla traduzione france-se de L’anima e le forme, nonché riguar-danti la prima traduzione italiana di unimportante articolo del 1922 suDostojewskij. Il filosofo ungherese, giàcomunista «mentre scrive Storia e coscien-za di classe avendo come referentemetodologico la dialettica hegeliana, pen-sa alla rivoluzione ancora nei termini etico-politici suggeriti dalle problematiche pre-senti nelle opere di Dostojevskij». Lo scrit-tore russo, assieme a Kierkegaard, Hegel,Simmel, Weber e Dilthey, è tra i punti diriferimento del discorso lukácsiano che sisnoda nei diversi saggi che compongonoL’anima e le forme, e che ruota attorno aiconcetti di “anima”, di “vita” e di “forma”.Filo conduttore di quest’opera è la ricercadel senso, che caratterizza la vita autenticain contrapposizione a quella quotidiana eabitudinale. Autenticità cui si perviene conlo sviluppo delle facoltà potenziali dell’uo-mo, del suo “non ancora” che è l’anima, edel loro realizzarsi effettuale nelle forme,«l’unica strada per l’uomo di raggiungerel’assoluto nella vita»; queste ultime sono leimpalcature attraverso cui l’anima dà “sen-so”, nella dimensione della vita autentica,al caos della quotidianità.Se qui la “forma” per eccellenza è l’operad’arte, per il Lukács maturo lo sarà il comu-nismo. Ben più acuto di chi tenta di distac-care il Lukács esitenziale da quello marxistaè allora il giudizio di Lukács stesso, quandonella sua “terza fase”, quella di comunistaortodosso, proprio nella centralità dellacritica, di stampo esistenzialistico, alla “con-dizione umana”, vede una linea di conti-nuità -condannando gli uni e l’altra - tra gliscritti premarxisti e Storia e coscienza diclasse. F.C.

György Luckás nel 1919 (foto G. Arici/G. Neri)

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NOTIZIARIO

NOTIZIARIOE’ attesa per maggio 1992 l’uscitadi una nuova rivista semestrale difilosofia, la INTERNATIONALENZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHIE(Pöschel Verlag Stuttgart). La nuo-va iniziativa editoriale, prendendoatto di una sorta di “provinciali-smo” da cui pare affetto il dibattitofilosofico tedesco attuale, si pro-pone, come denuncia il suo stessotitolo, di accentuare il carattere in-ternazionale del proprio interventofilosofico. Il progetto non intendesolo “internazionalizzare” temi eproblemi della tradizione filosofi-ca tedesca, ma anche di creare al-l’interno di essa un proficuo dialo-go con le questioni filosofiche pro-prie di altre realtà culturali, con loscopo di superare ogni forma direciproca unilateralità. Per questomotivo la stessa trattazione di au-tori e tematiche “classiche” dellastoria della filosofia non vengonotanto affrontate da un punto di vi-sta meramente storico-filosofico,quanto piuttosto analizzati alla lu-ce della loro reale rilevanza ed at-tualità nel dibattito filosofico con-temporaneo. In questa prospettivasi collocano i temi dei primi fasci-coli della rivista: l’ermeneutica (1/92), Cassirer, Benjamin, Nietzsche,gli Antichi, etc., con articoli inlingua tedesca, francese ed ingle-se.A ribadire il carattere internazio-nale della rivista concorre la parte-cipazione al comitato scientificodi grosse personalità del mondofilosofico internazionale, non solotedesco, quali Gottfried Boehm,Luc Ferry, André Laks, CharlesLarmore, Hans Peter Schütt, Fran-co Volpi, Heinz Wismann

E’ recentemente comparso il volu-me relativo al 1990 degli ANNALIDELLA FONDAZIONE UGO SPIRI-TO. La Fondazione ha iniziato lapropria attività nel 1981, due annidopo la morte di Ugo Spirito, e giàdopo cinque anni è stata in grado dipresentare la bibliografia delle o-pere del filosofo. L’idea della pub-blicazione degli Annali risale al1987 e si concretizza nel 1989,quando compare il primo volumedella serie. La finalità di questainiziativa editoriale, a cadenza an-nuale, è legata non solo alla neces-sità, messa in luce da più parti, ditenere aggiornati i lettori sugli stu-di e le pubblicazioni riguardantiUgo Spirito, ma anche di aprirenuove vie di ricerca, servendosidel ricco patrimonio documentariorappresentato dall’ Archivio-Spi-rito, conservato presso la Fonda-zione. Per quest’ultimo aspetto ap-pare particolarmente importante lasezione “Inediti” del volume degliAnnali, all’interno della quale tro-viamo uno scritto di Ugo Spiritodal titolo: L’io e le sue implicazio-ni, con una introduzione di Vitto-rio Mathieu, e la pubblicazione in-tegrale degli “Atti del Convegnoitalo-francese di studi corporatici”(1935), a cura di Giuseppe Parlato.

della realtà” come l’effetto dell’uni-versalizzazione di un modo di pensa-re e vedere il mondo, declinato almaschile. La “prossimità alla vita”tipica delle donne - da intendersi peròin un senso nuovo - presenterebbe inquesta prospettiva la possibilità diaccesso ad una realtà diversa.

Gli archivi del filosofo franceseLOUIS ALTHUSSER, scomparsonel 1990, sono stati ceduti daglieredi del fi losofo al l’Inst i tutMemoires de l’Edition Contem-poraine di Parigi. Oltre a migliaiadi volumi della biblioteca privatadi Althusser, del lascito fanno par-te manoscritti, appunti e lettere dipensatori come Gilles Deleuze,Jacques Derrida, Jean Guitton eJacques Lacan. Nei programmidell’Istituto parigino ci sono la pub-blicazione dei carteggi di Althussere di una serie di testi filosofici eletterari finora sconosciuti, tra cuiun’opera autobiografica dal titoloL’avenir dure longtemps, scritta dalfilosofo negli anni trascorsi in unaclinica psichiatrica dopo l’uccisio-ne della moglie in un raptus difollia, e il Diario della prigionia,risalente agli anni tra 1941 e 1945,quando Althusser venne internatoin un campo di prigionia in Germa-nia. I materiali disponibili pressol’Archivio-Althusser dovrebberoessere accessibili al pubblico edagli studiosi a partire dalla primametà del 1992.

Si è spento all’età di 68 anni ilfilosofo della scienza di fama in-ternazionale WOLFGANG STEG-MÜLLER, considerato uno dei mag-giori pensatori tedeschi viventi.Nato nel 1923 in Tirolo, Stegmüllerstudiò filosofia ed economia poli-tica a Innsbruck. Grazie ad unaborsa di studio lavorò alcuni annicon Quine, e fu tra i primi a intro-durre in Germania i temi della filo-sofia analitica. All’età di 24 anniscrisse il primo volume della suacelebre opera Hauptströmungender Gegenwarts-philosophie (Cor-renti fondamentali della filosofiacontemporanea), il cui ultimo vo-lume è apparso poco prima dellamorte. Chiamato all’università diMonaco nel 1958, all’età di 35 anni,fondò qui un “Istituto di filosofiadella scienza” che ebbe ben prestonotorietà internazionale. Nella suaopera Probleme und Resultate derWissenschafts- theorie undanalytischen Philo-sophie (Proble-mi e risultati della teoria dellascienza e della filosofia analitica)Stegmüller ha ricostruito critica-mente la situazione della ricercanell’ambito della filosofia dellascienza, proponendo, col titolo di“nuovo strutturalismo”, un pro-gramma di ricostruzione dellescienze.

creativa positiva. Riferendosi da unlato a Marx e al suo concetto di fetici-smo delle merci (le cose perdono, inquanto merci, il loro “carattere sensi-bile”), e dall’altro ad autori comeJean Baudrillard e Guy Debord, PeterWeibel individua nelle tecniche digi-tali il compimento di una “smateria-lizzazione della realtà” e nella tecnicaun “linguaggio dell’assenza”. Nel-l’orizzonte di una riflessione sulleimplicazioni delle nuove tecnologieper la nostra percezione del mondo sisituano anche gli interventi di VilémFlusser e Rudolph Jula. Descrivendoil mondo attuale come “un oceano dionde spumeggianti di possibilità”Flusser intende sottolineare gli aspet-ti positivi e creativi delle nuove tec-nologie, che farebbero dell’essere u-mano il creatore di una molteplicitàillimitata di mondi e metterebberofine alla dominio tirannico di unarealtà unica. Jula mette invece a con-fronto il rapporto del cristianesimo edelle nuove tecnologie con la mate-ria, individuando in entrambi un’ina-deguatezza. Comune al pensiero cri-stiano e alla mentalità tecnologicasarebbe una sorta di struttura magico-metafisica che si esprime da un latonei tentativi di carattere magico delletecnologie di smaterializzare il mon-do, dall’altro negli artifici metafisicidei prodigi di natura religiosa. Sulsignificato delle utopie nel mondoattuale si interrogano Georg Kohler eAndreas Kuhlmann. Kohler mette inrelazione tale questione col tema filo-sofico della totalità. Dalla morte diHegel le diverse filosofie non avreb-bero fatto altro che tematizzare l’im-possibilità di attingere una totalità.Ma che ne è, si chiede Kohler, del“totalmente altro”? Secondo AloisMartin Müller, il progetto della mo-dernità e il programma dell’Auf-klärung hanno condotto ad un mondode-magicizzato e de-mitizzato, sosti-tuendo però ai miti e alle forme magi-che tradizionali il mito e il culto dellaragione. In queste condizioni solouna critica della ragione condotta daun punto di vista estetico sarebbe ingrado di compensare la perdita diesperienza dell’individuo contempo-raneo. Alla tematizzazione di un con-cetto di realtà differenziato ricondu-cono gli interventi di Isolde Schaad eDonata Schoeller. La prima invita acoltivare la “piccola differenza” trauomo e donna e le differenziazioninel concetto di realtà in essa implici-te. La seconda intende la “scomparsa

Nella sezione “Saggi” compaionoun articolo di A. Rigobello, UgoSpirito: dal problema all’afferma-zione, dedicato al “problematici-smo” spiritiano, atteggiamento teo-retico che viene applicato non soloalla filosofia, ma anche ad altriambiti culturali, ad esempio le que-stioni di natura etico-politica, e unsaggio di H. A. Cavallera dal tito-lo: L’occhio del pensiero: Ugo Spi-rito tra gli anni ’60 e gli anni ‘70.

E’ dedicato alla filosofia, e in partico-lare al tema monografico: DasVerschwinden der Wirklichkeit (Lascomparsa della realtà) il numero dinovembre 1991 della rivista zurighe-se di cultura “DU”. Il numero si aprecon una serie di profili di alcuni pen-satori che tentano con la loro attivitàdi aprire la filosofia alla discussionedi questioni di attualità culturale insenso ampio: Nelson Goodman, HansBlumenberg, Jürgen Habermas, Jean-Francois Lyotard, Jacques Derrida,Richard Rorty, Marvin Minsky,Francis Fukuyama. Ad essi segue laparte monografica vera e propria del-la rivista. Il tema della “scomparsadella realtà”, che dà il titolo a questonumero, è inteso dai redattori dellarivista in due accezioni. Da un latol’interrogarsi circa il senso e la validi-tà della nostra esperienza e realtà quo-tidiana costituisce da sempre il puntodi partenza della filosofia che, siapure da diversi punti di vista e condiversi intenti, si chiede quale sia ilvalore delle nostre conoscenze e dellanostra esperienza del mondo. Dal-l’altro, nelle condizioni della societàdei mass-media, del computer e delletecniche di simulazione della realtà iltema assume una configurazione piùspecifica, e viene ad implicare unadiscussione ed una presa di posizionerispetto a questioni teoretiche, politi-che e ideologiche che riguardano ilsenso stesso della civiltà europea inquanto civiltà dell’Aufklärung. Di-versi sono gli approcci e i tentativi diinterpretazione del tema proposto dal-la rivista. Peter Sloeterdijk intende la“scomparsa della realtà” come un esi-to dell’epoca nichilistica in cui vivia-mo, ma, indicando l’esigenza di ri-prendere alcuni elementi dell’avven-tura culturale del surrealismo, vedenella scomparsa della realtà non soloil dato, da accettare passivamente, diun’epoca di crisi, ma una possibilità

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CONVEGNI E SEMINARI

CONVEGNI E SEMINARI

Gramscia cent’anni dalla nascita

Un convegno internazionale dedicatoa Gramsci e l’Italia, svoltosi al-l’Università di Urbino nei giorni 24 e 25gennaio 1992, chiude il centenariogramsciano per riaprire un nuovo ciclodi celebrazioni relative alla fondazionedel Partito Socialista. Non di pura con-tinuità cronologica si tratta. Il conve-gno di Urbino ha voluto mettere inluce il profondo legame tra i due even-ti, riferendo l’opera e l’impegno politi-co dell’intellettuale comunista all’e-sperienza storica e ideale della sinistranel nostro paese. In tale contesto, pun-ti nodali della storia e della culturaitaliana hanno trovato un intreccio fe-condo sia con la lettura che Gramscidà di tali “questioni”, sia con i proble-mi del nostro tempo. Gli interventi,articolati in tre sezioni - il rapporto diGramsci con la cultura contempora-nea, la tradizione socialista e le originidel comunismo italiano - hanno tuttisottolineato, pur nella specificità deitemi trattati, l’attualità di un discorsoche connette indagine storica, proget-tualità politica e esigenze di rinnova-mento culturale.

Domenico Losurdo ha riproposto la vitali-tà del teorico dei “tempi lunghi” della tra-sformazione sociale, di contro alle visionischematiche del “crollismo”, tendenza cheattraversa il marxismo novecentesco finoalla Scuola di Francoforte. Ad una diversateoria della rivoluzione, in cui centrali sonogli elementi ideologici e soggettivi, si ac-compagna in Gramsci tanto l’uso di catego-rie (come quella di “rivoluzione passiva”)che sottolineano la complessità della for-mazione capitalistica, il modo in cui essamantiene e riproduce se stessa, quanto lacritica al “mito” dell’estinzione dello Stato,anch’esso espressione di quel determini-smo “antistoricistico” che costituisce unodegli obiettivi polemici più ricorrenti neiQuaderni. Se il rifiuto di ogni “catastrofi-smo” opera una rottura tra Gramsci e latradizione, nella “riqualificazione” dellafilosofia della prassi, il rapporto con l’ere-dità storica ricopre però in Gramsci unruolo essenziale: il confronto critico e co-

struttivo con le punte alte del pensierooccidentale, da Hegel a Croce, da Marx aLabriola, diviene la condizione dell’auto-nomia e “sistematicità” della nuova conce-zione del mondo che si vuole costruire.Su un altro versante, Morice Finocchiaro,di area anglosassone, ha messo in luce unaspetto piuttosto trascurato nella letteratu-ra gramsciana, l’influenza di Gaetano Mo-sca, pensatore molto noto negli anni Ventie Trenta e che, a sua volta, mette mano adun progetto di scienza politica. Analogie dimetodo e di contenuto si rintracciano in piùluoghi dei Quaderni. Entrambi svolgonoanalisi elitistiche del meccanismo elettora-le; dopo l’ascesa di Mussolini al potere idue tengono discorsi parlamentari simili,sebbene dettati da motivazioni differenti;entrambi ammettono il principio base dellanecessità del ruolo di governo di minoran-ze attive organizzate. Affrontando più di-rettamente il tema del Convegno, AndreaCatone ha poi insistito sull’attualizzazio-ne che oggi è possibile operare riguardo aigiudizi che Gramsci riserva alla tradizionedel socialismo riformista. Cruciale è lacategoria di “Lorianismo”, che nella so-stanza denuncia come fattore responsabiledella subalternità politica e della frantuma-zione dell’antagonismo sociale la mancan-za di una cultura critica capace di ritradursiin una efficace azione di massa.Ritornano anche qui motivi ricorrenti intutto il dibattito: l’antipositivismo cometratto distintivo del marxismo di Gramsci;la sua capacità di rielaborare istanze prove-nienti da differenti sistemi di pensiero (ilneo-idealismo, la teoria liberale di Gobetti,il meridionalismo di Salvemini); la neces-sità di una lettura che non isoli l’elabora-zione concettuale dal contesto in cui si èsviluppata; la funzione determinante nellabiografia gramsciana di esperienze come ilFascismo, la guerra mondiale, il movimen-to dei Consigli, il giolittismo. Al fondo ditutto questo, l’utilità per il nostro presentedi una proposta di pensiero che mai appro-da - e anzi avverte continuamente comerischio - né ad esiti relativistici, né allecertezze di un pensiero conclusivo e com-piuto in se stesso. E quindi il valore e lamodernità di un pensiero che si autocom-prende come esercizio ermeneutico, “filo-logia vivente”, e che, se da un lato è aboli-zione di gerarchie mentali e materiali, ac-

certamento e rispetto dei fatti particolari,dall’altro combina il rifiuto di ogni sche-matizzazione con una riflessione apertaalla verifica della storia, accogliendo la“lezione” di un passato che illumina lecontraddizioni del presente e apre nuovevie nel futuro.In quest’ultimo punto molti studiosi hannorintracciato la fecondità della riflessione diGramsci, l’interesse che giustifica una cosìlarga fortuna anche in luoghi lontani, nelleproblematiche, dal contesto specifico delnostro paese, come del resto dimostrano letante iniziative, anche editoriali, in pro-gramma nel mondo in quest’anno di cele-brazioni. Da Turi a Nuova Dehli moltesono state infatti le occasioni di incontro,non solo accademiche. Importanti conve-gni si sono svolti in Germania, dove tral’altro si prepara l’edizione tedesca deiQuaderni, e in Spagna, su “Gramsci,Lukács e il marxismo occidentale”; gruppidi ricerca si diffondono in America Latinae in Medio Oriente, mentre dagli StatiUniti, dove Gramsci figura tra gli autoripiù citati, oltre la traduzione inglese deiQuaderni del carcere in edizione critica, ègiunto un contributo molto atteso, laBibliografia curata da J. Cammett (trad. it.,Editori Riuniti, Roma 1991), che raccoglie7.000 scritti su Gramsci in 28 lingue, ap-parsi tra il ’22 e l’88. Testimonianze questedei tanti e diversi percorsi che si dipartonodall’opera di Gramsci, legittimati, si po-trebbe dire, da quella stessa “consapevo-lezza geopolitica” che attraversa quest’o-pera.Se da un lato la ricchezza delle interpreta-zioni si motiva, a livello internazionale,nelle diverse esigenze politiche e culturaliche conducono a “rileggere Gramsci”, e,dall’altro, in un’attenzione all’ “originali-tà” del suo pensiero, in Italia la storia dellasua ricezione appare molto più irregolare.L’attenuazione di quell’atteggiamento“schierato”, che ne ha inficiato per lungotempo la comprensione, così come dellatendenza ad un uso strumentalmente poli-tico del suo pensiero, è fatto degli ultimianni; solo oggi pertanto si profila concreta-mente la possibilità di un confronto real-mente libero, in grado di offrirci un’imma-gine di Gramsci forse più scomoda, masicuramente più viva, anche se meno rassi-curante. Da qui, allora, l’opportunità di

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Fonderie Franchi Gregorini di Brescia (1910)

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cominciare a far dialogare tra loro punti divista differenti, gli anti-gramscismi e i gram-scismi “inconsapevoli”, le ragioni del si-lenzio degli anni ’80, le interpretazioni“codificate” dell’estinto Partito Comuni-sta, le letture più sotterranee, ma non menosignificative, dei teorici della Nuova Sini-stra.E’ questa l’indicazione che viene da altritre importanti Convegni tenutisi a Pavia(17-19 ottobre 1991), a Bari (25-27 ottobre1991), organizzato da intellettuali militantinel movimento per la Rifondazione Comu-nista, e a Siena (3-5 novembre 1991). In-tense giornate di studio che hanno messo inluce l’importanza di ripartire da Gramsci,misurandone limiti e attualità, per riappro-piarsi di uno spazio autonomo di elabora-zione, per rimettere in circolazione quella“intelligenza critica” che le pretese omolo-ganti di una cultura di potere vorrebberosconfitta. E anche occasioni per “fare ilpunto” sullo stato attuale della ricerca, inparticolare a Pavia dove a questo problemasono state dedicate tre sezioni del Conve-gno: il “laboratorio gramsciano”, che haaffrontato questioni relative alle edizionicritiche degli scritti pre-carcerari e alletraduzioni straniere; una parte più tecnicariguardante il “lessico” gramsciano, in cuiDario Ragazzini ha illustrato il progetto,da lui avviato all’Università di Firenze, di“informatizzazione” dei Quaderni del car-cere; una tavola rotonda sui “nuovi contri-buti alla biografia”, recentemente pubbli-cati da Aldo Natoli (Antigone e il Prigio-niero, 1990), Giuseppe Fiori (GramsciTogliatti Stalin, 1991) e A. A. Santucci(Lettere 1908-1926), tutti al presenti aldibattito.Di particolare interesse anche l’incontro diSiena (Certosa di Pontignano) per i temiaffrontati e la ricchezza del confronto connumerosi intellettuali stranieri. «Le grandimasse si sono staccate dalle ideologie tra-dizionali, non credono più in ciò in cuicredevano. La crisi consiste appunto nelfatto che il vecchio muore e il nuovo nonpuò nascere; in questo interregno si verifi-cano i fenomeni morbosi più svariati»:raccogliendo gli spunti e le sollecitazionicontenute in questo passo tratto dai Qua-derni e datato 1930, assunto a titolo eintroduzione del Convegno, i partecipantihanno svolto un’ampia riflessione su trenuclei tematici: “Passato e Presente (1930-1990)”, “Un nuovo internazionalismo”,“Pessimismo dell’intelligenza, ottimismodella volontà: la politica”. Costante anchequi l’attenzione a un “metodo” che è essostesso impegno consapevole e progetto ditrasformazione, come ha sottolineato BirgitWagner dell’Università di Vienna, e cometale inseparabile da indicazioni e propostepolitiche, soprattutto in un intellettuale “or-ganico” la cui operatività, anche postuma,non è mai isolabile dall’elaborazione teori-ca. Un metodo, come ha ribadito GiuseppePrestipino che permette di ripensare lafunzione degli intellettuali contemporaneiche, se non possono più definirsi “colletti-

vi”, non possono però nemmeno abdicareal ruolo di “educatori” e “diffusori” di unacultura critica in grado di contrastare l’im-perante specialismo, che nel momento incui frantuma i saperi e legittima logicheparticolaristiche, apre spazi preoccupanti apremoderni universalismi. In questo senso,una “riforma intellettuale e morale” checrei un “nuovo conformismo” di massaassume una rilevanza rivoluzionaria, pro-ponendosi di modificare stili e pratiche divita oltre che di pensiero. La domanda diuna cultura irriducibile alle “compatibili-tà”, che ridefinisca la soggettività antago-nistica dei gruppi subalterni, contiene strut-turalmente la trasformazione: è ancora l’im-perativo gramsciano dell’”Anti-Croce”, sucui si è soffermato lungamente ArcangeloLeone De Castris al Convegno di Bari; èl’attualità delle teorie del “blocco storico”e dell’”egemonia” le quali, concependounitariamente la sfera etico-culturale e iprocessi economico-politici, rilevano lacentralità del ruolo pratico-operativo del-l’ideologia.E ancora un’indicazione di metodo vie-ne, ha sostenuto Valentino Gerratana,dalle note di “Passato e Presente”, larubrica dei Quaderni pensata come luo-go di verifica di tesi elaborate in altresedi (di analisi storica, ad esempio), nonsolo per la cautela critica che Gramsciusa quando affronta nodi e questionicruciali, come appunto il nesso tra attua-lità e tradizione, ma per il messaggio cheesse ci lasciano: un monito contro i ten-tativi di liquidazione sommaria del no-stro passato e la vuotezza di un presenteeternizzato. Tanto più, ha ricordato J. A.Buttigieg riferendosi alla situazione a-mericana, in un’epoca in cui non sembrapiù lecito parlare di “crisi” e in cui agrandi speranze di liberazione si intrec-ciano vecchie politiche e pratiche di do-minio. Contro miopi trionfalismi e ras-segnate autocritiche, Gramsci può oggifornirci utili strumenti di indagine pervalutare criticamente il nostro presente,come ha anche rilevato Giorgio Barat-ta, soffermandosi sulla doppia prospet-tiva, “industrialista” e “meridionalista”,che consente a Gramsci di comprenderetanto la globalità dei processi storici,quanto le “piccole” trasformazioni, equindi di cogliere a livello teorico larealtà del conflitto tra logiche particola-ristiche dello Stato-nazione e progressi-va internazionalizzazione dei sistemi pro-duttivi.Da Gramsci giunge allora a noi il compi-to di continuare a vivificare la sua “ere-dità”, permettendole di continuare adagire sulla nostra realtà soprattutto inun’epoca di “normalizzazione” in cui lacultura “ufficiale” vorrebbe considerare“antistoria” la tradizione politica e idea-

le del movimento operaio. C.R.

Meditazioni filosofiche attuali

Nell’ambito delle attività seminarialidell’Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici di Napoli, dal 21 al 25 ottobreSalvatore Veca ha presentato Cinquemeditazioni filosofiche sulla sa-lienza che nozioni quali linguaggio,verità, giustizia, valore e significatodella vita hanno per gli esseri umani,in quanto animali parlanti o agenti.

Il discorso si è sviluppato sullo sfondo dellatensione tra svolta linguistica, che assumeil linguaggio come l’unica via di accesso alpensiero, e svolta pragmatica, che conside-ra i problemi filosofici dal punto di vista delsoggetto che agisce in una comunità disoggetti agenti. La prima questione che sipone è di riconoscere al linguaggio l’im-portanza che gli spetta, per il fatto che nontutto è linguaggio e che la sua portata èintrinsecamente limitata. Parlare un lin-guaggio è solo una parte del gioco linguisti-co e fra attività linguistiche e attività nonlinguistiche, o transazioni in un intornonon linguistico.Riprendendo la linea di argomento propo-sta da M. Dummet a proposito dei nostrigiochi di ricerca della verità, SalvatoreVeca insiste sull’importanza degli interes-si e delle finalità per cui classifichiamo glienunciati in veri e/o falsi, per cui descrivia-mo il significato di un asserto enunciando-ne le condizioni di verità. La connessione ètra significato, verità e metodi (attualmen-te) disponibili per la giustificazione, dovela nozione di giustificazione è legata aquella di condizione di appropriatezza (per-tinenza) situazionale e questa, a sua volta,dipende da fattori linguistici e da fattorinon linguistici. Il punto rilevante, allora, èche le nozioni di verità e di falsità nonpossono essere indipendenti dai nostri me-todi per riconoscerle, dal punto di vista diagenti che siano interessati o per cui siaimportante poter asserire enunciati veri.Se l’adozione di ragioni impersonali è per-tinente per questioni relative alla verità,nell’ambito dell’etica normativa emerge lapriorità della nozione di “identificazionecon altri”, come possibilità dell’altruismo.La tesi di Veca è che la trasformazione delkantismo operata da Wittgenstein, da unlato, e da Peirce dall’altro, riabilita un filo-sofo come Hume col suo resoconto (in-completo) sull’insorgenza della moralità.Ciò che è rilevante in etica non è il saltokantiano del sentimento alla ragione, ma ilpasso humiano dell’io all’altro, l’esperien-za familiare della immedesimazione, o quel-la falda minima di mutualità di riconosci-mento per la quale è possibile convertire leragioni in motivazioni per scegliere e peragire. Su questa base si connettono giusti-zia e valore o, come suggerisce B. Moore,disvalore.L’intento di Veca è quello di connetteresofferenza (disvalore) e dignità umana (au-

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mettendo in chiaro, soprattutto, come laArendt abbia saputo distinguere il giudizioriflessivo kantiano dalla phronesis aristo-telica. L’attualità della concezione kantianarisulterebbe dal fatto che essa rende possi-bile l’agire comune laddove le tradizioniche affermano un’idea di comunità, di po-lis, risultano demolite. Riprendendo questeconsiderazioni, Otto Kallscheuer ha mo-strato invece come nell’impostazione dellaArendt il concetto di giudizio politico siconverta in prassi, avvicinando in questo lafilosofia al reportage, mentre esso vienesprofondandosi nel “tumulto delle opinio-ni”.Infine Michael Greven ha preso in consi-derazione le difficoltà mostrate dalla Arendtrispetto alla questione di come la realtàpolitica degli ebrei possa presentarsi in unmondo dominato da Stati nazionali. Grevenha difeso la fiducia arendtiana nella possi-bilità di un agire rivoluzionario spontaneo,che non si rassegna di fronte a “sistemi”divenuti autonomi. J.F.

Emilio Agazzi, in ricordo

Se i ricordi, le testimonianze e le rifles-sioni post-mortem non riescono certoad esprimere completamente il luttoper una scomparsa, le manifestazionicommemorative si possono però tra-sformare, a distanza, in un’occasioneimportante per riallacciare le fila e ri-congiungere le tappe politico-culturalidi un uomo, di un filosofo che ha per-corso e conosciuto momenti storici egenerazioni diverse di questo secolo.Così è avvenuto nel corso della serataPer Emilio Agazzi. Ricordi etestimonianze, organizzata il 23 gen-naio 1992 presso la Casa della Culturadi Milano.

L’esperienza di docente, prima ai licei, poiper vent’anni all’Università degli Studi diMilano con la cattedra di Filosofia dellaStoria, unita alla militanza politica in parti-ti istituzionali e movimenti, hanno fatto sìche la vita intellettuale di Emilio Agazzisia stata alquanto composita. Gli interven-ti, scritti e orali, esposti nel corso di questaserata commemorativa, hanno messo inluce la varietà degli interessi di Agazzi e lasua disponibilità ad aprirsi a sempre nuoveinterpretazioni, in modo antidogmatico, purmantenendo ben saldi alcuni principi eregole deontologiche. La “ragione” praticakantiana, unita all’idea dell’emancipazio-ne marxista, è stato il punto focale da cui èdipartito il fascio di interessi di Agazziverso le questioni storico-teoriche e politi-co-economiche.Ma la serata dedicata ad Agazzi è stataanche l’occasione per commemorare indi-rettamente un’altra recente scomparsa, cheha profondamente colpito il mondo dellafilosofia: quella di Mario Dal Pra, collegae amico di Agazzi. La lettera inviata appo-

tonomia) per una teoria politica normativa.A tal fine egli rivaluta la forza dell’utilita-rismo, come filosofia politica e morale, pervia dell’accentuazione che essa ha postodell’idea di sovranità delle preferenze indi-viduali. La questione principale, tuttavia,concerne i limiti dell’utilitarismo, il qualeconsiderando gli individui come mere lo-calizzazioni di desideri, scopi o preferenze,non riesce a mettere a fuoco gli aspetti diautonomia (kantianamente di dignità) del-le persone, in quanto agenti liberi di sce-gliere come descriversi e con chi identifi-carsi. L’idea di autonomia tocca la nostraidentità di agenti nel tempo; essa presuppo-ne reti stabili di riconoscimente per le qualiadottiamo determinati vocabolari di identi-tà. La stabilità dell’identità nella duratacostituisce una pre-condizione minimaleper individuare chi soffre. In una prospetti-va, quindi, che vada oltre i limiti dell’utili-tarismo il modello di disvalore sociale,civile e politico coincide con l’esperienzadella “esclusione” da una comunità di par-lanti e agenti. Si tratta di una esperienzasimile a quella della “umiliazione” di cuiparla Rorty e il cui effetto devastante èappunto l’erosione dell’autonomia, ossiadelle basi dell’identità individuale e collet-tiva.Sullo sfondo di queste premesse minimalis’innesta l’ultima questione affrontata daVeca, la questione del significato dellavita. Se dal punto di vista dell’osservatoreesterno (di tipo platonico) il significato diuna vita emerge nel trascendimento dellimite individuale, dal punto di vista dell’a-gente (e paziente) è proprio il limite tempo-rale ciò che dà significato alla vita. Allamorte, infatti, è legata la possibilità di so-stenere “desideri categorici” che hanno ache vedere con il nostro futuro, ma non conla desiderabilità della soppravvivenza (iltedio dell’immortalità). La filosofia in de-finitiva non può intrinsecamente dare “la”risposta alla questione del significato dellavita. Tuttavia, nota Veca, vi sono circo-stanze in cui la ricerca di un senso haimportanza per noi e dopo tutto una vitariflessiva è una vita che di fatto si ponel’enigma del significato. A.S.

Il futuro del politico

La Hessische Rundfunk ha organizza-to a Marburgo nel novembre1991 unsimposio sul tema: Il futuro delpolitico. Hannah Arendt e lepossibilità di un nuovo inizio.

Ottfried Höffe ha messo in guardia dal nonlasciarsi indurre in una “cattiva utopia”dalla concezione del politico della Arendt;questa concezione infatti dissolve, per e-sempio, la concorrenza che oggi viene sem-pre più sviluppandosi tra le limitate risorsedella terra e la norma della giustizia. ErnstVollrath ha sollevato nuovamente la con-cezione arendtiana del giudizio politico,

sitamente da Dal Pra alla Casa della Cultu-ra per ricordare Agazzi costituisce infatti ilsuo ultimo scritto, prima della morte. Que-sta coincidenza è stata sottolineata, in par-ticolare, da Giancarlo Bosetti che ha ricor-dato i due filosofi come «appartenenti aquelle generazioni di intellettuali che sonostati parte di un grande movimento politi-co, che aveva come base sociale la “classeoperaia”. Non solo gli avvenimenti dell’89,ma la crisi già ampiamente visibile di unvecchio ordine ideologico aveva rimessoin discussione tutto già negli anni ’70.Agazzi, Dal Pra e altri hanno vissuto, insie-me a noi, tutte le sofferenze di questopassaggio».La lettera di Dal Pra si sofferma tantosull’amico, quanto sul collega. Nei ven-t’anni trascorsi insieme all’Università diMilano, Agazzi - così afferma esplicita-mente Dal Pra - «ha trovato in me uncostante e vivo appoggio ai principali svi-luppi della sua riflessione filosofica; ma hopresente la sostanza di questa sua riflessio-ne e l’impegno di lui posto nel collegarlacon un impegno attivo regolarmente svoltoper la trasformazione concreta del mondostorico e degli aspetti più significativi dellaprassi operativa».Già a partire dagli anni ’50 Agazzi fondevanella sua ricerca il tentativo di ripensare ilmaterialismo storico con l’esame delle cri-tiche rivolte a Marx da intellettuali comeBenedetto Croce. Arturo Colombo si èsoffermato, in proposito, sull’opera diAgazzi: Il giovane Croce e il marxismo,edita alla fine del 1962, una decina di annidopo la morte di Croce, quando però con-tinuavano ancora a dominare i devoti di-scepoli del verbo crociano. Agazzi era allo-ra legato a gruppi di neo-marxisti e all’aladel socialismo italiano facente capo aRaniero Panzieri e alla rivista “Mondo ope-raio”. A parere di Stefano Merli, moltisono i meriti di questa corrente all’internodel dibattito italiano sulla “destalinizzazio-ne” e sui fatti d’Ungheria: «l’elaborazionedi Emilio Agazzi, dei gruppi neo-marxistie della sinistra socialista panzieriana fufortemente innovativa rispetto al quadropolitico e culturale della sinistra italiana;pur tuttavia si muoveva ancora nell’otticadella “riforma del comunismo” di cui vascoprendo i germi sia in alcuni gruppi diavanguardia occidentale, sia in alcune e-sperienze di base in URSS, Jugoslavia eCina». La sinistra italiana non era certa-mente unita su questi punti, anzi il dibattitoera alquanto acceso. E’ anche quanto haricordato Cesare Cases, che mettendo inrilevo la «straordinaria onestà speculativadi Agazzi che portò poi a un riavvicinamentotra i due» ha ricostruito la sua polemica - direcente ripubblicata - con Agazzi nel 1958a proposito del libro di Giulio Preti, Praxised empirismo.Gli interessi teorici e politici di Agazzinegli anni ’50-’60 ebbero come epicentronon solo Milano e Pavia, bensì Torino,dove egli ebbe l’occasione di curare pressol’Accademia delle Scienze i lasciti di Piero

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Martinetti, su cui Agazzi aveva scritto lasua tesi di laurea a Genova con Sciacca. DiAgazzi a Torino Norberto Bobbio ha ri-cordato la collaborazione con la casa editri-ce Einaudi, dal libro su Croce alla cura deLa filosofia indiana di Radhakrishnan.«Uomo mite, incapace di gesti clamorosi»,Agazzi - ha fatto notare Bobbio - «militòdisinteressatamente in partiti di sinistra,dalla parte dei piccoli gruppi che sonodestinati ad avere sempre torto». Pur aven-do condiviso, come altri intellettuali deglianni ’50, la scelta dell’impegno analitico eanti-ideologico, "Agazzi - aggiunge Ales-sandro Pizzorno - era stato sedotto dallapossibilità di condividere con alcuni grup-pi politici un discorso che immaginavaistituzioni nuove senza una valutazionefredda dei loro fondamenti.”Diversi sono i ricordi di coloro che hannostudiato con Agazzi, al liceo e all’universi-tà. Bianca Beccalli, allieva di Agazzi alliceo di Pavia, ha ricordato dell’insegnantee amico alcuni tratti del carattere che nonsono rintracciabili nei suoi scritti. La suaumanità, la sua disponibilità verso i proble-mi degli studenti, la sua continua riaffer-mazione dell’autonomia del pensiero, nel-la formulazione più di dubbi che di certez-ze, nella lettura di testi, allora pressochésconosciuti nella scuola italiana. AncheLanfranco Bolis ha voluto dare un ritrattodel tutto inedito del suo insegnante di liceo,assolutamente originale rispetto al model-lo di quegli anni, ma alquanto stimolante edinformale nei suoi modi di suscitare neglistudenti curiosità e interesse verso le pro-blematiche storiche e filosofiche.Gli assistenti e gli studenti universitari de-gli anni ’70-’80 ricordano invece Agazziimpegnato nello studio del pensiero tede-sco contemporaneo, nella doppia variantefrancofortese della “teoria della forma va-lore” e della “teoria dell’agire comunicati-vo”. Il marxismo di Agazzi, ha osservatoMario Cingoli, «è decisamente contrarioalla considerazione di una realtà indipen-dente dal soggetto. Questa connotazionegenerica va specificata tramite il richiamoa Kant». L’insegnamento di Agazzi al-l’Università degli Studi di Milano è statocaratterizzato da un’analisi approfonditadei principali temi della filosofia tedesca,da Kant a Marx, alla Scuola di Francoforte,fino a J. Habermas. Antonio Ferraro haposto soprattutto l’accento sul lavoro svol-to da Agazzi fra il 1977 e il 1989, nell’am-bito di un seminario poliennale, che siteneva settimanalmente. Analisi della for-ma-valore e pensiero habermasiano rico-struttivo «venivano visti come due modellidi pensiero complementari ed interagibiliin un’unica metateoria, filosofica quindi,che poteva configurarsi come marxismorinnovato».Di questa fase di riformulazione delle cate-gorie classiche dell’emancipazione, AttilioMangano ha ricordato i contributi “gior-nalistici” pubblicati da Agazzi su “UnitàProletaria” e su “Il quotidiano dei lavorato-ri”, nel dibattito post-’77, che si sviluppava

dal compromesso storico e la rivisitazionedella tradizione gramsciana fino alla fon-dazione della rivista “Marx 101” nel 1983:a cent’anni dalla morte di Marx bisognavapur pensare ad una nuova rinascita delmarxismo. Anche Giuseppe Pirola, diret-tore di “Fenomenologia e società”, ha ri-cordato gli incontri con Agazzi «nel mo-mento più cruciale del ripensamento criti-co del materialismo storico, quando eglistava cercando nuovi stimoli e approcciteorici per riconsiderare globalmente latradizione del marxismo occidentale».Di questo dibattito sulla continuazione osviluppo critico del marxismo furono testi-moni e partecipi colleghi jugoslavi e tede-schi. Gajo Petrovic, uno dei fondatori del-la rivista “Praxis”, ha ricordato come all’e-poca «si pensava che una corretta alterna-tiva al marxismo non fosse né un superfi-ciale e conservatore antimarxismo, né unadivinizzazione dell’originale e autenticoMarx. Si credeva che i pensieri originali diMarx dovessero essere sviluppati in modoindipendente, nel dialogo con i pensatoricontemporanei e tenendo conto delle realtàdel nostro tempo». Partecipi invece deltentativo di rielaborare una “teoria dellaforma valore” furono il francofortese H.-G. Backhaus e il gruppo di lavoro di Co-stanza, formato da M. Roth, M. Eldred, M.Hanlon e L. Kleiber. Nel loro intervento inricordo di Agazzi alla Casa della CulturaMichael Roth e Michael Eldred hanno

ricordato la comune attività, soprattuttonella stesura del libro sulla forma valore enel comune progetto di ricerca in queglianni. Hans-Georg Backhaus ha invecefatto notare come la critica al dogmatismoe all’economia accademica, erano alloraparti inscindibili del tentativo di riportarealla luce quei «compiti che vengono oggiignorati dall’obsolescenza della teoria po-litica marxiana, e che Agazzi, proprio inaccordo con Adorno, aveva in mente: lafondazione della teoria del valore e lo svi-luppo della sua teoria critica della società».Da questa prospettiva teorica si discosta lavariante habermasiana. Axel Honneth hain tal senso messo in luce le difficoltàincontrate da Agazzi nel «tentativo ammi-revole di costituire un’unità scientifica checollegasse le intenzioni dell’analisimarxiana del capitale con la teoria dellacomunicazione di Habermas; Agazzi nonpoteva e non voleva certo immaginarsi cheuna critica delle moderne patologie dellacomunicazione potesse prendere avvio sen-za quelle sollecitazioni morali che sonocontenute nell’analisi marxiana dello sfrut-tamento economico e della sottomissionesociale». Come ha ricordato anche HaukeBrunkhorst, «col fatto di averci insegnatoche senza teoria del valore il marxismoperderebbe la sua base economica, chesenza un concetto di prassi rivoluzionaria,capace di trasformare il mondo, esso rimar-rebbe astratto e privo di mondo, e che senza

Emilio Agazzi

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la ragione comunicativa della moderna ra-zionalità esso rimarrebbe estraneo, Agazziha reso veramente possibile un compro-messo storico fra Francoforte e Milano».Un breve passo dello scritto con cui JürgenHabermas, in occasione di questa comme-morazione, ha voluto salutare il collega el’amico, rende il senso dell’utopia marxianaa cui Agazzi volle dedicare il proprio pen-siero: “Lo stimavo non solo come un emi-nente filosofo politico, bensì anche comepensatore politicamente impegnato, ma so-prattutto come una persona che con fanta-sia e misura, tanto nel piccolo quanto nelgrande, si è dato una legge per rapporti divita più giusti. Emilio Agazzi aveva davan-ti agli occhi l’immagine di una societàemancipata, in cui gli uomini avrebberopotuto camminare eretti.” M.C.

Emilio Agazzi è scomparso il 25 settembre 1992.Nato il 18 novembre 1921 a Genova, studiò filosofia tra il1940 e il 1945 presso l’Università di questa stessa cittàlaureandosi nel 1945 con una tesi su Piero Martinetti.Negli anni tra il 1946 e il 1954 lavorò come assistentevolontario presso la cattedra di Filosofia della Storia aGenova; dopodiché venne nominato in ruolo come inse-gnante di filosofia e storia presso il Liceo Classico diVoghera prima e di Pavia poi. Nel 1964 ricevette la nominacome professore incaricato per Storia della Filosofia Mo-derna e Contemporanea a Pavia, dopo aver conseguito lalibera docenza con un lavoro su Croce. Tra il 1965 e il 1968insegnò all’Università degli Studi di Milano Filosofiadella Religione, indi, passò all’insegnamento di Filosofiadella Storia, esercitando questa attività prima come profes-sore incaricato, successivamente, a partire dal 1982, comeassociato.I suoi primi studi hanno avuto per oggetto la filosofiaitaliana contemporanea, con particolare attenzione perLabriola, Croce, Gentile, Martinetti, Gramsci. Si è rivol-to poi alla filosofia di area tedesca, che ha seguito percirca trent’anni prediligendo lo studio di Kant, Hegel,Marx, del “marxismo occidentale”, dell’“austromarxismo”, della “Scuola di Francoforte”, facen-dosi inoltre promotore del pensiero di Jürgen Habermase dei suoi allievi in Italia. Nel 1977 fu incaricato dal-l’Università di Milano di stabilire contatti con filosofitedeschi come Iring Fetscher, Werner Becker, RüdigerBubner e Alfred Schmidt. Agazzi è rimasto anche neglianni successivi in contatto con Albrecht Wellmer, H. G.Backhaus e il Gruppo di Costanza, Ernesto Grassi, HelmutFahrenbach, Helmut Fleischer, Wolfdietrich Schmied-Kowarzik, Jürgen Habermas, Ludwig von Friedeburg ealtri. Nel 1980 tenne a Francoforte una conferenza sullaricezione della Scuola di Francoforte in Italia, un argo-mento che lo ha poi sempre accompagnato negli ultimianni della sua attività, prima che sopravvenisse lamalattia nel 1985. Tra i vari inediti che ha lasciato risultadi particolare interesse un organico studio sulla filosofiadella storia e della politica di Immanuel Kant, che egliprogettava di pubblicare con il titolo Il potere e laragione.

Bibliografia delle opere (in volume)

Il giovane Croce e il marxismo, Einaudi, Torino 1962; Laformazione della metodologia di Marx, Milano 1964; Lafilosofia indiana, Dal Veda al Buddismo, diRadhakrishanan Savepalli, (a cura di), Einaudi, Torino1974; La filosofia della storia e della politica di Ema-nuele Kant, 3 voll., Dispense - Università degli Studi diMilano, Milano 1974-75; AA. VV., Marxismo ed etica.Testi sul dibattito intorno al “socialismo neo-kantiano”(1896-1911), (a cura e traduzione di), con un saggiointroduttivo di H. J. Sandkühler, Feltrinelli, Milano 1975;P. Martinetti, Scritti di metafisica e di filosofia dellareligione, (a cura di) Milano 1976; Materiali per laScuola di Francoforte, (a cura di), Unicopli, Milano1980; Ragione emancipativa. Studi sul pensiero di J.Habermas, (a cura e con introduzione di), Ila Palma,Palermo 1983; Dialettica della razionalizzazione. Scrittidi e su J. Habermas, (a cura di), Unicopli, Milano 1983;J. Habermas, Etica del discorso, (a cura e con introduzio-ne di), Laterza, Bari-Roma 1983; Crisi e ricostruzionedel materialismo storico. Il marxismo come metateoria,Unicopli, Milano 1984; M. Eldred, M. Hanlon, L. Kleiber,

V. M. Roth, La forma-valore. Progetto di ricostruzionee completamento del frammento di sistema di Marx, (acura e con introduzione di), Lacaita, Manduria 1984; J.Habermas, Il discorso filosofico della modernità, (co-traduzione di), Laterza, Roma-Bari 1986.

Panorami filosofici

Il centro culturale “La Casa Zoiosa” hapresentato (2 dicembre 1991) nella pro-pria sede di Milano il volume Panora-mi filosofici (Muzzio, Milano 1991),otto lezioni di Mario Dal Pra, DinoFormaggio, Ludovico Geymonat,Domenico Losurdo, CorradoMangione, Mario Reale, LivioSichirollo, Carlo Sini. Con questo suoprimo intervento in campo editoriale,alla cui presentazione hanno parteci-pato Antonello Nociti, CorradoMangione e Elio Franzini, la CasaZoiosa ha voluto dotarsi di uno stru-mento importante nell’organizzazio-ne di corsi, seminari, convegni, anchea carattere internazionale, con cui daqualche anno va esplicandosi la suaattività culturale.

Aprendo la discussione, CorradoMangione, direttore della collana “MuzzioScienze”, all’interno della quale figuraPanorami filosofici, ha sostenuto che l’o-biettivo di creare, attraverso la divulgazio-ne, una “cultura scientifica”, non è dettoche debba consistere in una rinuncia alrigore concettuale delle scienze. Si trattapiuttosto di evitare una mentalità scienti-sta, una mentalità, cioè, che ipotizzi ladissoluzione dei problemi di ordine cultu-rale in un approccio “scientifico”. La que-stione della divulgazione nella scienza con-cerne non tanto il linguaggio, quanto iconcetti: in questo senso, ha sostenutoMangione, la filosofia può e deve essereveicolo indispensabile per la divulgazionescientifica, e ha citato come esemplare intal senso la figura e l’opera di Geymonat.Nel suo intervento: “La filosofia della scien-za”, che figura all’interno di Panoramifilosofici, Ludovico Geymonat sottolineaperaltro come fra scienza e riflessione filo-sofica sulle scienze vi sia, in misura semprecrescente nell’ultimo secolo, un rapportodi scambio reciproco, per cui esse appaio-no inestricabilmente connesse dal punto divista storico.Proseguendo le sue considerazioni sul lin-guaggio della divulgazione scientifica,Mangione ha sostenuto si debba operareuna distinzione tra linguaggio tecnico, cheva mantenuto per quanto possibile, e gergo,a cui, evidentemente occorre rinunciare.Non a caso nel suo contributo al volume,Corrado Mangione costruisce una sortadi “quadrato aristotelico”, in cui forma,contenuto, linguaggio e pensiero sono ilpossibile oggetto d’indagine della logica.D’altra parte, fa notare Mangione, il pro-blema del livello “tecnico” del linguaggio,non riguarda solo la scienza, ma anche lafilosofia; anzi ogni attività umana, con ungrado sia pur minimo di metodologia, ha un

suo specifico “nocciolo” linguistico-concettuale non traducibile.Se Mangione ha messo in luce la validitàdella filosofia come veicolo di divulgazio-ne per la scienza, quasi per converso, en-trando nello specifico del contenuto diPanorami filosofici, Elio Franzini ha so-stenuto che questo tipo di approccio divul-gativo alla filosofia è propriamente “scien-tifico”. Le lezioni raccolte in questo libro,infatti, senza avere un taglio didattico-ac-cademico, non rinunciano al rigore del lin-guaggio, che consiste nel mantenere, ap-punto, il linguaggio “tecnico” della filoso-fia. Senza questa precauzione si cadrebbenel giornalismo, il cui limite è appunto lapretesa di poter esaustivamente risolvere iconcetti filosofici nel linguaggio del quoti-diano. Conseguenza di questa pretesa è chevenga espunto ciò che in questo linguaggionon si scioglie, ciò che non può diventaregiornalisticamente “notizia”, e che d’altraparte il più delle volte costituisce ciò che èfilosoficamente rilevante. Nella sua lezio-ne dedicata a “L’estetica”, raccolta nel vo-lume, Dino Formaggio ha sottolineato aquesto proposito che l’estetica è una «ri-flessione di carattere universale scientifi-co» in un doppio senso: per il rigore deisuoi concetti nell’occuparsi dell’esperien-za umana e perché tra gli aspetti precipuidell’esperienza c’è la prassi scientifica;l’estetica, nell’acquistare forma scientifi-ca, si deve anche occupare dei risultatidelle scienze.Prendendo spunto dalla lezione di Formag-gio, Franzini ha fatto notare che talvolta viè una correlazione fra la capacità di divul-gare ciò che è filosoficamente rilevante, e ilpercorso esistenziale di coloro che sono ingrado di farlo. Ciò non è causale, in quantosul piano teoretico questa correlazione siesprime nella capacità di porsi la domandacirca lo scopo della filosofia. Domandanecessaria dal punto di vista filosofico, nonda quello di un generico “buon senso”. Unadomanda “genealogica”, direbbe CarloSini, che nel suo intervento: “Che cos’è lafilosofia teoretica?”, conclude sull’impos-sibilità della filosofia teoretica. E non per-chè la filosofia, essendo riflessione su am-biti che vanno sempre più disciplinarizzan-dosi, non può essere nient’altro che filoso-fia di un sapere, o storia della filosofia, maperchè l’impossibilità della filosofia teore-tica deriva dall’impossibilità di trattare teo-reticamente il suo problema di fondo, quel-lo del senso della filosofia.Analoga preoccupazione di fondazione,ovvero di “giustificazione”, rivolta peròall’etica, è quella che emerge nell’inter-vento di Livio Sichirollo, “Forme del-l’etica oggi”. L’origine del problema mo-rale sta nella coscienza del problemamorale, ed esso si pone a partire dallaprassi politica. “Morale della responsa-bilità”, concernente l’agire sociale, e“morale dell’intenzione” infatti coinci-dono, se non si vuole prendere in consi-derazione, come morale dell’intenzione,il gesto solipsistico, che si esaurisce in

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se stesso o si pone deliberatamente comemarginale nei confronti della società. Inuna prospettiva più immediatamente po-litica, Domenico Losurdo nella sua le-zione su: “Libertà e uguaglianza: Marx ela tradizione liberale”, pone nell’impe-rativo della “libertà dal bisogno”, e nonnel tema della libertà individuale, il di-scrimine tra Marx e la tradizione libera-le.Con particolare riferimento alle rifles-sioni di Giulio Preti, nel suo contributosu “I problemi di metodo della storiogra-fia filosofica”, Mario Dal Pra focalizzaalcune questioni decisive, tra le qualiquella di una “definizione” della filoso-fia che sia sufficientemente permissivada non escludere alcuna prassi filosofi-ca, e sufficientemente restrittiva da im-pedire la dissoluzione della filosofia inuna generica “prassi culturale”. Tra lealtre questioni toccate da Dal Pra, ilproblema delle “essenze”, ovvero dellecategorizzazioni (gli “-ismi”) e del lorovalore; il problema della continuità edella discontinuità e quello della tradi-zione nella storia della filosofia. Su unsingolo pensatore si sofferma inveceMario Reale nel suo intervento: “Checosa dice Platone all’uomo d’oggi”. Conla scoperta della trascendenza Platone èsecondo Reale una figura paradigmaticadella filosofia, è “coscienza della ragio-ne”. F.C.

La fisiognomica e il volto di Dio

Con il titolo emblematico: Il voltodi Dio nel volto dell’uomo, si ètenuto a Zurigo nel novembre 1991 unconvegno in occasione del 250° anni-versario della nascita di Johann CasparLavater, scrittore e predicatore sette-centesco, oggi noto come padre dellafisiognomica, lo studio dei tratti so-matici del volto come espressione delcarattere e della personalità di un indi-viduo.

Nato a Zurigo, dove esercitò per gran partedella propria vita l’attività di predicatoredella chiesa riformata di Zwingli, JohannCaspar Lavater fu condizionato in manie-ra decisiva dall’intreccio di illuminismo,pietismo e sentimento nazionale che nelXVIII secolo caratterizzava l’atmosfera cul-turale di questa città. Gli aspetti ideologiciche fanno dell’attività intellettuale diLavater un’interessante ed esemplare e-spressione di certe tendenze della coscien-za nazionale svizzera sono stati discussinell’intervento di Friedhelm Ackva(Ingelheim). Ad un aspetto particolare diquesto problema è stato dedicato l’inter-vento introduttivo del germanista svizzeroMax Wehrli, che ha indicato l’influenzadello storico, pubblicista e poeta JohannJakob Bodmer sull’attività letteraria diLavater. Wehrli ha mostrato come sia stata

la traduzione fatta da Bodmer del Paradiselost di Milton a risvegliare in Lavater l’ideadi un poema sul futuro ultraterreno delcristianesimo, che avrebbe dovuto surclas-sare il Messiade di Klopstock.Per la sua opera PhysiognomischeFragmente zur Beförderung derMenschenkenntnis und Menschenliebe(1775-1778) Lavater è oggi noto come ilfondatore della fisiognomica. Nel conve-gno di Zurigo è stato da più parti sottolinea-to come gli intenti scientifici di questostudio vadano considerati come l’espres-sione di una preoccupazione teologica ereligiosa spesso misconosciuta: quella, no-minata dal titolo, di cogliere “il volto di Dionel volto dell’uomo”. Diversi interventihanno preso in considerazione la “fisio-gnomica” di Lavater con l’intento di met-terne in luce le origini religiose. Tra questi,Hans H. Walser (Zurigo) ha individuatonel “mesmerismo” (la dottrina che ha origi-ne negli studi del medico tedesco FranzAnton Mesmer sugli effetti terapeutici delmagnetismo animale) il nucleo originariodella psichiatria moderna; Richard T. Gray(Seattle) ha analizzato la posizione diLavater all’interno delle teorie illuministi-che dei segni; Martin Blankenburg (Ber-lino) ha individuato nella “ermetica di ciòche è palese” (Hermetik desOffensichtlichen) di Lavater un momentodella storia della scienza in generale.In considerazione di tutto questo, possiamovedere nell’attività di predicatore di Lavaterl’espressione di una vera e propria dottrinateologica? Tanto lo storico della chiesaHorst Weigelt (Bamberg) quanto GerhardEbeling (Zurigo) hanno messo in luce ilimiti delle dottrine teologiche lavateriane.Secondo Weigelt, in particolare, il tentati-vo di Lavater di avvicinare Cristo al pro-prio tempo in quanto “l’uomo più umano”mancherebbe di chiarezza. Ebeling ha peròanche individuato nell’oscillare di Lavatertra teologia e cultura secolarizzata, tra lafede nelle scritture e una libera ricerca chenon indietreggia nemmeno di fronte ai mi-racoli una tensione positiva della sua attivi-tà intellettuale. In questa prospettiva Ebelingha inteso nel concetto lavateriano di “ge-nio” una reinterpretazione di carattere fon-damentalmente religioso di modelli esteti-ci. A questo punto di vista si è ricollegatoKlaas Huizing (Monaco), che ha indicatoin Lavater la presenza di temi che precorro-no alcune esigenze dell’attuale teologiaprotestante. M.M.

L’istrice di Mallarmè

E’ lecito tradurre i poeti? Quali sono lecondizioni di possibilità, i modi e leforme di una contiguità tra poesia efilosofia che rendano il poetico “tra-sferibile” ad altro? Questo il nodo pro-blematico sul quale si sono interrogatiJacques Derrida, Aldo Trione, SergioGivone, Maurizio Ferraris, durante il

convegno Filosofia e Poesia, or-ganizzato dall’Istituto Suor OrsolaBenincasa di Napoli, il 17 gennaio 1992,in occasione della pubblicazione dellePoesie di Stephan Mallarmè (trad. diPatrizia Valduga, Mondadori, Milano1991).

Strofa che si svolge senza mai farsi discor-so, votata ad una vocazione ellittica, lapoesia di Stephan Mallarmè, oggetto distudio già ne La double séance, del 1969, ein Mythologie blanche, del 1971, si confi-gura, secondo Jacques Derrida, come “i-strice”, struttura in sé conchiusa, che, nellapropria autoreferenzialità, vanifica il rap-porto con l’altro, il referente, il significato,sottraendosi a qualsivoglia pretesa di tran-sfer, di traduzione. Puro significante, l’i-strice, a differenza della fenice o dell’aqui-la, cifre del sublime e dell’incorporeo, “vo-la basso”, di un volo discreto, modesto,vicino alla terra, disarmando, con la suasola presenza, le leggi del Logos, del signi-ficato che si disloca da un senso pieno a unsenso pieno, esibendo altresì la fertilità diuna perdita che, insidiando l’armonia travocabolo e senso, oppone la propria resi-stenza al transfer del discorsivo, ponendosiinfine come “sacrificio”.Figura sacrificale, il poeta dell’istrice, co-lui che «incendia la biblioteca dei poeti»,sottraendosi al confronto con l’altro, sinega alla traduzione e, con essa, a due dellesue pratiche fondamentali, la poiesis e l’e-remeneutica, “maneggi” all’interno dei qua-li rischierebbe di rimanere imbrigliato. Main tal modo, disarmando la cultura, confon-dendo la memoria, disperdendo la poesia,egli nega le stesse condizioni di possibilitàdel poetico. Di qui la necessità - fatta valereda Aldo Trione, Sergio Givone e Mauri-zio Ferraris - di ripristinare con forza,magari con modulazioni nuove e particola-ri, ciò contro cui l’istrice da sempre si batte,l’avvento dell’altro, recuperando, attraver-so l’apertura all’alterità, i rilievi problema-tici della poiesis e dell’ermeneutica e rileg-gendo in un’ottica nuova la stessa nozionedi sacrificio. Forma in sé conchiusa, l’istri-ce può rimanere tale, secondo Aldo Trione,pur cedendo al “maneggio della poiesis”.Poiein non è, infatti, costruzione prosasti-ca, caduca e transeunte, nel cui perimetrol’istrice è condannata a rimanere imbriglia-ta, ma legge del “fare” che, garantendo ilpoeta dai rischi del solipsismo, si configuracome suo potenziamento. Garanzia del poe-ta, in assenza della quale la poesia rischia dichiudersi in un orizzonte puramente auto-referenziale, ontologico e mistico, monadein sé e per sé consistente, comunicante soloattraverso modalità analogiche, il “maneg-gio” della poiesis, pur nel rispetto dell’as-soluto costituirsi della poesia, sottomettequest’ultima alle leggi della costruzione,della storia, del divenire. E’ questa la poie-sis del Mallarmé di Crise de vers che, puraprendo per primo la modernità verso ladisparazione del soggetto, non orienta laliberazione verso gli orizzonti ontologici

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Stephane Mallarmé

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dell’ascolto mistico, ma verso l’individua-zione, sul piano della tradizione, di unalegittimità formale, formulando un’ipotesidi poesia che, senza temere lo scacco dellaprosa, nella prosa del mondo trovi le moda-lità di riscattare il mondo, dissolverlo, co-struire un mondo nuovo.Apertura verso l’altro, nel “maneggio dellapoiesis” l’istrice trova dunque una primaforma di “traducibilità”. Ma non basta.Compatibile con l’atro come poiesis, l’i-strice si dà come traducibilità anche inun’altra pratica poetica: l’ermeneutica. Purae semplice presenza che non ha diritto diesistere, irriducibile nella propria disso-nanza, resistente a qualsiasi fondazionealea, caso, coup de dès, nel momento stessoin cui sembra sottrarsi a qualsivoglia prete-sa di traduzione, l’istrice, grado zero delladifesa, si attesta - secondo Sergio Givone- come punto estremo dell’esposizione, neu-tralizzando e potenziando contemporanea-mente, in maniera contraddittoria e ossi-morica, l’esercizio del transfert, offrendo-si, infine, alla pratica ermeneutica.Ermeneusi affatto particolare, che, leggen-do la poesia non solo come sacrificio fon-dativo, composizione, ordine trascendentegià-da-sempre-dato, ma piuttosto, come di-sordine sempre-di-nuovo-eveniente, si at-testa come mito. Compatibile con l’altro,attraverso l’esercizio della poiesis e del-l’ermeneusi, l’istrice si dà, infine, in unorizzonte di avvento della verità. E in que-sto nuovo orizzonte, secondo MaurizioFerraris, si consuma la sua stessa struttura“sacrificale”, che preservata dai rischi del-la radicalizzazione ontologica - solipsisti-ca insurrogabile e intransitiva - si configuracome lutto. E’ questa la nozione di sacrifi-cio che, tematizzata da Heidegger in Esseree tempo (§ 34) e, successivamente, in Dasprobleme der Metaphysik, Was istMetaphysik? , Hölderlin Hymnen“Germanien” und “Der Rhein”, indivi-duando nell’ascolto dell’altro la possibilitàpiù propria dell’esserci, recupera un sensodell’alterità che, mutuato da alcuni temileibniziani e kantiani - in particolare daun’immaginazione trascendentale letta co-me ciò che, unificando le categorie, portanel cuore della deduzione l’avvento del-l’altro - ipotizza, sullo sfondo di una totaleinfondatezza del fondamento, l’aperturadella poesia all’altro-da-sé, la contiguitàtra poesia e filosofia e, dunque, la possibi-lità di tradurre il poetico. Disposta ad acco-gliere l’avvento dell’altro, sia esso poiesis,ermeneusi, sacrificio, la poesia, pur nellafedeltà all’istrice, si presta infine all’eser-cizio del transfert e, dunque, della tradu-zione.Meccanismo complesso, quello del tradur-re, che, come dimostra la sofferta ricezionedi Mallarmé in Italia, tema degli interventidi Luciano De Maria e Raffaele Sirri, siinterroga sulla possibilità di spiegare ilpoetico, di ricondurre il carattere eccessivodella poesia nel perimetro del discorsivo.Ecco, allora, il pregio della traduzione diPatrizia Valduga, che, nella piena consa-

pevolezza della complessità del tradurre,ha colto - come ha sottolienato GiovanniRaboni - quanto Mallarmé ha di più pro-prio: la sintassi, assetto metrico-stroficorigoroso, eppure flessibile, offrendo, delpoeta-syntaxieur, una traduzione non “diservizio”, ma “di appropriazione”, vicinaper molti versi a quella di Ungaretti, cherestituisce, al di là del Mallarmé-fantasma,funzione simbolica, mito, un Mallarmé-autore, esempio di modello formale. Rea-lizzando infine l’impegno più gravoso: il“maneggio” dell’istrice. V.C.

Toth e i paradossi di Zenone

Ogni studioso di filosofia antica è aconoscenza delle straordinarie diffi-coltà esegetiche che incontra il lettoredel Parmenide di Platone. Non a tortoK. Prächter vedeva nel Parmenide “ilmaggior enigma” tra quelli contenutinegli scritti platonici. Imre Toth, in unseminario tenuto presso l’Istituto Ita-liano per gli Studi Filosofici dal 4 al 8novembre 1991 dal titolo: I parados-si di Zenone nel Parmenide diPlatone o la tortura dell’esse-re e del non essere, ha propostouna nuova interpretazione del dialo-go, o almeno della sua sezione piùampia e complessa, alla luce della pro-blematica che dominava la matemati-ca dell’epoca.

Il punto di partenza della riflessione diToth è rappresentato dai paradossi diZenone: la “dicotomia” e il “cosiddettoAchille”. L’analisi del testo zenoniano hacondotto Imre Toth a sostenere che, con-trariamente a quanto afferma Aristotele, il“cosiddetto Achille” si differenzia in ma-niera radicale dall’argomento della “dico-tomia” sia dal punto di vista della strutturamatematica, sia, di conseguenza, anche dalpunto di vista del suo significato ontologi-co. In particolare, egli trova significativo ilfatto che il testo dell’ “Achille” implica dueipostasi simultanee che stanno tra di loro inun particolare rapporto di dualità.Secondo Toth, la questione concernente lapossibilità o l’impossibilità del movimentonell’aporia dell’ “Achille” era connessa,dal punto di vista logico e ontologico, alproblema dell’esistenza o della non esi-stenza di una misura irrazionale. In parti-colare l’ammissione del movimento com-portava l’attribuzione del predicato di “esi-stenza” a una misura incommensurabile,quale la diagonale di un quadrato in rappor-to al lato, mentre la negazione della kinesis(Zenone) portava con sé l’assegnazione delpredicato di “non esistenza” a tale misura.Se teniamo presente che la costruzione diun sistema aritmetico-geometrico sulla ba-se di logoi commensurabili e razionali vaascritto ai Pitagorici, si può affermare chel’eleatismo zenoniano rappresentò una for-midabile difesa della matematica pitagori-

ca contro l’introduzione di elementi ad essaestranei. Di fatto Toth ha sostenuto che ilnocciolo teorico contenuto nella secondaparte del Parmenide è costituito proprio dalproblema della “esistenza” o “non esisten-za” di una misura strutturalmente diversadai logoi con cui operava la matematicapitagorica. In particolare, l’oggetto dellariflessione platonica è rappresentato dalcosiddetto paradosso dell’ “Achille”, di cuiPlatone fornisce un’interpretazione impec-cabile dal punto di vista matematico e ma-gistrale dal punto di vista metafisico. Esebbene nel Parmenide non si trovi nessunaccenno diretto alla terminologia che tradi-zionalmente viene associata a questo argo-mento, secondo Toth, la struttura teoricache soggiace a un’ampia sezione del dialo-go è inequivocabilmente la stessa che do-mina l’argomento dell’Achille.Di fatto alcune pagine del Parmenide, checontengono la discussione sul rapporto tra“il più giovane” e “il più vecchio” (140e-42a; 151e-57b), rappresentano per Toth laformulazione più raffinata e completa del-l’argomento zenoniano dell’ “Achille”. Ein effetti Platone nel Parmenide traspone ilparadosso in un sistema di coordinate uni-camente temporali: “calendario” ed “età”.L’inseguimento può venire rappresentatocome lo sforzo da parte del “più giovane”di avere la stessa età del “più vecchio”. Mase consideriamo (Parm. 141a-b) che il pro-cesso di invecchiamento è espresso dallalingua greca con una forma sintattica rifles-siva (“io divento più vecchio di me stes-so”), allora, per ragioni di equivalenza lo-gica, vale anche l’espressione “io diventopiù giovane di me stesso”. Si ha cioè uninseguimento duale in cui ad ogni punto delcalendario corrispondono due età, quelladel “più giovane” che invecchia e quelladel “più vecchio” che ringiovanisce. Nelprimo caso il tempo è positivo, nel secondonegativo: esse rappresentano simultanea-mente le due ipostasi duali dell’ “insegui-mento”. Nella forma prospettata da Plato-ne, il problema posto dall’ “inseguimento”diventa così quello dell’uguaglianza tra “ilpiù giovane” e “il più vecchio” concepitiora non come persone fisiche, ma come dueconcetti astratti, due quantità infinite. D’al-tra parte, osserva Toth, il fatto che nelParmenide la sezione contenente la discus-sione dell’argomento di Zenone, presenta-to da Platone in forma temporale, sia prece-duta da un riferimento esplicito (Parm.140B-D) al problema della incommensu-rabilità della diagonale è la prova che ladiscussione che segue intende svilupparele condizioni logico-ontologiche concer-nenti la misurazione e la misura delle gran-dezze incommensurabili. Solo in un secon-do tempo si pone il problema di attribuire onon attribuire a questo oggetto teorico o aquesta misura il predicato ontico dell’ “esi-stenza”.Toth fa notare come Platone, in molti luo-ghi del corpus (Men. 86E; Resp. 546C),dimostri di essere perfettamente a cono-scenza dei logoi lambda(n) = [D:L], dove

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DC(n) e LC(n) rappresentano i cosiddettinumeri diagonali e laterali che furono sco-perti dai Pitagorici. Per i valori dispari d =1,3,5...,(2k-1),..., - con k = 1,2,3,..., - del-l’indice i logoi lambda(d) = [1:1], [7:5],...rappresentano una successione senza fine ecrescente, per i valori pari p = 2,4,6,,...,2k,...i logoi lambda(p) = [3:2], [17:12],... rap-presentano ugualmente una successionesenza fine, ma descrente. Entrambe le suc-cessioni lambda(p) e lambda(d) rappresen-tano un processo di infinita “approssima-zione” per “eccesso e difetto” al valoreinesprimibile della misura che può, se esi-ste, essere assegnata alla diagonale di unquadrato a lato 1.Ora, secondo Toth, l’ “inseguimento” pre-sentato nel Parmenide altro non sarebbeche la rappresentazione di questo processo.Le due successioni delle età positive enegative costituiscono i due sottoinsiemicomplementari lambda(d) e lambda(p) del-le quantità di tutti i logoi [D:L]. A ciascunvalore k del calendario corrispondono si-multaneamente due logoi: lambda(d) - l’e-tà crescente del “più giovane” - e lam-bda(p) l’età decrescente del “più vecchio”.Se indichiamo con la “misura pitagorica”lambda(d) l’età crescente del “più giova-ne” - e lambda(p) l’età decrescente del “piùvecchio”, si può avere: Ω = lambda(d);lambda(p), dove Ω rappresenta una “dia-de indefinita” delle età toccate dal “piùgiovane” e dal “più vecchio” nel loro pro-cesso di invecchiamento e ringiovanimen-to.Dal punto di vista del problema del lin-guaggio oggetto, con il termine “hen” vie-ne indicato da Platone il luogo unico edindivisibile, il cui nome proprio viene rap-presentato nella sfera del metalinguaggiodal segno Ω e che costituisce il luogodiacronico in cui si verifica o non si verifical’eguaglianza di età del “più giovane” e del“più vecchio”, in cui l’ “inseguitore” rag-giungerà o non raggiungerà l’ “inseguito”.Espresso nei termini della matematica mo-derna, questo Uno rappresnta una “sezioneDedekind”, una fessura, un buco che sepa-ra l’universo del tempo positivo da quellonegativo o, in termini matematici, l’univer-so delle approssimazioni per difetto daquello delle approssimazioni per eccesso.Questa “sezione Dedekind” è identica conla diade indefinita o infinita e definisce conesattezza assoluta il luogo diacronico pun-tuale in cui l’uguaglianza tra “il più giova-ne” e il “più vecchio” cambia subitamente(exhaiphnes) il suo statuto ontologico. Pla-tone definisce questo luogo di uguaglianzatra “il più giovane” e “il più vecchio” conuna straordinaria espressione: phantasmaisotetos (fantasma di uguaglianza); essaesprime l’ “hen” che definisce il metronnon pitagorico della diagonale il cui valoreapprossimato è dato dall’insieme dei logoicommensurabili [D,L].Stabilita la struttura logica dell’oggetto,rimane aperta solo la questione metafisicadi attribuire o meno ad esso il predicatoontico dell’ “esistenza”. Occorre dimostra-

re o rifiutare che la proprietà dell’ “essere”possa venire prolungata al di là del dominioontico delle misure pitagoriche lambda =[D:L] o degli anni in cui avviene il processodi invecchiamento e quello di ringiovani-mento. Bisogna “prendere una decisione” ecioè stabilire se al di là dell’universo onto-logicamente e ricorsivamente chiuso in sédelle età fornite di una esistenza attualeesiste o non esiste un luogo diacronico incui si realizza l’uguaglianza dell’ “insegui-tore” e dell’ “inseguito”. L’attribuzione delpredicato ontologico nel “transfinito” a un-’unica (hen) misura è un atto di decisioneche trasforma l’insieme infinito delle mi-sure pitagoriche lambda = [D:L] in un solooggetto attuale. Questa è precisamente la“ragione irrazionale”, la “parola ineffabi-le” che esprime il metron assoluto e idealedella “diagonale in sé”, alla quale parteci-pano tutte le “diagonali effabili” prodottedalla formula [D:L]. Il compimento delmovimento equivale dunque all’esistenzadi una misura incommensurabile e quindinon-pitagorica.La questione della “giusta misura” (to me-trion), vista come strutturalmente eteroge-nea rispetto a tutte le altre misure, fu senzadubbio al centro della riflessione greca.Toth ha voluto mostrare che questa proble-matica va analizzata alla luce del dibattitoeleate concernente l’esistenza o la non esi-stenza del movimento, cioè la possibilità diattraversare una serie infinita di enti dotatidi esistenza attuale e giungere al di là diquesta serie attribuendo il predicato di esi-stenza a ciò che giace nel dominio del“transfinito”. Per saperne di più non restache attendere la pubblicazione a cura del-l’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficidelle ricerche di Toth sul rapporto tra ilproblema dell’incommensurabilità, la que-stione del movimento e il tema della “deci-sione” e della “libertà” del soggetto. F.F.

La conoscenza, la matematicae il metodo

In che senso la riflessione epistemolo-gica può trascendere la critica dellametodologia scientifica e porsi comegnoseologia? Come si pone, in questopassaggio, la discussione sulla que-stione del metodo? Infine, qual è ilvalore, dal punto di vista della filosofiadella conoscenza, di un sapere parti-colare come la matematica?Sono questi i temi affrontati nei dueconvegni, l’uno al Collegio Borromeodi Pavia il 27 novembre 1991, l’altroalla Casa della Cultura di Milano ilgiorno successivo in occasione dellapresentazione del volume di LorenzoMagnani, Epistemologia applica-ta (Marcos y Marcos, Milano 1991) edegli atti del Convegno internazionale“Conoscenza e matematica”, tenuto-si al Collegio Ghislieri di Pavia neigiorni 11-12 maggio 1989, ora pubbli-

cati, a cura dello stesso Magnani, conil titolo Conoscenza e matematica(Marcos y Marcos, Milano 1991). Aldibattito, presieduto da Fulvio Papi,filosofi, matematici e logici si sonotrovati concordi nel ribadire la indub-bia rilevanza epistemologica delle teo-rie matematiche e delle loro ricostru-zioni storiche.L’epistemologia contemporanea si trovacompressa in una sorta di morsa tra ilnormativismo del modello unificato discientificità di ascendenza neopositivistaed il relativismo contrometodologico allaFeyerabend aperto alle derive di nuovi irra-zionalismi. Il rischio è quello di una para-lizzante ‘impasse’ teorica malamente oc-cultata o da formali ossequi al vecchiodogmatismo o dalla crescente miniaturiz-zazione e dalla dispersione delle pratiche diricerca. In questo panorama l’urgenza dipredisporre approcci utili a fendere il cer-chio delle reciproche e contrapposte chiu-sure è emersa come esigenza forte e comu-ne in tutti gli interventi sui due volumipresentati da Lorenzo Magnani a Pavia ea Milano. L’espressione “epistemologia ap-plicata”, che dà il titolo allo studio diMagnani, non va infatti intesa come l’ap-plicazione dei contenuti di un sapere in séconcluso in ambiti diversi; piuttosto si trat-ta di una riflessione che ciascuno dei saperiattraversati da Magnani compie su proble-mi a esso pertinenti.La questione del metodo, unita a quelladella razionalità, è dunque il tema unitariodel processo disegnato dai saggi di Magnani;lo ha sottolineato nel suo intervento ancheSilvana Borutti. Per questo l’espressione“epistemologia applicata” va intesa anchenel senso di “epistemologia comparata”,alla ricerca di analogie chiarificanti fra imetodi euristici delle singole scienze. Ilmetodo matematico diventa un caso para-digmatico di procedura razionale che ga-rantisce rigore ed è base di una euristica. Diqui parte la proposta di lavoro teorico con-tenuta in Epistemologia applicata , in cuiMagnani esplora le strategie di modellizza-zione e di rigorizzazione della conoscenzaentro ambiti di differenti saperi, dalla geo-metria alla psicoanalisi, dalla intelligenzaartificiale alla teoria dell’architettura, giu-stificando i transiti attraverso le disciplinesulla base della consapevolezza del plura-lismo delle loro configurazioni e delle lorodirezioni conoscitive ed insieme sulle con-vergenze metodiche individuabili entro leloro pratiche. Una impalcatura fondamen-tale delle procedure conoscitive nei diversisaperi è costituita , secondo Magnani, daquell’inferenza teorizzata da Peirce con ladenominazione di abduzione: il suo carat-tere fondamentale consiste nell’invenzio-ne, ovvero nella capacità di organizzaremediante invenzione il materiale disponi-bile. Il supporto dell’intelligenza artificialemediante il ricorso alla tecnica computa-zionale dei sistemi esperti consente la pos-sibilità di ricostruire logicamente i mecca-nismi - finora inesplorati - di quella sorta di

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scatola nera che è il momento dell’inven-zione connesso alle scoperte scientifica.Un carattere rilevante dell’abduzione è ilconseguente criterio di assunzione e diabbandono di una costruzione scientifica:la cosiddetta “negation as failure”, per cuiun’ipotesi è abbandonata se si “fallisce”nel comprovarla dopo un numero finito ditentativi, e simmetricamente è assunta per“default”, ovvero in presenza di costante erilevante afflusso di materiale organizzabi-le secondo quella ipotesi.La strategia della logica abduttiva che pre-siede sia l’”inferenza per negazione” chel’inferenza “default” permette la coesisten-za di due virtù non facilmente conciliabili:la provvisorietà, la continua rivedibilità diuna modellistica non rigida e creativa e laconfrontabilità razionale di differenti co-struzioni teoriche. Contro la subordinazio-ne tipicamente positivista del momentodella scoperta, considerato un mero aspettopsicologico rispetto al momento della giu-stificazione, si nega questa rigida divisionee si enfatizza il carattere di invenzionecreatrice proprio dell’impresa scientifica.

Di fronte al problema della comparabilitàdelle teorie, ovvero del progresso dellascienza come risultante della soluzione frateorie diverse e più o meno adeguate all’e-splicazione della realtà larga parte dell’epi-stemologia moderna conclude per un’ef-fettiva incommensurabilità delle teorie stes-se; Magnani insiste invece sulla necessitàdi sviluppare strategie di confronto, sullabase della propria convinzione dell’unitàdel metodo.L’affermazione della centralità del metodoporta Magnani, nonostante il suo apprezza-mento per il neoempirismo, a essere “post-positivista”: porre la questione del metodosignifica infatti escludere una concezionedel sapere di tipo adeguativo. Questo puntoè stato sottolineato da Fulvio Papi, che haa questo proposito ripreso i temi della pro-pria Prefazione a Epistemologia applicata,evidenziando come nell’impostazioneneokantiana di Magnani agisca l’eredità diAntonio Banfi. Ciò pone Magnani in unaposizione di originalità nel panorama del-l’epistemologia contemporanea caratteriz-zata, in questi ultimi anni, più che da resi-

duali manifestazioni di cultura neopositi-vista, dalla diatriba tra “fautori del meto-do” - la “vulgata popperiana”, la definiscePapi - e i sostenitori di un “post-modernepistemologico”; fondato, quest’ultimo,sull’enfatizzazione di taluni aspetti dellaricerca scientifica, tendente ad accreditareun’immagine di debolezza del metodo, e diuna “casualità” a volte della ricerca scien-tifica stessa.Riprendendo questi temi Fabio Minazziha sintetizzato il contrapporsi del “model-lo” cartesiano - fondato sulla convinzioneche esista un metodo nella scienza, cheesso sia produttivo di coscienza, e chesenza di esso si finirebbe nell’irrazionali-smo - al modello contrometodologico -rappresentato, oltre che da Feyerabend, daisostenitori del modello sociologico e dataluni epigoni del “pensiero debole” - so-stenendo che entrambe le tendenze sonopreda, per usare un’espressione di MarcelloPera, di “sindrome cartesiana”; entrambeaccettano infatti come inevitabile la sceltaantinomica fra metodo da una parte e irra-zionalità dell’altra. A tale sindrome, pro-

Jacopo de' Barbari, Ritratto di Frà Luca Pacioli (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)

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prio in forza della matrice kantiana, sfuggi-rebbe Magnani, che rifiuta un’interpreta-zione “contenutistica” del metodo univer-sale della scienza, senza cadere con ciò nénel sociologismo, né nello storicismo onell’anarchismo: ponendo l’epistemologiacome “metariflessione” sui saperi specifi-ci, l’epistemologia stessa viene trascesacome sapere specifico e si qualifica comefilosofia teoretica.Magnani stesso, intervenendo nel dibatti-to, ha ribadito che privilegiare la questionedel metodo nella ricerca epistemologicasignifica, in realtà, impostare una gnoseo-logia. Ciò determina, in altri termini, ilcollocarsi sul piano della filosofia dellaconoscenza e dei problemi che nascono suquesto, livello che precede e fonda quelliche nascono sul piano della metodologiadei singoli ambiti disciplinari. Partendo daquesto assunto, è molto ampio lo spettrodei campi del sapere dove Magnani compiele sue incursioni; dalla psicanalisi - dove lacostruzione freudiana è vista come esem-plificazione di un procedimento abduttivoall’architettura, dall’esame di strutture ma-tematiche nell’ambito di studi di antropo-logia alla questione della divulgazionescientifica, dal calcolo differenziale inHegel e Marx al platonismo matematico diGödel, passando attraverso l’esame del con-venzionalismo di Poincaré e del ruolo dellaconoscenza matematica in un autore cuiMagnani si sente particolarmente vicino,Kant. D’altra parte proprio al tema “Filoso-fia e geometria: fra Kant e Poincarè” èdedicato il saggio di Magnani che comparein Conoscenza e matematica, volume delquale egli è anche curatore. L’invito diMagnani è di condurre una lettura incrocia-ta di Kant e Poincaré, rilevandone conprecisione corrispondenze e differenze.Essa permette di cogliere che, da un lato,Kant non identifica in prima istanza lospazio come forma dell’intuizione a-prioricon lo spazio euclideo e, quindi, assume lageometria euclidea in quanto vera rappre-sentatrice dello spazio sensibile come undato di fatto piuttosto che come una neces-sità logica, e che, d’altra parte, Poincarénon spinge il suo convenzionalismo finoalla negazione del carattere costitutivo diesperienza proprio della geometria e dellamatematica.In altre parole: si assottiglia la distanza traun Kant liberalizzato rispetto alla rigiditàdegli a-priori e un Poincaré non fossilizza-to in un relativismo puramente nominali-stico delle pratiche matematiche (e, più ingenerale, delle scienze).Si apre uno spazio teorico agibile ad unrinnovato ruolo trascendentale della mate-matica come propone Jean Petitot nel suodenso saggio (“Logica trascendentale, sin-tetico a priori e ermeneutica matematicadell’oggettività”), compreso in Conoscen-za e matematica. In questa ottica la mate-matica assume, kantianamente, la funzionelegislativa di modelizzazione di fenomenie quindi di costituzione di oggetti. Nondi-meno, questa attività costitutiva è permeata

dalla storicità - in ciò va individuato ilpunto di rottura con la fissità degli a-prioridi Kant - e la pluralità delle forme e dellestrutture matematiche è rilevabile attraver-so un lavoro di inter-traduzione tra le diffe-renti strutture.Si riequilibria quel rapporto tra oggettivitàe storicità impraticabile a partire dagli op-posto schieramenti epistemologici sopracitati e si configura una prospettiva chepotrebbe essere definita di razionalità pos-sibile, o “plausibile”, come preferisce direlo stesso Petitot.Entro questa cornice teorica si comincianoa cogliere i tratti distintivi di un’immaginedella matematica per molti aspetti inedita eaffascinante. Non a caso sono proprio imatematici di professione che ne sottoli-neano alcuni caratteri essenziali, comeEnnio De Giorgi (“Qualche riflessione suirapporti fra matematica e altri rami delsapere”) che propugna, nel suo scritto, lospirito aperto della sua disciplina rispettoalle altre (in quanto «ramo ben rigogliosodell’albero della Sapienza»), assimilabileper le sue procedure a un’arte - in quanto «ilmatematico è un artista» che può sceglierein base al suo temperamento tra diversistili, di tipo naturalistico oppure astratto,come avviene in pittura -.Una componente essenziale della riflessio-ne epistemologica consiste nell’esigenzadi apertura e di attenzione nei riguardi dellastoria interna dei saperi. E’ interessanteritrovare su questo terreno la dimensione distoricità che permea i differenti ambiti dicostruzione di oggetti scientifici, anche nelcaso di una disciplina altamente formaliz-zata e assiomatizzata quale la matematica.Le dinamiche della formazione delle strut-ture matematiche possono venire indivi-duate entro la prospettiva storica di “spo-stamenti di attenzione” - la definizione èdell’americano Saunders Mac Lane - cherivelano mutamenti e apparentamenti teo-rici, prestiti e abbandoni concettuali nellasuccessione temporale degli studi e dellericerche. Con questa ottica UmbertoBottazzini ha ricostruito una storia dellamatematica moderna nel suo volume Ilflauto di Hilbert (Utet, Torino 1990), ricor-rendo ad un metodo critico che tiene contodi una fondamentale osservazione di Hilbert(“Nella storia di ogni teoria matematica sipossono distinguere chiaramente tre fasi:quella creativa, quella formale e infine quel-la critica”). Nel suo intervento, Bottazzini,prendendo le mosse dall’ampio e analiticosaggio di Imre Toth (“Essere e non essere:il teorema induttivo di Saccheri e la suarilevanza ontologica”), contenuto in Cono-scenza e matematica, ha infatti ribadito chel’atto creativo che ha presieduto il costi-tuirsi della geometrie non euclidee non erafondato sul movente della libertà creativa,ma su quello dell’esigenza di verità. Una“verità” concepita, ovviamente, in modostoricamente ben determinato: la “vera”geometria, come sosteneva esplicitamenteGauss, era quella reale. Con questi presup-posti, in un modo che è esemplare per ciò

che riguarda il problema del rapporto framatematica e conoscenza del mondo ester-no, le geometrie non euclidee diventanosignificative da un punto di vista gnoseolo-gico solo quando cade il millenario tabùdella realtà fisica del modello euclideo.Proprio nel nuovo concetto di realtà cheesse hanno contribuito a creare, CorradoMangione ha visto il decisivo valore gno-seologico delle geometrie non euclidee:più che domandare cosa sia il mondo al difuori di noi, si afferma ora che al di fuori dinoi esiste una pluralità di mondi. Il proble-ma - in senso letterale - “reale”, posto dallegeometrie non euclideee era la possibileverità - rifiutata da Frege e da altri - di tesiche si escludono. Una tesi può essere verain un mondo e falsa in un altro.Mangione ha osservato che secondo MorrisKline - del quale si veda, oltre alla recentetraduzione dei due volumi della Storia delpensiero matematico (Einaudi, Torino1991), anche Matematica: la perdita dellacertezza, tradotto nel 1985 - la matematicaè nata con la convinzione di essere deposi-taria di certezze assolute; con le geometrienon euclidee essa avrebbe però perso laverità per rifugiarsi nella coerenza, e conGödel la matematica stessa - trasformatasinel frattempo in una pluralità di matemati-che - scopre di non potersi autofondare. Lasua unica vera certezza consiste nel suocarattere assiomatico, e un assioma puòessere vero in una configurazione ontolo-gica e non vero in un’altra. Il problemadelle geometrie non euclidee, nella versio-ne di Gerolamo Saccheri, secondo cui lasomma degli angoli interni di un triangoloè uguale - come sostiene Euclide - maggio-re o minore della somma di due angoli retti,è un “problema” riguardo alla corrispon-denza della teoria alla realtà, solo per noi:Euclide aveva infatti scelto sulla base dellacoerenza assiomatica. F.C./F.S.

La filosofia del denarodi Simmel

Anticipando i risultati di un propriolibro di prossima pubblicazione, Moneyand modern mind, dedicato alla Fi-losofia del denaro (1900, 1907) diGeorg Simmel, Gianfranco Poggi(University of Virginia) ha tenuto, dal7 al 10 gennaio presso l’Istituto Italia-no per gli Studi Filosofici di Napoli,una serie di lezioni sull’opera del filo-sofo e sociologo tedesco.

Contesti di diverso livello concorrono astoricizzare la Filosofia del denaro: la Ger-mania guglielmina, la Berlino di fine seco-lo, il significato provocatorio del lavoro edell’insegnamento di Georg Simmel.Gianfranco Poggi condivide la tesi dellapeculiarità dell’assetto sociopolitico dellaGermania guglielmina rispetto a quello deimaggiori stati europei contemporanei, nelmomento in cui il nuovo Stato germanico si

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CONVEGNI E SEMINARI

costruiva su strutture politiche arcaiche etali da relegare in secondo piano ogni espres-sione politica delle forze borghesi. Questo,mentre la Berlino di fine secolo conosceuna frenetica urbanizzazione, proponen-dosi come capitale culturale e diventandodi fatto centro di raccolta per molti intellet-tuali, spesso di origine ebraica. Il giovaneSimmel è uno di questi e la sua carrierauniversitaria viene ostacolata siadall’antisemitismo, già attivo nell’accade-mia tedesca, sia dalla diffidenza nei con-fronti del suo approccio sociologico; i suoisaggi non seguono, volutamente, il classi-co apparato del trattato scientifico e vengo-no pubblicati su settimanali e quotidiani: lastessa Filosofia del denaro è il risultatodella combinazione di dieci saggi sul dena-ro, scritti nel decennio 1890-1900.Poggi ha fatto precedere il discorsosimmeliano sulla “natura” del denaro dauna antropologia filosofica, nascosta neltesto, che attraversa le nozioni di azionesociale, agire economico, spirito oggetti-vo. L’uomo, secondo Simmel, è soprattuttosoggetto, titolare di un progetto, capace dipianificare la propria azione. L’azione è,sempre, orientata ad uno scopo, presuppo-ne un iconatus, è contingente, comportasempre un approccio alla realtà secondodue modalità: il conoscere e il valutare, fraloro irriducibili (l’oggetto del nostro volereè diverso dall’oggetto della rappresenta-zione). Alla sfera del valutare appartienel’agire economico. Non si dà agire econo-mico se non nello scambio e non, in pole-mica con Marx, nella produzione. Anzi, ciòche conferisce un “significato” economicoad un bene è la nostra disponibilità a rag-giungerlo, acquisirlo, rinunciando aqualcos’altro in nostro possesso.Il denaro scaturisce dall’interazione degliindividui, ma è anche un quid che siautonomizza rispetto ad essi e comincia acontrollarne l’azione attraverso “regole”: ildenaro come tale è manifestazione dellospirito oggettivo, termine di chiara deriva-zione hegeliana, che in Simmel diventaperò sinonimo di un concetto antropologi-co di cultura. Lo spirito oggettivo è lasomma totale degli esiti oggettivati del-l’agire umano, che permangono nel pre-sente come datità-oggettività, costituendoun ponte fra passato e futuro: ciò permetteall’uomo di non ricominciare sempre dacapo, di trovarsi già sempre di fronte adistituti e tradizioni, di possedere un “mon-do”. L’uso del concetto di “mondo” con-sente a Poggi di richiamare autori che ide-almente continuerebbero il discorso diSimmel sullo spirito oggettivo: ArnoldGehlen, Hans Freyer e Karl Popper.Dalla paradossale mancanza nell’opera diuna definizione formale di denaro si puòricavare il carattere stesso dell’opera: nonuno studio di economia, ma una riflessioneindiretta su fenomeni economici di tiposociologico-filosofico. Il denaro è,innanzitutto, un modo di mediare operazio-ni di scambio in virtù di certe sue proprietà:la sua pura strumentalità, l’impersonalità

del suo possesso, che non compromette ilsoggetto, la sua astrattezza, che rappresen-ta delle cose la loro scambiabilità, la suapotenzialità d’uso, che eccede quella reale.A Simmel preme ricordare quest’ultimoaspetto, ma anche sottolineare che il dena-ro conta quando possiamo contare sul de-naro; e possiamo contare sul denaro soloquando il suo quantum non ci sfugge, nonmuta. Il denaro da questo punto di vistasomiglia al Motore Immobile di Aristotele,il primum movens capace di muovere tutto,ma che a sua volta è immobile.L’espansione dell’ambito operativo deldenaro e la sua progressiva simbolizzazionenell’età moderna inducono Simmel ad unariflessione sulla modernità non omogeneaall’ambito della cultura tedesca di fine se-colo. Modernità, in primo luogo, significaepifania, manifestazione di potenzialitàumane in passato relativamente insespresseo addiruttura represse; epifania che si tra-duce, sul piano riflesso, in una serie diconquiste teoretiche: la filosofia critica, ilrelativismo, la definizione formale di veri-tà. In secondo luogo, se è vero che nellamodernità il ricorso al denaro si è fattosempre più generale, ciò spiega l’abitudinedei moderni a calcolare, a cogliere dalle

cose il profilo quantitativo. Insomma ildenaro celebra il suo trionfo, improntandodelle caratteristiche della misurabilità eoggettività perfino la concezione modernadel tempo; così concepito esso diventa loscopo da tutti perseguito: ciò che era mezzoè divenuto fine, ciò che serviva ai rapportisocio-economici è stato assolutizzato. Sicomprende, allora, come la tematica del-l’alienazione possa assurgere a criterio pri-vilegiato nella lettura simmeliana dellamodernità. L’alienazione è intrinseca allacapacità umana di creare oggetti, di produr-re nuovi aspetti e nuovi elementi di realtà;quindi è riconducibile al concetto stesso dispirito oggettivo: le cose che produciamoacquistano una loro autonomia, diventanonecessariamente la realtà. Nel mondo mo-derno siamo sempre più circondati da og-getti di ordine materiale, come anche intel-lettuale: questa specie di “seconda natura”,che deve la propria esistenza all’attivitàumana, si è così inspessita, differenziata,moltiplicata intorno a noi che non riuscia-mo più a dominarla. Come per Marx, la“realtà” diventa sempre più l’insorvegliabilecomplessità della realtà, senza che il suocarattere alienato possa essere superato unavolta per tutte in quanto espressione dellaclasse e dell’ideologia borghese. L’aliena-

Georg Simmel

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CALENDARIO

CALENDARIOIn ricordo della recente scomparsa diEmilio Agazzi, si è tenuto il 23 gen-naio 1992, presso la Casa della Cultu-ra di Milano, un convegno dal titolo:Emilio Agazzi, ricordi e testi-monianze. Sempre presso la Casadella Cultura di Milano, in occasionedella presentazione di recenti pubbli-cazioni e iniziative editoriali, si sonosvolti nel periodo gennaio-marzo1992 una serie di incontri e dibattiti.Questo il calendario: il 28 gennaio, siè discusso del libro di John Mitchel,Giornale di Prigionia, in un incon-tro con Mauro Ceruti, Giulio Giorello,Giacomo Marramao, Loretta ValtzMannucci; il 30 gennaio, in occasio-ne della pubblicazione del libro: Car-te D’Identità, di D. Fabbri e L.Formenti, si è svolto un incontro conGianluca Bocchi, GianfrancoCecchin, Duccio Demetrio, DonataFabbri, Laura Formenti, LauraFruggeri; il 7 febbraio, in occasionedella presentazione del primo nume-ro dei “Quaderni di cultura psicanali-tica” (la ginestra), le Edizioni Asso-ciate hanno organizzato un incontrosu: Psicanalisi e linguaggio. La fun-zione della parola, a cui anno parteci-pato Vincenzo Loriga, AlbertoMelucci, Tito Perlini; il 18 febbraio,in occasione della presentazione deldossier: I confini della Scienza,pubblicato sul n. 30 della rivista “Let-tera Internazionale”, è stato organiz-zato un convegno con interventi diGiulio Giorello, SilvanoTagliagambe, Salvatore Veca, MarioVegetti; il 10 marzo, in occasionedella presentazione del libro di G.Bosetti: Il legno storto e altrecinque idee per la sinistra, sonointervenuti Giancarlo Bosetti, Giaco-mo Marramao, Giorgio Napolitano,Salvatore Veca, Marco Vitale; il 26marzo, in occasione della presenta-zione del volume: Pensare Milano, acura di M. Bertoldini e M. Calloni, siè svolto un dibattito sul tema: PerMilano. Considerazioni sui fu-turi possibili della città, con lapartecipazione di Giuseppe Gario,Luigi Manconi e Guido Martinotti;presente anche Piero Borghini, Sin-daco di Milano. Informazioni: Casa della Cultu-ra, via Borgogna 3, 20122 Milano,tel. 02/76005383.

Il 5-6 febbraio 1992, l’Università de-gli Studi di Milano ha organizzato un“Convegno di Studi” sul tema: LouisAlthusser. Lettura Sintomale edErmeneutica psicoanalitica. In-terventi di Enrico Decleva, France-sco Pastori, Andrea Bonomi, JeanMarie Vincent, Mario Spinella, PierreMacherey, Paolo D’Alessandro,Riccardo Massa. Informazioni: Segreteria del Di-partimento di Filosofia, Universitàdegli Studi di Milano, Via Festa delPerdono 7, 20122 Milano, tel. 02/58352733.

A partire dal febbraio 1992, il Colle-gio Ghislieri dell’Università di Paviaha organizzato un ciclo di lezioni daltitolo: Le vie dell’estetica. Questo ilcalendario degli interventi: 12 feb-braio, Caterina Resta: “Heidegger el’evento della parola: dall’estetica al-l’etica”; 19 marzo, Giorgio Franck:“Crisi della distanza: un problemadell’estetica moderna”; 26 marzo,Grazia Marchianò: “La tradizione e-stetica in una prospettiva storica eteorica comparativa”; 2 aprile,Giangiorgio Pasqualotto: “L’esteticadel vuoto”; 7 aprile, Luisa Bonesio:“La terra celeste”. Informazioni: Dott.ssa LuisaBonesio, Dipartimento di Filosofiadell’Università di Pavia, tel.0382/24152.

Il 12 febbraio 1992 si è tenuto pressola Sala Incontri I.S.U. un convegnoorganizzato dall’Istituto per il Dirittoallo Studio Universitario dal titolo:Filosofia o narrazione? Formedella scrittura e questione delpensiero. Sono intervenuti SergioMoravia, Mario Ruggenini, CarloSini, Vincenzo Vitiello, StefanoZecchi. Informazioni: Sala IncontriI.S.U., C.so di P.ta Romana 19, 20100Milano.

La Fondazione San Carlo di Modenaha organizzato, a partire dal febbraio1992, un ciclo di lezioni dal titolo:Aperture al Futuro . Questo il ca-lendario degli interventi: 14 febbraio,Alfonso M. Iacono: “Futuro: ciclo,evoluzione, apocalisse”: 6 marzo,Cristiano Grottanelli: “La prognositra divinazione e profezia”.Nell’ambito del ciclo di lezioni daltitolo: Religioni in dialogo, il 12marzo 1992 si è tenuta una tavolarotonda sul tema: “Il dialogo ecume-nico in Italia. Verso il terzo millen-nio”, con interventi di Sergio Ribet,Traian Valdman, Maria Vingiani su . Informazioni: Fondazione Col-legio San Carlo, via S.Carlo 5

A Urbino, presso l’Università di Lin-gue e Letterature Straniere, dal 2 al 4marzo 1992 si è tenuto un convegnoInternazionale in ricordo di Mazzino

Montinari dal titolo: Il giovaneNietzsche. Aspetti del suo pen-siero e della sua opera. Questo ilcalendario degli interventi: 2 marzo,Jean Bollack: “Zum Philogie-geschchtlichen Kontext vonNiezsches Basler Jahren”; MarcelloGigante: “Nietzsche e DiogeneLaerzio”; Fritz Bornmann: “Nietzschee la Retorica di Aristotele”; Barbarav. Reibnitz: “Nietzsche Auseinander-setzung mit der aristotelischen Poetikim Zusammenhang mit derEntwicklung seiner literaturhistori-schen Frage-stellung”; Thomas Fries:“Die Quellen von NietzschesRhetorik-Vorlesungen”; Johan Figl:“Biographisch-psycho-logischeInterpretation der Jungend-schriftenNietzsches: Moglich-keiten undGrenzen”; Wolfram Groddeck:“Aspekte der Textgenese vonNietzsches Geburt der Tragödie”;Aldo Venturelli: “La ricerca sulle fontidel pensiero nietzscheano e le pro-spettive interpretative, alcuni esem-pi”; Diana Behler: “Sinästhesie in derÄsthetik der

Geburt der Tragödie”;

Luca Crescenzi. “Nietzsche come let-tore di Yorck von Wartenburg”; Pao-lo D’Iorio: “L’immagine deiPreplatonici nel giovane Nietzsche”.3 marzo, Martin Bauer: “Modernitäts-kritische Topoi beim jungenNietzsche”; Federico Gerratana:“1867-1869: la genesi dell’identitàfilosofica di Nietzsche”; GiulianoCampioni: “Nietzsche e Schopen-hauer: 1868-1872”, Sandro Barbera:“Nietzsche e Schopenhauer: 1872-1874”; Urs Marti: “Motive des ro-mantischen Antikapitalismus beiNietzsche”; Jörg Schneider:“Nietzsche und die bildunspolitischeDiskussion seiner Zeit”. 4 marzo,Ernst Behler: “Nietzsches Sprach-theorie in der Geburt der Tragödie”;Tilman Borsche: “Natur-Sprache.Herder, Humboldt, Nietzsche”;Sossio Giametta: “Su verità e menzo-gna in senso extramorale: alcune con-siderazioni critiche”; KlausKropfinger: “Polarität und Wandel inNietzsches Musikauffassung”; DetlefOtto: “Die Version der Metapherzwischen Musik und Begriff”; An-drea Orsucci: “Nietzsche e Zöllner”;Jörg Salaquarda: “Nietzsche undGrillparzer”; Vivetta Vivarelli:“Nietzsche e i colloqui Goethe-Eckermann: la storia come proble-ma”; Marie-Luise Haase: “NietzschesEntwürfe zu einem Empedokles-Drama und zu einem Zarathustra-

Drama im Vergleich”; Renate Müller-Buck: “Friedrich Nietzsche, AlbertBrenner, Malwida von Meysenbug.Unveröffentlichte Briefe von Jahre1876”; Luca Farulli: “Il Nietzsche‘absconditus’ di Burckhardt”; MarcoBrusotti: “‘Verkehrte Welt’ e onestàcontro se stesso: un tentativo diNietzsche di ricostruire le prime fasidel suo sviluppo”. Informazioni: Segreteria Conve-gno Nietzsche, Facoltà di Lingue eLetterature Straniere, P.za Rinasci-mento 7, 61029 Urbino, tel.0722/328877.

Il Centro Culturale Polivalente di Cat-tolica (FO) ha organizzato il 5 e 6marzo 1992 un seminario dal titolo:Etica ed Estetica. Problemi eprospettive, con la partecipazionedi Mario Perniola e Ann VanSevenant. Due le tematiche partico-larmente significative: “Il piacere traetica ed estetica” e “Decostruzionenell’etica e nell’estetica”.Il 7 marzo 1992 si è tenuta invece unapubblica discussione con RenatoBarilli, Antonio Faeti, Mario Perniola,Arturo Carlo Quintavalle sul tema:Arte e Stato. Stato dell’Arte.Il 27 e 28 marzo 1992 si è svolto poiun seminario di Alain J. J. Cohen daltitolo: Odisseo. Versione Omero,Moravia, Godard. Informazioni: Biblioteca Comu-nale di Cattolica, P.zza della Repub-blica 2, 47033 Cattolica (FO), tel.0541/967802.

Nel quadro della propria attività, ilCentro culturale “La Casa Zoiosa” diMilano ha organizzato, nel mese dimarzo 1992, un convegno di 5 incon-tri dal titolo: L’eredità che il pen-siero filosofico del nostro seco-lo lascia al duemila. Questo ilcalendario degli incontri: 9 marzo,Paolo Rossi: “Atteggiamenti dell’uo-mo verso la natura”; 16 marzo,Umberto Galimberti: “L’uomo nel-l’età della tecnica”; 24 marzo, Ema-nuele Severino: “Il piano inclinato”;30 marzo, Jean Petitot: “Il razionali-smo scientifico come valore cultura-le”.Sempre nel mese di marzo 1992, si èsvolto un convegno dal titolo: Itine-rari della cultura europea, artico-lato nei seguenti incontri: 23 marzo,E. Wolgast: “L’identità culturale te-desca nel XVI secolo”; 27 marzo, E.Nolte: “Heidegger e la rivoluzioneconservatrice”.Prosegue il programma dei Corsi ot-tobre 1991/giugno 1992 su: Pensie-ro Scientifico e pensiero filoso-fico. Conflitto, alleanza o reci-proco sospetto, con il seguentecalendario: dal 6 maggio, ogni mer-coledì, 5 incontri con L. Ceccarini su:“Natura, coscienza, Dio e uomo se-condo gli autori più importanti delXVII secolo; 14 maggio, Dino For-maggio: “L’estetica della corporei-tà”. Informazioni: La Casa Zoiosa,

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CALENDARIO

C.so di Porta Nuova 34, 20100 Mila-no, tel. 02/6551813.Dal 10 al 12 marzo 1992, presso ilCentro Internazionale di StudiSemiotici e Cognitivi dell’Universitàdegli Studi della Repubblica di SanMarino, Bruce Fraser e Polly Ulichnyhanno tenuto un seminario dal titolo:Discourse Analysis: Theory andPractise. Informazioni: Università di SanMarino, Contrada Omerelli 77, 47031San Marino, tel. 0549/882516.

In occasione del settantesimo com-pleanno di Karl-Otto Apel, il “Forumfür Philosophie Bad Homburg”, in-sieme con la Facoltà di Filosofia del-l’Università di Francoforte, ha orga-nizzato, dal 13 al 15 marzo 1992, unColloquio sulla pragmatica tra-scendentale, a cui hanno parteci-pato, tra gli altri: Jon Hellesnes(Tromsö), Wolfgang Kuhlmann(Francoforte), Hauke Brunkhorst(Francoforte), Adela Cortina(Valencia), Enrique Dussel (Città delMessico). Informazioni: Forum fürPhilosophie Bad Homburg, Kaiser-Friederich Promenade 80, 6380 BadHomburg v.H.

Il 18 marzo 1992, presso la Sala In-contri I.S.U., l’Università degli Studidi Milano, in collaborazione con ilConsolato generale d’Austria, ha or-ganizzato una conversazione su:Thomas Bernhard. La scritturacome critica dell’esistenza, a cuihanno partecipato Eugenio Bernardi,Fausto Cercignani, Aldo G. Gargani,Wendelin Schmidt-Dengler. Informazioni: Sala IncontriI.S.U., C.so di Porta Romana 19,20100 Milano.

L’Università degli Studi di Milano haorganizzato, in collaborazione con ilGoethe Institut di Milano, un ciclo dilezioni, che si svolgeranno da marzoa novembre 1992, su: La filosofia inGermania oggi. Questo il calenda-rio delle conferenze: 19 marzo, OttoPöggeler: “L’ermeneutica”; 6 aprile,Hans Albert: “Il razionalismo criti-co”; 5 maggio, Karl Otto Apel: “Lapragmatica trascendentale”; novem-bre 1992, Oskar Negt: “La scuola diFrancoforte”. Informazioni: Goethe-Institut,tel. 02//76005571, I.S.U. Universitàdegli Studi, tel. 02/809431.

Il CIPEC, Centro di Iniziativa Politi-ca e Culturale di Milano, ha organiz-zato un ciclo di conferenze a caratteremonografico su: Filosofie dell’Ot-tocento e del Novecento. Questoil calendario: 23 marzo, Carlo Sini:“Come preparare l’esame di maturitàin filosofia”; 31 marzo, FlavioCassinari: “Kant. Il periodo precriti-

co e la Critica della ragion pura”; 7aprile, Flavio Cassinari: “Kant. Lacritica della ragion pratica e la Criti-ca del Giudizio”; 9 aprile, FlavioCassinari: “La nascita dell’idealismo:Fichte e Schelling”; 14 aprile, PaoloFerri: “Hegel: la dialettica”; 5 mag-gio, Ettore Fagiuoli: “Hegel: il siste-ma”; 8 maggio, Flavio Cassinari: “Lasinistra hegeliana e Feuerbach”; 12maggio, Paolo Ferri: “Marx: dallacritica a Hegel alla scienza dell’eco-nomia”; 15 maggio, Marco Fortuna-to: “I critici radicali di Hegel:Kierkegaard”; 19 maggio, MarcoFortunato: “I critici radicali di Hegel:Schopenhauer”; 22 maggio, EttoreFagiuoli: “I critici radicali di Hegel:Nietzsche”; 26 maggio, PaoloDemolli: “Il positivismo e i suoi cri-tici: Spencer, Comte, Bergson”; 29maggio, Marco Fortunato: “Freud. Ildisagio della civiltà; 2 giugno, EttoreFagiuoli: “Fenomenologia ed esisten-zialismo: Husserl, Heidegger, Sartre;5 giugno, Paolo Demolli: “Idealismoed attualismo in Italia: Croce e Gen-tile”. Informazioni: CIPEC, via Festadel Perdono 6, 20100 Milano, tel. 02/58302611.

Prosegue il Seminario permanen-te di filosofia 1992. Oggetti eforme del pensiero, organizzatodalla Fondazione Corrente dal gen-naio al giugno 1992, con il seguentecalendario delle lezioni: 23 marzo e 1aprile, Monica Luchi: “Il soggetto neldisagio della civiltà”; 29 aprile e 6maggio, Silvana Borutti: “Rappre-sentazione forma oggetto”; 15 mag-gio e 20 maggio, Ugo Fabietti: “An-tropologia del tempo e tempo dell’an-tropologia”; 27 maggio e 3 giugno,Fulvio Papi: “Prove per una filoso-fia”. Informazioni: Fondazione Cor-rente, via Carlo Porta 5, 20121 Mila-no, tel. 02/6572627.

Il 24-25-26 marzo 1992 si è tenutopresso la Fondazione Sigma-Tau diRoma il seminario di Hilary Putnam:Il pragmatismo: una questioneaperta. Sono intervenuti: CarloCellucci, Emilio Garroni, EugenioLecaldano. Informazioni: FondazioneSigma-Tau, P.zza S.Ignazio 170,00186 Roma, tel. 06/6783458.

Su invito dell’Accademia Peloritanadei Pericolanti, dell’Università diMessina e della sezione messinesedella Società Filosofica Italiana, il 27marzo 1992, presso la Sala dell’Ac-cademia Peloritana, Xavier Tillietteha tenuto una conferenza dal titolo:L’ultima filosofia di LuigiPareyson. Informazioni: Facoltà di Letteree Filosofia, Università di Messina,Palazzo Università, P.za Pugliatti,98110 Messina, tel.090/772509.

Presso il Centro Internazionale Studidi Estetica di Palermo si è svolto il 30marzo un convegno dal titolo: I sensidi Eros, a cui hanno partecipato Lui-gi Russo, Remo Bodei, Vita Fortuna-ti, Mario Perniola. Informazioni: Centro Internazio-nale Studi di Estetica, Facoltà di Let-tere e Filosofia, Università di Paler-mo, Viale delle Scienze, 90128 Paler-mo.

Il 31 marzo 1992 si è svolta all’Istitu-to Suor Orsola Benincasa una giorna-ta di studio in onore di Umberto Ecosul tema: I labirinti del testo. Sonointervenuti: Massimo Bonfantini, Pa-olo Fabbri, Remo Guidieri, JacquelineRisset, Patrizia Violi, Aldo Trione eUmberto Eco. Informazioni: Istituto SuorOrsola Benincasa, Corso V. Emanue-le 292, 80135 Napoli, te. 081/412908.

Dal 2 al 3 aprile 1992, si è tenuto aMessina, organizzato dall’Istituto diFilosofia della Facoltà di Lettere eFilosofia dell’Università di Messina,in collaborazione con l’Associazioneculturale italo-tedesca, un seminariodi studi sul pensiero di MartinHeidegger dal titolo: In camminoverso la parola. Relazioni di CarloSini, Leonardo Amoroso, MarioRuggenini; Vincenzo Vitiello. Nel-l’occasione, ha avuto luogo ancheuna tavola rotonda intorno al recentevolume di Mario Ruggenini: I feno-meni e le parole. La verità finita del-l’ermeneutica (Marietti, Genova1992). Informazioni: Facoltà di Letteree Filosofia, Università di Messina,Palazzo Università, P.za Pugliatti,98110 Messina, tel.090/772509.

Si è svolto nei giorni 6-7-8 aprile1992 a Perugia, presso il Centro diStudi Agostiniani, un colloquio inter-nazionale sul tema: Interiorità eintenzionalità: ripensareAgostino. Questo il programma del-le relazioni: 6 aprile, G. Madec: “Lacomprensione dell’interiorità nell’o-rizzonte della fede”; R. A. Markus:“Interiorità e orizzonte dei segni”; K.Flasch: “Ancora una volta: l’anima eil tempo”; 7 aprile, M. Cacciari:“Intenzionalità e ricerca”; B. Studer:“Speranza e intenzionalità”; T. J. VanBavel: “Il primato dell’amore in S.Agostino”; 8 aprile, V. Melchiorre:“L’ombra che sta al centro”; A.Pieretti: “Interiorità e intenzionalità:la dignità del finito”. Informazioni: Istituto di Filoso-fia, via Aquilone 8, 06123 Perugia,tel. 075/5854715.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici, in collaborazione con il Dipar-timento di Scienze Fisiche dell’Uni-versità di Napoli, organizza a Napoli,

dal 9 al 10 aprile 1992 un convegnodal titolo: Scienza e filosofia dellanatura nell’età romantica. Questi itemi: “Da Kant alla Naturphilosophiedi Schelling”; “Goethe scienziato e laNaturphilosophie”; “Il ruolo dellaNaturphilosophie per lo sviluppo dellafisica dell’Ottocento”; “Sperimen-tazione filosofica e sperimentazionefisica nella Naturphilosophie”;“Scienza e immaginario romantico”;“Dalla fisica dinamica alla matemati-ca delle simmetrie”; “Geologia, bio-logia, medicina e psicologia nell’etàromantica”. Informazioni: Istituto Italiano pergli Studi Filosofici, Via Monte di Dio14, 80132 Napoli

Dal 23 al 26 aprile &àà" ha luogo ilXXI Congresso Nazionale di Filoso-fia organizzato dalla Società Filoso-fica Italiana sul tema: La filosofia ela sfida della complessità. Il ca-lendario degli incontri è il seguente:23 aprile, Remo Bodei: “Complessitàe previsione: impegno etico ed imma-gini del futuro”; Evandro Agazzi:“Scienza, etica, complessità”; Gio-vanni Ferretti: “La complessità e ilmetodo teologico”; 24 aprile, E. Ber-ti, L. Vigone: “I nuovi programmi difilosofia per la scuola secondaria su-periore”; 25 aprile, Sergio Givone:“Complessità e interpretazione”; Ser-gio Moravia: “Complessitòà ed esi-stenza”; 26 aprile, Giuseppe Cantillo:“Storiografia filosofica e pluralità me-todologiche”; Enrico Berti: “La com-plessità della ragione”. Informazioni: Sezione RomanaS.F.I., presso Dipartimento di Filoso-fia, via Magenta 5, 00185 Roma, tel.06/491632.

Si terrà dal 30 aprile al 2 maggio 1992a Norimberga il XIX convegno hege-liano sul tema: Diritto e stato, chesi propone di dare spazio, oltre che atemi relativi alla filosofia di Hegel,anche a questioni dell’attuale filoso-fia politica e del diritto. Informazioni: Prof. Dr. WolfgangSünkel, Institut für Pedagogik,Universität Erlangen-Nürnberg,Bismarckstr. 1, D-8520 Erlangen.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici, in collaborazione col Ministe-ro degli Affari Esteri, con l’Istituto diCultura di Madrid, con l’AccademiaSpagnola di Roma e col Circulo deBellas Artes di Madrid, organizza dal4 all’8 maggio 1992 a Madrid unconvegno sul tema: La filosofia Ita-liana oggi. Informazioni: Istituto Italiano pergli Studi Filosofici, Via Monte di Dio14, 80132 Napoli.

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CALENDARIO

Si terrà dall’11 al 14 maggio a Triesteun convegno sul tema: Leibniz e laquestione della soggettività, or-ganizzato dalla Leibniz-Gesellschaftin collaborazione con l’Istituto Italia-no per gli Studi Filosofici di Napoli eil Centro Internazionale di Fisica teo-rica di Trieste. Interverranno, tra glialtri: Hans-Georg Gadamer, AlbertHeinekamp, Hans Poser, AndréRobinet, Quintin Racionero, Fabri-zio Mondadori, Kiyoshi Sakai, Mas-simo Mugnai, Antonio Lamarra, Pa-olo Zellini, Vincenzo Vitiello, MarioRuggenini. Informazioni: Dr. Renato Cristin,Università degli studi di Trieste, Isti-tuto di Filosofia, via dell’Università7, 34123 Trieste.

Si svolgerà dal 27 al 30 maggio 1992,presso la Werner-Reimers-Stiftung diBad Homburg v.H., un convegno sultema: La filosofia della naturadell’idealismo tedesco. Informazioni: Prof. Dr. KarenGloy, Philosophisches Institut an derTheologischen Fakultät Luzern,Pfistergasse 20, CH-6003 Luzern.

La Akademie der Künste undWissenschaften di Francoforte orga-nizza dal 28 al 31 maggio un congres-so sul tema: Comunità e giustizia,che dovrebbe fare il punto sul dibatti-to sul comunitarismo in Germania.Tra i partecipanti: Ulrich K. Preuss(Brema), Ingeborg Maus(Francoforte), Charles Taylor(Montreal), Karl-Otto Apel(Francoforte), Axel Honneth (Costan-za), Nancy Fraser (Chicago), RichardBernstein (New York), SeylaBenhabib (New York), MarthaNussbaum (Providence), ManfredFrank (Tubinga). Informazioni: Akademie derKünste und Wissenschaften Bocken-heimerstrasse 104, Frankfurt a. M.

Organizzata dal Dipartimento di Fi-losofia dell'Università degli Studi diMilano, martedì 9 giugno si terrà nel-l'Aula Crociera Alta, una tavola ro-tonda sul tema: La verità e le veri-tà? Cristianesimo e pluralismoreligioso, in occasione della pubbli-cazione del n. I/92 della rivista "Filo-sofia e Teologia", recante gli atti delconvegno su "Cristianesimo e Reli-gioni", svoltosi a Torino il 18-19 ot-tobre 1991; Interverranno: AngeloBertuletti (Facoltà Teologica dell'Ita-

lia settentrionale, Milano), VirgilioMelchiorre (Università Cattolica "S.Cuore" Milano), Maurizio Pagano(Università di Torino), MarioRuggenini (Università di Venezia).Aprirà i lavori Andrea Bonomi (Di-rettore del Dipartimento di Filoso-fia); presiederà Francesco Moiso (Ti-tolare della Cattedra di Storia dellaFilosofia II).

Si terrà dal 12 al 14 giugno 1992 aPraga un convegno sul tema: Fonda-zione ultima come sistema?, or-ganizzato dalla Società internaziona-le “Sistema della filosofia”, dall’Isti-tuto di filosofia dell’Accademia dellescienze cecoslovacca e dall’Istitutoitaliano per gli studi filosofici. Tra ipartecipanti: K. Gloy, M. Sobotka, E.Düsing, M. Havelka, W. Kuhlmann,D. Wandschneider, H. Holz, C. Cirne-Lima, V. Hösle e H.-D. Klein. Informazioni: Istituto Italiano pergli Studi Filosofici, Palazzo Serra diCassano, via Monte di Dio, Napoli.

Si svolgerà dal 15 al 19 giugno 1992,presso il Centro Internazionale di In-contri Matematici di Luminy (Marsi-

6-10 aprileWolfgang Schild (Bielefeld)Die Aktualität der praktischenPhilosophie HegelsEnzyklopädisches System undGrundlinien der Philosophie desRechtes - Probleme des Aufbaus undder Gliederung der Grundlinien derPhilosophie des Rechtes - Die unmit-telbare Realisierung des rechtlichenWillens - Die rechtliche Dimensionder ‘Bürgerlichen Gesellschaft’ - DasSystem der wirklichen rechtlichenVerhältnisse

13-16 aprileRamón Valls (Barcellona)La naturaleza del conocimientofilosofico en la Enciclopedia delas ciencias filosoficas de HegelPròlogos y introducciones en rela-ción con el discurso científico pro-priamente dicho: Suficiencia y indi-gencia del punto de partida - Libertaddel conocimiento científico: conce-pto, círculo y necesidad - La sangreteológica de Hegel: verdad y sentido- Lo vivo y lo muerto del discursohegeliano: la cuestíon en torno al plu-ralismo

27-30 aprileMariapaola Fimiani (Salerno)L’arcaico e l’attualeLa regione dell’arcaico e lo statutodella differenza - Coscienza mitica ecoscienza partecipativa - Linguisticae mitologia. La tecnica, la magia, loscambio arcaico - Ontologia ed etno-logia dell’antichità

4-8 maggioJan Sperna Weiland (Rotterdam)Maestri dell’antropologiafilosoficadel Novecento (II)Karl Jaspers. Mondo, esistenza e tra-scendenza - Gabriel Marcel. La mor-te di Dio e l’essere-al-mondo - Jean-Paul Sartre. L’ente che è quello chenon è e che non è quello che è -Maurice Merleau-Ponty. Ambiguità,terrore umanesimo - Albert Camus.Al di là del nihilismo

4-8 maggioFélix Duque (Madrid)Vincenzo Vitiello (Salerno)Il tempo esaurito: religionee filosofia in HegelIl compimento dello spirito (Vitiello)- La conciliazione mai incompiuta:Ein Fernes der Zukunft (Vitiello) - Ilcompimento della religione: ich binder Kampf selbst (Duque) - La mortedel Cristo come storia universale(Duque) - La ragione e/è il torto:Vergehen der Gemeinde

18-21 maggioBernard Carr (London)A short Descriptionof Modern CosmologyBasic Observations - MainTheoretical Tools - The Status ofScientific Explanation - The ModernView of the Universe

18-21 maggioGeorge Ellis (Cape Town)Philosophical Issuesof Modern Cosmology

Cosmology and Local Physics -Cosmology and Verifiability -Cosmology and Man - Cosmologyand Philosophy

18-22 maggioGwendoline JarczykPierre-Jean Labarrière (Paris)Hegel:la catégorie de l’identitédans la doctrine de l’essenceL’essentialité, ou la déterminationderéflexion - L’identité abstraite, “lamême chose que l’essence” -L’identité comme non-identité, pre-mière détermination réflexive de l’es-sence - La proposition de l’identité -Récurrence de cette catégorie dansl’ensemble de la Doctrine de l’essen-ce

25-29 maggioPaul Ricoeur (Nanterre)Le problême de la véritéen histoireTrace et preuve documentaire -L’explication historique - La narra-tion historique - Aspects rhétoriquesde l’écriture de l’histoire - La réalitédu passé: l’absent de l’histoire

1-5 giugno 1992Pietro Rossi (Torino)Teorie del Progresso e teoriedella provvidenza nellefilosofie della storia del ‘700Storia sacra e storia profana - Lastoria come progresso verso la civiltà- Le dimensioni socio-politiche delprogresso - Il “corso di Dio attraverso

le nazioni” - Il confronto tra l’Europae le altre società

8-12 giugnoMarco Diani (CNRS)Massimo Riva (Brown)Genealogia del ModernoIl Moderno e i segni della malinconia- Leopardi, Stendhal e il desiderioimpossibile - Metamorfosi del nazio-nalismo - Nihilismo e secolarizzazio-ne - Genealogia della fine: paradossoo ambivalenza?

15-18 giugno 1992William R. Shea (McGill)Nuove interpretazionidella rivoluzione scientificaLa scienza e l’immagine della scien-za da Copernico a Newton - Unarivoluzione con o senza metafisica? -Magia naturale, ermetismo e crisi delsapere - L’uomo-macchina e il prez-zo del progresso

Renate Wahsner (Potsdam)Horst-Heino BorzeszkowskiPhysikalische Theorie undphilosophische InterpretationIsac Newtons nicht-mechanizistischeBegründung der Mechanik(Borzeszkowski) - Die Mechani-sierung der Mechanik durch Voltaire(Wahsner) - Revolutionierte die ni-cht-lineare irreversible Thermo-dynamik den klassischen Zeitbegriffder Physik? (Berzeszkowski) - DieEvolutionismus als Moderne Formdes Mechanizismus

glia), un convegno sul tema: Logicae informatica. Informazioni: M. R. Donnadieu,Dèpartement de Mathématique-Informatique, Facultè des Sciencesde Luminy, Case 901, F-13288Marseille Cedex 9.

Dal 29 giugno al 3 luglio 1992 siterrà, presso l’Università di Nantes, ilXIX convegno humeano, in cui ver-ranno discussi i temi: Hume e lafilosofia francese, passato e pre-sente; L’estetica di Hume; In-terpretazioni di Hume nel XIX eXX secolo. Informazioni: Prof. Dr. DorothyColeman, Departement of Philo-sophy, College of William and Mary,Williamsburg, VA 23185 USA.Il giorno 13 maggio 1992, presso laBiblioteca Nazionale Braidense di Mi-lano, con il patrocinio della RAIRadiotelevisione Italiana e dell’edi-tore Rusconi, verrà presentato il vo-lume di Mario Dal Pra e FabioMinazzi, Ragione e storia. Mez-zo secolo di filosofia italiana(Rusconi, Milano 1992). InterverranoMaria Teresa Fumagalli BeonioBrocchieri, Fulvio Papi e FabioMinazzi.

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICIPalazzo Serra di Cassano - Via Monte di Dio, 14 - 80132 Napoli

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DIDATTICA

DIDATTICA

a cura di Riccardo Lazzari

Convegni

L’introduzione della filosofia negli isti-tuti tecnici potrebbe rappresentare unsasso lanciato nelle stagnanti acquedella scuola italiana. E’ giunto, quindi, aproposito il convegno: La filosofianella formazione dello studentedegli istituti ad indirizzo tec-nico, tenutosi a Milano il 26 febbraio1992, promosso dall’IRSSAE Lombar-dia e dall’I.T.C.S “G. Torno” di CastanoPrimo .

La relazione introduttiva è stata tenuta daRoberto Maiocchi, che ha parlato sul te-ma: “Filosofia, scienze e tecnologia”. Dopoaver ripercorso le principali tappe dellafilosofia della scienza del ‘900, dal neopo-sitivismo logico fino all’anarchismo meto-dologico di Feyerabend, Maiocchi ha pro-posto un’immagine di verità scientifica co-me “verità in bilico”, mai garantita unavolta per tutte, esito di un aspro scontro nelcorso del quale il filosofo deve controllareche le regole del gioco dialettico sianorispettate e che la vittoria di una teoria suquella concorrente non sia determinata damosse scorrette e carte truccate. La praticafilosofica si configura come confronto dia-lettico e arte persuasiva della disputa teori-ca. In base a questi presupposti, due sono leimplicazioni didattiche evidenziate daMaiocchi: la prima è quella di descriverel’itinerario teorico della filosofia della scien-za del nostro secolo, in particolare da Poppera Feyerabend, con il rischio, tuttavia, perl’insegnante di filosofia di entrare in rottadi collisione con il taglio generalmentepositivista degli insegnanti delle disciplinetecniche; la seconda e più praticabile opzio-ne è quella di accentuare il carattere storicodelle verità scientifiche, privilegiando lapresentazione di alcune tra le maggiori con-troversie scientifiche dell’epoca moderna.I contributi successivi hanno valorizzato oil taglio storico-problematico, o il taglioriflessivo-dialettico proposti nella relazio-ne introduttiva. Sul versante riflessivo-dialettico Giovanni Borelli (ITCS “G.Torno”) ha sottolineato la finalità di prope-deutica alla tecnica del ragionamento argo-mentativo della filosofia nel futuro indiriz-zo tecnologico, arrivando a proporre lafusione in un’unica cattedra di filosofia e

matematica con l’approfondimento dellelogiche polivalenti, probabilistiche e in-duttive. Sulla base di analoghi presupposti,Dante Bellamio, esperto nella formazionedei quadri di azienda, ha messo in luce ilruolo importante che la filosofia può svol-gere in funzione delle nuove richieste dicapacità intellettuali (flessibilità, problemfinding, problem solving ecc.) provenientidal mondo industriale.Su posizioni diametralmente opposte si èarticolato , invece, l’intervento finale diStefano Zecchi, che ha respinto con vigorequalsiasi ipotesi di funzionalità di un inse-gnamento filosofico rispetto alle prospetti-ve del mondo produttivo, celebrando pole-micamente la qualità del sapere filosoficocome sapere “inutile”, critico rispetto allestrutture costitutive della società ed alleimpalcature conoscitive che le sorreggo-no. Al contrario la pratica filosofica devesvilupparsi a partire da una presa di posi-zione radicale di fronte ai saperi parcelliz-zati delle singole discipline, per fondareun’immagine unitaria e complessiva del-l’esperienza umana e per attingere a quelladisposizione sapienziale di ricerca veritati-va che abbiamo ereditato nella tradizioneoccidentale dall’esempio socratico.E’ evidente che questa diversità di accentitravalica il problema specifico posto dalConvegno e rappresenta una polarizzazio-ne più complessiva che divide il frontefilosofico contemporaneo. Tuttavia, ciò nonha esaurito l’interesse del dibattito, che si èconcentrato anche su proposte didattichepiù specifiche, a partire dalle indicazionidella Commissione Brocca, per quanto nonsiano ancora disponibili i suoi materiali dilavoro - se si esclude la pubblicazione asorpresa sul “Manifesto” (23/2/92) di unabozza “segreta” del programma di filosofiaper l’indirizzo tecnologico. In questo con-testo di discussione si segnalano in partico-lare i contributi di Cesare Quarenghi,Preside del Liceo scientifico di Bergamo, edi Giovanna Sidoni, della Società Filoso-fica Italiana.Dagli stralci pubblicati sul “Manifesto”risulta che il programma di filosofia per glistudenti dell’indirizzo tecnologico riguar-da gli ultimi due anni del quinquennio perdue ore settimanali e prevede una serie diargomenti (per il primo anno attinenti a duearee tematiche , “la rivoluzione scientifi-

ca” e “gli aspetti etico-politici della mo-dernità”, e per il secondo anno ad altre duearee tematiche, “la seconda rivoluzionescientifica” e “scienza, tecnica e responsa-bilità etico-politiche”) da affrontare me-diante la lettura di testi a scelta tra unelenco di autori moderni e contemporanei.Sulla lettura e comprensione dei testi esulle operazioni didattiche correlative ven-gono fornite una serie di opportune “indi-cazioni metodologiche”.I consensi maggiori riguardano quest’ulti-mo aspetto, in quanto la metodologia pro-posta recepisce in generale il senso delleriflessioni più aggiornate e precisamente:1) la priorità della lettura diretta dei testicon l’addestramento alla specificità dellinguaggio filosofico; 2) la necessità dellacontestualizzazione storica dei testi e dellaintegrazione critica dei differenti saperi; 3)il recupero della contemporaneità non solodal punto di vista di un aggiornamentoinformativo, ma soprattutto come osserva-torio di riferimento di nodi problematici edi orientamenti affrontati dalla filosofia apartire dall’epoca moderna. Un altro ele-mento, giudicato didatticamente positivo,è l’ammissibilità di prove di verifica nonsolo orali, ma anche scritte, soprattutto sefinalizzate a saggiare la capacità argomen-tative e critico-riflessive dello studente.Le perplessità maggiori si sono inveceevidenziate in relazione alle proposte con-tenutistiche dei programmi. Infatti, pur ri-levandosi una certa attenzione a salvaguar-dare la presenza dei filosofi più importanti,la lista sia degli autori, che delle tematicheè stata da tutti gli intervenuti consideratagenerica e confusa, come pure la giustap-posizione di una parte “filosofica” - legataagli sviluppi della scienza - e di una parte“etico-politica”. Sulla necessità di una re-visione profonda di queste parti c’è statauna sostanziale concordanza di vedute.Inoltre, è stato opportunamente segnalatoil rischio di una eccessiva sproporzione traobiettivi ambiziosi ed un quadro orariolimitato che rischia di compromettere unaseria impostazione didattica. In questo sen-so, occorre evitare qualsiasi tono trionfali-stico circa quella che qualcuno ha definitola “grande vittoria” dell’ingresso della fi-losofia negli istituti tecnici. La partita ap-pare ancora molto aperta e il dibattito,come ha dimostrato questo convegno, de-

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DIDATTICA

ve arricchirsi ulteriormente. F.S.

L’IRRSAE Lombardia, in collaborazio-ne con il II I.T.C. di Bollate, organizzaper i gg. 7, 8 e 9 maggio 1992, pressol’Auditorium dell’I.T.C. di Bollate (viaVaralli 24, Milano), un convegno sultema: Il senso dell’insegnamen-to della filosofia nella forma-zione dello studente di scuolasecondaria superiore: il con-tributo delle scuole sperimen-tali.

Il convegno intende avviare una riflessionee raccogliere suggerimenti e indicazioni,sia teoriche, che derivate da esperienze inatto, su i seguenti nodi problematici: a)filosofia e nuovi profili professionali; b)possibile articolazione dell’insegnamentodella filosofia nei vari indirizzi della scuolasecondaria superiore; c) metodi e strumen-ti, in funzione delle nuove prospettive diriforma.Il programma si articola come segue: gio-vedì 7 maggio: Fulvio Papi, “Introduzio-ne”; Anna Costantini Sgherri, “Presenzae significato formativo della filosofia neicurricula degli istituti sperimentali;Luciana Vigone, “Ruolo e prospettive del-l’insegnamento della filosofia nell’Europadel ’93". Venerdì 8 maggio: AlessandroCavalli, “Le aspettative dei giovani e lerisposte dell’istituzione scuola”; RaffaellaLamberti, “Filosofia e pedagogia delladifferenza”; (relatore da definire), “Filoso-fia e professionalità”; Ferdinando Vidoni,“Filosofia scienza e tecnologie”; Rossanadi Fazio, “Filosofia, arte e letteratura”;Pier Luigi Raccagni, “Filosofia, mass-media, problemi della comunicazione egiovani”. Sabato 9 maggio: comunicazionie confronti di esperienze (presiede al dibat-tito Gisella Tarizzo).

Interventi, proposte, ricerche

Un Corso di perfezionamento a di-stanza sul tema: Elementi di di-dattica della filosofia, è statoorganizzato per gli insegnanti dei liceidall’Università degli Studi di Roma“La Sapienza”.

L’iniziativa si inserisce in un più vastoprogetto di corsi di perfezionamento a di-stanza, attivati per l’anno accademico 1991/92, promossi dal Dipartimento di Scienzedell’Educazione dell’Università di Roma“La Sapienza”. I corsi, che hanno pienovalore legale e comportano una regolareiscrizione all’Università, hanno durata an-nuale o semestrale e sono organizzati “adistanza”, secondo una tecnologia origina-le, appositamente progettata e realizzata.Ciascun corso è articolato in unità, corri-spondenti a segmenti di programma relati-vamente autonomi. Ogni unità richiede cir-ca un mese di lavoro, sulla base di materiale

di studio e di verifica fornito agli iscritti.Ogni elaborato relativo a una prova diverifica viene inviato dal Dipartimento,dove si provvede alla correzione. Gli iscrit-ti, oltre a ricevere le correzioni delle provedi verifica (che sono veri e propri testipersonalizzati), possono fruire di assisten-za telefonica, di assistenza epistolare, diincontri personali o per piccoli gruppi distudio. Alla fine di ciascun corso è previstauna prova scritta di verifica finale, da svol-gersi nella sede universitaria, dopo la qualeè rilasciato l’attestato di perfezionamento.Il corso Elementi di didattica della filosofiaè di durata semestrale ed è così strutturato:0. “Introduzione alle teorie didattiche”; 1.“L’insegnamento della filosofia dall’unitàalla riforma Gentile”; 2. “Tra filosofia estoria della filosofia”; 3. “L’insegnamentodella filosofia dalla riforma Gentile aglianni ’80"; 4. “L’insegnamento delle scien-ze sociali nella secondaria superiore”; 5.“Lavorare per unità didattiche”. Ricordia-mo qui che nei numeri 1 e 3 di questa rivistaabbiamo recensito i due volumi relativiall’Insegnamento della filosofia dall’unitàalla riforma Gentile, a cura di V. Scalera,e Tra filosofia e storia della filosofia, a curadi S. Parigi, pubblicati nella collana Labo-ratorio didattico della Nuova Italia e pro-gettati nell’ambito dei corsi di perfeziona-mento organizzati dal Dipartimento diScienze dell’Educazione dell’Università“La Sapienza”.Il contributo per l’iscrizione è di L. 300.000.Per informazioni telefoniche, rivolgersi alnumero 06/4452302.

Nuovi interventi sulla didattica dellafilosofia sono apparsi sulla rivista“Paradigmi” (n. 27, sett.-dic. 1991): G.Semerari svolge una diagnosi delledifficoltà dell’insegnamento e dell’ap-prendimento della filosofia, avanzan-do una serie di proposte organiche; A.Altamura e L. Marchetti riprendono ildibattito inaugurato, sulla medesimarivista (n. 23, maggio-agosto 1990),dalle relazioni di F. Bianco, J. Rohbecke V. Telmon. Di particolare rilievo èanche l’intervento di G. Pontara sul-l’insegnamento dell’etica, apparso sul“Bollettino della Società Filosofica Ita-liana” (n. 144, sett.-dic. 1991).

L’intervento di Giuseppe Semerari costi-tuisce il testo della relazione sul tema: “Lafilosofia e il suo insegnamento”, presentataal convegno sull’insegnamento della filo-sofia organizzato, nei gg. 17 e 18 aprile1991, dal Dipartimento di Filosofia e Teo-ria delle scienze umane dell’Università diRoma e dalla Sezione romana della SocietàFilosofica Italiana. Partendo da alcuni spuntidi carattere autobiografico, Semerari foca-lizza i limiti dell’insegnamento della filo-sofia nei Licei tuttora incentrato sul ma-

nuale. Se è vero che per poter insegnarefilosofia bisogna in qualche modo saperfilosofare, appare evidente che nessun mi-glioramento tecnico del manuale può risol-vere i problemi della didattica filosofica.Né d’altro canto, ha osservato Semerari, lapratica filosofica può essere relegata sol-tanto a quelle istituzioni che sono le Facoltàdi Filosofia e i Licei. Se si accetta la tesi chela filosofia, in quanto «autodichiararsi del-l’umanità propria dell’uomo», dev’essereagibile in ogni luogo, non si capisce perchédebba essere esercitata solo in luoghi sepa-rati e predesignati. Per lo meno, non sicapisce perché, a livello di scuole seconda-rie, debba valere solo per i Licei. E’ chiaroche questa ghettizzazione della filosofianei Licei nasce da un privilegiamento del-l’asse umanistico dell’educazione. Ma «lastoria della filosofia - afferma Semerari -non è intrecciata unicamente con la storiapolitica o la storia della letteratura: lo èanche, e in maniera non marginale, con lastoria della medicina, delle scienze natura-li, con la storia delle arti meccaniche».Ciò non autorizza, peraltro, a ritenere esau-rito il ruolo dell’insegnamento della filoso-fia, in considerazione della diaspora deisaperi parziali che sono subentrati all’unitàdel sapere nella filosofia. Sembrano ormaisuperate alcune tentazioni degli anni scor-si, di abolire l’insegnamento della filosofianelle scuole superiori per fare spazio allescienze umane. Si richiede però alla filoso-fia «la comprensione delle modificazionidi senso a cui l’umanità, sotto il dominiodella scienza e della tecnica, si trova espo-sta». A questo compito Semerari dedicaalcune incisive riflessioni condotte sullascorta del pensiero di autori come Dewey,Husserl e Heidegger.La domanda di fondo, attorno alla qualeruotano tutte queste considerazioni, è: ache scopo insegnare filosofia? E’ chiaro,osserva Semerari, che l’obiettivo di taleinsegnamento nelle scuole non può esserela formazione né di filosofi, né di storicidella filosofia. Lo scopo dev’essere quellodi abituare i giovani a «pensare in proprio»,vale a dire a pensare criticamente e controogni dogmatismo. Richiamandosi a Dewey,Semerari può pertanto affermare che «finedello studio della filosofia nelle scuole nonè la filosofia stessa, bensì l’intelligenza chedel mondo della vita possiamo conseguireattraverso una riflessione filosoficamentemodalizzata». Se pochi fra i giovani prose-guiranno gli studi filosofici oltre la scuola,resterà comunque, in loro, una sedimenta-zione filosofica come disposizione al pen-sare in proprio e all’interrogarsi radicalesulle motivazioni esistenziali della civiltà edella cultura. Insegnare filosofia vorrà direin tal senso: «far imparare a considerare ilmondo della vita (noi, gli altri, la naturanella connessione delle nostre relazioniproblematiche e transazionali) pensando inproprio e in modo radicale». La «filastroc-ca di opinioni», cui spesso si riduce l’im-magine della filosofia consegnata dai ma-nuali, è spesso sconfortante per il discente.

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DIDATTICA

Decisivi punti di appoggio diventano inve-ce i testi dei filosofi contemporanei, la cuilettura va programmata «all’interno dellaindividuazione di campi tematico-problematici scelti in base alla incidenzapiù o meno forte, diretta o indiretta, chehanno nella costituzione, definizione e ca-ratterizzazione del mondo contemporaneonella sua realtà».Gli interventi di Alberto Altamura e diLaura Marchetti si inseriscono nel dibat-tito sulla didattica della filosofia già avvia-to sulla rivista «Paradigmi». Altamura siriallaccia all’intervento di J. Rohbeck, “Ilproblema della mediazione nell’insegna-mento della filosofia” («Paradigmi» IV,1986, n. 11, pp. 408 ss.), per sviluppare - aldi là delle “secche teoriche” della riflessio-ne attuale sulla didattica filosofica, spessoincentrata sterilmente sul problema dellostatuto epistemologico generale della filo-sofia, oppure sulla contrapposizione fratradizione e interessi vitali dei discenti, frametodo storico o teoretico - un modello diintervento che si articola attraverso i se-guenti momenti: apertura del problema,lettura del testo, ritorno alle posizioni ini-ziali della domanda/formulazione del pro-blema. Tale modello, mediato da Rohbeck,viene riconsiderato alla luce dell’iter edu-cativo e progettuale relativo al Progettogiovani avviato da Ministero della Pubbli-ca Istruzione, che si scandisce nei seguentipassaggi: dal disagio vissuto dai giovani alproblema, dal problema all’azione, dall’a-zione alla valutazione, dalla valutazionealla proposta.L’intervento di Laura Marchetti vuole co-stituire anzitutto una replica nei confrontidi un precedente intervento di GiovanniMagistrale (apparso sul numero 25 di«Paradigmi») e di ogni concezione cheritenga di risolvere i problemi dell’inse-gnamento filosofico sul terreno dell’ado-zione di un modello tecnico neutro: l’unitàdidattica. Riallacciandosi a non lontaneprese di posizione di J. Derrida (Dove co-mincia e come finisce un corpo insegnante,in AA.VV., Politiche della filosofia, Paler-mo, Sellerio 1979), l’autrice ripercorre al-cuni dei temi più innovatori dell’immaginedella filosofia nel pensiero contemporaneo(Foucault, Blumenberg, Adorno), per ri-mettere in discussioni modelli passati erecenti di normalizzazione dell’insegna-mento filosofico nelle scuole.Infine segnaliamo in questo contesto didiscussione l’intervento di GiulianoPontara sul «Bollettino» della S.F.I. (n.144), che riporta il testo di una relazionesull’ “Insegnamento dell’etica nella secon-daria superiore”, da lui tenuta a Milano il23 aprile 1991 nell’ambito di un seminariodi preparazione del corso di aggiornamen-to in etica per docenti di scuola mediasuperiore (con il patrocinio dell’IRRSAELombardia). Partendo dalla considerazio-ne che gli anni cruciali, per quanto riguardalo sviluppo di una coscienza morale critica,sono quelli che vanno dai 15 ai 20-25 anni,Pontara mette in luce come la scuola sia

chiamata a svolgere una importante fun-zione in questo senso, pena il rischio che ilgiovane si limiti, da adulto, ad accettareacriticamente i valori ricevuti dalla fami-glia o le norme sociali vigenti.L’insegnamento dell’etica può essere sud-diviso in quattro aree: metaetica (quell’a-rea della ricerca filosofica che si occupadelle questioni semantico-concettuali, lo-giche, epistemologiche e ontologiche atti-nenti all’etica), etica normativa, etica ap-plicata, etica descrittiva. Ma secondoPontara nessuna di queste quattro aree sipresta ad essere presa come oggetto diinsegnamento nelle prime classi delle scuolesuperiori. La proposta che egli avanza de-linea un interessante curriculum per l’inse-gnamento dell’etica, che si scandisce nelleseguenti fasi principali: una fase iniziale,dedicata alla discussione informale sui pro-blemi morali particolarmente sentiti dagliallievi; una seconda fase che si articola perlavori di gruppo, in cui si approfondisconoi vari aspetti dei problemi individuati; unaterza fase in cui l’insegnante, sulla base diun articolo di giornale o di periodico, con-duce un’analisi dell’argomentazione voltaa mettere in risalto sia la tesi che l’autoresostiene, sia gli argomenti addotti a soste-

gno di essa. Questa terza fase trova nell’a-nalisi di Pontara la più ampia articolazionecirca i suoi momenti interni ed una schemaesemplificativo relativo ad una ipoteticadiscussione sulla questione della liceità/non liceità dell’aborto. Una quarta fase,che in parte può svilupparsi parallelamentealla terza, consisterà nella discussione diquestioni di etica teorica e di metaetica. Inconclusione, «a fondamento dell’”insegna-mento” dell’etica dovrebbe... stare il prin-cipio del dialogo, fondato sull’assunto chela verità non è monopolio di nessuno, che ioposso essere nell’errore e tu nel giusto (oanche tutti e due nell’errore), e che la ricer-ca spassionata della verità è un’avventuracorale dove ogni voce deve essere ascoltataforse più di tutte le voci che possono appa-rire discordanti».Nello stesso numero del «Bollettino» dellaS.F.I., Vittorio Mencucci svolge alcuneconsiderazioni, di carattere pedagogico, sul“Ruolo dell’insegnamento di filosofia”, de-nunciando alcuni fra i più frequenti equivo-ci della concezione dell’insegnamento li-ceale, così come è tradizionalmente impar-tito, derivanti dalla mancanza di un proget-to educativo.Più circoscritto ad un tema specifico, è

Platone con i suoi discepoli (mosaico del III sec. a. C. - Napoli, Museo

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

RASSEGNA DELLE RIVISTE

a cura di Silvia Cecchi

REVUE DE METAPHYSIQUEET DE MORALEAnno 96, n. 4, ottobre/dicembre 1991A. Colin, Paris

Tema della rivista: “Le sensible: transfor-mations du sens commun d’Aristote àReid”.

Voir et toucher. Le problème de la préémi-nence d’un sens chez Aristote, di G.Romeyer-Dherbey: la teoria aristotelicadella percezione, i rapporti tra i differentisensi ed il loro rispettivo valore; la questio-ne se le variazioni che emergono nel corsodel tempo su questo problema in Aristotelepossono condurre a ritenere che il filosofoabbia modificato la propria posizione tra ilProtrettico ed il De Anima.

Les multiples chemins aristotéliciens de lasensation commune, di J. Brunschwig: ipossibili significati del concetto di aithèsiskoiné.

Le sens commun au XIII siècle. De Jean deLa Rochelle à Albert le Grand, di A. deLibera.

Le sens commun dans la Règle XII: lecorporel et l’incorporel, di J. M. Beyssade:la concezione cartesiana del senso comunein generale e la forma che essa assumenelle Regulae, con particolare riguardo adun’espressione che si trova in AT-X, 414,linea 18.

Sensibles communs et sens commun chezLocke and Berkeley, di G. Brykman.

Réduction et irréductibilité du sensible:l’élision du sens commun chez Leibniz, diF. de Buzon: la nozione di senso comune èpoco presente in Leibniz; dall’esame deitesti emergono due dimensioni della que-stione, una legata alla sensibilità, l’altraalla concettualizzazione ed alla dimostra-zione. Differente risulta allora il rapportocon il corpo.

Reid et la possibilité d’une philosophie dusens commun, di M. Malherbe.

REVUE INTERNATIONALE

DE PHILOSOPHIEVol 45, n. 178, 4/1991Universa, Wetteren

Tema della rivista: “Lo stoicismo”.

Philosophie, discours philosophique, etdivisions de la philosophie chez lesstoïciens, di P. Hadot: le tradizionali di-stinzioni interne alla filosofia stoica tralogica, fisica ed etica hanno senso, secon-do l’autore, soltanto per chi parla dellostoicismo, ma non per chi lo vive, per ilquale tali distinzioni non sono altro che«aspetti di una stessa virtù e di una stessasaggezza».

Y a-t-il des catégories stoïciennes?, di J. J.Duhot: l’articolo analizza i quattro “gene-ri supremi” dell’ontologia stoica e ne ri-fiuta l’assimilazione alle categorie in sen-so aristotelico.

Chrysippus on Extension and the Void, diB. Inwood: la nozione di estensione nellafisica di Crisippo; l’infinità di tale nozionenon deve essere intesa in senso spaziale/quantitativo, bensì come un illimitato insenso qualitativo.

A Purely Verbal Dispute? Galen on Stoicand Academic Epistemology, di R. J.Hankinson: Galeno e la nuova Accademiaricorrono a terminologie differenti per e-sprimere la stessa posizione in campo epi-stemologico. Il concetto stoico di rappre-sentazione comprensiva soddisfa infatti lecondizioni poste dall’Accademia per am-mettere una rappresentazione.

Le problème du langage intérieur chez lesStoïciens, di M. C. Chiesa.

Santé du monde et santé de l’individu:Marc-Aurèle V 8, di A. J. Voelke: la giu-stificazione in senso stoico del concetto di“salute del mondo” di Marco Aurelio; illegame tra salute del mondo e salute del-l’individuo, i rapporti tra fisica ed etica,individuo e cosmo.

Stoische Philosophie bei Spinoza, di A.Graeser: l’influenza dell’ontologia stoicasull’ontologia di Spinoza.

REVUE PHILOSOPHIQUEDE LA FRANCE ET DE L’ETRANGERn. 4, ottobre/dicembre 1991P.U.F., Paris

Questo numero della rivista è dedicato aPlatone e si propone non solo di riprenderele fila del dibattito critico su questioni “clas-siche” del pensiero platonico, dalla politicaall’ontologia, ma anche di richiamare l’at-tenzione sulle nuove problematiche inter-pretative.

Remarques sur Platon et la “technè”, di G.Cambiano: la questione della technè in Pla-tone alla luce dei più importanti e recenticontributi interpretativi.

L’utopie législative de Platon, di A. Laks: ilproblema politico in Platone, con particola-re attenzione alla riflessione sul concetto dilegge.

L’actualité de la dialectique de Platon à lalumière de Hegel, di J. L. Vieillard-Baron:l’interpretazione di Platone si inscrive al-l’interno della concezione metafisica dell’i-dealismo dialettico e della concezione filo-sofica della storia della filosofia, proprie delpensatore di Stoccarda. Tra queste coordi-nate è possibile rilevare la contemporaneitàdell’interpretazione hegeliana di Platone.Secondo Hegel, infatti, l’attualità di Platonecoincide con la presenza di elementi platoni-ci nel nostro pensiero, elementi che si dannonell’idealismo dialettico: la dialettica, comeprocesso conoscitivo diretto alle Idee(eikasia, pistis, dianoia, noesis), si connettealla storia dell’esperienza della coscienzadella Fenomenologia; la dialettica come pro-cesso conoscitivo interno alle Idee è legatoalla mobilità del pensiero, espressa emble-maticamente nella Logica.

Platon et la “deinotès” tragique, di Y. Brès.

L’argument par “affinité” dans le Phédon,di C. Rowe.

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

“Ousia”, “Eidos” et “Idea” dans le Phédon,di M. Dixsaut.

Platon et Plotin: sur la doctrine des partiesde l’autre, di D. O’Brien: dalla questioneposta da Plotino (Enn., II, 4-12-16), se «lamateria sia identica all’alterità» si può rica-vare l’allusione ad un passaggio del Sofistaplatonico (258 E 2-3), che non è attestato daimanoscritti. Da qui le implicazioni di questoargomento con la dottrina platonica.

La signification du “prôton philon” dans leLysis. Essai d’interprétation ontologique, diD. Samb.

La théorie platonicienne de la motivationhumaine, di J. Cooper: il rifiuto, da parte diPlatone, della teoria morale socratica, secon-do cui la virtù è conoscenza; la concezionedella tripartizione dell’anima nella Repub-blica come ipotesi di psicologia delle moti-vazioni umane.

Le système impossible: remarques sur l’ina-chèvement des dialectiques platoniciennes,di C. Lavaud: il problema della coesistenza,nella filosofia platonica, di diverse esposi-zioni della dialettica discendente, noncoincidenti tra loro.

Partecipation et prédication chez Platon, diL. Brisson: interesse e limiti di un’interpre-tazione “analitica” del rapporto tra parteci-pazione e predicazione in Platone.

L’ultima serie di articoli è dedicata al dibat-tito su alcune questioni cruciali del Menone,la questione morale e quella conoscitiva.

Enseigner la vertu?, di J. Barnes.

Pouvoir enseigner la vertu?, di J.Brunschwig.

Connaissance et réminiscence dans leMénon, di L. Brown.

Critique de l’”anamnésis”, di R. Brague

Socrate prend-il au sérieux le paradoxe deMénon?, di D. Scott.

Le paradoxe de Ménon et Ecole d’Oxford, diD. O’ Brien.

Le paradoxe de Ménon et la connaissancedéfinitionnelle, di M. Canto-Sperber.

ARCHIVES DE PHILOSOPHIEVol. 54, n. 4, ottobre/dicembre 1991Beauchesne, Paris

Relations, intellegibilité et non-contradictiondans la métaphysique du sentir de F. H.Bradley: une réinterprétation, di J. Bradley:un’analisi testuale rigorosa della teoria delle

cui Sartre si serve per fornire un’immaginedei suoi principi filosofici, con particolareriguardo al problema della libertà dell’uo-mo. Qual’é il risultato estetico di questaoperazione?

The conspicuousness of signs in Being andTime, di T. Carman: la continuità, spessomisconosciuta, nella concezione heidegge-riana del significato del segno e del linguag-gio nella prima e nella seconda fase della suariflessione.

The providence of language in Gadamer’sTruth and Method, di U. Haase.

Difference and indifference , di F.Steinkamp: l’enigmatico concetto di “dif-ferenza” in Derrida si può chiarire alla lucedi un confronto con il pensiero di Schellingsull’indifferenza. Anche per Derrida ladifferenza si colloca nella dimensione del-l’eternità propria dell’indifferenza diSchelling, un’eternità che dà poi origine altempo. Differenza ed indifferenza sonoquindi anteriori al tempo.

Heidegger’s lectures on Parmenides andHeraclitus (1942-1944), di M. S. Frings.

ZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHISCHEFORSCHUNGVol. 45, n. 3, luglio/settembre 1991Klostermann Verlag, Frankfurt a/M.

Naturalisierungsaussichten in Psychologieund Epistemologie, di E. Holenstein: ledifferenze tra il naturalismo filosofico del-la metà del secolo, di tipo riduzionista,monistica, holistica e indeterministica, e ilnuovo naturalismo, ecumenico e predeter-ministico.

Das Prinzip Weitererleben. Ein Versuch zurBeantwortung der Frage: “Wie sollen wirleben?”, di L. Fritze.

Ethik der Abtreibung: ein Überblick, di A.Leist: la questione dello status morale delfeto; uno sguardo sul dibattito filosofico inGermania e in area anglosassone, partendoda cinque tipi di argomenti: autonomia, spe-cie, identità, potenzialità, interesse.

Logik, Cheng Ming und Interpretations-konstrukte. Bemerkungen zum interpreta-tionistischen Internalismus derkonfuzianistischen Erkenntnistheorie, di H.Lenk.

Ein artistischer Abschied von der Welt.Bemerkungen zum reflektiertenDezisionismus, di T. Knoppe.

“Truth” and Marginal Philosophers, diA. Gobar: mutuando la definizione di “fi-losofi marginali” da una citazione diDerrida in Marges de la philosophie (1982),

relazioni di Bradley non può che mettere inluce il fatto che la sua teoria delle relazioniinterne e la sua critica delle relazioni si basasu una teoria del sentire. E’ solo in quest’ot-tica che è possibile cogliere il senso dell’o-biezione fondamentale che Bradley muovead Hegel e la specificità della sua teoria dellanon-contraddizione.

Le scepticisme à l’époque kantienne: Maimoncontre Schulze, di I. Radrizzani: in relazionealla polemica tra Maimon e Schulze sulladefinizione del vero scetticismo, l’articolovuole individuare se e in quale misura ilpensiero trascendentale sia compatibile conlo scetticismo.

Contre le relativisme, di G. Radnitzky: itratti principali e le ragioni della popolaritàche il relativismo sta riscontrando all’internodel pensiero filosofico.

La philosophie de la psychologie deWittgenstein, di J. L. Petit: l’analisi psicolo-gica di Wittgenstein non è tanto rivolta con-tro i freudiani o i funzionalisti cognitivisti,bensì contro la riflessione psicologica diJames e Köhler, che cercarono di spiegareattraverso meccanismi causali “fenomeni psi-cologici” che Wittgenstein considera invececome “abitudini grammaticali”. La criticawittgensteiniana della psicologia empirica.

Simone Weil. Ses idées sur l’existence, di W.Kluback.

Le premier registre de Descartes (II), di G.Rodis-Lewis: seconda parte di uno studiodel Manuscript des pensées de Descartes,iniziato nel numero precedente della rivista.

In chiusura: Bulletin de bibliographie spi-noziste XIII.

J.B.S.P.Vol. 22, n. 3, ottobre 1991University of Manchester, Manchester

Tema della rivista: “Potere, storia e dram-ma”.

Power, egoism and the “Open” Self inNietzsche and Hegel, di S. Houlgate.

History as fiction: Foucault’s politics oftruth, di D. Cook: l’analisi della modernitàintrapresa da Foucault si lega alla elabora-zione di storie fittizie ed alle sue scelte socio-politiche radicali. La conoscenza storica perFoucault è sempre prospettica e per questooccorre parlare di frammenti. Mancando unvero od una libertà universali, cui appellarsi,nel moderno libertà e verità servono esclusi-vamente a legittimare il potere.

Aesthetic distance and the moral value ofdrama in the dramaturgy of Jean Paul Sartre,di Y. Milman: il dramma è lo strumento di

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

temporalità dell’inizio nelle analisi della na-talità e del giudizio della Arendt e nelleanalisi della separazione e della responsabi-lità di Lévinas.

La natura come regno della libertà e dellanecessità. Note sulla questione ecologica, diK. L. Schibel.

Un convegno su “Filosofia e teologia nelfuturo dell’Europa” (Macerata, 24-27 Otto-bre 1990), di V. Bernardi.

Un convegno su “Gli scritti postumi diSartre”, di S. Ursi: nota sul convegno orga-nizzato dalle Università di Lecce e di Geno-va che ha avuto luogo a Lecce il 10-11dicembre 1990 e a Genova il 29-30 aprile1991.

La storia della filosofia come problema filo-sofico, di F. De Natale: nota sul convegno diRoma (Tor Vergata, 11-12 aprile 1991) daltitolo: Filosofia teoretica e storia della filo-sofia come storia dei problemi filosofici.

Spinoza nel XVIII secolo, di C. Santinelli:recensione del volume: Spinoza au XVIIIsiècle (Meridiens Klincksieck, Paris, 1990),che raccoglie gli atti dell’omonimo conve-gno tenutosi a Parigi il 6-13 dicembre 1987.

La scuola di Milano, di G. Semerari: recen-sione dell’opera di F. Papi: Vita e filosofia.La scuola di Milano: Banfi, Cantoni, Paci,Preti (Guerini e Associati, Milano, 1990).

RIVISTA DI FILOSOFIAVol. LXXXII, n. 3, dicembre 1991Il Mulino, Bologna

Con Carnap oltre Carnap. Realismo e stru-mentalismo tra scienza e matafisica, di P.Parrini: tentativo di precisare la posizione diCarnap nel dibattito tra realismo e strumen-talismo. Prendendo le mosse dalla questionese Carnap sia da considerarsi o meno unsostenitore del realismo scientifico, l’artico-lo vuole proporre un’interpretazione dellaposizione carnapiana secondo cui il contra-sto tra strumentalismo e realismo sarebbesolo apparente.

Perchè non siamo cervelli in una vasca:Putnam, Popper e il realismo, di G. Volpe:in Ragione, verità e storia di H. Putnam(Milano, Il Saggiatore, 1985), l’esperimentoimmaginario dei “cervelli nella vasca” vieneusato dall’autore per elaborare una confuta-zione “non-formale” del realismo metafisi-co, per cui Putnam, pur rifiutando lo scettici-smo riguardo all’esistenza del mondo ester-no, non accetta l’idea della conoscenza comerispecchiamento della realtà. La posizione diPutnam potrebbe essere confutata alla lucedella tesi fallibilista circa la crescita dellaconoscenza di Popper.

“existenzphilosophische” Anthropologie?Plessners Auseinandersetzung mitHeidegger, di H. Fahrenbach.

“Der ganze Mensch”. Das Problem einerphilosophischen Lehre vom Menschen beiDilthey und Plessner, di S. Giammusso.

Glauben an der Menschen. HelmuthPlessners Religionskritik im Vergleich mitMax Schelers Religionsphilosophie, di F.Hammer.

Josef König. Versuch einer Würdigungseines Werkes, di F. Kümmel.

Sinn - Sinngebung - Versinnlichung. Zueinigen zentralen philosophischenProblemen im Briefwechsel König -Plessner, di H. U. Lessing.

The central Distinction in Josef König’sPhilosophy, di J. N. Mohanty.

Philosophische Anthropologie als ErstePhilosophie. Ein Vergleich zwischen ErnstCassirer und Helmuth Plessner, di E. W.Orth.

PARADIGMIVol. 9, n. 27, settembre/dicembre 1991Schena Editore, Brindisi

Essere-nel-mondo ed essere-dentro-il-mondo: chi è il “dasein” di Heidegger?, diM. D’Abbiero: la continuità tra Essere etempo e le opere della maturità heideggeria-ne sarebbe da ricercarsi nella ricerca di unasfera dell’essere anteriore alla stessa con-trapposizione soggetto-oggetto; le difficoltàterminologiche dell’opera di Heidegger sa-rebbero proprio da imputare all’impossibili-tà per l’uomo di attingere a questa sfera,generando un’enigmaticità del linguaggiofilosofico che cresce con il passare deglianni. La differenza tra essere-nel-mondo edessere-dentro-il-mondo, l’abbandono dellatradizione sostanzialistica, l’”attesa” e l’”a-scolto” dell’Essere.

L’evoluzione della razionalità nel Trattatodi Hume, di T. Magri: la dottrina della razio-nalità non-dimostrativa di Hume. Delinean-do la visione naturalistica humeana dellefacoltà teoretiche e pratiche dell’uomo, evalutandole in termini di razionalità ed irra-zionalità, è possibile la costruzione di unmodello naturalistico della razionalità, chetrae origine proprio dall’elaborazione hu-meana di una ragione che si dà non in sensometafisico, ma nel senso di una progressivamodificazione dell’immaginazione e dell’e-mozione.

Il tempo dell’inizio. Responsabilità e giudi-zio in H. Arendt ed E. Lévinas, di F.Ciaramelli: possibili punti in comune sullaquestione dell’inizio tra Arendt e Lévinas; la

l’autore sostiene che quando le tesi difilosofi marginali vengono a confrontocon il problema filosofico della “Verità”,tendono ad andare in crisi. Emblematico ilconfronto con la crisi epistemologica: lerisposte di questi filosofi non rappresenta-no una soluzione filosofica, ma una disin-tegrazione filosofica o una nuova forma difilosofia della decadenza.

Ist die Hermeneutik eine Krankheit?Antwort auf Herbert Schnädelbach, di J.Grondin: recensione di H. Scnädelbach:Vernunft und Geschichte. Vorträge undAbhandlungen, (Frankfurt a/M., 1987).NEUE HEFT FÜR PHILOSOPHIEVol. 30/31, 1991Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen

Tema della rivista: “Metafisica ed esperien-za”.

Metaphysik und Erfahrung, di R. Bubner: lametafisica è diretta dall’esperienza fin dagliinizi, allorchè si accorge della propria caren-za nel diagnosticare le forme fenomeniche.E’ ancora l’esperienza della coscienza dellascepsi che richiede una metafisica che iniziatramite la meditazione.Metaphysik und Erfahrung in KantsGrundlegung der Ethik, di K. Cramer.

Die Verfehlung des Themas “Metaphysikund Erfahrung”, di R. Wiehl.

Metaphysik und Metaphysikkritik, di K.Hartmann.

Die Metaphysik der Kritik. Zum Verhältnisvon Metaphysik und Erfahrung bei MaxHorkheimer und Theodor W. Adorno, di B.Recki.

DILTHEY JAHRBUCH FÜR PHILOSOPHIEUND GESCHICHTE DERGEISTESSWISSENSCHAFTEN

n. 7, 1991Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen

L’annuario è dedicato a Josef König eHelmuth Plessner, dei quali vengono pre-sentati due testi inediti: Die offeneUnbestimmtheit des HeideggerschenExistenzbegriffs (1935), di J. König;Lebensphilosophie und Phänomenologie(1949), di H. Plessner. E’ inoltre presenteuna bibliografia di Plessner curata da Sal-vatore Giammusso.

Über den Begriff der ästhetischen Wirkungbei Josef König, di O. F. Bollnow.

Das Problem der Logik im historischenVerstehen. Zur Kritik der Entscheidungals geschichtsphilosophischer und histo-rischer Kategorie, di G. Dux.

“Lebensphilosophische” oder

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

Dilthey’s narrative model of humandevelopment: necessary reconsiderationsafter the philosophical hermeneutics ofHeidegger and Gadamer, di J. de Mul: lacritica che Gadamer, ispirandosi aHeidegger, muove in Verità e Metodo alnodello narrativo dello sviluppo umanoproposto da Dilthey viene ricondottaall’esenziale differenza tra l’ermeneutivadi Gadamer e quella di Dilthey; mentreDilthey muove dalla prassi umana, Gadamermuove dall’esperienza estetica.

The one for the other: the philosophy ofEmmanuel Levinas, di A. Peperzak.

The existential meaning of the art of theatrein Kierkegaard’s philosophy, di A. Sagi.

Dilthey’s conception of objectivity in thehuman studies: a reply to Gadamer, di G.Weiss.

FILOSOFIA OGGIVol. XIV, n. 56, ottobre/dicembre 1991Edizioni dell’arcipelago, Genova

La mistica integrale di Giovanni della Cro-ce, di P. P. Ottonello: in occasione del IVcentenario della morte del filosofo, vienequi pubblicata l’introduzione al Vol. I delleOpere di S. Giovanni della Croce, a cura diP. P. Ottonello (in corso di stampa presso laU.T.E.T.). La posizione di Giovanni dellaCroce è quella di una mistica integrale, chesi colloca al culmine di una linea di svilup-po che muove da Plotino, DionigiAreopagita, Eckhart e che si caratterizzanon solo per una notevole originalità dellaforma dei suoi scritti, ma anche per lacoerenza della logica interna che li anima.

Idée de personne et vérité du droit. De ladikèlogie à la prosopologie, di J. M.Trigeaud.

Science and the presence of spirit in theuniverse, di M. R. Barral: il problema del-l’esistenza di Dio viene proposto all’inter-no della relazione tra materia e spirito,scienza e religione. Attraverso una rapidaricostruzione delle attuali tendenze in cam-po scientifico, emerge il rifiuto di ogniposizione di rigido ed assoluto materiali-smo, che non riconoscendo l’esistenza del-lo spirito non riesce a spiegare la creazionedell’uomo.

Language origins: an exploration, di G. J.Stack: la pluralità delle origini del linguag-gio: Vico, Herder, Roheim, Enerson,Nietzsche.

Adler, di F. Maiullari.

RIVISTA INTERNAZIONALEDI FILOSOFIA DEL DIRITTO

Vol. LXVIII, n. 2, aprile/giugno 1991Giuffrè editore, Milano

Diritto e realizzazione. Un’introduzione al-la fenomenologia del logos giuridico, di G.Cosi: viene qui proposta la riflessione su unaspetto troppo spesso ignorato dalla filosofiadel diritto e dalle pratiche giuridiche, laquestione dell’essenza del diritto connessaalla domanda ontologica fondamentale circal’esistenza del diritto.

Laicità dello stato: una nozione giuridica-mente inutile?, di G. Dalla Torre: riflessionesulla non confessionalità e della laicità delloStato stabiliti dalla Costituzione alla lucedelle recenti prese di posizione della CorteCostituzionale a proposoto della questionedell’insegnamento della religione cattolicanella scuola.

Interpretazione e diritto naturale nell’ordi-namento canonico, di G. Lo Castro: la fun-zione dell’interpretazione del diritto natura-le nell’ordinamento canonico.

Pride and the meaning of Utopia, di A.Moulakis: qual’è il significato della celebreopera Utopia di More? Una rassegna delleinterpretazioni.

L’equità nell’ermeneutica giuridica di E.Betti, di F. Petrillo.

La politica di Pascal, di E. Rossi: partendodall’esistenza di un’antropologia cristianae pessimistica in Pascal, viene preso inesame l’atteggiamento del filosofo riguar-do alla giustizia, all’ordinamento sociale,alla politica come “medicinale”.

MAN AND WORLDVol. 24, n. 4, ottobre 1991Kluwer, Dordrecht

The presence of the present as absence:some reflections, di S. A. Erickson: il pre-sente come oggetto di investigazione filo-sofica; la riflessione di Hegel, Heidegger,Derrida.

La question ontologique et laPhénoménologie de la perception, di R.Hudson e H. Pallard: la questione del sensodell’Essere é indissolubilmente legata alnome di Heidegger. Questo articolo si pro-pone tuttavia di esaminare la questioneontologica nell’opera principale di Merleau-Ponty.

Nothingness and emptiness: exorcising theshadow of God in Sartre, di S. W. Laycock.

Il liberalismo etnocentrico di Richard Rorty,di N. Urbinati.

Il ritorno del rimosso. Per un bilancio didieci anni di studi italiani di storia dellafilosofia sul secolo XVIII, di C. Borghero:rassegna delle principali tendenze interpre-tative degli ultimi dieci anni in Italia: l’inte-resse per gli ambienti clandestini e la circo-lazione sotterranea di testi e manoscritti,naturalismo e materialismo settecenteschi, ilpensiero esoterico, gli studi vichiani, l’inte-resse per la storiografia filosofica.

Illuminismo e scienze in Italia. Per un bilan-cio di dieci anni di studi italiani di storiadella scienza sul secolo XVIII, di P. Casini.

Ricordo di Giuliano Gliozzi, di C. A. Viano:segue una bibliografia di Gliozzi curata daV. Petyx.

Peirce in Italia, di G. Proni.AUT-AUT

n. 246, novembre/dicembre 1991La Nuova Italia, Firenze

Viene pubblicato in questo numero dellarivista un saggio su Freud di Jean FrançoisLyotard dal titolo: Le voci di una voce, a cuisi accompagna una corrispondenza tra ilfilosofo e Federica Sossi, curatrice dellatraduzione italiana del saggio di Lyotard. Larubrica “Corrispondenze”, che compare perla prima volta nella rivista a partire da questonumero, contiene anche uno scambio episto-lare tra Antonio Prete e Giancarlo Majorinodal titolo: A partire da “la solitudine e glialtri” di Giancarlo Majorino.

Il “vedere” fenomenologico di Heidegger,di P. A. Rovatti: alcune considerazioni suicosiddetti Seminari di Zollikon, tenuti daHeidegger tra il 1959 ed il 1969 nella casadello psichiatra svizzero Medard Boss. Trale tematiche presenti nei Seminari: la filoso-fia come “vedere” fenomenologico; la cen-tralità della riflessione sul concetto di epo-ché.

Il lutto di Montaigne, di M. Ferraris: suiconcetti di morte e filosofia per Montaigne.

Ripensare la svalutazione del soggetto, diM. Cruz: da una riflessione sul soggettocome categoria bifronte, sulla memoria co-me sguardo al passato e sulla capacità diprefiggersi degli scopi futuri, l’autore passaalla proposta di una nuova articolazione deiconfini che definiscono i diversi campi del-l’agire soggettivo, prendendo le mosse daipossibili rapporti tra i termini memoria ecapacità teleologica, conoscere ed agire.

L’etica del piacere, di S. Benvenuto: rifles-sioni sul principio di piacere come motoreprimo dell’etica.

Dal concetto di piacere alla genealogiadella volontà di potenza in Platone e in

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

Cuerpo, materia, materialidad, di J. E.Bolzan: dall’impossibilità di conoscere l’es-senza dei concetti di “corpo” e “materia”,alla necessità di riferirsi, piuttosto, al sensoontologico di “materialità” e “corporalità”.

Delitto, peccato e punizione nel Don Gio-vanni di Mozart e Da Ponte, di G. Moretti:prendendo le mosse dalle osservazioni diKierkegaard e Dostoevskij, l’articolo ri-cerca le connessioni interne all’operamozartiana che conducono a scoprire lecause reali della morte del libertino.

Il problema della simpatia a duecento annidalla morte di Adamo Smith, di L. Bagolini.

La “riabilitazione” fichtiana diMachiavelli, di G. M. Pozzo.

De l’univocité selon Lavelle, di J. Ecole.

Zubiri’s critique of idealism, di J. SanchezVenegas.

IL CANNOCCHIALEn. 1-2, gennaio/agosto 1991Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli

La rivista é dedicata ai filosofi della scuoladi Marburgo, un indirizzo filosofico co-stantemente al centro del dibattito filosofi-co in Italia.

Hegel im Neukantianismus, di H. Holzhey:benchè i concetti e il linguaggio di Hegelsiano al centro della speculazionemarburghese, il rapporto di Natorp e Cohencon il pensatore di Stoccarda é essenzial-mente di natura critica.

Plato versus Aristoteles: Hermann Cohen’sinterpretation of Maimonides, di E. Navon:l’incontro di Cohen con il platonismo diMaimonide, la scoperta cioé di un giudizioteleologico platonico, segna l’abbandonodelle problematiche strettamente kantianea favore della cultura ebraica ed apre lafilosofia di Kant stesso a un’etica comuni-taria.

“One sided platonism”: Hermann Cohenon the “social Ideal” in Plato and theProphets, di M. D. Yaffe: Cohen tra Plato-ne e i Profeti: il primo fonda la politica el’etica sulla scienza, i secondi propongonouna dimensione biblico-sociale.

Kantianismus oder Platonismus?Hypothesis als Grundbegriff derPhilosophie Cohens, di G. Edel.

Cohens frühe Platon-Deutung und seineQuellen, di K. H. Lembeck: il rapporto diCohen con Platone é piuttosto ambiguo:dapprima una lettura psicologistica del-l’idea platonica, mutuata da Herbart, poiuna lettura in chiave trascendentale alla

luce del problema del senso del valore.

A-priori e Telos. La Critica del giudizioteleologico nel neokantismo di Marburgo,di L. Bertolini.

Cassirer interprete della matematica mo-derna, di S. Ferretti: se in Cohen il rapportotra concetti matematici e a-priori kantianoconduce ad un realismo di tipo platonico, inCassirer i concetti matematici appaionocome simboli di tipo “elevato”: costruzio-ni, in senso kantiano, e intuizioni, in sensoplatonico; mai puri concetti formali.

Cassirer , neo-kantianism and metaphysics,di J. M. Krois: una lettura di Cassirer attra-verso l’analisi di suoi scritti inediti, poste-riori al 1933.

Natorp - Heidegger - Lévinas: zurEntwicklung des Begriffsfeldes “es gibt”,di C. von Wolzogen: la questione dell’esgibt rappresenta il punto di partenza per lariflessione di tutti tre questi filosofi e spie-ga la “svolta” mistica del pensiero di Natorp.

Storia e temporalità nel pensiero diHermann Cohen, di P. Fiorato.

Teoria dell’esperienza e problema dellametafisica. Interpretazioni kantiane a con-fronto, di A. Moscati: il legame Cohen -Heidegger e la comune consapevolezzadell’impossibilità di trascendere la relazio-ne con l’oggetto.

La filosofia di Cohen tra recupero delcriticismo ed indagine storiografica: DasPrinzip der Infinitesimal-Methode una seineGeschichte, di P. Pozzato: l’indaginestoriografica coheniana del calcoloinfinitesimale come espressione del suotrascendentalismo.

From consciousness of culture to symbolicforms, di N. Rotenstreich: Cassirer dallacultura come coscienza alle manifestazionidella cultura da cui risalire ad un’unitàoriginaria; il legame possibile con Husserl.

Die anthropologische Wende imNeukantianismus. Ernst Cassirer undRichard Hönigswald, di E. W. Orth.

Cassirer’s “symbolic form”, di D. P.Verene: le origini del concetto di formasimbolica, risalenti a Hegel, Schelling eVischer più che a Kant.

Logica dell’origine e filosofia del linguag-gio. Appunti sul linguaggio come formasimbolica in Ernst Cassirer, di M. Ferrari:la tendenza fenomenologica di Cassirer neisuoi studi sul linguaggio.

Judaism in the life and work of ErnstCassire, di S. S. Schwarzschild.

Cohen, collective responsability, andeconomic democracy, di H. van der Linden:Cohen e la questione etico-politica del-l’identità della persona giuridica in relazio-ne alla Business corporation e alle sueconseguenze etico- sociali.

L’idea del bene di Platone nella differenteinterpretazione di Cohen e Natorp, di A.Poma.

Un’aporia nell’idealismo critico diHermann Cohen: il nesso tra costruzionesistematica e religione della ragione, di A.Fabbio.

A philosophy of courage: Hugo Bergmanand Hermann Cohen, di W. Kluback: gliesiti della filosofia di Cohen al di fuoridell’ambito accademico: la problematicadi Dio e le influenze di Cohen sul filosofoHugo Bergman.

I problemi della libertà e del male inHermann Cohen e Paul Natorp, di I. Kajon.

RIVISTA DI ESTETICAVol. XXX, n. 3Rosemberg & Sellier, Torino

Sulla composizione di Verità e Metodo, diJ. Grondin: un approccio “filologico” al-l’opera gadameriana, teso a chiarirne an-che il significato filosofico: articolazioniinterne del testo, materiali preparatori, noteautobiografiche circa la composizione del-l’opera.

Sul sublime kantiano, di R. Genovese: ilconcetto di sublime kantiano secondo unaprospettiva non esclusivamente estetica.

Schiller e la rielaborazione estetica del-l’esperienza del terribile, di T. Cavallo: lateoria del “sublime patetico” di Schiller.

Il sublime e la non-arte, di C. Benedetti: apartire dal trattato Sul sublime attribuito aLongino, l’articolo vuole evidenziare comeil sublime si leghi allo sforzo dell’arte dilottare contro la propria convenzionalità edandare contro se stessa, aprendosi alla non-arte; questa lotta si manifesta come tensio-ne dell’arte a ricomprendere all’interno dise stessa ciò da cui si era differenziata percostituirsi come arte.

N. F. Fedorov. La scienza, l’arte, l’archi-tettura e la resurrezione dei morti, di R.Salizzoni.

Tempo musicale e tempo storico in Agostinoe Kierkegaard, di G. Guanti: considerazio-ni sulla musica nel De Musica di Agostinoed in Enten-Eller di Kierkegaard.

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RASSEGNA DELLE RIVISTE

INTERSEZIONIVol. XI, n. 3. dicembre 1991Il Mulino, Bologna

Dall’idealismo italiano a Heidegger:un’esperienza giovanile all’inizio degli anniTrenta, di C. Luporini: nel clima di “ditta-tura dell’idealismo” nell’Italia tra anni Ventie Trenta, la scoperta di Heidegger, avvenu-ta anche a fronte di una particolare espe-rienza artistica e letteraria, si pone comerichiamo all’”irriducibilità dell’individuo”,alla dimensione della finitezza umana,mettendo in questione la tradizionedell’ontologia e della metafisica.

Esercizi di memoria. Dal Theatro dellaSapientia di Giulio Camillo agli Esercizispirituali di Ignazio di Loyola, di C. Bolo-gna: un comfronto tra due proposte di me-todi mnemotecnici e psicagogici coevi.

Il Sidereus Nuncius a Bologna, di G.Baffetti.

Scienza, modernità e Soluzione finale, diM. Biagioli: analisi di recenti studi inglesie tedeschi che si sono occupati degli espe-rimenti compiuti dai nazisti sui prigionieri.La tendenza a considerare tali esperimenticome “anomalie” della scienza, denunciauna visione positiva della scienza, risalenteall’Illuminismo e tipica della modernità.

Leonardo Sciascia e la cultura francese, diD. Della Terza.

Retorica di un genere quattrocentesco:cronache e libri di famiglia, di L.Quaquarelli.

Divulgazione scientifica: un generemerginale?, di P. Govoni

Parola e musica: quale storia per l’operaitaliana?, di M. G. Accorsi.

Ancora sul paradosso di Newcomb: la no-zione di “controllabilità”, di P. Legrenzi,V. Girotto, D. Ferrante, A. Rizzo: un con-fronto con le questioni sollevate da PaolaUrbani nel n.2/1990 della rivista.

FILOSOFIAVol. XlII, n. 3, settembre/dicembre 1991Mursia, Milano.

Bergson e Einstein. Le idee di durata e ditempo dell’universo materiale II. Dai “li-velli paralleli della durata” al tempo unicoe universale, di A. Genovesi.

Un metodo per la filosofia? A proposito diuna ricerca kantiana di M. Barale, di L.Amoroso: discussione sugli esiti della ri-cerca di Massimo Barale sul problema del

metodo nella filosofia kantiana (M. Barale:Kant e il metodo della filosofia, Vol. I:Sentire e intendere, ETS, Pisa, 1988).

I trattati teologici di Boezio, di L. Orbetello:l’importanza di questi scritti, nella tradi-zione filosofica e teologica del Medioevo,non solo per i loro contenuti speculativi,ma anche per la metodologia che essi adot-tano; riferimenti allo studio di ClaudioMicaelli: Studi sui trattati teologici diBoezio (D’Auria, Napoli, 1988).

Credere, quaerere, intellegere nel De Li-bero Arbitrio di S, Agostino, di L. F.Tuninetti.

La lettera e il letterario nell’esteticapsicoanalitica di Lacan, di M. Francioni: ilrapporto tra l’Io debole, “diasporico” diLacan e la letteratura.

L’illuminismo come missione: un conve-gno sull’illuminismo tedesco e francese, diL. Cataldi Madonna: resoconto del conve-gno: “Aufklärung als Mission/La Missiondes Lumières” (Lussemburo, 5-8 marzo1989).

Heidegger a confronto, di L. Bottani: reso-conto del convegno: “Heidegger nella cul-tura filosofica europea” (Torino, 6-8- no-vembre 1990).

RIVISTA DI STORIADELLA FILOSOFIA

Anno XLVI, n. 4, 1991Franco Angeli, Milano

Il “Sistema intellettuale” di Cudworth fral’edizione originale e la traduzione latinadi Mosheim: culmine e crisi di un equili-brio, di F. Tomasoni: l’opera di Cudworth,platonico di Cambridge, il Vero sistemaintellettuale dell’Universo (1678), attra-verso la quale egli si proponeva di confuta-re “ogni ragione e filosofia dell’ateismo”,dimostrandone l’impossibilità, viene tra-dotta in latino nel 1733 da J. L. von Mosheimche rimprovera a Cudworth di operare unoscollamento rispetto alla dottrina cristianain nome della fedeltà al neoplatonismo,lasciando anche intravedere un eccessivoavvicinamento alle tesi di Spinoza.

Kant e Gerard. Nota sulle fonti storichedella teoria kantiana del genio, di P.Giordanetti: l’articolo vuole mettere in lucecome la dottrina kantiana del “genio” el’idea di “immaginazione produttiva” tro-vino la loro genesi nella riflessione delfilosofo scozzese Alexander Gerard, che

nel 1774 aveva pubblicato lo scritto Essayon Genius, tradotto in tedesco qualche annopiù tardi, opera ben presente nella riflessio-ne kantiana.

Logica e filosofia della natura nella Dottri-na dell’Essere hegeliana, di C. Ferrini:nell’economia di una ripresa dell’interessenei confronti della filosofia della naturahegeliana, al di là dei condizionamenti cri-tici negativi che a lungo hanno pesato su diessa, viene qui proposta una rivisitazionedei presupposti logici della filosofia dellanatura, con particolare attenzione alla no-zione di “esteriorità” e all’analisi della se-zione conclusiva sull’Essere, la Misura,nella Scienza della logica. E’ in quest’otti-ca che si pone anche la questione delladistanza concettuale che Hegel pone tra sè,Kant, Fichte e Schelling.

Simplicio, Isnardi, la logica e il contesto, diM. Mignucci.

Risposta a Mignucci, di M. Isnardi Parente.

Interpretazione esistenziale di Max Stirner,di G. Penzo: una nota su Max Stirner:L’unico e la sua proprietà (Mursia, Mila-no, 1990).

La filosofia nella scuola. Riflessioni sulconvegno “Una scuola per tutta la vita”, diS. Creperio Verratti e L. Pozzi D’Amico:resoconto del convegno: “Una scuola pertutta la vita” (Roma, 22-25 febbraio 1990).

Il neoplatonismo nel Rinascimento, di A.L. Puliafito e L. Pierozzi: resoconto delconvegno internazionale: “IlNeoplatonismo nel Rinascimento” (Roma-Firenze, 12-15 dicembre 1990).

Il convegno internazionale: “Peirce in Ita-lia”, di L. Magnani: resoconto dell’omoni-mo convegno internazionale (Napoli, 5-7dicembre 1990).

THEOLOGIE UND PHILOSOPHIE (Herder,Freiburg, Basel, Wien, Vol. 66, n. 4, 1991)presenta due interessanti articoli di filoso-fia antica: Der Seinsbegriff in Platon’s“Sophistes”, di M. Bordt, un commento alpasso 242 b 6-245 d 5 del Sofista;Gemeinschaft als Grundwert deraristotelischen Ethik, di F. Ricken.

NUOVA CIVILTA’ DELLE MACCHINE (Vol.IX, n. 3-4, 1991, Nuova Eri, Roma) é dedi-cata al tema: “Scienza e tecnica nel mondoclassico”. Nella prima parte (aperta dall’in-tervento di M. Vegetti, Il problema deldestino tra etica e scienza nel pensieroantico) vengono esaminati alcuni aspettidella vicenda culturale greca, dallacosmologia presocratica a Epicuro e lascienza ellenistica (Epicuro: primato dellascienza o primato della filosofia?, di G.Giannantoni), attraverso problematiche

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NOVITA' IN LIBRERIA

AA.VV.Pourquoi nousne sommes pas nietzschéens?Grasset, Parigi novembre 1991pp.305, FF. 120La pericolosa eredità del pensiero diNietzsche nella riflessione di una ge-nerazione filosofica francese.

AA.VV.Presences de SchopenhauerLGF, Parigi dicembre 1992pp.310, FF. 45Sotto la direzione di Roger Pol-Droit,una serie di saggi mettono in evidenzai diversi aspetti del pensiero schopen-haueriano: la morale della disperazio-ne come fondamento della saggezza,le riflessioni sulla volontà, la libertà, ilmondo e la storia.

AA.VV.L’Exercice du savoir et la différencedes sexesL’Harmattan, Parigi dicembre 1991pp.175, FF. 95Le strategie ed i metodi del confrontointellettuale letti sulla falsariga del con-flitto tra i sessi.

Adorno, FrancescoLa filosofia anticaIII. Pensiero, culturee concezioni religioseII secolo a.C. - II secolo d.C.Feltrinelli, Milano gennaio 1992pp. 474, L. 28.000Questo terzo volume della fortunataopera di Francesco Adorno La filoso-fia antica, illustra le componenti delpensiero, delle culture e delle conce-zioni religiose dal II secolo a.C. al IIsecolo d.C. ed è completato da unanuova, cospicua bibliografia.

Adorno, Theodor W.Sohn-Rethel, AlfredBriefwechsel 1936-1969A cura di Chr. GöddeEdition Text + KritikMünchen, dicembre 1991pp.174, DM 36Le 48 lettere e cartoline conservatedocumentano per la prima volta il rap-porto tra Adorno e Sohn-Rethel.

Albert, Ethel M. - Denise, Theodore C.Peterfreund, SheldonGreat traditions in ethics:an introductionWadsworth Pub. Co.,London novembre 1991pp. 448, £ 17.95

Albrecht, M. - Engel, E.J. - Hinske,N.Moses Mendelssohnund die Kreise seiner WirksamkeitNiemeyer, Tübingen, dicembre 1991pp.520, DM 212

Anand, PaulRationalityClarendon Press, London gennaio 1992pp. 160, £ 20.00Descrive ed esamina un numero dicritiche alla teoria formale della razio-nalità. L’autore afferma che la razio-nalità non è un’entità comportamenta-le, ma piuttosto ha a che fare con larelazione tra una preferenza di un esse-

re agente ed il suo proprio comporta-mento.Annas, Julia (a cura di)Oxford stidues in ancient philosophy:vol IX 1991Clarendon Press,London dicembre 1991pp. 224. £ 17.50Questa è una pubblicazione annualeche include articoli che affrontano dif-ferenti problematiche della filosofiaantica, e articoli di recensione sui piùimportanti libri. Questo volume inclu-de una presentazione a una serie disaggi di Gisela Striker sull’etica stoi-ca.

Ansell-Pearson, KeithNietzsche contra Rousseau.A study of Nietzsche’s moraland political thoughtCambridge University PressCambridge, dicembre 1991pp.302, £ 35Un importante contributo per lo studiodel pensiero politico di Nietzsche.

ApuleioIl demone di Socratea cura di Bianca Maria Portogalli CagliMarsilio, Venezia febbraio 1992pp. 88, L. 12.000La dottrina demonologica, che ha ilsuo nucleo centrale nel Simposio pla-tonico, riceve una sistemazione orga-nica in questo breve trattato di Apuleio,che può essere considerato una dellepiù complete ed esaurienti sintesi dellastoria della demonologia. In essoApuleio espone la natura e le caratteri-stiche dei demoni, la loro funzionemediatrice fra la divinità suprema e gliuomini. Tutta l’esposizione della dot-trina converge verso la parte finale,dove il riferimento al “demone diSocrate”, diventa pretesto per esaltarenella figura del filosofo l’ideale del-l’uomo perfetto e del perfetto sapien-te.

Armstrong, T.Michel Foucault, philosopherHarverster Wheatsheaf,Hemel Hempsteaddicembre 1991pp.368, £ 35Una raccolta di saggi che analizza ilpensiero di Foucault da diverse pro-spettive: il suo posto nella storia dellafilosofia; il suo stile e il metodo dell’e-spressione filosofica; il suo concettodi potere politico; la sua concezioneetica; il suo atteggiamento rispetto alla

psicoanalisi.

Aron, RaymondEssai sur les libertésHachette, Parigi ried. novembre 1991pp.256, FF. 41Un classico della filosofia politica cheriflette sul tema della libertà reale al-l’interno della teoria liberale e del pen-siero rivoluzionario.

Audi, RobertPractical reasoningRoutledge, London novembre 1991pp. 240, £ 9.99

Bachelard, GastonL’intuition de l’istantStock, Parigi ried. novembre 1991FF. 50Un classico di Bachelard riproposto atrent’anni dalla morte.

Badiou, AlainEtat, droit, politiqueEd. de l’Aube, Parigi novembre 1991pp. 60, FF. 48La sclerosi della discussione giuridicainterpretata da Badiou nei temini diuna disaffezione dal politico.

Baier, AnnetteProgress of sentiments:reflections on Hume’s TreatiseHarvard University Press, giugno 1991pp. 348, £ 31.95

Bakhurst, DavidConsciousness and revolutionin Soviet philosophy.From the Bolsheviks to Evald IlyenkovCambridge University PressCambridge novembre 1991pp.304, £ 27.50Nell’opera viene identificata, all’in-terno del marxismo sovietico, una tra-dizione che ha prodotto significativeteorie circa la natura dell’io e dellaattività umana, l’origine dei valori edel significato e il rapporto tra pensie-ro e linguaggio.

Ballanche, Pierre-SimonEssais sur les institutions socialesdans leurs rapportsavec les idées nouvelles Fayard, Paris novembre 1991FF. 180Lo schema ciclico di distruzione e dirigenerazione impronta la filosofia della

storia di Ballanche; un pensiero al servi-zio di una prassi di rinnovamento sociale.

Balzan, LucianoL’orizzonte di senso e-venienteFranco Angeli, Milano gennaio 1992pp. 160, L. 29.000“Solo il linguaggio sensibile può esse-re sede del trascendente - scrivevaPareyson - perchè solo in esso que-st’ultimo può manifestarsi al tempostesso nella sua irresistibile presenza enella sua irriducibile ulteriorità”.Proprio in virtù della sua natura sensi-bile, e perciò profondamente inade-guata, il “linguaggio” che si evince daogni pragmatica corporea, da ogniTorah, da ogni esperienza, sin dall’ini-zio tradisce l’urgenza di un oltrepassa-mento che si trasforma in concretapossibilità di senso per noi e-venienteda “originarie amabilità”.

Baranoff-Chestov, NathalieVie de Léon Chestov.1 L’Homme du souterainTrad. dal russo di B. Bronstein-VinaverLa Différence, Parigi novembre 1991pp.438, FF. 138Sulle orme di Kierkegaard, Nietzschee Tolstoi, l’opera di Léon Chestov sisitua all’origine dell’esistenzialismocristiano. La vita e il pensiero del filo-sofo russo nella precisa testimonianzadella figlia.

Barcalow, EmmettOpen questions:introduction to philosophyWadsworth Pub. Co., London novem-bre 1991£ 17.95

Barrett, CyrilWittgenstein on ethicsand religious beliefBlackwell, Oxford novembre 1991pp.256, £ 45Un’esposizione dei punti di vistawittgensteiniani sull’etica e la religio-ne.

Barrett, CyrilWittgenstein on ethicsand religious beliefBlackwell, London novembre 1991pp. 256, £ 45.00

Barry, Vincent - Olen, JefferyApplying ethicsWadsworth Pub. Co.,London novembre 1991pp. 528, £ 22.50

Barth, BernhardSchellings Philosophie der Kunst.Göttliche Imaginationund ästhetische EinbildungskraftAlber, Freiburg i.Br., dicembre 1991pp.256, DM 68Il concetto di immaginazione vieneinterpretato in quest’opera come chia-ve di lettura per la comprensione dellafilosofia dell’arte schellinghiana

Bataille, GeorgesLa parte maledettaBollati Boringhieri, Milanogennaio 1992

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pp. 240, L. 25.000Piccolo classico della modernità, illibro, apparso nel 1949 e frutto di quasiun ventennio di lavoro, occupa unaparte centrale nell’opera dell’autoredell’Erotismo. Bataille vi affronta inmodo asistematico e non convenzio-nale il problema chiave di tutte lediscipline che studiano il movimentodell’energia sulla terra - dalla fisica delglobo all’economia politica, attraver-so la sociologia, la storia e la biologia.Bataille capovolge la morale correntee il pensiero economico comune pro-ponendo la visione scandalosa di un’e-conomia politica che deve farsi caricoanche del lato oscuro della produzio-ne.

Baumann, AdolfWörterbuch der Anthroposophie.Grundlagen, Begriffe, EinblickeModerne Verlagsgesellschaft,Münchennovembre 1991pp.320, DM 14.80

Baumgartner, Hans M.Endliche Vernunft. Zur Verständigungder Philosophie über sich selbstBouvier, Bonn novembre 1991pp.224, DM 68Nella tradizione della filosofia trascen-dentale di matrice kantiana, l’operacontiene saggi sull’auto-comprensionedella filosofia, nei quali vengono te-matizzate le molteplici figure e condi-zioni del sapere umano e della scienza.

Beck, HaraldBuber und Rogers.Das Dialogische und das GesprächAsanger, Heidelberg novembre 1991pp.120, DM 42

Bell, DavidHusserlRoutledge, London novembre 1991pp. 288, £ 10.99

Benedikt, MichaelHeideggers Phänomenologieder Halbwelt.Vom Expressionismus der Lebensweltzum Postmodernismus des EreignissesTuria und Kant, Wien-Berlinnovembre 1991pp.288, DM 42

Benson, Hugh H. (a cura di)Essays on the philosophy of SocratesOxford University Press, gennaio 1992pp. 336, £ 13.50Questa raccolta di saggi critici sullafilosofia socratica include una discus-sione sulla metodologia socratica esull’etica, analizzando anche le que-stioni affrontate nei primi dialoghi pla-tonici.

Bergamo, MinoL’anatomia dell’anima.Da François de Sales a FénelonIl Mulino, Bologna ottobre 1991pp. 203, L. 24.000Lo studio del mondo interiore nei mi-stici, soprattutto Francesi, del Seicento.

Bernstein, Jay M.The fate of art: aesthetic alienationfrom Kant to Derrida and Adorno

Polity Press, London dicembre 1991pp. 320, £ 35.00Uno studio di filosofia continentale edi estetica, da Kant ai giorni nostri, chediscute il lavoro e la teoria estetica difigure come Heidegger, Derrida eAdorno.

Bessner, WolfgangAugustins Bekenntnisseals Erneuerung des Philosophierens.13 Vorlesungen zur Geschichteder Philosophievon Augustinus bis Boethius,Junghans, Cuxhaven, dicembre 1991pp.108, DM 28

Billerbeck, M. (a cura di)Die Kiniker in der modernenForschungGrüner, Amsterdam, dicembre 1991pp.326, Dfl. 80

Biran de, MaineNuove considerazioni sui rapportitra il fisico e il morale dell’uomoFranco Angeli, Milano gennaio 1992pp. 240, L. 31.000Prima traduzione italiana di un’operache apparve nel 1834, dieci anni dopola morte del suo autore, e che trasponein un testo agile e piano gli argomentiessenziali di una lucida ed appassiona-ta ricerca sui rapporti tra la dimensionecosciente e quella corporea dell’essereumano, tra il moral e il physique, tra lapsicologia e la fisiologia.

Bouveresse, JacquesHerméneutique et linguistiqueEclat, Parigi dicembre 1991pp.92, FF. 80Due brevi saggi di Bouveresse sulpianeta Wittgenstein.

Bradford, Dennis E.Thinker’s guide to living hellOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 330, £ 11.95

Braitling, P. - Reese-Schäfer, W.(a cura di)Universalismus, Nationalismusund die neue Einheit der Deutschen.Philosophen und die PolitikFischer, Frankfurt a.M., dicembre 1991DM 19.80I filosofi discutono il problema dell’u-nità politica della Germania.

Bransen, JanAntinomy of thought:Maimomian skepticism and the rela-tionbetween thoughts and objectsKlwer Acad. Publrs., novembre 1991pp. 216, £ 46.00

Braun, BernhardDie Utopie des Geistes.Zur Funktion der Utopiein der politischen TheorieGustav LandauersSchulz-Kirchner,Idstein, dicembre 1991pp.220, DM 38

Brokhaus, Richard D.

Pulling up the ladder:metaphysical rootsof Wittgenstein’s “Tractatus”Open Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 360, £ 14.95

Brun, JeanPlaton et l’AcadémiePUF, Parigi dicembre 1991pp.128, FF. 34La storia dell’Accademia platonica rac-contata sulla scorta dei testi del suo piùfamoso discepolo: Aristotele.Buber, MartinMeetingsa cura di M. FriendmanOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 115, £ 7.95

Buchheister, K. - Steuer, D.Ludwig WittgensteinMetzler, Stuttgart novembre 1991pp.200, DM 22.80Una introduzione al pensiero diWittgenstein.

Caadaev, Pëtr JakovievicLettere filosofichee apologia di un pazzoCittà Nuova ed., Roma gennaio 1992pp. 256, L. 25.000Il fascino del pensiero dell’Autore con-siste in una lucida e appassionata sin-tesi di Russia e Europa, di ortodossia ecattolicesimo e come tale ha avuto ungrande influsso nel pensiero russo o-dierno.

Capra, Fr. - Steindl-Rast, D.Wendezeit im Christentum.Perspektiven für eineaufgeklärte TheologieScherz, Bern-München, dicembre1991pp.300. DM 38Fisico atomico e interprete dei muta-menti della scienza contemporanea,Fritjof Capra descrive, in un dialogocon il monaco benedettino DavidSteindl-Rast e lo storico della teologiaThomas Matus, i rivolgimenti nel pen-siero teologico moderno.

Carnap, RudolfPhilosophy of Rudolf Carnapa cura di Schlipp, Paul ArthurOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 1104, £ 21.50

Carver, Terrell (a cura di)The Cambridge companion to MarxCambridge University Press,gennaio 1992pp. 384, £ 12,95Sull’onda del collasso del marxismo-leninismo nell’Europa orientale, sor-ge la questione di come si pone l’im-portante lavoro di Marx. Questo librocolloca gli scritti di Marx nel lorocontesto storico e separa ciò che eglidisse dalle interpretazioni.

Cavana, Maria Luisa P.Der Konflikt zwischen dem Begriff desIndividuums und derGeschlechtstheoriebei Georg Simmelund José Ortega y GassetCentaurus, Bonn novembre 1991pp.286, DM 48

Cavell, StanleyConditions handsomeand unhandsome: constitution ofemarsonian perfectionismOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 176, £ 39.95

Centre Independantde Recherche philosophiqueJacques Maritain et ses contempo-rainsDesclée, Paris dicembre 1991pp.405, FF. 149

Church, W.H.Edgar Cayce’s story of the soulA.E.R. Press U.S.: Element Bksnovembre 1991pp. 256, £ 9.95

Clarke, J.J.In search of JungRoutledge, London dicembre 1991pp. 224, £ 25.00

Condillac, Etienne Bonnot deTraité des systèmesFayard, Parigi novembre 1991pp.267, FF. 180

Constant, BenjaminFragments d’un ouvrage abandonnésur la possibilité d’une Constitutionrépublicaine dans un grand paysEd. Henri Grange, Parigi novembre1991pp.512, FF. 195Un contributo alla storia del pensieropolitico di inizio secolo.

Corlett, J. AngeloEquality and liberty:analysing Rawls and NozickMacmillan Academic, dicembre 1991pp. 360, £ 17.50

Cornell,Drucilla (a cura di)Hegel and legal theoryRoutledge, London novembre 1991pp. 336, £ 12.99

Cousin, VictorCours de Philosophie.Introduction à l’histoirede la philosophieCorpus des oeuvres de philosophieen langue françaiseFayard, Parigi novembre 1991FF. 220

Cumming, Robert DenoonPhenomenology and deconstructionvol. I The dream is overUniversity Chicago Press,dicembre 1991pp. 304, £ 14.25

Curi, Umberto (a cura di)Metamorfosi del tragicofra classico e modernoLaterza, Bari dicembre 1991pp. 230

Davy, Marie-MadeleineNicolas BerdaievFelin, Parigi dicembre 1991FF. 100Tra i più grandi filosofi russi del XX°secolo, Berdaiev si può considerarel’ispiratore del personalismo e dell’e-sistenzialismo cristiano. La libertà e la

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NOVITA' IN LIBRERIA

creazione i temi centrali della sua ope-ra.

Dawson, ChristopherProgress and religion:an historical enquiryOpen Court Publishing Companydicembre 1991pp. 268, £ 8.50Una valutazione dell’idea di “progres-so”: le sue origini, la sua validità, il suoruolo nella formazione della culturaoccidentale e del suo futuro. L’autoreconsidera il progresso nel suo contestoculturale e analizza la relazione vitaletra cultura e religione.

De la Maza S., Luis M.Knoten und Bund. Zum Verhältnisvon Logik, Geschichte und Religionin Hegels “Phänomenologiedes Geistes”Bouvier, Bonn, dicembre 1991pp.320, DM 85La ricerca sviluppa un’interpretazionedella “Fenomenologia dello spirito”elaborata negli ultimi trent’anni nelcontesto del lavoro all’edizione stori-co-critica delle opere di Hegel.

Dellavalle, SergioIl bisogno di una libertà assolutaFranco Angeli, Milano gennaio 1992pp. 256, L. 38.000L’autore cerca di dimostrare la presen-za nella Fenomenologia di una filoso-fia della storia nel senso “forte” deltermine, ossia come lettura filosoficacomplessa delle vicende dell’umani-tà. Dedica inoltre ampio spazio allainterpretazione hegeliana delle diver-se fasi di sviluppo dello “spirito delmondo”: dallo stato di natura e daldispotismo orientale alla Rivoluzionefrancese e allo stato moderno postri-voluzionario.

DeLong, HowardRefutation of Arrow’s theoremUniversity Press of Americanovembre 1991pp. 102, £ 24.95

Demange, PierreL’Essence de la religionselon SchleiermacherBeauchesne, Paris novembre 1991pp.272, FF. 225Una riflessione sul tema della religio-ne nell’opera di Schleiermacher.

Derrida, JacquesDonner le Temps. 1 La Fausse mon-naieGalilée, Paris novembre 1991pp.221, FF. 145A partire da una riflessione suHeidegger, Mauss, Benveniste eBaudelaire, Derrida esplora il tema deldono, alla radice dell’ontologia comedella semantica, dell’antropologia edella letteratura.

Diamond, CoraThe realistic spirit.Wittgenstein, philosophy and the mindMIT Press, Cambridge, MA,dicembre 1991pp.408, $ 39

Lo sviluppo del pensiero diWittgenstein viene analizzato in rela-zione ad una questione di fondo: checosa rende filosofica una considera-zione della mente?

Dian, JanetIn search of yourselfExpansions Publishing Co U.S.gennaio 1992pp. 175, £ 7.95

Dilman, IlhamPhilosophy and the philosophic life:a study in Plato’s “Phaedo”Macmillan Academic, dicembre 1991pp. 176, £ 35.00Una discussione sulla concezione so-cratica della filosofia presente nel“Fedone” intesa come una lotta tra ilcapire la nostra relazione con ciò checonosciamo tramite ragione ed i sensi,e il vivere una vita in cui la veritàspirituale trionferà sull’individuo.

Disse, JörgKierkegaards Phänomenologieder FreiheitserfahrungK. Alber, Freiburg i.Br., dicembre 1991pp.230, DM 64Alla base di questa ricerca si troval’interpretazione della dottrina diKierkegaard degli stadi dell’esistenzacome teoria dei diversi stadi della li-bertà, a partire da cui viene reso espli-cito il rapporto tra libertà, finitezza,relazione con Dio ed oggettività.

Dorschel, AndreasDie idealistische Kritik des Willens.Versuch über eine Theorie derpraktischen Subjektivitätbei Kant und HegelF. Meiner, Hamburg novembre 1991pp.240, DM 68La ricerca intende mostrare le lacunedella fondazione kantiana ed hegelia-na della libertà del volere.

Dupuy, Jean-Pierre & Valera, Fran-cisco(a cura di)Understending origins:contemporary views on the originof life, mind and societyKluwer Acad. Plublrs., novembre 1991pp. 328, £ 61.00

Durkheim, EmileProfessional ethics and civic moralsRoutledge, London dicembre 1991pp. 256, £ 11.99Nella prima edizione di questo testoDurkheim sottolineava il cuore dellasua teoria della moralità e dei dirittisociali che doveva dominare il suolavoro fino alla morte, avvenuta nel1917. Questa seconda edizione con-tiene la sua teoria dello stato comeistituzione morale.

Ebeling, HansHeidegger. Geschichte einer Täu-schungKönigshausen & Neumann, Würzburgnovembre 1991pp.102, DM 24.80La seconda edizione ampliata di un’o-pera che analizza il rapporto tra filoso-fia e politica nel pensiero e nell’attività

pratica di Heidegger.

Ebrecht, AngelikaDas individuelle Ganze.Zum Psychologismusder LebensphilosphieMetzler, Stuttgart novembre 1991pp.350, DM 54L’autrice interpreta i concetti di totali-tà e individualità, sviluppatisi nellafilosofia della vita tra 1870 e 1933,come tentativi di rielaborare la situa-zione conflittuale di quell’epoca.

Eells, E. - Maruszewski, T.Probability and rationality.Studies on L. Jonathan Cohen’sphilosophy of scienceRodopi, Amsterdam, dicembre 1991pp.345, Dfl. 150

Emo, AndreaLe voci delle museScritti sulla religionee sull’arte 1918-1981Marsilio, Venezia febbraio 1992pp.244, L. 35.000Il punto centrale della riflessione filo-sofica di Andrea Emo è rappresentatodall’idea del “negativo”: l’atto puòaffermare se stesso solo negandosi, equesta eterna negazione di sé è la vitastessa. In questo secondo volume deisuoi scritti, l’autore chiarisce in primoluogo il carattere teologico-filosofico,anzi propriamente religioso, del nega-tivo.

Escher Di Stefano, AnnaIl coraggio della verità.Max Scheler e la riflessione sull’uomoMorano editore, Napoli novembre1991pp. 295, L. 32.000Studio sulla fenomenologia scheleria-na, al centro della quale c’è il proble-ma antropologico, nelle sue ascenden-ze kantiane e nei suoi rapporti conHeidegger.

Essler, W.K. - Gruzado, R.F.M.Grundzüge der Logik I.Das logische SchließenKlostermann, Frankfurt a.M.dicembre 1991pp. 382. DM 38

Etchegoyen, AlainLa valse des éthiquesEd. F. Bourin, Parigi novembre 1991pp.244, FF. 110La retorica e la confusione che regna-no nella discussione pubblica sull’eti-ca nell’analisi critica e propositiva diEtchegoyen.

Failla, MarianninaDilthey e la psiocologia del suo tempoFranco Angeli, Milano gennaio 1992pp. 160, L. 25.000Ricostruzione insieme teorica e stori-ca della teoria di Dilthey. In sede teo-rica viene considerato il significatognoseologico dei principali nodi pro-blematici della teoria: il principio difenomenicità, il concetto di tempo,quello di spazio, la discussione criticadelle teorie sull’inconscio. Alla valu-tazione teorica di questi concetti vienesempre affiancata l’indagine storicarelativa all’effettivo confronto di

Dilthey con la filosofia kantiana, lapsicologia descrittiva di Brentano.

Falcioni, DanielaLe regole della relazionalitàUna interpretazionedella fenomenologia di Adolf ReinachGiuffrè, Milano gennaio 1992pp. 162, L. 19.000

Ferber, RafaelDie Unwissenheit des Philosophenoder warum hat Plato die “ungeschrie-beneLehre” nicht geschrieben?Academia, St. Augustin, dicembre1991pp. 94, DM 29.50

Ferry, Jean-MarcLes Puissances de l’expérience:essai sur l’identité contemporaine.Vol. 1 Le Sujet et le Verbe;Vol. 2 Les Ordres de la reconnaissan-ceCerf, Paris novembre 1991FF. 195La grammatica della comunicazione,il campo comune di esperienza e ilprocesso di differenziazione, le condi-zioni di produzione dell’identità inda-gate in due ponderosi saggi.

Fetz, Reto LuziusWas ist, was soll Philosophie?Ueberlegungen am Beispielder menschlischen HandPustet, Regensburg, dicembre 1991pp.24, DM 12.80

Feuerbach, LudwigPensées sur la mort et l’immortalitétrad. di Christian BernerCerf, Paris dicembre 1991pp.250, FF. 150

Finnis, JohnMoral absolutes:tradition, revision and truthCatholic University of America Pressdicembre 1991pp. 120, £ 7.95Una critica del recente lavoro di teolo-gia morale illustrata con esempi degliaspetti più controversi della dottrinamorale cristiana. Si dà una desrizionedelle radici dello sconvolgimento del-la teologia morale cattolica romanadurante e dopo il 1960, ed indica lastrada per uscirne.

Fischer, H.R. (a cura di)Autopoiesis. Eine Theorieim Brennpunkt der KritikAuer, Heidelberg, dicembre 1991pp.332, DM 44

Gabriel, GottfriedZwischen Logik und Literatur.Erkenntnisformen von Dichtung,Philosophie und WissenschaftMetzler, Stuttgart, dicembre 1991pp.216, DM 48Concezione di base di queste ricercheè il superamento dell’opposizione trascienza e arte.

Gale, RichardOn the nature and existence of GodCambridge University PressCambridge novembre 1991

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NOVITA' IN LIBRERIA

pp.432, £ 35Una risposta critica ad una serie didifese del teismo venute negli annirecenti da filosofi di orientamento a-nalitico.

Gerl, Hanna-B.Unerbittliches Licht. Edith Stein -Philosophie, Mystik, LebenGrünewald, Mainz novembre 1991pp.224, DM 38Un’opera che getta luce sulla vita diEdith Stein (1891-1942), pensatrice emistica uccisa dai nazisti.

Giorello, Giulio - Strata PiergiorgioL’automa spirituale.Mente, cervelli, computerLaterza, Bari dicembre 1991pp. 230

Givone, SergioLa questione romanticaLaterza, Bari gennaio 1992pp. 100

Gold, E.J.Hidden workGateway Publications, novembre 1991pp. 192, £ 9.95

Greenwood, John D. (a cura di)The future of folk psychology:intentionality and cognitive scienceCambridge Univer. Pressdicembre 1991pp. 336, £ 11.95I saggi di questo libro analizzano glisviluppi teoretici della scienza cogni-tiva nell’interpretazione del nostro si-stema quotidiano di esplorazione del-l’agire umano in termini di cerdenza,attitudini e memoria.

Griffin, Miriam T.Seneca: a philosopher in politicsClarendon Press, dicembre 1991pp. 520, £ 19.95Esaminando la relazione problemati-ca tra i lavori in prosa di Seneca la suaprofessione di statista nella Roma delprimo secolo, questo lavoro ricostrui-sce la sua carriera usando fonti esternee dei suoi lavori politici. Poi analizza ilsuo pensiero politico.

Grimm, Jacob - Schelling,Friedrich Wilhelm JosephSull’origine del linguaggioGallio, Ferrara dicembre 1991pp. 100, L. 24.000Due importanti testi del dibattito inepoca romantica sull’origine del lin-guaggio, le Premesse riguardo al que-sito sull’origine del linguaggio (1850)(presentate per la prima volta in italia-no) e Sull’origine del linguaggio(1850), che rispettivamente Schellinge Grimm presentarono all’uditoriodell’Accademia delle Scienze diBerlino. Con un saggio introduttivo diGiampiero Moretti.

Grossheim, MichaelVon Georg Simmel zu MartinHeidegger.Philosophie zwischen Lebenund ExistenzBouvier, Bonn novembre 1991pp.120, DM 36

Sul rapporto della tarda filosofia diSimmel con il pensiero del giovaneHeidegger.

Guéroult, MartialDescartes selon l’ordre des raisons.Vol. 1 L’Ame et Dieu;Vol. 2 L’Ame et le CorpsAubier, Ried. Paris novembre 1991pp.392, FF. 149Un’introduzione alla filosofia diDescartes.

Günther, GotthardIdee und Grundriß einernicht-Aristotelischen Logik(a cura di Cl. Baldus e B. Mitterauer)F. Meiner, Hamburg, novembre 1991pp.479, DM 96Terza edizione ampliata di questa im-portante opera, con cui Günther posele basi per una forma radicalmentenuova della tematizzazione filosoficadel problema dell’unità ontologica del-l’universo, la cui esattezza sembra og-gi confermata dalle scienze (ad esem-pio dalle ricerche sul caos).

H’Dayry, HetaThe limits of medical paternalismRoutledge, London dicembre 1991pp. 224, £ 30.00L’intervento paternalistrico, soprattut-to nel contesto della moderna medici-ca, è il problema affrontato da questolibro, che creca di definire l’inteventopaternalistico attraverso una defini-zione di un background concettuale.

Habermas, JürgenDopo l’utopia.Il pensiero critico e il mondo d’oggiMarsilio, Venezia gennaio 1992pp.144, L. 14.000Habermas discute in questo libro-in-tervista gli ultimi sviluppi di una situa-zione mondiale che sembra sfuggiread ogni capacità di esercizio razionaledella previsione. L’intero apparato con-cettuale della vecchia teoria “moder-na” sembra in crisi difronte al dissol-versi di ogni progetto critico, allo stes-so deperire dell’utopia negativa.

Hamlin, Alan P. & Pettit, PhilipGood polity:normative analysis of the stateBlackwell, London novembre 1991pp. 256, £ 14.95

Handy, Charles B.Waiting for the mountain to move:and other reflections on lifeArrow Bks, gennaio 1992pp. 148, £ 4.50

Hartshorne, CharlesAnselm’s discovery: a re-examinationof the ontological proof forGod’s existenceOpen Court Publishing Company,dicembre 1991pp. 349, £ 11.95Affermando che l’argomento ontolo-gico di Anselmo è uno dei maggioriproblemi dell’analisi della filosofia mo-derna, questo libro afferma che parec-chie generazioni di filosofi hanno lettoAnselmo superficialmente ed hannosbagliato nel pensare che egli ha pre-sentato due forme di questo argomen-

to.

Hartshorne, CharlesPhilosophy of Charles Hartshornea cura di Hahn, Lewis EdwinOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 840, £ 19.95

Haug, Wolfgang Fr.Theorie des IdeologischenArgument-Verlag, Hamburg-Berlindicembre 1991pp.176, DM 18.50

Heidegger, MartinAristotele, Metafisica 1-3Mursia, Milano febbraio 1992pp.160, L. 35.000La raccolta di un corso di lezioni(Università di Friburgo, 1931) sullaconcezione greca dell’essere come pre-senza e sull’interpretazione diAristotele.

Heimonet, Jean-MichelDe la révolte à l’exercice:essai sur l’hedonisme contemporaineFélin, Paris novembre 1991pp.280, FF. 130Partendo dalla rivalutazione del con-cetto di modernità, l’autore mostra co-me la critica postmoderna, eserciti piùsovente l’esorcismo che non la critica.

Heinrich, R. - Vetter, H.(a cura di)Bilder der Philosophie.Reflexionen über das Bildlicheund die PhantasieOldenbourg, Wien-München 1991pp.244, DM 38

Hilbert, DavidNatur und mathematisches Erkennen.Vorlesungen, gehalten 1919-1920in Göttingen(a cura di D.E. Rowe)Birkhäuser, Basel, dicembre 1991pp.126, DM 50Nell’introduzione Rowe delinea il con-testo storico-culturale in cui si situanole riflessioni di Hilbert, e indica ilsignificato di queste lezioni per ognifutura valutazione della filosofia dellamatematica di Hilbert.

Hill, Thomas E.Autonomy and self-respectCambridge University PressCambridge novembre 1991pp.208, £ 27.50

Hillebrand, BrunoAesthetik des Nihilismus.Von der Romantik zur ModernismusMetzler, Stuttgart, novembre 1991pp.212, DM 48Il nichilismo come fenomeno cultura-le e come esperienza si mostra per laprima volta nella letteratura e nellafilosofia del romanticismo tedesco. Inquest’opera viene abbozzata, con rife-rimento a Nietzsche, un’estetica delnichilismo.

Hintikka, JaakkoWittgenstein in FloridaKluwer Acad. Publrs., novembre 1991pp. 340, £ 46.00

Hoffmann, David MarcZur Geschichte des Nietzsche-ArchivsDe Gruyter, Berlin novembre 1991pp.843, DM 328

Hoffmann, Thomas S.Die absolute Form.Modalität, Individualität und dasPrinzip der Philosophienach Kant und HegelDe Gruyter, Berlin novembre 1991pp.358, DM 168La ricerca intende sviluppare criteridella forma linguistica filosofica par-tendo rispettivamente dall’identità mo-dale e dall’unità individualizzata diessere e riflessione.

Hofmeister, HeimoPhilosophisch denken. EineEinführungVandenhoeck & Ruprecht, Göttingennovembre 1991pp.320, DM 34.80Presenta le più importanti disciplinefilosofiche e i diversi ambiti proble-matici riferendosi ad esempi concretidella storia del pensiero, da Talete eParmenide fino al presente.

Honer, Stanley M. - Hunt, ThomasC.Okhlom, D.K.Invitation to philosophy:issues and optionsWadsworth Pub. Co., novembre 1991£ 12.95

Horster, DetlefJürgen HabermasMetzler, Stuttgart novembre 1991pp.180, DM 20.80Una monografia che presenta la filo-sofia di Habermas nella sua continui-tà, dalla prima discussione conHeidegger nel 1953 fino alle analisidel problema dell’unità nazionale te-desca nel 1990.

Hübenthal, UrsulaInterdisziplinäres Denken.Versuch einer Bestandsaufnahmeund SystematisierungSteiner, Stuttgart, dicembre 1991pp.190, DM 58

Hunold, G.W. - Kappes, Cl.Aufbrüche in eine neue Verantwortung.Eine annotierte Bibliographiekatholischer Beiträge für dieinterdisziplinäre Diskussion ethischerFragen der Humangenetik undEmbryonenforschungHerder, Freiburg i. Br., dicembre 1991pp. 432, DM 44

Illmer, MarkusDie göttliche MathematikJohannes Keplers.Zur ontologischen Grundlegungdes naturwissenschaftlichenWeltbildesEOS, St. Ottilien, dicembre 1991pp. 258, DM 29.80

Ingarden, RomanGesammelte Werke Bd. 4: Einführungin die Phänomenologie E. Husserls.“Osloer Vorlesungen” (1967)Niemeyer, Tübingen novembre 1991

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NOVITA' IN LIBRERIA

pp.300, DM 114

Ingegno, Alfonso (a cura di)Da Democrito a Collingwood.Studi di storia della filosofiaLeo Olschki EditoreFirenze luglio 1991pp. 205Miscellanea di studi di storia dellafilosofia su Democrito, Aristotele,Cartesio, Kant, Kelsen, Wittgenstein,Colling-wood.

Iyengar, B.K.S.Light on yoga: classic guide to yogaby the wordl’s foremost authorityAquarian P.,novembre 1991pp. 544, £ 8.99

Jacobs, StruanScience and British liberalism:Locke, Bentham, Mill and PopperAvebury, London novembre 1991pp. 254, £ 32.00

Jamme, ChristophEinführung in die Philosophiedes Mythos.B. 2: Neuzeit und GegenwartWissenschaftliche Buchgesellschaft,Darmstadt novembre 1991pp.160, DM 26.80Il mito non è qualcosa che viene supe-rato con la nascita del pensiero teore-tico, ma piuttosto una percezione al-ternativa della realtà. In questo volu-me viene presentata la discussione suquesto problema, dal Rinascimentofino alle attuali teorie del mito.

Janicaud, DominiqueA nouveau la philosophieAlbin Michel, Paris dicembre 1992pp.324, FF. 125Rispondendo alla frammentazione deisaperi, la filosofia come conoscenzaunificante.

Janicaud, DominiqueLe Tournant théologique de laphénoménologie françaiseEclat, Paris dicembre 1992pp.92, FF. 80

Janich, P.Entwicklungender methodischen PhilosophieSuhrkamp, Frankfurt a.M.dicembre 1991pp.300, DM 24

Jenkins, Jonh.J.Understanding Humea cura di Lewis, Petere Madell, GeoffreyEdinburgh University Pressdicembre 1991pp. 200 £ 25.00

Judson, LindsayAristotle’s “Physicss”:a collection of essaysOxford University Pressnovembre 1991pp. 280, £ 35.00

Kammerer, ArminDie Frage nach dem (Selbst-)BewußtseinGottes im System Spinozas

Inst. für Sprachwiss, Innsbruckdicembre 1991pp.480, DM 960

Kant, ImmanuelThe metaphysics of moralsa cura di Mary GregorCambridge University Pressgennaio 1992pp. 288, £ 10.95Questa è una traduzione completa ininglese del maggiore lavoro di Kantsulla filosofia morale applicata, in cuiegli traccia le basi dei principi deldiritto e della virtù. C’è una grossaintroduzione che considera la relazio-ne tra le due parti del lavoro.

Karneth, RainerAnthropo-Biologie und Biologie.Biologische Kategorien beiArnold Gehlen im Licht der Biologie,insbesondere der vergleichendenVerhaltensforschungder Lorenz-SchuleErgon-Verlag, Würzburgnovembre 1991pp.480, DM 75

Kemal, SalimKant’s aesthetic theory: an introdu-ctionMacmillan AcademicLondon novembre 1991pp. 192, £ 35.00

Kennedy, LudovicSterbehilfe. Ein PlädoyerPrefazione di Walter JensKnesebeck, München, dicembre 1991pp.72, DM 16.80

Kim, Bo-HyunKritik des Strukturalismus.Eine Auseinandersetzung mit demStrukturalismus vom Standpunktder falsifikationistischenWissenschaftstheorieRodopi, Amsterdam, dicembre 1991pp.140, Dfl. 45

Kittsteiner, H.D.Gewissen und Geschichte.Studien zur Entstehungder moraliscehn BewußtseinManutius, Heidelberg, dicembre 1991pp.205, DM 38

Kleinhappl, JohannesChristliche Wirtschaftsethik.Analysen, Essays und Fragmenteaus dem Nachlass(a cura di E. van Loen)Herder, Freiburg novembre 1991pp.400, DM 65

Kleinig, JohnValuing life (Studies in moral,political and legal philosophy)Princeton University PressLawrenceville NJ, dicembre 1991

Knoppe, ThomasDie theoretische PhilosophieErnst Cassirers. Zu den GrundlagentranszendentalerWissenschafts- und KulturtheorieF. Meiner, Hamburg novembre 1991pp.176, DM 48Una presentazione sistematica dei fon-

damenti teoretici della filosofia diCassirer.

Koch, DietmarZur hermeneutischen Phänomenolo-gie.Ein AufrißAttempto, Tübingen, dicembre 1991pp.50, DM 12.80

Kogan, B.S.A time to be born and a time to die.The ethics of choiceMouton de Gruyter, New York-Berlindicembre 1991pp.267, DM 88Nel volume sono raccolti saggi di al-cune delle figure prominenti nel cam-po emergente dell’etica bio-medica.

Koslowski, PeterGesellschaftliche Koordination.Eine ontologischeund kulturwissenschaftliche Theorieder MarktwirtschaftJ.C.B. Mohr, Tübingen novembre 1991pp.124, DM 39

Krishna, DayaIndian philosophy:a counter persectiveOxford University Press, gennaio 1992pp. 232, £12.00

Kroll, Richard - Ashcraft, RichardZagirin, Perez (a cura di)Philosophy, science and religionin England 1640-1700Cambridge Univ.Press, dicembre 1991pp. 304Questa collezione di saggi analizza ilfenomeno sociale e politico del latitu-dinarismo, che emerse durante la guerracivile.Kruntorad, P. - Haller, R.Hochkeppel, W. (a cura di)Jour fixe der Vernunft.Der Wiener Kreis und die FolgenHölder-Pichler-Tempsky, Wiendicembre 1991pp.296, DM 56

Kupperman, Joel J.CharacterOxford University Press, dicembre1991pp. 240, £ 24.00Questo studio filosofico afferma che ilcarattere è centrale per l’etica, e che lafilosofia etica contemporanea è rivistaalla luce di questo.

Lacey, Michael J. -Haakonssen, Knud(a cura di)A culture of ringhts: the billof ringhts in philosophy,politics and law - 1791 and 1991Cambridge University Pressgennaio 1992pp. 512, £ 30.00Scritti da specialisti di storia, filosofia,giurisprudenza e teoria politica, i saggidi questo volume offrono nuove pro-spettive per i contenuti variabili deldiritto del pensiero e della coscienza.

La MettrieOpere filosofichea cura di Sergio MoraviaLaterza, Bari febbraio 1992

pp. 420Lamettrie è uno dei personaggi piùsingolari e interessantidell’Illuminismo francese ed europeo;la presente edizione permette di rag-giungere una conoscenza completa eprecisa del suo pensiero.

Leclerc, MarcL’Union substantielle.1 - Blondel et LeibnizEd. Culture et Verité, Parisnovembre 1991pp.415, FF. 215Il nesso tra pensiero ed essere, com-plessità e comprensione sono i temiraccolti nel concetto di unione sostan-ziale.

Legrand, LouisEnseigner la morale aujourd’huiPUF, Paris dicembre 1992pp.176, FF. 98In un mondo dove si parla di dirittidell’uomo e si pratica l’indifferenza,ritorna fondamentale l’insegnamentodella morale.

Léonard, AndréLe Fondement de la MoraleCerf, Paris novembre 1991pp.383, FF. 185Una rifondazione razionale delle basidella morale.

Lepage, FrançoisEléments de logique contemporaineDunod, Pres. de l’Université deMontréaldicembre 1991pp.198, FF. 135Esposizione dei metodi e dei concettifondamentali per abbordare la scienzadella logica.

Liessmann, Konrad P.Ohne Mitleid. Zum Begriff der Distanzals ästhetische Kategorie mit ständi-gerRücksicht auf Theodor W. AdornoPassagen Verlag, Wien novembre 1991pp.448, DM 80

Löhr, GebhardGott - Gebote - Ideale. AnalytischePhilosophie und theologische EthikVandenhoeck & Ruprecht, Göttingendicembre 1991pp.128, DM 19.80Tesi di fondo è che la riflessione razio-nale è di aiuto, meglio del ricorso alleemozioni, anche nella soluzione diproblemi carichi di sentimenti e biso-gni esistenziali.

LonginusOn great writing (on the sublime)Hackett Publishing Co., U.S.,settembre 1991pp. 66, £ 3.45

Ludlam, IvorHippias Major. An interpretationSteiner, Stuttgart novembre 1991pp.189, DM 60

Lyotard, Jean-FrancoisInhuman: reflections on timePolity Press, dicembre 1991

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pp. 200, £ 29.50In questo studio si sviluppa un’analisidella post-modernità. L’autore esami-na la filosofia di Kant, Heidegger,Adorno, Derrida, sottolineando i pro-blemi del tempo e della memoria, delsublime e dell’avanguardia, e la rela-zione tra l’estetica e la politica.

Maccaroni, Giuseppe (a cura di)Crisi del marxismo e problemi socialiCUEN, Napoli ottobre 1991pp. 141, L. 11.000Dopo le crisi dei paesi del socialismoreale, un tentativo di riflessione su“ciò che è vivo e ciò che è morto” delpensiero di Marx.

Macdonald, CynthiaMind-body identity theoriesRoutledge, London gennaio 1992pp. 256, £ 10.99L’autore traccia la storia della teoriedifferenti, da Smart a Kim e Davidson,e fornisce una sofisticata difesa delmonismo non-riduttivo alla luce della“proprietà-esemplificazione” per de-scrivere gli eventi.

Maesschalck, MarcL’Antropologie politique etréligieuse de SchellingPeeters, Lovanio novembre 1991pp.329, FF. 295L’uomo nel suo rapporto con se stesso,con la morte e con Dio nel pensiero diSchelling.

Maldiney, HenriL’ExistantEd. J. Millon, Brignoud novembre1991pp.256, FF. 165Raccolta di articoli e di saggi sul signi-ficato dell’essere uomini.

Marcel, GabrielWerkauswahla cura di P. Grotzer e S. FoelzSchöningh, Paderborn, dicembre 1991vol. 1: pp. 248, DM 48vol. 2: pp. 380, DM 68vol. 3: pp. 248, DM 68

Marcel, GabrielPhilosophy of Gabriel Marcela cura di Schlipp, Paul Arthur& Hahn, Lewis EdwinOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 624, £ 19.95

Marenbon, JohnLater medieval philosophyRoutledge, London dicembre 1991pp. 248, £ 10.99Questa introduzione alla filosofia me-dievale latina dal 1150 al 1350 unisceun approccio storico, che si soffermasulle fonti, forme e sullo sfondo deilavori medievali, con un’analisi filo-sofica del XXII e del XXIV secolo.

Marin, LouisLa critique du discours:sur la Logique de Port-Royalet les Pensées de PascalMinuit, Ried. Paris novembre 1991pp.422, FF. 180L’analisi della logica di Port-Royal edell’opera di Pascal consente di rifor-mulare i concetti fondamentali della

semiologia contemporanea e della lin-guistica.

Marramao, GiacomoMinima temporalia.Zeit, Raum, ErfahrungPassagen Verlag, Wien novembre 1991pp.150, DM 45

Martens, E. - Schnädelbach, H.Philosophie. Ein GrundkursRowohlt, Reinbek novembre 19912 voll., DM 39.80La filosofia non consiste oggi più in ununico grande sistema ma è costituitada una molteplicità di ambiti di ricercae di problemi.

Martin, JulianFrancis Bacon, the stateand the reform of natural philosophyCambridge Univ. Press, dicembre 1991pp. 304, £ 35.00

Mathews, JohnCeltic shaman: a handbookElement Bks, novembre 1991pp. 224. £ 9.99

Matilal, Bimal KrishnaPerception: essay on classicalIndian theories of knowledgeOxford Univ. Press, novembre 1991pp. 302, £ 14.50

Matthiessen, Chr. (a cura di)Was macht das Denken nachder großen Theorie? Oekonomie,Wissenschaft und Kunst im GesprächPassagen, Wien, dicembre 1991pp.176, DM 38

Mattoon, Mary Ann (a cura di)International congress for analyticalpsychology: proceedingsDaimon Verlag, Swizerlandnovembre 1991pp. 532, £ 15.95

May, Larry & Hoffman, StaceyCollective responsabilityRowman & Littlefield, U.S.novembre 1991pp. 320, £ 314,50

Mazzarella, A.La visione e l’enigmaBibliopolis, Napoli dicembre 1991pp.165La “visione” e l’ “enigma”, o meglio,l’enigma della visione: è uno dei temisui quali più frequentemente ritorna loZarathustra nietzscheano. “Non è lavista già di per sé un vedere abissi?”.Da tale interrogativo prende le mossequesto libro, analizzando lungo unacostellazione figurale che comprendealcuni testi di D’Annunzio,Hofmannsthal e Musil, il groviglio dienigmi con il quale si incrocia lo sguar-do.

McCrone, JohnApe that spoke:how the human mind evolvedParmenides fragmentsUniversity Toronto Press, novembre1991pp. 146, £ 12.95

McLaughlin, Brian

Dretske and his criticsBasil Blackwell, Oxford, dicembre1991pp.438, £ 40Un’originale discussione delle teoriedi Frederick Dretske sulla natura delvedere, la possibilità della conoscen-za, la natura del comportamento.

Mehta, Jarava L.Heidegger, hermeneutics,and Indian traditiona cura di W.J. JacksonBrill, Leiden-Köln, dicembre 1991pp.280.

Menke, ChristophDie Souveränität der Kunst.Aesthetische Erfahrungnach Adorno und DerridaSuhrkamp, Frankfurt a.M., dicembre1991pp.312, DM 20

Merrill, Ronald E.Ideas of Ayn RandOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 210. £ 12,50

Meyer, MichelPour une critique de l’ontologieEditionns de l’université de BruxellesBruxelles novembre 1991pp.172, FF. 128Le aporie dell’ontologia da Platone adHeidegger. Per l’autore si tratta nontanto di restaurare l’ontologia o diconsiderarne l’impossibilità, quanto diripensare a ciò che in essa è semprerimasto nascosto.

Miller, BarryFrom Existence to God.A contemporary philosophicalargumentRoutledge, London, dicembre 1991pp.244, £ 30Rifacendosi a Frege e Geach, l’autorepresenta un’argomentazione radicale,secondo cui l’esistenza dell’universoe la non esistenza di Dio sono incom-patibili.Mojsisch, B. - Pluta, O.(a cura di)Historia Philosophiae Medii Aevi.Studien zur Geschichte der Philosophiedes Mittelalters.Grüner, Amsterdam, dicembre 19912 voll., Dfl. 300Una raccolta di studi per il sessantesi-mo compleanno dello studioso di filo-sofia medioevale Kurt Flasch.

Montinari, MazzinoFriedrich Nietzsche. Eine EinführungDe Gruyter, Berlin novembre 1991pp.146, DM 28

Moreau, JosephSpinoza et le spinozismePUF, riediz. Paris dicembre 1991pp.128, FF. 34

Moyal, Georges (a cura di)Rene Descartes: critical assessmentsRoutledge, London novembre 1991£ 30.00

Mugnai Carrara, DanielaLa biblioteca di Nicolò LeonicenoLeo S. Olschki, Firenze dicembre 1991

pp. 250, L. 48.000Il volume è costituito dall’edizione,accompagnata da un saggio introdutti-vo, dell’inventario inedito dell’impor-tante biblioteca del medico e filosofoumanista Nicolò Leoniceno (1428-1524); una cospicua parte di mano-scritti greci e latini è stata ora identifi-cata nel fondo Ridolfi dellaBibliothèque Nationale di Parigi.

Nardin, Terry - Mapel, David R.(a cura di)Traditions of international etichsCambridge Univ. Press, gennaio 1992pp. 384, £ 30.00Uno studio di come le differenti tradi-zioni etiche hanno a che fare con icentrali problemi morali degli affariinternazionali. Usando il concetto ditradizione, egli mostra che l’etica offremolti linguaggi differenti per il dibat-tito morale.

Nasitta, KarlheinzMaterialismus. Der Irrglaubedes 20. JahrhundertsHaag-Herchen, Frankfurt a.M.novembre 1991L’autore, docente di matematica, pre-senta qui la dimostrazione, sviluppa-tasi all’interno di modelli matematicidi pensiero, della non-esistenza delmateriale.

Nathanson, S.Should we consent to be governed?:Short introductionto political philosophy.Wadsworth Pub. Co., novembre 1991£ 9.95

Neu, JeromeThe Cambridge companion of FreudCambridge Univ. Press, gennaio 1992pp. 368, £ 12.95Approccio a Freud non solo dal puntodi vista filosofico ma anche da quellostorico, psicoanalitico, antropologicoe sociologico. Tutto ciò mostra cheFreud un nuovo e potente metodo percapire il pensiero umano e l’agire.

Nichols, Mary P.Citizen and statesmen:a study of Aristotele’s “Politics”Rowman & Littlef., Totowadicembre 1991pp. 288, £ 15.95In questo saggio sulla “Politic”a diAristotele, l’autore esamina comeAristotele fornisce delle regole politi-che come alternativa sia alla regoladella virtù aristocratica che alla parte-cipazione democratica incontrollata.

Nicholson, Marjorie HopeHutton Sarah (a cura di)The Conway letters:the corrispondence of Anne,viscountess Conway, Henry Moreand their friends: 1642-1684Clarendon Press, London gennaio 1992pp. 544, £ 50.00La corrispondenza avvenuta tra ilPlatonico di Cambridge Henry More eLady Anne Conway, donna che si in-teressò attivamente di filosofia, quan-do alle donne non si proponeva nessu-na educazione culturale. Queste lette-re testimoniano la loro amicizia ed il

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loro pensiero sulla filosofia ed altritemi.

Nino, Carlos SantiagoThe ethics of human rightsClarendon Press, Oxfordnovembre 1991pp.332, £ 35

Noonan, HaroldPersonal identityRoutledge, London, novembre 1991pp. 272, £ 10.99

Nüsser, OlafAlbins Prolog und die Dialogtheoriedes PlatonismusTeubner, Stuttgart novembre 1991pp.254, DM 58

Oakley, JustinMorality and the emotionRoutledge, London, dicembre 1991pp. 272, £ 35.00Teorie filosofiche e psicologiche sonocriticate in questo libro. L’autore af-ferma che la comprensione delle emo-zioni rivela il ruolo fondamentale chegiocano nella vita morale.

Oberhammer, G. - Prets, E.Prandstetter, J. (a cura di)Terminologie der frühenphilosophischen Scholastik in Indien.Ein Begriffwörterbuch zur altindischenDialektik, Erkenntnislehre undMethodologie. Band 1Verlag der Oesterreich, Wiendicembre 1991pp.144, DM 36

Offroy de la Mettrie, JulienOpere filosofichea cura di Sergio MoraviaLaterza, Bari febbraio 1992 pp. 420

Oklander, Nathan L.Existential philosophy: an introductionPrentice Hall US, dicembre 1991pp. 544, £ 25.70Questo lavoro unisce testi e letture deifilosofi esistenzialisti più importanti.Introduzioni dettagliate sone seguiteda scritti rappresentativi di filosofi co-me Kierkegaard, Nietzsche,Heidegger, Sartre, De Beauvoir eCamus.

Ollig, H.-L.Philosophie als Zeitdiagnose.Ansätze der deutschenGegenwartsphilosophieWissenschaftliche Buchgesellschaft,Darmstadt, dicembre 1991pp.261, DM 46

Ollig, Hans-L.Philosophie als Zeitdiagnose.Ansätze der deutschenGegenwartsphilosophieWissenschaftliche BuchgesellschaftDarmstadt novembre 1991pp.280, DM 46Contro il diffuso pregiudizio per cui lafilosofia si muoverebbe in un’erudi-zione lontana dalla vita e chiusa in unatorre d’avorio, questa raccolta di testiintende mostrare che la filosofia sipone all’interno dei problemi del suotempo.

Ott, KonradMenschenkenntnis als Wissenschaft.Zur Entstehung und Logik der Historieals der Wissenschaft vom IndividuellenCampus, Frankfurt a.M., dicembre1991pp.300, DM 58Un’aggiornata ed informativa intro-duzione alla scienza della storia, ma altempo stesso anche uno sguardo stori-co-problematico sulla questione dellaconoscenza dell’individualità e dellaconoscenza dell’umano.

Papineau, DavidReality and representationBlackwell, London novembre 1991pp. 264, £ 13.95

Parkes, Gr,.Nietzsche and Asian thoughtUniversity of Chicago PressChicago ILdicembre 1991pp.272, $ 32Diverse letture della filosofia diNietzsche in rapporto alle tradizionifilosofiche anglo-americana, france-se, tedesca, indiana, cinese e giappo-nese.

Pattison, GeorgeKierkegaard: the aesthetic andthe religious: from the magic theatreto the crucifixion of the imageMacmillan Acad., London gennaio1992pp. 304, £ 35.00Questa lettura di Kierkegaard iniziacon una serie di riflessioni sul back-ground del suo pensiero e dei suoiscritti, esamina il Romanticismo, l’i-dealismo tedesco e la storia intellet-tuale danese. Analizza il ruolo dellacomunicazione indiretta nella profes-sione di scrittore di Kierkegaard stes-so.

Perine, MarceloPhilosophie et violence:sens et intention de la philosophied’Eric WeilTrad. dal portoghese di J.-M. BuéeBeauchesne, Parigi novembre 1991pp.328, FF. 296La questione del senso in quanto costi-tutiva del pensiero filosofico secondol’analisi di Eric Weil.

Perry, Michael J.Love and powerOxford Univ.Press, dicembre 1991pp. 272, £ 25.00Questa monografia è un’inchiesta nelruolo della moralità nella vita pubblicaamericama, che ha avuto inizio con ilprecedente lavoro dell’autore.

Phillips, D.Z. (a cura di)Interventions in ethicsMacmillan Academic, dicembre 1991pp. 240, £ 45.00Questa collezione di saggi esplora l’a-rea dell’etica in relazione ai problemicome quelli della natura dello sforzomorale e la richiesta di una giustifica-zione per questo sforzo. Si considera ilalvoro di Thomas Nagel e di PeterWinch.

Pickerodt, I. - Wolf, J.Zivilisation und Identität.Der abendländische WegVandenhoeck & Ruprecht, Göttingendicembre 1991pp.160, DM 18.80

Pieper, AnnemarieEinführung in die EthikFrancke, Tübingen novembre 1991pp.291, DM 29.80

Piette, YvesAux sources de la penséeErel, Bruxelles dicembre 1991pp.185, FB. 600Neurologo di formazione, Piette so-stiene la necessità di una nuova allean-za tra arte, scienza ed etica.

Piguet, Jean-Claude -Widmer, Gabriel-PhilippeLe Renversement sémantiqueDroz, Paris dicembre 1991pp.182, FF. 173Dialogo tra un teologo ed un filosofo.

Pizzo Russo, LuciaChe cos’è la psicologia dell’arteCentro internaz. di studi di esteticaPalermo agosto 1991pp. 119Sulla traccia delle indicazioni di JeanPiaget e Rudolf Harnheim, un tentati-vo di definizione della psicologia del-l’arte come settore di ricerca utile aifini dell’approfondimento delle cono-scenze sui processi cognitivi.

Planty-Bonjour, Guy -Legeais, Raymond (a cura di)L’evolution de la philosophie du droiten Allemagne et en France depuisla fin de la Seconde Guerre mondialePUF, Paris novembre 1991pp.288, FF. 136Il volume raccoglie i risultati di unincontro tra giuristi e filosofi del dirit-to francesi e tedeschi, sul tema dellateoria generale del diritto.

Pleger, Wolfgang H.Die VorsokratikerMetzler, Stuttgart, dicembre 1991pp.200, DM 22.80Il volume segue lo sviluppo del pen-siero greco da Omero a Socrate. E’ inquesto periodo che nascono le doman-de e i modelli di pensiero che da alloravengono chiamati filosofici e scienti-fici.

Plomer, AuroraPhenomenology, geometry and vision:Merleau-Ponty’s critiqueof classical theories of visionAvebury, novembre 1991pp. 169, £ 28.50

Pojman, Louis P.Philosophy: the quest for trueWadsworth Pub. Co., novembre 1991pp. 544, £ 22.00

Popkin, Richard H.The third forcein seventeenth century thoughtE.J. Brill, gennaio 1992pp. 379Raccolta di articoli di R.H. Popkinsulla storia della filosofia moderna,

che riflette alcune delle principali sco-perte ed interpretazioni sviluppate nel-l’ultima decade. Esamina l’influenzadella religione e della teologia sullafilosofia moderna e sul pensiero razzi-sta del XVIII secolo.

Prince, B.B.Medieval thought: an introductionBlackwell Publishing, Londondicembre 1991pp. 240, £ 10.95Grafico della maniera in cui il pensieroastratto medievale si sviluppò attra-verso i curricula istituiti ed l’erudizio-ne classica, il latino ed i linguaggiindigeni, la filosofia e la teologia. Illibro esamina le cariere degli intelle-tuali guida del periodo.

Quinby, LeeFreedom, Foucault, andthe subject of AmericaNortheastern Univ.Press, dicembre1991pp. 192, £ 23.75Seguendo la teoria del potere di Fou-cault, questo studio esamina i proble-mi dell’individualità americana, del-l’etica e della libertà. L’autore identi-fica un’etica tradizionale che presental’auto-creazione come un esercizio del-la libertà personale e della responsabi-lità civica.

Radhakrishnaa, S.Philosophy of SarvepalliRadhakrishnana cura di Schlipp, Paul ArthurOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 897. £ 21.50

Rajchman, JohnTruth and eros: Foucault, Lacanand the question of ethicsRoutledge, London dicembre 1991pp. 192, £ 9.99

Ramsey, William (a cura di)Philosophy and connectionist theoryL. Erlbaum U.S., novembre 1991pp. 336. £ 45.50

Rasmussen, Douglas B.Uyl, Douglas J. DenLiberty and nature: aristotelian defe-seof liberal orderOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 208, £ 19.95

Ratke, HeinrichSystematisches Handlexikonzu Kants Kritik der reinen VernunftMeiner, Hamburg, dicembre 1991pp.329, DM 28

Reese-Schäfer, W. - Schuon, K. Th.Ethik und Politik. Diskursethik,Gerechtigkeitstheorieund politische PraxisSchüren, Marburg novembre 1991pp.180, DM 24.80

Rescher, NicholasA system of pragmatic idealism.Vol. I: Human knowledgein idealistic perspectivePrinceton University Press,Lawrenceville NJ, dicembre 1991pp.367, $ 45

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NOVITA' IN LIBRERIA

Rescher, NicholasG.D. Leibniz’s “Monadology”:an edition for studentsRoutledge, London dicembre 1991pp. 334, £ 40.00Fornisce uno studio del testo che in-clude una dettagliate visione del back-ground filosofico del lavoro e delle sueramificazioni bibliografiche. Unapresentazione dell’originale testo fran-cese insieme con una nuova traduzio-ne inglese. Una selezione di altri testiimportanti di Leibniz ed un dettagliatocommento.

Rescher, NicholasG.W. Leibniz’s monadologyRoutledge, London dicembre 1991pp. 336, £ 10.99Questo testo fornisce un commentoalla “Monadologia”, e una esposizio-ne della filosofia di Leibniz attraversoquesto libro.

Rest, W. (a cura di)Memorial - Peter Wust.Reflexionen und Vorträge zum 50Todestag des PhilosophenRegensberg, Münster 1991pp.88, DM 14.80

Ricoeur, PaulTemps et récitSeuil, Parigi novembre 1991pp.544, FF. 47Il tempo umano come tempo narratonel terzo volume dell’appassionanteanalisi di Ricoeur.

Ries, WiebrechtKarl LöwithMetzler, Stuttgart, dicembre 1991pp.160, DM 19.80La prima introduzione al pensiero diKarl Löwith

Ropp, Robert S.DeSelt completion:keys to the meaningful lifeGateway Publications, U.S.novembre 1991pp. 210, £ 9.95

Rosemont, Henry (a cura di)Chinese textsand philosophical contextsessays dedicated to Angus C. GrahamOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 420, £ 19.95

Rudolph, E. - Wismann, H.(a cura di)Sagen, was die Zeit ist.Analysen zur Zeitlichkeit der SpracheMetzler, Stuttgart, dicembre 1991pp.220, DM 32

Russ, JacquelineDictionnaire de philosophieBordas, Parigi dicembre 1991pp.383, FF. 115

Rustichelli, LuigiLa profondità della superficieSenso del tragico e giustificazioneestetica dell’esistenza in NietzscheMursia, Milano febbraio 1992pp.272, L. 35.000Questo volume è caratterizzato da unaminuziosa analisi dei testi di Nietzsche

e in particolare degli scritti e frammen-ti postumi giovanili. Ne risulta unNietzsche per molti aspetti inedito.

Saget, HubertLe Hasard et l’anti-hasardVrin, Lyon, dicembre 1991pp.186, FF. 162La scienza, quale conoscenza dell’ac-cessibile, deve giungere a riconoscereche l’essenziale e il positivo rimanetuttavia l’invisibile, traendone le con-seguenze nel campo della fisica e dellametafisica.

Sala-Molins, LouisSodome: exergue à la philosophie du droitAlbin Michel, Paris dicembre 1991pp.206, FF. 110

Santambrogio, Marco (a cura di)Introduzione alla filosofia analiticadel linguaggioLaterza, Bari gennaio 1992pp. 550, L: 58 000Il volume è frutto della collaborazionedi alcuni fra i maggiori studiosi italianidi filosofia del linguaggio: PaoloCasalegno, Gennaro Cerchia, PaoloLeonardi, Diego Marconi, MauroMariani, Enrico Moriconi, ErnestoNapoli, Carlo Penco, Eva Picardi.

Santayana, GeorgePhilosophy of George Santayanaa cura di Schlipp, Paul ArthurOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 708, £ 21.50

Santucci, AntonioStoria del pragmatismoLaterza, Bari febbraio 1992pp. 240

Sartre, Jean-PaulPhilosophy of Jean-Paul Sartrea cura di Schlipp, Paul ArthurOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 754, £ 21,50

Scalabrin, Carlo (a cura di)Bibliografia filosofica italiana 1990Leo S. Olschki, Firenze gennaio 1992pp. 216, L. 58.000Questa bibliografia prevede di poteressere inserita nelle nuove tecniche dilettura e di consultazione che si stannogià introducendo in alcune Bibliotecheattraverso quegli strumenti che l’in-formatica comincia a proporre per unaBiblioteca sempre più universale, al-meno a livello di consultazione.

Scholtz, GunterZwischen Wissenschaftsanspruchund Orientierungsbedürfnis.Zu Grundlage und Wandelder GeisteswissenschaftenSuhrkamp, Frankfurt a.M.,dicembre 1991pp.300, DM 20

Schopenhauer, ArthurOn the will in nature: a discussion ofthe corroborations from the empiricalsciences that the author’s philosophyhas received since its first appearancea cura di David E. CartwrightBerg Publishers,dicembre 1991

pp. 176, £ 42.50Una traduzione dei maggiori scritti diSchopenhauer. Contiene saggi di psi-cologia, patologia, anatomia compa-rata, psicologia delle piante, astrono-mia fisica, linguistica, magnetismo a-nimale e magico, sinologia e riferi-menti all’etica.

Schurz, G. - Dorn, G.J.W.Advances in scientific philosophyRodopi, Amsterdam, dicembre 1991pp.644, Dfl. 260Una raccolta di studi in occasione delsessantesimo anniversario della nasci-ta di Paul Weingartner.

Scopello, MadeleineLes GnostiquesCerf, Paris novembre 1991pp.125, FF. 45I più recenti risultati della ricerca sullaletteratura gnostica.

Seager, WilliamMetaphysics of consciousnessRoutledge, London dicembre 1992pp. 256, £ 35.00Questa monografia sottolinea una pro-spettiva fisicalista minima del pensie-ro mentale indipendente dalle moder-ne teorie “mente-cervello”. Esplora lanozione di soppravenienza come baseper un fisicalismo plausibile.

Sebestik, Jan - Soulez, Antonia(a cura di)Wittgensteinet la philosophie aujourd’huiMeridiens-Klincksieck, Parigidicembre 1991pp.400, FF. 160Gli atti delle journées internationalesCréteil-Paris - giugno 1989, in occa-sione del centenario della nascita diWittgensein.

Seebohm, Thomas M.Elementare formalisierte LogikK. Alber, Freiburg i.Br., dicembre 1991pp.240, DM 38

Servier, JeanHistoire de l’utopieGallimard, Parigi novembre 1991pp.172, FF. 41, 50Il sogno dell’Occidente è il ritorno alleMadri, il rifiuto del presente d’ango-scia. Una lettura etnologica e filosofi-ca del tema della città del sole.

Severino, EmanueleLa guerraRizzoli, Milano gennaio 1992pp.144, L. 18.000Un libro drammatico che va ben oltrele contingenze del presente e che ciconduce nel sottosuolo del senso at-tuale della guerra; un libro che cerca digiungere al cuore di quello che è ilsegreto della guerra e della sua essenzapiù remota; un libro che dimostra per-chè la guerra è “ancora” possibile.

Shearer, TonyPraying flute: song of the earth mo-therBear & Co., U.S., novembre 1991pp. 120, £ 5.50

Sheng, C. L.

A new approach to utilitarianism.A unified utilitarian theory andits application to distributive justiceKluwer, Dordrecht, dicembre 1991pp.592, Dfl. 285

Silhon, Jean deLes Deux vérités: l’une de Dieu,l’autre de l’immortalité de l’âmeGallimard, Paris novembre 1991FF. 160

Simmel, GeorgEinleitung in die Moralwissenschaft.Eine Kritik der ethischenGrundbegriffe.Zweiter BandSuhrkamp, Frankfurt a. M.dicembre 1991pp.428, DM 48

Slverman, Hugh J. (a cura di)Gadamer and hermeneuticsRoutledge, London novembre 1991pp. 288, £ 10.99

Soffer, GailHusserl and the question of relativismKluwer Acad. Publrs., novembre 1991pp. 240, £ 48.00

Solov’ev, Vladimir S.Schriften zur Philosophie,Theologie und Politik(a cura di L. Müller)Wewel, München, dicembre 1991pp.320, DM 35

Souther, R.W.Robert Grossteste; the growthof an english mind in medieval EuropeClarendon Paperbacks, gennaio 1992pp. 396, £ 11.95Questo studio su Robert Grosseteste,teologo e filosofo medievale, è statarivista ed aggiornata alla luce di recen-ti ricerche. E’ incluso un capitolo pre-liminare che analizza la sua cariera edil suo sviluppo intellettuale.

Soyinka, WoleCredo of being and nothingnessSpectrum Bks., Nigeria:African Books Collectivesettembre 1991pp. 35, £ 3.50

Spector, HoracioAutonomy and rights:the moral foundation of liberalismClarendon Press, London gennaio 1992pp. 216, £ 25.00Una teoria per giustificare il credoliberale nell’esistenza dei diritti umaniche governano le azioni. Teoria che siincentra sulla protezione della libertàpositiva: ciascun essere umano ha ilpotere di scegliere tra alternative pos-sibili.Spohn, WolfgangErkenntnis orientated:a centennial volume for Rudolf Carnapand Hans ReichenbachKluwer Acad. Publrs., novembre 1991pp. 480, £ 59.00

Swartz, NormanBeyond experience:metaphysical theoriesand philosophical constraintsUniversity Toronto Press

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NOVITA' IN LIBRERIA

novembre 1991pp. 449, £ 13.50

Tauber, A. I. (a cura di)Organism and the origin of SelfKluwer, Dordrecht novembre 1991pp.400, Dfl. 200

Tegtmeier, ErwinGrundzügeeiner kategorialen Ontologie.Dinge, Eigenschaften, Beziehungen,SachverhalteAlber, Freiburg i. Br., dicembre 1991pp.220, DM 68Nel volume viene presentata una onto-logia che, in contrapposizione alla tra-dizione aristotelica, orientata dal con-cetto di cosa, mette l’accento sullacategoria del “rapporto di cose”.

Teichmann, RogerAbstract entitiesMacmillan Acad., Londonnovembre 1991pp. 208, £ 35.00

Thevenin, Nicole-EdithL’Inconnu devant soiKimé, Paris dicembre 1991pp.228, FF. 130La nozione di dialettica e l’idea dianalisi critica ripensate nel solco delleconcezioni filosofiche ed epistemolo-giche di Popper.

Thirouin, LaurentLe Hasard et les régles: le modèledu jeu dans la pensée de PascalVrin, Paris dicembre 1991pp.222, FF. 165Metalettura del pensiero pascaliano,dove si interpreta il gioco come prismaattraverso il quale giungono a coesi-

stere realtà incompatibili.

Trevelyan, GeorgeAquarian redemptionGateway Bks, novembre 1991£ 19.99

Trevelyan, GeorgeVision of the aquarian ageGateway Bks, novembre 1991pp. 224, £ 6.95

Tye, MichaelThe imagery dabateBradford Book, gennaio 1992pp. 200, £ 19.95Esamina i problemi empirici e concet-tuali del dibattito sulle immagini inpsicologia tra quelli che paragonanoche le immagini mentali con figure equelli che le paragonano a descrizionilinguistiche. Tye si rifà alla storia delpensiero filosofico sulle immaginimentali e propone una sua teoria.

Tymieniecka, A.-T.Husserlian phenomenologyin a new key.Intersubjectivity, ethos, social sphere,human encounter, the pathosKluwer, Dordrechtnovembre 1991pp.529, Dfl. 245

Van Camp, HélèneSoit dit en passantPUG, novembre 1991pp.158, FF. 98Riflessioni sul filosofico a partire dal-l’occasione esistenziale.

Vigna, CarmeloInvito al pensiero di AristoteleMursia, Milano febbraio 1992

pp. 288, L. 14.000

Vincent, Jean-MarieAbstract labour: a critiqueMacmillan Acad., Londonnovembre 1991pp. 144, £ 14.99

Virilio, PaulLost dimension: zero gravityAutomedia, U.S.: central Bksnovembre 1991pp. 146, £ 8.95

Voegelin, EricNature of the lawand related legal writingsa cura di Pascal, Robert AnthonyLouisiana State Univerity Pressnovembre 1991pp. 155, £ 15.95

Wagner, RoyL’invenzione della culturatrad. it. di Maria AriotiMursia, Milano febbraio 1992pp. 188, L. 32.000La tesi di fondo di questo volumepoggia sulla convinzione che la cultu-ra non è un dato che accompagna ecaratterizza l’esistenza di coloro che lacondividono, bensì è prodotto attivo diquesti ultimi che intervengono sullacultura, modificandola e trasforman-dola, dotandola di sempre nuovi signi-ficati attraverso una costante attivitàsimbolica. In sostanza, per Wagner, lacultura nasce dalla dialettica fra mon-do individuale e mondo sociale. Untesto importantissimo nel campo dellaantropologia simbolica.

Wallwork, ErnestPsychoanalysis and ethics

Yale University Press, gennaio 1992pp. 392, £ 25.00Le scoperte psicoanalitiche di Freudhanno avuto un profondo impatto sul-la morale popolare, ma in questo testol’autore asserisce che Freud non è ca-pito su parecchi problemi psicologici emorali e sulle implicazioni etiche chesi possono dedurre dalle sue idee. Eglipropone una nuova interpretazione diFreud.

Weisser, ElisabethGeorg Lukàcs HeidelbergerKunstphilosophie. Eine Untersuchungzur philosophischen Entwicklungdes jungen LukàcsBouvier, Bonn dicembre 1991pp.200, DM 58

White, F.C.On Schopenhauer’s fourfold rootof the principle of sufficient reasonBrill, Leiden/Köln dicembre 1991pp.200

White, L. StephenThe unity of the selfBradford Book, gennaio 1992pp. 464, £ 31.50Esamina le forme di integrazione psi-cologica che fanno sorgere l’auto-conoscibile e l’auto-coscienza indivi-duale che sono responsabili della ca-pacità dell’impegno morale. I saggi siinteressano dei problemi di filosofiadella mente, metafisica, psicologia mo-rale e filosofia politica.

Whitehead, Alfred NorthPhilosophy of Alfred North Whiteheada cura di Schlipp, Paul ArthurOpen Court Pub., U.S., novembre 1991pp. 815, £ 19.95

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